APPUNTI DI CHIMICA E TECNOLOGIA DEI MATERIALI per il

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APPUNTI DI CHIMICA E TECNOLOGIA DEI MATERIALI per il
APPUNTI
DI CHIMICA E TECNOLOGIA DEI MATERIALI
per il secondo anno di
OPERATORE MECCANICO
OPERATORE PER LA RIPARAZIONE DEI VEICOLI A MOTORE
IPSIA “CAVOUR – MARCONI” PERUGIA A.S.2011/2012
Prerequisiti da acquisire con qualsiasi testo di chimica:
• sapere effettuare misure di grandezze (massa, volume, temperatura, tempo)
• conoscere gli stati di aggregazione della materia e i passaggi di stato,
• conoscere i miscugli eterogenei ed omogenei (soluzioni liquide e solide/leghe)
• conoscere le caratteristiche degli atomi
• conoscere le forze che regolano i legami chimici interatomici ed intermolecolari
• distinguere le trasformazioni fisiche da quelle chimiche e saper rappresentare le equazioni
• movimento di ioni ed elettroni: soluzioni elettrolitiche, acidi e basi
ARGOMENTI TRATTATI:
1. Movimento di elettroni: reazioni di ossidoriduzione
1. concetti generali sulle ossidoriduzioni
2. corrosione e protezione dalla corrosione
1. uso di leghe
2. rivestimento delle superfici
3. uso di anodo sacrificale
2. Trattamento delle superfici
1. pulizia del pezzo (meccanica e chimica)
2. trattamento della superficie
3. incollatura (forze implicate e caratteristiche degli adesivi)
3. Chimica organica (accenni)
1. idrocarburi saturi ed insaturi
2. reazioni degli idrocarburi saturi e insaturi
1. plastiche (termplastiche, duroplastiche, elastomeri)
2. polimeri di addizione (PE, PP, PVC, PVA)
3. polimeri di condensazione (poliesteri, poliammidi, polimeri reticolati o resine)
3. grassi e oli come prodotti di esercizi per autoveicolo
1. produzione
2. compiti e caratteristiche
3. caratteristiche di viscosità
1. classificazione SAE e ACEA
4. smaltimento oli usati
4. materiali non ferrosi
1. principali metalli da soli o in lega (rame, alluminio, magnesio, nichel, stagno, zinco, piombo e
altri)
2. materiali sinterizzati
IPSIA “Cavour Marconi” A.s.2011/2012 Corso di chimica per operatori meccanici e per riparatori veicoli a motore Vers.1
REAZIONI DI OSSIDORIDUZIONE o REDOX
L'equazione bilanciata di una REDOX (reazione in cui i reagenti si scambiano elettroni) è
l'espressione del principio di conservazione della massa e del principio di conservazione
della carica.
ossidazione
→
Met
Met n+ + ne-
←
elemento ridotto
elemento ossidato
riduzione
Met = elemento metallico
n = un qualsiasi numero ( 1, 2, 3, …..)
+ = carica positiva che indica un catione
e- = elettrone
Nelle ossidoriduzioni avviene sempre contemporaneamente una ossidazione ed una
riduzione, dette anche semireazione di ossidazione e semireazione di riduzione
Per stabilire quale specie si ossida o si riduce, si assegna ad ogni atomo un numero
convenzionale chiamato “Numero di Ossidazione = N.O.” che è legato al modo in cui
l'atomo utilizza i suoi elettroni di valenza nella formazione dei legami tenendo conto
dell'elettronegatività di ciascun atomo.
Quando l'atomo è allo stato fondamentale metallico (quando si trovo solo un tipo di atomo)
il numero di ossidazione è zero N.O. = 0
Se il metallo perde i suoi elettroni di valenza acquisirà tante cariche positive quanti sono
gli elettroni persi e si ossida.
Met → Met n+ + ne- ossidazione
N.O. =0
Fe
→
N.O.= +2
Fe 2+ +
2 e- ossidazione
Se lo ione acquista elettroni persi da un altro atomo presente neutralizzerà le sue cariche
positive in base agli elettroni disponibili e si riduce ( il suo N.O. passa da un numero
positivo al valore di zero o inferiore a zero)
Met n+ + ne- → Met riduzione
N.O.= +2
Cu 2+ + 2 e- →
N.O. =0
Cu
riduzione
Ricorda: spesso l'ossigeno ha numero di ossidazione -2 e l'idrogeno ha numero di
ossidazione +1
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Analizziamo la reazione che avviene quando allo zinco metallico in polvere si aggiunge
acido cloridrico in soluzione acquosa e si produce gas ed un sale solubile in acqua
Zn (s) + HCl(aq) →H2(g) + ZnCl2
N.O. =0
Zn
N.O.= +2
→
Zn ++
N.O.= +1
H + + 1 e- →
+ 2 e- ossidazione
N.O. =0
H
riduzione
1
2
Per bilanciare le cariche e le masse dobbiamo moltiplicare per 1 tutti gli elementi della
semireazione di ossidazione e moltiplicare per 2 tutti gli elementi della semireazione di
riduzione
N.O. =0
Zn
N.O.= +2
→
Zn ++
+ 2 e- ossidazione
N.O.= +1
N.O. =0
2 H + + 2 e- → H 2
riduzione
e quindi
Zn (s) +2 HCl(aq) →H2(g) + ZnCl2
CORROSIONE E PROTEZIONE DALLA CORROSIONE
La corrosione è la reazione di un metallo con elementi esterni.
Può essere di tipo elettrochimico, cioè quando sono presenti due metalli differenti e tra di
loro ci sono liquidi acidi, basici o soluzioni saline. Si crea un passaggio di corrente elettrica
con passaggio di elettroni dall'elemento meno nobile (con eccesso di elettroni) ad uno più
nobile che accetta elettroni. Ci sono scale di tensione elettrochimica che indicano che
l'elemento con valore più alto è l'elemento più nobile che accetta elettroni.
Il metallo meno nobile viene così consumato.
La corrosione può essere anche di tipo chimico, avviene sul metallo per reazione chimica
con acidi, basi, soluzioni saline, gas come ossigeno. Il prodotto ossidato si deposita sulla
superficie e se è insolubile, impermeabile ai gas e privo di pori serve come strato protettivo
per il metallo sottostante.
Informazione: la statua della libertà ha una parte esterna in rame (Cu) sorretta da una
armatura interna di ferro (Fe). Il rame con l'ossigeno atmosferico e con le piogge acide si
è ossidato e trasformato in sali di solfato e carbonato, ricoprendo la statua di una patina
verde che non fa ossidare il rame sottostante. Ma rispetto al ferro il rame ha maggiore
tendenza a ridursi e quindi il ferro viene ossidato dai sali di rame in presenza di umidità
atmosferica e viene a trasformarsi in ruggine.
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Per combattere il processo di corrosione ci sono vari metodi, anche se nessuno è
risolutivo.
Un opportuno trattamento delle superfici con rivestimento del pezzo può aiutare a
proteggere dalla corrosione:
• si rivestono i manufatti con vernici e smalti di protezione
• si utilizzano leghe metalliche resistenti all'ossidazione come acciaio inox in cui
sono presenti carbonio e cromo
• si favorisce la formazione di una sottile pellicola di ossido, che rende inattaccabile il
metallo sottostante (funziona per l'alluminio perché l'ossido di alluminio è
impermeabile ma non funziona per il ferro; funziona anche con i sali di rame)
• si ricopre il pezzo metallico deteriorabile con metalli più resistenti alla corrosione,
come nel caso della zincatura e della cromatura, mediante la tecnica della
GALVANOSTEGIA
• si effettua la cosiddetta “protezione tramite anodo sacrificale” mettendo in contatto il
metallo da preservare, spesso il ferro, con un metallo più ossidabile come lo zinco
o il magnesio, in modo che questo agisca da anodo ossidandosi e cedendo elettroni
che saranno presi dal ferro che così non si ossida prevenendo l'ossidazione.
PROTEZIONE TRAMITE ANODO SACRIFICALE
Il processo di corrosione elettrochimica di un metallo avviene solo se il metallo è a
contatto con ossigeno e acqua. Quindi il ferro in presenza di ossigeno (O 2) e H2O dà
origine ai prodotti di corrosione tra cui gli idrossidi di ferro Fe(OH) 2.
Il Fe si Ossida
Fe
Fe ++
+ 2e- processo anodico
l'ossigeno si riduce
2O2 + 2H2O + 4e-
4OH - processo catodico
Il ferro si ossida (e si consuma) e cede elettroni all'ossigeno che si riduce.
Ma se sull'oggetto di ferro mettiamo a contatto un pezzo di Zinco (o Magnesio) sarà lo
Zinco a ossidarsi e consumarsi, cedendo elettroni all'ossigeno, lasciando immodificato il
ferro.
Zn
Zn++ va in soluzione
Fe
2Zn
2Zn++ +4e-
4e- + O 2 + 2H2O
4OH-
Lo zinco funziona da anodo e si “sacrifica” al posto del ferro.
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TRATTAMENTO DELLE SUPERFICI
Si effettua per:
proteggere contro la corrosione (es.zincatura)
migliorare l'aspetto
migliorare la resistenza all'abrasione (es. cromatura)
conferire isolamento elettrico, termico, acustico
Prima di trattare le superfici bisogna effettuare
PULIZIA DEL PEZZO (così che poi si possa ottenere buana aderenza degli
strati al pezzo). Con la pulizia si elimina la sporcizia e i depositi indesiderati sul pezzo.
Si può fare
1. pulizia meccanica a secco: spazzolatura, lucidatura, martellatura, proiezioni
(sabbiatura), smerigliaura
2. pulizia meccanica ad umido: lavaggio, spruzzatura, getti di vapore, ultrasuoni
(gli ultrasuoni, oscillazioni ad altra frequenza, creano delle microbolle che
scoppiando creano una elevata pressione eliminando così piccolissime
particelle di sporco da pori e fessure.
3. Pulizia chimica: si effettua sgrassamento con solventi organici, che possono
essere spruzzati sul pezzo o che servono per immergervi il pezzo.
Il solvente organico riduce lo sporco/grasso in piccole particelle che formano
un emulsione e una dispersione con l'acqua di lavaggio con cui vengono
rimosse. Si può usare anche un solvente alcalino tipo soda caustica che
trasforma i lubrificanti o grassi in sapone che sono allontanati con l'acqua di
lavaggio.
Comportamento del sapone
MICELLA
Acido grasso da cui si ottiene il sale
La coda lipofila interagisce con il grasso
della macchia di sporco e la testa idrofila
rimane all'esterno ed interagisce con
l'acqua, permettendo all'acqua di lavaggio
di allontanare le macchie di sporco
Dopo la pulizia del pezzo si può effettuare il TRATTAMENTO DELLA SUPERFICIE
1. protezione termica del metallo: tramite applicazione di metalli protettivi proiettati fusi
e finemente dispersi sui metalli da trattare, cosicché il materiale di protezione si
deposita sulla superficie del pezzo per adesione e per fusione parziale della
superficie del pezzo.
2. Galvanizzazione: tramite elettrolisi si ricopre il metallo deteriorabile con metalli più
resistenti alla corrosione, come nella zincatura o cromatura La protezione della
maggior parte dei pezzi di auto avviene per galvanizzazione (i pistoni con lo stagno,
le lamiere con lo zinco, paraurti con nichel, rame, cromo)
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3. smaltatura: una miscela di materiale refrattario (quarzo e additivi) viene cotto sulla
superficie del pezzo e conferisce resistenza agli acidi, alla soda e al calore, oltre
che resistenza elettrica. Lo strato è sensibile agli urti.
4. Trattamento con ceramica: le applicazioni in ceramica servono a proteggere dal
calore, corrosione e usura
5. Ossidazione:ossidare la superficie (brunitura, anodizzazione, carbonizzazione) così
da formare uno strato corroso artificialmente che isoli il metallo sottostante.
6. Rivestimenti sintetici: si possono applicare su tutti i pezzi tramite pennello, spatola,
immersione, rivestimento con pellicole, per trattamento elettrostatico o per
sinterizzazione a vortice. La sinterizzazione a vortice consiste nel inserire il pezzo
preriscaldato (circa 300°C) in un vortice, creato da aria compressa, di polvere di
materiale plastico sinterizzato. La polvere depositandosi sul pezzo forma un
rivestimento plastico utile contro corrosione, o come isolante fonico, termico,
elettrico o utile per migliorare l'aspetto.
INCOLLATURA DEI PEZZI
L'incollaggio consiste nella giunzione di parti tramite un collegamento adesivo usando
resine acriliche, epossidiche, fenoliche e viniliche.
Questo sistema presenta i seguenti vantaggi:
1. possibilità di unire materiali diversi
2. diminuzione del pericolo di corrosione di parti metalliche perché separate da un
sottile strato isolante
3. possibilità di unire pezzi sottili
4. possibilità di lavorare a temperatura ambiente
5. capacità di smorzare vibrazioni e rumori.
La tecnica degli incollaggi è ormai largamente usata nelle costruzioni automobilistiche,
aeronautiche e degli elettrodomestici.
La solidità del collegamento delle parti da unire dipende da due fattori:
• forze di coesione che consistono in legami intermolecolari tra molecole dello stesso
tipo e quindi si tratta di coesione tra molecole di colla nello strato di colla (es. forza
di coesione tra le molecole di acqua allo stato liquido)
• forze di aderenza che consistono in legami intermolecolari tra molecole di tipo
diverso e quindi si tratta di interazioni tra colla e superfici da incollare (es. forza di
adesione tra pareti di un bicchiere e acqua che, anche se rovesciata dal bicchiere,
ne lascia le pareti bagnate).
Affinché si abbia un solido collegamento, l'incollaggio deve essere effettuato su grandi
superfici di giunzione così che si possano instaurare numerose forze di coesione e di
aderenza tra numerose molecole.
Le forze di aderenza dipendono soprattutto dalla cura con cui è stata fatta la pulizia dei
pezzi da incollare.
Le forze di coesione dipendono dal tipo di incollanti usati.
Nella manutenzione di pezzi di autoveicoli su usano adesivi reattivi che induriscono in
seguito ad una reazione chimica: esistono adesivi ad un solo componente quando
l'indurimento avviene per reazione con l'umidità dell'aria, ed esistono adesivi a due
componenti quando l'indurimento dell'adesivo avviene quando viene mescolato con un
altro reattivo chiamato indurente.
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Inoltre si possono distinguere in adesivi a freddo, quando l'indurimento avviene già a
temperatura ambiente, o in adesivi a caldo e quindi bisogna operare a temperature tra
120° e 250°c, altrimenti i tempi sono più lunghi.
adesivo
componenti indurimento
Campo di applicazione
poliuretano
1
Umidità dell'aria
Mastici o guarnizioni per
collegamenti di carrozzeria
poliuretano
2
indurente
Incollatura di parabrezza, pezzi di
carrozzeria
Adesivo
anaerobico
1
Esclusione aria +
contatto con metallo
Bloccaggio di viti e bulloni, tenuta
filettature, tenuta superfici
Resina
epossidica
2
indurente
Incollatura di pezzi di carrozzeria
durante riparazione parziale
Acrilato di
cianuro
1
Umidità dell'aria
Incollatura rapida per metallo,
ceramica, caucciù
CHIMICA ORGANICA (cenni)
Per capire meglio le caratteristiche degli adesivi e di tante altre sostanze tra cui
combustibili (trattati lo scorso anno) e oli lubrificanti (di seguito) dobbiamo introdurre
alcune informazioni principali sulla chimica organica, detta anche chimica dei composti del
carbonio.
La chimica organica è quella parte della chimica che si occupa dei composti del carbonio
che sono formati da molecole la cui struttura principale è formata da una catena di atomi di
carbonio, legati tra loro, e con idrogeno, e in quantità minore legati anche con ossigeno,
zolfo e fosforo.
Questi composti quindi formati prevalentemente da carbonio e idrogeno sono anche
detti “idrocarburi” (ricorda che i carburanti sono degli idrocarburi), costituiscono un
numero elevatissimo di composti differenti per struttura e per proprietà.
Una volta si chiamava chimica organica perché si pensava che gli idrocarburi fossero
prodotti solo da organismi viventi animali o vegetali, ma in seguito sono stati prodotti in
laboratorio.
Tutte le leggi della chimica valgono esattamente per tutti i tipi di sostanze e quindi anche
per gli idrocarburi.
Rappresentazione di Lewis
Il carbonio è un elemento del IV gruppo, ha
quindi quattro (4) elettroni di valenza e con
ognuno di questi elettroni può formare un
legame.
C
METANO
H
H
C
H
CH4
4 legami covalenti tra 1 atomo di carbonio e
H
4 atomi di idrogeni
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IDROCARBURI SATURI E INSATURI
Gli idrocarburi più diffusi si chiamano idrocarburi saturi: ogni atomo di carbonio forma
quattro legami covalenti e si può legare con altri quattro atomi che possono essere
carbonio (che permette di continuare ad allungare la catena di legami) o idrogeno, che
potendo formare solo un legame covalente, perché essendo del I° gruppo ha solo un
elettrone di valenza, interrompe la catena dei legami.
I legami che si formano sono di tipo covalente polare ma dato che le molecole risultano
avere una disposizione di atomi molto simmetrica la molecola nel suo complesso risulta
apolare.
La formula chimica generale degli idrocarburi saturi detti ALCANI è: CnH2n+2
L'idrocarburo più piccolo è il metano CH4, poi c'è l'etano C2H6, poi c'è il propano C3H8, poi
il butano C4H10 e i successivi, prendono il nome in base al numero di atomi di carbonio,
quindi avremo il pentano C5H12, esano C6H14 e così di seguito.
Se la catena di atomi di carbonio si richiude su se stessa, allora questi composti prendono
il nome di ciclo alcani.
Quando gli idrocarburi sono formati da più di 3 atomi di carbonio, questi atomi si possono
legare tra di loro a formare catene lineari o possono legarsi in modo da creare strutture
ramificate.
E' quindi possibile che due molecole abbiano la stessa formula molecolare (lo stesso
numero e tipo di atomi) ma abbiano formula di struttura diversa perché gli atomi si sono
legati a formare catene diverse (lineari o ramificate). Anche se sono formati dagli stessi
atomi si formano composti diversi che hanno caratteristiche fisiche diverse e che devono
essere chiamati in modo diverso. Questa caratteristica dei composti organici è detta
isomeria e i due composti con formula chimica uguali ma diversa formula di struttura sono
detti isomeri.
Esistono anche degli idrocarburi in cui due atomi di carbonio non sono legati con altri
atomi ma formano doppi o tripli legami tra di loro.
Si chiamano idrocarburi insaturi.
Se due atomi di carbonio formano tra di loro un legame doppio si avranno idrocarburi
insaturi chinati ALCHENI la cui formula chimica generale : CnH2n
L'idrocarburo più piccolo è l'etene o etilene C 2H4, poi c'è il propene C3H6, poi il butene
C4H8 e i successivi che prendono il nome in base al numero di atomi di carbonio e si
chiameranno pentene C5H10, esene C6H12 e così di seguito.
La diversa posizione del doppio legame in una catena di atomi di carbonio rende possibile
la presenza di isomeri di posizione, che saranno indicati come composti di nome diverso.
Se due atomi di carbonio formano tra di loro un legame triplo si avranno idrocarburi
insaturi chiamati ALCHINI la cui formula chimica generale : CnH2n-2
L'idrocarburo più piccolo è l'etino C2H2, poi c'è il propino C3H4, poi il butino C4H6 e i
successivi che prendono il nome in base al numero di atomi di carbonio e si chiameranno
pentino C5H8, esino C6H10 e così di seguito.
La diversa posizione del doppio legame in una catena di atomi di carbonio rende possibile
la presenza di isomeri di posizione, che saranno indicati come composti di nome diverso.
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IDROCARBURI
n.atomi di
ALCANI
ALCHENI
ALCHINI
carbonio
1
CH4 metano
2
C2H6 etano
C2H4 etene
C2H2 etino
3
C3H4 propino
C3H8 propano
C3H6 propene
C4H10 butano
C4H8 butene
C4H6 butino
C5H10 pentene
C5H8 pentino
4
4
C4H10 isobutano
5
C5H12 pentano
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Esistono anche degli idrocarburi insaturi che formano una catena chiusa di sei atomi di
carbonio, di forma esagonale, con formula molecolare C 6H6. E' quindi un composto
insaturo con la caratteristica che non è possibile indicare l'esatta posizione di doppi legami
e perciò si verifica che ogni atomo di carbonio ha un elettrone di valenza che condivide
con tutti gli altri creando una “nuvola” di elettroni che è comune a tutti e sei gli atomi di
carbonio (delocalizzazione elettronica). Questi composti sono chiamati idrocarburi
aromatici (hanno un gradevole odore), il composto base è il benzene ed è stato scoperto
essere pericoloso per la salute perché cancerogeno.
REAZIONI DEGLI IDROCARBURI
Gli idrocarburi saturi reagiscono difficilmente con altri reagenti (sono stati chiamati anche
paraffine: poco affini ad altre sostanze!) ma in particolari condizioni danno origine a
reazioni di combustione.
Gli idrocarburi insaturi, avendo degli elettroni di valenza impegnati nel doppio legame,
possono utilizzare questi elettroni per reagire con altri reagenti e dare origine a tanti
prodotti.
Si possono così fare reazioni di sintesi in cui partendo da piccoli composti (monomeri)
che reagiscono tra loro, si ottengono grosse molecole detti polimeri che possono essere
sia naturali (gomme naturali o caucciù, polimero dell'isoprene) che di sintesi (gomme,
plastiche, incollanti, sigillanti, oli lubrificanti) .
Con il termine “plastica o materiale plastico” si indicano un gran numero di
sostanze organiche, introdotte nel mercato nel XX secolo.
Le proprietà di quasi tutti i materiali plastici sono:
• bassa massa volumica (densità)
• facili da lavorare, formare, colorare
• resistenti alla corrosione, agli acidi e alle basi
• buona capacità di isolamento elettrico
• scarsa capacità di conduzione termica
• grande dilatazione termica e debole resistenza al calore
Sono materiali formati da enormi molecole il cui peso molecolare a volte può essere
nell'ordine dei milioni.
Come una lunga catena si può ottenere unendo tra loro tanti piccoli anelli, così una
molecola gigante si può costruire legando tra loro un grande numero di piccole molecole.
Questa “catena” si chiama polimero e ciascun “anello” è detto monomero.
Si distinguono tre classi di plastiche:
•
Termolastiche: sono formate da lunghe molecole lineari o con ramificazioni ma
non reticolate (non ci sono legami chimici tra catene diverse). A temperatura
ambiente le termoplastiche sono dure e poco elastiche ma con il riscaldamento le
molecole cominciano a vibrare e il materiale diventa molle e quindi possono essere
facilmente lavorabili, senza asportazione di trucioli, mediante colatura, centinatura e
saldatura.
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•
Duroplastiche (o plasiche termoinduribili) : sono formate da lunghe molecole
reticolate a maglie strette, con molti legami tra catene diverse. A temperatura
ambiente sono dure come il vetro e se sottoposte a riscaldamento le molecole non
hanno possibilità di vibrare e scivolare tra di loro, dati i numerosi legami crociati, e
quindi rimangono solide e dure e non possono essere rammollite. Quindi possono
essere lavorate solo per asportazione di trucioli. I materiali di base (resine
sintetiche) sono liquidi (o fusibili) e induriscono per compressione e riscaldamento
a 170°C o per aggiunta di indurenti.
•
Elastomeri: sono formate da lunghe molecole poste in modo disordinato. Possono
essere deformate con forze deboli e riprendono la loro forma iniziale al cessare
della forza. Se si riscaldano non fondono, rimangono elastiche e si distruggono se
le temperature diventano molto elevate. Non possono essere lavorati per
asportazione di trucioli, non sono saldabili, possono essere gonfiate. Per formare
elastomeri si usa la tecnica della vulcanizzazione che consiste nel far avvenire delle
reazioni che creano una rete di molecole a maglie molto larghe creando legami
chimici tra catene diverse.
Con le reazioni di sintesi si ottengono polimeri per reazioni di addizione
e polimeri per reazioni di condensazione.
I polimeri di addizione si ottengono in un processo in cui i monomeri si legano tra loro
senza dare dare nessun altro prodotto oltre all'allungamento della catena. Questo succede
quando i monomeri sono degli idrocarburi insaturi (esempio alchene H 2C=CH2 etilene o
etene): quando un legame di ciascun doppio legame del monomero si rompe, ogni atomo
di carbonio ha un elettrone spaiato che può condividere con un atomo di carbonio di un
altro monomero creando una catena che può essere allungata all'infinito.
Con il monomero l'etilene H2C=CH2 si ottiene il PE polietilene.
Il PE a bassa massa molecolare (15.000 uma) è detto PE a bassa densità ed è un
materiale flessibile che si piega facilmente perché le forze di Van der Waals (che sono
forze intermolecolari debole) che si instaurano tra le catene sono in numero limitato dato
che il polimero non è grande (pellicole per imballaggi e sacchetti).
Il PE ad elevata massa molecolare (250.000 uma) è detto PE ad alta densità, è un
materiale che ha buone proprietà meccaniche, si piega con difficoltà perché le forze di Van
der Waals che si instaurano in una grande molecola sono più numerose (flaconi per
prodotti per igiene domestica.
Il polipropilene PP (monomero propilene CH3 HC=CH2 dove al posto di H c'è CH3 )
essendo formato da un monomero ramificato, è una plastica con elevate caratteristiche
meccaniche tanto che si può lavorare come un solido. Ci si possono fare tappi a vite per
flaconi per liquidi, flaconi, film per imballaggio, corpi di batterie per motori, rivestimenti per
interni ed esterni, tappeti. Inoltre può anche essere prodotta come fibra e quindi può
essere filata per produrre tessuti.
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Il polivinilcloruro PVC (monomero cloroetene o cloruro di vinile H 2C=CHCl) avendo
atomi di cloro forma tra le catene dei polimeri interazioni dipolo-dipolo che conferiscono
buone caratteristiche meccaniche al polimero (pellicole ma non per usi alimentare data la
presenza del cloro, mattonelle, tubi)
Il policianoacrilato (monomero metilciano acrilato
H2C=C–C=N
C O CH3
O
è un monomero ramificato e con numerosi doppio legami) è una ottima colla usata per
adesivi, adesivi tissutali usati al posto dei punti di sutura)
Il PVA polivinilacetato (monomero acetato di vinile H 2C=CH
O C
CH2
O
monomero ramificato e con doppi legami) da origine a varie colle tra cui una nota colla
bianca dotata di eccellente flessibilità e resistenza alla trazione. Quando si secca forma
una linea di incollatura gommosa, non è resistente all'umidità. E' un brevetto italiano, la più
nota sul commercio è il Vinavil (vinilacetato prodotto a Villadossola in provincia di
Verbania).
I polimeri di condensazione si ottengono in un processo in cui i monomeri diversi si
legano tra loro eliminando piccole molecole come l'acqua.
Le reazioni di polimerizzazione avvengono tra monomeri formando poliesteri se la
reazione avviene tra alcoli e acidi carbossilici, così da formare un gruppo estere (legame
tra carbonio e ossigeno) che è polare o formando poliammidi se la reazione avviene tra
ammine e acido carbossilico formando un gruppo ammidico (legame tra carbonio e azoto)
che è polare.
Poliesteri
Il PET polietilentereftalato (che ha bassa massa molecolare 15.000 uma) avendo gruppi
polari, forma legami dipolo-dipolo e anche se la molecola è piccola ha ottime proprietà
meccaniche; può essere filato per ottenere fibre tessili (dacron) e fibre di supporto dei
pneumatici, si possono ottenere film di mylar per nastri magnetici, bottiglie per bibite.
Se al posto del glicoleetilenico HO-CH2-CH2- OH si usa un monomero con un terzo
ossidrile, come la glicerina, il gruppo-OH che si trova in mezzo forma legami trasversali
formano polimeri reticolati e quindi si ottiene il miglioramento delle caratteristiche
meccaniche.
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I polimeri reticolati si chiamano resine alchidiche ed avendo tanti gruppi ossidrili sono
solubili in acqua. Le tinture ad acqua sono resine alchidiche poco reticolate, sciolte in
acqua che dopo essere state stese, man mano che la pittura si asciuga, formano altre
reticolazioni che provocano indurimento della pellicola, costruendo sul muro una
gigantesca molecola polimerica.
Le resine epossidiche sono polimeri termoindurenti che polimerizzano quando si
mescolano insieme i due componenti che formano il polimero. Il primo componente è già
un polimero a basso peso molecolare con gruppi epossidici ad ogni estremità, (il gruppo
epossidico è un anello a tre atomi ed è molto più reattivo di un gruppo OH).
Il secondo componente è una diammina. Quando si uniscono i due componenti si ha la
vulcanizzazione ossia i due componenti reagiscono assieme e si legano unendo tra loro
tutte le molecole di diepossido e di diammina. Quello che si ottiene non è un polimero
lineare, ma è un sistema reticolato, una sostanza dura e molto tenace, ma che non può
più essere trasformata.
Le resine poliuretaniche si ottengono per reazione di polimerizzazione tra un diisocianato (aromatico o alifatico) e un poliolo (in genere un glicole polietilenico o un
poliestere), in più vengono aggiunti dei catalizzatori per migliorare il rendimento della
reazione e altri additivi che conferiscono determinate caratteristiche al materiale da
ottenere soprattutto per ottenere prodotti diversi per densità e rigidezza.
Si possono ottenere quindi poliuretani rigidi e morbidi, poliuretani espansi rigidi e morbidi,
colle poliuretaniche mono e bicomponente e, con opportuni additivi, anche poliuretani con
caratteristiche plastiche.
Ad esempio una resina poliuretanica che si trova in commercio a due componenti a media
viscosità può essere usata per incollare numerosi tipi di materiali, es. fibra di carbonio,
metalli, legno,vetro e plastiche. Il tempo di polimerizzazione di 4’-8’ permette il
riposizionamento dei pezzi. Fornisce un film flessibile con buona resistenza all’urto, agli
sforzi statici e agli sbalzi di temperatura. Gli incollaggi presentano una buona resistenza
all’acqua, agli oli e agli idrocarburi. Ottima resistenza alla temperatura fino a 100°C circa.
GRASSI e OLI
I grassi o oli lubrificanti sono considerati prodotti di esercizio per un autoveicolo, ossia non
servono per costruirlo ma sono necessari per il suo funzionamento.
Dal punto di vista chimico i grassi e gli oli sono formate da grosse molecole di idrocarburi,
sono molecole apolari che non si sciolgono in acqua ma si sciolgono in solventi apolari.
Si dicono oli se a temperatura ambiente sono liquidi, si dicono grassi se a temperatura
ambiente sono solidi.
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PRODUZIONE DEGLI OLI
Gli oli lubrificanti sono idrocarburi ottenuti
• per distillazione frazionata del petrolio, separando quella frazione che bolle intorno
a 350°C (oli minerali)
• per sintesi, partendo da molecole piccole di gas, provenienti dal cracking del
petrolio, e formando prodotti di sintesi detti polialfaolefine che sono sempre
idrocarburi ma hanno una struttura molecolare diversa dagli idrocarburi estratti
direttamente dal petrolio (oli sintetici)
• per rigenerazione di lubrificanti usati che vengono raccolti dai consorzi oli usati e
che vengono sottoposti ad accurate procedure di ri-raffinazione (oli rigenerati).
COMPITI E CARATTERISTICHE
I compiti degli oli lubrificanti sono:
lubrificare organi meccanici dall'attrito radente (pistoni e cilindro ) e volvente (bronzine
albero a camme)
pulire
raffreddare (trasmettendo calore da più calde a quelle più fredde)
proteggere dalla corrosione le superfici metalliche
ermetizzare (funzione sigillante tra fasce elastiche e cilindro)
attenuare i rumori.
Inoltre bisogna ricordare che gli oli vanno incontro ad invecchiamento ed ossidazione per
effetto del calore e dell'ossigeno.
Per conferire agli oli base le caratteristiche di funzionamento richieste, per migliorarne le
caratteristiche e sopprimere quelle indesiderabili si aggiungono opportuni additivi.
Tutti gli oli lubrificanti in commercio hanno gli additivi perché un olio base farebbe subito
grippare il motore!
VISCOSITA' E DENSITA' DEGLI OLI
La viscosità è un concetto chimico – fisico che indica la resistenza interna di un fluido,
ovvero quanto questo si oppone al proprio scorrimento, è quindi un parametro importante
per selezionare gli oli motore.
Immaginiamo due superfici sovrapposte ed in movimento relativo che in mezzo hanno un
fluido che possiamo immaginare essere di un certo spessore e quindi formato da più strati
di liquidi stesso. Durante il movimento lo strato più in basso rimane fermo, mentre gli strati
più in alto scorrono con velocità sempre maggiore raggiungendo, per quello più in alto, la
stessa velocità della superficie in movimento. Negli strati più in basso la velocità scende
progressivamente perché ogni singolo strato tende a frenare quello superiore e
contemporaneamente a trascinare quello inferiore. Questo movimento di strati porta ad
una graduale diminuzione di velocità ed assorbe tanta più energia quanto maggiori sono
gli attriti interni che si verificano nel fluido. Quindi tanto maggiore sarà la resistenza interna
di un fluido, maggiore sarà l'energia assorbita durante il movimento, maggiore sarà la
viscosità.
Spesso il concetto di viscosità viene confuso con quello di densità, che è invece il peso
specifico del fluido (kg/litro) o massa volumica (rapporto tra la quantità di massa nell'unità
di volume (kg/m3). Rispetto all'acqua un olio motore è più viscoso (nel senso che è meno
scorrevole), ma è anche meno denso (cioè è più leggero, la densità dell'olio è minore di
Questa caratteristica fa si che l'olio versato in acqua vi galleggi sopra formando una
grande massa di spessore mono molecolare che impedisce il passaggio di ossigeno nelle
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acque sottostanti con grave danno per la flora e la fauna.
Lo strumento necessario per misurare la viscosità è il viscosimetro.
Viene misurato il tempo che una determinata quantità d'olio impiega per scorrere
attraverso un capillare immerso in un bagno a temperatura stabilita.
A parità di temperatura non tutti gli oli si comportano in ugual maniera.
Questo comportamento, definito per l'appunto “viscosità” dipende :
1) dalla temperatura: all'aumentare della temperatura la viscosità diminuisce e viceversa;
2) dall'indice di viscosità : è un numero che indica il cambiamento della viscosità al
cambiare della temperatura. Viene riportato in un diagramma Viscosità su Temperatura
(diagramma VT). Tanto più la retta è piatta, tanto più elevato è l'indice di viscosità ed
essendo il lubrificante poco sensibile al cambiamento della temperatura dal punto di vista
della viscosità, migliori sono gli oli perché funzionano bene sia a freddo, permettendo un
buon avviamento, sia a caldo mantenendo un strato stabile di lubrificante.
I buoni oli minerali hanno indice di viscosità da 90 a 100, gli oli sintetici raggiungono indici
di viscosità tra 120 e 150 permettendo di soddisfare esigenze di motori ad alta potenza.
Classi di viscosità SAE
La SAE (Society of Automotive Engineers: associazione americana degli ingegneri per
auto) ha stabilito delle classi di viscosità. La classificazione parte da 0W e termina a 50.
Esistono oli monogrado (es.: SAE 10W o SAE 20W/20 invernale; SAE50 estivo) e oli
multigradi come SAE 15W/50 per l'uso in tutte le stagioni perché soddisfano le esigenze di
più di una classe di viscosità
Classificazione degli oli motori secondo ACEA
La ACEA (Associazione dei Costruttori Europei di Automobili) è nata nel 1996 in seguito
alla fusione tra CCMC (Comitato Costruttori del Mercato Comune) e ATIEL (Associazione
Tecnica dei Produttori Europei di Lubrificanti) e prevede 4 differenti standard a seconda
del tipo di motorizzazione e di impiego. La classificazione è composta da una lettera
indicante la diversa tipologia di motore :
cat.A per motori a benzina
cat B per motori diesel
cat E per motori diesel di veicoli industriali
cat.C (catalyst compatible) per vetture di ultima generazione che hanno sistemi di post
trattamento dei gas di scarico (EGR)
La lettera è seguita da un numero che all'interno della categoria indica i diversi livelli di
performance
OLI PER TRASMISSIONI (cambi di velocità, differenziali e/o riduttori) devono aumentare
le caratteristiche di stabilità all'ossidazione, alla corrosione e le caratteristiche
antischiuma. Esistono quindi classificazioni API e SAE specifiche per oli per cambi.
Inoltre se i cambi sono automatici i fluidi lubrificanti devono poter soddisfare requisiti
supplementari. Non esiste per questi una norma unificata di designazione per cui bisogna
attenersi alle indicazioni del produttore.
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SMALTIMENTO OLI USATI
L'olio usato, che non ha più le caratteristiche per cui viene usato è classificato come
RIFIUTO che deve essere smaltito in modo giusto.
Prima di pensare allo smaltimento di un olio usato si può cercare di utilizzare oli di buona
qualità che mantengono più a lungo le caratteristiche e quindi più tardi devono essere
smaltiti.
Gli oli usati si dividono in due categorie:
• oli chiari di origine industriale e scarsamente deteriorabili con l'uso, facilmente
rigenerabili con un semplice processo di purificazione (filtraggio e/o centrifuga)
• oli scuri derivanti principalmente dalla lubrificazione auto, ossidati, carichi di metalli
e residui della combustione
Gli oli non sono biodegradabili, il loro
smaltimento nell'ambiente è pericoloso per
gli ecosistemi.
Gli oli esausti versati nell'acqua riducono la
quantità di ossigeno disponibile per la flora
e la fauna.
GLI OLI USATI SONO PERICOLOSI PER
L'AMBIENTE
La loro combustione incontrollata genera
emissioni e residui dannosi per l'ambiente
Non versare oli usati in pozzetti di
raccolta scorie, canali di scolo o
scarico
non utilizzare come diserbanti
non utilizzare per trattare manufatti in
legno
non utilizzare come combustibile per
riscaldamento
Stoccaggio oli usati
Stoccare l'olio motore usato in un
contenitore stagno con tappo di chiusura
Non miscelare l'olio usato con altre
sostanze come fluidi antigelo o di
trasmissione.
Tenere lontano dalla portata dei bambini e
da fonti di calore.
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Come smaltire l'olio usato?
Portare l'olio usato presso un centro di smaltimento:
se il volume < 600 litri si può portare presso i centri di riciclaggio scorie con contenitori di
stoccaggio specifici per la raccolta degli oli di scarto.
Se i volume è intorno a 600 litri la soluzione più semplice è contattare un centro di
riciclaggio autorizzato che ritiri gli oli di scarico, tramite azienda incaricata, quando si è
raggiunto i volume stabilito.
In caso di grosse produzioni es. oltre 20 metri cubi alla volta, la soluzione ottimale è
contattare un agente autorizzato allo smaltimento per trasportare gli oli esausti
direttamente dal proprio sito a quello di smaltimento più vicino.
Esiste il Consorzio Obbligatorio Oli Usati NUMERO VERDE: 800-86304 che si occupa
dello smaltimento dell'olio usato che in base alle caratteristiche del rifiuto provvede alla
•
rigenerazione: tramite filtrazione e distillazione si possono ottenere nuove basi
lubrificanti con le stesse caratteristiche delle basi ricavate dalla raffinazione del
petrolio. Da un chilo e mezzo di olio usato si ottiene un chilo di olio base. Dalla
rigenerazione si ottengono anche altri prodotti petroliferi quali il gasolio, l'olio
combustibile ed il bitume.
•
Combustione: quando l'olio raccolto è riutilizzabile, ma non rigenerabile, viene
sottoposto al processo di combustione in impianti in grado di sfruttarne il potere
calorifico (circa 9.500 kCal/kg), nel rispetto dei limiti di legge sulle immissioni in
atmosfera.
•
Termodistruzione: quando le caratteristiche dell'olio non consentano né la
rigenerazione né la combustione, il prodotto viene inviato agli impianti di
termodistruzione, sistemi di distruzione termica in condizioni controllate, dotati di
sistemi di abbattimento delle emissioni ancora più severi. La quantità di olio inviato
alla termodistruzione ammonta a meno dello 0,5% del totale raccolto.
Normalmente tiene in ambiente di lavoro oli meccanici ha la scheda tecnica in cui c'è la
descrizione del prodotto, le proprietà caratteristiche del prodotto che ne condizionano i
settori di applicazione, i livelli di performance secondo varie classificazione (ACEA, BMW
etc), la classe di viscosità secondo SAE, ma deve avere la scheda di sicurezza del
prodotto in cui sono riportate:
1. identificazione della sostanza e della ditta di produzione
2. identificazione dei pericoli
3. composizione/informazione sugli ingredienti
4. interventi di primo soccorso
5. misure antincendio
6. provvedimenti in caso di dispersione accidentale
7. manipolazione e immagazzinamento
8. protezione personale/controllo dell'esposizione
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9. proprietà fisiche e chimiche
10. stabilità e reattività
11. informazioni tossicologiche
12. informazioni ecologiche
13. osservazioni sullo smaltimento
14. informazioni sul trasporto
15. informazioni sulla normativa
16. altre informazioni
METALLI NON FERROSI
I materiali non ferrosi hanno proprietà chimico fisiche tali da poterli utilizzare per impieghi
specifici e diversi in base a queste loro caratteristiche
Gruppo
Metalli
Caratteristiche
Impieghi
Pesanti
Rame, Nichel,
Piombo, Zinco,
Stagno
Massa volumica Meccanica
> 5000 kg/m3
pesante
Leggeri
Alluminio
Magnesio
Titanio, Berillio,
Calcio
Massa volumica Usati in lega
< 5000kg/m3
dove si cerca la
leggerezza
Nobili
Oro, Argento,
Platino, Iridio
Alto valore
economico
Refrattari
Tungsteno,
Alta temperatura In lega per
Molibdeno,
di fusione
applicazioni
Vanadio, Titanio
dove si
realizzano alte
temperature di
esercizio
Terre rare
Lantanio, Cerio, Elevate
Usati per rotori
Neodimio,
caratteristiche
di motori elettrici
Samario
ferromagnetiche
Per resistenze,
saldature di
componenti
elettronici
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IL RAME E LE SUE LEGHE
Il rame è il metallo non ferroso più largamente utilizzato fin dal 4500 a.C. quando sostituì
la pietra nella costruzione di attrezzi per caccia e lavoro.
Viene impiegato soprattutto nel
• settore elettrico: conduttore nelle linee di trasporto dell'energia elettrica, negli
impianti industriali e civili, negli avvolgimenti dei motori, nei trasformatori, nei
contatti degli interruttori
• impianti termoidraulici : tubi, scambiatori di calore
• industria chimica: solfato di rame noto anticrittogammico per le viti.
Le principali caratteristiche del rame sono:
colore rosso salmone
temperatura di fusione 1083°C
massa volumica 8900 kg/m3
malleabilità, duttilità e buona lavorabilità a caldo e a freddo
alta conducibilità elettrica e termica
buona resistenza alla corrosione
facilità a formare leghe con altri metalli.
Il rame forma con lo stagno (dal 6 a 20%) una lega chiamata bronzo (temp. fusione
900/1000 °C) utilizzata per getti di fusione (statue, campane) e per valvole, cuscinetti lisci,
bronzine, monete e bulloneria speciale. In lega possono esserci anche altri elementi (zolfo,
piombo, nichel, manganese) e allora si chiamano bronzi speciali adatti per particolari
lavorazioni.
Inoltre il rame forma con lo zinco (dal 10 al 40%) una lega chiamata ottone (temp. fusione
800/1000 °C) utilizzata in fonderia (rubinetti, maniglie) nelle lavorazioni plastiche (fili, tubi,
lamierini) nella fabbricazione di cilindri e di strumenti musicali detti appunto “gli ottoni”. In
lega possono esserci anche altri elementi che ne migliorano le caratteristiche e allora si
chiamano ottoni speciali
L' ALLUMINIO E LE SUE LEGHE
L'alluminio è molto diffuso in natura principalmente come ossido (bauxite Al 2O3).
L'alluminio è disponibile in commercio in lastre, profilati, lamierini, tubi e fili.
Viene impiegato soprattutto
• nella metallurgia
• nella saldatura alluminotermica (reazione tra ossido di ferro e polvere di alluminio)
• settore elettrico: conduttore nelle linee di trasporto aereo dell'energia elettrica
• sotto forma di lega viene utilizzato nelle industria aeronautica, automobilistica,
ferroviaria, civile (infissi) ove si richiede materiale con ridotta massa volumica
Le principali caratteristiche dell'alluminio sono:
colore bianco argenteo
temperatura di fusione 658°C
massa volumica 2700 kg/m3
malleabilità, duttilità e buona lavorabilità
buona conducibilità termica ed elettrica
buona resistenza alla ossidazione
facilità a formare leghe con altri metalli (leghe leggere).
L'alluminio forma con il silicio (dal 5 a 13 %) una lega chiamata commercialmente Silium
utilizzata per ottenere cilindri di motori endotermici, pistoni, carter, ruote e cerchioni.
L'alluminio forma con rame (fino a12 %) una lega chiamata commercialmente Duralluminio
che ne aumenta la durezza, la resistenza a trazione e ne migliora la lavorabilità. Si
possono ottenere getti di fusione, tubi, barre, e profilati mediante lavorazione plastica
L'alluminio forma con il magnesio (fino al 10 %) una lega chiamata commercialmente
Anticorodal che ne aumenta la durezza, la resistenza alla corrosione e la rende adatta ad
essere trattata termicamente.
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IL MAGNESIO E LE SUE LEGHE
Viene impiegato soprattutto nella metallurgia per la produzione di leghe ultraleggere con
alluminio, zinco, manganese , silicio e nichel che ne migliorano la saldabilità e la
resistenza alla corrosione.
La lega (Electron) viene utilizzata nell'industria automobilistica e aeronautica per
costruzione di carter, serbatoi, coppe e radiatori e in tutte le applicazioni dove si ricerca la
caratteristica della leggerezza.
Il magnesio come ossido ha caratteristiche isolanti refrattarie per cui viene usto come
rivestimento dei forni
Le principali caratteristiche del magnesio sono:
colore bianco argenteo
temperatura di fusione 651°C
massa volumica 1750 kg/m3
bassa malleabilità e duttilità
alta combustibilità con fiamma molto luminosa
facilità a formare leghe con altri metalli (leghe ultraleggere).
Il NICHEL E LE SUE LEGHE
Il nichel negli ultimi anni è stato molto utilizzato data l'elevata resistenza alla corrosione.
Viene impiegato soprattutto
• come rivestimento protettivo di metalli
• per la costruzione di monete
• come componente di leghe inossidabili (acciai cromo-nichel) e in lega in ghise,
bronzi ed ottoni
Le principali caratteristiche del nichel sono:
colore grigio splendente
temperatura di fusione 1445°C
massa volumica 8900 kg/m3
bassa malleabilità e duttilità
resistenza alla corrosione
Tra le principali leghe che si formano con il nichel
• Costantana (50% Ni e 50% Cu) usata per resistenze elettriche e per termocoppie.
• Monel (45% Ni e 30% Cu) molto resistente a contatto con l'aria e acqua marina,
usata perciò per parti di pompe, filtri e valvole
• Inconel (72% Ni, 14% Cr) resistente alla ossidazione, alle alte temperature e alla
corrosione, quindi usata in turbine a gas e nell'industria chimica
LO STAGNO E LE SUE LEGHE
Lo stagno è un metallo ricavabile dal suo ossido, è presente in commercio sotto forma di
barre, lastre, fili.
Viene impiegato soprattutto
• come rivestimento protettivo del ferro nella produzione delle latte
• nell' industria elettronica per saldature di connessione dei componenti (saldatura a
stagno)
• in lega con il rame nel bronzo
• in lega con antimonio, piombo,zinco e rame nelle leghe antifrizione dette anche
metalli bianchi. Queste leghe sono usate come ricopertura di cuscinetti lisci,
supporti di alberi e perni in cui è necessario ridurre il coefficiente di attrito
Le principali caratteristiche dello stagno sono:
colore bianco argenteo splendente
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temperatura di fusione 232°C
massa volumica 7300 kg/m3
grande malleabilità
LO ZINCO E LE SUE LEGHE
Lo zinco è disponibile in commercio in lastre e barrette.
Viene impiegato soprattutto
• come come rivestimento di lamiere di coperture, recinzione, grondaie formando
strati ricoprenti di carbonato di zinco
• nella produzione di coloranti
• nella formazione di leghe
◦ ottone (con il rame)
◦ Electron (con Al, Mg, Mn, Si) lega ultraleggera
◦ tombacco (con rame) per fare laminature simili all'oro
◦ alpacca ( (con rame e nichel) per posaterie ed oggetti ornamentali al posto
dell'argento
IL PIOMBO E LE SUE LEGHE
Il Piombo è disponibile in commercio in lastre,tubi e fili.
Viene impiegato soprattutto
• per costruire le piastre degli accumulatori
• in lega con gli acciai per conferire loro maggiore truciolabilità alle macchine utensili
(acciai automatici)
Le principali caratteristiche del piombo sono:
colore azzurrognolo
temperatura di fusione 327°C
massa volumica 11.340 kg/m3
IL TITANIO
Viene impiegato sotto forma di lega con alluminio,vanadio, manganese e zirconio
nell'industria aeronautica e missilistica per la sua leggerezza associata ad elevate
caratteristiche meccaniche. Inconveniente è l'elevato costo.
Le principali caratteristiche del titanio sono:
colore bianco argenteo
temperatura di fusione 1725°C
massa volumica 4500 kg/m3
ALTRI METALLI DI INTERESSE TECNOLOGICO SONO
il Cromo: avendo ottima resistenza alla corrosione viene impiegato come
rivestimento protettivo e nella cromatura per scopi ornamentali, oltre che in lega in acciai
il Manganese: usato in lega negli acciai per aumentarne la durezza e la
resistenza all'abrasione
il Molibdeno: usato in lega nella costruzione di acciai speciali, usato anche nelle
resistenze elettriche che operano ad alta temperatura, nelle lampade ad incandescenza
come supporto dei fili al tungsteno e nelle lampade al quarzo
il Tungsteno o Wolfranio: possiede la più elevata temperatura di fusione ed
eccezionale durezza. Usato come placchette nella produzione di utensili da taglio e sotto
forma di fili è usato per lampade ad incandescenza.
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MATERIALI SINTERIZZATI
Sono materiali metallici dotati di ottime caratteristiche meccaniche ottenuti compattando e
trasformando in un composto indivisibile, materiali precedentemente ridotti in polvere.
Questo processo si chiama “metallurgia delle polveri”.
Le polveri possono essere fatte tramite
• frantumazione meccanica con frantoi
• polverizzazione: facendo passare il materiale fuso attraverso superfici forate e sotto
agitazione
• condensazione: facendo condensare il materiale fuso su superfici fredde
provocando rapida solidificazione in piccolissime gocce
• atomizzazione: investendo con un potente getto d'acqua il materiale fuso che esce
da un foro
• riduzione: facendo avvenire una reazione chimica di riduzione con H 2 o altri gas
riducenti, su polveri di ossidi metallici precedentemente macinati.
Le polveri così ottenute vengono mescolate a seconda della lega voluta, poi vengono
compatte e pressate. Successivamente sono scaldate a temperature opportune per tempi
adeguati.
Si hanno così fenomeni fisici e chimici e di saldatura tra le superfici di contatto dei granelli
di polveri che generano collegamenti stabili, conferendo ottime caratteristiche meccaniche
anche a temperature elevate.
Impiego di prodotti sinterizzati
• utensili di metallo fuso: il primo metallo duro risale al 1924 e fu chiamato Widia (dal
tedesco wie diamant: il diamante), sono usati per produzione di placchette per
utensili da taglio, per utensili di filettatura, per utensili di fresatura.
• Cuscinetti, boccole autolubrificanti e materiali antifrizione : essendo prodotti di
metallurgia delle polveri possiedono una certa porosità (25% del volume) che è
riempita da lubrificante. Durante il frizionamento a causa dell'attrito e dell'aumento
di temperatura fuoriesce il lubrificante garantendo lubrificazione per lungo tempo
senza necessità di manutenzione
• Cermet: costituito da una fase ceramica e una metallica. Come i materiali ceramici
ha elevato punto di fusione e grande stabilità, e come i materiali metallici ha buone
doti meccaniche. Sono utilizzati come placchette per utensili che hanno elevate
velocità di taglio.
• Contatti elettrici: polveri di rame (buone caratteristiche di conducibilità) e grafite
(Carbonio, buone caratteristiche di scorrimento) sinterizzate sotto forma di piastrine,
usate come spazzole di contatto nei motori elettrici
• Filamenti di tungsteno per lampade ad incandescenza
• filtri sinterizzati, dotati di elevata porosità, usati nell'industria chimica per effettuare
filtrazioni
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