La commercializzazione degli OGM: valutazione e gestione del

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La commercializzazione degli OGM: valutazione e gestione del
La commercializzazione degli OGM: valutazione e gestione
del rischio nel Post Marketing Monitoring Plan
Teresa Babuscio
1.- Food is emotion.
A nostro avviso l’affermazione sintetizza più di un aspetto: non solo quello
maggiormente “romantico” che lega il cibo alla terra, al ricordo, alle tradizioni, ai sapori,
alla memoria. Mai quanto oggi il contenuto e gli ingredienti di un alimento,
l’informazione pubblicitaria (e non) 1 di cui è oggetto, ed il messaggio “alimentare”
dell’industria, giocano un ruolo decisivo sul lato “emozionale” che determina la scelta
finale di un prodotto piuttosto che di un altro.
Quando, poi, si parla di Organismi Geneticamente Modificati (qui di seguito OGM) si
toccano le corde più delicate e sensibili della sfera emotiva del consumatore.
Molto si è scritto e tutt’ora si scrive a proposito degli OGM.
A cominciare dall’autorevole dottrina agraristica, che ci ha fatto riflettere sulle origini
antichissime della tecnica biotecnologica per il pane e per la birra 2 , si è passati ai primi
tentativi di analisi di una legislazione europea non ancora inserita in una logica ben
strutturata, frutto di un legislatore ancora alla ricerca della propria “bussola” e
maggiormente teso al ravvicinamento delle regole nazionali 3 . Quasi in contemporanea,
poi, la letteratura specialistica si è aperta al confronto giuridico con i Paesi del Nord e
del Sud America 4 “portando a casa” stimate considerazioni spendibili, ed ancor oggi
spese, per una lettura critica e di continuo confronto tra gli approcci utilizzati al di qua
ed al di là dell’oceano. Nel frattempo, già maturava la ricostruzione sistematica
dell’intero approccio evolutivo del legislatore europeo e delle vicende che hanno portato
all’adozione del regolamento n.1829/2003 5 , altrimenti detto Regolamento Food&Feed.
(1) Sull’informazione come diritto del consumatore di alimenti si veda C.Losavio, Il consumatore di alimenti
nell'Unione Europea e il suo diritto ad essere informato, Milano 2007.
(2) In proposito A.Germano’, Gli aspetti giuridici dell’agricoltura biotecnologica, in ID. (a cura di), La disciplina giuridica
dell’agricoltura biotecnologica. Studi di diritti italiano e straniero, Milano, 2002.
(3) F.Albisinni, Protezione brevettuale delle invenzioni biotecnologiche e potere di mercato, in Dir.giur.agr.alim.amb.,
2006, 424; M. Valletta, Biotecnologie, agricoltura e sicurezza alimentare: il nuovo regolamento sui cibi e mangimi
geneticamente modificati ed il processo di sistematizzazione nel quadro giuridico comunitario, in Diritto pubblico
comparato ed europeo, 2005.
(4) Si rimanda, per tutti A.Germano’, op.cit. ed agli scritti ivi contenuti. Inoltre, ci permettiamo di rinviare a T.Babuscio,
Alimenti sicuri e diritto, analisi di problemi giuridici nei sistemi amministrativi delle Autorità per la sicurezza alimentare
europee e statunitense, Milano 2005, in particolare pp.167 e ss.
(5) M. Valletta, La disciplina delle biotecnologie agroalimentari. Il modello europeo nel contesto globale, Milano 2005.
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Non sono, inoltre, mancate le riflessioni di carattere etico sulle capacità dell’uomo
nell’utilizzo della manipolazione genetica in laboratorio 6 , sullo sviluppo tecnologico che
negli ultimi decenni ha assunto ritmi frenetici 7 e sull’aspetto “morale” del diritto
all’impiego ed allo sfruttamento di un segreto, quello della vita, oramai scoperto ed
utilizzato per “re-inventare se stesso” 8 .
Da un punto di vista formale, poi, non v’è dubbio – ci sia consentito – circa la mancata o
parziale oppure, ancora, non puntuale informazione divulgata e indirizzata ai “non
addetti ai lavori” che risultano in ultima analisi convergere nel consumatore, ovvero in
quell’ “uomo qualunque” che giornalmente stipula contratti silenziosi semplicemente
riempiendo il proprio carrello al supermercato. Ci riferiamo ad un utente
ragionevolmente attento ed informato che, se da un lato ha sentito a proposito del cibo
di Frankestein e della sua possibile (o probabile?) velenosità, dall’altro ne ha udito
“cantare le lodi” come possibile soluzione alla fame nel mondo.
L’idea che ci spinge a scrivere circa un aspetto – oseremmo dire – quasi di “nicchia”
riguardante gli OGM risulta dall’insieme delle sopraccennate considerazioni alla luce di
quanto attualmente accade sul mercato: il lettore che ha seguito fin qui, però, non deve
aspettarsi una risposta agli interrogativi o ai punti ancora oscuri che sovrastano una
così delicata materia, né una presa di posizione pro o contro i “genfood” 9 e nemmeno
un giudizio sulle differenti scelte legislative che, in quanto tali e legittime, si confrontano
sul mercato mondiale. La nostra visione, solo apparentemente acritica, ha l’intento di
fornire una verifica “sul campo” del funzionamento di un aspetto della regolamentazione
e, forse, aggiungere qualche elemento indipendente rispetto ai condizionamenti dei
mass media e degli opinion makers, in grado di sollecitare una riflessione ulteriore.
Partendo dal dato giuridico, la prospettiva dell’osservazione sarà, dunque, il mercato
europeo inserito in quello del commercio internazionale.
2.- La commercializzazione degli OGM: il Post Marketing Monitoring Plan.
In materia di OGM, la dottrina specialistica si e’ spesso soffermata sul procedimento per
l’autorizzazione di un organismo geneticamente modificato e sulle rispettive implicazioni
(6) Si veda a proposito F.Sala, Gli OGM sono davvero pericolosi?, Bari, 2005; S.Jasanoff, Design on Nature. Science
and Democracy in Europe and the United States, Oxford 2005, in particolare pag. 171 e ss. M.Buiatti, Le
biotecnologie. L’ingegneria genetica fra biologia, etica e mercato, Bologna, 2004, in particolare p. 73 e ss.
(7) In proposito sembra d’obbligo richiamare uno scritto filosofico apparso nel 1979, ma tradotto in lingua italiana
soltanto negli anni ’90, che potrebbe ben essere considerato come anticipatore delle riflessioni circa l’utilizzo della
tecnica: “ (…) in quale modo questa tecnica influisca sulla natura del nostro agire modificandola, in quale misura essa
renda, sotto il suo dominio, l’agire diverso da ciò che è stato nel corso di tutti i tempi. Poiché l’uomo, attraverso tutte
queste epoche, non è mai stato privo di tecnica, il mio interrogativo verte sulla differenza umana della tecnica
moderna da ogni tecnica precedente”, così H.Jonas, Il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica,
Torino 2002, p. 3.
(8) L’espressione è ripresa da Teitel e Wilson, Genetically Engineered Food. Changing the Nature of Nature, Park
Street Press, Rochester, 2001.
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( ) Il vocabolo è di Teitel e Wilson, op.cit., p. 2.
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giuridiche e politiche. La nostra riflessione, invece, intende focalizzarsi sul momento
successivo al rilascio dell’autorizzazione ma prima che l’OGM entri materialmente in
commercio sul mercato europeo. Nell’intervallo di tempo che intercorre tra la
pubblicazione della decisione di autorizzazione sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità
europee, momento in cui l’OGM può ritenersi formalmente e sostanzialmente
autorizzato 10 e la sua materiale distribuzione sul mercato, esso è oggetto di un apposito
piano di monitoraggio, detto Post Marketing Monitoring Plan. Ci riferiamo, infatti, a
varietà geneticamente “ottimizzate” che non essendo state autorizzate per la
coltivazione in Europa, vengono importate dai Paesi terzi e destinate soprattutto al
settore mangimistico. Sennonché, tali commodities GM, arrivando sotto forma di
“materia prima” e non avendo, quindi, subito alcun procedimento di trasformazione
nemmeno a livello intermedio, contengono viable materials, ovvero unità
potenzialmente in grado di germogliare qualora incontrino le condizioni favorevoli
dell’ambiente ricevente. In altre parole la ratio del Post Marketing Monitoring Plan
consiste nell’evitare che piante spontanee possano nascere in seguito all’immissione
accidentale nell’ambiente di unità GM commercializzabili in Europa ma non autorizzate
dalla Comunità per la coltivazione.
Così, già nei considerando, il Regolamento n.1829/2003 relativo agli organismi
geneticamente modificati ritiene necessario “introdurre, se del caso e sulla base delle
conclusioni della valutazione dei rischi, requisiti in materia di monitoraggio
successivamente all'immissione sul mercato per l'impiego di alimenti geneticamente
modificati destinati al consumo umano e di mangimi geneticamente modificati destinati
al consumo animale. Nel caso degli OGM è obbligatorio un piano di monitoraggio
dell'impatto ambientale in conformità della direttiva 2001/18” 11 . In sostanza, per il
commercio degli alimenti e mangimi geneticamente modificati importati dai Paesi terzi e
non autorizzati per la coltivazione in Europa la legislazione in questione richiede un
apposito piano di monitoraggio redatto sulla base della Direttiva n.2001/18 che, come
noto, si preoccupa (anche) degli effetti dell’emissione deliberata degli OGM
nell’ambiente nel caso della coltivazione o dell’utilizzo sperimentale su scala ridotta.
In particolare, il piano deve rispondere ai criteri enunciati nell’Allegato VII alla direttiva
così come integrato e ulteriormente specificato dalla Decisione n.2002/811 12 e dalle
linee guida appositamente pubblicate dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare
(qui di seguito EFSA) 13 .
(10) La Decisione che autorizza un organismo geneticamente modificato è, come tutte le decisioni, un atto a portata
individuale e, pertanto, indirizzata all’impresa che ha inoltrato la relativa domanda. La portata giuridica dell’atto in
questione ha dapprima un effetto nei confronti del soggetto cui esso è indirizzato, mentre, alla pubblicazione in
Gazzetta ufficiale, ne conseguono gli effetti giudici nei confronti dei terzi.
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( ) Così il Considerando n.35 del Regolamento.
(12) Decisione del Consiglio del 3 Ottobre 2002 che stabilisce note orientative ad integrazione dell’allegato VII della
Direttiva 2001/18 del Parlamento europeo e del Consiglio sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi
geneticamente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220 del Consiglio.
(13) EFSA Guidance Document of the Scientific Panel on Genetically Modified Organisms for the risk assessment of
genetically modified plants and derived food and feed, EFSA Journal (2006) 99. Le linee guida sono state formulate
in base agli art. 5(8) e 17(8) del Regolamento (EC) n.1829/2003. Così come espressamente menzionato “the
3
3.- Lo scopo del piano di monitoraggio: l’esposizione al rischio dell’ambiente ricevente.
Nel caso preso in esame, l’obiettivo del piano di monitoraggio consta nella valutazione
dell’ambiente ricevente e della relativa esposizione al rischio che le così dette
“volunteers” (piante GM) possano nascere spontaneamente a seguito dell’immissione
involontaria di unità. GM riproducibili. In altre parole si tratta di determinare se
l’ambiente in oggetto possa o meno, e in quale misura, costituire un habitat favorevole
alla riproduzione e allo stesso tempo di individuare e valutare gli effetti potenzialmente
negativi dell'OGM, sia diretti sia indiretti, immediati o differiti, sull'ambiente ma anche
sulla salute umana (Allegato II alla direttiva 2001/18). In sostanza, se la direttiva
2001/18 prescrive una valutazione del rischio ambientale per l’emissione deliberata (e
quindi volontaria) di OGM al fine di determinarne i potenziali effetti negativi, allo stesso
studio viene sottoposto un OGM per il quale si sta chiedendo un’autorizzazione per la
sola messa in commercio, il piano di monitoraggio servendo eventualmente a
confermare e individuare siffatte ipotesi relative al verificarsi di potenziali effetti negativi
dell'OGM o del suo impiego.
Se la valutazione del rischio è la medesima, la differenza consiste nelle misure di
gestione: mentre, infatti, la valutazione del rischio ambientale per l’emissione deliberata
di un OGM deve essere effettuata al fine di determinare se è necessario procedere ad
una gestione del rischio e, in caso affermativo, reperire i metodi più appropriati da
impiegare che potrebbero coincidere nel divieto di coltivazione o, anche, in una
sperimentazione prolungata nel tempo, nel nostro caso, essendo l’effetto negativo
individuabile nella crescita (in)volontaria di piante GM, la relativa misura di gestione si
concretizza nell'operazione di eradicazione.
Ora, potremmo ragionevolmente sostenere che il principio portante il piano di
monitoraggio ed il suo scopo potrebbero essere scomposti in attività distinte: la prima di
queste consiste nell’osservazione effettuata durante le operazioni di scarico delle
commodities in provenienza dai Paesi terzi e del relativo stoccaggio nelle aree
immediatamente adiacenti le zone portuali nonché della loro prima trasformazione negli
impianti (processors or crushing facilities) situati a ridosso dei porti. Quindi, l’operazione
che segue potrebbe essere individuata nel “resoconto” dell’osservazione di tali attività
che risulterebbe maggiormente rilevante qualora si sia verificata una perdita sostanziale
di materiale potenzialmente riproducibile. Qualora le volunteers venissero notate, ci
sarebbe bisogno di “investigare” affinché possa esserne prima determinata la natura
(GM o convenzionale) e, se del caso, confermarla (individuazione – Level of Detection).
Infine, le apposite misure di gestione necessiterebbero essere completate da norme di
implementazione (eradicazione).
document provides guidance on the establishment of an environmental monitoring plan according to Annex VII of the
Directive 2001/18/EC”, p.7, n.3 del documento.
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4.- Chi fa che cosa: la questione delle responsabilità.
Ciò considerato, l’aspetto che a nostro giudizio merita un approfondimento riguarda la
questione delle responsabilità e le relative attribuzioni.
Infatti, il piano di monitoraggio e’ un documento che le società biotech devono includere
nel “pacchetto” indirizzato all’EFSA per inoltrare la domanda di autorizzazione di un
OGM. Quindi si tratta di un documento redatto allo stadio iniziale del procedimento.
Come si evince dalla legislazione che regola la materia, “il piano dovrebbe identificare
le persone (notificante, utilizzatori) che svolgeranno i vari compiti previsti e (…)le
persone responsabili per l'accertamento dell'approntamento e della corretta attuazione,
(…) nonché garantire che siano previste le modalità secondo le quali il titolare
dell'autorizzazione e l'autorità competente saranno informati di eventuali effetti negativi
osservati sulla salute umana e sull'ambiente” (Allegato VII, punto C, n.5 Direttiva
2001/18).
Ora, mentre la redazione del piano in sé costituisce un obbligo esclusivamente a carico
del notificante che intende presentare una domanda di autorizzazione (in difetto del
quale il dossier risulterebbe formalmente e sostanzialmente viziato), il luogo fisico in cui
le attività di monitoraggio saranno materialmente svolte coincide con lo “spazio” di
arrivo di tali materie prime in provenienza dai Paesi terzi. In ultima analisi, l’attività’ di
costante osservazione sarà effettuata nei porti (dove la merce arriva), nei silo (dove la
stessa viene immagazzinata) e negli impianti di prima lavorazione a ridosso degli
scarichi portuali, luoghi in cui sono gli “operatori” a svolgere le proprie attività e non già
il detentore del brevetto biotecnologico. Di conseguenza, fino al febbraio 2008,
l’industria biotech doveva chiedere, su base individuale e per ogni specifico prodotto,
l’assistenza degli operatori coinvolti nell’utilizzo di tali commodities GM e, nello
specifico, dei traders, dei silo operators e dei processors, assistenza che si
concretizzava in una relazione annuale sullo stato del monitoraggio degli OGM
sottoposti a tale requisito.
Sennonché, i due soggetti coinvolti hanno deciso di formulare congiuntamente un unico
documento standard, ovvero un piano di monitoraggio valevole, indistintamente, per il
mais, la soia, il cotone ed il riso GM, da allegare ad ogni domanda di autorizzazione.
Volendo prescindere dalle differenze nell’approccio dei due schieramenti, gli uni
(l’industria biotech) più reciprocamente concorrenziali all’ interno e gli altri (gli operatori)
più allineati su una stessa linea strategica, il dato rilevante dell’intero negoziato si è
rivelato essere il ricorrente tentativo dell’industria ad attribuire agli operatori specifiche
responsabilità afferenti il piano di monitoraggio in sé che – lo ricordiamo – costituisce un
obbligo precipuo di tutte le società notificanti.
Così, il testo finale del piano di monitoraggio prevede la distribuzione delle
responsabilità secondo i ruoli che il diritto ha inteso assegnare a ciascuna parte
coinvolta: gli operatori, che hanno la sostanziale funzione di assistenza indispensabile
all’intero scopo della questione, sono stati individuati soltanto quali “osservatori” con
l’unico obbligo di “riportare” qualsiasi “accidential spillage” concretizzatesi in una perdita
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sostanziale di materiale potenzialmente causa di effetti indesiderati) 14 , mentre alle
società biotech sono state attribuite le responsabilità afferenti le operazioni rimanenti,
ovvero l’investigazione (risk assessment), la conferma (individuazione) nonché le
eventuali azioni di rimedio (eradicazione).
Ci sembra, però, che il negoziato e le energie spese per la sua buona riuscita siano
destinate a rimanere food for thoughts: benché sia la Commissione che l’EFSA abbiano
espresso soddisfazione per il documento presentato, due elementi, uno di fatto e l’altro
di diritto, sembrano essere stati sottovalutati o, detto in altro modo, scarsamente
ponderati all’interno del generale contesto.
L’elemento di fatto concerne la composizione fisica dell’ambiente ricevente da cui si può
ragionevolmente desumere una prima valutazione circa l’effettiva esposizione
dell’ambiente ricevente: sembrerebbe, infatti, difficile immaginare i porti, i silo e gli
impianti di prima trasformazione quali habitat favorevoli alla nascita di piante spontanee
essendo tali “spazi” essenzialmente costituiti da cemento ed altro materiale edificabile,
ovviamente ben lontani dall’essere ambienti favorevoli alla riproduzione.
Inoltre (dato ancor più rilevante) in virtù delle regole per la sicurezza alimentare che gli
operatori devono rispettare in quanto tali e indipendentemente dalle commodities (GM o
non-GM) di cui trattasi, si potrebbe ragionevolmente concludere che l’esposizione al
rischio di volunteers risulti essenzialmente minimo.
Tuttavia, in base all’art.3, punti (2) e (5) del regolamento 178/2002 15 i responsabili dei
porti, dei silo e degli impianti di prima trasformazione in cui il monitoraggio viene
effettuato e individuati, nel nostro contesto, quali “ambiente ricevente” si identificano,
rispettivamente, in “impresa alimentare” ed “impresa nel settore dei mangimi” definite
giuridicamente come “ogni soggetto pubblico o privato 16 che svolge una qualsiasi delle
attività connesse ad una delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli
alimenti e/o ogni soggetto pubblico o privato[..] 17 che svolge una qualsiasi delle
operazioni di produzione, lavorazione, trasformazione, magazzinaggio, trasporto o
distribuzione di mangimi [..] 18 . Perciò, i soggetti che svolgono le attività imprenditoriali in
tali luoghi, sono definiti, rispettivamente, «operatore del settore alimentare 19 » e
«operatore del settore dei mangimi 20 », ovvero persone fisiche o giuridiche responsabili
(14) Letteralmente il termine significa “piante infestanti”. In tale contesto, il vocabolo è utilizzato per
indicare la nascita spontanea (volontaria) di piante GM infestanti perchè non autorizzate per la
coltivazione.
(15) Per il commento all’art.3 si rimanda a A.Germano’ e E. Rook Basile, Altre definizioni, Commento all’art.3, in
IDAIC, La Sicurezza alimentare nell’Unione Europea, Commento al regolamento n.178/2002, in Le nuove leggi civili
commentate, 2003, pp. 157-188.
(16) “(…) con o senza fini di lucro”.
(17) “… con o senza fini di lucro”.
(18) “… compreso ogni produttore che produca, trasformi o immagazzini mangimi da somministrare sul suo fondo
agricolo ad animali”.
(19) Art.3 (3):«operatore del settore alimentare», la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle
disposizioni della legislazione alimentare nell'impresa alimentare posta sotto il suo controllo.
(20) Art.3 (6): «operatore del settore dei mangimi», la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto
delle disposizioni della legislazione alimentare nell'impresa di mangimi posta sotto il suo controllo.
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di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell'impresa
alimentare e mangimistica posta sotto il rispettivo controllo.
In altre parole, gli importers/traders, i silo operators e i processors sono i soggetti
responsabili affinché le leggi, i regolamenti e le disposizioni amministrative riguardanti
gli alimenti in generale, e la sicurezza degli alimenti in particolare, sia nella Comunità
che a livello nazionale 21 vengano rispettati e completati con norme di implementazione
in ogni fase delle attività 22 da essi poste in essere nei rispettivi ambienti di lavoro.
Così, senza pregiudizio del regolamento n.1829/2003 e della direttiva n.2001/18 e
relativi Allegati e senza pregiudicare la Decisione del Consiglio n.2002/811 e il testo del
Piano di Monitoraggio, gli operatori del settore alimentare e mangimistico devono
assicurare, per default, il rispetto delle prescrizioni ad essi destinati in qualsiasi fase,
importazione compresa, a partire dalla produzione primaria di un alimento inclusa fino al
magazzinaggio, al trasporto, alla vendita o erogazione al consumatore finale inclusi e,
ove pertinente, l'importazione, la produzione, la lavorazione, il magazzinaggio, il
trasporto, la distribuzione, la vendita e l'erogazione dei mangimi 23 .
Ancora più nello specifico, a parte le prescrizioni del regolamento n.178/2002 e, in
particolare, del relativo Capitolo II che stabilisce i principi della legislazione alimentare
applicabili orizzontalmente a prescindere dalla tipologia di prodotto alimentare o
mangimistico 24 , gli operatori del settore devono sottostare, tra le altre, anche alle regole
del regolamento n. 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari 25 e del regolamento
n.183/2005 sull’igiene dei mangimi. Entrambi i regolamenti prescrivono, a carico degli
operatori, l’implementazione, la gestione ed il mantenimento di procedure basate
sull’HACCP (Hazard Analysis of Critical Control Points) e quindi un continuo
monitoraggio finalizzato – indipendentemente dalle commodities di cui trattasi – a
identificare ogni pericolo che deve essere prevenuto, eliminato o ridotto a livelli
accettabili.
Ai fini del contesto di cui ci stiamo occupando ciò non solo comporta che gli ambienti di
lavoro rispondano a criteri di igienicità per cui l’esposizione al rischio di cui trattasi
(volunteers) risulta ancora sensibilmente ridotta ma anche che, costituendo la perdita
accidentale di unità potenzialmente riproducibili il pericolo individuato a monte, qualora
fosse individuato come possibile conseguenza di un punto critico nell’ambito
dell’HACCP, esso verrebbe già considerato e opportunamente posto a rimedio.
(21) Definizione di legislazione alimentare ex art. 3 (1), regolamento n.178/2002.
(22) “incluse tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti e anche dei mangimi prodotti per
gli animali destinati alla produzione alimentare o ad essi somministrati”, definizione di legislazione alimentare ex art. 3
(1) del Regolamento n.178/2002.
(23) Art.3 (16) del Regolamento n.178/2002.
(24) Il Capitolo II del regolamento, al suo art. 4 stabilisce che “Il presente capo si applica a tutte le fasi della
produzione, della trasformazione e della distribuzione degli alimenti e anche dei mangimi prodotti per gli animali
destinati alla produzione alimentare o ad essi somministrati”.
(25) Su cui si veda L.Costato, L’agricoltura e il nuovo regolamento sull'igiene dei prodotti alimentari, in Diritto e
giurisprudenza agraria e dell'ambiente, 2004, pp. 735 e ss, e C.Losavio, La riforma della normativa comunitaria in
materia di igiene dei prodotti alimentari: il c.d.”pacchetto igiene, in Diritto e giurisprudenza agraria e dell’ambiente,
2004.
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In altre parole e concludendo, il tentativo dell’industria biotecnologica di voler
“inquadrare” le attività degli operatori all’interno delle responsabilità precipue del piano
di monitoraggio per il commercio degli OGM e, dunque, di voler attribuire loro specifici
doveri e nuovi obblighi e’ risultato vano: facendo seguito alla richiesta di ulteriori
specificazioni in merito agli obblighi in capo agli operatori e già esistenti, la ricognizione
della legislazione e’ stata inclusa in un documento chiarificatore, annesso al piano ma
da questo separato ancora una volta per evitare la “confusione” tra i rispettivi doveri e
responsabilità.
Bibliografia
F.Albisinni, Protezione brevettuale delle invenzioni biotecnologiche e potere di mercato,
in Dir.giur.agr.alim.amb., 2006, 424;
T.Babuscio, Alimenti sicuri e diritto, analisi di problemi giuridici nei sistemi amministrativi
delle Autorità per la sicurezza alimentare europee e statunitense, Milano 2005;
M.Buiatti, Le biotecnologie. L’ingegneria genetica fra biologia, etica e mercato, Bologna,
2004;
L.Costato (a cura di), Trattato breve di diritto agrario italiano e comunitario, Padova,
2003;
A. Germanò e E. Rook Basile, Diritto agrario, XI° Volume del Trattato di diritto privato
dell'Unione europea diretto da G. Ajani e G. A. Benacchio, Torino, 2006;
A.Germano’ (a cura di), La disciplina giuridica dell’agricoltura biotecnologica. Studi di
diritti italiano e straniero, Milano, 2002;
S.Jasanoff, Design on Nature. Science and Democracy in Europe and the United
States, Oxford 2005;
H.Jonas, Il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Torino 2002;
C.Losavio, Il consumatore di alimenti nell'Unione Europea e il suo diritto ad essere
informato, Milano, 2007;
F.Sala, Gli OGM sono davvero pericolosi?, Bari, 2005;
M.Teitel e K.Wilson, Genetically Engineered Food. Changing the Nature of Nature, Park
Street Press, Rochester, 2001;
M.Valletta, La disciplina delle biotecnologie agroalimentari. Il modello europeo nel
contesto globale, Milano 2005.
ABSTRACT
OGMs and Post Marketing Monitoring Plan.
The Post Marketing Monitoring Plan aims to monitor Genetically Modified Organisms
authorized exclusively for the placing on the market and not for the cultivation in
8
Europe. It is an obligation of biotech companies which have to include a proposal for a
plan within the application for an authorization addressed to the European Food Safety
Authority for the relative risk assessment. Traders/importers, silo and processors
operators who handle viable commodities are the ones who have practically to carry on
the monitoring activities. This poses problems on duties and responsibilities respectively
assigned.
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