8-21 aprile- Kairos - Comunità dell`Isolotto

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8-21 aprile- Kairos - Comunità dell`Isolotto
Comunità dell’Isolotto
Firenze, domenica 25 aprile 2010
Incontro con kairos. Associazione di omosessuali credenti
Gruppo: Carmen – Francesca – Tina – Luciana – Marco
- INTRODUZIONE
Il tempo del silenzio è finito: gay credenti, su la testa!
E’ il tema dell’incontro di questa mattina con alcuni protagonisti del gruppo di
omosessuali credenti “Kairos”, per socializzare le particolarità, le similitudini e le
differenze dei rispettivi percorsi di liberazione ed autodeterminazione di fronte agli
anatemi vaticani e al cambiamento che coinvolge comunità cristiane italiane,
cattoliche ed evangeliche, disposte ad accogliere ed a confrontarsi con questa realtà.
L’incontro di oggi:
con chi –perché – come
con chi:
- presentazione delle persone e del gruppo di riferimento?.
Naturalmente solo per sommicapi perché saranno loro a raccontarci la loro storia
perché:
- per conoscerci ed entrare in relazione? è la prima volta che ci incontriamo: cosa
sanno loro di noi e del percorso delle cdb? – cosa sappiamo noi del loro presente e del
loro progetto?
- per capire il loro bisogno di fede? il loro bisogno di appartenenza? il loro bisogno di
liberazione?
- per capire come coniugano la loro affermazione di appartenere alla chiesa cattolica
e l’atteggiamento omofobo della chiesa gerarchica?
come:
- a partire da uno dei loro commenti al vangelo?
- relazionandoci ed ascoltandoci reciprocamente ?
-LETTURA BIBLICA
-INTERVISTA
-CHI SIAMO
-NIKI VENDOLA
PREGHIERA EUCARESTIA
Per la lettura biblica mi sembrano interessanti gli spunti sul vangelo di Giovanni
oppure sui …talenti di cui vi invio in allegato i testi che ho trovato sui loro siti….??
Usano un o stile molto diverso dal nostro, a me piace riproporli proprio come usano
presentarli loro.
”Chi ci separerà dall’amore di Cristo?" (Romani 8,35) sarà l’invocazione che
risuonerà dalla Sicilia al Piemonte, dal 10 al 17 maggio 2010, nelle tante veglie
ecumeniche in cui ricorderemo, per il quarto anno consecutivo, le tante vittime della
violenza dell’omofobia.
Pregheremo insieme con cristiani provenienti da tante chiese (cattolici, valdesi,
battisti, etc…), da tante comunità evangeliche, parrocchie cattoliche, gruppi di
cristiani omosessuali, per infrangere il muro di assordante silenzio che permane nella
nostra società, e soprattutto nelle nostre chiese, su questo tema. E tu che fai? Tacerai
anche questa volta
Lunedì 12 aprile 2010 le donne e gli uomini di Kairos, il gruppo di cristiani omosessuali di
Firenze, riprendono il cammino sulle parole della Bibbia affrontando il brano conosciutissimo di
Giovanni 21,15-19.
In questo passo evangelico, che si svolge sulle rive del lago di Tiberiade, Gesù riappare agli apostoli
che, dopo la delusione della sua morte in croce, erano tornati al loro mestiere di pescatori.
Condivide con loro un pranzo a base di pesci ed è proprio qui che rivolge a Pietro una domanda con
cui ci provoca ancora oggi.
Gesù chiede per due volte ‘mi ami’, usando il verbo ‘agapá?’ (=amore fino al dono completo della
vita) e Pietro risponde due volte ‘ti amo’ col verbo ‘fileo’ (=amore come amicizia profonda).
Allora, la terza volta, anche Gesù abbassa momentaneamente il tiro, usando anche lui l’espressione
un po’ riduttiva di Pietro, il verbo "fileo", come per volersi abbassare e raggiungere Pietro dentro il
suo limite umano.
Ancora una volta il Vangelo ci racconta una storia in cui Dio cerca l’uomo, il quale risponde come
può; parla di un cammino che si costruisce nell’accoglienza di chi risponde, anche se non come
vorrebbe o dovrebbe.
Ancora una volte Gesù scende al nostro livello per starci vicino e ci ricorda che per lui nessuno è
fuori dal progetto di Dio, diversamente da come invece amano ripetere, ieri come oggi, i "farisei" di
turno.
Ne discuteremo insieme, scavando il testo con l’aiuto di don Gherardo, nell’incontro biblico che,
come ogni secondo lunedì del mese, il gruppo Kairos organizza a Firenze, alle 21, nella cappella
delle suore domenicane.
E tu che fai? Ti unisci a noi!
Lunedì 12 aprile 2010 le donne e gli uomini di Kairos, il gruppo di cristiani omosessuali di
Firenze, riprendono il cammino sulle parole della Bibbia affrontando il brano conosciutissimo di
Giovanni 21,15-19.
In questo passo evangelico, che si svolge sulle rive del lago di Tiberiade, Gesù riappare agli apostoli
che, dopo la delusione della sua morte in croce, erano tornati al loro mestiere di pescatori.
Condivide con loro un pranzo a base di pesci ed è proprio qui che rivolge a Pietro una domanda con
cui ci provoca ancora oggi.
Gesù chiede per due volte ‘mi ami’, usando il verbo ‘agapá?’ (=amore fino al dono completo della
vita) e Pietro risponde due volte ‘ti amo’ col verbo ‘fileo’ (=amore come amicizia profonda).
Allora, la terza volta, anche Gesù abbassa momentaneamente il tiro, usando anche lui l’espressione
un po’ riduttiva di Pietro, il verbo "fileo", come per volersi abbassare e raggiungere Pietro dentro il
suo limite umano.
Ancora una volta il Vangelo ci racconta una storia in cui Dio cerca l’uomo, il quale risponde come
può; parla di un cammino che si costruisce nell’accoglienza di chi risponde, anche se non come
vorrebbe o dovrebbe.
Ancora una volte Gesù scende al nostro livello per starci vicino e ci ricorda che per lui nessuno è
fuori dal progetto di Dio, diversamente da come invece amano ripetere, ieri come oggi, i "farisei" di
turno.
Ne discuteremo insieme, scavando il testo con l’aiuto di don Gherardo, nell’incontro biblico che,
come ogni secondo lunedì del mese, il gruppo Kairos organizza a Firenze, alle 21, nella cappella
delle suore domenicane.
E tu che fai? Ti unisci a noi!
Chi Siamo
Kairos, il gruppo di cristiani omosessuali di Firenze, è nato nel 2001 per confrontarci e incontrarci,
dopo essere stati profondamente colpiti dal gesto disperato di Alfredo Ormando che, il 13 gennaio
del 1998, si diede fuoco in piazza San Pietro a Roma.
Siamo uomini e donne diversi, per età, educazione, condizione sociale. Ci incontriamo a Firenze,
una città colma di bellezza, testimone dello sforzo di tanti uomini e tante donne del passato per
renderci tutti più umani.
Anche noi vogliamo scavare nella nostra umanità, vissuti, gioie e angosce – vero campo del
Signore! – alla ricerca della “perla preziosa” che illumini di senso i nostri giorni”.
Ci proponiamo di partire e di avere come meta, come uomini e donne omosessuali, l’intimità dello
stare con Cristo, nella preghiera, nell’ascolto del suo messaggio, avanzando per le vie accidentate
del mondo sinceri, onesti, sereni.
Cerchiamo compagne e compagni di strada che vogliano cogliere il “Kairòs”, ovvero l’occasione
propizia per incontrarci per diventare amici dell’Amore verso la felicità.
Noi crediamo però che Gesù-Verità non sia un complesso di formule, fatte apposta per dire chi ha
ragione e chi ha torto, chi è santo e chi è peccatore, ma un compagno che ci chiama a stare assieme
anche quando si hanno idee eterogenee, desideri e aspirazioni diversi, concezioni differenti
dell’esperienza religiosa, etica, politica, purché vi siano rispetto reciproco, riconoscimento dei
propri limiti, voglia di crescere nell’ascolto, nell’amicizia, nell’amore.
Perchè ogni giorno, come ci riperete il Vangelo da duemila anni: “non c’è più Giudeo ne Greco,
non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù”
(Gal 3,28).
Il gruppo Kairos si ritrova nel cuore della città di Firenze normalmente due volte al mese, il secondo
lunedì del mese dalle 21.00 alle 23.00, per riflettere sulla Parola di Dio ed il quarto sabato del mese,
dalle 17.30 alle 20, per un incontro su un tema predefinito, che si conclude con una cena
comunitaria.
Sei interessato e vuoi saperne di più scrivici! Saremo lieti di risponderti. Se poi vuoi incontrarci
saremo a tua disposizione per ascoltarti o rispondere alle tue domande: in una parola, vorremmo
farti sentire tra amici di cammino. Sta a te fare la prima mossa. Noi ti aspettiamo”.
,IL NOSTRO PROGETTO
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Kairòs è il momento opportuno, il momento dell’incontro con Cristo.
Incontro con Cristo significa incontro con una persona vivente, il Vivente, che dice ad ogni
creatura: “Io ti amo così come sei”.
Incontro con Cristo significa incontrare la Persona del Salvatore, realtà di amore e di accoglienza, in
cui avere fede, sorgente della nostra speranza e dell’amore, che ci chiama a realizzarci in un
progetto di vita. Non significa incontrare una filosofia, una ideologia, un pensiero politico, una
terapia psicologica, una corrente di pensiero o di cultura.
Kairòs è l’opportunità di scoprire il proprio vero IO, la propria essenza, la propria autenticità ed è
per questo che è luogo di accoglienza per coloro che desiderano vivere serenamente l’omosessualità
e la vocazione cristiana.
Finalità di Kairòs è la promozione umana, alla luce della Parola di Dio. Per questo propone
momenti di crescita, che aiutino le lesbiche e i gay nel proprio cammino di integrazione profonda
tra omosessualità e fede cristiana nella convinzione che l’omosessualità sia riconosciuta come un
dono di Dio, affinché la loro vita raggiunga la piena realizzazione attraverso questo cammino di
accettazione graduale.
Kairòs propone un percorso di spiritualità che prevede la preghiera individuale e comunitaria, la
lettura della Sacra Scrittura e la partecipazione alla vita della Chiesa.
Kairòs promuove la costruzione di relazioni autentiche e feconde, la riscoperta del valore
dell’amicizia e della solidarietà.
Kairòs aiuta a fare pace con sé, con la propria natura, con la propria spiritualità, con la propria
famiglia, il luogo di provenienza, il contesto sociale e culturale. Pace con l’ambiente di studio o di
lavoro, con l’ambiente dove viviamo, con il mondo. Pace con DIO.
Kairòs vuol far scoprire la gioia, la felicità di essere vivi, la gratitudine di essere così come siamo,
perché Cristo è venuto nel mondo affinché ogni donna e uomo abbiano la vita e l’abbiano in
pienezza ed abbondanza (cf. Gv 10, 10).
Kairòs si propone di essere un luogo dove approfondire le tematiche legate all’armonia tra fede
cristiana e amore omosessuale, per contribuire al rinnovamento della Chiesa e della società, anche
attraverso la testimonianza concreta della propria vita. Concepisce la gioia dell’amore e della
sessualità come un dono prezioso di Dio.
Kairòs propone il dialogo tra realtà spesso vissute come inconciliabili. Per questo si sente vicino
tanto alla Chiesa quanto ai movimenti e alle associazioni GLBT (gay, lesbiche, bisessuali,
transessuali).
Kairòs rispetta e difende la laicità dello Stato, fondamento per la civile convivenza di tutte le sue
cittadine e tutti i suoi cittadini.
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Testimonianza
Nel nostro cammino ci proponiamo:
- di vivere l’accoglienza, l’ascolto e il sostegno morale e spirituale a chi vive con sofferenza il
proprio essere omosessuale nella Chiesa;
- di promuovere lo studio e l’approfondimento dell’insegnamento delle Chiese cristiane;
- di contrastare ogni forma di fondamentalismo, integralismo, autoritarismo e qualsivoglia forma di
discriminazione;
- di collaborare, nelle forme e nelle modalità consone a ciascuna persona, con ogni realtà sociale e
di fede;
- di organizzare incontri periodici di condivisione e comunione spirituale ed umana;
- di realizzare momenti di riflessione su varie tematiche, anche con l’aiuto di persone esperte;
- di vivere momenti di preghiera comunitaria e ritiri spirituali;
- di partecipare a momenti di aggregazione e confronto con altre realtà associative;
- di promuovere occasioni di incontro e conoscenza tra i/le partecipanti;
- di rivolgersi ad altri gruppi o persone competenti, presenti sul territorio, per problemi o necessità
di gay e di lesbiche, che vengono in contatto con il gruppo, a cui Kairòs non può far fronte.
22 novembre 2008, a Kairos con "Darsi pace" iniziamo un percorso su "Mens sana in corpore sano"
10 novembre 2008, A Firenze il gruppo Kairos riscopre la “Lectio divina”
"Ho avuto paura" e ho nascosto il tuo talento
sotto terra (Matteo 25, 14-30)
Pubblicato da: kairosfirenze su: novembre 11, 2008
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In: Appuntamenti| Bibbia e spiritualità
Commenta!
E’ iniziato il 10 novembre 2008 il cammino del gruppo Kairos, cristiani omosessuali di Firenze, alla
scoperta della lectio divina, un modo tradizionale di pregare la Sacra Scrittura per mezzo del quale
l’atto di lettura della Bibbia diviene ascolto della Parola di Dio.
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La parabola
Con la “Parabola dei talenti” (Matteo 25, 14-30) entriamo
all’interno di una sezione del Vangelo di Matteo nella quale Gesù
ci dice qualcosa sul Regno di Dio, le sue esigenze e il tempo della
sua venuta.
In particolare il nostro brano è preceduto dalla Parabola delle dieci
vergini ed è seguito dalla presentazione del giudizio finale, a dire
che l’uso responsabile dei doni di Dio riguarda gli “ultimi giorni”,
cioè è qualcosa di importante e urgente …
Siamo all’interno di una sezione del Vangelo di Matteo nella
quale Gesù ci dice qualcosa sul Regno di Dio, le sue esigenze e il
tempo della sua venuta.
In particolare il nostro brano è preceduto dalla Parabola delle dieci vergini ed è seguito dalla
presentazione del giudizio finale, a dire che l’uso responsabile dei doni di Dio riguarda gli “ultimi
giorni”, cioè è qualcosa di importante e urgente …
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Cose da sapere
I talenti anticamente erano lingotti di circa 35 kg d’oro.
Personaggi
Gesù (la voce narrante), il padrone, i tre diversi servi, i banchieri …
Azioni nella parabola:
Cosa fa il padrone? Parte, affida, ritorna, premia, giudica …
Cosa fanno i servi? Prendono, investono, nascondono …
Cosa fa Gesù? Racconta, giudica …
Sentimenti:
Fiducia, intraprendenza, paura, fedeltà …
Spunti per la meditazione sulla parabola:
Considera le tue capacità, doni, talenti, limiti, paure, indecisioni, gioie, sofferenze. Prova ad
immaginarti al posto di uno di questi personaggi, oppure come uno che si trova a passare di lì per
caso e osserva tutta la scena. Dove ti senti a tuo agio? Cosa avresti fatto? Come avresti reagito? Chi
senti più vicino?
Qual è il tuo rapporto con il tempo? Con le ricchezze? Con i tuoi “padroni”? Prova a immedesimarti
in uno che ascoltava per la prima volta queste parole da Gesù. Condividi il suo giudizio? Ti sembra
giusto? È troppo duro e avido?
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Le riflessioni scaturite dalla condivisione comune:
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Il servo che ha paura è inutile;
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impegnarli;
Diede a ciascuno secondo le sue capacità;
Non giustizia ma amore;
Il talento, dono dato per donare;
Sei stato fedele. Prendi parte alla gioia del tuo padrone;
Quello che è mio è tuo;
Grazie per il dono della parola;
Nell’amore non c’è timore.
C’è una corsa nella vita… facciamola insieme
Omocristiani. Storie e volti dal Forum 2010 dei cristiani omosessuali
Ho fatto Pasqua con l’uomo coi baffi
Riflessioni di don Davide Caldirola, presbitero milanese
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Arriva una sera in fondo alla chiesa e aspetta. Non è un tipo che ha fretta. Ci sono le volte in cui lo
sorprendo a pregare da solo, con calma, nella sua lingua misteriosa e lontana, come se il tempo non
contasse nulla.
Stasera è lì che mi attende, mi scruta mentre mi attardo a chiacchierare con la gente e a sistemare le
pagine del lezionario. Quattro passi e sono da lui, ci salutiamo, ci scambiamo due battute, ci
sediamo su una panca. Tira fuori dalla tasca una busta. Non c’è mittente, non c’è indirizzo. Ho
capito che è per me.
«Ho pensato che potevano servire a qualcuno – mi dice. – Finalmente ho trovato un lavoro, e ho
cominciato a guadagnare qualcosa. Nel quartiere ci sono tante persone che hanno bisogno. Questi
sono per loro».
Non faccio nemmeno in tempo a riavermi dalla sorpresa che lui è già sparito; lo vedo genuflettersi e
uscire di chiesa con passo tranquillo, un’ombra scura che si perde nella sera.
Apro la busta. Ci sono dei soldi. Tanti soldi. Troppi per uno che fatica a campare, tra l’affitto da
pagare e le spese per mantenersi. Sono «per chi ha bisogno», mi ha detto, e mi verrebbe voglia di
corrergli dietro e di darli a lui.
È lui il povero, il bisognoso, quello che è costretto a vivere di poco o di nulla, a fare acrobazie per
tirare la fine del mese. Faccio per alzarmi dalla panca ed inseguirlo, poi lascio perdere, perché ho
capito.
L’uomo coi baffi è dalla razza di chi non fa calcoli, come Maria di Betania quando versa il profumo
sui piedi di Cristo, come Gesù stesso che sulla croce regala la propria vita per amore, senza
aspettarsi nulla in cambio.
L’uomo coi baffi mi ha regalato l’anticipo della Pasqua, una festa pensata per chi non è abituato a
trattenere ma impara ogni giorno a perdersi con fiducia, per amore.
Il progetto
Gionata è un progetto di volontariato culturale volto a far “conoscere il cammino che i credenti
omosessuali fanno ogni giorno nelle loro comunità e nelle varie Chiese”, in modo che queste
esperienze possano aiutare la società e le Chiese ad aprirsi alla comprensione e all’accoglienza delle
persone omosessuali.
L’idea, nata durante una chiacchierata tra amici durante un ritiro spirituale ed approfondita durante
la preparazione della Veglia contro l’omofobia del Giugno 2007, è diventata concreta nel Settembre
2007 con la nascita del portale www.gionata.org
Il progetto è curato esclusivamente da volontari sparsi per tutta Italia, uomini e donne, omosessuali
e non, con storie, cammini e confessioni differenti (vi sono cattolici, valdesi, battisti, veterocattolici,
etc.) e con diversi cammini di formazione (movimenti, gruppi di credenti omosessuali, esperienze di
vita consacrata).
Abbiamo scelto di parlare di fede e omosessualità, attraverso le testimonianze di vita, raccontando
le varie esperienze pastorali in corso nelle varie Chiese ed il cammino - poco conosciuto - dei
gruppi di credenti omosessuali, perché crediamo fermamente che i tempi siano maturi per avviare
una discussione seria e serena su queste tematiche scomode.
Il nostro impegno è volto a realizzare uno spazio virtuale su "fede e omosessualità": Gionata.org,
pertanto, non è un nuovo gruppo di credenti omosessuali, né un associazione, né un coordinamento
di alcun tipo. L’adesione al progetto è sempre personale: ognuno può decidere come e quando darci
una mano.
A ognuno la scelta se partecipare o meno a questo cammino di conoscenza e di discussione. Data la
complessità e ricchezza dell'argomento invitiamo, quindi, quanti vogliono condividere questo
cammino ad aiutarci, sia collaborando a livello personale, sia sostenendoci con i loro consigli e la
loro testimonianza.
Dal giugno 2009 il progetto gionata aderisce all'European forum of lesbian, gay, bisexual &
transgender christian groups (Forum europeo dei gruppi cristiani di Lesbiche, gay, bisessuali &
transgender)
PROGETTI IN CORSO
Traduttori di buona novella: In ogni parte del mondo sono tanti i cammini in corso nelle chiese che
tentano di conciliare "fede e omosessualità". Aiutaci a tradurre le testimonianze che li raccontano.
Diventa anche tu un "traduttore di buona novella".
Credenti e omosessuali. Le nostre storie: è un tentativo di raccogliere e pubblicare in rete
testimonianze del cammino di credenti omosessuali. Aiutaci a fare conoscere le storie, le speranze,
le difficoltà, perché queste testimonianze possano essere d’aiuto per quanti vogliono capire, scoprire
o conoscere questo cammino.
Archivio online: stiamo digitalizzando e mettendo in rete tutti quei materiali (articoli, atti di
convegni, testi degli incontri) realizzati nel corso degli anni dai vari gruppi di credenti omosessuali.
Progetto eventi: I credenti omosessuali esistono anche per quello che fanno, ovvero incontri, ritiri,
convegni. Chiediamo a tutti i gruppi di segnalarci queste iniziative perché se ne possa comprendere
la varietà e la ricchezza.
Le parole della Bibbia: Phariàios - Farisei
Testo di Annamaria Fabri, tratto da Castello7 del 28 ottobre 2007
All'epoca di Gesù, i farisei costituivano un piccolo gruppo: erano circa seimila
cioè solo 1,2% della popolazione ebraica, tuttavia erano molto influenti perché
avevano una forte conoscenza della Legge e consideravano un vanto il loro modo
di osservarla in tutte le prescrizioni, anche minime.
Secondo Giuseppe Flavio "avevano dalla loro parte la grande massa del popolo",
che riconosceva loro grande sapienza. Fra di essi infatti troviamo grandi maestri (rabbì), come
Gamaliele (Atti 5,34; 22,3).
Il Vangelo ci presenta un certo tipo di fariseo: quello convinto che la sua osservanza della legge gli
creasse dei diritti da rivendicare di fronte a Dio, quasi un credito da esigere. Del resto come
potrebbe Dio entrare in rapporto con una persona così autosufficiente?
«... uno era fariseo...» (Luca 18,2)
La parola fariseo, è la forma greca di un termine aramaico che significa "separato". Le poche notizie
che abbiamo su di loro si rilevano da ciò che ci tramandano i libri del Nuovo Testamento e gli scritti
di un ebreo, fariseo egli stesso, Giuseppe Flavio, che, dopo la distruzione di Gerusalemme,
avvenuta nel 70 d.C., descrisse la situazione religiosa degli ebrei del suo tempo.
Ci racconta Giuseppe Flavio che per i farisei al primo posto stava la santificazione del nome di Dio
e la separazione da tutto ciò che non fosse "sacro". Questa fu forse la ragione per la quale gli
avversari li chiamarono con una punta di disprezzo separati.
Essi invece tra loro si chiamavano "Chaberim", cioè "compagni". I farisei appartenevano alla classe
media degli intellettuali e degli artigiani e per le loro posizioni politico-religiose si trovarono spesso
in forte contrasto per motivi opposti sia con gli Esseni e Zeloti che con i Sadducei e gli Erodiani .
All'epoca di Gesù, i farisei costituivano un piccolo gruppo: erano circa seimila cioè solo 1,2% della
popolazione, tuttavia erano molto influenti perché avevano una forte conoscenza della Legge e
consideravano un vanto il loro modo di osservarla in tutte le prescrizioni, anche minime.
Secondo Giuseppe Flavio "avevano dalla loro parte la grande massa del popolo", che riconosceva
loro grande sapienza. Fra di essi infatti troviamo grandi maestri (rabbì), come Gamaliele (Atti 5,34;
22,3).
I farisei avevano affiancato al "precetto scritto" una "tradizione orale" che poi darà origine ai testi
fondamentali del giudaismo. Credevano nella risurrezione dopo la morte (Atti 23,6-9) e di
conseguenza nel giudizio individuale per ogni uomo da parte di Dio.
Di essi è la cosiddetta "regola d'oro": non fare al tuo prossimo quello che non ti è gradito. Di fatto i
farisei, avevano per così dire "modernizzato" la Legge di Mosè facendo sì che essa potesse essere
interpretata e vissuta nelle diverse situazioni.
Dopo la distruzione di Gerusalemme saranno i farisei e i loro rabbi quelli che salveranno il
giudaismo nella dispersione. E'' difficile stabilire, nella varietà delle narrazioni evangeliche, quale
sia stato il rapporto tra Gesù e i farisei. Talvolta si ha l'impressione di una qualche familiarità e
assenso (Marco 12,18-34), tal altra si deve registrare uno scontro violento (Matteo 23,13,36).
Nel leggere i testi dei Vangeli occorre anche tener conto della frattura tra giudaismo e fede cristiana
avvenuta dopo la morte e risurrezione di Gesù e di cui dà testimonianza la vicenda dell'apostolo
Paolo, fariseo egli stesso (Fil. 3,5-6). Frattura acuitasi dopo la distruzione di Gerusalemme e la
scomunica contro i "nazareni".
Il brano del vangelo di Luca ... ci presenta un certo tipo di fariseo: quello convinto che la sua
osservanza gli creasse dei diritti da rivendicare di fronte a Dio, quasi un credito da esigere. Del resto
come potrebbe Dio entrare in rapporto con una persona così autosufficiente?
“Ama il prossimo tuo come te stesso”, una regola etica universale
"Agisci verso gli altri in modo che gli altri possano agire nello stesso modo verso
chiunque".
Questa regola aurea, presente in quasi tutte le grandi religioni, implica in primo
luogo e anzitutto di "non agire verso gli altri in modo tale che se gli altri agissero
verso di noi nello stesso modo la vita sarebbe impossibile", perciò esige anzitutto che
ciascuno di noi rinunci a esercitare la violenza verso altri.
Così, solo la nonviolenza può fondare l'universalità della legge morale alla quale devono
conformarsi gli esseri ragionevoli. Ecco alcune declinazioni di questa regola rintracciate nelle
religioni e nelle sapienze di tutta l'umanità.
Un etica mondiale dovrebbe basarsi su una regola aurea: “Non fare agli altri quello che non vuoi
che gli altri facciano a te”. Questa regola aurea, immutabile e incondizionata, dovrebbe valere per
tutti gli uomini, senza differenza di età, di sesso, di razza, di lingua, di religione, di colore della
pelle, di convinzione politica, di cultura, orientamento sessuale e origine sociale.
Una regola aurea espressa da millenni in molte tradizioni religiose e da tanti grandi pensatori, frutto
della universale esperienza umana nella ricerca del vivere pacifico e felice. Eccone alcune
definizioni rintracciate nelle religioni e nelle sapienze di tutta l'umanità.
«Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Questa è la legge e i
profeti» (Gesù di Nazareth, Vangelo secondo Matteo 7,12; 22, 39 e Vangelo secondo Luca 6,31).
«La legge trova la sua pienezza in una sola parola: amerai il tuo prossimo come te stesso». (Lettere
di Paolo ai Galati 5,14 e ai Romani 13,9).
«Non fare a nessuno ciò che non piace a te» (Bibbia ebraica, Tobia, 4,15).
«Ama il prossimo tuo come te stesso». (Legge ebraica in Levitico, 19,18; cfr anche 19,34).
«Una volta un pagano (...) disse: "Convertimi, a condizione di imparare tutta la Torah nel tempo in
cui si può stare ritti su di un solo piede". (...). Hillel lo convertì dicendogli: "Ciò che a te non piace
non farlo al tuo prossimo! Questa è tutta la Torah, il resto è commento; va' e studia"». (Ebraismo,
Shabbat 31a, cit. in R. Pacifici, Midrashim, Marietti, Genova 1986, p.177-8).
«Ecco la somma della vera onestà: tratta gli altri come vorresti essere trattato tu stesso. Non fare al
tuo vicino ciò che non vorresti che egli poi rifacesse a te». (Induismo, Mahabarata).
«Non ci si dovrebbe comportare con gli altri in un modo che sarebbe sgradevole a noi stessi; questa
è l'essenza della morale». (Induismo, Mahabharata 13, 148.8).
“Uno stato che non è gradevole o piacevole per me, non deve esserlo neppure per lui, e uno stato
che non è gradevole o piacevole per me, come posso io pretenderlo per un altro?” (Buddismo;
Samyutta Nikaya v 353.35-354.2)
«Uno stato che non è gradevole o piacevole per me, non deve esserlo neppure per lui; e uno stato
che non è gradevole o piacevole per me, come posso io pretenderlo per un altro?». (Buddhismo,
Samyutta Nikaya 5, 353.35-354.2).
«Tutti tremano al castigo, tutti temono la morte, tutti hanno cara la vita: mettendoti al posto degli
altri, non uccidere, né fa uccidere». (Buddha, Dhammapada, I versi della legge, 10, 129-130).
«Non ferire gli altri in modi dai quali anche tu ti sentiresti ferito». (Buddhismo, Udana-Varga 5,18).
«La Via non è lontana dall'uomo. Se l'uomo segue una via lontana dalla natura umana, questa non
può dirsi la Via. (...) Chi ha il senso della lealtà e della reciprocità non è lontano dal giungere alla
Via: ciò che non vuole sia fatto a sé non fa agli altri». (Confucio, Chung-Yung, L'invariabile mezzo,
n.13).
«Il sapiente ha detto: la mia dottrina è semplice, e il suo significato è facile da penetrare. Essa
consiste nell'amare il prossimo come se stessi». (Confucio, Lun-yü, I Dialoghi, cit. in Lev Tolstoj,
Pensieri per ogni giorno, Introduzione e traduzione di Pier Cesare Bori, Edizioni Cultura della Pace,
Fiesole 1995, p.121).
«Dominare se stessi quanto è necessario per onorare gli altri come se stessi e comportarsi con loro
come vogliamo che gli altri si comportino con noi: ecco quel che si può chiamare dottrina della
virtù dell'umanità. Non c'è nulla di più elevato». (Confucio, cit. in Tolstoj, op. cit., p.167).
«Ching-Kung interrogò sulla carità. Confucio rispose: "(...) Nel comandare al popolo comportati
come se offrissi il grande sacrificio; ciò che non vuoi sia fatto a te non fare agli altri"». (Confucio,
Lun-yü, I Dialoghi, 12,2).
«Tzu-kung domandò: "Vi è una parola su cui si possa basare la condotta di tutta la vita?". "Essa è
shu, reciprocità - rispose Confucio. - Ciò che non vuoi sia fatto a te non fare agli altri"». (Confucio,
Lun-yü, I Dialoghi, 15,23).
«Il principe non tratta gli inferiori nel modo che gli dispiace nei superiori». (Commento di TsengTzu al Grande studio di Confucio, n. 10).
«Sicuramente questo è il massimo della bontà: non fare agli altri ciò che non vorresti che essi
facessero a te».
(Confucianesimo, Analetti 15,23).
«L'uomo buono deve compatire le cattive tendenze degli altri; rallegrarsi della loro eccellenza;
aiutarli se sono in distretta; considerare i loro successi come i suoi propri e così i loro insuccessi».
(Taoismo, Thai-Shang, 3).
«L'uomo dovrebbe comportarsi con indifferenza nei confronti di tutte le realtà mondane e trattare
tutte le creature del mondo come egli stesso vorrebbe essere trattato». (Giainismo, Sutrakritanga
I.11.33).
«Buona è soltanto quella natura che non fa agli altri ciò che non è buono per lei». (Zoroastrismo,
Dadistan-i-Dinik 94,5).
«Tratta l'inferiore come vorresti essere trattato dal tuo superiore». (Seneca, Lettere a Lucillo, lettera
47, sul trattamento umano degli schiavi).
«Il bene maggiore è operare secondo la legge della propria ragione. Ma questa legge ti comanda
incessantemente di fare il bene degli altri, come il massimo bene per te stesso». (Marco Aurelio, cit.
in Tolstoj, Pensieri per ogni giorno, op. cit, p. 79).
«Quanto vuoi che non sia fatto a te, anche tu non fare ad altri». (Didachè, insegnamento cristiano
della fine del primo secolo, 1,3).
«Nessuno di voi è un credente fino a quando non desidera per il suo fratello quello che desidera per
se stesso». Islam, dagli hadith (detti) del Profeta Muhammad, in Detti e fatti del Profeta dell'Islam
raccolti da al-Buhari, a cura di V. Vacca, S Noja e M. Vallaro, Utet, Torino 1982, cap. II; e in 40
Hadithe di an-Nawawi, in H. Küng-K.J. Kuschel, Per un'etica mondiale. Dichiarazione del
Parlamento delle religioni mondiali, Rizzoli, Milano 1995, pp.78-79).
«Mettersi al posto degli altri». (Voltaire, Lettere inglesi, n.42).
«Agisci in modo che la regola della tua volontà possa valere in ogni tempo come principio di una
legislazione universale». Oppure: «Agisci in modo da trattare l'umanità, nella tua come nell'altrui
persona, sempre come fine, mai come semplice mezzo». (Immanuel Kant, 1724-1804, Critica della
ragion pratica, Laterza, Bari 1974, p.39, e Fondamenti della metafisica dei costumi, La Nuova
Italia, Firenze 1973, pp. 95-96, 103-104, cit. anche, come espressione di etica universale, in Hans
Küng, Progetto per un'etica mondiale, Rizzoli, Milano 1991, p.82-83).
«Benedetto chi a sé preferisce il fratello». (Tavole di Bahà'u'llàh, iniziatore della fede baha'i).
«Anche Lei attribuisce al laico virtuoso la persuasione che l'altro sia in noi. Ma non si tratta di una
vaga propensione sentimentale, bensì di una condizione fondante».
(Umberto Eco, in dialogo con Carlo Maria Martini, Liberal, febbraio 1996, e Adista, 17 febbraio
1996, p. 9; ora in U. Eco - C. M. Martini, In che cosa crede chi non crede?, Atlantide ed., 1996 e in
U. Eco, Cinque scritti morali, Bompiani 1997, p. 85).
«Tutti gli uomini dotati di ragione e di coscienza devono assumere responsabilità, in spirito di
solidarietà, nei confronti di ciascuno e di tutti: cioè famiglie, comunità, razze, nazioni e religioni.
Ciò che tu non vuoi che ti venga fatto non farlo a nessun altro»
(Dichiarazione Universale dei Doveri dell'Uomo, art. 4; proposta dall'InterAction Council all'Onu;
Die Zeit, 3 ottobre 1997; il foglio, n. 244, Torino, dicembre 1997).
“Quello che tu stesso non desideri, non farlo neppure agli altri uomini”. (Confucio 551-489 a.C.;
Dialoghi, 15, 23)
“Non fare agli altri quello che non vuoi che essi facciano a te”. (Rabbi Hiller 60 a.C-10 d.C;
Shabbat 31a)
“Nessuno di voi è un credente fino a quando non desidera per il suo fratello quello che desidera per
se stesso”. (Islam; 40 Hadithe di an-Nawawi 13)
“L’uomo dovrebbe comportarsi con indifferenza nei confronti di tutte le realtà mondane e trattare
tutte le creature del mondo come egli stesso vorrebbe essere trattato”. (Gianismo; Sutrakritanga I
11.33)
«La Regola d'Oro può allora enunciarsi cosi': "Agisci verso gli altri in modo che gli altri possano
agire nello stesso modo verso chiunque". Ciò implica in primo luogo e anzitutto l'imperativo
categorico seguente: "Non agire verso gli altri in modo tale che se gli altri agissero nello stesso
modo la vita sarebbe impossibile".
E questo esige anzitutto da ciascuno che egli rinunci a esercitare la violenza verso altri. Così, solo la
nonviolenza può fondare l'universalità della legge morale alla quale devono conformarsi gli esseri
ragionevoli». (Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza. Una filosofia della pace, Plus, Pisa
University Press, 2004, p. 79-80
“Ama il prossimo tuo come te stesso”, una regola etica
universale
"Agisci verso gli altri in modo che gli altri possano agire nello stesso modo verso
chiunque".
Questa regola aurea, presente in quasi tutte le grandi religioni, implica in primo
luogo e anzitutto di "non agire verso gli altri in modo tale che se gli altri agissero
verso di noi nello stesso modo la vita sarebbe impossibile", perciò esige anzitutto che
ciascuno di noi rinunci a esercitare la violenza verso altri.
Così, solo la nonviolenza può fondare l'universalità della legge morale alla quale devono
conformarsi gli esseri ragionevoli. Ecco alcune declinazioni di questa regola rintracciate nelle
religioni e nelle sapienze di tutta l'umanità.
Un etica mondiale dovrebbe basarsi su una regola aurea: “Non fare agli altri quello che non vuoi
che gli altri facciano a te”. Questa regola aurea, immutabile e incondizionata, dovrebbe valere per
tutti gli uomini, senza differenza di età, di sesso, di razza, di lingua, di religione, di colore della
pelle, di convinzione politica, di cultura, orientamento sessuale e origine sociale.
Una regola aurea espressa da millenni in molte tradizioni religiose e da tanti grandi pensatori, frutto
della universale esperienza umana nella ricerca del vivere pacifico e felice. Eccone alcune
definizioni rintracciate nelle religioni e nelle sapienze di tutta l'umanità.
«Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Questa è la legge e i
profeti» (Gesù di Nazareth, Vangelo secondo Matteo 7,12; 22, 39 e Vangelo secondo Luca 6,31).
«La legge trova la sua pienezza in una sola parola: amerai il tuo prossimo come te stesso». (Lettere
di Paolo ai Galati 5,14 e ai Romani 13,9).
«Non fare a nessuno ciò che non piace a te» (Bibbia ebraica, Tobia, 4,15).
«Ama il prossimo tuo come te stesso». (Legge ebraica in Levitico, 19,18; cfr anche 19,34).
«Una volta un pagano (...) disse: "Convertimi, a condizione di imparare tutta la Torah nel tempo in
cui si può stare ritti su di un solo piede". (...). Hillel lo convertì dicendogli: "Ciò che a te non piace
non farlo al tuo prossimo! Questa è tutta la Torah, il resto è commento; va' e studia"». (Ebraismo,
Shabbat 31a, cit. in R. Pacifici, Midrashim, Marietti, Genova 1986, p.177-8).
«Ecco la somma della vera onestà: tratta gli altri come vorresti essere trattato tu stesso. Non fare al
tuo vicino ciò che non vorresti che egli poi rifacesse a te». (Induismo, Mahabarata).
«Non ci si dovrebbe comportare con gli altri in un modo che sarebbe sgradevole a noi stessi; questa
è l'essenza della morale». (Induismo, Mahabharata 13, 148.8).
“Uno stato che non è gradevole o piacevole per me, non deve esserlo neppure per lui, e uno stato
che non è gradevole o piacevole per me, come posso io pretenderlo per un altro?” (Buddismo;
Samyutta Nikaya v 353.35-354.2)
«Uno stato che non è gradevole o piacevole per me, non deve esserlo neppure per lui; e uno stato
che non è gradevole o piacevole per me, come posso io pretenderlo per un altro?». (Buddhismo,
Samyutta Nikaya 5, 353.35-354.2).
«Tutti tremano al castigo, tutti temono la morte, tutti hanno cara la vita: mettendoti al posto degli
altri, non uccidere, né fa uccidere». (Buddha, Dhammapada, I versi della legge, 10, 129-130).
«Non ferire gli altri in modi dai quali anche tu ti sentiresti ferito». (Buddhismo, Udana-Varga 5,18).
«La Via non è lontana dall'uomo. Se l'uomo segue una via lontana dalla natura umana, questa non
può dirsi la Via. (...) Chi ha il senso della lealtà e della reciprocità non è lontano dal giungere alla
Via: ciò che non vuole sia fatto a sé non fa agli altri». (Confucio, Chung-Yung, L'invariabile mezzo,
n.13).
«Il sapiente ha detto: la mia dottrina è semplice, e il suo significato è facile da penetrare. Essa
consiste nell'amare il prossimo come se stessi». (Confucio, Lun-yü, I Dialoghi, cit. in Lev Tolstoj,
Pensieri per ogni giorno, Introduzione e traduzione di Pier Cesare Bori, Edizioni Cultura della Pace,
Fiesole 1995, p.121).
«Dominare se stessi quanto è necessario per onorare gli altri come se stessi e comportarsi con loro
come vogliamo che gli altri si comportino con noi: ecco quel che si può chiamare dottrina della
virtù dell'umanità. Non c'è nulla di più elevato». (Confucio, cit. in Tolstoj, op. cit., p.167).
«Ching-Kung interrogò sulla carità. Confucio rispose: "(...) Nel comandare al popolo comportati
come se offrissi il grande sacrificio; ciò che non vuoi sia fatto a te non fare agli altri"». (Confucio,
Lun-yü, I Dialoghi, 12,2).
«Tzu-kung domandò: "Vi è una parola su cui si possa basare la condotta di tutta la vita?". "Essa è
shu, reciprocità - rispose Confucio. - Ciò che non vuoi sia fatto a te non fare agli altri"». (Confucio,
Lun-yü, I Dialoghi, 15,23).
«Il principe non tratta gli inferiori nel modo che gli dispiace nei superiori». (Commento di TsengTzu al Grande studio di Confucio, n. 10).
«Sicuramente questo è il massimo della bontà: non fare agli altri ciò che non vorresti che essi
facessero a te».
(Confucianesimo, Analetti 15,23).
«L'uomo buono deve compatire le cattive tendenze degli altri; rallegrarsi della loro eccellenza;
aiutarli se sono in distretta; considerare i loro successi come i suoi propri e così i loro insuccessi».
(Taoismo, Thai-Shang, 3).
«L'uomo dovrebbe comportarsi con indifferenza nei confronti di tutte le realtà mondane e trattare
tutte le creature del mondo come egli stesso vorrebbe essere trattato». (Giainismo, Sutrakritanga
I.11.33).
«Buona è soltanto quella natura che non fa agli altri ciò che non è buono per lei». (Zoroastrismo,
Dadistan-i-Dinik 94,5).
«Tratta l'inferiore come vorresti essere trattato dal tuo superiore». (Seneca, Lettere a Lucillo, lettera
47, sul trattamento umano degli schiavi).
«Il bene maggiore è operare secondo la legge della propria ragione. Ma questa legge ti comanda
incessantemente di fare il bene degli altri, come il massimo bene per te stesso». (Marco Aurelio, cit.
in Tolstoj, Pensieri per ogni giorno, op. cit, p. 79).
«Quanto vuoi che non sia fatto a te, anche tu non fare ad altri». (Didachè, insegnamento cristiano
della fine del primo secolo, 1,3).
«Nessuno di voi è un credente fino a quando non desidera per il suo fratello quello che desidera per
se stesso». Islam, dagli hadith (detti) del Profeta Muhammad, in Detti e fatti del Profeta dell'Islam
raccolti da al-Buhari, a cura di V. Vacca, S Noja e M. Vallaro, Utet, Torino 1982, cap. II; e in 40
Hadithe di an-Nawawi, in H. Küng-K.J. Kuschel, Per un'etica mondiale. Dichiarazione del
Parlamento delle religioni mondiali, Rizzoli, Milano 1995, pp.78-79).
«Mettersi al posto degli altri». (Voltaire, Lettere inglesi, n.42).
«Agisci in modo che la regola della tua volontà possa valere in ogni tempo come principio di una
legislazione universale». Oppure: «Agisci in modo da trattare l'umanità, nella tua come nell'altrui
persona, sempre come fine, mai come semplice mezzo». (Immanuel Kant, 1724-1804, Critica della
ragion pratica, Laterza, Bari 1974, p.39, e Fondamenti della metafisica dei costumi, La Nuova
Italia, Firenze 1973, pp. 95-96, 103-104, cit. anche, come espressione di etica universale, in Hans
Küng, Progetto per un'etica mondiale, Rizzoli, Milano 1991, p.82-83).
«Benedetto chi a sé preferisce il fratello». (Tavole di Bahà'u'llàh, iniziatore della fede baha'i).
«Anche Lei attribuisce al laico virtuoso la persuasione che l'altro sia in noi. Ma non si tratta di una
vaga propensione sentimentale, bensì di una condizione fondante».
(Umberto Eco, in dialogo con Carlo Maria Martini, Liberal, febbraio 1996, e Adista, 17 febbraio
1996, p. 9; ora in U. Eco - C. M. Martini, In che cosa crede chi non crede?, Atlantide ed., 1996 e in
U. Eco, Cinque scritti morali, Bompiani 1997, p. 85).
«Tutti gli uomini dotati di ragione e di coscienza devono assumere responsabilità, in spirito di
solidarietà, nei confronti di ciascuno e di tutti: cioè famiglie, comunità, razze, nazioni e religioni.
Ciò che tu non vuoi che ti venga fatto non farlo a nessun altro»
(Dichiarazione Universale dei Doveri dell'Uomo, art. 4; proposta dall'InterAction Council all'Onu;
Die Zeit, 3 ottobre 1997; il foglio, n. 244, Torino, dicembre 1997).
“Quello che tu stesso non desideri, non farlo neppure agli altri uomini”. (Confucio 551-489 a.C.;
Dialoghi, 15, 23)
“Non fare agli altri quello che non vuoi che essi facciano a te”. (Rabbi Hiller 60 a.C-10 d.C;
Shabbat 31a)
“Nessuno di voi è un credente fino a quando non desidera per il suo fratello quello che desidera per
se stesso”. (Islam; 40 Hadithe di an-Nawawi 13)
“L’uomo dovrebbe comportarsi con indifferenza nei confronti di tutte le realtà mondane e trattare
tutte le creature del mondo come egli stesso vorrebbe essere trattato”. (Gianismo; Sutrakritanga I
11.33)
«La Regola d'Oro può allora enunciarsi cosi': "Agisci verso gli altri in modo che gli altri possano
agire nello stesso modo verso chiunque". Ciò implica in primo luogo e anzitutto l'imperativo
categorico seguente: "Non agire verso gli altri in modo tale che se gli altri agissero nello stesso
modo la vita sarebbe impossibile".
E questo esige anzitutto da ciascuno che egli rinunci a esercitare la violenza verso altri. Così, solo la
nonviolenza può fondare l'universalità della legge morale alla quale devono conformarsi gli esseri
ragionevoli». (Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza. Una filosofia della pace, Plus, Pisa
University Press, 2004, p. 79-80
L’amore forte. Un contributo sulla coppia cristiana dello stesso sesso
Un cuore rainbow è l'immagine di copertina di "L'amore forte”, un saggio che
vuol indagare il tema del riconoscimento delle coppie dello stesso sesso e favorire
la discussione in atto nella chiesa cattolica, e non solo, su questo tema.
Un testo scritto da un cattolico convinto che “i credenti possono portare un
importante contributo alle modalità con le quali questo riconoscimento debba
avvenire”. Un testo che cerca d'indagare i perchè di alcune posizioni della Gerarchia
cattolica su questo tema, ma anche i limiti e le contraddizioni che esse determinano e i cammini in
corso per superarle.
Troviamo anche ne “l'amore forte” un’ ampia riflessione sull'omofobia che spesso si alimenta con
una lettura, non inclusiva e legalista, delle posizioni del magistero. Ecco perchè sono molto
interessanti i capitoli dedicati alle diocesi americane e alle chiese evangeliche che invece, con scelte
differenti, stanno cercando di realizzare una pastorale inclusiva per le persone omosessuali, un
cammino ancora poco conosciuto in Italia.
Quali altri temi tocca questo saggio? Lo abbiamo chiesto a Fabio Regis, il giovane autore.
Ciao Fabio, 'L'Amore forte' offre soprattutto una riflessione in
favore del riconoscimento della coppia dello stesso sesso. Non
credi che questo tema sia ancora tabù per molte chiese e per la
chiesa cattolica in particolare?
Sì, è così. Purtroppo, il pregiudizio diffuso nelle chiese è che tutti i
gay e tutte le lesbiche siano dediti a uno stile di vita libertino, fatto di
trasgressioni e di spregio alle tradizioni.
Al contrario, molti omosessuali, al pari di molti eterosessuali, sono
alla ricerca dell’anima gemella e di una vita serena e regolare, in cui
l’amore romantico sia vissuto nell’ambito di una relazione di coppia
stabile e fedele.
Il tabù pastorale e pedagogico riguarda in particolare i meccanismi di
innamoramento che conducono al formarsi della coppia e le
dinamiche dell’amore romantico all’interno della coppia stessa.
Storicamente questo tabù riguardava le coppie eterosessuali, oggi
riguarda le coppie omosessuali. Prova ne è che in nessun documento ufficiale della Chiesa cattolica
si fa riferimento all’innamoramento e all’amore romantico fra persone dello stesso sesso.
Come è nata l'idea di affrontare questi temi secondo una prospettiva cristiana?
L’idea di interessarmi al tema è nata un paio di anni fa, durante il primo dibattito politico sulle
unioni fra persone dello stesso sesso in Italia. I forum su internet dedicati all’argomento erano nati
come funghi e spendevo un po’ di tempo libero a leggere gli interventi, a replicare, a esprimere
opinioni.
A certe condizioni sono favorevole al riconoscimento dei diritti delle coppie dello stesso sesso, ma
al tempo stesso sono credente e sono convinto che i credenti possono portare un importante
contributo alle modalità con le quali questo riconoscimento debba avvenire.
Sono anche convinto che i credenti favorevoli al riconoscimento delle unioni fra persone dello
stesso sesso hanno il diritto e il dovere di esprimere le loro rispettabili opinioni all’interno delle loro
chiese, ma senza atteggiamenti necessariamente rivendicativi e recriminatori.
Nel testo sembra che l'omofobia verso le persone glbt e il rifiutare loro qualsiasi diritto e
dignità d'amore siano le due facce di una stessa medaglia. E’ per questo che insisti molto nel
cercare di mettere in guardia dall'omofobia della nostra società e delle nostre chiese?
L’omofobia è analoga al razzismo, all’antisemitismo e al sessismo. Forme di oppressione oggi
ritenute intollerabili da tutti erano considerate normali in epoche del passato.
Lo schiavismo, la segregazione razziale, l’imperialismo coloniale, il suffragio riservato ai maschi:
tutte queste cose erano “normali” finchè gli uomini che costituiscono la società e la chiesa hanno
capito dov’è il bene e dov’è il male.
L’omofobia è portatrice di conseguenze disumanizzanti e disgreganti e solo con l’impegno e con la
preghiera sarà possibile portare nella società e nelle chiese un soddisfacente livello di
comprensione, rispetto e riconoscimento per l’amore romantico fra persone dello stesso sesso.
Molta importanza, come saggista cattolico, hai dato alle difficoltà che la chiesa ha nel
rapportarsi con i cambiamenti e le sfide del mondo d'oggi, spesso bollate come risultati del
"relativismo". Ma perchè la chiesa cattolica ha tanta difficoltà a discutere e rielaborare la sua
prassi consolidata?
Se per “chiesa cattolica” intendiamo il clero, così come emerge da certe semplificazioni
giornalistiche, e, più precisamente, se intendiamo i vertici dell’autorità religiosa, la difficoltà ad
entrare in sintonia coi segni dei tempi non è sicuramente una novità.
Il Sillabo di Pio IX non è stato certamente affine alla modernità, ma il Concilio Vaticano II ha dato
uno slancio che ha fatto uscire la Chiesa dalla premodernità. Alcuni documenti ufficiali degli ultimi
decenni non sembrano affini alla postmodernità.
Ma questo non significa che i cristiani debbano adattarsi alla postmodernità fino al punto da perdere
se stessi e le loro radici. Se da una parte i cristiani devono stare in guardia dall’omofobia, al tempo
stesso devono guardarsi anche dal relativismo nichilista. Questa è la vera sfida delle autorità
religiose contemporanee e di tutti i credenti.
Nel testo troviamo anche numerose citazioni dei documenti della chiesa americana che, su
questi temi caldi, sembra abbia affrontato con serenità e concretezza queste tematiche. E le
chiesa italiana? Qualcosa si muove anche da noi?
Negli ultimi dieci anni, la conferenza dei vescovi cattolici americani ha prodotto due documenti
sulla pastorale per i gay e le lesbiche. In Italia, non è stato prodotto nulla (ndr almeno a livello
ufficiale). Anche al Convegno ecclesiale di Verona non se ne è parlato.
Le iniziative sono lasciate alla libertà e al buon cuore dei singoli vescovi, ma solo una presa di
posizione collegiale come quella americana può essere considerata davvero rilevante. Molto più
promettente, in America come in Europa e in Italia, è il servizio dei gruppi e delle associazioni di
gay credenti e dei loro amici.
Questi gruppi laicali, conosciuti come “gruppi gay cristiani”, si inseriscono a pieno titolo nella vita
delle chiese e sopperiscono a quella pastorale che il clero e i pastori talvolta non vogliono o non
possono offrire.
Credi che sia ancora possibile un dialogo su questi temi controversi all'interno della chiesa
italiana?
Il dialogo autentico, come ha detto Giovanni Paolo II, deve avvenire “con profondo rispetto per le
coscienze e con pazienza a un passo graduale indispensabile per le condizioni moderne”. Credo che,
sul riconoscimento della coppia dello stesso sesso, la volontà di dialogo ci sia in tanti cattolici, sia
fra i laici, sia nel clero, sia fra laici e clero. Ma questa volontà di dialogo, per tradursi in pratica,
avrà bisogno di tanto impegno e di tante preghiere da parte di tutti coloro che credono in Cristo.
L’amore forte. Un contributo sulla coppia cristiana dello stesso
sesso
Un cuore rainbow è l'immagine di copertina di "L'amore forte”, un saggio che
vuol indagare il tema del riconoscimento delle coppie dello stesso sesso e favorire
la discussione in atto nella chiesa cattolica, e non solo, su questo tema.
Un testo scritto da un cattolico convinto che “i credenti possono portare un
importante contributo alle modalità con le quali questo riconoscimento debba
avvenire”. Un testo che cerca d'indagare i perchè di alcune posizioni della Gerarchia
cattolica su questo tema, ma anche i limiti e le contraddizioni che esse determinano e i cammini in
corso per superarle.
Troviamo anche ne “l'amore forte” un’ ampia riflessione sull'omofobia che spesso si alimenta con
una lettura, non inclusiva e legalista, delle posizioni del magistero. Ecco perchè sono molto
interessanti i capitoli dedicati alle diocesi americane e alle chiese evangeliche che invece, con scelte
differenti, stanno cercando di realizzare una pastorale inclusiva per le persone omosessuali, un
cammino ancora poco conosciuto in Italia.
Quali altri temi tocca questo saggio? Lo abbiamo chiesto a Fabio
Regis, il giovane autore.
Ciao Fabio, 'L'Amore forte' offre soprattutto una riflessione in
favore del riconoscimento della coppia dello stesso sesso. Non
credi che questo tema sia ancora tabù per molte chiese e per la
chiesa cattolica in particolare?
Sì, è così. Purtroppo, il pregiudizio diffuso nelle chiese è che tutti i
gay e tutte le lesbiche siano dediti a uno stile di vita libertino, fatto di
trasgressioni e di spregio alle tradizioni.
Al contrario, molti omosessuali, al pari di molti eterosessuali, sono
alla ricerca dell’anima gemella e di una vita serena e regolare, in cui
l’amore romantico sia vissuto nell’ambito di una relazione di coppia stabile e fedele.
Il tabù pastorale e pedagogico riguarda in particolare i meccanismi di innamoramento che
conducono al formarsi della coppia e le dinamiche dell’amore romantico all’interno della coppia
stessa. Storicamente questo tabù riguardava le coppie eterosessuali, oggi riguarda le coppie
omosessuali. Prova ne è che in nessun documento ufficiale della Chiesa cattolica si fa riferimento
all’innamoramento e all’amore romantico fra persone dello stesso sesso.
Come è nata l'idea di affrontare questi temi secondo una prospettiva cristiana?
L’idea di interessarmi al tema è nata un paio di anni fa, durante il primo dibattito politico sulle
unioni fra persone dello stesso sesso in Italia. I forum su internet dedicati all’argomento erano nati
come funghi e spendevo un po’ di tempo libero a leggere gli interventi, a replicare, a esprimere
opinioni.
A certe condizioni sono favorevole al riconoscimento dei diritti delle coppie dello stesso sesso, ma
al tempo stesso sono credente e sono convinto che i credenti possono portare un importante
contributo alle modalità con le quali questo riconoscimento debba avvenire.
Sono anche convinto che i credenti favorevoli al riconoscimento delle unioni fra persone dello
stesso sesso hanno il diritto e il dovere di esprimere le loro rispettabili opinioni all’interno delle loro
chiese, ma senza atteggiamenti necessariamente rivendicativi e recriminatori.
Nel testo sembra che l'omofobia verso le persone glbt e il rifiutare loro qualsiasi diritto e
dignità d'amore siano le due facce di una stessa medaglia. E’ per questo che insisti molto nel
cercare di mettere in guardia dall'omofobia della nostra società e delle nostre chiese?
L’omofobia è analoga al razzismo, all’antisemitismo e al sessismo. Forme di oppressione oggi
ritenute intollerabili da tutti erano considerate normali in epoche del passato.
Lo schiavismo, la segregazione razziale, l’imperialismo coloniale, il suffragio riservato ai maschi:
tutte queste cose erano “normali” finchè gli uomini che costituiscono la società e la chiesa hanno
capito dov’è il bene e dov’è il male.
L’omofobia è portatrice di conseguenze disumanizzanti e disgreganti e solo con l’impegno e con la
preghiera sarà possibile portare nella società e nelle chiese un soddisfacente livello di
comprensione, rispetto e riconoscimento per l’amore romantico fra persone dello stesso sesso.
Molta importanza, come saggista cattolico, hai dato alle difficoltà che la chiesa ha nel
rapportarsi con i cambiamenti e le sfide del mondo d'oggi, spesso bollate come risultati del
"relativismo". Ma perchè la chiesa cattolica ha tanta difficoltà a discutere e rielaborare la sua
prassi consolidata?
Se per “chiesa cattolica” intendiamo il clero, così come emerge da certe semplificazioni
giornalistiche, e, più precisamente, se intendiamo i vertici dell’autorità religiosa, la difficoltà ad
entrare in sintonia coi segni dei tempi non è sicuramente una novità.
Il Sillabo di Pio IX non è stato certamente affine alla modernità, ma il Concilio Vaticano II ha dato
uno slancio che ha fatto uscire la Chiesa dalla premodernità. Alcuni documenti ufficiali degli ultimi
decenni non sembrano affini alla postmodernità.
Ma questo non significa che i cristiani debbano adattarsi alla postmodernità fino al punto da perdere
se stessi e le loro radici. Se da una parte i cristiani devono stare in guardia dall’omofobia, al tempo
stesso devono guardarsi anche dal relativismo nichilista. Questa è la vera sfida delle autorità
religiose contemporanee e di tutti i credenti.
Nel testo troviamo anche numerose citazioni dei documenti della chiesa americana che, su
questi temi caldi, sembra abbia affrontato con serenità e concretezza queste tematiche. E le
chiesa italiana? Qualcosa si muove anche da noi?
Negli ultimi dieci anni, la conferenza dei vescovi cattolici americani ha prodotto due documenti
sulla pastorale per i gay e le lesbiche. In Italia, non è stato prodotto nulla (ndr almeno a livello
ufficiale). Anche al Convegno ecclesiale di Verona non se ne è parlato.
Le iniziative sono lasciate alla libertà e al buon cuore dei singoli vescovi, ma solo una presa di
posizione collegiale come quella americana può essere considerata davvero rilevante. Molto più
promettente, in America come in Europa e in Italia, è il servizio dei gruppi e delle associazioni di
gay credenti e dei loro amici.
Questi gruppi laicali, conosciuti come “gruppi gay cristiani”, si inseriscono a pieno titolo nella vita
delle chiese e sopperiscono a quella pastorale che il clero e i pastori talvolta non vogliono o non
possono offrire.
Credi che sia ancora possibile un dialogo su questi temi controversi all'interno della chiesa
italiana?
Il dialogo autentico, come ha detto Giovanni Paolo II, deve avvenire “con profondo rispetto per le
coscienze e con pazienza a un passo graduale indispensabile per le condizioni moderne”. Credo che,
sul riconoscimento della coppia dello stesso sesso, la volontà di dialogo ci sia in tanti cattolici, sia
fra i laici, sia nel clero, sia fra laici e clero. Ma questa volontà di dialogo, per tradursi in pratica,
avrà bisogno di tanto impegno e di tante preghiere da parte di tutti coloro che credono in Cristo.