LA CONVERSIONE DEL PIGNORAMENTO

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LA CONVERSIONE DEL PIGNORAMENTO
LA
CONVERSIONE
DEL
PIGNORAMENTO
–
PRASSI
A
CONFRONTO
E
SOLUZIONI
1.La ratio della previsione. 2.L’istanza di conversione: a)
profili
soggettivi;
questioni
tardiva
di
b)
modalità
ammissibilità:
proposizione
il
di
presentazione;
versamento
dell’istanza
e
diritto
del
c)
quinto
–
transitorio
–
restituzione e riproposizione in caso d’inammissibilità; 3.
Conversione e sospensione del procedimento esecutivo;
4. La
liquidazione dei crediti e la determinazione del residuo. La
conversione rateale; 5.Decadenza
1.La ratio della previsione
L’art.495 c.p.c. ha l’obiettivo di realizzare il pagamento
dell’intero credito azionato esecutivamente e disciplina una
modalità
di
estinzione
del
processo
esecutivo
e
dell’obbligazione pecuniaria. E’ inutile l’immobilizzo dei
beni se il debitore è disposto a versare somme di danaro,
preferendo che il pagamento avvenga attraverso il processo,
previa liquidazione del dovuto e, eventualmente, richiesta di
ammissione
al
beneficio
della
rateizzazione
se
le
cose
pignorate sono costituite da immobili.
E’ noto che la conversione opera attraverso la sostituzione
dell’oggetto del pignoramento con una somma di denaro, per
cui fino all’assegnazione l’esecuzione continua sia pure con
un oggetto diverso: è escluso pertanto quando il pignoramento
sia caduto sin dall’origine su somme di denaro; è ammesso,
invece, a seguito della modifica ex art.13 l.302/98, in caso
di pignoramento dei crediti.
La norma pone problemi applicativi, alcuni dei quali hanno
trovato soluzioni univoche nelle prassi giurisprudenziali;
altri
invece
continuano
ad
essere
oggetto
di
differente
interpretazione.
2.L’istanza di conversione.
a) Profili soggettivi.
Deve
essere
presentata
dal
debitore
o
vi
è
a
riguardo
legittimazione anche di soggetti estranei alla procedura?
La questione è diversamente affrontata in dottrina ed ha un
profilo pratico perché, in caso di risposta positiva, al
terzo sarebbe consentito intervenire nel processo.
La Cassazione si è pronunciata su due ipotesi specifiche:
-
la conversione può essere sempre richiesta dal terzo,
il cui bene sia stato assoggettato a pignoramento per
il
soddisfacimento
effettuata
proporre
ovvero
la
coattivo
conversione,
l'opposizione
proseguire
di
di
il
cui
un
debito
altrui;
potrà
altresì
terzo
all’art.
nell’opposizione
già
619
c.p.c.
proposta,
in
quanto la conversione del pignoramento sopravvenuta non
comporta
la
cessazione
della
materia
del
contendere
(Cass. 12.07.1979 n.4059);
-
il terzo resosi acquirente - in forza di una pronuncia
emessa
ex
art.2932
c.c.
e
sotto
condizione
del
pagamento del residuo prezzo - di un bene immobile
sottoposto
ad
espropriazione
immobiliare,
è
legittimato, a tutela del proprio interesse, a chiedere
ed ottenere la conversione del pignoramento a norma
dell'art. 495 c.p.c. (Cass. 6.04.2009 n.8250). Segnalo
l’importanza
terzi
di
questa
proprietari
procedura
con
possono
pronuncia
titolo
perché
non
accedere
afferma
opponibile
all’istituto
che
alla
della
conversione. Più in particolare, in un passaggio della
motivazione,
la
Corte
afferma
che
“intende
dare
continuità e sviluppo al principio già sancito con la
sent.
4059/1979;
detta
sentenza,
nel
riconoscere
la
legittimazione all’istanza di conversione al terzo, un
bene del quale sia stato assoggettato a pignoramento
per
il
soddisfacimento
di
un
debito
altrui,
ha
affermato che l'art. 495 c.p.c., là dove parla soltanto
di < debitore >, attribuendo a questo il potere di
<chiedere di sostituire alle cose pignorate una somma
di danaro pari all'importo delle spese e dei crediti
del creditore pignorante e dei creditori intervenuti>,
ha riguardo all'ipotesi normale, ma non esclude che
possano esservi terzi, parimenti legittimati, in quanto
aventi un interesse ad una pronta liberazione del bene
dal vincolo imposto dal pignoramento; e - in linea con
l'impostazione seguita da una parte della dottrina - ha
superato
l'indirizzo
restrittivo
precedentemente
seguito da Cass. Sez. 3^, 25 maggio 1971, n. 1524, e da
Cass. Sez. 3^, 6 giugno 1975, n. 2253”.
Sulla base di questo orientamento può ritenersi quindi che
anche il coniuge in regime di comunione legale dei beni, non
esecutato, può proporre istanza di conversione in caso di
pignoramento, ancorché pro quota, del bene comune.
La
giurisprudenza
di
merito,
per
contro,
ha
escluso
la
legittimazione del comproprietario dell’immobile pignorato a
chiedere la conversione, quando il pignoramento ha ad oggetto
solo la quota indivisa del debitore (Trib. Torino 31.10.2003,
in G. mer. 2004, 702), dimostrando in tal modo di accedere ad
una
tesi
restrittiva
a
riguardo,
valorizzando
in
via
esclusiva il dato letterale della norma (“il debitore può
chiedere
di
sostituire...”);
orientamento
Cassazione,
precedente
che
–
alla
come
trattasi
tuttavia
pronuncia
accennato
–
del
di
2009
amplia
un
della
l’ambito
applicativo della norma.
E’ pacifico invece che il terzo proprietario assoggettato
all’esecuzione
l’istanza
di
ai
sensi
dell’art.602
conversione,
in
questo
disposto normativo (art.604 c.p.c.).
c.p.c.
può
proporre
caso
per
espresso
Il terzo, dunque, se ha interesse alla pronta liberazione del
bene dal vincolo del pignoramento può proporre istanza di
conversione, anche se non assume la qualità di debitore nel
procedimento
esecutivo.
Oltre
tale
limite
è
possibile
un’ulteriore estensione della norma? Si discute cioè se la
conversione possa essere richiesta da qualsiasi terzo, purchè
ciò avvenga secondo il parametro di cui all’art. 1180 c.c.
norma sostanziale che consente l’adempimento del terzo, anche
contro
la
volontà
del
creditore
(la
tesi
positiva
trova
autorevole conferma in Carnelutti, Istituzioni del processo
civile italiano, 56, III, 18). Si consideri inoltre che la
Cassazione
ha
affermato
dell’ammissibilità
che
è
dell’istanza,
irrilevante,
che
il
ai
debitore
fini
abbia
ottenuto da altri il denaro occorrente per la conversione
(Cass. 25.5.1971 n.1524), per cui ritengo che, in definitiva,
il
pagamento
con
effetto
estintivo
(della
procedura
e
dell’obbligazione) sia l’unico elemento determinante ai fini
dell’ammissione alla conversione e che non vi sia ragione per
limitare in ambito processuale l’ambito di applicazione degli
istituti previsti in tema di adempimento delle obbligazioni
ivi compreso quello dell’adempimento del terzo. Non vi è
infatti un interesse – di ordine pubblico, con riferimento al
processo, o di natura privata, a latere creditoris – perché
il
debitore
pecuniaria.
esecutato
esegua
personalmente
l’obbligazione
b) Modalità di presentazione dell’istanza.
La
norma
stabilisce
che
“il
debitore”
può
chiedere
la
sostituzione dell’esecuto pignorato con una somma di denaro,
per cui deve ritenersi che non è necessario il patrocinio
legale
ex
artt.82
presentata
dunque
e
segg.
c.p.c.
personalmente,
L’istanza
anche
può
in
essere
udienza,
oralmente, con annotazione a verbale della richiesta e prova
del versamento dell’importo indicato dal secondo comma.
Se l’istanza è depositata in Cancelleria dal debitore sarà
necessario
che
il
Cancelliere
si
accerti
dell’identità
dell’istante, con annotazione in calce alla sottoscrizione.
Ritengo che la costituzione tramite difensore del debitore
non
impedisca
a
quest’ultimo
personalmente
di
proporre
istanza di conversazione.
In
ogni
caso
Cancelleria
è
con
escluso
modalità
che
l’istanza
diverse
dal
possa pervenire in
deposito
(ad
es.
mediante servizio postale, fax ecc.) perché trattandosi di
atto destinato ad avere effetti processuali va rispettata la
forma di cui all’art.486 c.p.c. (le domande e le istanze al
giudice
avvengono
dell’esecuzione
in
udienza
sono
e
con
proposte
ricorso
oralmente
da
quando
depositarsi
in
Cancelleria negli altri casi).
c) Questioni sull’ammissibilità dell’istanza.
c1) Il versamento del quinto.
In
primo
luogo
deve
procedersi
all’esatta
individuazione
degli
importi
da
considerare
ai
fini
della
richiesta
di
conversione: il credito per il quale è stato eseguito il
pignoramento (e non l’eventuale maggior credito originario
inadempiuto) e i crediti degli intervenuti fino al momento
dell’istanza,
crediti
risultanti
rapportati
dai
relativi
all’attualità
atti
secondo
d’intervento;
l’opinione
di
autorevole dottrina (Capponi, Danovi), contraddetta tuttavia
dalla prassi prevalente dei tribunali che esclude dal computo
(ai fini del calcolo del quinto) gli interessi.
Su tale somma dunque va calcolato il valore del quinto, che
costituisce
l’importo
minimo
dell’acconto
(prima
della
riforma ex lege 302/98 il versamento doveva essere pari ad un
quinto; oggi la previsione è di “non inferiore al quinto”).
Le spese di giustizia – ossia quelle relative all’esecuzione
- non entrano nel computo ai fini del calcolo del quinto, in
base alla espressa previsione normativa.
Devono
essere
infine
calcolare
il
quinto
debitore.
Autorevole
defalcati
solo
gli
detratti
gli
eventuali
dottrina
acconti
dall’importo
acconti
ritiene
versati
che
prima
sul
quale
versati
possano
dal
essere
dell’inizio
del
processo esecutivo, dei quali i creditori non abbiano tenuto
conto in precetto o negli atti d’intervento, affinché non sia
violato il principio della par condicio creditorum. Ritengo
che la soluzione suggerita sia troppo rigida perché finisce
per non tener conto di pagamenti comunque idonei ad essere
considerati ai fini del riparto finale; il debitore cioè
pagherebbe inutilmente – quanto meno ai fini della procedura
esecutiva
–
qualora
effettuasse
acconti
direttamente
ai
creditori dopo il pignoramento.
Orbene, se in pendenza della procedura esecutiva, è possibile
per il debitore estinguere alcune posizioni, ottenendo la
rinuncia del singolo creditore a prescindere dal privilegio
che assiste il credito nella procedura stessa, non è dato
intendere per quale ragione egli non possa effettuare in via
stragiudiziale pagamenti a parziale estinzione di uno dei
credito azionati.
In ogni caso di tali acconti deve darsi prova documentale: la
norma
non
specifica
se
trattasi
di
quella
rigorosa
ex
art.2699 c.c. (il capo II del titolo II del libro VI del c.c.
rubrica
elastica
proprio
di
cui
“prova
documentale”)
all’art.633
c.p.c.
oppure
quella
L’equivoco
più
normativo
potrebbe dar origine a contestazioni tra le parti che il
giudice è tenuto a risolvere con l’ordinanza di liquidazione
del credito, soggetta all’opposizione ex art.617 c.p.c.
Evidenzio
–
in
relazione
al
tema
in
argomento
-
che
di
recente la Corte di Cassazione ha stabilito che qualora il
debitore, per un errore che egli addebiti a se stesso (nella
specie definendolo "materiale") e che abbia compiuto all’atto
del versamento, abbia versato, ai sensi del secondo comma
dell'art.
495
cod.
proc.
civ.,
una
somma
inferiore
alla
misura del quinto, deve escludersi che la sanzione della
inammissibilità della conversione possa essere in concreto
evitata invocandosi da parte del debitore stesso il principio
della idoneità dell'atto al raggiungimento dello scopo per
essere
stata
versata
una
somma
non
di
molto inferiore a
quella che si sarebbe dovuta versare e per doversi, quindi,
configurare
come
effettiva
la
volontà
del
debitore
di
procedere alla conversione, giacché il suddetto principio non
può venire in rilievo quando la legge commina la sanzione
della
inammissibilità
(Cass.
24.8.2007
n.17957).
Ogni
integrazione quindi della somma depositata con l’istanza deve
ritenersi esclusa.
L’acconto
va
depositato
in
Cancelleria
ed
il
cancelliere
provvede successivamente a depositarlo presso un istituto di
credito indicato dal giudice.
Ulteriore
problema:
tempestivi
stabilito
parere
ai
in
fini
una
quali
interventi
della
conversione?
pronuncia
condivisibile,
che
datata,
in
ma
tema
devono
La
considerarsi
Cassazione
ancora
di
ha
oggi a mio
conversione
del
pignoramento, ex art. 495 c.p.c. venendo meno la fase della
vendita (ormai inutile) e, conseguentemente, l'udienza per
determinarne
le
modalità,
il
limite
temporale
per
il
tempestivo intervento di altri creditori nell'esecuzione è
costituito dall'udienza che, ai sensi del secondo comma del
citato art. 495, il giudice dell'esecuzione deve fissare per
sentire
le
conversione
parti,
(Cass.
prima
di
8.11.1982
emettere
n.5867).
l'ordinanza
Una
di
complicazione
potrebbe esserci se il giudice non provvede in udienza e
nelle
more
dello
scioglimento
della
riserva
vi
sia
un
ulteriore intervento: ritengo che il momento preclusivo debba
essere comunque l’udienza in quanto il differimento della
decisione rispetto ad essa non incide sui presupposti sui
quali il provvedimento si basa.
Segnalo tuttavia che si registrano nella giurisprudenza di
merito edita alcune oscillazioni: secondo il Tribunale di
Padova (ord. 12.3.2004 in G mer 2004, 2233) nell’ipotesi di
intervento
di
creditori
muniti
di
titolo
esecutivo
intervenuti dopo l’istanza di conversione, il debitore dovrà
comunicare se intende soddisfare anche questi ultimi oppure
riavere
le
somme
versate
per
la
conversione;
secondo
il
Tribunale L’Aquila (ord. 10.6.2002 R. esec. forz. 2003, 593)
l’intervento
è
tempestivo
finchè
non
di
determina
il
passaggio dal pignoramento dei beni al denaro versato.
c2) Inammissibilità per tardiva proposizione dell’istanza.
Diritto transitorio.
Il primo comma dell’art.495 c.p.c. – così come novellato
dalla l.80/2005, con efficacia dall’1.3.2006 – stabilisce che
l’istanza può proporsi “prima che sia disposta la vendita o
l’assegnazione a norma degli artt.530, 552 e 569 c.p.c.”.
In
dottrina
si
discute
se
il
termine
cronologico per la
richiesta di conversione ex l.80/2005 coincida con l’udienza
o con il provvedimento del giudice (che può intervenire o
meno all’udienza): nel primo caso trattasi, a seconda del
tipo
di
esecuzione,
della
prima
udienza
fissata
per
l’autorizzazione alla vendita o per l’assegnazione (art.530 –
espropriazione mobiliare); della prima udienza fissata per
l’assegnazione dei crediti (art.552 c.p.c. – espropriazione
presso terzi); della prima udienza fissata per l’audizione
delle
parti
e
dei
creditori
iscritti
ex
art.498
c.p.c.
(art.569 c.p.c. – espropriazione immobiliare).
Ritengo
che
piuttosto
ancorare
che
al
il
limite
provvedimento
temporale
giudiziale
all’udienza
garantisca
la
certezza dell’esercizio del diritto.
Può
ritenersi
invece
superato
il
problema
di
diritto
transitorio, per le procedure pendenti prima dell’1.3.2006 a
seguito
della
sentenza
della
Corte
Costituzionale
n.309
dell’11.6.2008. Ha stabilito infatti il giudice delle leggi –
aderendo alla tesi più restrittiva fra quelle prospettate
dalla
giurisprudenza
risoluzione
della
provvedimento
che
di
merito
questione
dispone
la
in
-
che
“ai
scrutinio,
vendita
dei
fini
non
beni
della
è
il
pignorati
l'atto con riguardo al quale va identificata la normativa
applicabile
nel
passaggio
dal
previgente
al
nuovo
regime
processuale, secondo il principio tempus regit actum, bensì
l'istanza di conversione del pignoramento”, concludendo nel
senso
che
la
vendita
disposta
prima
della
modifica
legislativa rende inammissibile l’istanza di conversione per
espressa (e non irragionevole) previsione normativa. In tale
valutazione – secondo il ragionamento della Corte – “si deve
tener conto non soltanto del contenuto della nuova normativa,
ma anche delle modalità e dei tempi della sua introduzione,
riferiti
all'atto
all'istanza
di
processuale
conversione
di
del
cui
si
tratta,
pignoramento
e
e
cioè
non
alla
vendita. Quest'ultima, infatti, nei vari momenti in cui la
relativa procedura si svolge, ha soltanto la funzione di
fornire
al
legislatore
i
termini
delle
possibili
opzioni
riguardo alla suddetta preclusione; inoltre, la modifica che ha anticipato al momento in cui la vendita viene disposta
la preclusione per l'istanza di conversione del pignoramento
rispetto alla previgente disciplina - è stata introdotta con
l'art.
2,
comma
3,
del
decreto-legge
n.
35
del
2005,
convertito dalla legge n. 80 del 2005, e la sua entrata in
vigore era differita alla scadenza di centoventi giorni dalla
pubblicazione
della
legge
di
conversione
nella
Gazzetta
Ufficiale, avvenuta il 14 maggio 2005. Successivamente, la
data di entrata in vigore è stata ulteriormente differita al
15 novembre 2005 (art. 8 del decreto-legge 30 giugno 2005, n.
115) e, poi, con la legge di conversione 17 agosto 2005, n.
168, al 1 gennaio 2006, scadenza mantenuta nell'impugnato
art. 1, comma 6, della legge n. 263 del 2005 e, infine,
prorogata al 1 marzo 2006 dall'art. 39-quater del decretolegge n. 273 del 2005, convertito dalla legge n. 51 del
2006): i debitori assoggettati a procedure esecutive, nelle
quali la vendita era stata disposta prima della modifica
legislativa, già dalla pubblicazione del primo provvedimento
erano pertanto consapevoli di avere ancora centoventi giorni
per fruire dell'allora vigente regime normativo, termine che
poi, per i differimenti dell'entrata in vigore della nuova
normativa, ha superato i nove mesi. In definitiva, non vi è
stata alcuna compressione di posizioni soggettive processuali
acquisite;
ne'
varrebbe
obiettare
che
soltanto
l'art.
1,
comma 6, della legge n. 263 del 2005 contiene l'espressa
previsione dell'applicazione della novella processuale alle
procedure esecutive in corso. Con tale previsione, infatti,
si è reso esplicito ciò che era già conseguenza dei principi
generali in tema di passaggio dall'una ad altra disciplina
processuale
per
transitorie.
Anche
citato
ultimo
assoggettati
quanto
non
volendo
provvedimento
a
procedura
regolato
ammettere
del
che
dicembre
esecutiva
da
disposizioni
soltanto
2005
siano
i
con
il
debitori
stati
resi
definitivamente edotti dell'applicabilità ad essi della nuova
normativa, è innegabile che costoro abbiano pur sempre potuto
disporre
di
un
termine
di
circa
due
mesi,
tale
da
non
incidere gravemente sulla facoltà di presentare l'istanza di
conversione del pignoramento (del resto proponibile subito
dopo il pignoramento stesso)”.
c3) Istanza inammissibile: restituzione della somma versata e
riproposizione.
Deve
ritenersi
che
un’istanza
di
conversione
dichiarata
inammissibile possa essere riproposta, in quanto il limite di
cui
all’ultimo
comma
–
secondo
l’interpretazione
uniforme
della giurisprudenza di merito – si riferisce solo ad ipotesi
d’inadempimento del debitore al versamento del residuo e di
decadenza
dal
beneficio,
con
conseguente
allungamento
dei
tempi della procedura.
Diversamente
argomentando
il
regime
sarebbe
ingiustamente
sanzionatorio per il debitore, al quale deve consentirsi –
almeno
una
conversione,
volta
–
di
previa
accedere
valutazione
al
beneficio
di
della
ammissibilità
dell’istanza.
E’ altresì prassi pressoché condivisa la restituzione della
somma
versata
inammissibile;
somma
unitamente
che
non
all’istanza
può
essere
dichiarata
acquisita
alla
procedura per essere in seguito distribuita, in presenza di
espressa previsione normativa. Il quinto comma dell’art.495
c.p.c. stabilisce infatti che solo in caso d’inadempimento
del debitore al tempestivo versamento del credito residuo “le
somme versate formano parte dei beni pignorati”.
Si registra
tuttavia un orientamento contrario di autorevole dottrina,
secondo cui l’acconto non può più tornare in possesso del
debitore, qualsiasi sia l’esito della procedura.
3.Conversione e sospensione del procedimento esecutivo.
L’ammissibilità
necessariamente
dell’istanza
la
di
sospensione
conversione
del
processo
non
implica
esecutivo.
La
questione è stata da tempo chiarita dalle sezioni unite della
Suprema
Corte
prendendo
(Cass.
posizione
sez.
su
un.
un
19.7.1990
conflitto
n.7378)
che,
interpretativo
a
riguardo, ha stabilito che con il deposito dell’istanza non
si
verifica
dilazione
previsione
un'automatica
dell'atto
in
già
proposito,
sospensione
fissato,
e
che,
in
dell'esecuzione,
quanto
inoltre,
le
difetta
esigenze
o
una
di
continuità e speditezza della procedura non possono essere
sacrificate per effetto di mere iniziative dell'esecutato,
mentre l'eventuale differimento della vendita resta affidato
alla valutazione del giudice dell'esecuzione, alla stregua
degli elementi del caso concreto (quali le ragioni addotte,
l'ammontare del debito, la condotta delle parti).
In particolare, la serietà dell’impegno di adempimento da
parte
del
versamento
debitore
può
effettuato
essere
valutata
contestualmente
dall’entità
all’istanza,
del
non
limitato al quinto – ai fini della mera ammissibilità - ma in
percentuale congrua rispetto all’ammontare dei crediti.
A
volte
la
decisione
del
giudice
dell’esecuzione
è
condizionata da ragioni di opportunità (al fine di evitare
l’incremento
dei
costi
dall’espletamento
della
della
procedura,
C.T.U.
derivanti
dalla
delega
al
può
influire
la
professionista, dalla custodia).
Sul
sub-procedimento
sospensione
del
di
conversione
procedimento
di
esecuzione
a
seguito
di
decisione del giudice della cognizione (ad es. sospensione
della
provvisoria
inbitoria
da
esecutorietà
parte
del
di
giudice
un
decreto
ingiuntivo;
dell’impugnazione).
E’
evidente che in questi casi dovrà essere sospeso anche il
subprocedimento,
fino
cognizione,
cui
il
alla
definizione
esito
favorevole
del
per
giudizio
il
di
debitore
determinerà la restituzione a costui delle somme versate,
vincolate alla procedura.
Va considerata infine la possibilità che il debitore presenti
l’istanza di conversione quando la procedura esecutiva sia
avviata ma non possa proseguire per cause endoprocessuali (la
pendenza del termine per il deposito dell’istanza di vendita
o
per
il
deposito
della
documentazione
ipocatastale
ex
art.567 c.p.c.). Ritengo che lo stato di quiescenza della
procedura non sia un ostacolo all’ammissibilità dell’istanza
di conversione, in assenza di un esplicito limite normativo
in tal senso, potendo essere interesse del debitore evitare
un aggravio dei costi e dei tempi del processo esecutivo.
L’eventuale sospensione (dell’esecuzione) inciderebbe quindi
anche sui termini di deposito che resterebbero sospesi.
4.
La
liquidazione
dei
crediti
e
la
determinazione
del
residuo. La conversione rateale.
Il
giudice
dell’esecuzione
dell’istanza
–
deve
–
valutata
determinare,
l’ammissibilità
previa
audizione
delle
parti, l’importo globale che il debitore deve versare. Quid
iuris se è omessa la comunicazione al debitore dell’udienza?
Ha
stabilito
processo
a
riguardo
esecutivo
non
la
Cassazione
è
che,
configurabile
poiché
un
nel
formale
contraddittorio con le caratteristiche proprie del processo
di
cognizione,
nel
procedimento
disciplinato
dall’art.495
c.p.c. la comparizione delle parti è preordinata soltanto a
consentire il miglior esercizio della potestà di ordine del
giudice dell’esecuzione e l’omessa comunicazione al debitore
del provvedimento con il quale sia stata fissata l’udienza
per la sua comparizione non cagiona di per sé la nullità
degli atti esecutivi compiuti, potendo il debitore insorgere
con l'opposizione al successivo atto esecutivo compiuto nei
modi e nei termini di cui all’art.617 c.p.c. per far valere
eventuali vizi di tali atti (Cass. 26.1.2005 n.1618). In
definitiva
omissione
rimedio
idonei
il
dell’avviso
tipico
ad
debitore
a
non
potrà
comparire;
dell’opposizione
inficiare
la
lamentarsi
dovrà
agli
regolarità
atti
del
della
allegare
mera
con
esecutivi
il
vizi
subprocedimento
in
senso a sé pregiudizievole (ad es. la mancata audizione al
fine di contestare un determinato credito).
Ritengo (opinione condivisa dai giudici dell’esecuzione) che
non sia necessario l’avviso ai creditori iscritti ex art.498
c.p.c. dell’udienza fissata per l’audizione delle parti ai
sensi
del
iscritto
terzo
non
distribuzione
infatti
la
comma
dell’art.495
intervenuto,
delle
somme
garanzia
c.p.c.
anche
se
versate
dal
ipotecaria
Il
creditore
pretermesso
debitore,
fino
dalla
conserva
all’estinzione
dell’obbligazione pecuniaria.
Oltre
al
credito
del
pignorante
e
degli
intervenuti,
“comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese”,
vanno calcolate anche “le spese dell’esecuzione”, secondo la
previsione del comma 1. Se le spese dell’esecuzione sono
quelle
del
processo
esecutivo
(comprensive
quindi
di
borsuali, diritti ed onorari), quali sono le spese che si
cumulano al capitale ed agli interessi? La dottrina – con
argomentazioni che mi sembrano condivisibili – ha sostenuto
(Capponi, Note a prima lettura del cd. decretone competività…
su www.judicium.it) che trattasi delle spese sopportate dai
singoli
creditori
fuori
dal
processo
(e,
quindi,
in
via
stragiudiziale) per il recupero dei rispettivi crediti (si
pensi ad es. all’iscrizione ipotecaria), purchè sussista una
stretta attinenza con tale finalità.
Circa
la
valutazione
dei
crediti
da
inserire,
sorge
un
duplice
problema
estensione
del
relativo,
potere
del
per
un
giudice
verso,
all’esatta
dell’esecuzione
nella
liquidazione delle somme dovute dal debitore e, per altro,
alle possibili contestazioni di quest’ultimo.
La
Cassazione
ha
risolto
entrambi
in
un’unica
pronuncia,
piuttosto recente, del 3.9.2007 n.18538, stabilendo che la
determinazione
della
somma
di
denaro
da
versare
in
sostituzione delle cose pignorate, che il giudice opera ai
sensi dell'art. 495 cod. proc. civ., comporta una valutazione
sommaria
delle
pretese
del
creditore
pignorante
e
dei
creditori intervenuti nonché delle spese già anticipate e da
anticipare
e
non
deve
tenere
conto
dell’esistenza
o
dell’ammontare dei singoli crediti e della sussistenza dei
diritti di prelazione, in quanto tali questioni possono porsi
solo in sede di distribuzione della somma ricavata dalla
vendita
ai
possibilità
sensi
che
il
dell’art.512
debitore
c.p.c,
contesti,
fatta
con
salva
la
l’opposizione
all’esecuzione, l’esistenza del credito ovvero che lo stesso
è
inferiore
a
quanto
dovuto
(in
senso
conforme
anche
Cass.12197/2001; Cass.4525/1998; Cass.3442/1988).
Il
giudice
meramente
quindi
formale
dovrebbe
limitarsi
dell’importo
dei
ad
vari
un
controllo
crediti,
senza
spingersi ad una verifica di reale sussistenza degli stessi
(dovrebbe così eludersi un approfondimento in questa fase
tramite C.T.U. contabile).
E’ anche vero però che si registra una interessante pronuncia
difforme della stessa giurisprudenza di legittimità (Cass.
1.9.1999 n.9194), la quale ha espressamente preso le distanze
dall’orientamento
secondo
cui
avverso
l’ordinanza
di
conversione non potrebbe proporsi un'opposizione avente ad
oggetto l'an ed il quantum del debito esecutato. Secondo tale
impostazione, qualora il debitore chieda la conversione del
pignoramento ed il giudice dell'esecuzione sulla base delle
indicazioni
fornite
dai
creditori
sull'ammontare
a
quel
momento del loro credito non soddisfatto determini in una
certa misura la somma da versare in sostituzione delle cose
pignorate, il debitore ben potrebbe assumere che l'importo
dovuto è inferiore (o che addirittura nulla è dovuto). In tal
caso il giudice dovrebbe qualificare la contestazione come
opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art.615 c.p.c. in
quanto
il
debitore
contesta
in
sostanza
il
diritto
del
creditore ad ottenere il soddisfacimento del suo credito a
mezzo dell'espropriazione forzata. Secondo il ragionamento
della Corte, sussiste infatti in ogni momento, e quindi,
anche in sede di conversione del pignoramento, l'interesse
del
debitore
all'accertamento
soddisfacimento
esecutato
del
si
alla
quantum
procede
del
in
determinazione
credito
executivis,
per
il
senza
ed
cui
dover
attendere la fase della distribuzione della somma ricavata
per ottenere l'eventuale restituzione di quanto versato in
più del dovuto. Diventa poi una questione di merito, oggetto
della proposta opposizione all'esecuzione, l'accertamento di
quale fosse l'ammontare del credito ancora insoddisfatto del
creditore intervenuto, ed in relazione al quale era stata
effettuata
la
conversione
del
pignoramento.
In
questo
giudizio di opposizione, come in ogni normale giudizio di
cognizione, dovrà il creditore opposto fornire la prova del
proprio credito, e, quindi, attesa la peculiarità di questo
giudizio,
produrre
i
titoli
su
cui
si
fonda
il
proprio
credito.
Tale orientamento resta minoritario, anche se si riscontra
qualche altra pronuncia in tal senso; vi segnalo la sentenza
del 15.4.1994 n.3585, così massimata “i rilievi avanzati dal
debitore esecutato in sede di comparizione delle parti in
seguito all'istanza del creditore procedente che contesti,
pretendendo
l'aggiunta
di
interessi
e
spese,
la
somma
liquidata dal giudice con l'ordinanza con cui ha ammesso il
debitore
alla
conversione
del
pignoramento,
qualora
siano
diretti a dimostrare l'insussistenza del supero preteso dal
creditore, costituiscono, in quanto diretti a contestare lo
stesso
nella
diritto
misura
notificato,
esecutivi,
decadenza”.
del
creditore
richiesta,
opposizione
e
come
tali
ed
a
pretendere
in
forza
all'esecuzione,
non
sono
del
e
soggetti
gli
interessi,
precetto
non
a
agli
già
atti
termini
di
Solo pochi mesi prima della sentenza n.9194/1999 la Corte
aveva tuttavia affermato che l’ordinanza con la quale in sede
di conversione del pignoramento il giudice dell’esecuzione
determina con le modalità di cui all’art.495 c.p.c. l’entità
della somma da versare in sostituzione delle cose pignorate
non ha contenuto decisorio rispetto al diritto di agire "in
executivis", con la conseguenza che l’opposizione proposta
contro
di
essa
è
inquadrabile
soltanto
nel
modello
dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. di
competenza
del
giudice
dell’esecuzione
(Cass.
23.4.1999
n.4042); impostazione in seguito consolidatasi.
In realtà non può negarsi al giudice in sede di liquidazione
dei crediti ex art.495 c.p.c. il potere di eliminare dalle
note dei crediti voci ictu oculi non dovute (ad es. spese
legali non conformi alle tariffe forensi); oltre tale ambito
non credo che la giurisprudenza di legittimità lasci spazio a
margini
di
l’ordinanza
intervento
di
officioso.
liquidazione
Le
contestazioni
possono
assumere
la
avverso
forma
dell’opposizione agli atti esecutivi ex art.617 c.p.c. e ciò
è conforme ad un altro principio affermato dalla Suprema
Corte
in
tema
d’intervento,
la
cui
contestazione
è
ammissibile solo in fase distributiva ex art.512 c.p.c. e non
con opposizione ex art.615 c.p.c. Con gli atti d’intervento
infatti i creditori non interferiscono nella prosecuzione del
procedimento
(da
essi
non
iniziato
né
proseguito)
ma
si
limitano a chiedere di partecipare alla distribuzione del
ricavato, sì che solo in tale fase il debitore esecutato
potrebbe avere interesse a chiedere l’esclusione del credito,
avvalendosi della tutela ex art.512 c.p.c. (ex multis Cass.
23.4.2001 n.5961).
Segnalo anche l’esistenza di prassi difformi (Tribunale di
Reggio Emilia, Tribunale di Monza) che prevedono l’esatta
liquidazione
dei
crediti
da
parte
del
giudice,
anche
d’ufficio e con accertamento contabile, sul presupposto del
differente ambito applicativo degli artt.512 e 495 c.p.c:
mentre la prima di tali norma presuppone un conflitto tra le
parti e la distribuzione del ricavato secondo una precisa
graduazione,
l’art.495
crediti
via
in
pagamento,
tutti
c.p.c.
definitiva,
i
creditori
esige
posto
l’accertamento
che,
risultano
dei
effettuato
soddisfatti
e
il
la
procedura si estingue.
E’ certo in ogni caso che i crediti inseriti debbono essere
considerati
irrilevante
esecuzione
unitamente
conteggiati
tutti
ogni
nei
quanti
come
chirografi,
diritto
di
prelazione.
confronti
di
più
l’istanza
i
di
dalla
riguardino
o
alcuni
2.10.2001 n.12197).
soggetti
conversione,
crediti
indipendentemente
E
dei
creditori
circostanza
tutti
i
debitori
che
divenendo
in
ipotesi
che
di
presentino
devono
essere
intervenuti,
tali
crediti
esecutati
(Cass.
La somma da sostituire va calcolata considerando per ogni
singolo credito gli interessi maturati. Anche a tal proposito
vi è un dubbio: gli interessi debbono essere calcolati alla
data di presentazione dell’istanza di conversione o vanno
considerati
momento
anche
della
soluzione
quelli
maturati
determinazione
pare
essere
quella
successivamente
giudiziale?
fino
al
Quest’ultima
preferibile.
Una
datata
e
condivisibile pronuncia della Cassazione ha altresì precisato
che
dopo
la
conversione
del
pignoramento
il
creditore
procedente ha diritto agli interessi legali maturati sulla
somma che ha sostituito il bene pignorato fino alla data del
procedimento di distribuzione (Cass. 17.08.1973 n.2347).
All’adempimento del debitore – nei modi e nei tempi fissati
dal giudice – consegue una seconda ordinanza con la quale le
cose pignorate sono liberate dal pignoramento e le somme
versate sottoposte allo stesso vincolo in loro vece (sesto
comma);
il
provvedimento
deve
contenere
la
cancellazione
della trascrizione del pignoramento immobiliare ma non quella
delle ipoteche che può essere disposta solo dopo l’estinzione
del
credito.
La
cancellazione
della
trascrizione
del
pignoramento consegue infatti al versamento della somma, la
cui
distribuzione
distributiva
iscrizioni
ex
potrebbe
art.512
ipotecarie
essere
c.p.c.
consegue
oggetto
La
invece
di
opposizione
cancellazione
all’estinzione
credito (emissione dei mandati di pagamento).
delle
del
La conversione rateale – La riforma del 1998 ha introdotto la
possibilità
di
conversione
rateale
per
il
pignoramento
immobiliare, in via esclusiva, anche se non è comprensibile
il motivo della scelta legislativa, posto che – come è stato
osservato
dalla
dottrina
(Verde,
Capponi
–
Profili
del
processo civile, III, 108) – la possibilità di rateizzazione
non riguarda il valore dei beni pignorati ma l’entità dei
crediti in concorso.
La dilazione è concessa solo se ricorrono giustificati (non
gravi)
motivi
ed
il
riferimento
carattere
economico,
con
debitore,
all’interesse
non
riferimento
del
può
alle
creditore,
che
essere
condizioni
alle
garanzie
di
del
di
adempimento.
Il termine massimo è stato fissato in 18 mesi (dall’1.3.2006,
a seguito della modifica ex lege n.80/2005; in precedenza era
di nove mesi), con decorrenza dalla data del provvedimento
giudiziale che dispone la conversione (la norma non prevede
un termine iniziale, ma tale soluzione trova il consenso
della dottrina ed è condivisa dalla prassi). Tale termine non
è suscettibile di proroghe posto che è la stessa legge a
stabilirne l’ampiezza massima.
Nel caso di rateizzazione la somma deve essere maggiorata
degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito o, in
mancanza, al tasso legale.
Il
problema
che
si
pone
è
quello
del
raccordo
fra
il
meccanismo di rateizzazione e la prosecuzione della procedura
esecutiva, qualora non venga sospesa: è evidente che durante
il periodo concesso per il versamento delle rate potrebbe
essere
fissata
vanificandosi
la
in
vendita,
tal
con
modo
il
aggiudicazione
tentativo
del
del
bene,
debitore
di
sostituire l’immobile pignorato con la somma di denaro. Il
ricavato sarebbe così costituito dal prezzo di aggiudicazione
e
dalle
debitore.
rate
In
versate,
questa
con
ipotesi
eccessivo
pertanto
sacrificio
–
specie
per
il
quando
si
ravvisano motivi per concedere un termine superiore ad un
anno per i versamenti rateali – sarebbe opportuno sospendere
le operazioni di vendita.
Un’ultima
questione
giurisprudenza
di
a
riguardo
merito:
se
è
stata
sia
affrontata
possibile
dalla
l’erogazione
anticipata al creditore delle rate versate dal debitore. La
risposta affermativa si basa sulla mancanza di un ostacolo
normativo
in
tal
senso
e
sulla
previsione
di
interessi
scalari. Personalmente penso che la distribuzione sia la fase
finale
dell’esecuzione
riferirsi
all’intera
e
che
somma
essa
debba
ricavata
necessariamente
nell’ambito
della
procedura: problemi potrebbero sorgere inoltre in presenza di
pluralità
mancanza
privilegio
di
di
creditori,
graduazione
processuale
creditore fondiario).
ex
specie
dei
in
considerazione
crediti
art.41
inseriti
T.U.B.
in
della
(e
del
favore
del
5.Decadenza.
In
base
alla
esplicita
previsione
del
quinto
comma
la
decadenza si verifica nel caso in cui il debitore non esegua
il versamento della somma nel termine stabilito dal giudice
oppure, nell’ipotesi di conversione rateale, ritardi di oltre
quindici giorni il pagamento di una sola delle rate.
Sebbene la decadenza sia automatica, è necessario che sia
dichiarata
legittimità
con
un
può
provvedimento
essere
giudiziale,
contestata
dal
la
cui
debitore
con
opposizione ex art.617 c.p.c. (Cass. 14.04.1989 n.1812).
Le somme versate vengono a far parte del compendio pignorato.
Verificatasi la decadenza, il giudice dispone senza indugio
la
vendita
dei
beni
pignorati,
su
istanza
del
creditore
pignorante o di un creditore munito di titolo esecutivo.
Questa previsione risulta alquanto singolare e si giustifica
a mio parere solo in caso di procedura esecutiva sospesa a
seguito
dell’istanza
di
conversione.
Non
si
spiegherebbe
altrimenti la necessità dell’istanza di parte per azionare la
vendita, per dare impulso ad una procedura non sospesa.
Deve escludersi inoltre che l’istanza di conversione possa
salvare
il
termine
di
cui
all’art.497
c.p.c.
per
la
proposizione dell’istanza di vendita: il processo esecutivo
non può comunque proseguire – secondo autorevole dottrina
(Tarzia,
R.d.proc,
76,
458)
–
se
nel
termine ex art.497
c.p.c. non sia stata proposta l’istanza di vendita.