DICERIA DELL `UNTORE: L`UNIVERSO DI BUF ALINO by Giovanna

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DICERIA DELL `UNTORE: L`UNIVERSO DI BUF ALINO by Giovanna
DICERIA DELL 'UNTORE: L'UNIVERSO DI BUFALINO
by
Giovanna Greco Martinez
Department of ltalian
Mc Gill University, Montreal, Canada
F ebruary 2006
A Thesis submitted to the Faculty of Graduate Studies and Research in partial fulfilment
of the requirements of the Degree of Master of Arts.
AlI rights reserved for aIl countries.
©
Giovanna Greco Martinez
2006
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•••
Canada
Grec 0- Martinez II
DICERIA DELL 'UNTORE: L'UNIVERSO DI BUFALINO
Greco-Martinez III
A Gaetano
Greco-Martinez IV
Suasoria
Le mie ragioni, amici:
la metrica e il dolore, l'ordine e la foUia,
spazio e mura che invento tentoni,
gogne guardinghe deI cuore ...
Trovare un mattino la via,
la pietra dove si volta ...
Una volta, una sola volta,
in un pugno di sillabe nude
donarvi una leggenda che fu mia!
Ma non altro che polvere scavo;
o qualche gonfia maschera d'atride
che la luce deprava:
un volto putrefatto e fuggitivo.
o mentitemi, ditemi ch'è vivo.
l
1 Una delle poesie scritte alla Rocca delle quali l'autore voleva servirsi come supporto ai capitoli deI
romanzo. Questa era destinata al capitolo XVII, l'ultimo della Diceria. G. Bufalino, Diceria dell 'un/ore
(Milano: Bompiani, 1999) 151
Greco-Martinez V
INDICE
INTRODUZIONE ............................................................................................................... 1
PARTE PRIMA: GLI SFONDI .......................................................................................... 6
LI.
Biografia .............................................................................................................. 7
1.2.
Bufalino e il suo tempo ...................................................................................... 17
1.3.
Bufalino e la Sicilia ............................................................................................ 24
PARTE SECONDA: IL TESTO ....................................................................................... 31
11.1.
La scrittura ......................................................................................................... 32
II.2.
Diceria dell 'un tore e La montagna incantata ................................................... 45
11.3.
Bufalino fa i conti ............................................................................................. 58
11.4.
Marta .................................................................................................................. 72
CONCLUSIONE .............................................................................................................. 87
BIBLIOGRAFIA .............................................................................................................. 89
Greco-Martinez VI
ACKNOWLEDGEMENTS
1 am immense1y grateful to Professor Lucienne Kroha for aIl her he1p, her guidance and
her insightful observations throughout the course of this thesis. 1 also thank the
"Fondazione Bufalino" for being helpful in providing me with the documentation on
Gesualdo Bufalino.
Greco-Martinez VII
RIASSUNTO
L' obbiettivo di questo lavoro è quello di dimostrare che la scrittura, "alta" e letteraria e i
riferimenti intertestuali deI primo romanzo di Gesualdo Bufalino Diceria deU 'un tore,
celano un'accusa silenziosa contro la società, e contro l'uomo, per la passività dimostrata
davanti agli orrori della guerra e la distruzione di ogni val ore umano.
SYNOPSIS
The objective of this work is to demonstrate that the highly literary form and the
intertextual references of Diceria deU'untore, Gesualdo Bufalino's first novel, hides a
silent accusation against society and man for both the passiveness shown before the
horrors of the second world war and the destruction of every human value.
RÉSUMÉ
Le but de ce travail est de démontrer que l'écriture littéraire et les références
intertextuelles de Diceria deU 'untore, le premier roman de Gesualdo Bufalino, masquent
une accusation silencieuse contre la société et contre l 'homme pour la passivité montrée
devant les horreurs de la guerre et la destruction de toutes les valeurs humaines.
Greco-Martinez
1
INTRODUZIONE
Fare dei proprio dolore
una verità, una frode e una musica. 1
Cosa trovare in Diceria dell'untore,2 il "Supercampiello" di Gesualdo Bufalino,
un autore catapultato sulla scena letteraria italiana all'età di sessant'anni, un autore "che
ha più letto libri che vissuto giomi," se non quello che tanti critici hanno segnalato e
commentato sin dalla sua pubblicazione: presenze montaliane, 3 una Sicilia disincantata, 4
la magia delle parole, 5 la poetica, la lingua, 10 stile, il discorso?6 Ebbene Diceria
dell'untore è tutto questo. È un viaggio attraverso la letteratura per ricavare quel sense di
felicità comune ai grandi poeti italiani; 7 è il recupero della poesia e della parola scritta,
libera da ogni ristrettezza di ideologie e di avanguardie.
1 G. Bufalino, "Il malpensante," Opere 1981.1988 A cura di Maria Corti e Francesca Caputo. (Milano:
Classici Bompiani, 2001): 1108.
2 Ogni referenza al romanzo Diceria dell'untore verrà identificata con il numero della pagina alla fine della
citazione.
3 G. Traina, "Presenze linguistiche e tematiche della poesia montaliana in Diceria dell 'untore di Gesualdo
Bufalino," Siculorum Gymnasium n.s.a. XLIII n. 1-2 gennaio-dicembre 1990 : 239-271.
4 G. Barberi Squarotti, "C'è in Sicilia una montagna disincantata," Tutto libri Nuova serie - Anno VIINumero 259 - sabato 28 febbraio 1981.
5 Rosa Maria Monastra, "La Diceria dell'untore ovvero il perturbante esorcizzato con rito letterario," Le
forme e la storia N. 1-2 Anno II gennaio/agosto 1981.
6 Luigi Cattanei, "Per la poetica di Gesualdo Bufalino," Otto/Novecento Anno XIX - N. 2- marzo/aprile
1995: 215-222.
Dino Barone, "Discorso su Bufalino," L 'immaginario letterario in Sicilia (Caltanissetta-Roma: Sciascia,
1988): 110-126.
Valeria della Valle, "La lingua di Gesualdo Bufalino," Studi Linguistici 1taliani anno XVII, n. 2, 1991.
G. Amoroso, Narrativa italiana 1975-1983 con vecchie e nuove varianti (Milano: Mursia 1983) 248-252.
7 "Ma non si scrive per essere felici? Leopardi 10 attesta: 'Felicità da me provata nel tempo dei comporre,
il miglior tempo che io abbia passato in vita mia e neI quale mi contenterei di durare fmché vivo. Passar le
giomate senza accorgermene e parermi le ore cortissime e meravigliarmi sovente io medesimo di tanta
felicità di passione.' E sentiamo Pavese: 'Quando scrivo qualcosa e do dentro, sono severo, equilibrato,
felice.'" G. Bufalino, Cere perse (Palermo: Sellerio, 1985) 17.
Greco-Martinez
2
Scrivere, dice Bufalino, è "poter assistere alla vita dal proprio loggione piuttosto
che recitarla,,;8 è andare indietro nel tempo, nei meandri della memoria e recuperare solo
quei ricordi buoni che fanno bene "che ci consenta il miracolo deI Bis, il bellissimo
Riessere.,,9 Riessere attraverso le pagine di un libro:
Vorra, dal subbuglio dei giomi perduti, estrarre un colore, una vista, un
rumore ... vorro, mediante il balsamo 0 il veleno di una parola, sorprendere
un fantasma almeno, dei tanti venuti a trovarmi sul lenzuolo nero deI
sonno. Mi basterà un accordo d'inizio, un la da suggerire all'orchestra di
archi e d'ottoni, alla loro animosa incontinenza di dire. Per esempio: "0
quando tutte le notti, per pigrizia, per avarizia, ritomavo a sognare 10
stesso sogno .... "
JO
"0 quando tutte le notti, per pigrizia, per avarizia, ritomavo a sognare 10 stesso
sogno ... " Cosi inizia Diceria dell'untore, un'armonia di assonanze e di allitterazioni per
indicare allettore "il rigo chiaro" da seguire. Un recupero della parola scritta, della lingua
che nomina le co se e le fa sue; degli atti, dei momenti che perdono illoro colore originale
nel momento in cui vengono investiti da parole ricche di suoni che fra loro armonizzano e
che nelloro insieme creano una sinfonia.
Ma Diceria dell 'untore è più di tutto questo. Dietro questo "assolo di bel canto" ci
sono la guerra, la malattia e la morte. Un discorso metafisico esistenziale che porta il
lettore a leggere fra le righe e domandarsi il perché dei tanti riferimenti intertestuali che
percorrono tutto il romanzo. Come dice Maria Corti nell'introduzione aIle Opere: in
Ibidem 16.
Ibidem 17.
10 G. Bufalino, Diceria dell'untore (Milano: Bompiani, 1999): 7.
8
9
Greco-Martinez
3
Bufalino "c'è una sorta di sfida al lettore.,,11 D'altronde 10 stesso autore attesta di aver
lasciato "molti snodi romanzeschi" irrisolti e di aver stipato "nel minimo spazio verbale
[ ... ] quanti messaggi [ ... ] per consentire al lettore 10 sforzo e il piacere di estrarneli da
se." 12
Sono questi "snodi" irrisolti, questi messaggi nascosti che mi hanno incuriosito ed
ho trovato che innanzi tutto i riferimenti ad altri testi servono ad introdurre tutto un'altro
discorso, e cioé, una testimonianza, come Bufalino dichiara alla fine della sua Diceria:
"Per questo forse m'era stato concesso l'esonero; per questo io solo m'ero salvato, e
nessun altro, dalla falcidia: per rendere testimonianza, se non delazione, d'una retorica e
d'una pietà" (133).
Romano Luperini in "Narrare, oggi, in Italia,,13 giudica Diceria dell'untore un
romanzo della memoria che esclude ogni impegno sociale e ideologico. Ed è vero:
Bufalino non si impegna, si tiene lontano da qualsiasi ideologia, ma questo non vuol dire
che Bufalino scriva per puro intrattenimento, anzi mi unisco a Renzo Favaron che scrive:
"Parafrasando Adorno si potrebbe dire che l'arte di Gesualdo Bufalino riesce 'a colpire la
società tanto più esattamente, quanto meno tratta di essa. '"
14
Ed è su questa linea di pensiero che si svolge questo mio lavoro, con l' obbiettivo
di dimostrare che Diceria dell'untore è un'accusa silenziosa, un'accusa "a fior di labbra."
Un'accusa che Bufalino ha voluto formulare contro la società, contro l'uomo e contro se
stesso per la passività davanti agli orrori della seconda guerra mondiale e per aver
G. Bufalino, Opere 1981.1988 XVII.
G. Bufalino, "Autoritratti a richiesta," Saldi d'autunno (Milano: Bompiani 2002): 247.
13 Produzione e cultura Rivista bimestrale deI Sindacato Nazionale Scrittori - gennaio 1982.
14 Renzo Favaron, "Gesualdo Bufalino diceria di Ulla sofferenza," Il Verri n. 3-4 VIII (serie settembredicembre 1987): 141-143.
Il
12
Greco-Martinez
4
pennesso, "col dito sulle labbra,,,15 la distruzione di ogni valore umano. E Bufalino si
affida ai terni e ai personaggi della letteratura per costruire una storia che possa mettere in
evidenza la triste realtà dei dopoguerra.
Divido quindi questo lavoro in due parti. La prima parte intitolata "Gli sfondi," è
suddivisa in tre capitoli:
(a). "Biografia": mette in rilievo le fasi fondamentali della vita dello scrittore;
(b). "Bufalino e il suo tempo": tratta il clima letterario italiano in cui si svolge la carriera
letteraria dello scrittore;
(c). "Bufalino e la Sicilia": tratta il rapporto di Bufalino con la Sicilia.
La seconda parte, intitolata "Il testo," è dedicata specificamente al romanzo ed è
suddivisa in quattro capitoli, ognuno dei quali tratta una sfaccettatura dello stesso
disegno:
1. "La scrittura": mezzo primario usato da Bufalino per superare la sua "isolitudine,,16 e
raggiungere nuovi orizzonti senza rinunciare alla musicalità e alla ricchezza della sua
lingua madre, il siciliano;
2. "Diceria dell 'un tore e La montagna incantata": La presenza della Montagna incantata
di Thomas Mann nella Diceria vista come aggancio alla letteratura europea e come
espediente per dare forza e prestigio al romanzo;
3. "1 conti con Manzoni": mette a fuoco il tema di fondo della Diceria: la questione della
responsabilità per le atrocità della guerra delle quali Bufalino è stato testimone;
15
16
G. Bufalino, Calende greche (Milano: Bompiani, 1998): 76.
G. Bufalino, llfiele ibleo (Cava dei tirreni: Avagliano editore, 1996): 29.
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5
4. "Marta": l'ambigua eroina ebrea su cui è impostata buona parte deI romanzo. Una
figura letteraria, una visione, una memoria rivissuta nel mondo fantastico della finzione,
che permette aIl' autore di dare sfogo alla sua pena e al suo rancore.
Greco-Martinez
PARTE PRIMA: GL! SFONDI
6
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7
10 che avevo succhiato tanti suoni
e fiumi di libri e m'ero gremito di parole
come di albumine, per flebo, un malato ... 17
1.1.
Biografia
"Ai piedi dei monti Iblei" in provmCla di Ragusa, la più meridionale delle
province siciliane situata nell'antica "Valle di Noto,,,18 nasce Gesualdo Bufalino il 15
novembre 1920.
Il padre, fabbro ferraio, era un appassionato lettore di classici e si era creato una
modestissima biblioteca. Questa passione per la lettura la trasmette al figlio e come
ricorda Bufalino "sin da ragazzo ebbi dimestichezza con il mondo della scrittura e della
lettura.,,19 Da bambino trascinava la madre per le strade deI paese a leggere le targhe
delle strade e giocava con il padre ad accoppiare parole con l'aiuto di un vecchio
dizionario Melzi. "Un libro per l'isola? Un vocabolario" dice Bufalino ne Il malpensante,
una raccolta di aforismi. Sarà un'abitudine questa, un esercizio, che elabora e applica
nella stesura dei suoi romanzi: la scelta della parola giusta, la profusione di aggettivi,
l'attenzione alla prosodia fanno della sua prosa quasi della poesia.
Nell'appendice di Diceria dell'untore Bufalino dà alcuni ragguagli sull'idea deI
libro e una delle tante è la seguente:
G. Bufalino, Museo d'ombre (Milano: Tascabili Bompiani, 2000): 17.
Durante l'invasione araba la Sicilia fu divisa in tre province: Val di Mazara (la parte Occidentale della
Sicilia, da Agrigento a Palermo), Val di Noto e Val Demone che tagliano in due la parte orientale
dell'isola: la prima la parte estrema Sud (da Enna a Siracusa) e la seconda la parte estrema Nord (da
Catania a Messina). Henry Barbera, Medieval Sicily (Toronto: Legas, 2000):50.
19 Pajar F., "La diceria dell'untore." Il Gazzettino 13 settembre 1981.
17
18
Greco-Martinez
8
Confesso che il primo capitolo che scrissi ... nacque come un gioco serio,
la scommessa di trovare intrecci plausibili fra 50 parole scelte in anticipo
per timbro, colore, carica evocatoria comuni. (77)
Saranno, dunque, tutti i libri di suo padre, La divina commedia, 1 miserabili,
Guerra e pace, un romanzo di Fogazzaro, Il marito di Elena di Verga ed altri ad avviarlo
all'instancabile "voluttà delleggere,,,2o l'ambizione e la risolutezza di leggere tutti i libri,
di vivere il mondo immaginario della letteratura che gli permetterà di scavalcare i confini
deI suo mondo e conoscere altri orizzonti, altri cieli; ma non solo questo:
Poiché leggere a me non servi soltanto da risorsa conoscitiva, utile a
esplorare, dal fondo deI mio pozzo buio, il più che potessi dellontanissimo
cielo: significo soprattutto mangiare, saziare una mia fame degli altri e
delle loro vite veridiche 0 immaginarie. 21
Gli anni de11iceo, i primi tre anni a Ragusa gli altri due a Comiso, divenuta sede
di liceo c1assico, sono per Bufalino gli anni della lettura dei grandi c1assici italiani e
stranieri. Eccelle in latino, anzi nel 1939 vince per la Sicilia un premio di prosa latina, e
per questa occasione è ricevuto da Mussolini, con gli altri concorrenti, a Palazzo Venezia.
Bufalino ricorderà questa esperienza con moIta ironia perché non era tanto simpatizzante
deI fascismo:
Il fascismo a chi vi era nato dentro e non aveva la fortuna di un incontro
eretico, appariva naturale come la famiglia a un bambino. Credo fosse,
20
21
G. Bufalino, Cere perse 24.
Ibidem 25.
Greco-Martinez
9
questo, UllO dei suoi veleni più neri. 10 10 accettavo col solo blando astio
che poteva nascermi dalla renitenza ai salti e aIle arti marziali. 22
In Sicilia, tranne forse nelle grandi città come Palermo e Catania, c' era un ritardo
culturale di trenta a quarant'anni e la letteratura contemporanea, se non completamente,
era quasi sconosciuta: si fermava a D'Annunzio.
Ma questo ritardo culturale, per quanto negativo, permette a Bufalino di scoprire
la letteratura europea di fine Ottocento primo Novecento,
0
almeno quel che poteva
offrire la Biblioteca Comunale di Comiso:
Era una bella biblioteca ad onor del vero, ma ritardataria perché
arrestava più
0
SI
meno al 1910. [ ... ] C'erano tuttavia delle collezioni della
Critica di Croce, c'era la Nuova anl%gia e poi i poeti italiani e stranieri
della generazione precedente. 23
Legge, dunque, i grandi scrittori francesi, tedeschi, rus si e inglesi. Quando gli
capitano fra le mani 1 jiori dei male di Baudelaire il forte desiderio di conoscere il testo
della versione originale, 10 induce a tradurre lui stesso dall'italiano in francese aiutandosi
con la traduzione in prosa della duchessa d'Andria. 24
Più tardi Bufalino traduce in italiano 1 jiori dei male. Secondo Claudio Marabini
nel "Resto deI Carlino" deI 16 ottobre 1982, "raramente [Baudelaire] è stato reso con Ulla
fedeltà
COS!
originale."
Bufalino sviluppa una affinità per la letteratura europea e
soprattutto per quella francese di fine Ottocento:
"Intervista di Leonardo Sciascia," L'Espresso 1 marzo 1981.
Fausto Pajar, "La diceria dell'untore," Il Gazzettino 13 settembre 1981.
24 "Cercando di recuperare, in qualche modo, i versi alessandrini dell'originale aiutandomi con questa
circostanza: la duchessa d'Andria aveva tradotto in prosa si ma aveva messo per fortuna un rigo bianco fra
ogni quartina." Fausto Pajar, "E l'untore invento i 'fleures.' " Il Gazzettino 16 settembre 1981
22
23
Greco-Martinez 10
1 nomi di allora (1936-37) come Bontempelli, Ungaretti erano conosciuti
qui a Comiso come suoni vacui che erravano nell'aria ma io non avevo
letto nessun loro libro [ ... ]. Frattanto pero avevo scoperto [ ... ] il
decadentismo [ ... ] nelle sue varie formulazioni europee, di fine Ottocento
pero. [ ... ] Leggevo Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, leggevo gli inglesi, i
tedeschi nelle traduzioni che potevo trovare allora. [ ... ] Ho assorbito tutta
la narrativa ottocentesca che vale. 25
A parte, pero, questa passione per la lettura e per la parola scritta "che con
minimo e invisibile corpo divine gesta sa compiere: calmare la paura, togliere la pena,
suscitare la gioia, crescere la pietà,,,26 Bufalino nutre un attaccamento per il suo paese,
per la Sicilia, dalla quale non si allontana se non per vacanze estive e per andare in
guerra. Fra gli anni '30 -'35, prima di scoprire la letteratura deI suo tempo, Bufalino si
nutre della "manna" dei suo paese. Data la situazione precaria della famiglia, lavora come
apprendista presso un pittore di carretti: "C'è tutta la Sicilia - dalla 'cassa' agli 'sportelli'
dalle ruote alle aste - [ ... ] Per la maggior parte [le pitture] sono scene religiose [ ... ]
0
le
vicende dei più famosi campioni della cavalleria: Orlando, Carlo Magno, Angelica
ecc .... ,,27 Insomma tutto uno scenario da "opra de' pupi."
Smette l'apprendistato grazie al miglioramento economlCO e SI Iscnve al
ginnasio. L' esperienza dei mestiere 10 sensibilizza aIle tradizioni e alla cultura popolare
deI suo paese:
Ibidem
G. Bufalino, "Gorgia e 10 scriba sabeo," L'uomo invaso (Bologna: Tascabili Bompiani, 2001): 20.
27 Lo presti Salvatore, Il carretto (Palermo: S.F. Flaccavio, 1959).
25
26
Greco-Martinez Il
Solo qui s' è saputo, aggiungendovi un pennacchio e qualche icona di sfide
paladinesche, trasfigurare l'antico connubio cavallo-carro, legato ai
pericoli dei viaggio nottumo, aIle insidie dei mali passi e dei malandrini,
in un favoloso fiammeggiante tabemacolo semovente; solo qui s' è saputo
conferire alla curva di una falce
fondaco
0
0
di un vaso, allo spigolo d'un mure di
di palmento quel di più d'eleganza e di vacanza che li riscatta
dalla dannazione deI sudore e delle lacrime e li rende "umani," quindi
sostanza di memoria e di amore.
Parlo, si capisce, soprattutto d'una
cultura d'ieri, la cultura della "bottega"; dove il "mastro," come neI
Rinascimento a Firenze, insegnava e l'apprendista apprendeva con gli
oc chi lucidi e il cuore riconoscente. 28
Si viene a creare, in Bufalino, una simbiosi fra la letteratura e la sua terra, la
Sicilia: "Due patrie: quella dei libri, quella deI sangue.,,29
NeI primo capitolo deI Fiele Ibleo "Istruzioni per l'uso della Sicilia," Bufalino
racconta come da ragazzino i suoi soli giocattoli erano tre
0
quattro libri illustrati fra cui
un Atlante geografico. Su questo impara a viaggiare con la fantasia:
"Col semplice
spostamento d'un dito potevo a mie piacere viaggiare dalle rive deI Nilo alle Montagne
Rocciose.,,30 Sarà un gioco di bambini, ma anche un esercizio fantastico e allo stesso
tempo concreto: visualizzare le nazioni dei mondo, l'Italia, e infine l'isola "una zattera
triangolare e tozza, fluttuante sopra le acque come l'arca deI diluvio.,,31 La Sicilia è
un'isola di razze che hanno lasciato la loro eredità indeIebile: dove il mito è di casa; dove
G. Bufalino, La luce e illutto (Palermo: Sellerio, 1996): 41- 42.
"Il malpensante", Opere 1118.
30 ___ , I1fiele ibleo (Cava dei Tirreni: Avagliano editore, 1995): Il.
31 Ibidem 12.
28
29 ___ ,
Greco-Martinez 12
la malattia è "colpa e vergogna,,;32 dove la morte è compagna assidua di giorno e di
notte; dove è facile sentirsi cittadino del mondo, basta penetrare il mondo racchiuso di
una biblioteca:
Là dove mi parlavano in un sublime esperanto, mischiati insieme e
consanguinei, Emily Dickinson e Gogol, Baudelaire e Novalis, Kalidasa e
Machado ... Ora so finalmente questa semplice verità: che mi è non solo
lecito ma doveroso dichiararmi nello stesso tempo cittadino di Dappertutto
e di Qui, piccolo borgo deI Far Sud, fra i monti Iblei e il mare; che mi è
non solo lecito ma doveroso accordare insieme nel mio spirito la musica
grandiosa dell'universo con quella d'uno zampillo di fontana al centro
d'una piccola piazza di paese sugli estremi bastioni meridionali
dell'Occidente. 33
N el 1939 Bufalino ottiene la maturità c1assica. L' anno dopo si iscrive a Lettere
all'Università di Catania. A causa della guerra frequenta solo per dare gli esami. Nel
1942 interrompe gli studi e come tantissimi giovani italiani è chiamato aIle armi. Ecorne
tantissimi giovani si domandarono prima di morire, lui si domanderà per sempre quale
codice del mondo ha permesso all'uomo di commettere le atrocità di cui è stato
testimone. L' esperienza della guerra sarà per Bufalino la fine dei suoi ideali, della sua
fede, della sua fiducia nell'essere umano:
E sarà certo l'esperienza dei diciott'anni, ma non ml capacito che
qualcuno
voglia
arruolarmi
comparsa,
forse
complice,
III
Dai 14 punti dell' "Identikit deI Siciliano Assoluto. 7mo. punto : Sentimento della malattia come colpa e
vergogna. " G. Bufalino, La /uce e il/utto 23.
33 Ibidem 12-13.
32
Greco-Martinez 13
quest'inverosimile Grand Guignol; e che s'intesti a confondere i codici
d'un mondo che ancora mi sto affannando di capire. 10 che sento le grandi
maiuscole, Stirpe, Onore, Nazione, Popolo, Impero, sgonfiarmisi sotto la
lingua col sibilo di un palloncino. 34
Da soldato nel1942 frequenta un corso Allievi Sergenti a Campobasso e un corso
Allievi Ufficiali a Fano. Ne} '43 viene nominato sottotenente di fanteria e inviato a
Sacile, in Friuli. In Sa/di d'autunno, fra i racconti ce n'è uno, "Il soldato impossibile," in
cui si rispecchiano vivamente Bufalino e la sua esperienza di soldato: un soldato restio
perfino a cap ire il funzionamento elementare di una pistoIa ad acqua; un soldato che si
rifiuta di caricare il fucile
0
la pistoIa, che si rifiuta di fare la guerra, che si rifiuta di
uccidere:
Che il nostro Paese non potesse in alcun modo vincere la seconda guerra
mondiale mi fu chiarissimo un giorno di novembre deI '42, quando da
semplice fantaccino fui promosso sergente allievo ufficiale e m'avviai a
diventare, come in pochi mesi diventai, sottotenente a tutti gli effetti. [ ... ]
Che un individuo di suprema, in qualche modo prodigiosa, inettitudine
militare; [... ] incapace perfino di avvolgersi [ ... ] le fasce; che un tale
soldato impossibile venisse
impunemente abilitato a guidare in
combattimento un plotone di veterani, decidendone sul terreno la vita e la
morte: lui,
.
34
COS}
G. Bufalino, Calende greche 65.
stralunato e sorpreso dall'evento stesso di esistere ... beh,
Greco-Martinez 14
non mi ci volle molto a caplre che, se questo poteva accadere
III
un
esercito, per quell' esercito l' ora deI catafascio era suonata. 35
Si puo capire da questo breve scritto ironico e triste quale fosse 10 stato d'animo
di Bufalino, quale disillusione gli si era infiltrata nel cuore. Fra le sue opere solo in
Calende greche, nel racconto "La neve e il sangue," si scopre un po' la sua anima, la sua
ribellione, che si spegne nella realizzazione che in fondo non serve a nulla ribellarsi:
Corn' è che tutti, con un dito sulle labbra, lasciamo che l' orrore proceda,
badando solo a salvarci dall'ecatombe, partecipandovi anche, ricattati
dalla turpe scommessa di uccidere 0 essere uccisi. [ ... ] A me pare stanotte,
di correre all'impazzata, senza nemmeno scorgere il doppio nemico che
mi sta dietro e davanti. Solo come una mosca nella trappola d'una boccia
di vetro. [ ... ] Pure la tentazione è imperiosa, stanotte, di non correre più,
di sedermi da disertore su un paracarro, in attesa che chiamino a gran voce
il mio nome nel contrappello celeste. 36
Bufalino viene catturato dai tedeschi dopo l'armistizio.
Con l'aiuto di una
ragazza, Sesta Ronzon, che aveva conosciuto al suo arrivo a Sacile, riesce a fuggire e si
nasconde nella campagna friuliana. Fallito il tentativo di unirsi a un gruppo di partigiani
raggiunge a1cuni suoi amici a Reggio Emilia. Nell'autunno deI 1944 Bufalino si ammala
di tisi ed é ricoverato nell'ospedale di Scandiano.
La degenza nell' ospedale di Scandiano diventa un antidoto alla sofferenza fisica e
mentale di Bufalino.
35
Lo scantinato dell'ospedale era diventato il nascondiglio della
G. Bufalino, Sa/di d'autunno 237.
Ca/ende greche 76 - 77.
36 ___ ,
Greco-Martinez 15
biblioteca deI dottor Biancheri, il primario dell' ospeda1e, che desiderava proteggerla daï
peri coli della guerra. Bufalino ottiene la chiave dello scantinato e passa il suo tempo a
leggere tutti quei libri che aveva sempre desiderato di leggere. Insomma per Bufalino la
malattia è il suo ingresso nell ,Europa letteraria.
Siamo nell'autunno deI 1944, quindi si tratta della letteratura degli inizi dei
Novecento. Bufalino che aveva avuto l'opportunità di leggere gli autori italiani e stranieri
di fine Ottocento durante gli anni di liceo, ora ha il piacere di scoprire quegli scrittori che
hanno marcato indelebilmente il Novecento: Proust, Kafka, Joyce, Mann, Sartre, Camus.
Nel 1946 viene trasferito in un sanatorio in Sicilia, fra Palermo e Monreale: la "Rocca"
che sarà il "teatro" della Diceria. Durante la degenza collabora con alcune riviste
lombarde e si iscrive all'università di Palermo. Ormai guarito dalla tubercolosi, viene
dimesso nel 1947, consegue la laurea 37 e ritoma a Comiso. Per due anni insegna
nell'Istituto Magistrale di Modica. Nel 1951 ottiene il trasferimento all'Istituto
Magistrale di Vittoria, poco distante da Comiso, dove insegnerà per altri venticinque
anni. Nel 1981 pubblica il suo primo romanzo Diceria dell'untore che vince il premio
Campiello; Museo d'ombre esce nel1982 con una raccolta poetica L'amaro miele. Nello
stesso anno decide di sposarsi con una sua ex allieva, Giovanna Leggio, dopo venticinque
anni di fidanzamento. Traduce, nel1983, lfiori dei male di Baudelaire el duefratelli di
Terenzio. Nel 1984 pubblica Argo il cieco, l'anno dopo Cere perse che vince il premio
"Elba." Seguono Il malpensante nel 1987, e, nel 1988, La luce e illutto, Saline di Sicilia
e Le menzogne della notte, che vince il premio "Strega." Saldi d'autunno, una raccolta di
testi, che vincerà il premio "Nino Martoglio," viene pubblicato nel 1990. Collabora
37 "Con una tesi dal titolo 'La riscoperta dell'antico e gli studi di archeologia in Italia dei XVIII secolo."
Cronologia di Francesca Caputo. Diceria del/'untore XVI.
Greco-Martinez 16
anche alla sceneggiatura deI film tratto da Diceria dell 'un tore , per la regia di Beppe Cino.
Nel 1991 fa dono dei suoi libri alla Biblioteca Comunale di Comiso e pubblica il
romanzo giallo Qui pro quo e Il Guerrin meschino, frammento di un 'opra di pupi. Nel
1992 escono Calende greche e Il tempo in posa. L'ultimo suo romanzo Tommaso e il
fotografo cieco ovvero Il Patatrac è pubblicato nel 1996. Muore il 14 giugno dello stesso
anno, a seguito di un incidente stradale.
Greco-Martinez 17
Vanno le avanguardie all'assalto, baldanzose e vociferanti.
Ma siarno noi della retroguardia che, per salvargli le spalle,
senza nemmeno soffiare nel como,
resistiarno e rnoriarno a Roncisvalle. 38
1.2.
Bufalino e il suo tempo
Bufalino lascia il sanatorio di Palermo nel 1947. Anche se guarito porta dentro di
se una lacerante ferita che non si potrà mai cicatrizzare. Rimedio "palliativo e placebo"
sono la scrittura: "si scrive ... per dimenticare, per rendere inoffensivo il dolore,
biodegradarlo, come si fa coi veleni della chimica.,,39 L'amore per la parola scritta, per la
lettura, per la letteratura in generale sarà dunque l' essenza della sua vita e "a somiglianza
della giovane principessa delle Mille e una notte ognuno parla ogni volta per rinviare
l'esecuzione, per corrompere il carnefice.,,40 La guerra, la malattia, sore Ile congiunte
della morte, che sono fra i terni scelti per il suo romanzo Diceria dell 'un tore, hanno
distrutto tutto cio che di bello è nella sua vita, si sono portate via la sua giovinezza, il
sentimento di avere uno scopo nella vita, la speranza di raggiungere qualsiasi forma di
felicità. Ed è in uno stato d'animo cosi sfiduciato e vuoto che Bufalino inizia, nel 1950, a
scrivere la sua tragica storia, la sua Diceria, "annegandola in un aria fantastica e magica
che la disarmasse,,:41 cioè recuperando solo quei ricordi che non fanno male e non si sà
se sono "miraggi, favole, [0] sogni di favole.,,42 È una tecnica che lascia allettore ampio
spazio di interpretazione, come lui stesso, in "Autoritratti a richiesta," spiega:
Dell'argomento deI libro, sappia, chi non l'ha letto, che vi si racconta la
convivenza di alcuni reduci di guerra [ ... ]. Un'esile trama, come si vede.
G. Bufalino, Bluff di parole (Milano: Tascabili Bornpiani, 2002): 30.
Cere perse (Palermo: Sellerio, 1985): 17.
40 Ibidem 16.
41 G. Bufalino, "Guida-indice dei terni," Diceria dell'untore 177.
42 ___ , "Il rnalpensante," Opere 1094.
38
39 ___ ,
Greco-Martinez 18
E a bella posta, direi, visto che moiti snodi romanzeschi nmangono
irrisolti, negligentemente proposti, ma subito censurati
0
scordati (i
rapporti deI medico con la moglie; deI protagonista con una defunta e
misteriosa Sesta; l'infanzia forse incestuosa della ragazza; il suo segreto di
ex kapà .. .). Cio rientra nell'uso
0
forse abuso di una tecnica fortemente
ellittica e contratta (a smentita dell'apparente esuberanza stilistica), la
quale aspira a stipare nel minimo spazio verbale [ ... ] quanti messaggi più
puo, per consentire allettore 10 sforzo e il piacere di estrarneli da Sè. 43
Il primo abbozzo risale al 1950. Sarà ripreso nel 1971, completato e poi
sottomesso ad una "revisione ininterrotta" per ben dieci anlll.
Ne! 1981, dietro
raccomandazione di Leonardo Sciascia, viene pubblicato dalla casa editrice Sellerio.
Ci si domanda: perchè Bufalino ha preso tutto questo tempo, quasi trent'anni, a
scrivere il suo romanzo, perché non ha
avuto alcuna premura di pubblicarlo? Una
ragione crediamo stia nella sua reticenza a considerare la sua opera come definitiva: "La
mia riluttanza alla stampa [ ... ] nasce da una discrezione nativa, [ ... ] per me un'opera puo
solo dirsi veramente viva se, e finché è inedita, mobile, trasmutabile ad libitum come la
vita.,,44 Un'altra ragione sta nel clima letterario dell'epoca: Bufalino stesso, in Ulla sua
intervista, attesta di aver scritto il suo romanzo "stretto fra due cadaveri freddi: la salma
deI N eorealismo e il feto dell' Avanguardia." 45
Quando Bufalino inizia l' abbozzo deI suo romanzo, negli anni subito dopo la
guerra e l'esperienza della Resistenza, gli scrittori italiani sono in preda a un desiderio di
scrivere, di raccontare i fatti vissuti: si tratta di una presa di coscienza dell'ltalia "reale" e
Sa/di d'autunno 246-47.
44 Ibidem 242.
45 G. Bufalino, Opere 1108.
43 ___ ,
Greco-Martinez 19
di tutte le sue carenze e contraddizioni. Nasce il Neorealismo, un movimento
testimonianza, caratterizzato da una volontà di correzione e di rinnovamento: "si presenta
co SI come un'arte impegnata contro l'arte che tendeva ad eludere i problemi reali deI
nostro Paese.,,46 Il Neorealismo diviene il portavoce delle masse popolari: di quella
società assente da sempre dalla scena della letteratura italiana aulica. Calvino, in un
saggio diventato famoso, scrive:
L'esplosione letteraria di quegli anni fu, prima che un fatto d'arte, un fatto
fisiologico, esistenziale, collettivo. Avevamo vissuto la guerra, e noi più
giovani - che avevamo fatto appena in tempo a fare il partigiano - non ce
ne sentivamo schiacciati, vinti, "bruciati", ma vincitori, spinti dalla carica
propulsiva della battaglia appena conc1usa, depositari esc1usivi della sua
eredità. [ ... ] L'essere usciti da un'esperienza - guerra, guerra civile - che
non
aveva
risparrniato
nessuno,
stabiliva
un'immediatezza
di
comunicazione tra 10 scrittore e il suo pubblico. 47
Ma per Bufalino non è cosi. Anche lui ha vissuto la guerra e ha fatto, in parte, il
partigiano, ma ne è uscito vinto, sconfitto, depositario di orrori di cui non potrà mai
scnvere.
In Diceria dell 'un tore Bufalino giustifica il suo rifiuto a unire la sua voce a quella
di tanti scrittori che, "schierati con i partiti di sinistra," sentono il bisogno di manifestare
la loro fiducia nella nuova società attraverso la letteratura:
Cosi, chi da poco chi da pochissimo, vivevamo alla Rocca insieme ad altri
[ ... ] cascami della storia, uno sfrido umano. [ ... ] Agli etemi protocolli e
46
47
Guglielmino/Grosser, Il sistema letterario Vol. V (Milano: Principato, 1994): 938.
Halo Calvino, Introduzione a Il sentiero dei nidi di ragno (Torino: Einaudi, 1970): 7.
Greco-Martinez 20
controlli davanti a un corpo di guardia ci eravamo una volta di più con
disciplina piegati. (21) [ ... ] Nell'asfissia deI sentire, che a gara con l'altra
deI respiro ci soffocava le fauci, ogni parola grande stingeva, appariva una
truffa di adulti. Anche la libertà, anche la verità. (25)
Si sente l'angoscia di ritrovarsi senza nessun appoggio, senza nessun valore a cui
aggrapparsi. Per Bufalino e per tutti quelli come lui, reduci e toccati dalla tubercolosi,
niente ha più importanza. A che serve ribellarsi, chiusi nella loro "arca," divisi dal resto
degli uomini, "ciascuno, un guardiano di faro scordato dagli uomini sopra uno scoglio di
Mala Speranza" (45).
Sono gli anni '58 - '60. "Il miracolo economico," il "boom" apporta una grande
trasformazione nella vita di ogni italiano. Tutti ne sono toc cati e le conseguenze si
faranno sentire nei movimenti di protesta di studenti universitari, operai, e sindacati,
schierati tutti contro le autorità che non avevano ancora capito che 10 sviluppo economico
esigeva una ristrutturazione adeguata ai bisogni della nuova società. 48
Sul piano letterario si verifica una simile protesta. A tutte le speranze di
rinnovamento dell'immediato dopoguerra si sostituisce il rifiuto di qualsiasi ideologia e
impegno. Si sviluppa una tendenza a sperimentare nuove forme e contenuti che
rispondono al nuovo clima culturale e sociale; si rifiuta illinguaggio letterario - sintassi,
punteggiatura, metrica - sostituendolo con il linguaggio quotidiano, alla portata di tutti,
"Da questi avvenimenti derivano suggestioni e riflessioni che saranno in vario modo presenti nel
'movimento' deI '68: il mito di Mao [ ... ]; una valutazione fortemente critica nei riguardi dell'URSS e deI
'socialismo reale'. La 'grande tempesta deI Sessantotto' (Colletti) si scatena [ ... ] in Italia contro il potere
(politico, culturale, accademico) e contro il costume, il modo di vita, i valori 'borghesi'. Università e Licei
occupati, agitazioni studentesche, scontri violenti contro la polizia, attacchi contro i più rappresentativi
esponenti dell' establishment accademico, culturale, politico ne sono le manifestazioni più vistose. Viene
sottoposto ad impietoso esame e rifiutato l'intero assetto della società: è Ïnsomma Ulla contestazione
globale." Guglielmino/Grosser, Il sistema letterario 905-06.
48
Greco-Martinez 21
in un processo di sperimentazione che possa stabilire un nuovo codice linguistico adatto
alla nuova società capitalistica dei "mass media." In breve, si contesta la letteratura e le
poetiche allora dominanti: il Neorealismo e l'Ermetismo. DaI cosiddetto Gruppo 63 nasce
il movimento della Neoavanguardia e la convinzione che per la società modema l'unico
spazio possibile di contestazione è quello letterario.
49
Bufalino non si riconosce in nessuno di questi movimenti. Spiega le sue ragioni in
un' intervista concessa a Massimo Onofri:
Feci presto, a guerra finita, a rendermi conto della dose di caducità che
ineriva all'esperienza neorealista, soprattutto nella sua programmaticità.
Non è che il neorealismo non abbia dato risultati anche altissimi, ma è
vero che esso era in parte condizionato da una presunzione ideologica che,
in modo molto grossolano, si puo ricondurre allo zdanovismo russo.
Quanto alla neoavanguardia, m' è parsa sempre qualcosa di frigido e di
calcolato, un prodotto di tavolino, non un movimento che nascesse da
un'autentica rivolta, da una vera passione, anche letteraria. 5o
Questo processo di contestazione vien man mana ad eclissarsi. Nel '71, Bufalino
riprende a scrivere il suo romanzo, vent' anni dopo il primo abbozzo. Che la situazione
letteraria degli anni Sessanta 10 abbia, in un certo quaI modo, trattenuto dal pubblicare il
suo romanzo, non lascia alcun dubbio. Peter Hainsworth scrive:
Perhaps we can also see reasons, beyond natural reticence, why Bufalino
did not publish until late in life. He has said that the neorealist "ice-age"
Sul piano letterario: "occorreva distruggere Ulla concezione della letteratura come mimesi della realtà
[ ... ] e bisognava rivoluzionare illinguaggio". Romano Luperini, La scrittura e l'interpretazione Vol. 6,
Tomo 2 (Firenze: Palumbo, 1998): 1013.
50 Massimo Onofri, "Gesualdo Bufalino, ovvero la geometria delle passioni," La voce repubblicana
·6 - 7 maggio 1988.
49
Greco-Martinez 22
was an unpropitious time in which to bring out Diceria deU 'untore, and
one can see why. The absence of a political stance and a historical vision
of any sort, let al one the left-oriented impegno as it was understood in the
1940s and 1950s, the refusaI to imitate the spoken language preferably the
language of the pop%, must have inevitably have marked the book as
reactionary.Sl
Diceria deU 'un tore riflette la letteratura europea degli anni pre-bellici, quella
letteratura che Bufalino ha occasione di scoprire durante la sua degenza a Scandiano e
soprattutto quella francese, alla quale si sente più vicino. Lo stesso Sciascia,
nell'intervista a Bufalino, dichiara: "e cosi, fuori dalla Sicilia e come casualmente, le è
accaduto quel che ad ogni siciliano colto accade nell'ordine delle cose: l'ancoraggio alla
cultura francese."s2
1 terni principali della Diceria: la malattia, il sanatorio, la morte fanno parte della
tradizione europea, basti pensare a Thomas Mann e la Montagna incantata; ma Bufalino
non condivide l'interesse di Mann per "la posizione dell'artista nel mondo borghese: un
essere travagliato [ ... ] inteso a riscattarsi dalla seduzione della morte per approdare a un
nuovo umanesimo che consista in un'accettazione consapevole della vita e delle sue
ambiguità,,;S3 egli invece, nutre una sfiducia totale della vita. Il suo pessimismo fa parte
deI suo bagaglio di siciliano, al quale unisce l'influenza della letteratura decadente
europea. Pero, Bufalino "non ambisce di sondare gli abissi dell'anima,,,S4 con l'analisi
psicologica spesso associata ai romanzi deI periodo decadente. Da questa si tiene lontano;
Peter Hainsworth, The new Italian novel a cura di G Baranski e L. Pertile, (Edimburgh: University Press,
1993).
52 Leonardo Sciascia, "Che maestro, questo Don Gesualdo," L 'Espresso 1 marzo 1981.
53 Mario pazzaglia, Il Novecento vol. 4 (Bologna: Zanichelli, 1992): 524
54 G. Bufalino, La luce e illutto 20.
51
Greco-Martinez 23
e non è neanche unD scrittore della memoria proustiana, quella memoria involontaria
provocata da sensazioni varie. Per Bufalino la memoria è "dare un senso al proprio
passato e, nello stesso tempo, di dare anche un senso all'insensatezza della vita.,,55
Possiamo concludere, allora, che Bufalino, nel rifiutare le tendenze letterarie
della sua epoca, sia per la sua propria ideologia dello "scrivere" e sia per un suo innato
senso di marginalità, si affida a cio che è più importante per lui: la parola scritta, la sua
musicalità, la sua purezza, cioè una parola (0 una scrittura) depurata dagli influssi delle
mode.
Bufalino, a suo agio nella sua "isola" letteraria racchiude in un ironico aforisma la
sua opinione del clima letterario:
Quanta fretta! E che smania, ogni giorno, di ingurgitare e vomitare una
moda, un autore, un'idea! Mentre non abbiamo ancora finito, temo, di
capire i presocratici. 56
55
56
Salvo Nibali, "Scrivere? E' ricordare," Prospettive Cultura 28 maggio 1989.
G. Bufalino, "Il malpensante," Opere 1042.
Greco-Martinez 24
Il forte sonaglio, l'astuta chitarra
non fanno che strepitarmi dentro la testa:
isola mia, ridammi le tue feste
pompose e intrepide come una sciarra. 57
1.3.
Bufalino e la Sicilia
Bufalino è uno scrittore legato alla sua terra; non ha mai lasciato la Sicilia tranne che
per la guerra e per qualche breve viaggio. Il motivo è semplice e ambivalente allo stesso
tempo, proprio alla maniera di Bufalino: da un lato il bisogno di stare nel suo paese 58 e
dall'altro il suo non bisogno di uscime. 59
C'è un capitolo, il XV, nella Diceria, nel quale Bufalino apre una finestra sulla
Sicilia: "Fra i si e i no del sonno m' era parso di udire castagnole e scampanii lontani"
(111). Un intermezzo di breve durata per dare sfogo al desiderio di descrivere un paese,
un qualunque paese della Sicilia, come se 10 vedesse attraverso la lente di una macchina
fotografica
0
da una poltrona di teatro in prima fila
0
attraverso gli oc chi di un figlio
devoto. E la Sicilia che Bufalino descrive è soffusa di nostalgia, quella deI passato al
quale si aggrappa con l'aiuto della memoria per poter ritrovare la freschezza deI primo
incontro con le cose; per dimenticare la guerra, la malattia e rivedere le cose con "la [sua]
dilapidata immortalità di bambino,,,60 per sentirsi più sicuro.
G. Bufalino. "Parole da lontano," Opere 737.
"Mi ricordo che un giorno, a Colonia, nel '64, durante un viaggio in macchina con un amico, fui coIto da
un cosi straziante crepacuore di fronte a un cielo che parlava una lingua lontana che rifugii verso il Sud a
precipizio, sentendo a ogni pietra miliare che mi ci avvicinava una vampata di felicità." "Intervista di
Leonardo Sciascia," L 'Espresso 1 marzo 1981.
59 "Non è necessario partire, semmai è consigliabile ritornare. Un tempo 10 Stretto di Messina era largo per
un intellettuale siciliano quanto un Atlantico, varcarlo significava veramente sottrarsi a un silenzio, a una
solitudine. Oggi è diverso, oggi Roma e Milano non offrono più moIte occasioni e sodalizi culturali e
morali. E poi sono luoghi troppo grandi, troppo pieni. [ ... ] Meglio Comiso." Antonio Ortolea, "Capodanno
con quattro scrittori siciliani: Addamo, Bonaviri, Bufalino, Testa." Giornale di Sicilia gennaio 1984.
60 G. Bufalino, Museo d'ombre 6.
57
58
Greco-Martinez 25
Bufalino, più di ogni altro scrittore siciliano, ha dedicato moIti dei suoi scritti alla
Sicilia, alle "tante Sicilie" come lui dice, ma non per porsi a giudice delle frodi e delle
violenze della mafia e neanche per cercare soluzioni attraverso false ideologie
0
per
rinvangare il passato cercando di trovare un colpevole. Lui preferisce scrivere la Sicilia
deI passato, quella delle piccole cose di tutti i giomi, che non hanno mai fatto storia, e che
tiene a immortalizzare prima che spariscano deI tutto. Dipingere la Sicilia, non irreale ma
depurata dalla patina di brutture: "Si dice Sicilia, e subito bruciano le labbra parole come
'mafia', 'omertà', 'onore', 'gallismo', 'gattopardismo.'"
61
Esempio è il suo libro Museo
d'ombre dedicato ai "mestieri scomparsi," ai "luoghi di una volta," ai "motti e proverbi"
in disuso:
Nate via via come schede di una collezione mentale di opere, giomi, gesti,
linguaggi e luoghi scomparsi, queste "ombre" non pretendevano certo di
risuscitare il vario teatro di cui si movimentava ogni giomata deI mio
paese [ ... ]; ma volevano almeno supplime privatamente gli antichi colori,
[ ... ]. Vi si sentirà battere il cuore di una inedita Sicilia ionica, dove
"mafioso" voleva dire "sgargiante, superbo, leggiadro," e si diceva di una
ragazza; vi si potrà, pellegrinando fra le verità sommerse della civiltà
"familiare" trarre a riva qualche inaffondato relitto; riconoscere nella
compianta figura dei padri l'immagine di un'alleanza di occhi e mani leali,
l'ipotesi, insomma, di una comunità e di una terra abitabili. 62
61 ___ ,
62 ___ ,
La /uce e il/utto 12.
Museo d'ombre 5.
Greco-Martinez 26
Bufalino parla di "tante Sicilie" perché tiene a far osservare allettore che, a parte
quello che tutti sanno, cioé che la Sicilia è un crogiuolo di razze e di costumi, ogm
pezzo, ogni angolo di essa corrisponde ad una sua faccia diversa:
Vi è la Sicilia verde deI carrubo, quella bianca delle saline, quella gialla
dello zolfo, quella bionda deI miele, quella purpurea della lava. [ ... ] Vi è
una Sicilia "babba," cioé mite, fino a sembrare stupida; una Sicilia
"sperta," cioé furba, dedita alle più utilitarie pratiche della violenza e della
frode. Vi è una Sicilia pigra, una frenetica; una che si estenua
nell' angoscia della roba, una che recita la vita come un copione di
camevale; una, infine, che si sporge da un crinale di vento in un accesso di
abbagliato delirio...
63
Tutto questo fa parte deI bagaglio culturale non solo di Bufalino ma di ogni
intellettuale siciliano. Verga, Pirandello, Vittorini, Brancati, Sciascia, tutti scrittori cari a
Bufalino e dei quali si sente l' eco in tutte le sue opere, condividono, ognuno a suo modo,
il sentimento di questa diversità culturale.
Romano Luperini, in un convegno sul tema "N arrare, oggi, in Italia" tenuto a
Certaldo il 30, 31 ottobre e 1 novembre dei 1981, passa in rassegna tutti gli scrittori
esordienti di quell'anno. Fra questi Bufalino con il suo romanzo Diceria de!l'unfore.
Scrive Luperini:
[ ... ] Il libro, (scritto - informa l' autore - aIl' epoca della "glaciazione
neorealista," pur cosi teso e letterariamente godibile, appare datato e
inseparabile da una pur nobile tradizione letteraria siciliana (penso anche a
63 ___ ,
La /uce e il/utto 17.
Greco-Martinez 27
Il gattopardo) in cui decadentismo artistico, estraneità sociale e
scetticismo ideologico variamente si combinano. 64
Luperini ha, in fondo, ragione perché per "uno scrittore siciliano" dice Bufalino, è
impossibile "non scrivere della Sicilia: della sua gente, dei luoghi, della storia, dei vizi,
delle virtù ... Di qualunque argomento ragioni, anche il più eccentrico, il siciliano ragiona
in effetti sempre della Sicilia, e di sè dentro la Sicilia, e della Sicilia dentro di Sè.,,65 Ma
questo non toglie allo scrittore siciliano la sua universalità come ben dimostrano le opere
di indiscusso val ore di Pirandello
0
di Verga
0
di Sciascia, tanto per menzioname alcuni.
In un saggio dedicato a Pirandello, Bufalino descrive cosa significa per uno scrittore
siciliano es sere siciliano:
Per noi siciliani, ripeto, non per voler ridurre il peso europeo e univers ale
dello scrittore, bensi per insinuare che il suo essere europeo e univers ale
risulta inzuppato e come saturato dal suo essere siciliano. Pensate a una
corrente marina, alla Corrente deI Golfo, poniamo, la quale attraversa
l'Atlantico intero senza percio cessare d' esser se stessa, con una salsedine
propria, una temperatura propria; ma che non appare in nulla diversa dal
corpo acqueo totale dell' oceano aIl' occhio deI marinaio che la naviga
0
dell'albatro che la sorvola. Allo stesso modo la Sicilia sta dentro l'Europa
pirandelliana senza distinguersi da essa e tuttavia restando incontaminabile
e propria. 66
Conversando con Leonardo Sciascia, di cui era grande ami co, Bufalino ammette
di sentirsi anch'egli europeo per cultura ma sempre siciliano nel suo essere:
Romano Luperini, "Narrare, oggi, in Italia," Produzione & Cultura gennaio 1982.
G. Bufalino, Il fiele ibleo 7.
66 ___ , "Parole in occasione di un premio di provincia intitolato a Pirandello," Saldi d'autunno 66.
64
65
Greco-Martinez 28
Con la Sicilia i miei rapporti sono di qualità schizofrenica. E tuttavia, più
mi sforzo di sbucciarmi di dosso la pelle indigena e di promuovermi 'totus
europeus,' più tendo a raccogliermi e ricucirmi dentro la mia terra e la mia
civiltà. 67
E quindi qual'è la Sicilia della Diceria? È l'isola dentro l'isola, simboleggiata dal
sanatorio la Rocca; è il campo di concentramento dal quale si esce solo da morti:
"custoditi, intomo, da un reticolato noi e nessun altro in Europa" (21); è la Sicilia deI suo
paese che vorrebbe ma non puo più ritrovare come l'aveva lasciata prima della guerra
perché tutto in lui non è più 10 stesso, come non è più 10 stesso il suo paese. Cosi
Bufalino nella sua Diceria descrive una Sicilia svuotata da ogni implicazione mafiosa, da
ogni presenza estranea lasciata dalla guerra e la fa vedere semplice e pulita come
attraverso gli occhi di un bambino nel giorno della festa deI paese con "festoni di
lampioncini e tralicci di fuochi d'artificio,,,68 oppure come la si vedrebbe attraverso una
cartolina postale:
Era un paesotto popoloso [ ... ] ma non triste. A giudicare dalle case dipinte
di blu meteIene, ciascuna delle quali sui grami usci inalberava a comice
un'odorosa pergola di gelsomino. Scurissime le facce, ma allegre di
sapone recente. [ ... ] E già uscivano per la prima messa le ragazze, [ ... ]
camminavano come signore, distribuendo a destra e a manca la tenera
mafia degli occhi. E l'umile fondale deI vicolo da cui sbocciavano, fra
gabbie di galline e zacchere sparse, piuttosto che mortificare l'alterigia deI
passo, pareva conferire un di più di gloria e di teatro alla scena. [ ... ] Nè mi
"Intervista di Leonardo Sciascia," L'espressa 1 marzo 1981.
"E allora mi torno a mente di aver visto la sera prima, attraversando il paese, festoni di lampioncini e
tralicci di fuochi d'artificio innalzati lungo la via principale." Diceria dell'untore Ill.
67
68
Greco-Martinez 29
sfuggirono, dai ruscelli di straducce adiacenti, altri scorci e lampi di
esistenza immediata: li due mani di donna tese a reggere un piatto spaso di
Caltagirone su cui il venditore faceva piovere una cascata di lupini gialli;
qui, attraverso i vetri di un caffé, ricciute teste alluttate, curve su un
tappeto verdebandiera dove con pazienza biglie si rincorrevano. (112)
È un'immagine dove il blu delle case è addo1cito dal bianco deI gelsomino in
flore; dove le ragazze sono in festa e le galline e le pozzanghere di fango sono addolcite
dalla tranquillità e serenità della scena. Bufalino non mette in risalto l'aspetto
peggiorativo deI luogo, quello lui 10 trasforma facendolo osservare da un obiettivo
diverso. Viene in mente per contrasto la descrizione di Donnafugata ne Il gattopardo,
dove invece l'aspetto decadente, arretrato e passivo della Sicilia e dei siciliani è messo in
evidenza:
Intravista neI chiarore livido delle cmque e mezzo deI mattino,
Donnafugata era deserta e disperata. Dinanzi a ogni abitazione i rifiuti
delle mense miserabili si accumulavano lungo i muri lebbrosi; cani
tremebondi li rimestavano con avidità sempre delusa. Qualche porta era
già aperta ed illezzo dei dormienti pigiati dilagava nella strada; al barlume
dei lucignoli le madri scrutavano le palpebre tracomatose dei bambini;
esse erano quasi tutte a lutto e parecchie erano state le mogli di quei
fantocci sui quali s'incespica agli svolti delle "trazzere.,,69
Bufalino preferisce giustificare il comportamento e l'indole deI siciliano in
quattordici punti che lui chiama "Identikit deI Siciliano Assoluto,,,70 ma allo stesso tempo
69
70
Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo (Milano: Feltrinelli, 1997): 168.
G. Bufalino, La luce e illutto 23.
Greco-Martinez 30
si identifica a Esopo come dice Salvatore Russo nel suo saggio: "E noi, che della Sicilia e
dei siciliani qua1cosa crediamo di sapere, siamo felici di avere, oltre a un severo,
impietoso 'censore,' come Leonardo Sciascia, anche un amabile, ironico Esopo, come
Gesualdo Bufalino.,,71 Un Bufalino a cui piace raccontare, a cui piace vestire la verità
come un'arlecchina daï mille colori e trovare ostinatamente qua1cosa di bello nel brutto
che 10 circonda:
Coniugare favola e memoria e insinuare sotto le più preziose maschere
della maniera qua1che tremito di strazio e una remota dimenticata pietà.
Tutt'intomo una latitanza,
0
comunque indecisione
anche se un film di ferocie
0
0
inerzia della storia,
feste temporali s'intraveda sfilare per
incidens dietro le spalle dei personaggi. (179)
La Sicilia è solo un intermezzo nella Diceria, un intermezzo che serve a indicare
il viaggio intrapreso dall'autore: "un viaggio importante, ma [ ... ] difficile capire se fra gli
angeli
0
sottoterra" (132). Un viaggio che inizia col tentativo di spiegare il volo
attraverso la scrittura verso nuovi orizzonti; approdare in Europa e poi tomare disfatto
dalla guerra e straziato dagli orrori vissuti, e come dice lui stesso: "al posto di una parte
di prim' attore, già scritta, improvvisare le battute di una comparsa" (131).
71 Salvatore Russo, "1 terni della Sicilia e della morte nelle opere di Bufalino," Studi novecenteschi a. XIX,
n. 43-44, giugno-dicembre 1992-: 50-82.
Greco-Martinez 31
PARTE SECONDA: IL TESTO
Greco-Martinez 32
Queste parole di un uomo dal cuore debole,
sorta di macchine 0 giochi per soffi-ire di meno,
ad altri uomini dal cuore debole: 72
II.1.
La scrittura
Bufalino è ossessionato dalla parola. La sua predilezione per 10 stile alto, barocco,
ncco di sostantivi, aggettivi, figure retoriche, dove predomina il linguaggio figurato,
dimostra la mmUZlOsa attenzione alla costruzione deI discorso. Partendo da questa
constatazione vogliamo richiamare l'attenzione su tre aspetti della scrittura di Bufalino.
Il primo è l'intertestualità linguistica; questo comporta la trasposizione della sua
lingua materna, il siciliano, con tutti i suoi colori, armonie e modi di dire, all'italiano, la
lingua in cui scrive, con l'inserimento nel discorso di parole e espressioni non italiane.
Il secondo è la tendenza dello scrittore ad adoperare la parola per rivivere i ricordi
dopo averne esorcizzato il dolore attraverso 10 "strumento della fantasia."
Il terzo è la dimensione ludica della sua scrittura.
Il primo aspetto consiste nella trasposizione dai siciliano in italiano, sia deI
pensiero che deI parlare: "Il 'siciliano' per rendersi armonioso, cambia continuamente i
suoi fonemi. Un fonema, a seconda dei casi, puo cambiare in diversi fonemi, anche nello
stesso periodo d'un discorso, come si verifica, più che in altre zone della Sicilia, in quella
iblea.,,73 Per trasmettere la musicalità, il colore, la ricchezza dell'espressione in dialetto,
Bufalino si affida aIle allusioni foniche, ai richiami sonori e alla retorica, a guisa dei
grandi modelli della letteratura italiana. Infatti la maggior parte dei critici che hanno
G. Bufalino. "Dedica, dopo moiti anni" Opere 695_
"Es: Due ragazzi divisero in due i loro panini, per darne meta' ad altri due ragazzi_ Rui picciuotti
spartieru an nui 'i sa cudduredda pi ddarini mitati a ddui autri picciuotti. Col cambiare deI 'fonema',
cambia di conseguenza la 'lettera"'. Giovanni Ragusa, La lingua siciliana (Modica: Edizioni Associazione
Culturale "Dialogo" 1989): 19.
72
73
Greco-Martinez 33
scritto su Bufalino si sono soffermati a lodare l'alta letterarietà della sua scrittura. Per
esempio, la ricorrenza della "s": "scorre ... statura ... strapiomba ... sporgendomi," sembra
evocare un sibilo, una sensazione di vento. Il ritmo, il movimento, le sensazioni, create da
combinazioni di parole come "il ribrezzo di pozzo e con esso l'estasi[ ... ]come
dell'orridezza nuova dell'aria; calarsi di grotta in grotta[ ... ] fino al fondo dell'imbuto,"
sono
"allusioni foniche" che
Stefano Lazzarin definisce "segno di alto tasso di
letterarietà sul modello di testi importanti deI nostro Novecento, dal D'Annunzio di Forse
che si,/orse che no, al Palazzeschi di La piramide, al Manganelli di Hilarotragoedia.,,74
In una intervista concessa a Laura Lilli,75 Bufalino dichiara: "Prima di tutto, c' è
un problema linguistico comune a tutti: dover compiere un salto 'innaturale' dal dialetto
alla lingua ci conduce a soluzioni 'iperdotte' per eccesso di difesa. È difficile che un
siciliano scriva in modo naturale. Per noi l'italiano è unD strumento da conquistare, 10
scriviamo come Conrad scriveva l'inglese." Si puo capire, dunque, la minuziosa cura
dedicata alla costruzione della Diceria.
Vi troviamo un'armonia di assonanze:
o quando tutte le notti, per pigrizia, per avarizia [ ... ] un ribrezzo di
pozzo. (7)
Pustole, scrofole, [ ... ] glaucomi, fibromi, blastomi. (15)
Peste, uste, minuzie. (19)
Anche la libertà, anche la verità. (25)
Quest'uomo canuto, minuto. (53)
E illimitate allitterazioni:
74 Stefano Lazzarin, "Gesualdo Bufalino: questioni editoriali e interpretative." ltalianistica Anno XXIV
N. 1 (gennaio/aprile 1995): 197.
75 Laura Lilli. "Bufalino si nasconde" La Repubblica 9 novembre 1990.
Greco-Martinez 34
Sognare 10 stesso sogno. (7)
Nell' asfissia deI sentire, che a gara con l' altra deI respiro ci soffocava le
fauci, ogni parola grande stingeva, appariva una truffa di adulti. (25)
E io pensavo [ ... ] alle sue mernbra emissarie d'umori, ai suoi sputi,
colaticci, sudori, lacrime, essudati, ai suoi profluvi d'emorroissa dannata,
alle sue emottisi trionfali. (78)
Trucioli erano, i suoi discorsi, trucioli d'oro finto, un piumaggio che si
spiuma, un pulviscolo di perline. (82)
Nella "Guida-indice dei terni" in Appendice al romanzo Diceria dell 'untore,
Bufalino tiene a farci sapere che l'idea di scrivere la Diceria, nacque dal ricordo di alcuni
versi deI poeta arabo Ibn Zafar, in cui sono accoppiate parole legate da una "parentela e
coalizione espressiva e musicale (non altrirnenti da un sol, da un re minore premeditato
nasce una sinfonia)" (178). Come un musicista compone con le note cosi unD scrittore
compone con le parole, che fa sue dal momento che le investe di tutte le cornponenti deI
suo pensiero. La musica, come la parola, è parte intrinseca della scrittura di Bufalino, non
solo per le associazioni foniche ma anche per i richiami sonori che nella Diceria sono
innumerevoli:
Si scambiavano frantumi di suoni. (8)
Fu allora che ad aiutarla l'orchestra irruppe con la sua cabala più potente:
come su un'annegata archi e ottoni le si curvarono sopra, le sventolarono
sulla fronte un lenzuolo di suoni arnici, tutto un pandernonio di suoni
amici. (39)
Vincendo a stento con la voce le folate di un'orchestrina, Marta
Greco-Martinez 35
ricomincio a parlare. (63)
Fra i si e i no deI sonno, m'era parso di udire castagnole e scampanii
lontani, ma a destarmi furono, sotto il balcone, con voci melodiose e
malandrine, i banditori dei tirassegno. (111)
Ma nessuno ha orecchio a cap ire la musica della sua esistenza, e a
fermarla al momento giusto. (122)
A questa "coalizione espressiva e musicale" si aggiungono le figure retoriche
della metafora e dell'ossimoro, "che sono i cardini deI barocchismo bufaliniano.,,76 Un
barocchismo 77 dei quale non ci dobbiamo meravigliare perché in Sicilia, il barocco é di
casa, specialmente nella zona deI ragusano, luogo di provenienza di Bufalino, dove
chiese e palazzi sono degni esemplari di puro stile barocco. Che questo stile si trasferisca
alla scrittura non è da escludere, anche Maria Corti nella sua introduzione aIle Opere
scnve:
L'accostamento dei contrari
0
antitesi
0
ossimoro è fatto intrinseco alla
personalità di Bufalino e tale da occupare luoghi capitali nella natura, nella
tematica letteraria e nello stile, come dire che è in un certo senso una sua
forma mentale. 78
"Ogni siciliano," scrive Bufalino, "è, difatti, una irrepetibile ambiguità
psicologica e morale. [ ... ] Evidentemente la nostra ragione non è quella di Cartesio, ma
quella di Gorgia, di Empedocle, di Pirandello. Sempre in bilico fra mito e sofisma, tra
calcolo e demenza; sempre pronta a ribaltarsi neI suo contrario, allo stesso modo di
Stefano Lazzarin, Italianistica 20l.
"È un procedimento tipicamente barocco, anche se nel mio caso io parlerei di barocco borrominiano" nel
~uale "l'ornato è Ulla funzione, senza di esso l'architettura cadrebbe." G. Bufalino, Diceria dell'untore VI.
7 Maria Corti, "Introduzione" Opere IX.
76
77
Greco-Martinez 36
un'immagine che si rifletta rovesciata nell'ironia di unD specchio.,,79 Questa ambiguità
psicologica e morale, che Bufalino spiega nel suo "Identikit deI Siciliano Assoluto,"
80
nella Diceria trova sfogo nell 'uso della metafora. Troviamo, appunto, una tendenza
dell' autore a coniugare il pessimismo innato con il fasto delle parole. Più la morte fa
paura e più si parla con lei e di lei. Nella Diceria la morte è cosi personificata:
La morte non è un signore ma una dama senza naso. (87)
Non c'era giorno
0
notte alla Rocca [ ... ] ch'io no ne intravedessi [ ... ] le
imbellettate fattezze, ora d'angela ora di sgherra. (9)
o la vita: stracciona e ronzante. (112)
La malattia, sentita come "colpa e vergogna" ma anche come deteriorazione e
disfacimento deI corpo umano, è rappresentata come una presenza concreta, tangibile e a
volte come un animale:
Sozzura sotto la giacca. (25)
Invisibile camola. (14)
Innominabile minotauro. (15)
La malabestia dentro di lui. (128)
Anche la Rocca, considerate una tomba, un luogo di sepoltura, un luogo di
decomposizione, è paragonata a volte ad una arca di Noé e a volte ad un escremento
d'animale:
Vecchia tartana in disarmo sul dosso deI monte. (16)
La vecchia arca in disarmo, senza una luce a bordo [ ... ] un livido
colombario di pietra [ ... ] col suo carico d'annegati. (133)
79
80
G. BufaIino, La /uce e il/utto 18.
Punto 14mo. "sentimento pungente della vita e della morte, deI sole e della tenebra che vi si annida."
Greco-Martinez 37
Dev'essere brutta anche dall'alto: una cacca di vacca sulla collina. (70)
L'ossimoro 0 "l'accostamento dei contrari," come si è già detto è la figura retorica
prediletta di Bufalino, la figura che si coniuga con "l'ininterrotto ossimoro che è la sua
Sicilia": paradiso e infemo insieme. Basti pensare ad alcuni titoli dei suoi libri: Arga il
cieca, L'amara mie/e, La /uce e il/utta. Alcuni degli ossimori nella Diceria:
Era veramente divenuto un gioco, alla Rocca, volere
0
disvolere
morire. (8)
Oh si, furono i giomi infelici, i più felici della mia vita. (16)
Di poter mescolare aIle indiscrezioni deI desiderio un'oncia di incarognita
pietà. (43)
Certo ora mi attraeva [ ... ] osservare il guazzabuglio deI mondo e rideme e
piangeme con misura, come si conviene quando si fa eco aIle risa e aIle
lacrime degli altri. (56)
Aprimmo, alzammo gli occhi, e [ ... ] ci apparve una torma di miserabili e
tuttavia cordiali presenze. (63)
Ma quando, alla fermata, nell'atto di suonare insieme al cancello della
Rocca, sentimmo che ci seguiva alle spalle, ago pietoso e crudeIe, 10
sguardo dei passeggeri rimasti ci rattrappimmo come adulteri presi sul
fatto. (65)
"Oh," comincià lui stucchevolmente, senza mutare l'ossimoro ch'era ogni
volta il suo esordio, "oh il mio impaziente paziente .... " (96)
Risalimmo la fila in cammino, salutando con amicizia, senza ricevere di
ritomo altro che due dita a taglio sulla tesa della berretta, insieme a un
Greco-Martinez 38
buio sorriso, in cui ostilità e rispetto in parti uguali si mescolavano. (107)
La profusione di metafore, di ossimori e di altre forme linguistiche dimostrano la
grande abilità dello scrittore. Come in una partita a scacchi, (Bufalino ne è un esperto),
ogni parola ha un suo posto ben preciso e ricco di significati:
Il registro alto, 10 scialo degli aggettivi, l' oltranza dei colori, mi pareva, e
pare, il modo che ci resta per contrastare l' ossificazione dei mondo in
oggetti senza qualità e per restituire ai nostri occhi ormai miopi il sangue
forte delle presenze e dei sentimenti. 81
In aggiunta alla ricchezza delle figure retoriche e delle forme linguistiche,
Bufalino ha innestato nel suo discorso espressioni in siciliano, genovese, inglese, tedesco,
latino e anche versi in francese. Le espressioni in siciliano vengono inserite ogni
qualvolta il protagonista-narratore esce dal sanatorio la Rocca, in libera uscita
0
quando
10 lascia per sempre, simbolo deI ritomo fra la sua gente:
Caiorda, panzaiarsa, malacunnutta.
82
Petra smossa nun pigghia lippu. 83
Augustu è capu d'inviemu. 84
Ammiscari. 85
'U sabbatu si chiama alleria cori / bbiatu cu avi bedda la muggheri 86
'
A cqua davantl· e ventu d
arren.
87
G. Bufalino, Sa/di d'autunno 246.
"Puttana, pancia assetata, donna di malavita." 66. In questo caso le parole sono dette da un'altro paziente
deI sanatorio, la cui innamorata , che era guarita e aveva lasciato la Rocca, si era dimenticata di lui.
83 "Su pietra che si muove non cresce muschio" 77.
84 "Agosto è l'inizio dell'inverno" 103.
85 "Mescolare" 81.
86 "Il sabato si chiama cuore contento / beato è chi ha bella la moglie ... " 112. Una canzone popolare
siciliana.
87 "Acqua davanti e vento dietro" 131.
81
82
Greco-Martinez 39
Vassa benedica.
88
L'espressione in genovese è attribuita a Marta e simboleggia il suo non essere siciliana:
Buscar el levante por el poniente. 89
In inglese:
Begin' the beguine. (24)
Riessere, (to be or not to be) this is the question. (75)
Le parole in tedesco sono riservate al dottore quando si riferisce a Marta, la protagonista
ebrea della Diceria, la quale era scampata al campo di concentramento, grazie ad un
ufficiale tedesco:
Strichten verboten. (40)
E al dottore sono riservate le espressioni in latino:
Peccantem me cotidie. (98)
Argumentum baculinum. (101)
Non solo le espressioni latine sono riservate al dottore, ma anche tutti i riferimenti ai
classici: "essendo che in lui ogni cosa, apoteosi
0
rovina, era sempre dannata a travestirsi
in parole di libri" (124). In francese, sono i versi delle canzoni d'amore che gli riportano
alla memoria i giomi felici della gioventù:
Les vieux billets, chérie, qui me rappellent
Les nuits à bord du Normandie si belles ...
Le parc au soir lorsque la cloche sonne,
Le vieux boudoir où ne vient plus personne .... (16)
88
89
"Vostra eccellenza mi benedica" 131.
"Giungere a est andando verso ovest, è quello che voJeva fare Colombo" 78.
Greco-Martinez 40
Un monsieur que je connais pas
Me prendra un soir dans ses bras .... (84)
Il secondo aspetto su cui vogliamo richiamare l'attenzione è la tendenza,
attraverso la scrittura, a rivivere i ricordi dopo averne esorcizzato il dolore con l'aiuto
della fantasia. Dice Angelo Guglielmi: "la memoria [per Bufalino] è un deposito di
materiali morti con cui dar vit a a un progetto di scrittura.,,90 Bufalino, quindi, esorcizza i
suoi ricordi e li ricostruisce in una fantasmagoria di parole cariche di musica e di artifizio
perché, come lui dice, "i miei tentativi di magistero scrittorio nascono dalla mia fiducia
nella parola come superstite tavola di salvezza nel naufragio di tante cose." 91
La sua storia inizia con il sogno di purificare i suoi ricordi da ogni dolore e pena
attraverso un purgatorio e farli rivenire freschi e felici alla memoria. Il narratore sogna di
calarsi fino al fondo di un imbuto e di trovarsi in una radura d'alberi, da dove inizia un
viottolo, come un rigo chiaro. Nel silenzio che 10 circonda, si trova davanti a degli uomini
che "purgatorialmente seduti a ridosso l'uno dell'altro" (8), vestiti di impermeabili
bianchi si scambiano "frantumi di sillabe balbe" (8) e gli intimano di andarsene. Si sente
l'eco di Dante in "purgatorialmente" e "sillabe balbe.,,92 E perché Dante se non per
invocare la poe si a? Appunto il protagonista si atteggia a Orfeo che scende negli inferi in
cerca della sua musa, Euridice:
Aspettavo che unD si muovesse, il più smunto, il più vecchio, [ ... ] e
semplicemente curvandosi, [ ... ] rivelasse dietro di se, sulla soglia di un
sottosuolo finora invisibile, [ ... ] la dissepolta nuca di lei, Euridice, Sesta
Angelo Guglielmi, "Uno scrittore che vive i ricordi come fossero vizi," Paese sera 18 maggio 1981.
Massimo Onofri, "Gesualdo Bufalino, ovvero la geometria delle passioni," La Voce Republicana
Maggio 1988.
92Balbe: Cfr. Dante-Purgatorio XIX, 7. G.Bufalino, Diceria dell'untore, "Istruzioni per l'uso", 166.
90
91
Greco-Martinez 41
Arduini, 0 come diavolo si chiamava. (8)
Quando Marta muore il protagonista non sa cosa fare; tutto in lui si è atrofizzato
davanti al raccapriccio della morte. Riesce infine ad affacciarsi alla finestra e vede giù la
spiaggia deserta illuminata dalla luna. Un soffio di vento 10 scuote e 10 fa tomare indietro
nel tempo e ritrova attraverso la memoria il primo contatto con le cose, le memorie legate
agli anni della giovinezza. Come da lontano risente le parole imparate da bambino dalle
contadine a lutto. Gli basta questo per sciogliere il groppo nel petto e cominciare il suo
lamento invocando Marta. Ma in realtà è 10 stesso Bufalino che invoca la sua gioventù
perduta a causa della guerra. E
COSt
esorcizza il rie ordo doloroso delle peripezie, dei
disagi e dello sconforto annegandolo nella "fantasia poetica," che richiama "Le
ricordanze" di Giacomo Leopardi:
Marta, [ ... ] Marta ascoltami. [ ... ] Dove sei ora, Marta, dove cammini? In
quale notte? Con che nome mi chiami, con che nome devo chiamarti? Ci
sono fiumi dove abiti ora? Da varcare a nuoto? Su passerelle che tremano?
E sei sola, siete tanti, ti ricordi ancora di me? Tomami in sogno, Marta.
Anche se l'aria duole sotto i tuoi piedi scalzi, e non trovi labbra per dirmi
le parole che vuoi. Guarda come mi lasci in mezzo alla via: una guasta
semenza, una sconsacrata sostanza, un pugno di terra su cui casca la
pioggia. (121)
Leggiamo l'ultimo brano di "Le ricordanze" di Giacomo Leopardi, dal verso 157 al verso
173:
... Ahi Nerina! In cor mi regna
l'antico amor. Se a feste anco talvolta,
Greco-Martinez 42
se a radunanze io movo, infra me stesso
dico:
0
Nerina, a radunanze, a feste
tu non ti acconci più tu più non movi.
Se toma maggio, e ramoscelli e suoni
van gli amanti recando aIle fanciulle,
dico: Nerina mia, per te non toma
primavera giammai, non toma amore.
Ogni giorno sereno, ogni fiorita
pioggia ch'io miro, ogni goder ch'io sento,
dico: Nerina or più non gode; i campi,
l'aria non mira. Ahi tu passasti, etemo
sospiro mio: passasti: e fia compagna
d'ogni mio vago immaginar, di tutti
i miei teneri sensi, i tristi e cari
moti deI cor, la rimembranza acerba.
Leopardi in questo canto, apprendendo la morte precoce di Nerina, ripensa con
amara nostalgia al suo pas sato e aIle speranze della sua giovinezza rapidamente svanite. E
Bufalino, richiama la poetica di questo canto per placare l'angoscia della triste realtà che
10 affanna.
Il terzo aspetto è la dimensione ludica della sua scrittura. "Si scrive per giocare e
perché no? La parola è anche un giocattolo, il più serio, il più fatuo, il più caritatevole dei
giocattoli adulti.,,93 Un gioco quindi è per Bufalino la parola scritta. È 10 scioglilingua
con cui il protagonista-narratore della Diceria fa giocare Adelmo, il piccolo bambino
93
G. Bufalino, Cere perse 17-18.
Greco-Martinez 43
ammalato, a cui piacciono le favole e le stelle nel cielo, sperando che qualcuna forse 10
possa salvare:
E ripenso come si stupisce e ride, mentre m'ascolta improvvisargli, sulle
stelle che mi chiede, risposte con numeri a caso e nomi di scioglilingua,
Erebo, Eros, Erine, noi due soli sulla terrazza della Rocca, come su
un'arce lambita appena dai frangenti dell'esistere. (19)
Sono giochi di parole che s'inventa Marta per vincere il sonno: "un malvezzo
dell' adolescenza che ho preso a furia di parlarmi da sola" (61),
0
il gioco di contare alla
finestra aspettando qualcuno che non toma: "Vado alla finestra e [ ... ] conto fino a
cinquanta, fino a cento. Lui non viene e io ricomincio" (64).
Un gioco la scrittura, un gioco che gli è familiare fin da bambino, quando ancora
non sapeva leggere e trascinava la madre per le strade deI paese a farsi leggere le targhe
delle strade: "guardavo e quel tradursi di geroglifici scuri in cascate di affabile suono mi
pareva più che un gioco un miracolo, più che un miracolo una trappola di incantesimo.,,94
La conoscenza della lingua, per Bufalino, è legata al suono della voce della madre e in un
certo senso "la grazia letteraria, la densità della scrittura, l'intonazione poetica, il
linguaggio figurato," 95 non sono altro che un desiderio inconscio di riprovare la magia
deI suo gioco d'infanzia con la madre. 96 Infatti, in La /uce e il/utta, un libro dedicato al
mondo quotidiano di Bufalino, vi si trova la Sicilia e le sue leggende, la storia deI suo
94I bidem
24.
Francesca Caputo, "Fortuna critica," Gesualdo Bufalino Opere 1981 -1988. (Milano: Classici Bompiani,
2001): 1396.
96 Possiamo legare questa ipotesi alla teoria di Julia Kristeva, dove in ogni testo il soggetto è diviso fra il
conscio e l'inconscio, tra la ragione e il desiderio, tra il razionale e l'irrazionale, situando Bufalino nella
"thetic phase": "a state characterized by pre-symbolic drives, 'pulsions' (rhythms and movements) and an
initial total identification with the mother's body which is fmally shattered but not completely effaced".
Allen Graham, Intertextuality (London and New York: Routledge, 2000) 48. Mentre per Jacques Lacan la
lingua è legata al padre, al "simbolico", per Kristeva la parola è legata al ritmo, alla fase pre-edipica, a
qualcosa che quieta e conforta.
95
Greco-Martinez 44
paese e della gente che l' abit(), e vi si trova alla fine un racconto "Intervista a mla
madre," che dimostra il continuo ritomo dello scrittore alla madre, simbolo
dell'immaginario e della parola come poesia:
Un fiume. La voce di un fiume. Che coli cosi quietamente da sembrare
immobile; dove, anzi, minimi mulinelli e riflussi destino l'illusione d'un
movimento a ritroso, il paradosso d'un ritomo alla fonte ... Questo è il
suono che mi sento brusire al fianco ogni sera da un rigido seggiolone, e
so che è mia madre, nel buio, che parla."97
Un gioco, dunque, la scrittura, un palinsesto di culture, un mezzo per esorcizzare
il dolore, unD strumento per nVlvere
e non far morire "un monologo tenero, un
improvviso metà favola metà sognamento, dove passano e npassano, infine plegano
assopite le ali, i fantasmi della [ ... ] gioventù. ,,98
La critica è stata unanime nel giudicare Diceria dell 'untore un testo
pluristratificato "che parla oltre cio che racconta".
97
98
G. Bufalino, La /uce e il/utto 162.
Ibidem 162.
Greco-Martinez 45
Sul minuscolo tetto d'una parola
riposano a milioni i significati
come gl'infusori in una gocciola d'acqua. 99
II.2.
Diceria dell 'untore e La montagna incantata
Chi legge Diceria dell'untore di Gesualdo Bufalino, e conosce la Montagna
incantata (1924) di Thomas Mann, non puo non notare le similarità fra i due romanzi,
non solo per le storie raccontate e per i contenuti, ma anche perché i due romanzi sono
stati ispirati da fatti realmente accaduti ai due scrittori: Mann stesso visse tre settimane in
un sanatorio in Svizzera dove era ricoverata la moglie, mentre Bufalino era lui medesimo
paziente nel sanatorio la Rocca vicino a Palermo. Mann interrompe la stesura della
Montagna incantata con l'avvento della prima guerra mondiale e la completa solo dopo
dodici anni; Bufalino abbozza la sua opera negli anni cinquanta, la riprende e completa
nel 1970, per poi pubblicarla nel 1981, dopo dieci anni di assidua revisione. Bufalino in
una intervista a Franco Santini nega il rapporto con La montagna incantata e ci pare che
si tratti proprio di una negazione freudiana:
Non è La montagna incantata che mi ha incantato. L'ho letta nel 1943,
non ero ancora ammalato, non ho sentito allora una consonanza di terni. Il
Mann che mi è più vicino è quello di Morte a Venezia, e certe immagini
del Doktor Faustus, mentre escludo nel modo più totale una derivazione
tra la Montagna e Diceria. 100
99
G. Bufalino, "Il malpensante," Opere 1047.
F. Santini, "La mia Sicilia è un museo d'ombre e io vivo in un buco nero," Tuttolibri Illuglio 1981.
100
Grec 0- Martinez 46
Secondo Romano Luperini: "In Diceria dell'untore si sente [ ... ] soprattutto, il
Mann della Montagna incantata.,,101 Giorgio Barberi Squarotti parimenti scrive: "Viene
subito in mente La montagna incantata" e aggiunge che "Bufalino sa benissimo che una
vicenda già narrata si puo raccontare di nuovo soltanto capovolgendola: e questo è anche
l'unico modo per non degradarla e per conservarne, invece, l'esemplarità e la tragicità."
102
E Bufalino fa appunto questo con la sua Diceria. Per commCIare, sposta il
sanatorio dalla montagna al mare, cosi come da ragazzo capovolgeva la cartina
geografica dell'Europa per fare di ogni Nord un Sud e di ogni Sud un Nord:
Amavo da ragazzo fare un esperimento con l'ausilio d'una carta d'Europa.
Consisteva nel metterla all'incontrario e nel guardare ogni terra e mare
con gli occhi di uno studente scandinavo
0
islandese. Che spaesamento!
Come apparivano diverse, poste non più in basso ma in cima al foglio,
l'ltalia e la mia stessa Sicilia! 103
La Rocca diventa cosi il contrario deI Berghof: dalle Alpi svizzere aIle rive deI
Mediterraneo; dall'aria fresca e salubre di montagna al caldo torrido e infernale della
costa siciliana; dal sanatorio di Berghof, asettico e ordinato, frequentato dall'alta
borghesia, al sanatorio di Palermo, la Rocca, "vecchia tartana in disarmo sul dosso" deI
monte, ultimo rifugio dei reduci della guerra.
Mann ambienta il suo romanzo in un
mondo fittizio, irreale, dove regnano spensieratezza e libertà. È soltanto alla fine deI
romanzo, quando viene a contatto con la realtà, che è l'inizio della prima guerra
mondiale, che questo mondo svanisce e si sgretola. Bufalino, invece, ambienta la sua
Romano Luperini, "Narrare, oggi, in Italia," Produzione & Cultura gennaio 1982.
G. Barberi Squarotti, "C'è in Sicilia una montagna disincantata," Tuttolibri 28 febbraio 1981.
103 G. Bufalino, 11 fiele ibleo 80-81.
JOJ
102
Greco-Martinez 47
storia alla fine della seconda guerra mondiale, in una realtà macabra e senza speranza,
dove la distruzione dei valori morali, sociali e culturali deI passato è già avvenuta ed ha
cambiato tutto il modo di pensare di una intera società, paragonata ad un palazzo
bombardato "con la facciata spolpata e le interiora in mostra" (62).
Ci si domanda perché Bufalino abbia voluto adottare la Montagna incantata come
modello della sua Diceria. Credo che esplorando alcuni punti fondamentali possiamo, in
qualche modo, arrivare a spiegarceIo.
Innanzi tutto, riscontriamo 10 spazio isolato e irreale deI Berghorf nello spazio
isolato ma reale della Rocca. 1 terni della morte, della malattia, dell'amore, che nella
Montagna sono presenti ma tenuti sullo sfondo, nella Diceria, invece, sono sempre in
primo piano, sono il filo conduttore di tutto il romanzo.
Secondariamente, "1' analisi spietata della borghesia dell' anteguerra europeo," 104
che caratterizza tutto il romanzo di Mann, si trasforma, in Bufalino, in una resa totale di
fronte allo sgretolamento dei valori della società deI dopoguerra.
Per ultimo, il dibattito stretto fra illetterato Settembrini e il Gesuita Naphta, che
occupa gran parte della Montagna, e che si risolve tragicamente, si riduce nella Diceria a
due capitoli, che sono strettamente focalizzati sulla questione dell'esistenza di Dio.
Nella Montagna incantata tutto si svolge a cinque mila e trecento piedi sopra il
livello deI mare. Il sanatorio di Berghof si trova di staccato dalla vita di tutti i giomi della
"pianura," dove la gente lavora, soffre e muore. Esso sembra un luogo di incantesimo da
cui, chi entra, non sa
0
non vuole più uscire; invece di una c1inica per tubercolotici
sembra un luogo di villeggiatura. Il Berghof è la meta dellungo viaggio intrapreso dal
protagonista Hans Castorp per trascorrere tre settimane di riposo (che poi diventeranno
104
"La montagna incantata" di Thomas Mann. Http://it.geocities.com/evidda/MANN.html
Greco-Martinez 48
sette anni) prima di iniziare la sua carriera di ingegnere a Amburgo, e per visitare un suo
cugino da sei me si paziente deI sanatorio. Man mana che il viaggio porta il protagonista a
destinazione e gli spazi continuamente cambiano e 10 allontanano sempre più dal suo
mondo conosciuto, sembra che il tempo si fermi e coincida con il nuovo spazio, per
creare una sensazione di rinascita e di nuova vita:
Space, as it rolls and tumbles away between him and his native soil,
proves to have powers normally ascribed only to time; from hour to hour,
space brings about changes very like those time produces, yet surpassing
them in certain ways. Space like time, gives birth to forgetfulness, but
does so by removing an individual from aIl relationship and placing him in
· · state. lOS
a l':lree and
pnstme
Tutto al Berghof rende possibile questa sensazione di libertà e di novità alla quale Hans
Castorp non è abituato, una licenziosità sottile che traspira dalla libertà di movimento, di
espressione, di comportamento.
Anche la Rocca, nella Diceria, è un mondo a parte. Separato dal mondo dei
"sani." Chi vi entra sa che non potrà più uscime. Per il protagonista della Diceria, gli
spazi attraversati durante il viaggio per arrivare alla Rocca non hanno risvegliato nessuna
sensazione nuova 0 sconosciuta. Lui, 10 sconosciuto, la sua malattia, se 10 porta addosso
e gli occhi non percepiscono nient'altro che 10 squaIlore della sua vita:
In quell' estate deI quarantasei, neIla camera sette bis, dove ero giunto da
molto lontano, con un lobo di polmone sconciato dalla fame e dal freddo,
dopo essermi trascinata dietro, di stazione in stazione, con le dita
aggranchite sul ferro della maniglia, una cassetta militare, minuscola bara
105
Thomas Mann, The Magic Mountain. Trans. John E. Woods. (New York: Alfred A. Knopf, 1995): 4.
Greco-Martinez 49
d'abete per i miei vent'anni dai garretti recisi. (8)
Anche alla Rocca il tempo si ferma, ma come in una vecchia 'arca' abbandonata dai vivi:
"Il futuro non esiste, il presente non esiste, il pas sato non è altro che una favola."I06
Il tema della malattia, della morte, dell' amore, che sono i terni della Montagna
incantata, sono i terni adottati da Bufalino per la sua Diceria. Certo questi terni non sono
nuovi per uno scrittore siciliano, perché essi sono parte intrinseca della letteratura
siciliana. Ma in Diceria questi terni acquistano una più ampia dimensione: diventano
simbolo di un epoca in bilico fra la vecchia e la nuova cultura, fra la tradizione e la
cultura deI dopoguerra. Ed è attraverso questa dimensione che si effettua in Bufalino
l'aggancio alla letteratura europea:
La ricerca bufaliniana [ ... ] educata al grande magistero decadentista, e
cresciuta nei paradis artificiels del nichilismo e dell' autoannullamento
offerto dai poètes maudits, segna l'aggancio alla grande tradizione
letteraria di questo secolo. 107
Nel sanatorio di Berghof i pazienti sono tutti esponenti della borghesia capitalista
europea. Non hanno alcun interesse per cio che succede al di fuori del sanatorio.
Trascorrono passivi le giomate in un susseguirsi di ore segnate dai pasti, alla siesta, alla
passeggiata:
For the forth time - he sat at his place in this hall [ ... ] a little later,[ ... ] he
would sit there a fifth time - that would be for supper. And in the brief,
worthless time in between, there was a walk to the bench up on the
106 Massimo Onofri, "Gesualdo Bufalino, ovvero la geometria delle passioni," La Voce Repubblicana
maggio 1988.
107 Gianni Bonina, "Una realtà visionaria" La Sici/ia 16 aprile 1996.
Greco-Martinez 50
mountain slopes, [ ... ]. Then it was back to the balcony for another rest
cure - a fleeting, shallow hour and a half. 108
Della morte e della malattia non si parla, sono tabù; esse sono volutamente
ignorate da una protratta negazione della realtà. 1 pazienti deI Berghof, una volta entrati a
far parte della vita deI sanatorio, hanno dimenticato tutto, anche la ragione che li ha
portati al Berghof, la malattia da cui sono colpiti. E anche l'amministrazione deI
sanatorio fa di tutto perché non venga ricordato loro che della malattia si puo anche
morire, isolando i moribondi e facendo molta attenzione che lamenti e colpi di tosse non
arrivino aIle orecchie dei non gravi:
When someone dies it's kept a strict secret, out of consideration for the
other patients, in particular the ladies, who might easily go to pieces. If
someone dies right next door, you don't even notice it. The coffin is
brought in the morning while you are sleeping, and then the party in
question is removed only at another suitable time - during meals, for
instance. \09
La morte, invece, è di casa nella Diceria; non c' è posto per le illusioni. L'unica
speranza che si permettono i malati, è che da un momento aIl' altro arrivi la penicillina
dall' America per far "piazza pulita" deI male. Chi entra alla Rocca sa che è la sua ultima
stazione; ogni colpo di tosse, che nella notte rimbomba nel silenzio delle camerate e di
giorno sembra una "marcia funebre di paese," è un richiamo dei male che corrode e della
morte sempre in agguato.
108
109
La malattia la si vede nei visi, nei corpi emaciati che si
T.Mann, The magic mountain 81.
Ibidem 51.
Greco-Martinez 51
trascinano in giardino, in cerca di un po' di sollievo dal caldo infernale, perché in Sicilia,
l'estate è una stagione che non esiste altrove:
Poiché c'è un giorno, unD solo, di luglio, nell'isola, che si snatura dagli
altri e non si dimentica più. Gli altri erano soltanto estate [ ... ]. Ma questo
è una rabbi a di Dio, l' esempio di una stagione che non esiste [ ... ]. 1 malati
[ ... ] quelli che non avevano febbre scendevano in giardino, senza chiedere
permesso a nessuno: stecchiti, a dorso nudo, [ ... ] avanzavano ansimando
entro la ronzante caligine. (49-50)
Quanto è diverso e irreale il c1ima sulle montagne svizzere deI Berghof:
The seasons [ ... ] are not all different from one another. [ ... ] They get aIl
mixed up, so to speak, and pay no attention to the calendar [ ... ] There are
winter days and summer days.110
All'interno della società borghese deI Berghof, Hans Castorp pur facendo parte di
essa, si distingue dagli altri, perche non è malato; 10 diventa, ma per cause esterne, cioé a
causa deIl'aria di montagna a cui non è abituato e all'atmosfera irreale deI sanatorio. In
lui la malattia agisce in modo tale da permettergli di acquisire una nuova percezione dei
suoi sentimenti; la sua vita si dirige verso una dimensione a lui sconoscÏuta e che
abbraccia con piacere. E quando Hans Castorp lascia il sanatorio per andare in guerra
ignora che tutti i suoi sogni saranno dispersi nel fango delle trincee:
There is our friend [ ... ] He's singing? The way a man sings to himself in
moments of dazed, thoughtless excitement, without even knowing ... 111
110
III
Ibidem 92.
Ibidem 705.
Greco-Martinez 52
Il protagonista della Diceria si distingue, fra tutti i pazienti della Rocca, per es sere
lui l'unico a salvarsi. Il suo male fisico è vero, ma è anche vero il male interno che 10
affligge: la guerra ha rubato la sua gioventù e quella di tanti come lui e di tante povere
vittime senza colpa. Il protagonista esce dalla Rocca guarito, ma si porta dietro il peso
della colpa di essere stato lui solo a salvarsi. Tutti i suoi compagni di guerra sono morti e
quelli sopravvissuti come lui e ricoverati nel sanatorio,
0
sono morti
0,
stanchi di
aspettare, si son tolti la vita e lui si sente "d'aver tradito a loro insaputa il silenzioso patto
di non sopravviver[ si]" (22). Adesso, anche se vivo, dovrà contentarsi di ritornare fra la
gente "sana," dovrà, "al posto di una parte di prim'attore, già scritta, improvvisare le
battute di una comparsa"(13 1). Dovrà reinventarsi un passato per poter vivere il presente.
Il te ma dell' amore, nei due romanzi, è vissuto per certi versi in modo simile. Il
protagonista della Montagna incantata, Hans Castorp, e il protagonista-narratore della
Diceria dell'untore si innamorano entrambi, senza essere ricambiati, di pazienti dei
sanatorio: Madame Chauchat e Marta rispettivamente.
Al contrario di Madame
Chauchat, che si assenta periodicamente dal sanatorio, Marta è molto malata, e alla fine
deI romanzo muore. Delle due non si viene a sapere gran cosa; tutto rimane fra le righe,
in sottintesi che lasciano cap ire che le due donne hanno una reIazione con il dottore deI
sanatorio e che godono di una certa libertà in confronto agli altri pazienti. 1 due
innamorati hanno in loro possesso non la fotografia della donna amata, ma la radiografia
dei suoi polmoni disfatti dalla tubercolosi.
Il protagonista della Diceria, trovandosi un giorno in sala raggi, sottrae le sue
radiografie insieme a quelle di Marta, con l'intento di confrontare 10 stato della malattia
di Marta rispetto alla sua. Quando capisce che Marta ha pochissimo da vivere se ne
Greco-Martinez 53
innamora ancora di più, perché sa che la relazione non durerà a lungo e che percio non SI
scontrerà con la sua indole di "fuoco di paglia." Quindi, abbracciando la lastra, se la
mette sotto il eus cino, perché sa che è il male ad unirlo a Marta:
Perché contro ogni creanza e verità io m'ostinavo a presumere d'avere
tacitamente stretto patto con lei, e di possedeme caparra nella radiografia
trafugata che tenevo sotto il cuscino. Questa, mi bastava accarezzarla con
un dito la sera, e ne ricavavo un raggricciarsi agrodolce dei nervi. (51)
Hans Castorp, il protagonista della Montagna incantata, invece si trova
ln
laboratorio per aver fatto una radiografia allo stesso tempo di Madame Chauchat.
Durante i festeggiamenti deI camevale chiede a Madame Chauchat di regalargliela come
ricordo. Ottenutala, la terrà, accanto alla propria, nel taschino vicino al suo cuore.
He threw himself in his chair, and from his breast pocket he pulled his
memento [ ... ] a little plate of glass in a narrow frame, which had to be
he Id up to the light for him to see what was there: the portrait ofClaudia's
interior. 112
Questo motivo comune sfocia pero in due direzioni diverse: l'attrazione di Hans
Castorp per Madame Chauchat nasce dall' osservare gli occhi "Kirghiz" della donna che
gli ricordano il compagno di scuola di cui era innamorato quando aveva tredici anni:
Hippe Pribislav dagli oc chi "Kirghiz," proprio come quelli di Madame Chauchat.
Durante una passeggiata, mentre si riposa sdraiato su un sedile, nota improvvisamente sui
campi la profusione di fiori blu "Columbine or Aquilegia" 113 e dalla profondità deI suo
inconscio, questo ricordo ritoma alla luce, svegliando in lui tante sensazioni da lungo
112
113
Ibidem 343.
Ibidem 122.
Greco-Martinez 54
tempo dimenticate. Con questa riscoperta una metamorfosi avviene in Hans Castorp: si
sente di colpo vivo e in controllo della sua vita. Durante i festeggiamenti deI camevale,
Hans Castorp chiede in prestito una matita a Madame Chauchat e il caso vuole che si
ripeta 10 stesso gesto che gli permise di rivolgere, per la prima volta, la parola al suo
compagno Hippe:
But Hans Castorp had never been happier in all his life than during that
drawing class as he sketched with Pribislav Hippe' s pencil [ ... ] And he
looked so strangeIy like her - that woman up here. Is that why l've been
so intrigued by her?
[ ... ] She rummaged in her leather handbag [ ... ] then extracted a silver
pencil-holder [ ... ]. That pencil long ago, the first one, had been more
straightforward, handier. [ ... ] His bloodless lips were open, and they
stayed open, unused, as he said, "you see, 1 knew it - 1 knew you' d have
one." 114
Attraverso Madame Chauchat, Hans Castorp, quindi, riprende coscienza dei suoi
sentimenti, intorpiditi dall' atmosfera indifferente, rigida e ordinata di Amburgo, dove
abitava con alcuni parenti prima di arrivare al Berghof.
In Diceria, invece, l'attrazione deI protagonista per Marta nasce subito, nel
momento stesso in cui la vede per la prima volta ballare su un palcoscenico. Anche qui
l'incontro avviene durante dei festeggiamenti, in questo caso uno spettacolo teatrale
organizzato dal dottore dei sanatorio. Durante una pausa il dottore e il protagonista
paragonano Marta ad un serafino: "Come di lume dietro ad alabastro [ ... ] cosi sono i
114
Ibidem 121,327.
Greco-Martinez 55
serafini" (38). Ma il protagonista, anche se dal primo incontro paragona Marta ad una
donna angelicata, fa presto a scenderla dal piedistallo dove l'aveva posta, chiedendo
notizie sul suo conto: "un'anagrafe quanta più meschina possibile, che la traesse dall'aria
di miracolo di cui m'era parso naturale circondarla nel corso della mia imbambolata
serata" (42). Marta è per il nostro protagonista una donna, un corpo con cui soddisfare il
suo bisogno di coito subito, prima di morire: '''Marta' la chiamai, le posi avvampando la
mana sopra la spalla. 'Devi uscire con me' le intimai. 'Ti resta poco tempo, ci resta poco
tempo. E abbiamo vent'anni'" (40). Con queste parole il protagonista-narratore ricorda la
sua gioventù, le ragazze, "Sesta, Silvia," con cui usciva quando era soldato, passeggiando
con loro "lungo il fiume Tresinaro
0
Livenza." Adesso sono morte e giacciono "sotto un
cespuglio di fiori che avev[ a] sentito chiamare Aquilegia" (8).
Ritoma il fiore "Aquilegia" della Montagna incantata. Per Hans Castorp il fiore è
legato al ricordo dell'amico Hippe e alla rinascita dei suoi sentimenti amorosi. Per il
protagonista della Diceria è il fiore della morte. Le ragazze, la gioventù sono sepolte
sotto quel fiore.
Il dibattito fra l'umanista Settembrini e il gesuita Naphta rappresenta, nella
Montagna incantata, l'ambiguità e la irrazionalità deI modo di pensare deI tempo in cui
fu scritto il romanzo. 1 personaggi sono i portavoci di Thomas Mann e testimoniano dei
conflitti della società e degli equivoci politici e filosofici deI tempo. Il protagonista Hans
Castorp è un silenzioso ascoltatore di questi dibattiti; lui non è influenzato nè dalle
tendenze progressiste e razionali di Settembrini, nè da quelle irrazionali di Naphta. In una
delle accese discussioni Settembrini afferma:
Greco-Martinez 56
The sole purpose of democracy is to provide an individualistic corrective
to the absolutism of state.
Truth and justice are the crown jewels of
individual morality; and should a conflict arise with the interests of the
state, they may very well appear to be hostile to it, but in fact are directed
toward the state's higher [ ... ] goOd. 115
Al che ribadisce Naphta con quella che è stata interpretata la "profezia" che si è avverata
con la seconda guerra mondiale:
The mystery and precept of our age is not liberation and development of
the ego. What our age needs, what it demands, what it will create for
. If'
Itse
,1S - terror. 116
Sia Settembrini che Naphta sono uomini di pensiero e non di azione e mentre i
loro dibattiti diventano sempre più colti e filosofici, perdono il senso di obiettività, il che,
alla fine, culmina con una sfida a duello. Settembrini, da umanista, si rifiuta di sparare,
Naphta, per la rabbia di non poterla avere vinta sull'avversario, spara su se stesso.
Nella Diceria non ci sono dibattiti politici
0
filosofici, quello che c'era da dire è
stato tutto detto: la guerra ha pensato a fare piazza pulita di tutte le ideologie e di tutti i
pensieri filosofici. Non rimane più nulla, soltanto la realtà dell'individuo di fronte alla
morte, di fronte alla sua angoscia di sentirsi anche abbandonato da Dio. Il personaggio di
padre Vittorio, un cappellano militare, e il protagonista-narratore, entrambi portavoci del
dibattito interiore di Bufalino, sono l'uno credente e l'altro miscredente. Dei due, pero, è
padre Vittorio a soccombere, non potendo più vivere con i dubbi che hanno invaso il suo
cuore. Non basta più a Padre Vittorio la sua dottrina, la sua fede, che cerca di infondere
115
116
Ibidem 392
Ibidem 393.
Greco-Martinez 57
nell'animo deI protagonista-narratore.
In lui si insinua la miscredenza; non sa più
pregare, non sa più rivolgersi a Dio con ammo puro. Era venuto in Sicilia "per una
missione e obbedienza ch'egli si sforzava [ ... ] di adempiere." (29) Ma per quanto si sia
sforzato di vivere la Passione di Cristo come remissione dei suoi peccati, gli viene a
mancare la forza spirituale e si uccide:
Il mio cuore, come non mi somiglia più. Di un'altro, ora: una persona
tragica in cui non so riconoscermi, che ha usurpato i miei ricordi, alla cui
invasione piangendo dico di no. (32)
In conclusione, nonostante Bufalino abbia negato l'influenza di Thomas Mann, si
puo affermare che c'è una parentela fra la Montagna incantata e la Diceria dell'untore.
Bufalino, con il suo gioco di fare di ogni Sud un Nord e di ogni Nord un Sud, capovolge
la Montagna incantata. Questo gli permette di agganciarsi alla letteratura europea e di
conseguenza dare importanza al suo romanzo. Ma Bufalino sa che tutti i dibattiti e le
ideologie dei
personaggi della Montagna incantata sono stati messi a tacere dalla
seconda guerra mondiale e che niente è rimasto più da dire. Quindi costruisce Diceria
dell 'un tore per testimoniare la completa distruzione della società e dei suoi valori più
profondi di cui se ne intravedeva l'inizio nel romanzo di Mann.
Greco-Martinez 58
Nei miei occhi si sporca una rosa,
come un albero cadro.
o Signore, concedimi sull'erba
una morte di cosa.11 7
II.3.
Bufalino fa i conti ...
"Come con Dio, i conti col Manzoni non si chiudono mai." Questo scnve
Bufalino nel suo saggio "1 conti con Manzoni" che fa parte della raccolta di saggi Sa/di
d'aufunno. In esso Bufalino parla deI suo rapporto con Manzoni che lui definisce
"agonistico e antagonistico," perché, una volta letto Manzoni, ci
SI
riferisce a lui
continuamente, se non per imitarlo, almeno per seguirne l'insegnamento:
Vero è che Manzoni non è un autore come i tanti altri [ ... ], Manzoni non
si manda via, se entra in noi è per restarci. Egli si scava una nicchia
vitalizia dentro di noi e ci rimane appiattato. [ ... ] Non c'è giorno che non
ci dica all'orecchio: "son quà.,,118
Ma, continua Bufalino, nonostante questa riconoscenza e ammirazione che nutre
per Manzoni, non puo fare a meno di combatterlo, per ragioni di incompatibilità
geografica e per ragioni di incompatibilità religiosa. Bufalino è deI Sud, di una terra,
come lui dice, "di fuochi e di iperboli" e Manzoni deI Nord, dove si gode ''una
temperatura di stremate dolcezze lacustri." ln Manzoni c'è saldo un bisogno di Dio e una
ferma fiducia nella Provvidenza, in Bufalino, invece, si intravede appena, come lui stesso
dice, un "cristianesimo ateo e tremante." Non crede più alla redenzione, e anche se moIti
117
G. Bufalino, "Compieta," Opere 726.
Sa/di d'aulunno 114.
118 ___ ,
Greco-Martinez 59
critici hanno rilevato che il suo negar Dio è anche un'invocazione, resta il fatto che per
lui tutto è un'illusione e la sola realtà è la morte:
Pensavo a me, a frate Vittorio, alla nostra riuscita, fallita, tentata
imitazione della Passione. "C'è il prestigio e l'idea antica dell'olocausto,
quella per cui il Figlio di Dio è sceso sulla terra a pagare per tutti, Lui
solo; e ancora oggi qualche laico veggente promette sui giomali la
redenzione perpetua all'umanità che verrà, a patto che una sola
generazione, la nostra, si danni e perisca per tutte. (97)
Percio, se affinità di pensiero c'è, non è col Manzoni "ritoccato" dei manuali
scolastici, ma con quello più in ombra, meno adatto al consumo di massa:
Il Manzoni che io mi sono ritagliato promuovendolo fra i miei idoli di
capezzale, non poteva es sere che il Manzoni più scuro e più fragile. Anche
il più nascosto, per la verità. Tutti ci siamo assuefatti aIle contraffazioni
scolastiche, aIle infedeli e opposte maschere che i professori gli hanno
cucito sugli occhi: di vegliardo arguto, di semisanto [ ... ] oppure, a
contrasto, di uggioso panegirista e miope altoborghese. Quanto a me, ho
sempre badato piuttosto al Manzoni che dubita, al Manzoni che ha
paura. 119
Quale sia questo Manzoni di preciso, Bufalino stesso ce 10 indic a attraverso il
titolo deI suo romanzo Diceria dell 'untore: per "Diceria" dà la definizione deI dizionario
Tommaseo-Bellini:
Discorso per 10 più non breve detto di Vlva voce; pm anco scritto e
stampato ...
119
G. Bufalino, "1 conti con Manzoni" Sa/di d'autunno 115-16.
Greco-Martinez 60
Di qualsiasi lungo dire, sm con troppo artifizio, Sla con troppo poca
arte ... 11 troppo discorrere intomo a persona 0 cosa .... (3)
Per "untore," invece, fa un salto nel tempo e estrae la definizione dalle "Carte deI
processo del 1630," che vide dei poveri innocenti sentenziati a morte sotto l'accusa di
aver sparso la peste a Milano:
Dispensatore et fabbricatore delli onti pestiferi, sparsi per questa Città, ad
estinsione deI popolo .... (3)
Nessun dubbio, quindi, che Bufalino abbia voluto rimandare il lettore agli untori
dell'opera di Manzoni. Pero, non è ai Promessi sposi che si riferisce, ma alla Storia della
colonna infame:
Una vigorosa monografia storica, condotta secondo acute argomentazioni
psicologiche e giuridiche, [tratta] deI processo contro i presunti untori
della peste, avvenuto nel 1630 (cfr. Il cap. XXXII dei Promessi sposi) che
si conc1use con la condanna a morte degli accusati e con l' erezione, sul
luogo dove l' esecuzione era avvenuta, di una colonna che ricordasse ai
posteri la loro infamia. 120
Il piccolo volume è rivolto ai giudici che, nel 1630, senza prove convincenti,
sentenziarono a morte due cittadini innocenti pur di mettere a tacere la moltitudine che,
accecata dalla paura, voleva un colpevole, un capro espiatorio. E questa è l'opera di
Manzoni che più sembra aver colpito Bufalino:
Non sono il solo che debba a quell'operetta le sue emozioni manzoniane
più forti. E se ne ragionava una sera [ ... ] con Leonardo Sciascia, il quale
sentiva vivissimo il problema che li si dibatte se l'ignoranza possa scusare
120
Mario pazzaglia, Letteratura italiana: l'Ottocento (Bologna: Zanichelli, 1992): 185.
Greco-Martinez 61
l'errore dei giudizi. Mentre in me di quelle parole restava specialmente
nella memoria il dilemma che ogni coscienza si pone di fronte al male deI
mondo: se negare la Provvidenza
0
accusarla. Qui appunto, posso dire, si
situa il mio nodo privato. Manzoni non mi ha aiutato a risolverlo; ma mi
ha aiutato a vederlo.
121
Manzoni, nel riportare alla luce i fatti successi nel lontano 1600, mette in pratica i
punti fondamentali della sua cultura illuministica e della sua morale religiosa. Porta il
lettore a riflettere che questi fatti non sono particolari di un epoca, ma possono ripetersi in
qualsiasi tempo anche se in modi diversi. Per Manzoni ogni uomo è responsabile delle
proprie azioni in virtù della libera facoltà di decidere fra il bene e il male. Ed è in virtù di
questo libero arbitrio che Manzoni accusa i giudici che nel sentenziare si vollero salvare
dal furore della folla, pur sapendo che la loro sentenza era ingiusta.
Se, in un complesso di fatti atroci dell 'uomo contro uomo, crediam di
vedere un effetto de' tempi e delle circostanze, proviamo, insieme con
l' orrore e con la compassion medesima, uno scoraggiamento, una specie di
disperazione. Ci par di vedere la natura umana spinta invincibilmente al
male da cagioni indipendenti dal suo arbitrio, [ ... ] e, cercando un
colpevole contro cui sdegnarsi a ragione, il pensiero si trova con
raccapriccio condotto ad esÏtare fra due bestemmie, che son due deliri:
negar la Provvidenza,
0
accusarla. Ma quando, nel guardar più
attentamente a que' fatti, ci si scopre un'ingiustizia che poteva esser
veduta da quelli stessi che la commettevano, un trasgredir le regole
ammesse anche da loro, dell'azioni opposte ai lumi che non solo c'erano
. 121
G. Bufalino, "1 conti con Manzoni" Sa/di d'autunno 116-17.
Greco-Martinez 62
al loro tempo, ma che es si medesimi, in circostanze simili, mostraron
d'avere, è un sollievo il pensare che se non seppero quello che facevano,
fu per non volerlo sapere, fu per quell'ignoranza che l'uomo assume e
perde a suo piacere, e non è una scusa, ma una colpa; e che di tali fatti si
pua bensi essere forzatamente vittime, ma non autori. 122
Per Manzoni la colpa non stà nell'iniquità dei tempi
0
nella degenerazione della
natura umana, ma nell'effetto delle "passioni,,123 che accecano la razionalità di ogni
individuo. Per di più, i due presunti colpevoli, il Piazza e il Mora, sottoposti a gravi
torture, non ebbero la forza di resistere aIle accuse non vere, e si illusero che confessando
il falso e nominando e calunniando altri uomini non sarebbero stati sentenziati:
Quell'infemale sentenza portava che, mes si sur un carro, fossero condotti
al luogo deI supplizio [ ... ]. E se qua1cosa potesse accrescer l'orrore, 10
sdegno, la compassione, sarebbe il veder que' disgraziati, dopo
l'intimazione di una tal sentenza, confermare, anzi allargare le loro
confessioni, e per la forza delle cagioni medesime che gliele avevano
estorte. La speranza non ancora estinta di sfuggir la morte, la violenza dei
tormenti, [ ... ] li fecero, e ripeter le menzogne di prima e nominar nuove
persone. Cosi, con la loro impunità, e con la loro tortura, riuscivan que'
giudici, non solo a fare atrocemente morir degli innocenti, ma, per quanto
dipendeva da loro, a farli morire colpevoli. 124
Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame Testo dei 1840. (Bologna: Cappelli editore, 1973): 28.
"Ma la menzogna, l'abuso deI potere, la violazione delle leggi e delle regole più note e ricevute,
l'adoprar doppio peso e doppia misura, son cose che si posson riconoscere anche dagli uomini negli atti
umani; e riconosciute, non si posson riferire ad altro che a passioni pervertrici della volontà."
124 A. Manzoni, Storia della-colonna infame 27.
122
123
Greco-Martinez 63
Questo non è il Manzoni dei Promessi sposi, dove tutto il percorso deI romanzo è
segnato dalla Provvidenza. Il Manzoni della Colonna infame accusa e, attraverso la
ricerca delle carte dei processo, cerca di riabilitare i condannati rendendo testimonianza
di un crimine non commesso. E sebbene i fatti siano successi nel lontano 1600,
rinvangandoli l'autore risveglia la coscienza degli uomini su una realtà sconvolgente, e
cioé, che qualsiasi cosa orrenda successa nel pas sato, puo sempre ripetersi nel presente.
Leonardo Sciascia nell'introduzione all'edizione dei 1973 della Storia della colonna
infame appoggia il sentimento accusatorio di Manzoni "stabilendo una analogia tra i
campi di sterminio nazisti e i processi contro gli untori, i supplizi, la morte":
Viene da pensare a quellibro di Charles Rohmer, L'altro, che è quanto di
più terribile ci sia rimasto nella memoria e nella coscienza di tutta la
letteratura sugli orrori nazisti pubblicata dal 1945 in poi. [... ] Quei giudici
erano onesti e intelligenti quanto gli aguzzini di Rohmer erano buoni padri
di famiglia, sentimentali, amanti della musica, rispettosi degli animali.
Quei giudici furono "burocrati deI Male": e sapendo di farlo. 12S
Nelo Risi in appendice alla Storia della colonna infame si pone e ci pone delle domande:
La "petite histoire," remota nel tempo, puo diventare un'attuale fonte di
meditazione, non solo di ricerca storiografica, deI resto già compiuta più
volte? [ ... ] Le intenzioni e le risultanze dell' opera manzoniana sopportano
e possono incaricarsi di un tale peso di contemporaneità senza collocarsi,
di colpo, nella "catarsi" storiografica? E parlare di noi, per noi?126
125
126
Ibidem 14.
Ibidem 130.
Greco-Martinez 64
Costretti ad uccidere per salvarsi la pelle? Proprio in questo "si situa il [ ... ] nodo
privato" di Bufalino, "il dilemma che ogni coscienza si pone di fronte al male deI mondo:
se negare la Provvidenza
0
accusarla." In un suo saggio "La neve e il sangue," Bufalino
ricorda l'invemo deI 1944, quando dopo l'armistizio, sbandato e senz'armi e fatto
prigioniero dai tedeschi come disertore, riesce a fuggire dal campo di concentramento e
raggiungere un gruppo di partigiani:
Forse tutti siamo svegli, stanotte. Forse mille e mille occhi sbarrati spiano
da mille finestre in mille case, da qui a Correggio, e aspettano la stes sa
cosa. Mio Dio, com'è che tutti vediamo la vanità e pazzia di quello che
accade; l' empietà d' ogni spesa di sangue e pianto, per puntigli di confine,
ebrezze di labari e trombe, ingordigia di piedistalli e catastrofi
sublimi ... com'è che tutti, con un dito sulle labbra, lasciamo che l'orrore
proceda, badando solo a salvarci dall'ecatombe, partecipandovi anche,
ricattati dalla turpe scommessa di uccidere 0 essere uccisi. 127
Si sente 10 sconforto, l'avvilimento, la rabbia per aver lasciato procedere l'orrore:
la devastazione della guerra e la devastazione degli ebrei. Si sente l'accusa verso i
dirigenti, verso i dispensatori della legge. Partecipi per forza, ecco dove vuole arrivare
Bufalino. La malattia l'ha causata la guerra e si deve accettare come si ha accettato di far
parte delle atrocità commesse in nome di essa. Ma si puo essere colpevoli quando si è
forzati ad uccidere? E si puo essere perdonati?
Vediamo dunque come Bufalino riesce a risolvere il suo dilemma trasportando
l'opera manzoniana ai giomi deI dopoguerra della Diceria.
127
G. Bufalino, "La neve e il sangue" Calende greche 76.
Greco-Martinez 65
Il discorso religioso nella Diceria dell 'un tore, in superficie sembra un discorso
piuttosto lineare: un protagonista miscredente; un prete, Padre Vittorio, che non riesce più
a trovare conforto nella sua vocazione; un dottore, il Gran Magro, che sfoga la sua rabbia
e la sua impotenza bestemmiando Dio. Ma leggendo fra le righe, il discorso acquista tutta
un'altra dimensione. Sotto la negazione deI protagonista, l'invocazione dei prete e la
continua accusa a Dio deI medico, si legge 10 scoramento dell 'uomo di fronte agli orrori
di cui è stato testimone nell'ultima guerra; si legge la sfiducia negli insegnamenti della
Chies a; si legge il conflitto dell'uomo di scienza di fronte all'irrazionalità dei mondo. La
malattia da cui sono afflitti i personaggi diventa il male deI mondo da cui non si puo
guarire che attraverso la morte.
Bufalino nel suo saggio parla di "incompatibilità geografica e religiosa" con
Manzoni. Questa incompatibilità la vediamo rappresentata dalla schermaglia fra il
protagonista-narratore e Padre Vittorio, la quale, a sua volta, rappresenta il conflitto
interiore di Bufalino riguardo al "negare la Provvidenza
0
accusarla." Non si puo
accettare un male che contamina ogni cosa e che uccide senza pietà, senza ribellarsi,
senza cercare un colpevole. 1 due sono oppressi dal peso deI male fisico ma è quello
interiore che uccide illoro spirito e Padre Vittorio se ne chiede il perché:
"Non sono felice" disse "e mi chiedo perché. Forse questa consunzione
che porto nella carne mi va guastando anche l'anima. E sempre più spesso
dubito e mi spavento e mi sento un prete per finta. Seppure non grido
contro di Lui. La sera scende, ma io non so trovarLo al mio fianco, nè Gli
parlo più nel sonno, con le labbra dei rinnegato." (48)
Greco-Martinez 66
Come Manzoni, Padre Vittorio è deI Nord ed è di famiglia benestante. Avrebbe
potuto scegliere di andare in un sanatorio per religiosi, oppure in una c1inica per ricchi
scelta dai suoi genitori, invece sceglie di scendere in Sicilia, dove perfino il c1ima è
contrario alla guarigione. Ha voluto allontanarsi da tutti, dalle persone care e dai luoghi
conosciuti, per compiere una missione, secondo lui, in un'atmosfera di terra bruciata e di
campi d'ulivi e di palme: uno scenario da "Terra Santa," come si poteva trovare soltanto
in Sicilia:
Forse non 10 sapeva lui stesso, anche se una volta accenno balbettando ad
una missione e obbedienza ch'egli si sforzava, pur in quarantena, di
adempire, e per la quale gli pareva ci volesse uno scenario di crete e ulivi,
una giudea tutta triboli, come certe chiuse di qui, che uno scisma di venti
minuziosamente dilania. (29-30)
Insomma, attendere la morte vivendo la Passione di Cristo, in un'ultima speranza
di redenzione. Ma è solo e senza l'appoggio dei suoi confratelli
0
superiori e in più,
confrontato con la miseria fisica e morale degli altri pazienti, comincia a sentire la sua
fede vacillare e cosi cerca disperatamente di annegare le sue inquietitudini nella
preghiera. Gli altri pazienti sono tutti reduci di guerra e non sanno più invocare Dio, non
credono neanche più che esista. Anche il dottore deI sanatorio, il Gran Magro,
contribuisce all' atmosfera di scoramento deI luogo, imprecando e bestemmiando Dio. Si
sente l'impotenza deI dottore davanti al male: "Un tempo erano solo i pezzenti della
Kalsa (quartiere di Palermo) a cascarci. Dra anche i signorini s'ammalano, colloro petto
senza peli, l'acqua di colonia, le ironie in italiano" (21). Si sente anche la sua ira per il
male deI mondo: "'Passa via!' faceva infine, come se ce l'avesse li davanti, in forma
Greco-Martinez 67
d'idra
0
cerbero, l'Altissimo, e volesse salvarsene scoraggiandolo" (14). Perché il Gran
Magro si sente tradito da Dio. Lui é ebreo,128 10 rivela la mozzettina di seta che porta in
testa, e non riesce a darsi pace e chiama in causa Dio, ad ammirare il suo malfatto, e allo
stesso tempo convince se stesso, e chi intorno a lui, che l'uomo è una nullità
nell'immensità dell'universo, una cosa inutile:
Forse noi, dico la Terra, Cassiopea, Alpha Tauri, quella stella cadente, tutti
gli altri corpi e astri che vedi e non vedi, tutti noi, zodiaci e nature, siamo
solo miliardi di calcoli nel rene di un corpacciuto animale, la sua colica
senza fine, [ ... ]. No, ragadi siamo, ragadi sopra il grugnoculo di Dio,
caccole di una talpa enorme quanto tutto, cami crescenti, pustole, scrofole,
malignerie che finiscono in orna, glaucomi, fibromi, blastomi. (14-15)
Il protagonista-narratore non bestemmia, non impreca, lui non crede più, pero gli
piace provocare il povero Padre Vittorio che cerca, invece, disperatamente di persuaderlo
della Rivelazione. Il giorno che il protagonista sottrae le radiografie di Marta dalla sala
raggi, Padre Vittorio, spinto dallo scoraggiamento di non saper più pregare da solo, 10 va
a trovare. Il protagonista, pero, non ha tempo da dedicargli, anzi inveisce contro di lui:
La preghiera! [ ... ] Il tuo covile caldo, il portone per ripararti quando
cambia il tempo! Mi ripugna codesto Dio da indossare come una maglia
pesante sopra le nostre pleure di cartavelina. A me è sempre piaciuto
bagnarmi. (46)
128 Possiamo rilevare che il Gran Magro è ebreo da tre indizi nel romanzo. Il primo: " ... e si aggiustava
frattanto sul capo la mozzettina da usuraio, di seta, squilibrata dall'urto" (77); il secondo: "la calottina di
seta" (100); il terzo, quando parla di Cristo: "non èche uno dei nostri, un pio galoppino, il rampollo di un
presepe meticcio" (97).
Greco-Martinez 68
Ciononostante, sordo agli insulti, il prete continua nella sua mlSSlOne di
redenzione verso il protagonista, e verso se stesso come espiazione. Ma il protagonista
non 10 puo ascoltare, ha le lastre di Marta nascoste sotto il cuscino e illoro grido si unisce
al suo pieno di rancore e d'astio contro Dio e contro il mondo. Marta deve morire, le
lastre parlano chiaro, non c'è più speranza per lei; questa volta l'ha condannata la
malattia. Era stata già condannata due volte: la prima per essere ebrea, la seconda per
essere sfuggita al lager grazie ad un ufficiale tedesco che più tardi viene ucciso.
Condannata, quindi, prima dall 'uomo ed ora da Dio:
Dopotutto è meglio cosi. È morta fin troppo tardi. Ma nessuno ha orecchio
a capire la musica della propria esistenza, e a fermarla al momento giusto.
E per lei quel momento era già venuto due volte. (123)
Invano Padre Vittorio cerca di convincere il protagonista che "Dio non è
l'assassino" e che Dio sottopone l'uomo a delle prove per aiutarlo ad acquistare,
attraverso il dolore, la redenzione e purificazione dell'anima:
Tu supponi d'inseguirlo, t'affanni a leggere carponi, come i poliziotti dei
romanzi, le piste oscure della sua fuga, inteIToghi le macchie dei Suoi
pollici unti. Mentre è lui che incombe senza fine su di te, la Sua ombra ti è
sopra e tu non 10 scorgi, il Suo fiato ti morde la nuca e tu 10 confondi col
vento. (48)
E alla maniera di Manzoni, Padre Vittorio cerca disperatamente di conduITe il
protagonista alla preghiera, invoca la Provvidenza. Pero lui stesso già si sente "un prete
per finta" e scrive ai margini di un libro di preghiere tutti i suoi pensieri nel disperato
intento di calmare le sue "dimonia":
Greco-Martinez 69
Un bacillo di Koch si poso sopra il labbro di Adelmo. E Dio vide che
questo era buono. (32)
Oppure:
È questo dunque il buon uso delle malattie che, sull' esempio di que 11 'altro,
avevo chiesto supplicando il Signore? Lacrime, si, ma di rabbia e di
rancore, bestemmia "totale e douce." E selvaggi onanismi sotto le
lenzuola. (34)
Infine non riesce più ad abbandonarsi "sul Monte Calvario,
Nostro Signore,
0
0
nelle piaghe dei
in qua1che sito accanto a lui, per fame il proprio riparo [ ... ] e
costituirvi fortezza, a difesa delle tentazioni" (46). La malattia deI corpo ha contaminato
pure la sua anima. Ha paura di morire, ha paura di urlare contro Dio. Ha paura e si
uccide:
Quanta strada, dunque, da Cividale alla Rocca, per smarrire la direzione
lieta deI proprio cammino e farsi trovare all'alba, con una sigaretta spenta
nel pugno e i denti serrati contro il cuscino di crine, in una sedia a
dondolo, alla quale l'estremo spasimo delle membra aveva impresso un
moto che ancora, lievissimamente, durava. (30)
Simbolicamente con la morte di Padre Vittorio muore cio che di cristianesimo
rimane al protagonista: "il mio cristianesimo non era stato che una gravidanza supposta,
un'isteria di tre mesi" (29).
Il protagonista è l'unico della Rocca a salvarsi e stenta a crederci. Perché proprio
lui? Si era abituato a dividere la stessa aria, le angosce, le paure, i ricordi con i suoi
compagni, e adesso si sente un traditore per essere sopravvissuto:
Greco-Martinez 70
Ma se di tanti io solo, premio
0
pena che sia, sono scampato e respiro
ancora, è maggiore il rimorso che non il sollievo, d'aver tradito a loro
insaputa il silenzioso patto di non sopravviverci. (22)
Anche Peter Hainsworth fa cenno al sense di colpa dei protagonista per essere
sopravvissuto e 10 paragona al sense di colpa dei sopravvissuti dei campi di
concentramento:
As if to survive were a betrayal, much as it has been felt to be by survivors
of the concentration camp, who also have often found impossible to
answer the question, "Why me? Why not the others?,,129
Bufalino capisce che la sua salvezza non é un miracolo e neanche una preferenza,
è un caso che fa parte di un ordine di cose e questo richiede un momento di meditazione;
un momento, se non di conciliazione con Dio ma con se stesso. "Essere perdonati, [ ... ]
custodire quella speranza d'assoluzione" (117) e ritomare a vivere, "essere uno dei tanti
della strada." (133)
Il protagonista-narratore quando sa di essere guarito decide di lasciare la Rocca.
L'estate è finita e con l' autunno arriva la pioggia e da essa si lascia bagnare, accennando
alla simbolica pioggia che accompagna la fine della peste dei Promessi sposi: "Come
tutte le grandi pesti, anche questa infima mia finiva con la pioggia." (125) Ma questa
pioggia non puo purificare e cancellare il male. Il protagonista, anche se guarito, si porta
addosso 10 stigma della malattia, cosi come si porta addosso la guerra e i suoi orrori fino
alla morte.
129 Peter Hainsworth, "Gesualdo Bufalino Baroque to the future," The New ltalian Novel, a cura di Z.
Baranski e L. Pertile (Edinburgh: University Press, 1993) 20-34.
Greco-Martinez 71
Bufalino, nella sua Diceria, riferendosi alla Storia della colonna infarne di
Manzoni, mette a fuoco la questione delle responsabilità per le atrocità della guerra delle
quali lui stesso è stato testimone. Bufalino, per quanto prenda ad esempio Manzoni non
risolve il suo dilemma se "negare la Provvidenza 0 accusarla." Se Manzoni con la Storia
della colonna infarne è riuscito a mettere in luce la precarietà della giustizia umana,
ristabilendo il concetto della Provvidenza divina, speranza consolatoria dell 'uomo giusto,
Bufalino con Diceria dell'untore non riesce a risolvere nulla. Lui e tanti come lui e tutti
gli altri condannati a morire non furono arbitri deI proprio male ma solo vittime. Vittime,
le cui invocazioni non furono mai ascoltate nè da Dio nè dagli uomini. Alla fine della sua
Diceria, Bufalino puo solo arrendersi al fatto che l'uomo nella sua fragilità puo essere
tanto camefice quanto vittima e come lui dice: "Manzoni non mi ha aiutato a risolverlo
"il mio nodo privato" ma mi ha aiutato a vederlo." 130
130
G. Bufalino, Sa/di d'autunno 117.
Greco-Martinez 72
La letteratura come specchio delle mie brame
Sesamo per aprire la grotta 131
II.4.
Marta
Chi è Marta? Qual'è la sua storia? "Dicono ch'è una di su, e stava a Sondalo ma
gli altri malati non ce l 'hanno voluta. E prima ballava alla Scala. [ ... ] Del resto se ne
dicono tante. [ ... ] Dicono di un capitano delle Esse Esse, di una villa al lago. E co se
peggiori. Certo i capelli le sono ricresciuti da poco sul capo rasato." (43)
Queste informazioni, date da una paziente deI padiglione femminile deI sanatorio,
per quanto frammentari, servono ad avvertire il lettore che dietro la finzione letteraria si
cela una testimonianza, che vuole essere gridata ma che invece rimane soffocata dalla
pena e dal rancore. Ed è solo attraverso i terni e i personaggi della letteratura che
Bufalino riesce a dar voce a questa sua pena, a questo suo rancore.
Sebbene Diceria dell'untore sia un romanzo della "fantamemoria,,132 questa
testimonianza è affidata alla relazione d'amore deI protagonista-narratore con Marta, una
ex-ballerina scampata al lager e finita, dopo moIte peripezie, in Sicilia, nel sanatorio la
Rocca di Palermo, ultima sosta prima di morire.
1 critici hanno interpretato la vicenda d'amore fra il protagonista-narratore e
Marta sempre con superficialità. Ad esempio per Maria Corti è ''una scena da medievale
'danza macabra'; 133 per Barberi Squarotti ''uno dei momenti fondamentali deI romanzo
G. Bufalino. "Il malpensante" Opere 1067
I32"Raccontare un ricordo, dice Bufalino, 10 fa diventare una fiaba. Più che suggestioni proustiane, pur
feconde in tutta l'opera, penseremmo a quelle aristoteliche attraverso Mneme kai Anamnesis, Della
memoria e della reminiscenza, dove il filosofo greco, posta la sede della memoria nell'anima sensitiva,
afferma che 'la memoria, anche degli intellegibili, non è senza immagine' [ ... ]. È il processo che Bufalino
insistentemente chiama 'sogno della memoria'. È proprio tale potere ludico della memoria che guida 10
scrittore all'artificio dell'invenzione, a trasformare il ricordo in fiaba, infantamemoria appunto." Maria
Corti, "Introduzione" Opere XIII.
133 Ibidem XV.
131
Greco-Martinez 73
[ ... ] come liquidazione degli orrori e delle ambiguità della guerra appena conclusa. La
liberazione dal passato che con Marta muore davvero e definitivamente"; 134 per Maurizio
Cucchi una "storia meravigliosa quanto infelice e assurda.,,135
Ma ben undici capitoli, dal VI al XVII, dei diciassette capitoli della Diceria, sono
dedicati alla storia d'amore che finisce con la morte di Marta. Il primo paragrafo deI VI
capitolo, prepara il lettore a intendere ciô che leggerà in seguito come una favola, un
sogno, un viaggio attraverso la letteratura:
L'Ucciardone, monte Athos, la fortezza della Roccella ... A quante
clausure e solitudini mi piaceva paragonare il nostro stato alla Rocca. Nè
mi scordavo il castello d'Atlante. Cioé un luogo di visioni destinate a non
durare. Una di queste fu Marta. (35)
Ma in questo viaggio attraverso la letteratura Bufalino lascia "segni e minuzzoli di
Pollicino, seminati apposta" (62) per indicare che Marta non è soltanto una visione
destinata a non durare, "un simulacro di donna," "una costruzione letteraria," ma è pure
una memoria affogata per non risentime la pena e rivissuta nel mondo fantastico della
finzione. Quello che si sa di lei è ciô che lei stes sa racconta al protagonista-narratore. Ma
questi, ascoltandola, capisce che deI suo passato e della sua storia Marta racconta soltanto
gli eventi che le sono cari e piacevoli da ricordare:
Lei deI suo passato (unico bene che non fosse ipotecato
0
ma1concio)
ritagliava senza farlo apposta talune privilegiate sequenze, mentre
respingeva con tutt'e due le mani in un ripostiglio della coscienza, il
prima, il dopo, il perchè. (92-93)
134 G. Barberi Squarotti, "C'è in Sicilia una montagna disincantata," Tutto libri Anno VII, No. 259, 28
febbraio 1981.
135 Maurizio Cucchi, "Scrittore vero non "caso" letterario," L'Unità 5 marzo 1981.
Greco-Martinez 74
Quindi, la storia d'amore deI protagonista-narratore e Marta è si, un VIagglO
attraverso la letteratura, ma è anche un espediente per ricordare una pena non ancora
dimenticata: le atrocità della guerra e le "vittime senza colpa" simboleggiate dalla figura
di Marta che a volte riflette le esperienze della stesso Bufalino. Quindi, mentre Marta,
una paziente deI sanatorio la Rocca di Palermo, impersona l'immagine letteraria della
donna, l'eroina su cui spargere due lacrime alla fine dellibro, la donna fatale, l'artista,
parallelamente Marta è la giovane donna malata di tubercolosi che nasconde dietro le sue
personificazioni la terribile realtà della sua esistenza.
Come meglio iniziare il viaggio attraverso la letteratura se non con Dante e la
donna da lui innalzata a vi si one angeIica, simbolo della conoscenza e deI sapere? Mezzo
con il quale Bufalino esorcizza il "divieto" che nel sogno, all'inizio deI romanzo,
"purgatorialmente seduti a ridosso l'uno dell'altro, uomini vestiti d'impermeabili bianchi
[ ... ] gridavano con spente orbite."
136
Quando il protagonista-narratore vede Marta per la prima volta, la paragona ad un
serafino: "Come di lume dietro ad alabastro [ ... ] cosi sono i serafini." (38) Era il giorno
di Santa Rosalia e il dottore deI sanatorio, il Gran Magro, aveva organizzato uno
spettacolo con i pazienti, come faceva per ogni ricorrenza festiva. Marta è una delle
attrici e ha appena finito di interpretare la parte di Giulietta in "Giulietta e Romeo"
quando il protagonista-narratore entra nella sala e prende posta accanto al dottore. Subito
dopo inizia sul palcoscenico un numero di danza dove Marta si esibisce questa volta nella
136 "Essi levavano mestamente la fronte, tutt'insieme accennavano un divieto, mi gridavano con spente
orbite: vattene via. Non mi riusciva di obbedire, ma in ginocchio, a qualche metro di distanza, torcendomi
le dita dietro la schiena, aspettavo che uno si muovesse, il più smunto, il più vecchio, una serpaia di rughe
fra due lembi di bavero, e semplicemente curvandosi a raccattare una pietra, rivelasse dietro di se, sulla
soglia di un sottosuolo finora invisibile, botola di suggeritore 0 fenditura flegrea, la dissepolta e rapida nuca
di lei, Euridice, Sesta Arduini, 0 come diavolo si chiamava." Diceria dell'untore 8.
Greco-Martinez 75
veste di Arlecchina. Durante una pausa dei ballo, mentre la ballerina se ne sta al centro
della scena immobile, il protagonista la puo osservare meglio e forse per l' effetto dei
riflettori sembra che la pelle le si irradi di una luce interna, tanto da dare l'impressione di
una VlSlOne:
La gola le si era tinta di fiamma, per una irradiazione sottopelle deI
sangue: "Come di luce dietro ad alabastro [ ... ] cosi sono i serafini." Oh
certo, un serafino era, dalla vita sottile e dalle ah roventi, con oc chi come
ciottoli d'ebano nel fiero ovale ammansito da una corta chioma di luce.
(38-39)
Ma l'angelo dalle ali roventi viene subito deposto dal piedistallo su cui era stata
messo per diventare una donna più umana e terrena, con la quale intrecciare una
relazione:
Perché, insomma, non s'accomodava con l'economia deI mio tempo il
prolungarsi di unD stato d'estasi a vitanuova, quando a me, al contrario,
serviva solo un corpo da consumare subito, prima che il nostro vagone
piombato si fermasse al deposito della stazione d'arrivo. (42)
Con il primo appuntamento tra il protagonista-narratore e Marta vediamo tracciato
il tragitto progressivo di questo viaggio attraverso le donne della letteratura dei teatro e
dei cinema. Si sente l'eco dell' Angelica dell' Ariosto che con la sua bellezza "mette in
cri si l'etica dei cavalieri di guerra.,,137 Infatti Marta ha fatto perdere la testa all'ufficiale
tedesco, che l'ha salvata dal lager innamorandosi di lei. Si sente l'eco della donna
seduttrice e fatale dei periodo mondano di Verga e della donna di Borgese, la bella e
137
Marisa Zancan, Il doppio itinerario della scrittura (Torino: Einaudi, 1998): 41.
Greco-Martinez 76
seducente Celestina, dei salotti Parigini di Rubé ("Isolabella sul lago") e della donna
vagheggiata dai protagonisti di Brancati:
M'incantavo a mirare con che nobile scaligero garbo, riflettendosi nel
cristallo, si andasse a incastonare nel cayo esatto di una panoplia di
gemme 10 smilzo stelo deI collo di lei, sorgente dalla goletta di trine, fuori
della camiciola sbottonata a metà. La voce poi ... E le continentali malizie,
i nonnulla deI gesto che impreziosiva, come uno spolvero d'oro, il ricordo
muschiato delle antiche serate di gala, dei damaschi, dei ventagli, delle
Isolebelle sullago. (58)
Ma a differenza dei personaggi di Borgese e di Brancati, il protagonista della
Diceria non si pone nessun problema esistenziale nè è afflitto da complessi psicologici. Il
suo desiderio principale è quello di consumare quel po' di vita che gli rimane con una
donna. Pur essendo siciliano, non è intimidito dal fascino di Marta, dalle sue arie
sofisticate, dalla sua emancipazione di continentale, perché sa che Marta è come lui, una
povera creatura col suo fardello di memorie da affogare:
Mi mortifico scorgere, accanto ai suoi modi di cittadina, le mie rudezze di
viso e di abito. [ ... ] Ne sarei stato intimidito fino alla paralisi, se non mi
fossi accorto ogni tanto di una piega, plebea e ghiotta, che le sfigurava la
bocca [ ... ]. 10 non dicevo quasi nulla, di fronte aIle viste tumultuose e
diverse che lei mi veniva porgendo: ora con la pressione sulla mia mano
della sua mano, [ ... ] ora con la melassa delle parole [ ... ]; ma soprattutto
attraverso l'impaurirsi degli occhi ogni volta che la guardavo. (58-59)
Greco-Martinez 77
E Marta si affanna a nascondere dietro la sua aria disinvolta e affascinante questa
paura cosi come un'attrice si nasconde dietro la maschera deI personaggio. "10 le dico
che vivo in quei momenti la vita deI mio personaggio! Non sono iO.,,138 Questa frase è
pronunciata da Marta Abba, l'attrice preferita di Pirandello, nel molo di Donata, nella
commedia Trovarsi a lei dedicata. Secondo Franca Angelini, "tutte le categorie della
passione, deI cuore, e tutte quelle della finzione, deI tmcco e della similazione sono
pre senti e variamente congiunte nell'attrice.,,139
Marta fa prova di tutte queste qualità d'attrice, mentre ferma sul marciapiedi con
il protagonista, canticchia un vecchio motivo accompagnandolo con una piroetta, che
suscita l'ilarità dei passanti. Al rimprovero di lui, lei replica:
Macché, [ ... ] è solo un impulso a piacere, [ ... ] Noi donne siamo spesso
cosi: narcise e civette. [ ... ] A me è sempre piaciuto contraffarmi e mentire
[ ... ] tutto cio che contiene un' ipocrisia mi seduce. (60-61)
Il molo dell'attrice dà a Marta l'espediente necessario per contraffarsi, per vivere
una realtà fittizia, immaginaria, dove la sua identità si frantuma in tanti "io":
Avevo una vita, un viso. Mi tolgono questo e quella. Era il mio balocco di
scelta, il mio viso. E giocavo con cappelli e rossetti. Ancora oggi passo ore
a truccarmelo, benché non 10 senta più mio, ma di una che mi vuol male
[ ... ]. Me 10 trucco, come no, e mi siedo sulla veranda, a guardare, oltre il
cancello dei parco, la strada dove passano uomini. Tu vedessi, nel mio
armadio, quanti abiti da sera, che sciorino sul letto, quando sono sola.
Luigi Pirandello, Trovarsi Atto l, (Milano: Mondadori, 1989): 125.
Franca Angelini, "La scena dell'aUrice in Pirandello," Letteratura sici/iana alfemminile: donne
scrittrici e donne personaggio. A cura di Sarah Zappulla Mascarà. (Calatanissetta-Roma: S. Sciascia
editore, 1984): 87.
138
139
Greco-Martinez 78
Flosce annature vuote dove s'ode a volta frusciare 10 spettro della Marta
che le abito. (60)
Quale altro ruolo si puo dare ad un personaggio se non quello dell' attrice per
potersi sbizzarrire con lei e rivivere i cari vecchi film? E tradurre la finzione in "palliativo
e placebo." Uno di questi è "Amanti senza domani" in cui William Powell è un losco
galante che alla fine deI viaggio va alla sedia elettrica e Kay Francis è gravemente
ammalata: ogni sera si incontrano e pur essendo consapevoli della loro condizione fanno
finta di nulla e ballano e si parlano sotto la luna. Il protagonista-narratore, considerando
10 stadio finale della malattia, sia sua che di Marta, si immagina di essere adesso lui
William Powell, l'attore deI film insieme a Kay Francis sul ponte di un transatlantico:
"Chi avrebbe mai pensato che dovesse toccanni a mia volta, all' ombra degli stes si umidi
salici, di danzare una stessa tresca d'amore e di morte, su un motivo di fiacca pianola"
(52).
Oppure "Les enfants du paradis" con Arletty e Louis Jouvet, gli attori favoriti di
Bufalino all'epoca in cui il cinema francese rappresentava per lui il culmine dell'arte. Per
un momento rivede in Marta la sua Arletty quando Marta si ostina a raccontare deI suo
"Oberleutnant" :
Ricordo il suo braccio bruno, un'estate come questa, in una barca. [ ... ] 10
sono bella, snella, pulita; per metà riversa dentro il canotto, ma coi piedi
nel solco della corrente. [ ... ] il mio costume è nero, con un'ancora di filo
d'oro nel petto. E lui mi chiama Garance. (42)
Ma all'immagine letteraria della donna si sovrappone l'altra, la paziente deI
sanatorio la Rocca di Palenno, quella che stava a Sondalo, que lIa deI capitano delle Esse
Greco-Martinez 79
Esse, quella dei capelli rasati. Il protagonista-narratore domanda a Marta il perché dei
suoi capelli tagliati corti. Marta invece di rispondere racconta deI giorno in cui lei e il suo
compagno furono snidati dal loro rifugio. Presero soltanto lui e 10 fucilarono. Lei fu
lasciata libera grazie a qua1cuno che ebbe pietà di lei e le disse di andarsene. Ma dopo ci
ripensarono e cominciarono a cercarIa mettendo la sua fotografia sui giornali. Cambio
indirizzo, abbigliamento, ando da una pigione all'altra cercando di non lasciare tracce.
Cercava gente che la potesse aiutare a fuggire all'estero, ma invano, tutti promettevano e
nessuno manteneva. Si sentiva guardata con occhi scrutatori e pedinata. Si immaginava, a
volte, di vedere Andrea, il compagno con cui era stata presa, seduto sulle sc ale ad
apettarIa e che si scostasse per farIa passare. La sua vita era diventata quella di una
fuggitiva con i cani appresso. Distrutta da questa angoscia avrebbe quasi voluto gridare a
tutti il suo nome, oppure far credere a tutti di essersi uccisa, lasciando tutto, soldi e
bagagli in un bagagliaio. Ma non ce ne fu bisogno, subentro la malattia e cosi Marta
arrivo alla Rocca per morire.
Questo racconta Marta al protagonista-narratore, mentre sono sdraiati su un letto
di una stanza ad ore, cercando di non pensare al loro rientro al sanatorio. Un giorno
decidono di fuggire. Il protagonista, a questo punto, sa che è in via di guarigione. Per
Marta, invece, non c' è più speranza e quindi acconsente al desiderio di Marta di vedere il
mare. Arrivano a stento "all'alberghetto sul mare" dove Marta, in un'ultima crisi della
malattia, muore:
Spensi la luce [ ... ], e nella stanza, al chiarore della luna, tomai a cercarla
con gli occhi: sembrava dormire, come nella cuna di un'illesa natività; e
Greco-Martinez 80
sul cuscmo, [ ... ] l'incurvatura a elmetto dei mOZZI capelli componeva
come un'aureola quasi di serpi pacificate. (122)
A tal proposito viene da pensare ad un'altra storia, quella di Nora de La storia
(1974) di Elsa Morante, principalmente per la persecuzione razziale di cui la donna è
vittima. Nora si era, da sempre, tenuta segreta la sua identità ebraica e nel 1938, quando
in ltalia furono varate le leggi razziali contro gli ebrei e si parlava di un censimento di
tutti gli ebrei, Nora yenne invasa dalla paura che sarebbero venuti a prenderla da un
momento aIl' altro e non usciva più di casa per evitare che qualcuno la riconoscesse.
Divenne per lei un'ossessione, tanto che ogni piccolo rumore diventava sospetto. Si
immaginava di udire colpi al portone e passi pesanti sulle scale di qualcuno che veniva a
prenderla. Era martellata dal pensiero di come fare per partire, per andare all'estero. E un
giorno, non potendone più, usd di casa col suo fascetto di soldi infilato nella calza e il
mantello di suo marito sulle spalle e si incammino verso il mare con la risoluzione di
imbarcarsi in un bastimento che l'avrebbe condotta in Palestina, la patria degli ebrei. La
trovarono seduta sulla riva deI mare morta. "L'unica violenza deI mare, era stata di
toglierle via le sc arpette e di scioglierle i capelli.,,140
La paura è comune aIle due donne, paura di essere fatte prigioniere, come il
desiderio di andare all'estero per sfuggire la persecuzione. Soldi ne hanno e non vogliono
morire, vogliono soltanto far disperdere le loro tracce. Le due muoiono sul mare e la
morte, infine, cancella la paura, l'angoscia, lasciandole finalmente serene.
In La storia non ci sono giochi di parole, il conflitto di Nora è palese fin
dall'inizio. In Diceria l'identità di Marta è svelata solo quando muore. Rovistando nella
borsa di Marta per cercare i documenti, il protagonista scopre, insieme a "fasci di dollari
140
Elsa Morante, La storia (Torino: Einaudi, 1974): 51.
Greco-Martinez 81
e am-lire," il cognome di Marta: non Marta Blundo ma Marta Levi, un'ebrea scampata al
genocidio.
Un cognome da mormorare all'orecchio. Non mi domandai fino a che
punto esso quadrasse coi monconi di biografia che sapevo
0
credevo di
sapere di lei; e quanto sinistramente quel bagliore di stella gialla potesse
risarcirne il testo. (122)
Tuttavia, Marta, la paziente della Rocca si riinventa continuamente cercando di
colorare la sua vita e la sua pena con la fantasia. E racconta di quando era bambina e
abitava con un vecchio parente che era guardiano di un casello ferroviario: la sera dopo
averlo messo a letto se ne stava fuori a far la guardia al passaggio a livello e per stare
sveglia si parlava da sola e sognava un giorno di viaggiare su unD di quei treni. E un
giorno si innamoro della fotografia di un giovane su un giornale buttato dal finestrino di
un treno: "Sapevo che di là dei monti una rotonda di giardino c'era, dove lui mi aspettava
e aveva speroni d'ussaro, e un frustino nel pugno" (61). Si sente l'allusione ironica di
Bufalino ai treni che trasportavano gli ebrei deportati nei campi di concentramento e ai
tedeschi che li aspettavano pronti a maltrattarli.
Marta ritorna sempre a parlare deI tempo felice trascorso con il suo compagno ma
è una storia fabbricata e il protagonista-narratore se ne è reso conto già da tempo che
Marta, anche volendo, non riesce a dire la sua vera storia, non la puo dire, preferisce
vivere nel mondo della fantasia costruendo favole per non sentire il male, per non parlare
deI male che le sta dentro:
E quindi è con sempre maggior imbarazzo che le prestavo orecchio, non
perdonandole dentro di me nessuna delle tante incongruenze di casi e
Greco-Martinez 82
stagioni; e chiedendomi ad ogni momento in virtù di quali mitologie di
educanda lei si ostinasse a decorare di medaglie, oltre che di pietà, quel
barbarossa cavaradossi, dietro il cui martirio profano una truce patria e
mansione si nascondevano male; e se vi fosse strazio vero 0 soltanto truffa
sotto quella parola, lager, affiorata e sommersa immediatamente nel fiume
delle altre sue mille. Ricacciai indietro, e fu forse unD sbaglio, le domande
[ ... ] che m'erano venute aIle labbra. Umiliarla [ ... ] significava perderla.
(93)
Quattro pagine sono dedicate al racconto fatto da Marta deI giorno in cui presero
lei e il suo compagno in un sotterraneo di campagna che era stato usato per distillare la
grappa di nascosto. Come sempre Bufalino tesse la sua storia nell'ambiguità. Il
compagno di Marta è un ufficiale tedesco
0
un partigiano? Nel racconto "La moviola
della memoria," che fa parte deI libro Cere perse, Bufalino racconta, quando aiutato da
una partigiana di Sacile (Sesta Ronzon
0
Sesta Arduini), riusci a fuggire dalla caserma in
cui era prigioniero dei nazisti, evitando cosi di essere deportato. Dopo essersi riparato fra
le canne deI fiume Livenza, seguendo le indicazioni della ragazza, riesce a raggiungere la
fattoria di Silvio Zaghet. E li rimane un po' di tempo aiutando, fra le altre cose, a
distillare di frodo la grappa. Viene logico pensare che il compagno di Marta, per riflesso
a questa storia, sia un partigiano. Ma abbiamo letto nella pagina precedente come Marta
"si ostinasse a decorare di medaglie, oltre che di pietà, quel barbarossa cavaradossi":
barbarossa sinonimo di tedesco e cavaradossi sinonimo di Mario Cavaradossi della Tosca
di Puccini che per aiutare un amico, evaso politico, viene ucciso anche lui. E quando
leggiamo più oltre la parola "lager" ci accorgiamo che veramente si tratta dell'ufficiale
Greco-Martinez 83
tedesco, "l' oberleutnant," con cui Marta era rimasta sino alla fine e che Bufalino, a bella
posta, abbia voluto confondere illettore.
Marta fu lasciata libera ma il suo compagno fu fatto prigioniero, condotto in una
radura e fucilato. Lei 10 aveva seguito fino aIl 'ultimo e 10 aveva visto morire. Alla
domanda deI protagonista-narratore sui suoi capelli corti finalmente Marta risponde ma
vagamente:
Si, i capelli me li tosarono per questo, qualche giorno dopo, in città. Per
essere stata con lui sino alla fine. E dissero che lui aveva fatto una cosa. E
che io, un motivo ci doveva essere se m'aveva salvata dallager. Tu non
chiedermi se era vero, potrei consentire. Mentre non so più niente, fra me
e quei giorni è calata una saracinesca senza fine. (90)
Marta non vuole ricordare, rifiuta di pensare al passato, sa che deve morire e
nessuna cosa per lei è più importante deI ricordo dell'amore deI suo "oberleutnant" in
uniforme, e le piace immaginare che in qualche parte dell 'universo ci sia un posto dove
ancora non si sà che è morto:
Penso che se uno potesse correre più presto della luce e sopravanzarla e
fermarsi ad aspettarla in qualche stazione di stella, vedrebbe replicarsi per
intero tutto il rotolo deI passato. Mi consola pensare che in un raggio
ancora in cammino c' è lui che mi bacia e mi parla, e che qualcuno in capo
al cielo non sa ancora ch'è morto. (64)
Il protagonista-narratore, quando ha in mano il fascicolo con la vera storia di
Marta che gli da il dottore deI sanatorio prima di morire, e legge sotto la copertina
l'intestazione: Levi Marta di Levi Tullio e Della Pergola Miriam, ha finalmente la
Greco-Martinez 84
risposta a tutti i suoi dubbi. Pero non vuole leggere, non vuole avere "le prove di una
colpa senza nome, di un patimento senza colpa" (129). Li vi cino c'è una stufa e senza
esitare vi butta dentro il fascicolo per bruciarlo, ripetendo simbolicamente la frase deI
Gran Magro "cosi s' osserva in lor 10 contrappasso" quando dopo il suo funerale tutte le
cose di Marta vengono bruciate nel fomo crematorio della Rocca.
Ovviamente, il nome Levi fa pensare a Primo Levi e al suo libro di testimonianza
delle atrocità dei lager, Se questo è un uomo. Quando Bufalino ha cominciato a scrivere
la sua Diceria, il libro di Primo Levi era stato già pubblicato (la prima edizione è deI
1947, la seconda del 1957), quindi non è da escludere che Bufalino ne sia stato
profondamente influenzato, soprattutto se si considera che è stato lui stesso prigioniero
dei tedeschi. E non è da escludere neanche che il suo gesto di bruciare il fascicolo che
contiene la verità su Marta, sia un'allusione a quella deI pubblico italiano che, al primo
apparire dell' opera di Levi, non ha voluto prestarle attenzione.
Infatti, quando leggiamo nella Diceria: "custoditi, intomo, da un reticolato, noi e
nessun altro in Europa, ormai"(21); "i capelli le sono cresciuti da poco sul capo
rasato"(43); "il nostro vagone piombato si fermasse al deposito della stazione d'arrivo"
(42); viene da se il credere che Bufalino nella sua Diceria abbia voluto ricordare il
genocidio degli ebrei insieme allo sconforto di riabituarsi a vivere fra la gente dopo
essere stato testimone di tanti orrori e ingiustizie:
Dunque è vero che fuori il mondo ha ancora colori e gesti di musica e
messaggi e fanfare dopo il diluvio, mi ripeto che la grazia é una lunga
Greco-Martinez 85
pazienza, che giova intanto abituarsi a questo scuro e dolce mostro che è la
vita.
141
In Se questo è un uomo Levi, ad un certo punto, descrive la sua reazione al
comportamento di un vecchio di nome Kuhn, che ringraziava Dio per non essere stato
scelto, dopo che nella baracca era finita la selezione di coloro che erano stati condannati a
rnorire nella camera a gas il giorno dopo.
Kuhn è un insensato. Non vede, nella cuccetta accanto, Beppe il Greco che
ha vent'anni, e dopodomani andrà in gas, e 10 sa, e se ne sta sdraiato e
guarda fisso la lampadina senza dire niente e senza pensare più a niente?
Non sa Kuhn che la prossima volta sarà la sua volta? Non capisce Kuhn
che è accaduto oggi un abominio che nessuna preghiera propiziatoria,
nessun perdono, nessuna espiazione dei colpevoli, nulla insomma che sia
in potere dell'uomo di fare, potrà risanare mai più? Se fossi Dio sputerei a
terra la preghiera di Kuhn. 142
Pure nella Diceria traspare la consapevolezza che ni ente e nessuno potrà mai
cancellare la pena e 10 sconforto delle abominazioni commes se dall'uomo contro l'uorno.
Il protagonista-narratore considera il suo male un'espiazione dei suoi peccati, per aver
combattuto e per aver ucciso, per essere stato involontariamente consensiente e partecipe
aIle ingiustizie:
E inutilmente il cuore [ ... ] s' affannava a ripetermi ch' ero stato io a
sceglierlo, quel male, per pulire superbamente col mio sangue il sangue
che sporcava le cose, e guarire, immolandomi in cambio di tutti, il
141
142
G. Bufalino, "Una lettera deI '46" Sa/di d'autunno 235.
Primo Levi, Se questo è un uomo (Torino: EinaudiI997): 116.
Greco-Martinez 86
disordine deI mondo. Non servlva. Non serve mai, solo al fine di
consolarsene, nobilitare un destino che ci è giocoforza patire. (9)
E adesso, nonostante sia guarito, e puo lasciare il sanatorio e ritornare a vivere
come prima, sa che il male gli ha lasciato una cicatrice profonda che nessuna cos a in
potere nell 'uomo potrà mai più risanare.
Tregua
0
condono che fosse in arrivo, sapevo che avrei durato fatica a
rivisitare la vita, e le sue insolenze, il parapiglia preoccupante dei suoi
commerci. (102)
Ero solo al mondo, [ ... ]. E la città pareva in guerra contro di me, tutta
catrami e caVl e pietre, un pugno di spine dure. Come m'avrebbero
accolto, essa e il mondo, me con la mla spOrCIZla invisibile? Era un
nastrino, il tatuaggio che portavo nel petto,
0
il segno di un'empietà da
coprire col velo nero? (132)
Bufalino sà che non puo scrivere la vera storia di Marta. Il "divieto" stà proprio in
questo. La realtà è indicibile e soltanto attraverso la finzione letteraria e attraverso i
personaggi si puo dare voce a sentimenti e a stati d' animo che permettono al lettore di
percepire cio che l'autore vuole veramente dire. E Bufalino crea la figura di Marta
avvolgendola prima in un alone di fantasia per poi investirla delle sue esperienze della
guerra e porgere a tutte le vittime come Marta quella pietà che gli era stata negata.
Parimenti investe il protagonista-narratore deI "dilemma che ogni coscienza si pone di
fronte al male che l'uomo puo infliggere ad un'altro uomo. Bufalino attraverso i suoi
personaggi grida la sua pena e accusa sottovoce: "Grido è vero, ma a fior di labbra."
143
G. Bufalino, "Il malpensante,?' Opere 1129.
143
Greco-Martinez 87
CONCLUSIONE
L' obbiettivo di questo mio lavoro era di risolvere in parte gli "snodi romanzeschi"
lasciati irrisolti e di decifrare alcuni dei messaggi stipati "nel minimo spazio verbale," per
mostrare che Bufalino abbia voluto, nella sua Diceria, porgere un'accusa contro l'uomo
in generale e formulare una pietà per tutte le vittime della guerra.
Ho trovato che il romanzo è attraversato da tre opere principali: una romanzesca,
La montagna incantata di Thomas Mann e due saggistiche, La storia della colonna
infame di Alessandro Manzoni e Se questo è un uomo di Primo Levi.
La montagna incantata si termina con Hans Castorp che parte soldato per la
prima guerra. Diceria si apre con la chiusura della seconda guerra. Tutte le idee dibattute
nel romanzo di Mann sono insignificanti dopo quello che è successo. Ora l'unica cosa da
dibattere è l' esistenza di Dio, ed è qui che l'opera di Bufalino si lega al Manzoni della
Storia della colonna infame, ove si dibatte la questione delle responsabilità individuali e
collettive. Il rapporto con Primo Levi, invece, è legato alla dimensione della
"testimonianza" qui affidata a due personaggi, il protagonista e Marta. Con il personaggio
di Marta, Bufalino rappresenta l'indicibile esperienza dellager, e nel fare di lei una exkapo, rappresenta la controparte modema degli untori manzoniani. Allo stesso tempo, una
parte dell'esperienza di Marta, è quella stes sa di Bufalino, il che ci porta a pensare che le
due figure siano, tranne per l'esperienza taciuta deI lager, Bufalino stesso; infatti la
dimensione della civetteria e della dissimulazione di Marta è il riflesso deI
"comportamento" letterario dello stesso Bufalino, un manierismo che pero non è fine a se
stesso, ma è in qualche modo l'elaborazione deI suo innato senso di margilità unito alla
sua propria ideologia dello scrivere. Forse è opportuno concludere con quel che ha detto
Greco-Martinez 88
Theodor Adorno, che dopo Auschwitz non è più possible la poesia. Forse Bufalino
affidandosi ad una poetica sicilianamente parados sale come quella umoristica, è riuscito a
trovare un modo per fare una '"poesia" adatta, evocatrice ed auto-referenziale più che
mimetica, in cui ogni immagine si sdoppia ad infinito e tutto riconduce al gran vuoto
morale lasciato dalle esperienze della guerra.
Greco-Martinez 89
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