se il televisore ti ascolta

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se il televisore ti ascolta
Attualità
C
i stiamo scivolando dentro piano piano. Piacevolmente. Perché cambiare canale tv con il
telecomando, che magari in
quel momento non si trova?
Molto meglio mormorare al televisore “Vai al canale 8” e quello ci va.
Perché cercare sul cellulare il numero di un amico, mentre hai le mani occupate o c’è poca luce? Molto
più comodo sussurrare al cellulare
“Chiama Giovanni” e quello lo chiama. Semplice, immediato, intuitivo:
tutti lo vogliono.
Voce
Dunque siamo d’accordo: nella tv e nel cellulare un microfono
sempre attivo ti ascolta per eseguire
i tuoi comandi. Dietro il microfono
c’è un software che trasmette le tue
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Città Nuova - n. 7 - 2015
SCENARI
di Giulio Meazzini
SE IL TELEVISORE
TI ASCOLTA
L’AVVENTO DELLE MACCHINE INTELLIGENTI.
LE TECNICHE DI RICONOSCIMENTO FACCIALE
E LA PROFILAZIONE DI MASSA
parole a un centro di elaborazione
dati, probabilmente in California,
dove la tua voce sarà interpretata e
come risposta verrà inviato alla tua
tv il comando di cambiare canale.
Strano? No, logico. In un mondo
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la distanza non è un problema per
messaggi che corrono alla velocità
della luce.
Quindi nel momento in cui istallo in cucina o in salotto la nuova tv
(collegata in Rete), so che ogni mia
parola potrebbe essere ascoltata in
qualche parte del mondo. Mentre
sussurro qualcosa a mia moglie o
strillo perché la mia squadra
ha preso un gol, quando discuto di affari col mio socio
o canto o prego ad alta voce,
quando parlo nel sonno (immagino che nessuno la notte
stacchi la spina della corrente della tv), quando chiacchiero con gli amici davanti
a un caffé. Sempre.
Stessa logica per il microfono del cellulare che ho
in tasca: qualcuno, magari in Giappone, può ascoltare le mie conversazioni personali. Sempre. Prendere o
lasciare. Tanto che un famoso proGXWWRUHGLWHOHYLVRULqÀQLWRVXLJLRUnali per aver, correttamente, inserito
nelle istruzioni dell’apparecchio una
frase che avverte l’utente di fare attenzione perché le sue conversazioni
potrebbero essere registrate e inviate
chissà dove. Già adesso le tv e i cellulari operano così? Non tutti, ma la
tendenza è questa.
Immagine
Cellulari, computer portatili e
nuovi televisori hanno un’altra caratteristica straordinaria: una piccola ma potente telecamera che
permette di fare foto e riprendere
sé stessi o gli altri. Chi non ha il
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poi condivide con gli amici in Rete tramite Facebook o Twitter o
Whatsapp? Facilissimo, divertente, irresistibile. Ma la telecamera è
gestita da un software che “non” è
sotto il nostro controllo, per cui può
riprenderci a nostra insaputa. Anche
quando il cellulare sembra spento
(l’unico modo per essere sicuri è
togliere la batteria, ma negli ultimi
modelli questo non è possibile).
Dunque, la tecnologia “intelligente” è diventata indipendente da
noi, può essere manipolata da remoto, può vederci, ascoltarci e inviare
in Rete quanto registrato. Non co-
L’ultimo nato di Apple: l’orologio
connesso al cellulare. In alto:
manifestazione a Ferguson (Usa).
Oggi si può identificare anche
una sola faccia nella folla.
nosciamo le intenzioni di chi l’ha
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parola.
Faccia
Negli ultimi anni, uno sforzo eccezionale è stato fatto per migliorare
le tecniche di riconoscimento facciale (e vocale). Il risultato è sbalorditivo: il software è oggi capace di idenWLÀFDUH XQD SHUVRQD LQ PH]]R DOOD
folla. Prendiamo Deepface di Facebook (Fb): sbaglia solo in due casi
su cento. Se un vostro amico mette
in Rete una foto in cui tra gli altri
ci siete anche voi, Fb gentilmente vi avverte. La potenza di questo piccolo fatto,
apparentemente innocuo, è
incredibile: la tecnologia ci
riconosce in automatico. In
qualsiasi momento è in grado di collegare una faccia
(o una voce) in mezzo a una
folla a nome, studi, professione, umore, amici, preferenze, opinioni, desideri del
proprietario. Tutti dati presi dalla
Rete (specialmente dai social network). Si chiama faceprint (impronta della faccia) e vale molto più delle
impronte digitali o del Dna.
)RUVHVWDSHUVFRPSDULUHGHÀQLWLvamente l’intimità, la riservatezza, la
privacy. Saremo sempre sul palcoscenico, in vista di fronte al mondo:
DFDVDRLQPHWURLQXIÀFLRRDOSDUco, chiunque potrebbe in quel momento ascoltarci o riprenderci. Magari utilizzando il nostro cellulare o
le migliaia di telecamere posizionate
nelle strade delle città, o gli speciali occhiali di Google. Riusciremo
a essere naturali sapendo di essere
osservati? Più probabile la paranoia.
Nessuna legislazione per ora prevede la tutela della nostra faccia e della
nostra voce, e in ogni caso Google
o Fb sono operatori globali: i dati
che corrono nelle Reti digitali non
ULVSHWWDQR FRQÀQL H OHJLVOD]LRQL QDzionali. Un incubo? Forse.
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All’algoritmo basta analizzare
150 dei miei “mi piace” in Rete per
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mia personalità: se sono estroverso, socievole, coscienzioso, stabile
emotivamente, aperto mentalmente e così via. In automatico deduce
i miei tratti psicologici meglio di
amici, genitori o fratelli. Con veULÀFKH VXO FDPSR JOL VWXGLRVL KDQno appurato che solo marito e moCittà Nuova - n. 7 - 2015
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At t ualità
SE IL TELEVISORE TI ASCOLTA
Nutrire cuore e mente
da gennaio il nuovo
L’astrofisico
Stephen Hawking
lancia l’allarme
sul rischio
di perdere
il controllo
delle macchine.
Sotto: palo di
illuminazione
con telecamere
di sorveglianza.
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ARGOMENTI 2
Si parlerà di:
- anoressia
- lutto
e curano
- relazioni ch
- dipendenze
- anziani
ia
- crisi di copp
Da gennaio 2015
il nuovo Passaparola cambia
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a bimestrale:
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e un formato più grande.
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glie hanno un rapporto così intimo
da battere, per ora, l’algoritmo. È
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massa.
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Nel frattempo la tecnologia ci sostituisce, ci espelle da tanti lavori: le
nuove metropolitane non hanno guidatori umani. Le automobili senza
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faranno tassisti e autotrasportatori?
Un’altra professione in bilico siamo
noi giornalisti: un numero crescente
di articoli sportivi ed economici sono già scritti da algoritmi, senza che
i lettori se ne siano accorti! Le procedure di gestione contrattazioni in
borsa sono automatiche: troppo lenti gli umani. Anche la pubblicità su
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sono scelti da algoritmi. Si chiama
automatizzazione dei processi decisionali.
La sostituzione è così veloce che
un gruppo di scienziati, con in teVWD LO IDPRVR DVWURÀVLFR 6WHSKHQ
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Questi studiosi non sono “contro”
la tecnologia, semplicemente vogliono “gestire” questa nuova situazione in cui macchine intelligenti
e autonome, in grado di imparare
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i giorni, con imprevedibili conseguenze sociali, economiche, relazionali, etiche. Alcune domande
come esempio: in caso di errori di
programmazione, le macchine possono inconsapevolmente distruggere
l’umanità? Chi paga per gli errori
delle macchine? Se la badante è un
robot, come viene distorta la capacità relazionale di un anziano o di un
bambino?
Siamo arrivati a un bivio della
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confronto alle macchine, noi umani abbiamo lo svantaggio di essere
fragili e litigiosi, ma anche la forza
di un’evoluzione culturale (e morale) che, da quando è nata la famiglia
umana, non si è mai interrotta.
Giulio Meazzini