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che mi dica (Daniele Donati, 1971) Sto cercando un uomo che mi dica cosa vuole dire questa vita che mi parli di un mondo migliore che non finisca dopo due ore che mi racconti una favola nuova che sui miei passi non si trova Che mi dica vieni con me che mi dica vieni a vedere la vita che c'é Cerco qualcuno che mi faccia gioire mi parli d'amore senza farmi arrossire, cerco qualcuno che mi porti lontano tutti i pensieri che non amo cerco qualcuno che mi parli del sole della vita del suo colore Che mi dica vieni con me che mi dica vieni a vedere la vita che c'é incontro (parole di Paolo Biondi e Daniele Donati, musica di Daniele Donati, 1973) Nell'aria della sera: "domani parlerà, il Signore é giunto nella nostra città, andremo domani in cima alla collina a vedere un Dio che parla e cammina" Nell'aria della sera, tante grida di donne: "il Signore parlerà domani sul colle". E tutti correvano a chiamare gli amici correvano in piazza a cantare felici. E quando, al nuovo giorno, dall'alba spuntò il sole in tutta la collina risuonavano parole e tanta tanta gente guardava verso l'alto quando arrivò un uomo vestito di bianco. (parlato) "Beati i poveri nello spirito, perché di essi e' il regno dei cieli" La gente in silenzio, come in una preghiera ascoltava le parole di chi non conosceva erano parole che scolpivano il cuore, strane parole, calde come l'amore. Ed io ch'ero lì senza sapere il motivo senza pretese col cuore lo seguivo parlava di me della mia giornata la mia povertà da un Re incoronata Non sapevo il motivo, perché ero andato nessuno lo sapeva o ci aveva pensato ma mentre quell'uomo tornava a pregare indietro non volevo più ritornare. c'era una volta un re (Daniele Donati, 1984) C'era una volta un Re che aveva un gran reame e c'era un cavaliere che aveva molta fame di giorno nei duelli era forte come un toro ma la notte poi sognava l'arrosto con l'alloro Per prendere il castello del Re del gran reame il prode cavaliere sapeva cosa fare le mura circondare e aspettare la tenzone sperando di sorprendere il sovrano a colazione Ma ormai che quell'assedio durava da due anni un di' tutto affamato depose le sue armi e visto che il castello sorgeva lì vicino gli venne una gran voglia di chiedere un panino Il Re che tutto il giorno sostava sul balcone lo vide di lontano ondeggiare sull'arcione - a questo punto, amici, non vi sembrerà vero ma corse giù di sotto le braccia alzate al cielo "Vieni su di sopra, e' un sacco che ti aspetto la tavola e' imbandita e il vino del più vecchio di getto il cavaliere con tutto l'appetito si avventa sui fagioli mordendosi anche un dito Ma dopo quel banchetto al colmo del furore fuggiva il cavaliere colpito nell'onore "Com'era mai possibile che il Re, nemico e infame, facesse lo stufato migliore del reame?" C'era una volta un Re che aveva un gran reame e c'era un cavaliere che aveva molta fame di giorno combatteva in groppa al suo destriero ma la notte poi sognava due braccia alzate al cielo Il Re tutte le sere aspettava nel castello che il vecchio cavaliere tornasse al suo duello e ogni volta che sentiva i passi per le scale ridendo gli affettava il pane col salame un caffé (parole di Bruno Sacchini, musica di Daniele Donati, 1984) Or che torna a fiorire l'inverno sui tetti e sui cofani blu or che ghiaccia sul retro il motore nel fondo al cortile laggiù io ripenso ai mattini che tu sottovoce cantavi nel blu io ripenso ai mattini che tu sottovoce cantavi nel blu Or che torna a parlare la radio del tempo che ha fatto quaggiù or che vola il pensiero tra il gelo che copre l'antenna tivù più non sogni una vita da re dentro il fumo che lascia il caffè più non sogni una vita da re dentro il fumo che lascia il caffè E il ricordo di te si scompone contro il fondo di un cielo marrone come un vecchio colore che va. Io ritorno alla vita in cucina ripensando alla gioia bambina che mi dona il tuo amore che già gia' rinasce dal buio del cuore gia' mi chiama da dietro il buffet gia' mi cerca affacciata al balcone che guarda laggiù verso l'Est canticchiando obladì obladà sul rumore di questa città canticchiando la la fa mi re nel profumo che lascia il caffè il piccolo zaccheo (Daniele Donati, 1984) pa pa pa Cos'è successo al piccolo Zaccheo quando il Signore quel giorno lo chiamò e lui discese di corsa da quell'albero e la sua casa e il suo cuore spalancò Cos'è successo al vecchio Nicodemo quando il Signore quel giorno lo sgridò e lui capì che bambini non si nasce ma si diventa col tempo e con l'età pa pa pa Cos'è successo a quella donna al pozzo quando il Signore un giorno le parlò e lei tornò con il secchio ancora vuoto che traboccava di felicità Cos'è successo quel giorno alla mia vita quando a una festa qualcuno mi portò e con le note della sua chitarra a cominciare la strada mi invitò pa pa pa e si cantava (Daniele Donati, 1985) Chissà se ancora lassù sul monte nero si può trovare la piccola caverna, ci saran tutti quei dodici briganti che fanno festa intorno a una lanterna? Chissà se ancora noi non sappiamo chi era, chissà s'è vero che non sappiamo chi fu, ma ti ricordi che sempre si scopriva che per gli amici Lui si chiamava Gesù? E si cantava Caramba come sai tu e tutti insieme: Pim Pam e Amico Gesù Ma so che ancora sù in cima a quella montagna un gran Signore in attesa sempre sta e quando arrivano i briganti affaticati, a uno a uno, la sedia a tutti dà. Rivedo ancora la stanza e quel camino che più più fuoco ogni giorno manderà e c'è un brigante che pensa alla sua bella sicuramente un giorno tornerà. E si cantava... la mia casa (Daniele Donati, set 1992) La mia casa è una sola ed è là dove batte il mio cuore sulla terra si vede fra mille, è fatta di sole la mia casa si accende di notte, è una luna piena la mia casa accoglie i profeti come una balena La mia casa sta a galla in un mare ch'è fatto di vetro É un amico che sente bussare e non fugge dal retro la mia casa è una madre che getta legna nel camino che non sta tutto il giorno a sognare ch'io torni bambino La mia casa è una mano di rosso alla paura É una storia che corre sul filo, un'avventura la mia casa è una febbre rara, non va più via la mia casa è qualcosa di grande, una compagnia la la la La mia casa è una strada ricurva che scende dal monte a ogni passo si allarga, si stende, ti invita, ti prende la mia casa è un cavallo che corre verso il mattino la mia casa è una sola ed è là dove vive il destino La mia casa è una sola ed è là dove batte il mio cuore sulla terra si vede fra mille, è fatta di sole la mia casa è una febbre rara, non va più via la mia casa è qualcosa di grande, una compagnia tu (Daniele Donati, set 1992) Quante volte tu mi hai stretto fra le braccia quante volte tu mi hai guardato in faccia come se tra noi ci fosse un grande amore come se tra noi ci fosse un dolore Quante volte tu mi hai preso per la mano e all'orecchio mi hai promesso: ti porterò lontano come se tra noi ci fosse un gran dolore come se tra noi ci fosse un amore Tu, che sei me più di me Tu, che mi fai che mi dai Tu, che sei tutto di me, Tu Nella notte tu mi copri col tuo manto le tue dita agli occhi mi han fermato il pianto come se tra noi ci fosse un grande amore come se tra noi ci fosse un dolore Quante sere tu mi hai fatto compagnia ci cantavamo tutto per non andar più via come se tra noi ci fosse un gran dolore come se tra noi ci fosse un amore Tu, che sei me più di me Tu, che mi fai che mi dai Tu, che sei tutto di me, Tu figlio (parole di Daniela e musica di Daniele Donati, apr 1993) Figlio sconosciuto, che sei nato solo ieri ti ricamerò il cuscino se mi dici i tuoi pensieri. Figlio misterioso, figlio ancora da chiamare ti regalerò i miei occhi se ti lasci guardare. Figlio a pugni chiusi contro il tempo e il destino io ti penso gigante con un cuore piccino Figlio a mare aperto verso porti stranieri io ti penso capitano che non ha prigionieri Figlio fra la folla come un angelo caduto troverai misericordia per il tempo perduto? Figlio fra di noi che domandi dove andiamo troverai una risposta che ti porti lontano? Figlio che fuggirai, affidato all'avventura io vorrei lasciarti andare senza avere paura. Figlio che tornerai, quando il passo sarà lento io vorrei farti una casa per i giorni di gran vento. Figlio senza fine, fisso come un pensiero che la vita ti sia dolce e il dolore leggero. Figlio senza dubbi, fra la notte e il guanciale, che tu possa incontrare chi ti libera dal male. Cosa farai da grande? Come sarai da grande? Quando sarai più grande, di chi sarai? l'apatico (parole di Daniela e musica di Daniele Donati, lug 1993) Sono un apatico, lentamente m'incammino un po' flemmatico guardo il mondo col mio occhio spento e abulico, sono un apatico, sono un apa'. Sono un pragmatico, amo soprattutto l'equilibrio statico non sopporto di trovarmi in preda al panico, sono un pragmatico, sono un pragma'. Sono un agnostico, m'interesso solo al dubbio problematico mi sorprendo consumato diplomatico, sono un agnostico, sono un agno'. Sono un cattolico, ma non prendo posizioni da fanatico preferisco un distaccato impegno etico, sono un cattolico, sono un catto'. Sono un elvetico, ordinato, lindo, biondo e un po' schematico educato a un raffinato senso estetico, sono un elvetico, sono un elve'. Sono uno stitico, mi ritrovo dentro un blocco monolitico che impedisce di esternare il senso critico, sono uno stitico, sono uno sti'. Sono un patetico, con questo mio ostinato gusto del mimetico che nasconde ogni mio ricordo autentico sono un patetico, sono un pate' Sono un apatico, ma ha travolto il mio presente malinconico un incontro inaspettato e carismatico... ero un apatico, ero un apa'. le stelle di san lorenzo (parole di Daniela e musica di Daniele Donati, ago 1993) Giovanni Senzaterra raccolse i suoi averi per fuggire dal suo regno, dopo averlo tradito tutti i sogni e gli affanni in uno scrigno portò era notte quel giorno che lui se ne andò. Dove andare non sapeva ma in un luogo sicuro fronte al sole spalle al vento una patria cercava dai confini divisi fra giustizia e pietà una culla per tutte le sue possibilità. Sotto il cielo d'agosto si distese a sognare mentre il buio gentile trascinava una stella il coraggio d'andare a quel lampo affido' finché notte e paura nel fuoco bruciò. San Lorenzo, festa degli attimi che non si fermano notte di fuochi e di incantesimi San Lorenzo, sogno della realtà potere senza fine delle possibilità. Lungo i fiumi dell'ovest perse gli anni e gli amori nelle terre del nord più nessuno lo attese il calore del sud i pensieri gli rapì ad oriente del mondo il suo viaggio finì. Le stagioni veloci dai volti sempre uguali sui capelli e le mani scese muta la neve finché il cielo d'agosto più stanco tornò come allora Giovanni negli occhi lo guardò. Mille luci sorpresero il buio e la luna come un torrente in piena che travolge la riva solo allora Giovanni si chiese qual e' quella stella che aveva la vita con se'. San Lorenzo ... Mentre il tempo aspettava e la vita correva lui seguiva la stella verso il regno fuggito tutti i sogni e gli affanni al suo re consegnò era giorno la notte che lui se ne andò. ave maria madre del destino (Daniele Donati, ago 1993) Ave Maria madre del Destino che per volere Suo e tua umiltà è diventato un essere piccino Ave Signora della libertà porta sempre aperta, nostra compagnia che in ogni tempo era, è e sarà Luce ai miei passi, seguo te, Maria strada indicata da tuo Padre e Figlio prima fra i volti che insegnano la via Piena di grazia e di Lui consiglio madre dell'uomo, serva e sua regina sei per chi soffre tiepido giaciglio Ave Maria stella mattutina tu che del mondo sei materno aiuto il nostro male senti eterna spina Santa Maria che' hai riconosciuto quando al Mistero hai sussurrato "sia" quale disegno fosse in te compiuto Ave Maria, Ave madre mia gianni della prima fila (Daniele Donati, set 1993) Gianni della prima fila domenica alla messa compie diciotto anni, l'han vestito a festa Gianni le mani in bocca, come bignè alla panna Gianni da quando é nato dice solo: mamma Gianni gira la testa, guarda tutta la gente, ma ecco si leva in coro un canto finalmente Gianni sa ch'é il momento, stanco di far scena muta, prende fiato e spara la sua nota forte e acuta pa pa pa... Gianni é al settimo cielo, scende di un semitono poi prende la rincorsa e arriva un altro tuono Gianni ora si fa piccino, come spiccasse il volo, gorgheggia come se da sempre fosse un usignolo Gianni della prima fila siede fra vecchie signore che scuotono la testa piene di rossore Gianni ora guarda in alto, il canto é finito presto ma il cuore gli balla il samba, salta dentro al petto. pa pa pa... Gianni della prima fila domenica di festa siede contento e ormai non sente piu' la messa Gianni le mani in faccia, gli tremano di gioia, zimbello del paese al centro della storia Gianni si guarda intorno in chiesa e' rimasto solo guarda nel buio e sa ch'è diventato un uomo Gianni altri sette giorni ritorna nel suo io con la felicità di chi ha incontrato Dio. parole (parole di Daniela e musica di Daniele Donati, gen 1994) Parole di fumo per coprire le fughe per confondere i giochi e mascherare le rughe. Parole sciantose con le calze di rete che ti affogano il cuore ma ti lascian la sete. Parole da sniffare quando è persa la partita chi ha detto poi che i sogni aiutano la vita. Parole a prezzo fisso senza storia nè bandiera inventate per mestiere e già morte quand'è sera. Parole salottiere da scambiarsi a fior di pelle fra i compagni ormai inquadrati ma con l'anima ribelle. Parole fra le note dei profeti da concerto che cantano la notte di un futuro sempre incerto. Parole dai balconi come rombi di cannone mirate sulla folla a ogni cambio di stagione. Parole da indossare con un senso sconosciuto nate senza ricordare che tutto è già accaduto. Dove tutto è stato detto e perduta ogni parola costruiremo nuove voci che non stringano alla gola Costruiremo nelle pieghe di una libertà ferita poche frasi, solo quelle che ti cambiano la vita. e aspetto il mattino (parole di Daniela e musica di Daniele Donati, mag 1994) Mi piace la sera degli occhi bruciati di quelli che stanno e non partono mai. Mi piace la sera, la sera furiosa sera che piange aspettando il tramvai. Mi piace la sera degli occhi nebbiosi di quelli che vanno e non partono mai. Mi piace la sera, la sera arruffata sera che parte in cerca di guai. Sera amara di ricordi, sera che verrai sera uccisa dalla noia, sera sui tramvai. E amo la notte dei gatti randagi di quelli che stanno e non tornano mai. E amo la notte, la notte bruciata notte d'agosto lontano oramai. E amo la notte dei gatti furiosi di quelli che vanno e non tornano mai. E amo la notte, la notte rubata notte d'inverno che aspetta il tramvai. Notte chiara senza ombre, notte che sarai notte accesa sui balconi, notte bianca ormai. Ma aspetto il mattino dei baci rubati di quelli che danno e non prendono mai. Ma aspetto il mattino, il mattino nebbioso mattino d'inverno che tu tornerai. Ma aspetto il mattino dei baci arruffati di quelli che vanno e non fuggono mai. Ma aspetto il mattino, il mattino randagio mattino d'agosto che tu partirai. Giorno aperto alle partenze, giorno che uscirai giorno atteso sulla porta, giorno tornerai covignano (parole di Bruno Sacchini, musica di Daniele Donati, lug 1994) Aprendo la capote scoprimmo fino al cielo che oltre la grand'Orsa le sciabolate in nero del Paradiso Club svelavano agli amanti serrati a chiave dentro i lor coupé la vista mare sui corpi lor flambé‚ Mentre manovravamo nei varchi in similpelle che la strettezza Wolkswagen consentiva in estasi dicesti: "Amore mio s'inclina" che sul momento chissà cosa pensai che rotolasse dal colle la cabina Quando poi prendemmo a scivolare indietro pian piano fino al bivio del nostro appuntamento giungere non vedemmo lungo la tangenziale con criminale slancio il camion della Hertz sfidando il veto imposto sul week end Chiusi nella sua maglia lì ci prese morte convinti ci toccasse in premio un'altra sorte che non il lampo blu-radica all'incrocio dell'incidente che tardi c'insegnò a non amare col freno sul retrò Ora che questa nenia del mondo che non c'é ci culla con l'abbraccio del nulla in fondo a sé vediamo quell'amore che chiuso in fondo al tempo risveglia al cuore la nostalgia di sé‚ risveglia al cuore la nostalgia di sé. una trave una pagliuzza (parole di Bruno Sacchini, musica di Daniele Donati, set 1994) Una trave una pagliuzza: dentro l'occhio di Ninuzza una nave si rispecchia, è l'orgoglio una spirale che più sale più si perde come il fiume quando invecchia chi ci salverà dal niente della morte quando assale? Una trave una pagliuzza: dentro l'occhio di Ninuzza una nave sta alla fonda, sopra il ponte un'armatura, cavaliere che ti fidi della forza colossale, che ti vale se i capelli ormai son grigi come il mare? Una trave una pagliuzza: dentro l'occhio di Ninuzza ci sta il ponte di una nave, nella vela soffia il vento che trasporta bastimento, bastimento in mezzo al mare vita mia senza maestra: chi la salverà dal male? Una trave una pagliuzza: dentro l'occhio di Ninuzza fa sua rotta la corsara, col pirata va il mercante, col mercante la fortuna, ma la morte che lo attende la sua faccia è bruna bruna: chi lo salverà dal niente? Una trave una pagliuzza: dentro l'occhio di Ninuzza balla il ponte della nave, sopra il ponte un generale, generale con la gloria, generale che la soglia della vita ha gia' varcato: chi ci salva dal peccato? Una trave una pagliuzza: dentro l'occhio di Ninuzza segue il volo della notte, questa notte in mezzo al mare generale guarda il cielo, guarda il mondo senza tempo senza tempo nuovo e antico, chi ci salva dal nemico? Una trave una pagliuzza: dentro l'occhio di Ninuzza una nave che si tuffa, ci sta il bene ci sta il male, ci sta il bianco di una neve non toccata dal rumore, non corrosa nè ferita: chi ci salva dal dolore? Una trave una pagliuzza: dentro l'occhio di Ninuzza tiene il corso la sua nave, sulla sponda corre l'onda, corre corre chi non torna, passa il tempo passa l'orma della festa già finita: chi la salverà la vita? daniele dei leoni (parole di Bruno Sacchini, musica di Daniele Donati, set 1994) Figlio del destino e di un controllore che all'alba di un mattino trovò in un vagone, il frutto abbandonato del solito peccato di chi cerca l'amore senza essere riamato. Come sa essere padre e anche madre Dio, così mi fu ben padre chi, credendo in Dio, volle chiamarmi come Daniele dei leoni sperando sol col nome salvarmi dai demoni. Demoni che - diceva - riempion questo mondo, ma l'altro è per chi spera lottando fino in fondo amando chi non ama, amando chi ascoltava come ascoltavo io, ma non credevo in Dio. E mentre che invecchiando il padre trascinava la vita controllando il foglio a chi viaggiava, la pietra del futuro, in odio a Pasolini, noi gettavamo in faccia, in faccia ai questurini. Io cieco, io disperato, io che sparavo in bocca, io stolto, io sradicato, io... sotto a chi tocca: toccava a tutti quanti quell'anno, il sessantotto, toccava anche i rimpianti d'un mondo che s'È rotto. Un mondo che si è rotto è mondo che mio padre credeva ancora intatto, che si potesse amare; amare, fare il bene, lottare coi leoni, salire sulla croce di Cristo tra i ladroni. E vennero i ladroni, vennero all'assalto di quel vecchio vagone, mia culla appena nato, dove mio padre andava un giorno a barattare il sangue con la vita passata senza odiare. A che servisse odiare lo vidi quella notte, quando sopra i binari lo vennero a portare, nel bianco dei fanali, il viso ricoperto, padre col solo torto di aver voluto amare. Ora che del futuro la pietra s'è spaccata, ora che il vecchio muro la vita ha generato, ora che i Faraoni dentro l'anima mia hanno perduto i troni dell'ideologia, ora che Daniele, Daniele dei leoni, ha ritrovato il miele che placa i suoi demoni, ora Daniele vive, pietra d'inciampo e amore, ritto lungo le rive del fiume del Signore. orlando da montegridolfo (e stronz d'urland) (parole di Bruno Sacchini, musica di Daniele Donati, ott 1994) Orlando da Montegridolfo colore del zolfo la faccia sei braccia d'altezza a stare seduto "Fottuto!" gridava la gente al suono del nome soltanto "Brigante assassino il suo vanto è d'avere ammazzato per niente il legato del papa perchè non gli aveva assegnata la taglia adeguata" "Scudi duemila soltanto? Parola d'Urland ca l'amazz st'inverne che porc, par fè bon e miàzz" Venuto l'inverno l'Orlando rubando imprecando razziava la bava alla bocca per ville e paesi "Se siete cortesi", gridava "Vi lascio la vita, peró: che il legato m'aumenti la taglia, se vuole salvarvi, gentaglia, da me, ca l'aspett il legato te mezz d'una streda e sal'ciap ui fazz veda, se Urlando quand'anche contando la svalutazione non vale il doppio suo almeno sanza confutazione!" "Chi più di me crudo e feroce? Ben tre vescovi e un porporato vivi murai in casa loro e un coro di monaci ho seviziato, rapiti un conte, tre duchi, marchesi con i suoi paesi, un principe senza casato, la nonna di mio cognato e il suo pappagallo di già imbalsamato, lo schioppo di un appuntato, il carro di carnevale già mascherato, in arcivescovado! "A so e terror de Rimnès, um piès de fè paura ma tòtt, (nu fe casòt, stém da sintì lazò in te fònd, che son robe importanti!) son ribaldo, ladro, bandito, trema e guverne se alzo il dito... (silenzio, banda di ignoranti, che sono anche patriota, per servire: sol per l'ideale son solito rapire!) Oggi so che deve passare di qua il legato papale, i què, i què l'aspetarò, a tiro di fucile!" "Orlando, sol per queste offese a Dio e all'ordine costituito sarai punito..." "Chi é? L'avete udito?" "Nessuno, capo, ha udito niente..." "Forse qualche fiato di vento che soffia e sbuffa da ponente ti ha ingannato, un suon di campane mosse dal vento..." "Ormai é tempo che ci appostiamo, ascolta: nevica sopra il paese, andiamo..." Nevica un tempo buio nero, Orlando, che ha in cuore il gelo, il ghiaccio della paura, or guarda la piazza ormai vuota ed oscura coperta di neve già dura. "Capo, c'è fuori paese, una grande e impervia radura dove potremmo nasconderci in breve..." ma Orlando sta lì e non cede, grida: "E' stato un momento, un attimo sol di timore, Rampazzo, Guido ed Astolfo, son sempre io infine Orlando da Montegridolfo. Il vento cresce e la neve é alta un culo e una sporta sovviene un suon di sonagli e cavalli dai pressi di un camposanto: ecco la scorta e il legato! Orlando ascolta: "E' arrivato!", chiama a raccolta i suoi prodi "Nascosti alla vista che ognuno ritagli la gola al suo proprio nemico e del braccio sinistro anche il dito chi avrà più coraggio darà inizio al processo, anche senza permesso!" Corre il gran carrozzone nero, nel leggero fioccar di neve: la pieve del paese si vede appena... "Dite tenente, chesseché questo paese?", chiede il legato. E l'appuntato: "Spontricciolo, eccellenza, di qui a Bagnolo saran tre miglia..." Patapum! Scoppia il parapiglia. "Tenente, piglia!", risuona al tenente caduto al suolo sotto il gran tempestare del fuoco, mentre la neve cade sulla carrozza con rumore fioco. La neve cade d'intorno e intorno già schioppa il fucile: dei militi cadono, siedon feriti ai bordi della carrareccia chi bada soltanto a scappare, nascondersi sotto le ruote del carro, strisciando la bressa credendo la fine scampare, percuotere l'uscio del primo convento. In pochi momenti la neve sale a coprire quei corpi ma, ecco i briganti, che corrono a sgozzare. Dalla porta della carrozza esce al legato la testa ormai storta cade sul selciato... "E ancora vivo!" "Strappagli il cuore!" "Non ci arrivo, ui vò la lèma un po' pi longa..." "Nu fa e mazlèr, basta che defunga!" "Prima che giunga Orlando, presto..." Ma Orlando È giunto. "Fermi tutti!", grida. E poi: "Al vòi mè! E' mio: lasciate che lo stringa, ch'al ciàp in te gargòzz!" Ma quello subito in franzese, sanza souci, "Merde!", ui arspònd, e sòbit che morì. "Com sarìa a dì? Ste mort ad fèma... mè, de merdòs, un m'l'ha mai dè inciùn..." "Forse scherzava!" "Ma se è morto secco, sticchito!". "Guarda la palla che ha preso in fronte..." "E' uscito il colpo di qua..." "Era francese il tipo" "Me ne impipo! Me del merdoso..." "Orlando, poichè (ascolta) sei stato troppo 'oso' sarai tu, scellerato, in pietra trasformato, solo allora, non prìa, potrai aver riposo!". Ferme le campane, e non c'è vento... è freddo che trema anche il mento. ma Orlando è bloccato, impalato, é come un troncone di marmo gelato, neanche un compagno restato Orlando da Montegridolfo: la faccia di zolfo non trema: già la cancrena lo rode di dentro... immobile al centro del borgo la neve cadendo lo copre, lo avvolge di un sonno profondo. Nel gorgo del tempo, Orlando attende il riposo. vivere la vita (parole di Bruno Sacchini, musica di Daniele Donati, ott 1994) Vivere la vita come vive la formica mettere da parte gli anni e la fatica e poi voltarsi indietro a considerare l'onda del ricordo che quando mi assale non travolge il tempo e il bene che prevale Vivere la vita come il volo del gabbiano che lasciando il suolo cerca più lontano dove l'orizzonte s'incrocia col destino un ultimo monte sempre più vicino dove l'Eldorado rinasce ogni mattino Vivere la vita come se fosse l'alba cercare in altri occhi la luce che non stanca guardare il nuovo giorno come se al suo chiarore si disegnasse il volto dell'uomo che non muore e il tempo più non fugge nello scandir le ore Vivere la vita come se fosse sera vedere sulla terra la luce farsi nera guardare in faccia al mondo come se al suo finale sia giunta ormai la storia segnata dal suo male lasciando all'uomo un tempo per ricominciare i care (Daniele Donati, dic 1994) Se all'improvviso come per caso restassimo soli io e te ed ogni cosa di questo mondo si fermasse senza più un perché Sarà solo un istante ma un istante solo ci sarà che incrociati i nostri occhi in un lampo il senso del tutto si svelerà Se una foresta di pietra diventasse per incanto tutta la gente e dalle piazze e dai borghi fuggisse ogni fiato perduto nel niente Sarà solo un istante ma un istante solo ci sarà che stretti nell'unico abbraccio del mondo il nodo da sciogliere si scioglierà I care... Quando partirò questa notte santa, quando finalmente io me ne andrò, quando per il lungo viaggo che non stanca ma aggiunge giorno ai giorni, io partirò Sarà solo un istante ma un istante solo ci sarà che passando per caso, nella tua casa, la mia barca di foglie si fermerà I care... erio (Daniele Donati, nov 1995) Spingevi a tutta birra sui pedali vicoli e strade nebbia sui fanali le ruote gonfie e gonfi anche gli occhiali la scritta "ERIO - RECAPITI POSTALI". Erio, lo sai che i soliti gnomi americani hanno inventato un BIP che quando parte è un freddo grido acuto e poi fa CRIC che tira un gran casino e pare vada in TILT e a ogni parola si spezza in tanti BIT? Erio, avvisi e telegrammi sbrigati in poche ore borsa di pelle stinta dal sudore saluto a tutti quanti specie alle signore: prego una firma "che la controlla l'ispettore". Erio, lo sai che mentre corri corri con un BYTE il tuo avversario è un modem da centomila BAUD tu ancora 2 chilometri e lui già accende una LIGHT di un altro baracchino, lontano nel KUWAIT? Erio, nascite e morti al mondo ad annunciare tempo che passa, lune sempre chiare come la faccia bianca di chi sta a aspettare quell'aria allegra che sbuffa a pedalare. Erio, la rete telematica ha chiuso anche il tuo BAR il quarto della briscola s'è perso dietro al MOUSE. Sera d'autunno in piazza, la nebbia frigge i WATTS, dalle finestre sale il fischio d'amore di due FAX. peter pan (Daniele Donati, gen 1998) Amico improvviso all'allegria dei giorni piccoli, lontani, fiutando i tuoi ritorni, bimbo fra i grandi, grande fra i piccini festa di piazza, musica e violini Grasse risate, sberleffi da villano flauto argentato, gorgheggi da soprano, tu che tornavi all'ovile vagabondo ti sarà ridato cento volte il mondo Saggio Peter Pan, d'aglio e peperoncino sull'isola pirata col mignolo ad uncino, tu che sapevi far ridere la storia ti sarà ridata cento volte gloria Vola nel cielo e ridi Ridi nel grande volo Quando la storia inizierà di nuovo Caro Robin Hood di pasta coi fagioli rubavi ai contenti per donare ai più soli, tu che ancora puoi risorgere il mio canto ti sarà ridato cento volte tanto Saggio Peter Pan, d'aglio e peperoncino sull'isola pirata col mignolo ad uncino, tu che sapevi far ridere la storia ti sarà ridata cento volte gloria Vola nel cielo e ridi Ridi nel grande volo Quando la storia inizierà di nuovo giovanni (parole di Daniela e musica di Daniele Donati, ott 2001) Lui guardava i suoi occhi affollati di gente mentre ancora il timore soffocava la mente Lui guardava i suoi occhi affilati di vento con il cuore conteso fra la gloria e l'argento Lui guardava i suoi occhi che piovevano sale accordava le sue labbra per potere ascoltare Lui guardava i suoi occhi che varcavano il mare chiuse piano la porta e pensò di restare Lui guardava i suoi occhi e fu sera e mattina storie nuove da cantare sotto il cielo di prima Lui guardava con gli occhi che l'avevan segnato a due passi dall'acqua in un giorno infuocato un amico (Daniele Donati, feb 2006) Uh... Un amico è solo un amico, e non sempre ti vale un tesoro, tu lo perdi e ritrovi ogni giorno, ma lui può essere un capolavoro. Un amico ti guarda e non conta i pensieri girati all'indietro, un amico ti guarda e conosce come fossi vestito di vetro, come fossi vestito di vetro. Uh... Un amico è solo un amico, ma è buon vino, con gli anni migliora, un amico non è che un amico, ma è una panna che il cuore divora. Un amico ti guarda e non crede che il dolore di un tempo si scordi, un amico ti guarda e ti vede anche quando di lui non ti accorgi, anche quando di lui non ti accorgi. Un amico è solo un amico, ma è una barca che non teme l'onda, fosse solo un compagno di scuola, lui ti può reggere il vento di sponda. Un amico ti guarda e non pensa che tu possa sparire nel mare, un amico ti guarda e ti pensa come un'isola a cui ritornare, come un'isola a cui ritornare. Uh... il pastore, la gente, i magi (Daniele Donati, natale 2006) Salta il ruscello, la pecora bela, si gira intorno, si abbevera ancora è già il tramonto, la guardo giocare, senti che vento freddo, si va a riposare. Tutto tremante mi accorgo che il cielo in quella notte scura è cambiato davvero una cometa mai vista ora è là sale dai miei ricordi il bisogno di andar Tutti partiamo guardando all'insù mare di lana silente nel blu d'ali improvviso un frullo ci sfiora svela il mistero che accade in quest'ora Quelle facce scavate dal sole le tante bocche aperte dallo stupore ora il passo è più lesto perché so che la grande stella mi guida al mio Re. Quanti i piedi in cammino veloci quante le strade, quante le voci quante luci rischiarano il cuore tutta Betlemme è stretta attorno al Signore Quanti anni ho aspettato di te in questa lunga notte eterna oramai ora che sei arrivato, Gesù, il mio piccolo cuore non temerà più. ho una casa (parole di Daniela e musica di Daniele Donati, set 2007) a la la (2) Ho una casa col tetto rotondo vieni a trovarmi, si chiama mondo; ho una casa che batte le ore vieni a trovarmi, si chiama cuore. la la la (1) Ho una casa col grande camino vieni a trovarmi, si chiama destino; ho una casa che non ha paura vieni a trovarmi, si chiama avventura la la la (1) Ho una casa che porta il tuo nome vieni a trovarmi, si chiama passione; ho una casa col cielo e una stanza vieni a trovarmi si chiama speranza. Ho una casa sull'acqua che guizza vieni a trovarmi, si chiama amicizia; ho una casa, c'é scritto "piú in lá": cosa aspettiamo? É ora si va. la la la (2) alza gli occhi (da Isaia 60 – Stefano Pianori e Daniele Donati, nov 2009) Alza gli occhi intorno e guarda: tutti sono radunati. I tuoi figli, da lontano, son tornati a te. I fiori rinati fra tante macerie di nuovo orneranno i nostri balconi, le mura abbattute saranno rialzate E i tuoi costruttori accorrono a te I figli ritornano più lieti cantando, di nuovo le figlie sollevi al tuo abbraccio, tu porti le stelle su un ponte d'argento dal mare infinito in fondo al mio cuore quanto è grande il mondo (parole di Daniela e musica di Daniele Donati, dic 2009) Quanto è grande il mondo è stretto o è infinito? Tu sei il benvenuto avanti, sei gradito Cammina, cammina... Questo è dunque il mondo lo vedi, eccolo qua Ma ancora c'è dell'altro ti dice un po' più in là Cammina, cammina... Di spazio ce n'è tanto e non ci basta mai Il mondo non finisce è immenso, non lo sai? Cammina, cammina... Se è così grande il mondo chissà chi l'ha creato guardo il cielo e sono felice di esser nato La la la... inno alla carità (I Corinzi, 13, adattamento e musica di Daniele Donati, 2010) Se capissi la lingua di ogni gente e riuscissi a parlare con il cielo, senza la carità sarei niente. Come un bronzo che risuona leggero, o un cembalo squillante che tintinna senza la carità son freddo e gelo. È paziente, non si adira, è benigna, non invidia, né gonfia, mai si vanta, dimentica le offese e non s’indigna. Nella verità si alimenta e ammanta, tutto copre, crede, sopporta e spera, non finirà mai il mondo che a lei canta. Le profezie si scioglieran qual cera, anche il dono delle lingue cesserà la scienza svanirà da mane a sera. Alla fine del tempo che cosa rimarrà? Fede, speranza e carità splendente, ma di tutte la più grande è carità. Se capissi la lingua di ogni gente e riuscissi a parlare con il cielo, senza la carità sarei niente. Alla fine del tempo che cosa rimarrà? Fede, speranza e carità, ma di tutte la più grande è carità. maddalena (dal Cantico dei Cantici, adattamento di Daniele Donati, set 2013) Piango nella notte sul mio giaciglio Dov'è l’amore dell’anima mia? Lo cerco in ogni dove e non lo trovo Alle guardie in ronda lungo le mura: “Avete visto i passi del mio amore?” Lo cerco in ogni dove e non lo trovo Me ne andrò in ogni piazza Cercherò in tutte le strade Io cerco il mio amore in ogni luogo D’improvviso Amore appare Griderò tutta la gioia Gli donerò il profumo della vita Ora che la notte si è unita al cielo Si abbevera il mio sonno del suo amore E riluce in Lui l'anima mia chi è amato (Daniele Donati, 23 novembre 2014) Solo chi è Amato sa amar chi è vicino al volto di Dio sa dare del Tu. Lo sguardo rivolto a seguire il cammino e un cuore ferito che cerca Gesù. Tu mi hai creato da un pezzo di argilla, soffio di vita senza un perché. Poi mi hai indicato un luogo e una stella, come potrei fuggire da te, come potrei fuggire da te? Tu mi hai lasciato partire nel mondo e mi hai seguito discreto, lontano. Quando mi hai visto oramai moribondo tu mi hai raccolto tenuto per mano. tu mi hai raccolto tenuto per mano. Il 23 novembre a Roma è stato canonizzato il primo santo nato in provincia di Rimini, a Saludecio: il Santo Amato Ronconi, vissuto nel XIII secolo. Egli praticò la carità come è capace solo chi sa di esserne oggetto da parte di un Altro. Il suo nome dunque segnò il suo destino, sempre alla ricerca inquieta di colui che amava, ricercandolo nel lunghi pellegrinaggi verso il “campo della stella”. Questa canzoncina è dedicata a lui e a tutti coloro che non smettono mai di cercare Chi suscita il desiderio dell’uomo e lo soddisfa.