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che mi dica
(Daniele Donati, 1971)
Sto cercando un uomo che mi dica
cosa vuole dire questa vita
che mi parli di un mondo migliore
che non finisca dopo due ore
che mi racconti una favola nuova
che sui miei passi non si trova
Che mi dica vieni con me
che mi dica vieni a vedere
la vita che c'é
Cerco qualcuno che mi faccia gioire
mi parli d'amore senza farmi arrossire,
cerco qualcuno che mi porti lontano
tutti i pensieri che non amo
cerco qualcuno che mi parli del sole
della vita del suo colore
Che mi dica vieni con me
che mi dica vieni a vedere
la vita che c'é
incontro
(parole di Paolo Biondi e Daniele Donati, musica di Daniele Donati, 1973)
Nell'aria della sera: "domani parlerà,
il Signore é giunto nella nostra città,
andremo domani in cima alla collina
a vedere un Dio che parla e cammina"
Nell'aria della sera, tante grida di donne:
"il Signore parlerà domani sul colle".
E tutti correvano a chiamare gli amici
correvano in piazza a cantare felici.
E quando, al nuovo giorno, dall'alba spuntò il sole
in tutta la collina risuonavano parole
e tanta tanta gente guardava verso l'alto
quando arrivò un uomo vestito di bianco.
(parlato)
"Beati i poveri nello spirito,
perché di essi e' il regno dei cieli"
La gente in silenzio, come in una preghiera
ascoltava le parole di chi non conosceva
erano parole che scolpivano il cuore,
strane parole, calde come l'amore.
Ed io ch'ero lì senza sapere il motivo
senza pretese col cuore lo seguivo
parlava di me della mia giornata
la mia povertà da un Re incoronata
Non sapevo il motivo, perché ero andato
nessuno lo sapeva o ci aveva pensato
ma mentre quell'uomo tornava a pregare
indietro non volevo più ritornare.
c'era una volta un re
(Daniele Donati, 1984)
C'era una volta un Re che aveva un gran reame
e c'era un cavaliere che aveva molta fame
di giorno nei duelli era forte come un toro
ma la notte poi sognava l'arrosto con l'alloro
Per prendere il castello del Re del gran reame
il prode cavaliere sapeva cosa fare
le mura circondare e aspettare la tenzone
sperando di sorprendere il sovrano a colazione
Ma ormai che quell'assedio durava da due anni
un di' tutto affamato depose le sue armi
e visto che il castello sorgeva lì vicino
gli venne una gran voglia di chiedere un panino
Il Re che tutto il giorno sostava sul balcone
lo vide di lontano ondeggiare sull'arcione
- a questo punto, amici, non vi sembrerà vero
ma corse giù di sotto le braccia alzate al cielo
"Vieni su di sopra, e' un sacco che ti aspetto
la tavola e' imbandita e il vino del più vecchio
di getto il cavaliere con tutto l'appetito
si avventa sui fagioli mordendosi anche un dito
Ma dopo quel banchetto al colmo del furore
fuggiva il cavaliere colpito nell'onore
"Com'era mai possibile che il Re, nemico e infame,
facesse lo stufato migliore del reame?"
C'era una volta un Re che aveva un gran reame
e c'era un cavaliere che aveva molta fame
di giorno combatteva in groppa al suo destriero
ma la notte poi sognava due braccia alzate al cielo
Il Re tutte le sere aspettava nel castello
che il vecchio cavaliere tornasse al suo duello
e ogni volta che sentiva i passi per le scale
ridendo gli affettava il pane col salame
un caffé
(parole di Bruno Sacchini, musica di Daniele Donati, 1984)
Or che torna a fiorire l'inverno sui tetti e sui cofani blu
or che ghiaccia sul retro il motore nel fondo al cortile laggiù
io ripenso ai mattini che tu sottovoce cantavi nel blu
io ripenso ai mattini che tu sottovoce cantavi nel blu
Or che torna a parlare la radio del tempo che ha fatto quaggiù
or che vola il pensiero tra il gelo che copre l'antenna tivù
più non sogni una vita da re dentro il fumo che lascia il caffè
più non sogni una vita da re dentro il fumo che lascia il caffè
E il ricordo di te si scompone
contro il fondo di un cielo marrone
come un vecchio colore che va.
Io ritorno alla vita in cucina
ripensando alla gioia bambina
che mi dona il tuo amore che già
gia' rinasce dal buio del cuore gia' mi chiama da dietro il buffet
gia' mi cerca affacciata al balcone che guarda laggiù verso l'Est
canticchiando obladì obladà sul rumore di questa città
canticchiando la la fa mi re nel profumo che lascia il caffè
il piccolo zaccheo
(Daniele Donati, 1984)
pa pa pa
Cos'è successo al piccolo Zaccheo
quando il Signore quel giorno lo chiamò
e lui discese di corsa da quell'albero
e la sua casa e il suo cuore spalancò
Cos'è successo al vecchio Nicodemo
quando il Signore quel giorno lo sgridò
e lui capì che bambini non si nasce
ma si diventa col tempo e con l'età
pa pa pa
Cos'è successo a quella donna al pozzo
quando il Signore un giorno le parlò
e lei tornò con il secchio ancora vuoto
che traboccava di felicità
Cos'è successo quel giorno alla mia vita
quando a una festa qualcuno mi portò
e con le note della sua chitarra
a cominciare la strada mi invitò
pa pa pa
e si cantava
(Daniele Donati, 1985)
Chissà se ancora lassù sul monte nero
si può trovare la piccola caverna,
ci saran tutti quei dodici briganti
che fanno festa intorno a una lanterna?
Chissà se ancora noi non sappiamo chi era,
chissà s'è vero che non sappiamo chi fu,
ma ti ricordi che sempre si scopriva
che per gli amici Lui si chiamava Gesù?
E si cantava Caramba come sai tu
e tutti insieme: Pim Pam e Amico Gesù
Ma so che ancora sù in cima a quella montagna
un gran Signore in attesa sempre sta
e quando arrivano i briganti affaticati,
a uno a uno, la sedia a tutti dà.
Rivedo ancora la stanza e quel camino
che più più fuoco ogni giorno manderà
e c'è un brigante che pensa alla sua bella
sicuramente un giorno tornerà.
E si cantava...
la mia casa
(Daniele Donati, set 1992)
La mia casa è una sola ed è là dove batte il mio cuore
sulla terra si vede fra mille, è fatta di sole
la mia casa si accende di notte, è una luna piena
la mia casa accoglie i profeti come una balena
La mia casa sta a galla in un mare ch'è fatto di vetro
É un amico che sente bussare e non fugge dal retro
la mia casa è una madre che getta legna nel camino
che non sta tutto il giorno a sognare ch'io torni bambino
La mia casa è una mano di rosso alla paura
É una storia che corre sul filo, un'avventura
la mia casa è una febbre rara, non va più via
la mia casa è qualcosa di grande, una compagnia
la la la
La mia casa è una strada ricurva che scende dal monte
a ogni passo si allarga, si stende, ti invita, ti prende
la mia casa è un cavallo che corre verso il mattino
la mia casa è una sola ed è là dove vive il destino
La mia casa è una sola ed è là dove batte il mio cuore
sulla terra si vede fra mille, è fatta di sole
la mia casa è una febbre rara, non va più via
la mia casa è qualcosa di grande, una compagnia
tu
(Daniele Donati, set 1992)
Quante volte tu mi hai stretto fra le braccia
quante volte tu mi hai guardato in faccia
come se tra noi ci fosse un grande amore
come se tra noi ci fosse un dolore
Quante volte tu mi hai preso per la mano
e all'orecchio mi hai promesso: ti porterò lontano
come se tra noi ci fosse un gran dolore
come se tra noi ci fosse un amore
Tu, che sei me più di me
Tu, che mi fai che mi dai
Tu, che sei tutto di me, Tu
Nella notte tu mi copri col tuo manto
le tue dita agli occhi mi han fermato il pianto
come se tra noi ci fosse un grande amore
come se tra noi ci fosse un dolore
Quante sere tu mi hai fatto compagnia
ci cantavamo tutto per non andar più via
come se tra noi ci fosse un gran dolore
come se tra noi ci fosse un amore
Tu, che sei me più di me
Tu, che mi fai che mi dai
Tu, che sei tutto di me, Tu
figlio
(parole di Daniela e musica di Daniele Donati, apr 1993)
Figlio sconosciuto, che sei nato solo ieri
ti ricamerò il cuscino se mi dici i tuoi pensieri.
Figlio misterioso, figlio ancora da chiamare
ti regalerò i miei occhi se ti lasci guardare.
Figlio a pugni chiusi contro il tempo e il destino
io ti penso gigante con un cuore piccino
Figlio a mare aperto verso porti stranieri
io ti penso capitano che non ha prigionieri
Figlio fra la folla come un angelo caduto
troverai misericordia per il tempo perduto?
Figlio fra di noi che domandi dove andiamo
troverai una risposta che ti porti lontano?
Figlio che fuggirai, affidato all'avventura
io vorrei lasciarti andare senza avere paura.
Figlio che tornerai, quando il passo sarà lento
io vorrei farti una casa per i giorni di gran vento.
Figlio senza fine, fisso come un pensiero
che la vita ti sia dolce e il dolore leggero.
Figlio senza dubbi, fra la notte e il guanciale,
che tu possa incontrare chi ti libera dal male.
Cosa farai da grande?
Come sarai da grande?
Quando sarai più grande, di chi sarai?
l'apatico
(parole di Daniela e musica di Daniele Donati, lug 1993)
Sono un apatico, lentamente m'incammino un po' flemmatico
guardo il mondo col mio occhio spento e abulico,
sono un apatico, sono un apa'.
Sono un pragmatico, amo soprattutto l'equilibrio statico
non sopporto di trovarmi in preda al panico,
sono un pragmatico, sono un pragma'.
Sono un agnostico, m'interesso solo al dubbio problematico
mi sorprendo consumato diplomatico,
sono un agnostico, sono un agno'.
Sono un cattolico, ma non prendo posizioni da fanatico
preferisco un distaccato impegno etico,
sono un cattolico, sono un catto'.
Sono un elvetico, ordinato, lindo, biondo e un po' schematico
educato a un raffinato senso estetico,
sono un elvetico, sono un elve'.
Sono uno stitico, mi ritrovo dentro un blocco monolitico
che impedisce di esternare il senso critico,
sono uno stitico, sono uno sti'.
Sono un patetico, con questo mio ostinato gusto del mimetico
che nasconde ogni mio ricordo autentico
sono un patetico, sono un pate'
Sono un apatico, ma ha travolto il mio presente malinconico
un incontro inaspettato e carismatico...
ero un apatico, ero un apa'.
le stelle di san lorenzo
(parole di Daniela e musica di Daniele Donati, ago 1993)
Giovanni Senzaterra raccolse i suoi averi
per fuggire dal suo regno, dopo averlo tradito
tutti i sogni e gli affanni in uno scrigno portò
era notte quel giorno che lui se ne andò.
Dove andare non sapeva ma in un luogo sicuro
fronte al sole spalle al vento una patria cercava
dai confini divisi fra giustizia e pietà
una culla per tutte le sue possibilità.
Sotto il cielo d'agosto si distese a sognare
mentre il buio gentile trascinava una stella
il coraggio d'andare a quel lampo affido'
finché notte e paura nel fuoco bruciò.
San Lorenzo, festa degli attimi che non si fermano
notte di fuochi e di incantesimi
San Lorenzo, sogno della realtà
potere senza fine delle possibilità.
Lungo i fiumi dell'ovest perse gli anni e gli amori
nelle terre del nord più nessuno lo attese
il calore del sud i pensieri gli rapì
ad oriente del mondo il suo viaggio finì.
Le stagioni veloci dai volti sempre uguali
sui capelli e le mani scese muta la neve
finché il cielo d'agosto più stanco tornò
come allora Giovanni negli occhi lo guardò.
Mille luci sorpresero il buio e la luna
come un torrente in piena che travolge la riva
solo allora Giovanni si chiese qual e'
quella stella che aveva la vita con se'.
San Lorenzo ...
Mentre il tempo aspettava e la vita correva
lui seguiva la stella verso il regno fuggito
tutti i sogni e gli affanni al suo re consegnò
era giorno la notte che lui se ne andò.
ave maria madre del destino
(Daniele Donati, ago 1993)
Ave Maria madre del Destino
che per volere Suo e tua umiltà
è diventato un essere piccino
Ave Signora della libertà
porta sempre aperta, nostra compagnia
che in ogni tempo era, è e sarà
Luce ai miei passi, seguo te, Maria
strada indicata da tuo Padre e Figlio
prima fra i volti che insegnano la via
Piena di grazia e di Lui consiglio
madre dell'uomo, serva e sua regina
sei per chi soffre tiepido giaciglio
Ave Maria stella mattutina
tu che del mondo sei materno aiuto
il nostro male senti eterna spina
Santa Maria che' hai riconosciuto
quando al Mistero hai sussurrato "sia"
quale disegno fosse in te compiuto
Ave Maria, Ave madre mia
gianni della prima fila
(Daniele Donati, set 1993)
Gianni della prima fila domenica alla messa
compie diciotto anni, l'han vestito a festa
Gianni le mani in bocca, come bignè alla panna
Gianni da quando é nato dice solo: mamma
Gianni gira la testa, guarda tutta la gente,
ma ecco si leva in coro un canto finalmente
Gianni sa ch'é il momento, stanco di far scena muta,
prende fiato e spara la sua nota forte e acuta
pa pa pa...
Gianni é al settimo cielo, scende di un semitono
poi prende la rincorsa e arriva un altro tuono
Gianni ora si fa piccino, come spiccasse il volo,
gorgheggia come se da sempre fosse un usignolo
Gianni della prima fila siede fra vecchie signore
che scuotono la testa piene di rossore
Gianni ora guarda in alto, il canto é finito presto
ma il cuore gli balla il samba, salta dentro al petto.
pa pa pa...
Gianni della prima fila domenica di festa
siede contento e ormai non sente piu' la messa
Gianni le mani in faccia, gli tremano di gioia,
zimbello del paese al centro della storia
Gianni si guarda intorno in chiesa e' rimasto solo
guarda nel buio e sa ch'è diventato un uomo
Gianni altri sette giorni ritorna nel suo io
con la felicità di chi ha incontrato Dio.
parole
(parole di Daniela e musica di Daniele Donati, gen 1994)
Parole di fumo per coprire le fughe
per confondere i giochi e mascherare le rughe.
Parole sciantose con le calze di rete
che ti affogano il cuore ma ti lascian la sete.
Parole da sniffare quando è persa la partita
chi ha detto poi che i sogni aiutano la vita.
Parole a prezzo fisso senza storia nè bandiera
inventate per mestiere e già morte quand'è sera.
Parole salottiere da scambiarsi a fior di pelle
fra i compagni ormai inquadrati ma con l'anima ribelle.
Parole fra le note dei profeti da concerto
che cantano la notte di un futuro sempre incerto.
Parole dai balconi come rombi di cannone
mirate sulla folla a ogni cambio di stagione.
Parole da indossare con un senso sconosciuto
nate senza ricordare che tutto è già accaduto.
Dove tutto è stato detto e perduta ogni parola
costruiremo nuove voci che non stringano alla gola
Costruiremo nelle pieghe di una libertà ferita
poche frasi, solo quelle che ti cambiano la vita.
e aspetto il mattino
(parole di Daniela e musica di Daniele Donati, mag 1994)
Mi piace la sera degli occhi bruciati
di quelli che stanno e non partono mai.
Mi piace la sera, la sera furiosa
sera che piange aspettando il tramvai.
Mi piace la sera degli occhi nebbiosi
di quelli che vanno e non partono mai.
Mi piace la sera, la sera arruffata
sera che parte in cerca di guai.
Sera amara di ricordi, sera che verrai
sera uccisa dalla noia, sera sui tramvai.
E amo la notte dei gatti randagi
di quelli che stanno e non tornano mai.
E amo la notte, la notte bruciata
notte d'agosto lontano oramai.
E amo la notte dei gatti furiosi
di quelli che vanno e non tornano mai.
E amo la notte, la notte rubata
notte d'inverno che aspetta il tramvai.
Notte chiara senza ombre, notte che sarai
notte accesa sui balconi, notte bianca ormai.
Ma aspetto il mattino dei baci rubati
di quelli che danno e non prendono mai.
Ma aspetto il mattino, il mattino nebbioso
mattino d'inverno che tu tornerai.
Ma aspetto il mattino dei baci arruffati
di quelli che vanno e non fuggono mai.
Ma aspetto il mattino, il mattino randagio
mattino d'agosto che tu partirai.
Giorno aperto alle partenze, giorno che uscirai
giorno atteso sulla porta, giorno tornerai
covignano
(parole di Bruno Sacchini, musica di Daniele Donati, lug 1994)
Aprendo la capote scoprimmo fino al cielo
che oltre la grand'Orsa le sciabolate in nero
del Paradiso Club svelavano agli amanti
serrati a chiave dentro i lor coupé
la vista mare sui corpi lor flambé‚
Mentre manovravamo nei varchi in similpelle
che la strettezza Wolkswagen consentiva
in estasi dicesti: "Amore mio s'inclina"
che sul momento chissà cosa pensai
che rotolasse dal colle la cabina
Quando poi prendemmo a scivolare indietro
pian piano fino al bivio del nostro appuntamento
giungere non vedemmo lungo la tangenziale
con criminale slancio il camion della Hertz
sfidando il veto imposto sul week end
Chiusi nella sua maglia lì ci prese morte
convinti ci toccasse in premio un'altra sorte
che non il lampo blu-radica all'incrocio
dell'incidente che tardi c'insegnò
a non amare col freno sul retrò
Ora che questa nenia del mondo che non c'é
ci culla con l'abbraccio del nulla in fondo a sé
vediamo quell'amore che chiuso in fondo al tempo
risveglia al cuore la nostalgia di sé‚
risveglia al cuore la nostalgia di sé.
una trave una pagliuzza
(parole di Bruno Sacchini, musica di Daniele Donati, set 1994)
Una trave una pagliuzza: dentro l'occhio di Ninuzza
una nave si rispecchia, è l'orgoglio una spirale
che più sale più si perde come il fiume quando invecchia
chi ci salverà dal niente della morte quando assale?
Una trave una pagliuzza: dentro l'occhio di Ninuzza
una nave sta alla fonda, sopra il ponte un'armatura,
cavaliere che ti fidi della forza colossale,
che ti vale se i capelli ormai son grigi come il mare?
Una trave una pagliuzza: dentro l'occhio di Ninuzza
ci sta il ponte di una nave, nella vela soffia il vento
che trasporta bastimento, bastimento in mezzo al mare
vita mia senza maestra: chi la salverà dal male?
Una trave una pagliuzza: dentro l'occhio di Ninuzza
fa sua rotta la corsara, col pirata va il mercante,
col mercante la fortuna, ma la morte che lo attende
la sua faccia è bruna bruna: chi lo salverà dal niente?
Una trave una pagliuzza: dentro l'occhio di Ninuzza
balla il ponte della nave, sopra il ponte un generale,
generale con la gloria, generale che la soglia
della vita ha gia' varcato: chi ci salva dal peccato?
Una trave una pagliuzza: dentro l'occhio di Ninuzza
segue il volo della notte, questa notte in mezzo al mare
generale guarda il cielo, guarda il mondo senza tempo
senza tempo nuovo e antico, chi ci salva dal nemico?
Una trave una pagliuzza: dentro l'occhio di Ninuzza
una nave che si tuffa, ci sta il bene ci sta il male,
ci sta il bianco di una neve non toccata dal rumore,
non corrosa nè ferita: chi ci salva dal dolore?
Una trave una pagliuzza: dentro l'occhio di Ninuzza
tiene il corso la sua nave, sulla sponda corre l'onda,
corre corre chi non torna, passa il tempo passa l'orma
della festa già finita: chi la salverà la vita?
daniele dei leoni
(parole di Bruno Sacchini, musica di Daniele Donati, set 1994)
Figlio del destino e di un controllore
che all'alba di un mattino trovò in un vagone,
il frutto abbandonato del solito peccato
di chi cerca l'amore senza essere riamato.
Come sa essere padre e anche madre Dio,
così mi fu ben padre chi, credendo in Dio,
volle chiamarmi come Daniele dei leoni
sperando sol col nome salvarmi dai demoni.
Demoni che - diceva - riempion questo mondo,
ma l'altro è per chi spera lottando fino in fondo
amando chi non ama, amando chi ascoltava
come ascoltavo io, ma non credevo in Dio.
E mentre che invecchiando il padre trascinava
la vita controllando il foglio a chi viaggiava,
la pietra del futuro, in odio a Pasolini,
noi gettavamo in faccia, in faccia ai questurini.
Io cieco, io disperato, io che sparavo in bocca,
io stolto, io sradicato, io... sotto a chi tocca:
toccava a tutti quanti quell'anno, il sessantotto,
toccava anche i rimpianti d'un mondo che s'È rotto.
Un mondo che si è rotto è mondo che mio padre
credeva ancora intatto, che si potesse amare;
amare, fare il bene, lottare coi leoni,
salire sulla croce di Cristo tra i ladroni.
E vennero i ladroni, vennero all'assalto
di quel vecchio vagone, mia culla appena nato,
dove mio padre andava un giorno a barattare
il sangue con la vita passata senza odiare.
A che servisse odiare lo vidi quella notte,
quando sopra i binari lo vennero a portare,
nel bianco dei fanali, il viso ricoperto,
padre col solo torto di aver voluto amare.
Ora che del futuro la pietra s'è spaccata,
ora che il vecchio muro la vita ha generato,
ora che i Faraoni dentro l'anima mia
hanno perduto i troni dell'ideologia,
ora che Daniele, Daniele dei leoni,
ha ritrovato il miele che placa i suoi demoni,
ora Daniele vive, pietra d'inciampo e amore,
ritto lungo le rive del fiume del Signore.
orlando da montegridolfo (e stronz d'urland)
(parole di Bruno Sacchini, musica di Daniele Donati, ott 1994)
Orlando da Montegridolfo colore del zolfo la faccia
sei braccia d'altezza a stare seduto "Fottuto!" gridava la gente
al suono del nome soltanto
"Brigante assassino il suo vanto è d'avere ammazzato per niente
il legato del papa perchè non gli aveva assegnata la taglia adeguata"
"Scudi duemila soltanto?
Parola d'Urland ca l'amazz st'inverne che porc,
par fè bon e miàzz"
Venuto l'inverno l'Orlando rubando imprecando razziava
la bava alla bocca per ville e paesi "Se siete cortesi", gridava
"Vi lascio la vita, peró:
che il legato m'aumenti la taglia, se vuole salvarvi, gentaglia,
da me, ca l'aspett il legato te mezz d'una streda e sal'ciap ui fazz veda,
se Urlando quand'anche contando
la svalutazione non vale il doppio suo almeno
sanza confutazione!"
"Chi più di me crudo e feroce? Ben tre vescovi e un porporato
vivi murai in casa loro e un coro di monaci ho seviziato,
rapiti un conte, tre duchi,
marchesi con i suoi paesi, un principe senza casato,
la nonna di mio cognato e il suo pappagallo di già imbalsamato,
lo schioppo di un appuntato,
il carro di carnevale già mascherato,
in arcivescovado!
"A so e terror de Rimnès, um piès de fè paura ma tòtt,
(nu fe casòt, stém da sintì lazò in te fònd, che son robe importanti!)
son ribaldo, ladro, bandito, trema e guverne se alzo il dito...
(silenzio, banda di ignoranti, che sono anche patriota, per servire: sol per l'ideale son
solito rapire!)
Oggi so che deve passare di qua il legato papale,
i què, i què l'aspetarò, a tiro di fucile!"
"Orlando, sol per queste offese a Dio
e all'ordine costituito sarai punito..."
"Chi é? L'avete udito?" "Nessuno, capo, ha udito niente..."
"Forse qualche fiato di vento che soffia e sbuffa da ponente
ti ha ingannato, un suon di campane mosse dal vento..."
"Ormai é tempo che ci appostiamo, ascolta:
nevica sopra il paese, andiamo..."
Nevica un tempo buio nero, Orlando, che ha in cuore il gelo,
il ghiaccio della paura, or guarda la piazza ormai vuota ed oscura
coperta di neve già dura.
"Capo, c'è fuori paese, una grande e impervia radura
dove potremmo nasconderci in breve..." ma Orlando sta lì e non cede,
grida: "E' stato un momento,
un attimo sol di timore,
Rampazzo, Guido ed Astolfo, son sempre io infine
Orlando da Montegridolfo.
Il vento cresce e la neve é alta un culo e una sporta
sovviene un suon di sonagli e cavalli dai pressi di un camposanto:
ecco la scorta e il legato!
Orlando ascolta: "E' arrivato!", chiama a raccolta i suoi prodi
"Nascosti alla vista che ognuno ritagli la gola al suo proprio nemico
e del braccio sinistro anche il dito
chi avrà più coraggio darà inizio al processo,
anche senza permesso!"
Corre il gran carrozzone nero, nel leggero fioccar di neve:
la pieve del paese si vede appena...
"Dite tenente, chesseché questo paese?", chiede il legato.
E l'appuntato: "Spontricciolo, eccellenza, di qui a Bagnolo
saran tre miglia..." Patapum! Scoppia il parapiglia.
"Tenente, piglia!", risuona al tenente caduto al suolo
sotto il gran tempestare del fuoco, mentre la neve
cade sulla carrozza con rumore fioco.
La neve cade d'intorno e intorno già schioppa il fucile:
dei militi cadono, siedon feriti ai bordi della carrareccia
chi bada soltanto a scappare,
nascondersi sotto le ruote del carro, strisciando la bressa
credendo la fine scampare, percuotere l'uscio del primo convento.
In pochi momenti la neve
sale a coprire quei corpi ma, ecco i briganti,
che corrono a sgozzare.
Dalla porta della carrozza esce al legato la testa ormai storta
cade sul selciato... "E ancora vivo!" "Strappagli il cuore!"
"Non ci arrivo, ui vò la lèma un po' pi longa..."
"Nu fa e mazlèr, basta che defunga!"
"Prima che giunga Orlando, presto..." Ma Orlando È giunto.
"Fermi tutti!", grida. E poi: "Al vòi mè! E' mio: lasciate che lo stringa,
ch'al ciàp in te gargòzz!" Ma quello subito in franzese, sanza souci,
"Merde!", ui arspònd, e sòbit che morì.
"Com sarìa a dì? Ste mort ad fèma... mè, de merdòs,
un m'l'ha mai dè inciùn..."
"Forse scherzava!" "Ma se è morto secco, sticchito!".
"Guarda la palla che ha preso in fronte..."
"E' uscito il colpo di qua..."
"Era francese il tipo" "Me ne impipo! Me del merdoso..."
"Orlando, poichè (ascolta) sei stato troppo 'oso'
sarai tu, scellerato, in pietra trasformato,
solo allora, non prìa, potrai aver riposo!".
Ferme le campane, e non c'è vento... è freddo che trema anche il mento.
ma Orlando è bloccato, impalato, é come un troncone di marmo gelato,
neanche un compagno restato
Orlando da Montegridolfo: la faccia di zolfo non trema:
già la cancrena lo rode di dentro... immobile al centro del borgo
la neve cadendo lo copre,
lo avvolge di un sonno profondo. Nel gorgo del tempo,
Orlando attende il riposo.
vivere la vita
(parole di Bruno Sacchini, musica di Daniele Donati, ott 1994)
Vivere la vita come vive la formica
mettere da parte gli anni e la fatica
e poi voltarsi indietro
a considerare
l'onda del ricordo che quando mi assale
non travolge il tempo e il bene che prevale
Vivere la vita come il volo del gabbiano
che lasciando il suolo cerca più lontano
dove l'orizzonte
s'incrocia col destino
un ultimo monte sempre più vicino
dove l'Eldorado rinasce ogni mattino
Vivere la vita come se fosse l'alba
cercare in altri occhi la luce che non stanca
guardare il nuovo giorno
come se al suo chiarore
si disegnasse il volto dell'uomo che non muore
e il tempo più non fugge nello scandir le ore
Vivere la vita come se fosse sera
vedere sulla terra la luce farsi nera
guardare in faccia al mondo
come se al suo finale
sia giunta ormai la storia segnata dal suo male
lasciando all'uomo un tempo per ricominciare
i care
(Daniele Donati, dic 1994)
Se all'improvviso come per caso restassimo soli
io e te
ed ogni cosa di questo mondo si fermasse
senza più un perché
Sarà solo un istante
ma un istante solo ci sarà
che incrociati i nostri occhi in un lampo
il senso del tutto si svelerà
Se una foresta di pietra diventasse per incanto
tutta la gente
e dalle piazze e dai borghi fuggisse ogni fiato
perduto nel niente
Sarà solo un istante
ma un istante solo ci sarà
che stretti nell'unico abbraccio del mondo
il nodo da sciogliere si scioglierà
I care...
Quando partirò questa notte santa, quando finalmente
io me ne andrò,
quando per il lungo viaggo che non stanca
ma aggiunge giorno ai giorni,
io partirò
Sarà solo un istante
ma un istante solo ci sarà
che passando per caso, nella tua casa,
la mia barca di foglie si fermerà
I care...
erio
(Daniele Donati, nov 1995)
Spingevi a tutta birra sui pedali
vicoli e strade nebbia sui fanali
le ruote gonfie e gonfi anche gli occhiali
la scritta "ERIO - RECAPITI POSTALI".
Erio, lo sai che i soliti gnomi americani hanno inventato un BIP
che quando parte è un freddo grido acuto e poi fa CRIC
che tira un gran casino e pare vada in TILT
e a ogni parola si spezza in tanti BIT?
Erio, avvisi e telegrammi sbrigati in poche ore
borsa di pelle stinta dal sudore
saluto a tutti quanti specie alle signore:
prego una firma "che la controlla l'ispettore".
Erio, lo sai che mentre corri corri con un BYTE
il tuo avversario è un modem da centomila BAUD
tu ancora 2 chilometri e lui già accende una LIGHT
di un altro baracchino, lontano nel KUWAIT?
Erio, nascite e morti al mondo ad annunciare
tempo che passa, lune sempre chiare
come la faccia bianca di chi sta a aspettare
quell'aria allegra che sbuffa a pedalare.
Erio, la rete telematica ha chiuso anche il tuo BAR
il quarto della briscola s'è perso dietro al MOUSE.
Sera d'autunno in piazza, la nebbia frigge i WATTS,
dalle finestre sale il fischio d'amore di due FAX.
peter pan
(Daniele Donati, gen 1998)
Amico improvviso all'allegria dei giorni
piccoli, lontani, fiutando i tuoi ritorni,
bimbo fra i grandi, grande fra i piccini
festa di piazza, musica e violini
Grasse risate, sberleffi da villano
flauto argentato, gorgheggi da soprano,
tu che tornavi all'ovile vagabondo
ti sarà ridato cento volte il mondo
Saggio Peter Pan, d'aglio e peperoncino
sull'isola pirata col mignolo ad uncino,
tu che sapevi far ridere la storia
ti sarà ridata cento volte gloria
Vola nel cielo e ridi
Ridi nel grande volo
Quando la storia inizierà di nuovo
Caro Robin Hood di pasta coi fagioli
rubavi ai contenti per donare ai più soli,
tu che ancora puoi risorgere il mio canto
ti sarà ridato cento volte tanto
Saggio Peter Pan, d'aglio e peperoncino
sull'isola pirata col mignolo ad uncino,
tu che sapevi far ridere la storia
ti sarà ridata cento volte gloria
Vola nel cielo e ridi
Ridi nel grande volo
Quando la storia inizierà di nuovo
giovanni
(parole di Daniela e musica di Daniele Donati, ott 2001)
Lui guardava i suoi occhi
affollati di gente
mentre ancora il timore
soffocava la mente
Lui guardava i suoi occhi
affilati di vento
con il cuore conteso
fra la gloria e l'argento
Lui guardava i suoi occhi
che piovevano sale
accordava le sue labbra
per potere ascoltare
Lui guardava i suoi occhi
che varcavano il mare
chiuse piano la porta
e pensò di restare
Lui guardava i suoi occhi
e fu sera e mattina
storie nuove da cantare
sotto il cielo di prima
Lui guardava con gli occhi
che l'avevan segnato
a due passi dall'acqua
in un giorno infuocato
un amico
(Daniele Donati, feb 2006)
Uh...
Un amico è solo un amico,
e non sempre ti vale un tesoro,
tu lo perdi e ritrovi ogni giorno, ma
lui può essere un capolavoro.
Un amico ti guarda e non conta
i pensieri girati all'indietro,
un amico ti guarda e conosce
come fossi vestito di vetro,
come fossi vestito di vetro.
Uh...
Un amico è solo un amico,
ma è buon vino, con gli anni migliora,
un amico non è che un amico, ma
è una panna che il cuore divora.
Un amico ti guarda e non crede
che il dolore di un tempo si scordi,
un amico ti guarda e ti vede
anche quando di lui non ti accorgi,
anche quando di lui non ti accorgi.
Un amico è solo un amico,
ma è una barca che non teme l'onda,
fosse solo un compagno di scuola, lui
ti può reggere il vento di sponda.
Un amico ti guarda e non pensa
che tu possa sparire nel mare,
un amico ti guarda e ti pensa
come un'isola a cui ritornare,
come un'isola a cui ritornare.
Uh...
il pastore, la gente, i magi
(Daniele Donati, natale 2006)
Salta il ruscello, la pecora bela,
si gira intorno, si abbevera ancora
è già il tramonto, la guardo giocare,
senti che vento freddo, si va a riposare.
Tutto tremante mi accorgo che il cielo
in quella notte scura è cambiato davvero
una cometa mai vista ora è là
sale dai miei ricordi il bisogno di andar
Tutti partiamo guardando all'insù
mare di lana silente nel blu
d'ali improvviso un frullo ci sfiora
svela il mistero che accade in quest'ora
Quelle facce scavate dal sole
le tante bocche aperte dallo stupore
ora il passo è più lesto perché
so che la grande stella mi guida al mio Re.
Quanti i piedi in cammino veloci
quante le strade, quante le voci
quante luci rischiarano il cuore
tutta Betlemme è stretta attorno al Signore
Quanti anni ho aspettato di te
in questa lunga notte eterna oramai
ora che sei arrivato, Gesù,
il mio piccolo cuore non temerà più.
ho una casa
(parole di Daniela e musica di Daniele Donati, set 2007)
a la la (2)
Ho una casa col tetto rotondo
vieni a trovarmi, si chiama mondo;
ho una casa che batte le ore
vieni a trovarmi, si chiama cuore.
la la la (1)
Ho una casa col grande camino
vieni a trovarmi, si chiama destino;
ho una casa che non ha paura
vieni a trovarmi, si chiama avventura
la la la (1)
Ho una casa che porta il tuo nome
vieni a trovarmi, si chiama passione;
ho una casa col cielo e una stanza
vieni a trovarmi si chiama speranza.
Ho una casa sull'acqua che guizza
vieni a trovarmi, si chiama amicizia;
ho una casa, c'é scritto "piú in lá":
cosa aspettiamo? É ora si va.
la la la (2)
alza gli occhi
(da Isaia 60 – Stefano Pianori e Daniele Donati, nov 2009)
Alza gli occhi intorno e guarda:
tutti sono radunati.
I tuoi figli, da lontano,
son tornati a te.
I fiori rinati fra tante macerie
di nuovo orneranno i nostri balconi,
le mura abbattute saranno rialzate
E i tuoi costruttori accorrono a te
I figli ritornano più lieti cantando,
di nuovo le figlie sollevi al tuo abbraccio,
tu porti le stelle su un ponte d'argento
dal mare infinito in fondo al mio cuore
quanto è grande il mondo
(parole di Daniela e musica di Daniele Donati, dic 2009)
Quanto è grande il mondo
è stretto o è infinito?
Tu sei il benvenuto
avanti, sei gradito
Cammina, cammina...
Questo è dunque il mondo
lo vedi, eccolo qua
Ma ancora c'è dell'altro
ti dice un po' più in là
Cammina, cammina...
Di spazio ce n'è tanto
e non ci basta mai
Il mondo non finisce
è immenso, non lo sai?
Cammina, cammina...
Se è così grande il mondo
chissà chi l'ha creato
guardo il cielo e sono
felice di esser nato
La la la...
inno alla carità
(I Corinzi, 13, adattamento e musica di Daniele Donati, 2010)
Se capissi la lingua di ogni gente
e riuscissi a parlare con il cielo,
senza la carità sarei niente.
Come un bronzo che risuona leggero,
o un cembalo squillante che tintinna
senza la carità son freddo e gelo.
È paziente, non si adira, è benigna,
non invidia, né gonfia, mai si vanta,
dimentica le offese e non s’indigna.
Nella verità si alimenta e ammanta,
tutto copre, crede, sopporta e spera,
non finirà mai il mondo che a lei canta.
Le profezie si scioglieran qual cera,
anche il dono delle lingue cesserà
la scienza svanirà da mane a sera.
Alla fine del tempo che cosa rimarrà?
Fede, speranza e carità splendente,
ma di tutte la più grande è carità.
Se capissi la lingua di ogni gente
e riuscissi a parlare con il cielo,
senza la carità sarei niente.
Alla fine del tempo che cosa rimarrà?
Fede, speranza e carità,
ma di tutte la più grande è carità.
maddalena
(dal Cantico dei Cantici, adattamento di Daniele Donati, set 2013)
Piango nella notte sul mio giaciglio
Dov'è l’amore dell’anima mia?
Lo cerco in ogni dove e non lo trovo
Alle guardie in ronda lungo le mura:
“Avete visto i passi del mio amore?”
Lo cerco in ogni dove e non lo trovo
Me ne andrò in ogni piazza
Cercherò in tutte le strade
Io cerco il mio amore in ogni luogo
D’improvviso Amore appare
Griderò tutta la gioia
Gli donerò il profumo della vita
Ora che la notte si è unita al cielo
Si abbevera il mio sonno del suo amore
E riluce in Lui l'anima mia
chi è amato
(Daniele Donati, 23 novembre 2014)
Solo chi è Amato sa amar chi è vicino
al volto di Dio sa dare del Tu.
Lo sguardo rivolto a seguire il cammino
e un cuore ferito che cerca Gesù.
Tu mi hai creato da un pezzo di argilla,
soffio di vita senza un perché.
Poi mi hai indicato un luogo e una stella,
come potrei fuggire da te,
come potrei fuggire da te?
Tu mi hai lasciato partire nel mondo
e mi hai seguito discreto, lontano.
Quando mi hai visto oramai moribondo
tu mi hai raccolto tenuto per mano.
tu mi hai raccolto tenuto per mano.
Il 23 novembre a Roma è stato canonizzato il primo santo nato in provincia di Rimini, a Saludecio: il Santo Amato
Ronconi, vissuto nel XIII secolo. Egli praticò la carità come è capace solo chi sa di esserne oggetto da parte di un Altro.
Il suo nome dunque segnò il suo destino, sempre alla ricerca inquieta di colui che amava, ricercandolo nel lunghi
pellegrinaggi verso il “campo della stella”. Questa canzoncina è dedicata a lui e a tutti coloro che non smettono mai di
cercare Chi suscita il desiderio dell’uomo e lo soddisfa.