LA CONVERSIONE DEL PIGNORAMENTO
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LA CONVERSIONE DEL PIGNORAMENTO
LA CONVERSIONE DEL PIGNORAMENTO – PRASSI A CONFRONTO E SOLUZIONI 1.La ratio della previsione. 2.L’istanza di conversione: a) profili soggettivi; questioni tardiva di b) modalità ammissibilità: proposizione il di presentazione; versamento dell’istanza e diritto del c) quinto – transitorio – restituzione e riproposizione in caso d’inammissibilità; 3. Conversione e sospensione del procedimento esecutivo; 4. La liquidazione dei crediti e la determinazione del residuo. La conversione rateale; 5.Decadenza 1.La ratio della previsione L’art.495 c.p.c. ha l’obiettivo di realizzare il pagamento dell’intero credito azionato esecutivamente e disciplina una modalità di estinzione del processo esecutivo e dell’obbligazione pecuniaria. E’ inutile l’immobilizzo dei beni se il debitore è disposto a versare somme di danaro, preferendo che il pagamento avvenga attraverso il processo, previa liquidazione del dovuto e, eventualmente, richiesta di ammissione al beneficio della rateizzazione se le cose pignorate sono costituite da immobili. E’ noto che la conversione opera attraverso la sostituzione dell’oggetto del pignoramento con una somma di denaro, per cui fino all’assegnazione l’esecuzione continua sia pure con un oggetto diverso: è escluso pertanto quando il pignoramento sia caduto sin dall’origine su somme di denaro; è ammesso, invece, a seguito della modifica ex art.13 l.302/98, in caso di pignoramento dei crediti. La norma pone problemi applicativi, alcuni dei quali hanno trovato soluzioni univoche nelle prassi giurisprudenziali; altri invece continuano ad essere oggetto di differente interpretazione. 2.L’istanza di conversione. a) Profili soggettivi. Deve essere presentata dal debitore o vi è a riguardo legittimazione anche di soggetti estranei alla procedura? La questione è diversamente affrontata in dottrina ed ha un profilo pratico perché, in caso di risposta positiva, al terzo sarebbe consentito intervenire nel processo. La Cassazione si è pronunciata su due ipotesi specifiche: - la conversione può essere sempre richiesta dal terzo, il cui bene sia stato assoggettato a pignoramento per il soddisfacimento effettuata proporre ovvero la coattivo conversione, l'opposizione proseguire di di il cui un debito altrui; potrà altresì terzo all’art. nell’opposizione già 619 c.p.c. proposta, in quanto la conversione del pignoramento sopravvenuta non comporta la cessazione della materia del contendere (Cass. 12.07.1979 n.4059); - il terzo resosi acquirente - in forza di una pronuncia emessa ex art.2932 c.c. e sotto condizione del pagamento del residuo prezzo - di un bene immobile sottoposto ad espropriazione immobiliare, è legittimato, a tutela del proprio interesse, a chiedere ed ottenere la conversione del pignoramento a norma dell'art. 495 c.p.c. (Cass. 6.04.2009 n.8250). Segnalo l’importanza terzi di questa proprietari procedura con possono pronuncia titolo perché non accedere afferma opponibile all’istituto che alla della conversione. Più in particolare, in un passaggio della motivazione, la Corte afferma che “intende dare continuità e sviluppo al principio già sancito con la sent. 4059/1979; detta sentenza, nel riconoscere la legittimazione all’istanza di conversione al terzo, un bene del quale sia stato assoggettato a pignoramento per il soddisfacimento di un debito altrui, ha affermato che l'art. 495 c.p.c., là dove parla soltanto di < debitore >, attribuendo a questo il potere di <chiedere di sostituire alle cose pignorate una somma di danaro pari all'importo delle spese e dei crediti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti>, ha riguardo all'ipotesi normale, ma non esclude che possano esservi terzi, parimenti legittimati, in quanto aventi un interesse ad una pronta liberazione del bene dal vincolo imposto dal pignoramento; e - in linea con l'impostazione seguita da una parte della dottrina - ha superato l'indirizzo restrittivo precedentemente seguito da Cass. Sez. 3^, 25 maggio 1971, n. 1524, e da Cass. Sez. 3^, 6 giugno 1975, n. 2253”. Sulla base di questo orientamento può ritenersi quindi che anche il coniuge in regime di comunione legale dei beni, non esecutato, può proporre istanza di conversione in caso di pignoramento, ancorché pro quota, del bene comune. La giurisprudenza di merito, per contro, ha escluso la legittimazione del comproprietario dell’immobile pignorato a chiedere la conversione, quando il pignoramento ha ad oggetto solo la quota indivisa del debitore (Trib. Torino 31.10.2003, in G. mer. 2004, 702), dimostrando in tal modo di accedere ad una tesi restrittiva a riguardo, valorizzando in via esclusiva il dato letterale della norma (“il debitore può chiedere di sostituire...”); orientamento Cassazione, precedente che – alla come trattasi tuttavia pronuncia accennato – del di 2009 amplia un della l’ambito applicativo della norma. E’ pacifico invece che il terzo proprietario assoggettato all’esecuzione l’istanza di ai sensi dell’art.602 conversione, in questo disposto normativo (art.604 c.p.c.). c.p.c. può proporre caso per espresso Il terzo, dunque, se ha interesse alla pronta liberazione del bene dal vincolo del pignoramento può proporre istanza di conversione, anche se non assume la qualità di debitore nel procedimento esecutivo. Oltre tale limite è possibile un’ulteriore estensione della norma? Si discute cioè se la conversione possa essere richiesta da qualsiasi terzo, purchè ciò avvenga secondo il parametro di cui all’art. 1180 c.c. norma sostanziale che consente l’adempimento del terzo, anche contro la volontà del creditore (la tesi positiva trova autorevole conferma in Carnelutti, Istituzioni del processo civile italiano, 56, III, 18). Si consideri inoltre che la Cassazione ha affermato dell’ammissibilità che è dell’istanza, irrilevante, che il ai debitore fini abbia ottenuto da altri il denaro occorrente per la conversione (Cass. 25.5.1971 n.1524), per cui ritengo che, in definitiva, il pagamento con effetto estintivo (della procedura e dell’obbligazione) sia l’unico elemento determinante ai fini dell’ammissione alla conversione e che non vi sia ragione per limitare in ambito processuale l’ambito di applicazione degli istituti previsti in tema di adempimento delle obbligazioni ivi compreso quello dell’adempimento del terzo. Non vi è infatti un interesse – di ordine pubblico, con riferimento al processo, o di natura privata, a latere creditoris – perché il debitore pecuniaria. esecutato esegua personalmente l’obbligazione b) Modalità di presentazione dell’istanza. La norma stabilisce che “il debitore” può chiedere la sostituzione dell’esecuto pignorato con una somma di denaro, per cui deve ritenersi che non è necessario il patrocinio legale ex artt.82 presentata dunque e segg. c.p.c. personalmente, L’istanza anche può in essere udienza, oralmente, con annotazione a verbale della richiesta e prova del versamento dell’importo indicato dal secondo comma. Se l’istanza è depositata in Cancelleria dal debitore sarà necessario che il Cancelliere si accerti dell’identità dell’istante, con annotazione in calce alla sottoscrizione. Ritengo che la costituzione tramite difensore del debitore non impedisca a quest’ultimo personalmente di proporre istanza di conversazione. In ogni caso Cancelleria è con escluso modalità che l’istanza diverse dal possa pervenire in deposito (ad es. mediante servizio postale, fax ecc.) perché trattandosi di atto destinato ad avere effetti processuali va rispettata la forma di cui all’art.486 c.p.c. (le domande e le istanze al giudice avvengono dell’esecuzione in udienza sono e con proposte ricorso oralmente da quando depositarsi in Cancelleria negli altri casi). c) Questioni sull’ammissibilità dell’istanza. c1) Il versamento del quinto. In primo luogo deve procedersi all’esatta individuazione degli importi da considerare ai fini della richiesta di conversione: il credito per il quale è stato eseguito il pignoramento (e non l’eventuale maggior credito originario inadempiuto) e i crediti degli intervenuti fino al momento dell’istanza, crediti risultanti rapportati dai relativi all’attualità atti secondo d’intervento; l’opinione di autorevole dottrina (Capponi, Danovi), contraddetta tuttavia dalla prassi prevalente dei tribunali che esclude dal computo (ai fini del calcolo del quinto) gli interessi. Su tale somma dunque va calcolato il valore del quinto, che costituisce l’importo minimo dell’acconto (prima della riforma ex lege 302/98 il versamento doveva essere pari ad un quinto; oggi la previsione è di “non inferiore al quinto”). Le spese di giustizia – ossia quelle relative all’esecuzione - non entrano nel computo ai fini del calcolo del quinto, in base alla espressa previsione normativa. Devono essere infine calcolare il quinto debitore. Autorevole defalcati solo gli detratti gli eventuali dottrina acconti dall’importo acconti ritiene versati che prima sul quale versati possano dal essere dell’inizio del processo esecutivo, dei quali i creditori non abbiano tenuto conto in precetto o negli atti d’intervento, affinché non sia violato il principio della par condicio creditorum. Ritengo che la soluzione suggerita sia troppo rigida perché finisce per non tener conto di pagamenti comunque idonei ad essere considerati ai fini del riparto finale; il debitore cioè pagherebbe inutilmente – quanto meno ai fini della procedura esecutiva – qualora effettuasse acconti direttamente ai creditori dopo il pignoramento. Orbene, se in pendenza della procedura esecutiva, è possibile per il debitore estinguere alcune posizioni, ottenendo la rinuncia del singolo creditore a prescindere dal privilegio che assiste il credito nella procedura stessa, non è dato intendere per quale ragione egli non possa effettuare in via stragiudiziale pagamenti a parziale estinzione di uno dei credito azionati. In ogni caso di tali acconti deve darsi prova documentale: la norma non specifica se trattasi di quella rigorosa ex art.2699 c.c. (il capo II del titolo II del libro VI del c.c. rubrica elastica proprio di cui “prova documentale”) all’art.633 c.p.c. oppure quella L’equivoco più normativo potrebbe dar origine a contestazioni tra le parti che il giudice è tenuto a risolvere con l’ordinanza di liquidazione del credito, soggetta all’opposizione ex art.617 c.p.c. Evidenzio – in relazione al tema in argomento - che di recente la Corte di Cassazione ha stabilito che qualora il debitore, per un errore che egli addebiti a se stesso (nella specie definendolo "materiale") e che abbia compiuto all’atto del versamento, abbia versato, ai sensi del secondo comma dell'art. 495 cod. proc. civ., una somma inferiore alla misura del quinto, deve escludersi che la sanzione della inammissibilità della conversione possa essere in concreto evitata invocandosi da parte del debitore stesso il principio della idoneità dell'atto al raggiungimento dello scopo per essere stata versata una somma non di molto inferiore a quella che si sarebbe dovuta versare e per doversi, quindi, configurare come effettiva la volontà del debitore di procedere alla conversione, giacché il suddetto principio non può venire in rilievo quando la legge commina la sanzione della inammissibilità (Cass. 24.8.2007 n.17957). Ogni integrazione quindi della somma depositata con l’istanza deve ritenersi esclusa. L’acconto va depositato in Cancelleria ed il cancelliere provvede successivamente a depositarlo presso un istituto di credito indicato dal giudice. Ulteriore problema: tempestivi stabilito parere ai in fini una quali interventi della conversione? pronuncia condivisibile, che datata, in ma tema devono La considerarsi Cassazione ancora di ha oggi a mio conversione del pignoramento, ex art. 495 c.p.c. venendo meno la fase della vendita (ormai inutile) e, conseguentemente, l'udienza per determinarne le modalità, il limite temporale per il tempestivo intervento di altri creditori nell'esecuzione è costituito dall'udienza che, ai sensi del secondo comma del citato art. 495, il giudice dell'esecuzione deve fissare per sentire le conversione parti, (Cass. prima di 8.11.1982 emettere n.5867). l'ordinanza Una di complicazione potrebbe esserci se il giudice non provvede in udienza e nelle more dello scioglimento della riserva vi sia un ulteriore intervento: ritengo che il momento preclusivo debba essere comunque l’udienza in quanto il differimento della decisione rispetto ad essa non incide sui presupposti sui quali il provvedimento si basa. Segnalo tuttavia che si registrano nella giurisprudenza di merito edita alcune oscillazioni: secondo il Tribunale di Padova (ord. 12.3.2004 in G mer 2004, 2233) nell’ipotesi di intervento di creditori muniti di titolo esecutivo intervenuti dopo l’istanza di conversione, il debitore dovrà comunicare se intende soddisfare anche questi ultimi oppure riavere le somme versate per la conversione; secondo il Tribunale L’Aquila (ord. 10.6.2002 R. esec. forz. 2003, 593) l’intervento è tempestivo finchè non di determina il passaggio dal pignoramento dei beni al denaro versato. c2) Inammissibilità per tardiva proposizione dell’istanza. Diritto transitorio. Il primo comma dell’art.495 c.p.c. – così come novellato dalla l.80/2005, con efficacia dall’1.3.2006 – stabilisce che l’istanza può proporsi “prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli artt.530, 552 e 569 c.p.c.”. In dottrina si discute se il termine cronologico per la richiesta di conversione ex l.80/2005 coincida con l’udienza o con il provvedimento del giudice (che può intervenire o meno all’udienza): nel primo caso trattasi, a seconda del tipo di esecuzione, della prima udienza fissata per l’autorizzazione alla vendita o per l’assegnazione (art.530 – espropriazione mobiliare); della prima udienza fissata per l’assegnazione dei crediti (art.552 c.p.c. – espropriazione presso terzi); della prima udienza fissata per l’audizione delle parti e dei creditori iscritti ex art.498 c.p.c. (art.569 c.p.c. – espropriazione immobiliare). Ritengo che piuttosto ancorare che al il limite provvedimento temporale giudiziale all’udienza garantisca la certezza dell’esercizio del diritto. Può ritenersi invece superato il problema di diritto transitorio, per le procedure pendenti prima dell’1.3.2006 a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n.309 dell’11.6.2008. Ha stabilito infatti il giudice delle leggi – aderendo alla tesi più restrittiva fra quelle prospettate dalla giurisprudenza risoluzione della provvedimento che di merito questione dispone la in - che “ai scrutinio, vendita dei fini non beni della è il pignorati l'atto con riguardo al quale va identificata la normativa applicabile nel passaggio dal previgente al nuovo regime processuale, secondo il principio tempus regit actum, bensì l'istanza di conversione del pignoramento”, concludendo nel senso che la vendita disposta prima della modifica legislativa rende inammissibile l’istanza di conversione per espressa (e non irragionevole) previsione normativa. In tale valutazione – secondo il ragionamento della Corte – “si deve tener conto non soltanto del contenuto della nuova normativa, ma anche delle modalità e dei tempi della sua introduzione, riferiti all'atto all'istanza di processuale conversione di del cui si tratta, pignoramento e e cioè non alla vendita. Quest'ultima, infatti, nei vari momenti in cui la relativa procedura si svolge, ha soltanto la funzione di fornire al legislatore i termini delle possibili opzioni riguardo alla suddetta preclusione; inoltre, la modifica che ha anticipato al momento in cui la vendita viene disposta la preclusione per l'istanza di conversione del pignoramento rispetto alla previgente disciplina - è stata introdotta con l'art. 2, comma 3, del decreto-legge n. 35 del 2005, convertito dalla legge n. 80 del 2005, e la sua entrata in vigore era differita alla scadenza di centoventi giorni dalla pubblicazione della legge di conversione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 14 maggio 2005. Successivamente, la data di entrata in vigore è stata ulteriormente differita al 15 novembre 2005 (art. 8 del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115) e, poi, con la legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168, al 1 gennaio 2006, scadenza mantenuta nell'impugnato art. 1, comma 6, della legge n. 263 del 2005 e, infine, prorogata al 1 marzo 2006 dall'art. 39-quater del decretolegge n. 273 del 2005, convertito dalla legge n. 51 del 2006): i debitori assoggettati a procedure esecutive, nelle quali la vendita era stata disposta prima della modifica legislativa, già dalla pubblicazione del primo provvedimento erano pertanto consapevoli di avere ancora centoventi giorni per fruire dell'allora vigente regime normativo, termine che poi, per i differimenti dell'entrata in vigore della nuova normativa, ha superato i nove mesi. In definitiva, non vi è stata alcuna compressione di posizioni soggettive processuali acquisite; ne' varrebbe obiettare che soltanto l'art. 1, comma 6, della legge n. 263 del 2005 contiene l'espressa previsione dell'applicazione della novella processuale alle procedure esecutive in corso. Con tale previsione, infatti, si è reso esplicito ciò che era già conseguenza dei principi generali in tema di passaggio dall'una ad altra disciplina processuale per transitorie. Anche citato ultimo assoggettati quanto non volendo provvedimento a procedura regolato ammettere del che dicembre esecutiva da disposizioni soltanto 2005 siano i con il debitori stati resi definitivamente edotti dell'applicabilità ad essi della nuova normativa, è innegabile che costoro abbiano pur sempre potuto disporre di un termine di circa due mesi, tale da non incidere gravemente sulla facoltà di presentare l'istanza di conversione del pignoramento (del resto proponibile subito dopo il pignoramento stesso)”. c3) Istanza inammissibile: restituzione della somma versata e riproposizione. Deve ritenersi che un’istanza di conversione dichiarata inammissibile possa essere riproposta, in quanto il limite di cui all’ultimo comma – secondo l’interpretazione uniforme della giurisprudenza di merito – si riferisce solo ad ipotesi d’inadempimento del debitore al versamento del residuo e di decadenza dal beneficio, con conseguente allungamento dei tempi della procedura. Diversamente argomentando il regime sarebbe ingiustamente sanzionatorio per il debitore, al quale deve consentirsi – almeno una conversione, volta – di previa accedere valutazione al beneficio di della ammissibilità dell’istanza. E’ altresì prassi pressoché condivisa la restituzione della somma versata inammissibile; somma unitamente che non all’istanza può essere dichiarata acquisita alla procedura per essere in seguito distribuita, in presenza di espressa previsione normativa. Il quinto comma dell’art.495 c.p.c. stabilisce infatti che solo in caso d’inadempimento del debitore al tempestivo versamento del credito residuo “le somme versate formano parte dei beni pignorati”. Si registra tuttavia un orientamento contrario di autorevole dottrina, secondo cui l’acconto non può più tornare in possesso del debitore, qualsiasi sia l’esito della procedura. 3.Conversione e sospensione del procedimento esecutivo. L’ammissibilità necessariamente dell’istanza la di sospensione conversione del processo non implica esecutivo. La questione è stata da tempo chiarita dalle sezioni unite della Suprema Corte prendendo (Cass. posizione sez. su un. un 19.7.1990 conflitto n.7378) che, interpretativo a riguardo, ha stabilito che con il deposito dell’istanza non si verifica dilazione previsione un'automatica dell'atto in già proposito, sospensione fissato, e che, in dell'esecuzione, quanto inoltre, le difetta esigenze o una di continuità e speditezza della procedura non possono essere sacrificate per effetto di mere iniziative dell'esecutato, mentre l'eventuale differimento della vendita resta affidato alla valutazione del giudice dell'esecuzione, alla stregua degli elementi del caso concreto (quali le ragioni addotte, l'ammontare del debito, la condotta delle parti). In particolare, la serietà dell’impegno di adempimento da parte del versamento debitore può effettuato essere valutata contestualmente dall’entità all’istanza, del non limitato al quinto – ai fini della mera ammissibilità - ma in percentuale congrua rispetto all’ammontare dei crediti. A volte la decisione del giudice dell’esecuzione è condizionata da ragioni di opportunità (al fine di evitare l’incremento dei costi dall’espletamento della della procedura, C.T.U. derivanti dalla delega al può influire la professionista, dalla custodia). Sul sub-procedimento sospensione del di conversione procedimento di esecuzione a seguito di decisione del giudice della cognizione (ad es. sospensione della provvisoria inbitoria da esecutorietà parte del di giudice un decreto ingiuntivo; dell’impugnazione). E’ evidente che in questi casi dovrà essere sospeso anche il subprocedimento, fino cognizione, cui il alla definizione esito favorevole del per giudizio il di debitore determinerà la restituzione a costui delle somme versate, vincolate alla procedura. Va considerata infine la possibilità che il debitore presenti l’istanza di conversione quando la procedura esecutiva sia avviata ma non possa proseguire per cause endoprocessuali (la pendenza del termine per il deposito dell’istanza di vendita o per il deposito della documentazione ipocatastale ex art.567 c.p.c.). Ritengo che lo stato di quiescenza della procedura non sia un ostacolo all’ammissibilità dell’istanza di conversione, in assenza di un esplicito limite normativo in tal senso, potendo essere interesse del debitore evitare un aggravio dei costi e dei tempi del processo esecutivo. L’eventuale sospensione (dell’esecuzione) inciderebbe quindi anche sui termini di deposito che resterebbero sospesi. 4. La liquidazione dei crediti e la determinazione del residuo. La conversione rateale. Il giudice dell’esecuzione dell’istanza – deve – valutata determinare, l’ammissibilità previa audizione delle parti, l’importo globale che il debitore deve versare. Quid iuris se è omessa la comunicazione al debitore dell’udienza? Ha stabilito processo a riguardo esecutivo non la Cassazione è che, configurabile poiché un nel formale contraddittorio con le caratteristiche proprie del processo di cognizione, nel procedimento disciplinato dall’art.495 c.p.c. la comparizione delle parti è preordinata soltanto a consentire il miglior esercizio della potestà di ordine del giudice dell’esecuzione e l’omessa comunicazione al debitore del provvedimento con il quale sia stata fissata l’udienza per la sua comparizione non cagiona di per sé la nullità degli atti esecutivi compiuti, potendo il debitore insorgere con l'opposizione al successivo atto esecutivo compiuto nei modi e nei termini di cui all’art.617 c.p.c. per far valere eventuali vizi di tali atti (Cass. 26.1.2005 n.1618). In definitiva omissione rimedio idonei il dell’avviso tipico ad debitore a non potrà comparire; dell’opposizione inficiare la lamentarsi dovrà agli regolarità atti del della allegare mera con esecutivi il vizi subprocedimento in senso a sé pregiudizievole (ad es. la mancata audizione al fine di contestare un determinato credito). Ritengo (opinione condivisa dai giudici dell’esecuzione) che non sia necessario l’avviso ai creditori iscritti ex art.498 c.p.c. dell’udienza fissata per l’audizione delle parti ai sensi del iscritto terzo non distribuzione infatti la comma dell’art.495 intervenuto, delle somme garanzia c.p.c. anche se versate dal ipotecaria Il creditore pretermesso debitore, fino dalla conserva all’estinzione dell’obbligazione pecuniaria. Oltre al credito del pignorante e degli intervenuti, “comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese”, vanno calcolate anche “le spese dell’esecuzione”, secondo la previsione del comma 1. Se le spese dell’esecuzione sono quelle del processo esecutivo (comprensive quindi di borsuali, diritti ed onorari), quali sono le spese che si cumulano al capitale ed agli interessi? La dottrina – con argomentazioni che mi sembrano condivisibili – ha sostenuto (Capponi, Note a prima lettura del cd. decretone competività… su www.judicium.it) che trattasi delle spese sopportate dai singoli creditori fuori dal processo (e, quindi, in via stragiudiziale) per il recupero dei rispettivi crediti (si pensi ad es. all’iscrizione ipotecaria), purchè sussista una stretta attinenza con tale finalità. Circa la valutazione dei crediti da inserire, sorge un duplice problema estensione del relativo, potere del per un giudice verso, all’esatta dell’esecuzione nella liquidazione delle somme dovute dal debitore e, per altro, alle possibili contestazioni di quest’ultimo. La Cassazione ha risolto entrambi in un’unica pronuncia, piuttosto recente, del 3.9.2007 n.18538, stabilendo che la determinazione della somma di denaro da versare in sostituzione delle cose pignorate, che il giudice opera ai sensi dell'art. 495 cod. proc. civ., comporta una valutazione sommaria delle pretese del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nonché delle spese già anticipate e da anticipare e non deve tenere conto dell’esistenza o dell’ammontare dei singoli crediti e della sussistenza dei diritti di prelazione, in quanto tali questioni possono porsi solo in sede di distribuzione della somma ricavata dalla vendita ai possibilità sensi che il dell’art.512 debitore c.p.c, contesti, fatta con salva la l’opposizione all’esecuzione, l’esistenza del credito ovvero che lo stesso è inferiore a quanto dovuto (in senso conforme anche Cass.12197/2001; Cass.4525/1998; Cass.3442/1988). Il giudice meramente quindi formale dovrebbe limitarsi dell’importo dei ad vari un controllo crediti, senza spingersi ad una verifica di reale sussistenza degli stessi (dovrebbe così eludersi un approfondimento in questa fase tramite C.T.U. contabile). E’ anche vero però che si registra una interessante pronuncia difforme della stessa giurisprudenza di legittimità (Cass. 1.9.1999 n.9194), la quale ha espressamente preso le distanze dall’orientamento secondo cui avverso l’ordinanza di conversione non potrebbe proporsi un'opposizione avente ad oggetto l'an ed il quantum del debito esecutato. Secondo tale impostazione, qualora il debitore chieda la conversione del pignoramento ed il giudice dell'esecuzione sulla base delle indicazioni fornite dai creditori sull'ammontare a quel momento del loro credito non soddisfatto determini in una certa misura la somma da versare in sostituzione delle cose pignorate, il debitore ben potrebbe assumere che l'importo dovuto è inferiore (o che addirittura nulla è dovuto). In tal caso il giudice dovrebbe qualificare la contestazione come opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art.615 c.p.c. in quanto il debitore contesta in sostanza il diritto del creditore ad ottenere il soddisfacimento del suo credito a mezzo dell'espropriazione forzata. Secondo il ragionamento della Corte, sussiste infatti in ogni momento, e quindi, anche in sede di conversione del pignoramento, l'interesse del debitore all'accertamento soddisfacimento esecutato del si alla quantum procede del in determinazione credito executivis, per il senza ed cui dover attendere la fase della distribuzione della somma ricavata per ottenere l'eventuale restituzione di quanto versato in più del dovuto. Diventa poi una questione di merito, oggetto della proposta opposizione all'esecuzione, l'accertamento di quale fosse l'ammontare del credito ancora insoddisfatto del creditore intervenuto, ed in relazione al quale era stata effettuata la conversione del pignoramento. In questo giudizio di opposizione, come in ogni normale giudizio di cognizione, dovrà il creditore opposto fornire la prova del proprio credito, e, quindi, attesa la peculiarità di questo giudizio, produrre i titoli su cui si fonda il proprio credito. Tale orientamento resta minoritario, anche se si riscontra qualche altra pronuncia in tal senso; vi segnalo la sentenza del 15.4.1994 n.3585, così massimata “i rilievi avanzati dal debitore esecutato in sede di comparizione delle parti in seguito all'istanza del creditore procedente che contesti, pretendendo l'aggiunta di interessi e spese, la somma liquidata dal giudice con l'ordinanza con cui ha ammesso il debitore alla conversione del pignoramento, qualora siano diretti a dimostrare l'insussistenza del supero preteso dal creditore, costituiscono, in quanto diretti a contestare lo stesso nella diritto misura notificato, esecutivi, decadenza”. del creditore richiesta, opposizione e come tali ed a pretendere in forza all'esecuzione, non sono del e soggetti gli interessi, precetto non a agli già atti termini di Solo pochi mesi prima della sentenza n.9194/1999 la Corte aveva tuttavia affermato che l’ordinanza con la quale in sede di conversione del pignoramento il giudice dell’esecuzione determina con le modalità di cui all’art.495 c.p.c. l’entità della somma da versare in sostituzione delle cose pignorate non ha contenuto decisorio rispetto al diritto di agire "in executivis", con la conseguenza che l’opposizione proposta contro di essa è inquadrabile soltanto nel modello dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. di competenza del giudice dell’esecuzione (Cass. 23.4.1999 n.4042); impostazione in seguito consolidatasi. In realtà non può negarsi al giudice in sede di liquidazione dei crediti ex art.495 c.p.c. il potere di eliminare dalle note dei crediti voci ictu oculi non dovute (ad es. spese legali non conformi alle tariffe forensi); oltre tale ambito non credo che la giurisprudenza di legittimità lasci spazio a margini di l’ordinanza intervento di officioso. liquidazione Le contestazioni possono assumere la avverso forma dell’opposizione agli atti esecutivi ex art.617 c.p.c. e ciò è conforme ad un altro principio affermato dalla Suprema Corte in tema d’intervento, la cui contestazione è ammissibile solo in fase distributiva ex art.512 c.p.c. e non con opposizione ex art.615 c.p.c. Con gli atti d’intervento infatti i creditori non interferiscono nella prosecuzione del procedimento (da essi non iniziato né proseguito) ma si limitano a chiedere di partecipare alla distribuzione del ricavato, sì che solo in tale fase il debitore esecutato potrebbe avere interesse a chiedere l’esclusione del credito, avvalendosi della tutela ex art.512 c.p.c. (ex multis Cass. 23.4.2001 n.5961). Segnalo anche l’esistenza di prassi difformi (Tribunale di Reggio Emilia, Tribunale di Monza) che prevedono l’esatta liquidazione dei crediti da parte del giudice, anche d’ufficio e con accertamento contabile, sul presupposto del differente ambito applicativo degli artt.512 e 495 c.p.c: mentre la prima di tali norma presuppone un conflitto tra le parti e la distribuzione del ricavato secondo una precisa graduazione, l’art.495 crediti via in pagamento, tutti c.p.c. definitiva, i creditori esige posto l’accertamento che, risultano dei effettuato soddisfatti e il la procedura si estingue. E’ certo in ogni caso che i crediti inseriti debbono essere considerati irrilevante esecuzione unitamente conteggiati tutti ogni nei quanti come chirografi, diritto di prelazione. confronti di più l’istanza i di dalla riguardino o alcuni 2.10.2001 n.12197). soggetti conversione, crediti indipendentemente E dei creditori circostanza tutti i debitori che divenendo in ipotesi che di presentino devono essere intervenuti, tali crediti esecutati (Cass. La somma da sostituire va calcolata considerando per ogni singolo credito gli interessi maturati. Anche a tal proposito vi è un dubbio: gli interessi debbono essere calcolati alla data di presentazione dell’istanza di conversione o vanno considerati momento anche della soluzione quelli maturati determinazione pare essere quella successivamente giudiziale? fino al Quest’ultima preferibile. Una datata e condivisibile pronuncia della Cassazione ha altresì precisato che dopo la conversione del pignoramento il creditore procedente ha diritto agli interessi legali maturati sulla somma che ha sostituito il bene pignorato fino alla data del procedimento di distribuzione (Cass. 17.08.1973 n.2347). All’adempimento del debitore – nei modi e nei tempi fissati dal giudice – consegue una seconda ordinanza con la quale le cose pignorate sono liberate dal pignoramento e le somme versate sottoposte allo stesso vincolo in loro vece (sesto comma); il provvedimento deve contenere la cancellazione della trascrizione del pignoramento immobiliare ma non quella delle ipoteche che può essere disposta solo dopo l’estinzione del credito. La cancellazione della trascrizione del pignoramento consegue infatti al versamento della somma, la cui distribuzione distributiva iscrizioni ex potrebbe art.512 ipotecarie essere c.p.c. consegue oggetto La invece di opposizione cancellazione all’estinzione credito (emissione dei mandati di pagamento). delle del La conversione rateale – La riforma del 1998 ha introdotto la possibilità di conversione rateale per il pignoramento immobiliare, in via esclusiva, anche se non è comprensibile il motivo della scelta legislativa, posto che – come è stato osservato dalla dottrina (Verde, Capponi – Profili del processo civile, III, 108) – la possibilità di rateizzazione non riguarda il valore dei beni pignorati ma l’entità dei crediti in concorso. La dilazione è concessa solo se ricorrono giustificati (non gravi) motivi ed il riferimento carattere economico, con debitore, all’interesse non riferimento del può alle creditore, che essere condizioni alle garanzie di del di adempimento. Il termine massimo è stato fissato in 18 mesi (dall’1.3.2006, a seguito della modifica ex lege n.80/2005; in precedenza era di nove mesi), con decorrenza dalla data del provvedimento giudiziale che dispone la conversione (la norma non prevede un termine iniziale, ma tale soluzione trova il consenso della dottrina ed è condivisa dalla prassi). Tale termine non è suscettibile di proroghe posto che è la stessa legge a stabilirne l’ampiezza massima. Nel caso di rateizzazione la somma deve essere maggiorata degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito o, in mancanza, al tasso legale. Il problema che si pone è quello del raccordo fra il meccanismo di rateizzazione e la prosecuzione della procedura esecutiva, qualora non venga sospesa: è evidente che durante il periodo concesso per il versamento delle rate potrebbe essere fissata vanificandosi la in vendita, tal con modo il aggiudicazione tentativo del del bene, debitore di sostituire l’immobile pignorato con la somma di denaro. Il ricavato sarebbe così costituito dal prezzo di aggiudicazione e dalle debitore. rate In versate, questa con ipotesi eccessivo pertanto sacrificio – specie per il quando si ravvisano motivi per concedere un termine superiore ad un anno per i versamenti rateali – sarebbe opportuno sospendere le operazioni di vendita. Un’ultima questione giurisprudenza di a riguardo merito: se è stata sia affrontata possibile dalla l’erogazione anticipata al creditore delle rate versate dal debitore. La risposta affermativa si basa sulla mancanza di un ostacolo normativo in tal senso e sulla previsione di interessi scalari. Personalmente penso che la distribuzione sia la fase finale dell’esecuzione riferirsi all’intera e che somma essa debba ricavata necessariamente nell’ambito della procedura: problemi potrebbero sorgere inoltre in presenza di pluralità mancanza privilegio di di creditori, graduazione processuale creditore fondiario). ex specie dei in considerazione crediti art.41 inseriti T.U.B. in della (e del favore del 5.Decadenza. In base alla esplicita previsione del quinto comma la decadenza si verifica nel caso in cui il debitore non esegua il versamento della somma nel termine stabilito dal giudice oppure, nell’ipotesi di conversione rateale, ritardi di oltre quindici giorni il pagamento di una sola delle rate. Sebbene la decadenza sia automatica, è necessario che sia dichiarata legittimità con un può provvedimento essere giudiziale, contestata dal la cui debitore con opposizione ex art.617 c.p.c. (Cass. 14.04.1989 n.1812). Le somme versate vengono a far parte del compendio pignorato. Verificatasi la decadenza, il giudice dispone senza indugio la vendita dei beni pignorati, su istanza del creditore pignorante o di un creditore munito di titolo esecutivo. Questa previsione risulta alquanto singolare e si giustifica a mio parere solo in caso di procedura esecutiva sospesa a seguito dell’istanza di conversione. Non si spiegherebbe altrimenti la necessità dell’istanza di parte per azionare la vendita, per dare impulso ad una procedura non sospesa. Deve escludersi inoltre che l’istanza di conversione possa salvare il termine di cui all’art.497 c.p.c. per la proposizione dell’istanza di vendita: il processo esecutivo non può comunque proseguire – secondo autorevole dottrina (Tarzia, R.d.proc, 76, 458) – se nel termine ex art.497 c.p.c. non sia stata proposta l’istanza di vendita.