Unico - Brizio Salumi

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Unico - Brizio Salumi
premiata salumeria
piemontese
di Vanina Carta
Tra ricerca, innovazione, nuove abitudini alimentari e antica
tradizione norcina che si tramanda di generazione in generazione,
uno sguardo sulla salumeria piemontese tra ieri e oggi.
C
osì non li avevamo davvero mai immaginati. Meno sale, meno grassi, più proteine,
vitamine e sali minerali. Queste le caratteristiche dei “nuovi” salumi italiani. Da una ricerca
del 2011 (fonte: “Salumi & Consumi”, Turbo
Edizioni, ottobre 2011) condotta da Inran,
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti
e la Nutrizione, e da Ssica, Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari,
emerge, infatti, un complessivo miglioramento
dei valori nutrizionali dei salumi italiani - rispetto ad analisi compiute negli anni ’90 - che
implica una rivalutazione della categoria nella dieta mediterranea moderna. Considerati
da sempre “alimenti grassi e salati”, oggi si
presentano con nuove peculiarità per sfatare
vecchi miti: prima fra tutte una diminuzione
significativa del sale (dal 4% al 48% a seconda
del prodotto), poi la riduzione notevole del
contenuto lipidico, di cui risulta ottimizzata
la qualità compositiva, soprattutto per quanto
riguarda gli insaccati cotti, i cui grassi preziosi,
quelli insaturi, sono passati dal 30% a oltre il
60%, mentre i saturi si sono ridotti fino a quasi
il 40%.
Nuove frontiere, dunque, per un settore industriale e, in molti casi, ancora artigianale o
semi-artigianale, che ormai investe sempre di
più in controllo qualità e ricerca, non solo per
soddisfare il palato dei consumatori, ma anche
per guardare con attenzione alla loro salute.
Tutto questo è vero a livello nazionale, così
come per la Provincia di Cuneo e per tutto il
Piemonte, dove il comparto rappresenta una
fetta importante di tutto il settore alimentare.
Nonostante i salumi piemontesi, su scala nazio-
L’antica salumeria Brizio nel centro di Venasca
(CN), diventata oggi la Brizio Salumi. Il panorama
delle aziende impegnate nel settore della salumeria
ha forti radici familiari, poiché spesso le stesse
ricette norcine sono tramandate di generazione in
generazione all’interno della stessa famiglia.
nale, non abbiano, infatti, l’appael mediatico
di quelli per esempio, emiliani, su cui spesso
pesano i grandi investimenti di marketing da
parte di aziende e consorzi con grandi capacità economiche, qui la salumeria rappresenta
una categoria alimentare storica, poiché l’allevamento organizzato dei maiali, in particolare
nelle pianure piemontesi lungo il Po e i suoi
affluenti, nasce già a partire dagli anni ’50-’60,
per non parlare della stessa tradizione norcina, che è ovviamente molto più antica. Ognuno di noi, forse, ricorderà di un nonno o di un
anziano che raccontava del proprio maiale allevato nella stalla, insieme a galline, conigli etc...
Ebbene, quel porco era la bestia più prodigiosa
dell’aia, poiché, producendo salumi da consumare tutto l’anno, trasformava in proteine tutti
quegli scarti della cucina altrimenti inutili.
Era un piccolo tesoro da tenere con cura fino
al momento della sua uccisione: un giorno di
vera coralità, quasi sacro, dove tutti partecipavano, non solo i familiari, ma i membri della
comunità rurale (borgata, frazione etc.) che vivevano spesso condividendo cibo e risorse. E i
giorni successivi erano un susseguirsi di attività
febbrili per lavorare le carni: un compito destinato agli uomini, tutti insieme, in un momento
che era anche di festa, poiché il duro lavoro - al
freddo, per poter preservare le carni - terminava con una cena per consumare i prodotti
più freschi.
Oggi, quelle atmosfere da Albero degli zoccoli
non ci sono più, anche se nelle nostre campagne sopravvive, qua e là, quell’arte norcina
che spinge le famiglie ad associarsi per farsi i
salami, utilizzando le carni di un suino di cui si
conosce la provenienza o allevato a tale scopo.
In ogni caso, sono proprio quella memoria e
quella sapienza ad aver consolidato la produzione delle nostre specialità regionali - declinate in tante tipicità locali, diverse spesso da
provincia a provincia - e si può affermare con
certezza che nessun altro comparto alimentare
in Piemonte, oggi, nel panorama del mercato
attuale, abbia mantenuto un tale legame con la
tradizione da farne quasi un tratto imprescindibile. Un dato riscontrabile nelle peculiarità
delle stesse aziende del settore, che vanno dai
laboratori artigianali a una predominanza di
aziende di dimensioni piccole e medie: nella
maggior parte dei casi, imprese a conduzione
familiare, che nascono dall’arte norcina di uno
dei fondatori. Segno che la famiglia resta il caposaldo fondante di tali realtà imprenditoriali,
poiché è al suo interno che la sapienza è stata
tramandata, spesso attraverso ricette antiche e
segrete.
Certamente, sia le aziende piccole sia quelle
medio-grandi non disdegnano la produzione
di salumi che sono meno peculiari rispetto
ad altri, come il prosciutto crudo (anche se la
DOP del 2009 al Prosciutto Crudo Cuneo sancisce finalmente la tipicità locale del prodotto),
o quello cotto, ma parlare di salumi piemontesi
vuol dire anche ricordare tante altre specialità che sono davvero uniche e “nostre” a tutti
gli effetti. Un elenco che, inaspettatamente,
si fa lungo: il tanto amato salame campagnolo, in diverse pezzature, insaccato in budello
naturale e caratterizzato da una macinatura
La lavorazione di salumi di alta qualità richiede
ancora, oggi come una volta, la manualità di bravi
artigiani norcini. La salsiccia fresca di suino da
vendere a peso è uno dei cavalli di battaglia della
salumeria cuneese.
Photo: Giorgio Sandrone
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norcine di un tempo: “A lui abbiamo voluto intitolare il nostro salame cotto. Il Materìn - spiega Brizio - è stato uno dei prodotti che hanno
fatto di Brizio un marchio riconosciuto in tutto
il Piemonte e non solo, soprattutto come produttore di tipicità”.
E già, la tipicità. Come si diceva, parola chiave
per il comparto dei salumi piemontesi, oggi,
ma viene da chiedersi, a livello di mercato, se la
scelta della tipicità paghi ancora o se la tendenza del consumo sia quella verso un’attenzione
particolare, se non esclusiva, ai valori nutrizionali del prodotto, come alla sua capacità di rispondere a nuove e diffuse esigenze alimentari
oggi in crescita (celiachia, intolleranze etc.),
come testimonia il miglioramento delle caratteristiche intrinseche dei salumi italiani.
“Negli ultimi anni, si verifica da parte dei consumatori una maggiore attenzione nella ricerca
del servizio che le grandi industrie offrono:
vedasi, infatti, la crescita degli affettati in vaschetta, dei cubettati etc, nonostante il loro costo maggiore rispetto ai prodotti equivalenti al
banco al taglio. Parallelamente, però, la tipicità
del prodotto tradizionale, per noi, sta ancora
pagando, anzi vedo sempre una maggiore attenzione al prodotto piemontese da parte delle
insegne della GDO. Ciò non va scapito delle
qualità organolettiche e nutrizionali del prodotto, poiché è possibile oggi perpetuare la tradizione con una maggiore attenzione al benessere del consumatore. Per esempio - conclude
Gianmario Brizio - tutte le nostre referenze
sono senza glutine e sono inserite nel prontuario degli alimenti dell’A.I.C., grazie a particolari
pratiche adottate nelle fasi di lavorazione.”
Le imprese mirano, dunque, a coniugare innovazione e tradizione e se è vero, come ci dice
ancora Brizio, che “quello che sta cambiando è
il mercato e la distribuzione tradizionale (macellerie, gastronomie, salumerie) sta soffrendo
molto a favore della grande distribuzione, sia
in termini di volumi e di riflesso anche di marginalità”, è pur vero che molte micro-realtà, an-
cora molto presenti sul nostro territorio (spesso singole salumerie con annesso laboratorio),
puntano tutto sull’artigianalità, vale a dire sul
DNA che le contraddistingue, anche se ciò
significa mantenere volumi ridotti. Una scelta
che permette - anzi obbliga - ad alzare i prezzi
per poter sopravvivere, ma che consente anche di concentrarsi su produzioni particolari e
di nicchia, altrimenti impossibili da gestire.
Un esempio di questo spirito di intraprendenza e di costanza ce lo dà Beppe Dho, salumiere di Centallo che, fin dal 1976, si ispira a un
principio guida: “produrre salumi che siano
rappresentativi del nostro territorio sotto il
profilo del sapore e che siano di alta qualità,
per coerenza con le nostre idee. La scelta di
mantenere dimensioni prettamente artigianali
e familiari, nonostante oggi i nostri prodotti siano a Eataly - continua Dho - è stata una scelta
conseguente e per ragioni inerenti la lavorazione, che nel nostro caso è manuale in ogni
sua fase”.
Una filosofia che in parte spiega anche l’utilizzo di ingredienti particolari come il sale integrale di Trapani (Presidio Slow Food) e “la
cura nella selezione di tutte materie prime. Per
lo stesso motivo - spiega Dho, - selezioniamo
carne esclusivamente cuneese e facciamo attenzione alla provenienza delle spezie”.
Puntando sull’artigianalità e la tipicità, Dho è
uno dei pochi in provincia a produrre specialità locali quasi scomparse, come la galantina di
testa, “prodotta utilizzando guanciale, lingua e
carne magra di spalla pressate e cotte in uno
stampo, dopo una macerazione di qualche
giorno in una concia di sale e spezie”, oppure
la muletta (disponibile solo in alcuni momenti
dell’anno) “che ormai pochi conoscono: l’impasto viene insaccato nel budello cieco del
suino: operazione che richiede una stagionatura di almeno 6 mesi una particolare perizia
nell’affinamento”.
Perché, dunque, fermarci ai classici natalizi,
zampone e cotechino, quando la tradizione ci
offre una varietà che forse non conoscevano? Il
Natale alle porte può essere così un’occasione
per scoprire vecchie e nuove specialità, magari dando soddisfazione non solo al palato, ma
anche a chi ogni giorno cerca di perpetuare la
tipicità all’insegna dell’eccellenza.
Matteo Brizio, detto “Materìn”, di fronte
all’antica salumeria di Venasca, con la famiglia
al completo (1958).
Beppe Dho verifica la stagionatura dei suoi salami
crudi artigianali. Un classico natalizio: lo zampone
con le lenticchie Photo: Davide Dutto.
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Il salame crudo. Photo: Davide Dutto;
il salame cotto. Photo: Giorgio Sandrone;
la galantina. Photo: Davide Dutto;
il lardo. Photo: Giorgio Sandrone.
medio-grande, il famoso lardo (con o senza
erbe), la pancetta (del Preivi o con cotenna),
il salame cotto, la salsiccia (classica di suino o
quella di Bra), il cotechino nostrano morbido
e profumato, senza dimenticare nicchie locali
ancora più particolari (di produzione più specificatamente artigianale), come la galantina,
oppure, uscendo dalla Provincia di Cuneo, il
Salam Patata canavese (pancetta, guanciale e
rifili di carne magra macinati insieme a a patate bollite), la Mustardela delle Valli Valdesi
(sanguinaccio a base di scarti del maiale, vino
e sangue suino), il Salame di Turgia delle Valli
di Lanzo (carne bovina macinata con lardo e
pancetta), il Salame delle Valli Tortonesi (ciò
che fa la differenza è la stagionatura e lo spostamento sapiente del salame in luoghi sempre
diversi, via via meno umidi), la Testa in cassetta
di Gavi (parti di scarto del maiale insieme a tagli bovini, cotti e pressati) etc.
Tutti, sia i più che i meno noti, sono il frutto di
una storia antica, che ha come filo conduttore
il vecchio principio secondo il quale “del maiale non si butta via nulla” (o quasi). Ma, allora,
tornando al tema del nostro incipit, come fanno veramente a convivere tradizione e controllo delle qualità nutrizionali?
È una delle domande che abbiamo posto a
Gianmario Brizio, direttore commerciale della
Brizio Salumi di Venasca: un esempio di quelle realtà imprenditoriali cuneesi, ormai di dimensioni medio-grandi, che riescono ancora a
coniugare tradizione, manualità, legame con il
passato, a innovazione e ricerca. Innanzitutto,
l’azienda nasce dalle fondamenta della salumeria venaschese del Nonno Matteo, detto “Nonno Materìn”, che elaborò la propria esclusiva
ricetta del salame cotto (con i tipici dadini di
lardo miscelati alla carne di spalla e insaccati in
budello naturale), così come di altri prodotti,
quali il lardo, in numerose varianti, la pancetta, la salsiccia. Una dimostrazione di come la
conduzione familiare sia strettamente legata
alla trasmissione di antiche ricette e sapienze
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