ICONE USADa Marilyn al coniglio di Playboy
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ICONE USADa Marilyn al coniglio di Playboy
ICONE USA Da Marilyn al coniglio di Playboy. Passando per il ketchup Heinz, Google e Oprah. Possono riscattare il mito compromesso dell’American dream? Uno stilista e un guru della pubblicità pensano di sì. E ne hanno fatto un libro SOGNI (ANCORA) D’ORO? © 2007 King Features Syndacate, Inc. TM Hearst Holding Inc. di Francesca Gentile DAGWOOD BUMSTEAD Nacque nel 1930, durante la Grande Depressione. Era un ricco giovane diseredato per aver voluto sposare la bella ma proletaria Blondie. Eccolo con uno dei suoi celebri sandwich. L’UOMO SULLA LUNA Il 20 luglio 1969, Neil Armstrong fece “un piccolo passo per me, un grande salto per l’umanità”. E piantò la bandiera Usa sulla superficie lunare. MARILYN MONROE FRANK SINATRA C’erano 15mila persone al Madison Square Garden per festeggiare i 45 anni di John Kennedy. Marilyn apparve inguainata in un abito color carne coperto da 2.500 strass, talmente aderente che dovette esserle cucito addosso, e cantò Happy Birthday Mr President. Per i presenti l’esibizione dell’affair davanti al mondo, e alla First Lady, fu uno shock. Il suo potere fu dovuto anche all’amicizia con John Kennedy e con alcuni capimafia. Restano però indiscussi il talento e il carisma, che lo resero il più grande crooner di tutti i tempi. Tra i suoi amori, Lauren Bacall, Marilyn Monroe, Grace Kelly, Ava Gardner. Nel 1980, il suo concerto a Rio de Janeiro entrò nel Guinness dei primati: 175mila biglietti. no dei simboli più memorabili mai concepiti dall’uomo è, in questo momento, nelle tasche di tutti i cittadini Usa. Sul retro delle banconote da un dollaro c’è una piramide sovrastata da un occhio racchiuso in un triangolo luminoso, con alla base la scritta in latino “Novus Ordo Seclorum”, a significare l’inizio della nuova era americana. La potente composizione compare tra le icone raccolte da Tommy Hilfiger e George Lois in Iconic America (Universe Publishing, una divisione di Rizzoli International). È a una nuova fase della vita e della politica Usa che la coppia di creativi lo stilista di origine irlandese e il pubblicitario figlio di immigrati greci - dedica questo libro illustrato con 400 immagini su circa 350 pagine, bello e imponente, il cui ricavato andrà in parte all’Unicef. Un anno di lavoro, un viaggio nella tradizione pop che i due offrono alla memoria di Martin Luther King Jr., “campione di pace, esempio della lotta per l’eguaglianza razziale”. «Nel corso delle nostre carriere, abbiamo tratto ispirazione dalla cultura Usa», ci spiega Tommy Hilfiger, seduto sulla poltroncina dell’angolo salotto del suo nuovo denim store a Soho, New York. «George e io eravamo destinati a creare questo libro: le icone che hanno dato forma all’identità culturale di questo Paese ci ricordano i suoi valori autentici, chi siamo e da dove proveniamo». «L’American Dream è ancora vivo», incalza George Lois, geniale ideatore della campagna mondiale che lanciò Tommy nel 1985. «Siamo solo delusi dall’attuale governo e dalla risonanza negativa che il Paese ha nel mondo. Purtroppo, ora la guerra è l’icona americana più forte. Pensiamo che questo debba finire. Crediamo nella necessità di ritrovare i nostri valori più positivi. U Il libro è il nostro messaggio al mondo: torneremo a essere quelli di prima. Con passione e intelligenza diciamo che siamo seri, ma anche capaci di giocare e divertirci. È anche l’immagine di Tommy. Lo stile Hilfiger incarna una delle facce dell’America». Oggetti, volti, personaggi. Simboli di un’epoca, di portatori di un’idea. Che siano i Kennedy, Bugs Bunny o il logo del Moma di New York. Tutti rappresentano un concetto racchiuso nel Dna dei cuori a stelle e strisce. Nel bene e nel male. In ambito alimentare - “Nei giardini delle abitazioni, nei parcheggi degli stadi”, si legge nel volume, “gli americani amano cucinare sul grill: hamburger, hot dog, bistecche, pollo, costolette, pannocchie, naturalmente con il ketchup Heinz” - come in ambito tecnologico: “Nel 2003 il motore di ricerca Google divenne un fenomeno culturale e un verbo. Per cercare informazioni, oggi si dice to google. Google ha accelerato l’accumulo delle informazioni, raggiungendo lo status permanente di amplificatore del cervello umano, capace di dirigerti verso tutto quello che non conosci o hai dimenticato. Sul fronte dello spettacolo, una delle icone proposte è la diva del talk show Oprah Winfrey. «Parla a milioni di noi nella privacy, e qualche volta solitudine, delle nostre case», spiega Lois. «Comunica, intrattiene, educa (venire selezionati per il Book Club di Oprah diventare bestseller). È entrata ai primi posti nella lista, stilata da Fortune, delle 50 donne più potenti d’America. Ha raggiunto gli ascolti più alti nella storia della tv d’intrattenimento». A Oprah, Hilfiger deve molto. Nel 1996 su Internet cominciò a girare la notizia di alcuni commenti razzisti che Hilfiger avrebbe fatto in diverse occasioni, tra cui lo show di Oprah Winfrey che l’avrebbe addirittura invitato in diretta a lasciare lo studio. Lo stilista fu accusato, a torto, di avere BARBIE Debuttò nel 1959. Ostracizzata da molti genitori e alcune femministe, la minimannequin dalle proporzioni impossibili resta uno dei massimi fenomeni di marketing. LA COCA-COLA È tuttora la bevanda più venduta in Usa. La curiosa bottiglia fu ideata nel 1915 da uno sconosciuto designer, che si basò sulla forma del cacao vista in un’enciclopedia. detto: «Se avessi saputo che i neri e gli asiatici avrebbero indossato i miei abiti, non li avrei mai disegnati». Tommy è effettivamente uno degli stilisti preferiti dai giovani afroamericani, da quando il rapper Snoop Dogg indossò una sua maglietta durante una puntata del Saturday Night Live, nel ’94. L’accusa di razzismo perseguitò Hilfiger finché, nel ’99, fu la stessa Oprah a dichiarare che quella frase non era mai stata pronunciata. Non solo: che lo stilista non era nemmeno mai stato suo ospite. Nel 2001 l’Anti-Defamation League lo scagionò con una lettera ufficiale. Torniamo alla redenzione dell’America. Su chi si deve puntare? «Su Barack Obama», rispondono Hilfiger e Lois all’unisono. «Ha buone possibilità di vincere. Gli Stati Uniti sono pronti per un presidente di colore». E Hillary Clinton? «Ha votato per la guerra in Iraq», spiega Hilfiger, «e noi siamo totalmente in disaccordo. Obama cercherà di dialogare con i nemici, Clinton è intransigente quasi come Bush». Quale slogan sceglierebbe Lois per la campagna elettorale di Obama? «Una frase come: “Ha più esperienza di Lincoln quando fu eletto”. Un concetto che rinforzi la fiducia dell’elettorato». Così George racconta il suo incontro con Tommy: «Mi chiamò per il lancio della sua immagine. Pensai: “Chi diavolo è?”. Aveva un budget di 150mila dollari da distribuire in un anno. Li spesi tutti in un giorno. Il risultato? Tommy divenne famoso in 48 ore. Puntai sul desiderio del pubblico di un nome inedito. Intuii la voglia di novità nell’aria. Giocai sulla curiosità: chi sarà mai T.H.? Funzionò». Lois inserì il nome di Tommy dopo Ralph Lauren, Perry Ellis e Calvin Klein. “La campagna”, si legge nel sito del pubblicitario, “fu un’autorealizzazione profetica, perché il giovane Hilfiger divenne presto il designer più famoso del mondo”. Quali sono le immagini-simbolo più significative, tra quelle contenute nel libro? «L’Happy Birthday di Marilyn Monroe al presidente Kennedy nel 1962 al Madison Square Garden di New York», dice Tommy. «Il logo di Playboy creato nel 1953», dice George Lois, che ha firmato alcune fenomenali copertine per Esquire. «Il famoso coniglietto con il farfallino che comparve sul primo numero della rivista, uscita senza una data perché Hugh Hefner pensava che un secondo numero non avrebbe mai visto la luce», conclude George. JEANS E le sneakers, le t-shirt... L’abbigliamento made in Usa riflette i fenomeni sociali. Dai casual friday in poi. 19 GENNAIO 2008