Fagioli (DEFINITIVO)

Transcript

Fagioli (DEFINITIVO)
Sconvolgimenti quotidiani. Attimi di pura paura. Insensata paura.
Ogni boccata di sigaretta un nuovo pensiero mi attanaglia la mente.
Pensieri indicibili di paure sconosciute.
La nebbia fumosa della camera rispecchia esattamente il contenuto della
mia testa: in fumo.
Devo fare qualcosa.
Scollarmi dal letto.
Fingermi ancora vivo!!
Ancora pensieri, incalzanti, sempre più.
Devo alzarmi o questa infinita corsa contro me stesso mi farà impazzire
stavolta.
Forza, su, un piccolo sforzo e mi ritrovo seduto ai piedi del letto.
“ALZATI E DEAMBULA” ordino sarcastico a me stesso.
Ok, il più è fatto. Eccomi qua in posizione pressoché eretta in tutti i miei
178 centimetri (anche troppi per un corpo semi rachitico come il mio).
Le paranoie, insensate o meno, diventano meno pesanti quando impari a
sbeffeggiarle, dovrei ripetermelo più spesso.
Del resto ogni comportamento umano è condizionato dal modo in cui la
nostra singola personalità sviluppa ed elabora le emozioni.
Per esempio io sono un tipo a cui la paranoia si addice. Sono uno di quelli
che vive la paura, la teme, si, ma al tempo stesso la brama. E questo perché
amo la sensazione di quiete che esplode in me appena una determinata
paura svanisce o si allontana.
Paradossi intimi, personali. Tutti ne abbiamo.
Ok, la mia mente ha preso coscienza di se, funziona, a modo suo, ma
funziona!
Meglio aprire la finestra, cambiare l’ aria fin troppo viziata della stanza e
vestirmi…ammesso che trovi i pantaloni!!
Non so ancora dove ma da qualche parte devo andare. Fuori ancora buio; e
l’ orologio?!dove diavolo l’ ho messo??!Maledizione!!
Beh, non importa, in fondo un’ orario vale l’ altro nel mio presente.
Prendo una boccata d’aria fresca a pieni polmoni, la assaporo. Lontano
olezo di legna bruciata, odore d’ autunno, in questo dolce malinconico
ottobre.
Dov’ ero rimasto? Ah già…vediamo…scarpe presenti, felpa presente e ci
sono pure i jeans!!!ottimo. Li indosso con la dovuta non curanza e ridendo
rivolgo il mio saluto sarcastico al mio piccolo monolocale “Ciao casetta,
non aspettarmi alzata”.
Appena fuori dal portone una lieve ma fredda brezza mattutina mi colpisce
in pieno volto all’ improvviso. Folata mozzafiato. Ed il mio solito occhio
destro inizia a lacrimare. Pazienza.
Devo farmi forza, mi servono soldi e non ho ancora idea di come trovarne
per oggi. O almeno non ho idee legali per racimolarne abbastanza da
assicurarmi pranzo e cena anche per questo ventoso martedì d’ autunno.
Del resto adoro vivere così, tra l’ improvvisato e il disperato.
I miei paradossi sono linfa vitale.
Continuo a chiedermi che ora sarà, anche solo per capire quanto manca all’
apertura del Jolly bar, luogo di ritrovo solito di disadattati sociali come me.
Le 5?può darsi. Nessuno in giro e l’ edicola in fondo alla strada non è
ancora aperta.
M’ incammino sull’ altro lato del marciapiede dove, a una cinquantina di
metri, una pensilina deserta sembra osservarmi da lontano.
Perfetto, un orologio con ora ed orari dell’ autobus; sono le 5 e 22 e la
prossima corsa non passerà prima di 15 minuti. Ok, dico tra me, mi siedo
ed accendo l’ ultima sigaretta del mio pacchetto.
Quaranta minuti dopo sono davanti al Jolly. Dentro solo un paio di clienti
ben vestiti che fanno colazione prima di recarsi nei loro loculi denominati
per l’ occasione uffici.
Attendo la loro uscita prima di fare il mio ingresso poco trionfale e
salutare Tommy, il barista-amico che mi accoglie sempre con una smorfia
che lui chiama sorriso di benvenuto.
“Hola Tommy!!” lo saluto con la mia falsa empatia.
“David, puntuale come sempre!anche stanotte problemi d’ insonnia?” mi
chiede fingendo interesse.
“Già - rispondo - solita insonnia e solita richiesta. Mi offri un caffè e una
sigaretta?”
Arriva il caffè. Arriva la sigaretta.
“Sai David - mi fa lui - forse ho qualcosa che potrebbe interessarti. Sei
sempre in cerca di soldi e forse la mia proposta t’ interesserà. Ripassa a
metà mattina e magari ci fumiamo una sigaretta insieme cosi ti spiego”
“Ok Tommy. A dopo.”
Alzo i tacchi dubbioso ma poco curioso dell’ offerta che vorrà propinarmi.
Si tratterà sicuramente di un lavoro sottopagato e indegno della mia
personalità asociale.
Nel frattempo cosa fare?inizio a camminare, con calma, senza una meta
precisa, e riprendo confidenza con le mie personali domande, con le mie
paranoie quotidiane. Il concetto di sopravvivenza quotidiana, nutrendosi
del minimo indispensabile, è una buona ambizione – mi dicevo – ma è un’
idea tanto affascinante quanto difficile da realizzare nel contesto
consumistico odierno. Un passo alla volta. Del resto fino a qualche mese fa
per me era un problema anche pagare le bollette. Il problema si è risolto in
fretta da quando lo stato mi ha tagliato luce e gas.
Intorno a me la luce mattutina del sole disegnava ombre buffe. Di alberi,
persone, edifici. Beneficiavo del suo tiepido calore che riscaldava un po’
quest’ ennesimo autunno fatto di solitudine e ricerca di qualcosa che
ancora non so di poter desiderare.
Unico rimprovero che muovo a me stesso in questo momento è il non aver
approfittato di Tommy anche per mangiar qualcosa; lo stomaco inizia a
lamentarsi. Il corpo umano, macchina misteriosa in ogni sua più piccola
sfaccettatura. La mia mente non richiede cibo eppure il mio corpo si
lamenta del digiuno. Ma non c’ era qualcuno che diceva che la mente
comanda il corpo! ho come l’ impressione d’ esser nato alla rovescia
allora.
Non importa. Altro pensiero da accantonare in fretta.
Chiedo ed ottengo una sigaretta da un passante qualunque e mi siedo su
una panchina in una sorta di parco giochi per bambini poco distante dal
Jolly. Aspetterò qui fin quando non tornerò da Tommy per sentire la sua
proposta allettante (a sentir lui).
L’ ultima volta che mi offrì di partecipare ad un suo progetto fu un flop
totale. Quanto sarà passato? Un paio d’ anni. Ricordo che me lo trovai
fuori dalla porta del bar tutto preso nel fumare spasmodicamente una
sigaretta mentre parlava concitatamente al telefono.
Quando riagganciò mi chiese d’ andar con lui. Mi spiegò che avrei dovuto
accompagnarlo in cambio di un po’ di soldi (pochi nel vero senso della
parola) da un’ anziana signora sua lontana parente. Cosi diceva lui.
Gli chiesi il perché della sua agitazione al telefono di poco prima e disse
che questo suo fantomatico amico gli aveva appena detto di non poter
partecipare all’ evento di cui mi blaterava e che da solo non avrebbe potuto
portare a termine il suo progetto.
Accettai la proposta alla cieca, più per noia che per volontà.
Ricordo poi solo che il suo progetto era quello di tentare una rapina in una
villetta appena fuori città. La casa di un’ anziana si, ma non certo sua
parente come millantava poco prima. La cosa non andò benissimo. Mi
vergogno solo a ripensarci. Ma ricordo bene il finale con le luci
intermittenti della pattuglia che lo caricava in auto. Colto sul fatto a causa
di una telefonata anonima. Buffo che non abbia mai dubitato di me. David
il traditore l’ ha fatta franca! Finalmente un pensiero che mi regala un
sorriso!!lieve ma coinvolgente per il mio ego.
Bene non resta che tornare al Jolly ed ascoltare la nuova proposta di
Tommy. Scrocco un’ altra sigaretta e m’ incammino fumandola
lentamente.
“Ehi David!!!”- mi saluta urlando Tommy appena mi vede spuntare dall’
angolo della strada che porta al bar. Tendo la mano ricambiando il suo
saluto.
“Allora Tommy?sempre vuoto il bar eh!?con ‘sta storia della crisi
economica l’ unica cosa che aumenta, oltre i prezzi, è l’ avidità della
gente” commento tra il serio e il disinteressato.
Lui accenna un sorriso come per assecondarmi.
“Senti David, lascia stare la crisi e accompagnami al supermercato. Devo
rifornirmi. Magari ti offro qualcosa, che ne dici?ci stai?”
“Beh, ok Tommy, tanto per quel che ho da fare”
Poche centinaia di metri di lento incedere ed eccoci davanti al piccolo
discount. L’ insegna sbiadita annuncia agli avventori la fatiscenza del
locale. Poco curato ma ben fornito. Entriamo.
“Niente carrello Tommy?” chiedo
“No, per quel che mi serve può bastare una busta bello”
mmm… affermazione ambigua conoscendolo.
Passiamo oltre il reparto verdura e quello dei formaggi.
Stavo perdendo la pazienza, c’ era qualcosa nel suo atteggiamento che non
mi convinceva per niente. Sentivo puzza di cattive intenzioni.
“Allora Tommy - insisto - cosa devi prendere?” gli domando in una specie
di tono indagatore, insospettito dal suo esser cosi vago.
“Un po’ di pazienza e lo scoprirai David. Ma ora basta domande e
seguimi” risponde quasi scocciato.
All’ improvviso afferra una scatola di fagioli, me la passa frettolosamente
e mi dice con tono perentorio di andare alla cassa (l’ unica delle tre aperte)
e di aspettarlo li. Nemmeno il tempo di dirgli che non avevo nemmeno una
moneta con me ed era già sparito tra gli scaffali adiacenti.
Faccio un grosso sospiro e mi dirigo, sempre più perplesso, dietro ai due
clienti in fila alla cassa 2, dove sedeva e batteva i prodotti una giovane
ragazza dai capelli rossi. Carina pensai.
Non c’ era molta gente nel supermercato all’ ora di pranzo solitamente, e
questo martedì di metà ottobre non faceva certo eccezione.
Guardandomi intorno, in attesa del mio turno, avevo notato solo altre
cinque o sei persone che si aggiravano tra gli scaffali.
Poi, dal corridoio alle mie spalle, quello che portava alla cassa dove ero in
attesa, ecco sbucare un uomo col volto coperto da un passamontagna nero
che impugna un rasoio (uno di quelli da barbiere mi pare a prima vista).
Lo osservo avanzare. Il suo passo deciso e convinto. E quei jeans strappati
fin sopra il ginocchio destro, il giubbotto……OH CAZZO….TOMMY!!!!
No no no ma che diavolo sta facendo?! Stupido!!
Si dissolvono le mie imprecazioni mentre resto semi-impietrito alla vista
del mio assurdo amico che con tono impetuoso inizia a gridare
“TUTTI FERMI O FACCIO UN MACELLO” scavalcando con un balzo il
divisorio che separa la cassa 2 dalla 3 “E TU STRONZETTA, ZITTA E
SVUOTA LA CASSA IN QUESTA BUSTA! ORA!!”
Alla gola della ragazza emotivamente paralizzata, la lama del rasoio di
Tommy luccicava al ritmo tremolante della sua mano. Luccichio d’ odio.
Devo fermarlo.
“David - mi sento chiamare – muovi il culo e andiamo!Spesa già fatta!”
Che faccio?che cosa diavolo faccio adesso?Pure per nome mi ha chiamato
lo stronzo.
Inizio a muovermi, senza pensare, per inerzia.
Raggiungo Tommy appena varcata la soglia della porta automatica, subito
fuori dal discount. Le poche persone all’ interno, intanto, stavano
accorrendo dalla giovane cassiera dai capelli rossi nel tentativo di
calmarla. Povera ragazza, ansimava e fissava il vuoto quando le sono
passato davanti.
Che bastardo Tommy. Un vero bastardo!
Faccio per raggiungerlo e mi rendo conto d’ aver ancora in mano la scatola
di fagioli. Scatola di latta.
“Tommy rallenta” lo chiamo.
Gli lascio il tempo di voltarsi e lo colpisco in pieno sul naso, con tutta la
mia forza, usando l’ arma meno convenzionale di tutte, la mia confezione
di fagioli.
S’inginocchia di scatto stupito e dolorante col sangue che gli ricopriva la
metà inferiore della faccia.
“Sei uno stronzo Tommy! Non sarò mai tuo complice. Questa è l’ ultima
volta che provi a mettermi nei guai con le tue stronzate! IO NON SONO
UNA LADRO!!!! IO RUBO PER FAME, NON PER AVIDITA’!”
Fa per rialzarsi ma non gliene lascio il tempo; un altro colpo ben assestato
sulla nuca e cade svenuto.
Intanto le persone uscendo dal discount si erano godute la scena, tra l’
allibito e l’ esaltato. Non avevano mai visto un ladro colpire un suo
collega….c’ è una prima volta per tutto pensai mentre sentivo le sirene
degli sbirri, che si avvicinavano sempre più, col loro suono cadenzato.
E’ tempo di tornare a casa per me.
Non ho più avuto notizie di Tommy da quel martedì maledetto. So che il
bar ha addirittura cambiato gestione (mi pare il minimo).
Ma ho scoperto cosa adoro mangiare per cena…scatole e scatole di fagioli.
E in più ho rivalutato il concetto di paranoia. Mi sono ripromesso che
finchè vivrò continuerò a combattere le mie paure, certamente, ma non
accetterò più proposte da persone che non hanno il minimo senso del
rispetto umano. Non che io ce l’ abbia, per carità, ma almeno non amo
veder soffrire i miei simili. Se conosci la sofferenza e la tristezza, l’ ultima
cosa che vorresti fare è rendere infelice qualcun altro. Chiunque egli sia.
E cosi questa sera me ne resterò a casa a coltivare le mie paranoie. Almeno
loro non fanno del male a nessuno…se non a me stesso.
V.D. (Vertigo Diamond)