Scheda tratta da Mauro Natale, catalogo dei dipinti, Milano 1982

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Scheda tratta da Mauro Natale, catalogo dei dipinti, Milano 1982
Scheda tratta da Mauro Natale, catalogo dei dipinti, Milano 1982
Cristoforo Moretti
Originario di Cremona, documentato in Lombardia e in Piemonte daI
1451 al 1475
Madonna in trono con il Bambino
Tempera su tavola; 117x53 cm (n. inv. 1613)
San Lorenzo
Tempera su tavola; 105,6x39 cm, superficie del supporto antico
93,5x33 cm (d.t. 728)
San Genesio
Tempera su tavola; 105,5x38,7 cm, superficie del supporto antico
100,5x35,6 cm (d.t. 729)
La tavola con la Madonna in trono con il Bambino è firmata sullo zoccolo del trono: '”OPUS/XPORI/DE
MORETIS/DE CRE[M]O[N]A”.
I pannelli con i Santi Lorenzo e Genesio sono stati depositati nel museo dal Ministero della Pubblica
Istruzione nel 1951.
Dipinte con sostanze bituminose su di una mestica a base di gesso, queste tre tavole hanno subito nel
corso del tempo varie manipolazioni e alcune alterazioni irreversibili dei pigmenti che ne hanno
sensibilmente attenuato il vivace cromatismo originario.
Il pannello che raffigura la Madonna in trono con iI Bambino, privo della parte culminante della cuspide,
rivela sul dorso profonde incisioni oblique e verticali praticate nell'intento di contenere le oscillazioni
igrometriche del supporto. Ai margini della superficie dipinta è ancora oggi chiaramente percettibile il profilo
polilobato della cuspide e quello ondulato delle colonnine scolpite della cornice che separavano sui fianchi
questa tavola dagli scomparti adiacenti. Lungo il bordo inferiore, a circa 5 millimetri dall'estremità del
supporto, è egualmente avvertibile la traccia di battuta del gradino dell'ancona, che includeva le varie parti
della predella. L'antica doratura, sulla quale i volti dei cherubini sono stati eseguiti a graffito, si estende sulle
aureole e sul diadema della Vergine in pastiglia dorata, dove erano probabilmente incastonati “cabochons"
di pietre semipreziose o di vetro colorato (Archivio del Museo Poldi Pezzoli, Relazione di restauro di G.
Rossi, 1981).
La superficie leggermente rugosa del manto della Madonna testimonia che è stata qui utilizzata una tecnica
pittorica destinata ad accentuare la resa illusionistica del tessuto. Abrasioni e ossidazioni sono localizzate
sull'abito della Vergine e sugli incarnati.
I pannelli con i Santi Lorenzo e Genesio hanno sofferto di alterazioni più consistenti. Una preziosa fotografia
conservata presso il J. Paul Getty Museum a Malibù riproduce i dipinti prima degli interventi integrativi che
un'annotazione manoscritta di C. Foresti vergata sul retro lascia sospettare siano stati eseguiti da M.
Pellicioli intorno al 1928. La tavola con San Lorenzo, decurtata a pochi centimetri dal culmine dell'aureola e
mancante dell'angolo inferiore sinistro, vi appare completata con l'innesto di una cuspide moderna in legno e
ingrandita da due listelli applicati lungo i fianchi; analoghe manipolazioni ha subito quella con San Genesio.
Entrambe conservavano sui lati l'impronta del profilo ondulato delle colonnine scolpite della cornice. Durante
il recente intervento di restauro ad opera di G. Rossi (1979) si è proceduto ad un consolidamento dei
supporti e ad una rimozione delle vernici offuscate che ha messo in evidenza alcune antiche lacune (tra cui
parte della decorazione a pastiglia dell'aureola di San Genesio) e la parte superstite della vivace policromia
delle siepi e del prato fiorito su cui si ergono le figure.
Questi tre dipinti sono pervenuti al Museo Poldi Pezzoli in epoche diverse. La Madonna in trono con il
Bambino, già nella collezione milanese di Bassano Gabba (Malaguzzi Valeri, 1902, pp. 87-88; Suida [1902],
pp. 342-343; Ffoulkes - Maiocchi, 1909, p. 23, nota 2; Toesca [1912], 1966, pp. 227-228), fu donata da
Camilla Gabba Cavezzali nel 1917 (Balboni-Mottola Molfino, 1980, n. 26). Gli altri due pannelli, già presso il
conte E. Mediano a Milano, furono acquistati tramite M. Pellicioli da C. Foresti il 28 agosto 1928 (nota
manoscritta alla fototeca del J. Paul Getty Museum, Malibù); offerti in vendita e rifiutati dal museo nel 1931
(Russoli, 1955, p. 192), essi furono rilevati da A. Contini Bonacossi (Roma-Firenze) e nel 1941 passarono
nella collezione del conte V. Cini a Venezia (F. Zeri, comunicazione verbale, 1981) che li donò allo Stato
italiano nel 1951; in quello stesso anno furono affidati al museo dal Ministero della Pubblica Istruzione.
Già nel 1928 R. Longhi (IV [1928], 1968, pp. 53-56) aveva riconosciuto in questi frammenti e in un riquadro
di predella raffigurante San Genesio adorato da devoti e due santi del Museo Civico a Bologna (n. 200;
tavola, 18x85 cm) parti del polittico descritto dal padre G. Allegranza nel 1757 (p. 4) in Sant’Aquilino presso
San Lorenzo, a Milano: “Veggo una tavola.., la quale ivi ancora esiste dipinti a destra, San Pietro Martire,
indi San Lorenzo, in mezzo poi la Vergine col suo Divin Figlio, appresso San Genesio col violino, infine
Santa Lucia; Opus, come leggo di sotto, Xristophori de Moretis de Cremona". Ignorata da C. Torre (1674) e
da S. Latuada (1737), l'ancona fu una nuova volta menzionata con precisione nella seconda metà del secolo
XVIII da A.F. Albuzzi (Nicodemi, 1951-1952, p. 21) che sottolineava come l'ornato della tavola fosse "di
maniera gotica". Meno concordi sono le testimonianze posteriori, che indirettamente forniscono qualche
elemento utile per precisare l'epoca in cui la pala fu rimossa. L. Lanzi (Il [1789], 1970, p. 258) afferma di
aver visto nel tempio milanese "una Madonna che siede fra vari Santi, nel cui manto in caratteri intrecciati a
modo di trina d'oro lessi: “cristophorus de Moretis de Cremona". La lezione dello storico fu ripresa da B.
Vidoni de Soresina (1824, pp. 24-25), da S. Ticozzi (III, 1832, p. 9) e da M. Caffi (1879, pp. 571-572) che
della tavola in Sant'Aquilino, "ora quasi affatto ignorata, avvegnachè‚ ricordata dal Lanzi", fornisce una
minuta e sorprendente descrizione: "Non è da tacersi della convenzionalità che regna in quel quadro, della
rigidità di cui si risentono alcun poco quelle figure, ma la vivacità del colorito, la rotondità delle persone, il
disegno, la nobiltà, l'espressione di alcune fisionomie meritano considerazione. Rappresentasi la
coronazione della Madonna eseguita dal Redentore fra una cerchia di spiritelli che stanno nell'alto suonando
vari strumenti; stanno al basso quattro santi a dimensioni naturali: Genesio, Pietro, Bassano, Orsola. Essi
sono designati dalle iniziali dei loro nomi dipinti ai piedi delle loro figure. Sotto quella del giovane Genesio è
delineata una maschera, simbolo dell'arte dell'istrione da lui già seguita. Nelle fimbrie della veste della
Madonna era scritto a caratteri d'oro intrecciati a modo di trina: CRISTOPHORUS DE MORETIS DE
CREMONA, nome che oggi non si legge più perchè‚ cancellato forse da un soverchio ristauro che il dipinto
sofferse or fa molti anni". M. Caffi pare quindi riferire la firma del polittico di C. Moretti riportata da L. Lanzi
ad una pala raffigurante l’Incoronazione della Vergine, diversa per soggetto da quella rammentata da G.
Allegranza e A.F. Albuzzi e che nel frattempo doveva essere stata rimossa. Di questo secondo dipinto
andato disperso (due "pale antiche" sono attestate in Sant’Aquilino da Caselli, 1827, p. 133) è impossibile
appurare la paternità, ma la sua antica pertinenza alla cappella di Sant’Aquilino sembra confermata dalla
presenza di San Genesio, sotto il cui vocabolo era posto il tempio (Latuada, III, 1737, p. 319). A riprova della
presenza di importanti monumenti pittorici in quest'edificio va rammentato che nel 1469, allorchè fu emanata
la bolla pontificia di approvazione del culto di Aquilino, i membri della Confraternita omonima che aveva
sede in San Lorenzo “condecenter ornatam [capellami reddiderunt et effecerunt Altare et picturis
solemnibus" (Calderini, 1934, p. 85). E’ auspicabile che la rara raffigurazione del santo protettore degli attori
e quella, non meno infrequente, del santo lodigiano Bassiano consentano in futuro di identificare anche
questo complesso, forse eseguito in un'epoca prossima a quella dei polittico del Poldi Pezzoli.
L'ancona parzialmente ricomposta nel museo milanese risulta dunque mancante degli scomparti con San
Pietro martire, che era collocato all'estremità sinistra dell'altare, e con Santa Lucia, che affiancava a destra
la figura di Genesio. Un frammento di tavola della Fondazione R. Longhi a Firenze rappresenta per
l'appunto questa martire. Esso mostra il busto della figura femminile “che ha deposto gli occhi in una coppa
d'argento" (Longhi, VI [1957], 1973, p. 250, fig. 133 a) rivolto verso sinistra, su di uno sfondo dorato privo di
nimbo, frutto di un rifacimento moderno (35,8x27,2 cm: Fossi, 1980, p. 248, n. cat. 33). Attribuito da R.
Longhi (VI [1957], 1973, p. 250, fig. 133 a) agli Zavattari, il pannello, per quanto in precarie condizioni di
conservazione, rivela caratteri somatici e stilistici assai simili a quelli delle tavole milanesi. L'analisi
morelliana conferma l'identità di vari particolari, dalle linee del naso e delle labbra al disegno degli occhi e
dell'orecchio, quest'ultimo quasi perfettamente sovrapponibile a quello di Genesio. Anche le pieghe sinuose
del velo che incornicia il volto della martire trovano corrispondenza nei risvolti ondulati del manto della
Vergine. Simile è inoltre il modo di scorciare il profilo delle spalle con una linea obliqua, senza emergenze.
Indizi rilevanti lasciano quindi supporre che possa essere questo il frammento di uno dei due pannelli
mancanti. Un confronto diretto tra le opere consentirebbe di smentire o confermare in modo definitivo la
validità dell'ipotesi.
Annoverato da G.P. Lomazzo (Il [15841, 1974, pp. 353-354) accanto a V. Foppa, V. Civerchio, A. Beviacqua, Carlo da Milano, Bonifacio Bembo e altri tra i ritrovatori lombardi '”dell'arte del far ben vedere",
Cristoforo Moretti è stato talvolta confuso con un omonimo pittore cremonese figlio di Galeazzo Rivelli,
soprannominato anch’egli il Moretto. All'autore del polittico di Sant’Aquilino L. Lanzi (Il [1789], 1970, p. 258),
e dopo di lui B. Vidoni de Soresina (1824, p. 27) e G. De Vecchi (1907, p. 58), attribuivano in effetti le scene
di Gesù innanzi a Pilato e della Flagellazione affrescate sul fronte del quinto arcone di destra della nave
maggiore della Cattedrale di Cremona, riconosciute in seguito dalla critica come opere di Gerolamo
Romanino eseguite nel 1519. In realtà non è nota agli studi alcuna produzione cremonese del pittore.
Menzionato una prima volta nel libro mastro Borromeo al 1451 (Biscaro, Note..., 1914, p. 88) per crediti vari
e un debito “richiamato" dal libro del 1450, Cristoforo Moretti, depintore “presso l'Ufficio delle Bollette", il 12
luglio 1452 si offre di dipingere per il duca di Milano "barde", ossia selle e gualdrappe per cavalli (Caffi,
1879, pp. 569-570; Malaguzzi Valeri, 1902, p. 81), di cui è nuovamente fatta menzione l'anno dopo
(Malaguzzi Valeri, 1902, p. 82). Altre testimonianze documentarie che lo concernono risalgono al 1455
(Malaguzzi Valeri, 1902, p. 82) e al 1457, allorchè‚ il suo nome figura in una procura rilasciata a Genova il
15 luglio 1457 dal pittore Giovanni da Montorfano in favore della moglie affinchè liquidasse per lui alcune
faccende in Lombardia, "et specialiter ad faciendam rationem et carculum cum Christoforo de Monti de
Cremona pictore" (Alizeri, 1,1870, p. 275). La notizia, male interpretata dagli storici, ha fatto
irragionevolmente supporre un soggiorno ligure dell'artista cremonese (Negri, 1902, p. 29; Reghezza, 1927,
pp. 10-14; Gabriielli, 1934, pp. 448-449; Baroni - Samek Ludovici, 1952, p. 77).
I documenti milanesi lo ricordano in seguito fino al 1462 per lavori da lui eseguiti a Cremona (8 ottobre 1460:
Malaguzzi Valeri, 1902, pp. 82-83) e pro pictura camere" del segretario ducale Cicco Simonetta in palazzo
(21 ottobre 1460: Caffi, 1879, p. 571; Malaguzzi Valeri, 1902, p. 83), per altre pitture eseguite alla corte
ducale con Costantino da Vaprio e Bonifacio Bembo (Baroni Samek Ludovici, 1952, p. 104, nota 21).
Nel 1462 Moretti viene bandito da Milano per avere scritto lettere calunniose sulla moglie di Cristoforo da
Soncino, medico della duchessa Bianca e dei figli (Motta, 1895, p. 420) e da allora si susseguono le
suppliche al duca (1462: Maiaguzzi Valeri, 1902, p. 83) e le attestazioni della sua attività piemontese: nel
1463,1464 e 1465 dipinge stemmi e la parte superiore della torre comunale a Torino (Gabrielli, 1934, pp.
448-449; Baroni
Samek Ludovici, 1952, p. 77), nel 1467 e forse ancora l'anno seguente esegue una
cappella per il marchese di Monferrato nel castello di Casale (Caffi, 1879, pp. 568-569; Gabrielli, 1934, pp.
448-449; Baroni Samek Ludovici, 1952, p. 77), dove vari acquisti immobiliari e altri documenti amministrativi
lo attestano a lungo residente (29 novembre e 14 dicembre 1469: Negri, 1902, p. 29; Gabrielli, 1934, pp.
448-449; 5 gennaio 1470, 5 novembre 1471, 8 gennaio 1474, 22 dicembre 1474: Colombo, 1883, p. 390;
Negri, 1902, p. 29). Nel frattempo il pittore afferma di avere ultimato una Maestà e "principiata" una cappella
nella chiesa di San Marco a Vercelli (31 dicembre 1470: Malaguzzi Valeri, 1902, p. 84) e il 5 settembre 1472
si impegna a eseguire un'altra pala d'altare per la chiesa di San Bernardo di quella medesima città
(Colombo, 1883, pp. 353-354; Malaguzzi Valeri, 1902, p. 85; Negri, 1902, p. 29). Nel 1470 il suo nome
ricompare a Milano (Malaguzzi Valeri, 1902, pp. 84-85) e due anni dopo vi stima con V. Foppa e G.B. da
Montorfano la "depintura” della cappella ducale eseguita da Stefano de Fedeli (Beltrami, 1894, p. 283;
Malaguzzi VaIeri, 1902, p. 84; Baroni Samek Ludovici, 1952, p. 104, nota 20). ll 30 gennaio 1474 Moretti è
invitato a recarsi a Pavia dal duca Galeazzo per farvi “alcune cose" (Malaguzzi Valeri, 1902, p. 85) e forse
proprio in quell'anno dipinge per lo stesso una opera suso una tella, oltre le solite barde" (Malaguzzi Valeri,
1902, p. 85). L'anno seguente infine il pittore appare in alcuni rogiti che provano le sue buone condizioni
finanziarie (Malaguzzi Valeri, 1902, p. 85). Il regesto mostra che il nome di Cristoforo Moretti compare nelle
carte sforzesche “per lo più per mansioni piuttosto modeste" (Malaguzzi Valeri, 1900, p. 330), come
conviene ad un artista che nella seconda metà del XV secolo ancora si attarda nelle estreme cadenze della
tradizione del gotico internazionale. Bene avvertibili sono infatti nella fattura degli spropositati nimbi in
pastiglia, nei profili leggermente ondulati delle figure, nella eleganza torpida e sonnacchiosa, bordata d'oro e
d'ermellino" (Longhi, VI [19581,1973, p. 242) delle tavole del Poldi Pezzoli i sedimenti di un linguaggio
affinato sugli esempi di Michelino da Besozzo e sfiorato da una leggera refluenza veronese" (Longhi, IV
[1928], 1968, p. 55), con risultati assai prossimi non tanto a quelli di Giovanni Badile (già rilevati da Longhi
[1928], 1968, p. 55), quanto a quelli del “Maestro degli affreschi staccati del Monte di Pietà di Milano", del
supposto Giovanni da Montorfano del polittico con la Madonna, il Bambino e Santi venduto da Christie's a
Londra il 30 novembre 1979 (lotto 86: attribuito ai fratelli Zavattari), di Jacopino Cietario (Pettenati, 1978, pp.
20-21, n. cat. 14), dell'autore del vetro dorato e dipinto con Ecce Homo e simboli della Passione del Museo
Civico a Torino (Pettenati, 1978, pp. 21-22, n. cat. 15), di Francesco da Vergiate di Pavia nella sua fase più
antica (Madonna con il Bambino e i Santi Giovanni Battista e Pietro, firmata e datata 1465, Baiardo, Oratorio
del San Salvatore). Le generiche somiglianze con la cosiddetta Madonna della quaglia del Museo di
Castelvecchio a Verona (n. inv. 90) e con la Madonna e il Bambino del Museo di Palazzo Venezia a Roma
rivelano come lo stile di Moretti risenta, in un'accezione certo più corsiva e dimessa, degli esempi di Gentile
da Fabriano (a Brescia dal 1414 al 1419), di Pisanello (forse a Milano nel 1440) e di Stefano da Zevio. A
confermare tuttavia la tarda maturazione del pittore e la datazione degli scomparti del polittico del Poldi
Pezzoli agli anni intorno al 1460 (secondo quanto già proposto da Russoli, 1955, pp. 1921 93) devono
essere evocate le forti analogie tematiche, di costume e di tecnica che collegano il pannello con la Madonna
e il Bambino alle allegorie dei Mesi affrescate a monocromo nello zoccolo absidale dell'oratorio di Santa
Margherita a Casatenovo Brianza, datate al 1463 (Mazzini, 1965, p. 437), dove la raffigurazione allegorica
del Mese di Aprile indossa un abito di foggia identica a quella della figura monocroma che decora in alto la
parete destra del trono.
Gli studiosi hanno tentato di rendere maggiore consistenza storica alla personalità di Cristoforo Moretti
attribuendo a lui, in base a reali o presunte affinità di stile con le tavole milanesi, una serie di opere di
pertinenza lombarda, riferibili ad un arco cronologico compreso tra la metà e il settimo decennio del
Quattrocento. I dipinti che sembrano realmente spettare alla mano del pittore cremonese sono la cuspide di
polittico con Imago Pietatis dei Wallraf-Richartz-Museum a Colonia (n. inv. 748, 38,5x35 cm), a lui ascritta
su suggerimento di F. Zeri (Klesse, 1973, p. 81), la Crocifissione già negli Staatliche Museen a Berlino (n.
inv. 1889, 100x71 cm: Degenhart, Eine Lombardische Kreuzigung, 1950, p. 65; Salmi, VI, 1955, p. 838), un
affresco riproducente San Sebastiano nella chiesa parrocchiale di Silvano Pietra (già riferito a Moretti da
Mazzini, 1959, p. 89, e poi dallo stesso a un seguace di Michelino da Besozzo: 1965, p. 428, tav. 30), e
molto probabilmente anche la Crocifissione già a Roma presso A. Jandolo (100x56 cm: F. Zeri,
comunicazione verbale, 1981), la Madonna con il Bambino e i Santi Antonio abate, Anna e Pietro martire
della Alte Pinakothek a Monaco di Baviera (n. 12376, 41,2x30,1 cm: Kultzen, 1975, p. 75, con bibliografia
precedente) e il pannello compagno con la Crocifissione, identificato da F. Zeri (1957, p. 67) nella Galleria
Nazionale a Praga. Un meno plausibile riferimento all'ambito di Cristoforo Moretti è stato proposto per la
Madonna con il Bambino del Museo di Palazzo Venezia a Roma (da Longhi, IV [1928], 1968, pp. 55-56 e
Gengaro, 1967, p. 30; ma si veda Magagnato, 1958, pp.86-87, n. 91, attribuito a Pisanello), per la Madonna
con il Bambino e i Santi Francesco e Chiara della Pinacoteca Malaspina a Pavia (n. inv. 176), (da Colasanti,
1909, p. 41; all'ambito di Giovannino de' Grassi da Salmi, VI, 1955, pp. 774-775 e da Mazzini, 1958, p. 62,
n. 197), per il codice Vat. Lat. 1854 della Biblioteca Vaticana (T. Livio, Ab Urbe Condita: da Degenhart, Eine
Lombardische Kreuzigung, 1950, pp. 65-68, seguito da Baroni - Samek Ludovici, 1952, p. 75 e Griseri,
1965, p. 73), per la Crocifissione e Santi di collezione privata (Griseri, 1965, pp. 73-76, fig. 46), per il trittico
con la Crocifissione e Santi dei Musèe des Beaux-Arts a Lille (n. inv. 994; Mazzini, 1958, p. 72, n. 228), per
la Madonna dell'Umiltà del santuario della Madonna del Frassino a Oneta, presso Bergamo (da BaroniSamek ) Ludovici, 1952, p. 77 e Salmi, VI, 1955, p. 838), per un disegno, già attribuito a Pisanello
(Degenhart, 1941, pp. 16, 69 nota 81) del Museo Bonat a Bayonne (da Puppi, 1959, p. 252, nota 19), per un
Sant'Agostino della Collezione Noferi di Firenze (da Longhi, VI [1962], 1973, p. 264, fig. 146), per la
Madonna con il Bambino e Santi affrescata nella e cappella dei Da Robiano in San Lorenzo a Milano
(Malaguzzi Valeri, 1902, p. 92, nota 2), per le Storie di Santa Margherita affrescate nell'omonima cappella
del Santuario di Crea Monferrato (da Gabrielli, 1934, p. 445), per un affresco staccato con la Madonna, il
Bambino e un devoto del Museo Borgogna a Vercelli (da Viale, 1939, p. 227 e Salmi, VI, 1955, p. 838; ma
dallo stesso Viale, Civico Museo..., 1969, p. 19, n. cat. 3, a pittore vercellese, 1460-1470 circa), per alcuni
degli affreschi votivi dell'oratorio di San Giacomo della Cerreta a Belgioioso, presso Pavia (Ragghianti,
Studi, 1949, p. 300; Mazzini, 1965, pp. 445-446), per gli affreschi profani dei palazzo dei conti Zoppi a
Cassine (da Puppi, 1959, p. 252, nota 19; ma vedi Mazzini, 1965, p. 604), per la Madonna con il Bambino e
i Santi Giovanni Battista e Pietro, già in San Giovanni alle Case rotte e oggi al Museo d'Arte Antica al
Castello Sforzesco a Milano (affresco: da Ragghianti, Studi..., 1949, p. 300; ma si veda Mazzini, 1965, p.
427), per gli affreschi con Allegorie dei Vizi e delle Virtù del Castello Castiglioni a Masnago e per quelli con
Scene venatorie del Casino di caccia Borromeo a Oreno (Ragghianti, Studi..., 1949, p. 300, nota 42), per
l'affresco con la Madonna, il Bambino e due Sante Caterine nell'oratorio di San Michele in San Calimero a
Milano, già nella chiesa di San Rocco (da Toesca [1912],1966, p. 228; ma si veda Mazzini, 1965, p. 605) e
infine per gli affreschi della Sala dei Giochi (Gengaro, 1954, p. 303; Id., 1958, p. 83; Puppi, 1959, p. 252,
nota 19) e della Sala della Raccolta della frutta in Palazzo Borromeo a Milano (Gengaro, 1947, p. 46; Id.,
1955, p. 74; Id., 1958, p. 83). Va inoltre segnalato che G. Morelli (III, 1893, p. 122, nota 1) indicava come
presente presso la Collezione Frua di Milano una Madonna con il Bambino firmata dal nostro pittore.
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