relazione telefonia ma quanto mi costi…ma quanto mi stressi!!
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relazione telefonia ma quanto mi costi…ma quanto mi stressi!!
RELAZIONE TELEFONIA MA QUANTO MI COSTI…MA QUANTO MI STRESSI!! Avv. Monica Marchi RELAZIONE PRELIMINARE degli ARGOMENTI per la CONFERENZA sulla TELEFONIA Rapporto di utenza – diritti ed obblighi delle parti e le principali clausole del contratto Il contratto di telefonia (comunemente denominato abbonamento) è caratterizzato da elementi tipici del diritto privato che si fondono con campi più propriamente pubblicistici, nonché dal fatto d’essere un contratto di somministrazione di servizi cui si accede per adesione ad un documento già predisposto dal fornitore. Il primo aspetto è relativo ai diritti ed agli obblighi del fruitore (ovvero l’utente) del servizio telefonico, discendono direttamente dal negozio che lo stesso stipula col concessionario del servizio; tali sono altresì, indirettamente regolati, dalla normativa disciplinante i diritti e i doveri degli enti gestori di telefonia, i quali devono attenersi alle prescrizioni dettate sia dalla legislazione vigente sia dalle deliberazioni delle Autorità garanti competenti. Il secondo aspetto riguarda la qualità dei servizi resi in esecuzione del contratto. L’apertura del mercato delle telecomunicazioni alla libera concorrenza, ha reso possibile per l'utente, la scelta fra diversi fornitori di servizi di telefonia sia fissa sia mobile; tale concorrenza, mentre da un lato ha prodotto non pochi vantaggi per i consumatori (a partire dalla diminuzione delle tariffe e la possibilità di scegliere il servizio che più risponde alle sue esigenze), dall'altro, ha imposto ed impone, una maggiore considerazione sulla effettiva tutela degli utenti in materia di condizioni generali di contratto, sulla vessatorietà delle relative clausole predisposte dai gestori, nonché sulla pubblicità, a volte ingannevole, usata per commercializzare le tipologie di abbonamento e i vari servizi loro inerenti. Tale attenzione, è resa più efficace e semplice, grazie alla recente introduzione della normativa speciale, rappresentata dal Codice del consumo che ha, quasi integralmente sostituito la scarna disciplina del codice civile, alla quale si ricorrerà solo in caso di apparente vuoto normativo, attraverso la clausola di salvaguardia di cui all'art. 38, sicchè, per quanto non previsto dal Codice del consumo, ai contratti conclusi tra il consumatore e il professionista si applicano le disposizioni del Codice civile. Tale rinvio appare alquanto opportuno, atteso che rappresenta una norma di chiusura del sistema, idonea ad evitare problemi interpretativi e ai quali si è fatto ricorso in tema di risarcimento danni patrimoniali e non, in caso di violazione delle norme del codice del consumo, e/o di aspetti più inerenti l’esecuzione dei servizi di telefonia. Conoscibilità e chiarezza delle clausole L'art. 33, comma 2, punto l), cod. cons., stabilisce che è vessatoria la clausola che prevede «l'estensione dell'adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto». Parallelamente, l'art. 35 cod. cons. sancisce che: «Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile. In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l'interpretazione più favorevole al consumatore». Questa disposizione è la prima ad essere sistematicamente disattesa dai gestori, in particolare dai gestori di telefonia mobile e da quelli che offrono servizi internet anche annessi al telefono fisso. Si profilano vari aspetti mezzo i quali viene violata la norma, ne diamo solo alcuni esempi: 1- le clausole sono scritte così in piccolo che ogni velleità di leggerne il contenuto viene scoraggiata; 2- le clausole sono talmente lunghe e scritte usando termini giuridici, o rinvii a leggi, direttive ecc., che sono oscuri alla maggior parte degli utenti. Conseguentemente, l'astratta conoscibilità al pubblico delle condizioni generali impedisce a queste ultime di essere qualificate vessatorie ai sensi della citata normativa; 3- le opzioni e i servizi non vengono riportati nella loro globalità, ma sono proposti generalmente, per telefono dagli operatori, che scientemente evitano di dare completa informazione sulla loro natura, compresi i costi, il diritto di recesso; 4- non viene mai chiarito che le proposte che sopraggiungono per telefono, attivano già il servizio e che il contratto relativo (se inviato) arriva con mesi di ritardo, eludendo così la normativa sulla conoscibilità oltre a quella sul recesso; 5- spesso nelle lettere di “benvenuto” in una compagnia, ovvero nella lettera di avviso di attivazione di un servizio, non c’è riferimento alcuno alla denominazione dell’abbonamento sottoscritto e alle opzioni inserite, men che meno vi è il riepilogo dei costi; 6- enorme difficoltà di reperire un operatore in grado di spiegare o soddisfare le nostre esigenze, in particolare è reso molto difficoltoso il recesso e il reclamo; Recentemente, anche per ovviare al problema della conoscibilità, ed in particolare per dare tutela concreta anche nella fase dell’esecuzione del contratto, si è imposto agli enti gestori, di adottare la c.d. carta dei servizi di telecomunicazioni, la quale si sostanzia in un documento con il quale l'operatore si impegna a fornire un servizio di buona qualità attraverso una serie di attività e comportamenti obiettivamente valutabili dagli utenti. In particolare, secondo l'Autorità delle Telecomunicazioni, gli enti gestori devono rendere disponibile copia delle carte dei servizi al contraente prima dell'esecuzione del contratto, nonché devono includere nei contratti di fornitura dei servizi un richiamo alle carte dei servizi e devono indicare le sedi (anche su Internet) ove si può accedere per visionare la carta. comprendere immediatamente il contenuto delle clausole contrattuali per rendere più consapevole la loro accettazione. Peccato che internet non sia accessibile a tutti, (ad esempio agli anziani vittime principali delle compagnia telefoniche), e soprattutto, peccato che il contratto non sia mai inviato preventivamente a’ fini di pubblicità del servizio e quale proposta di abbonamento, ma solo molti mesi dopo come pro-forma, tanto e vero che se l’utente che ha già attivato il servizio, non lo rispedisce al mittente sottoscritto e datato, l’abbonamento continua tranquillamente. prezzo predeterminato I gestori devono preventivamente assicurare una trasparente e chiara informazione sui prezzi applicati (se sono descritti già comprensivi di iva o meno), e tale informazione deve essere comprensiva anche delle clausole accessorie, quali ad esempio il c.d. scatto alla risposta o il termine di scadenza delle offerte, se il periodo di gratuità del servizio viene calcolato all’inizio del contratto o alla fine. Inoltre devono indicare le modalità secondo le quali possono essere ottenute informazioni aggiornate sulle tariffe applicabili e sui costi di manutenzione. Proprio la intellegibile predeterminazione delle tariffe, nonché la adeguata pubblicità delle stesse ai fini di una loro compiuta conoscibilità, si ritiene possa essere idonea a superare la presunzione di vessatorietà, e l’obbligo di corretta informazione necessaria alla consapevole adesione dell’utente all’abbonamento od all’opzione offerte. Sospensione e ritardata attivazione del servizio e danno esistenziale Di regola i contratti di adesione, in ossequio alle direttive della Carta dei servizi i cui parametri sono individuati dalla Autorità garante, non solo prevedono tempi certi per l'attivazione del servizio di telefonia, ma stabiliscono anche delle penali nel caso di ritardo oltre al pagamento della penale prevista negozialmente, ovviamente tali clausole quando sono riportate, sono scritte così in piccolo, e all’interno di altre clausole già abbastanza nutrite per numero di parole e rinvii legislativi, da passare praticamente inosservate. Proprio perché l’utente medio non ha modo di conoscere tali sue prerogative, e di solito subisce il disservizio spendendo soldi in numerose chiamate a numeri che non sono gratutiti, la giurisprudenza, ha riconosciuto che il disservizio dà origine di per sè al risarcimento del c.d. danno esistenziale (oltre a quello patrimoniale se provabile), consistente non solo nell'impossibilità di disporre del servizio nei tempi concordati, ma anche nei disagi che l'utente deve affrontare sia per provvedere diversamente a soddisfare le proprie necessità sia per sollecitare la società ad adempiere. Ancora più grave, perché inspiegabilmente tralasciata dalla normativa, è la questione relativa allo squilibrio che si crea nel caso in cui sia l’utente a subire il disservizio e non paghi la bolletta non avendolo ricevuto, ovvero si veda calcolato un servizio mai chiesto. Molti abbonati in tali casi non hanno pagato la fattura e si sono visti, senza preavviso alcuno, sospendere la linea telefonica. Tale prerogativa dei gestori di tutelarsi a cautelarsi nei confronti dell’utente, è fonte di uno squilibrio contrattuale tutto a sfavore dell’abbonato, che non trova fondamento in nessuna norma di fonte pubblicistica, ma imposta e regolata autonomamente dal gestore, il quale poi per la riattivazione, fa pagare costi esorbitanti, in quanto tale dovrebbe essere dichiarata non solo vessatoria, ma contraria anche ai più elementari principi del codice civile, violando in tutto e per tutto il corollario dell’autotutela e della disparità di trattamento. Foro competente L'art. 33, comma 2, punto u), cod. cons., stabilisce la vessatorietà della clausola che indica, come sede del foro competente sulle controversie, una località diversa da quella della residenza o del domicilio del consumatore. Tale questione risultava essere molto comune nell'ambito dei contratti di telefonia, atteso che gli enti gestori, nelle condizioni generali di contratto, tendevano ad individuare il giudice competente nella sede legale della società, ora per fortuna tutte le compagnie si sono adeguate e l’eventuale causa si deve trattare presso il luogo di residenza dell’utente, ma attenzione, perché ancora oggi, in qualche offerta, alla fine viene posta una clausola nella quale viene fatto dichiarare all’utente, che deroga alla disciplina generale del foro e conosce ed accetta la sede del tribunale del gestore. La durata del contratto I contratti di telefonia, soprattutto quelli stipulati mediante abbonamento, devono prevedere il diritto di recesso da parte del consumatore ai sensi dell'art. 33, comma 3, punto a), cod. cons., recesso che molto spesso è reso quasi impossibile perché la sede cui inviare il telegramma è diversa (e riportata in minuscolo) da quella legale che compare ben evidente sul contratto o sulle bollette, senza contare dei vari e fantasiosi modi di recesso che vengono spiegati dagli operatori dei call center, tutti ovviamente inidonei dal putno di vista giuridico a produrre l’effetto voluto, e che danno l’unico risultato di trovarsi inspiegabilmente abbonati magari a due gestori contemporaneamente. Un'interessante questione è rappresentata, ai fini dell'accertamento della vessatorietà nei contratti a tempo determinato, della clausola del rinnovo automatico del contratto per il medesimo periodo salvo disdetta del consumatore, anche qui disdetta resa impossibile perché molto spesso l’utente non sa da quando parte il suo contratto, quindi non è in grado di calcolare il tempo utile e necessario per l’invio della raccomandata di disdetta. È quindi determinante chiedere per valutare l'idoneità del termine di disdetta attribuito in favore dell'utente per permettere a quest'ultimo di ponderare la eventualità di rinnovare o meno il negozio. In una ottica di bilanciamento degli interessi - quella del consumatore di potere decidere se proseguire o meno il rapporto e quella del gestore di potere conoscere la durata del contratto - si è ritenuto che il termine di 30 giorni, di regola previsto nei contratti per adesione, per comunicare la propria volontà di recesso sia stato ritenuto congruo, superando così il sindacato di vessatorietà. Modificazione delle tariffe Un'ulteriore ipotesi molto frequente nei contratti di telefonia è quella relativa alla clausola che preveda il mutamento unilaterale delle condizioni tariffarie nonché dei servizi offerti, che si riservano tutti i gestori. Non incadrà nella sanzione della vessatorietà ovvero di illiceità, il comportamento contrattuale dell'Ente gestore che modifichi unilateralmente il prezzo o il servizio di telefonia, attribuendo al contempo un congruo e apprezzabile termine di recesso al consumatore per poter ponderare la volontà di proseguire o meno il rapporto modificato. Anche questa clausola purtroppo scritta malamente, determina non pochi soprusi, infatti il gestore raramente comunica preventivamente il cambio di costo, di solito ce ne accorgiamo perché sulla bolletta è indicato e quindi già calcolato, sicchè se anche fosse rispettato il termine dei trenta giorni per il recesso, un piccolo danno materiale dovuto al cambio di costo del servizio, è già avvenuto visto che la bolletta va pagata per non incorrere nella sospensione del servizio. Risarcimento danni Una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. da parte dei giudici, ha aperto la strada alla risarcibilità dei danni non patrimoniali, derivanti dalla lesione di interessi di rango costituzionale inerenti la persona, cioè dei danni derivanti da inadempimento contrattuale dei gestori. L'applicazione dei principi citati ai rapporti contrattuali e ai danni derivanti dal loro inadempimento, consente di tutelare una serie di interessi che, pur non avendo una valutazione economica, possono comportare un pregiudizio nella quotidianità del creditore. Particolare rilievo hanno assunto in questa ottica i danni subiti dagli utenti dei servizi telefonici a causa di gestori inadempienti. Ogni l'inadempimento contrattuale che pur non determinando un danno patrimoniale, comporti una ripercussione negativa sul normale svolgimento delle attività realizzatrici della vita del creditore è fonte di danno e quindi di risarcimento. In entrambe le ipotesi di inadempimento per attivazione di servizi non richiesti e mancata attivazione del servizio, i Giudici hanno ritenuto di dover risarcire il pregiudizio non patrimoniale patito dagli utenti e consistito ad esempio nell'aver dovuto sollecitare la società telefonica affinché adempisse all'impegno assunto, ovvero nell'aver patito un disagio, una frustrazione o uno stress legati alla posizione dominante dell'azienda telefonica, o infine nel non aver potuto usufruire del servizio prescelto per un lungo periodo. La giurisprudenza comunque è arrivata a riconosce, oltre al diritto del consumatore di ripetere l'indebito, anche il risarcimento del danno conseguente alla «violazione dell'obbligo di correttezza e buona fede sancito sia dall'art. 1175 c.c. che dall'art. 1 della legge n. 281/1998 che prevede, tra i fondamentali diritti dei consumatori, il diritto alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi» In qualche misura sembra che il giudicante sia consapevole che le circostanze sulle quali è stato chiamato a pronunciarsi possano dirsi paradigmatiche di un modus operandi tristemente diffuso in danno della generalità dei consumatori: la condotta dell'operatore disinvolto che indebitamente sottrae piccoli importi a molti assicura una «impunità di fatto» garantita dalla palese antieconomicità di un ricorso alla tutela contenziosa dei diritti. La pecca di tale previsione sta nel fatto che solo il giudice può riconoscere tali danni, perciò è giocoforza pensare che solo in caso di azione giudiziaria, li si possa vederli riconosciuti, e ciò li rende solo astrattamente accessibili all’utente che non andrà certo in causa per vedersi risarcite minime somme e subire costi di giustizia notevolmente più alti. Invero, un’applicazione più severa della carta dei servizi, e la possibilità di evitare il tribunale per avere riconoscimento di tali danni anche da un organo più economico (ad esempio il Co.re.com.), risolverebbero il problema del risarcimento e nel contempo limiterebbero fortemente l’inadempimento dei gestori costretti veramente a pagare per un servizio che non hanno mai reso o hanno dato ad una qualità inferiore. L'addebito delle spese postali A questo proposito è doveroso precisare che l'art. 53 della Convenzione stipulata nel 1984 tra il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni e l'allora SIP, stabiliva che il concessionario provvedesse alla «riscossione dei corrispettivi dei servizi fruiti dagli abbonati (...) mediante bollette periodiche (...) addebitando le sole spese postali nella misura prevista per le fatture commerciali aperte, salvo la facoltà per gli abbonati di provvedere, senza addebito di spese, al ritiro delle bollette presso gli uffici della Società». Successivamente, a seguito della liberalizzazione del settore telefonico, tale convenzione può ritenersi evidentemente decaduta in conseguenza del passaggio da un regime di concessione in monopolio ad una situazione di libero mercato con il rilascio di apposite licenze per la fornitura del servizio. Attualmente la maggior parte delle aziende telefoniche ha provveduto ad inserire nelle rispettive condizioni generali di abbonamento la espressa previsione dell'addebito delle spese di invio della fattura. Si osservi, così, quanto previsto dal gestore più diffuso nell'art. 14, comma 6, delle condizioni generali di abbonamento: «Il gestore invia la fattura telefonica al Cliente, con cadenza di norma bimestrale, orientativamente con 15 giorni di anticipo rispetto alla data di scadenza dei pagamenti. Eventuali variazioni del ciclo di fatturazione verranno comunicati con congruo anticipo al Cliente, ferma restando la facoltà del Cliente di recedere dal contratto ai sensi e per gli effetti di cui al precedente art. 3 delle presenti Condizioni Generali. Le spese postali di spedizione della fattura sono addebitate al Cliente». In virtù di tale meccanismo i consumatori italiani abbonati a codesto fornitore si vedono attualmente addebitati la somma di euro 0,17 + I.V.A. per ogni fattura (ma l'importo varia da gestore a gestore in modo tanto considerevole quanto inspiegabile). E se certamente si tratta di un contenuto aggravio a carico del singolo, l'ordine di grandezza diventa ragguardevole considerando le sei fatture spedite ogni anno ai ventuno milioni di clienti del gestore (per un totale approssimativo di oltre 20 milioni di euro). Su questa vicenda sono intervenute importanti sentenze nelle quali si è evidenziato che addebitare all'utente le spese di spedizione della fattura è condotta che viola quanto disposto dall'art. 21, comma 8, d.P.R. n. 633/1972, con ciò rendendo tra l'altro irrilevante al fine del decidere, ogni giudizio in merito alla presunta vessatorietà del regolamento di servizio e/o del contratto di utenza. Esito senz'altro condivisibile giacché l'invio della fattura costituisce evidentemente una formalità necessaria (e non accessoria) conseguente all'emissione della fattura. Un Giudice di pace di Bologna (sentenza del 6 gennaio 2003), ribadendo che l' art. 21 del d.P.R. n. 633/1972 trova «immediata applicazione nei rapporti tra il gestore e gli utenti poiché tale disposizione di legge si applica a tutti gli imprenditori commerciali, tra i quali, dopo la privatizzazione, rientra certamente anche la società convenuta», nega fondamento alla tesi sostenuta dal gestore secondo il quale la disciplina invocata dall'utente avrebbe dovuto essere considerata come norma tributaria in quanto tale inapplicabile in via analogica stante il divieto stabilito dall'art. 14 preleggi. La veloce panoramica che si è summenzionata, verrà resa più semplice e accessibile attraverso l’uso di esempi concreti sottoposti al Movimento Consumatori, e spazierà non solo con riguardo al telefono fisso, ma anche alle problematiche alla telefonia mobile e alle carte prepagate per la connessione internet, nuovo e terribile strumento attraverso il quale i gestori stanno eludendo buona parte delle norme del codice del consumo e della carta dei servizi. All’utente, dopo aver spiegato quali sono perciò i raggiri o gli ostacoli cui potrebbe incorrere durante il rapporto telefonico, verrà anche concretamente insegnato come proporre un reclamo e come tutelare i suoi diritti pretendendo il miglior servizio dal suo gestore.