La Via Ostiense: dalle Mura Aureliane al Cimitero acattolico

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La Via Ostiense: dalle Mura Aureliane al Cimitero acattolico
L’acqua del Tevere, delle fontane, degli acquedotti – percorsi entro
Roma
(a cura della dott.ssa Anna Livia Villa)
Lontani dalle folle dei turisti frettolosi, questi percorsi vogliono essere un tentativo di
penetrare le molte Rome sovrapposte nei secoli, seguendo ogni volta un tema storico o
topografico o i personaggi del passato che lasciarono della città le loro impressioni e nei
luoghi della città le loro memorie.
In tutte le passeggiate proposte, della durata di 2-3 ore soffermandosi qua e là, il filo
conduttore è l‟acqua, quella del fiume o quella sotterranea della Cloaca Massima, l‟acqua delle
fontane o quella perduta degli antichi acquedotti.
Come cantava il poeta spagnolo Gabriél Bocangel “l‟acqua è sempre eterna, però mai si
ripete”.
Campo Marzio: i segni nascosti della città antica
Il percorso si snoda attraverso quella che era la IX Regione augustea a sud del fiume Tevere
e che è ora il cuore del centro storico di Roma.
Qui, più che in tanti altri rioni della città, è percepibile una continuità costruttiva che ha
portato ad una complessa stratificazione caratterizzata sia dal reimpiego di edifici sia dal
semplice "riciclo" degli antichi materiali da costruzione.
La città antica, così spesso nascosta sotto nuove costruzioni, emerge a frammenti, mostrando
le tracce del suo passato, che a volte passano inosservate, ma che possono essere decifrate e
ricomposte.
Ci guidano i resti monumentali dei templi di Adriano e del Pantheon come pure i misteriosi
obelischi e le rovine di terme e stadi.
Il percorso inizia da Piazza di Pietra per poi continuare a Piazza Colonna, dominata dalla
Colonna istoriata con gli episodi della guerra condotta da Marco Aurelio contro le tribù
germaniche dei Quadi, Sarmati e Marcomanni, a palazzo Montecitorio, Piazza Capranica,
Piazza del Collegio Romano, Via della Pigna, Via dei Cestari, Piazza della Minerva, Pantheon,
S. Eustachio e infine Piazza Navona.
Durante il percorso si seguono i numerosi obelischi, simboli solari, che si innalzano al centro
delle piazze o bizzarramente riutilizzati come decorazioni delle opere barocche del Bernini,
sulla fontana dei Quattro Fiumi e sull‟elefantino della Minerva.
Medioevo a Roma: dall'Aventino al Velabro
Tra il colle dell‟Aventino e la valle del Velabro, in prossimità del fiume, si concentrano due fra
i più significativi edifici religiosi dell‟alto Medioevo: S. Sabina e S. Giorgio al Velabro.
Ma, come comunemente avviene a Roma, le chiese sorgono nei pressi di antiche vestigia
romane, se non addirittura sopra.
La chiesa di S. Sabina è la più pura costruzione ad impianto basilicale del V secolo; il suo
spazio interno spoglio e luminoso evoca la semplicità delle prime chiese cristiane e la sua
porta intagliata in legno di cipresso del V secolo è un esempio unico e conservato di opera di
ebanisteria di questo periodo.
Scendendo dal colle, si possono ammirare la grandiosità del Circo Massimo e i templi dedicati
ad Ercole, protettore dei commerci, e a Portunus, divinità protettrice del porto antico. In
questa valle, sin dalle origini della città, si teneva il mercato degli animali, da cui il nome di
Foro Boario.
Il Velabro è un luogo strettamente legato al mito della fondazione di Roma; fu qui, secondo la
leggenda, che i gemelli Romolo e Remo, figli della Vestale Rea Silvia, furono abbandonati in
una cesta e miracolosamente salvati e nutriti dalla lupa. Sotto la pavimentazione del Velabro
scorre la più grande opera idraulica dell‟antichità: la Cloaca Massima, il cui sbocco è ben
visibile sotto i muraglioni del Tevere. La chiesa di S. Giorgio, del IX secolo, poggia le sue
fondamenta sulla Cloaca Massima così come i due archi romani di Giano e degli Argentari. Di
nuovo, con gli Argentari, ritorna la memoria della vocazione commerciale della zona; l‟arco
fu, infatti, eretto a spese della Corporazione degli Argentari e dei negozianti di buoi, e
dedicato all‟imperatore Settimio Severo. Il Velabro è probabilmente uno degli angoli più
affascinanti e dimenticati di Roma, incuneato tra il Foro, alle sue spalle, e le costruzioni più
moderne che quasi lo nascondono.
Artisti, stranieri e viaggiatori: la Roma del Grand Tour, da piazza del Popolo a Piazza
di Spagna
Nella metà del „700 Roma diviene la meta imprescindibile di ogni giovane di buona famiglia
che abbia ricevuto un‟educazione adeguata. La città, con le sue rovine, le memorie di un
antico passato ancora visibili, le sue collezioni di antichità, suggestiona e attrae artisti e tutti
coloro che desiderano completare la loro formazione classica. Piazza del Popolo, la porta a
nord lungo le mura, è la naturale via di accesso alla città, cui si aggiunge il porto fluviale di
Ripetta. Nell‟area urbana, fra piazza del Popolo e piazza di Spagna, si concentrano le
Accademie come quelle di S. Luca e di Francia a Palazzo Mancini. Esse accolgono pittori e
pensionanti, quasi tutti artisti stranieri affascinati dalla vita quotidiana, a volte misera, in
mezzo alle rovine del passato, di una città dove la natura si fonde armonicamente alle
creazioni umane.
Tutti gli scrittori, musicisti, pittori, scultori e poeti del „700 sono passati, hanno soggiornato e
a volte sono rimasti per sempre a Roma, da Goethe a lord Byron, da Thorvaldsen a John
Keats, e tutti hanno preso alloggio lungo la via del Corso e le strade adiacenti. Gli studi e i
laboratori degli artisti, come quello di Antonio Canova, si trovavano in questa zona della città.
Oggi, ne rimane la testimonianza nel Caffè Tadolini che ha trovato posto in quello che fu lo
studio di uno degli artisti vicini a Canova. In un impressionante affastellamento di bozzetti,
statue e arnesi da lavoro si può ancora respirare l‟atmosfera di un atélier del „700.
Ad ogni angolo, tra via del Babuino e via Ripetta c‟è un ricordo, un segno, una testimonianza
lasciata da ogni artista nella città più amata e sognata.
L'arredo urbano barocco a Roma: piazze, fontane e obelischi
Nel nuovo assetto urbano dell'epoca barocca prende corpo il sogno di trasformare la città con
le sue piazze, chiese e strade in un immenso gioco di teatro pieno di espedienti illusionistici e
di rimandi eruditi e letterari. I papi si fanno promotori della nuova immagine di Roma
associata alla chiesa cattolica trionfante.
Filo conduttore del percorso sono le fontane e gli obelischi, ma anche la pittura barocca che
esalta la spettacolarità e la vertigine come a S. Ignazio o quella di meditazione religiosa del
Caravaggio.
Gli interpreti del primo periodo dell‟arte barocca, Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini e
Pietro da Cortona, con le loro opere di architettura e scultura, s‟intrecciano con gli artisti della
seconda generazione barocca come Andrea Pozzo e Nicola Salvi, che portano alle estreme
conseguenze le premesse di esaltazione spettacolare e monumentale della poetica barocca.
Inaspettatamente si aprono le quinte scenografiche della chiesa di S. Maria della Pace, o, più
nascosta nel cortile dell‟Archivio di Stato, la chiesa di S. Ivo alla Sapienza con la sua cupola
tra le più bizzarre di Roma.
L‟elemento naturale dell‟acqua, combinato con l‟artificio della scultura, è di fondamentale
importanza in tutte le fontane, da quella dei Quattro Fiumi a quella di Trevi, confermando a
Roma il primato dell‟abbondanza dell‟elemento.
Roma Rinascimentale: i palazzi cardinalizi, da Via Giulia alla Cancelleria
Il percorso prende inizio dal grande asse viario aperto da papa Giulio II, Via Giulia, per poi
inoltrarsi nel cuore di quello che è il quartiere rinascimentale di Roma.
Il nuovo umanesimo, unito al potere papale, trasforma la città, ne progetta i grandi rettilinei
moderni e qui, nel rione Regola, sorgono i palazzi dei papi, dei cardinali, dei banchieri e dei
mercanti accanto alle locande per i pellegrini.
Palazzo Farnese, la Cancelleria, Palazzo Spada sono centri di cultura, di lusso e di potere delle
famiglie che fecero la storia della città e che lasciarono un'impronta indelebile nel tessuto
urbano. Intorno alla Curia pontificia si muoveva un mondo di semplici artigiani, banchieri,
artisti e cortigiane le cui abitazioni sono ancora visibili accanto a quelle dei potenti.
Si possono visitare i cortili di alcune delle residenze cardinalizie come il palazzo Spada,
esempio perfetto di “palazzo parlante” con la sua ricca decorazione a stucco con soggetti
tratti dalla storia romana e dai miti antichi. A poca distanza sorge la Cancelleria, dimora del
cardinale Riario, che con la sua magnificenza voleva competere con il lusso degli
appartamenti papali in Vaticano. Più modesti, ma ugualmente significativi, il palazzo del
cardinale Le Roy o il palazzo della Valle.
Alle spalle di piazza Navona, si conserva una delle poche facciate dipinte sul palazzo Massimo
alle Colonne, testimonianza della tradizionale tecnica decorativa dei palazzi romani nel „500.
La Via Papalis: da Ponte S. Angelo a Piazza Pasquino
Già nel XI secolo era invalsa la consuetudine che il pontefice, consacrato in S. Pietro,
tornasse alla residenza in Laterano, accompagnato da un solenne corteo, e dal tempo di papa
Nicolò I questa processione si era trasformata in una sorta di cavalcata trionfale, con la quale
il papa attraversava Roma, percorrendo una strada universalmente conosciuta con il nome di
Via Papalis. Il primo tratto di tale strada attraversa ben due rioni, Ponte e Parione.
Il percorso inizia dal Ponte S. Angelo, raccordo tra il Vaticano e la città, dove gli angeli
progettati da Bernini, con i simboli della Passione di Cristo, introducono a quella che una volta
era la piazza di Ponte, dove avvenivano le esecuzioni capitali. Si procede lungo la via Banco
di Santo Spirito e la via dei Banchi Nuovi, nomi che ricordano le molteplici attività dei banchi
di cambio. Nella sua cavalcata, il pontefice distribuiva monete al popolo e incontrava il
rabbino, il quale facendo atto di sottomissione riceveva dal papa il rotolo del Pentateuco
rovesciato a segno del rifiuto del credere all‟attesa del Messia.
Dalla fine del „300, il rione Parione era fra i più popolosi di Roma e qui passavano i pellegrini
che si recavano a S. Pietro; agli inizi del „500 erano molti i cardinali che abitavano qui, ma
forte era anche la presenza degli intellettuali, come librai, stampatori e scrittori. La via del
Governo Vecchio è dominata dal massiccio palazzo del Governatore di Roma, braccio secolare
della legge, da cui dipendevano le esecuzioni delle sentenze capitali. Al termine del percorso,
la statua mutila di Pasquino, una delle quattro statue “parlanti” di Roma, ancora oggi dà voce
ai commenti e al malcontento del popolo della città.
Via Giulia: da S. Giovanni dei Fiorentini all’Arco Farnese
Tracciato e lastricato nel 1508 sotto papa Giulio II, il lungo rettifilo di Via Giulia inaugura il
periodo di rinnovamento urbanistico del Rinascimento romano.
Lo sviluppo iniziale, promosso dal papa, fu sostenuto dal crescente potere economico dei
banchieri toscani, che qui aprirono le loro botteghe di cambiavalute.
Lungo questo asse viario, parallelo al Tevere, prese corpo il progetto di Bramante, mai
terminato, di un centro per l'amministrazione della giustizia, il Palazzo dei Tribunali, di cui
rimangono solo le poderose fondazioni, i così detti divani di via Giulia.
Fu solo alla metà del '600, sotto papa Innocenzo X, che si realizzò la costruzione del Carcere
Nuovo, edificio di contenzione all'avanguardia per quei tempi.
Come in molti rioni della città, anche a Via Giulia si alternavano edifici gentilizi come i palazzi
Farnese, Ricci e Falconieri, e case di abitazione modeste con orti e giardini.
La passeggiata lungo la strada è un'occasione per immergersi nello spirito e nella vita del
Rinascimento e della Controriforma. Qui sorgono importanti chiese delle comunità "straniere"
come S. Giovanni dei Fiorentini, S. Biagio degli Armeni o S. Caterina da Siena, ma non
mancano le sedi delle Confraternite, come quello del Gonfalone, vere e proprie istituzioni
caritatevoli e assistenziali.
Il Ghetto e l’Isola Tiberina
Fra storia e leggende, la passeggiata si snoda nel cuore del rione S. Angelo. Il Ghetto
costituisce un elemento fondamentale nella tradizione culturale e religiosa di Roma: dalla sua
istituzione nel 1555, sotto papa Paolo IV Carafa, all'abbattimento nel 1870, esso rappresenta
un nucleo essenziale per l'evoluzione del tessuto rionale circostante. Il portico di Ottavia,
insieme al Teatro di Marcello e alle rovine del tempio di Apollo Sosiano, sono una delle aree
archeologiche più interessanti della città. Ovunque sono visibili le costruzioni successive di
epoca medievale e rinascimentale che si sono addossate e a volta letteralmente infiltrate
negli antichi fornici o in alto sulla sommità del teatro, come è il caso della rocca dei Savelli.
Accanto alle rovine monumentali dell'antichità, qui sorgono le dimore dei potenti Cenci e
Santacroce, coinvolti entrambi in celebri delitti, e le miserevoli abitazioni degli ebrei
forzosamente deportati nel "claustro". Attraverso la serie di bolle pontificie, ora più tolleranti
altre volte restrittive, scorre la vita nel Ghetto, che si dota di strutture autonome e parallele a
quelle della “Roma cristiana”. La storia tragica più recente dell‟occupazione tedesca del 1943
e della deportazione degli ebrei ad Auschwitz è ricordata dalla targa laddove le SS
ammassarono le famiglie rastrellate all‟alba di quel drammatico 16 ottobre. Il Ghetto e il
Tevere sono naturalmente legati: il fiume forniva cibo e acqua, ma causava periodicamente
disastrose inondazioni. L‟Isola Tiberina, in un certo senso, è l‟appendice del Ghetto con l‟unica
sinagoga clandestina rimasta attiva durante l‟occupazione e l‟Ospedale Israelitico. Da sempre
gli ammalati si recavano sulla “nave di Esculapio” per ottenere dal dio della medicina la cura
per i loro mali. La chiesa (di S. Bartolomeo), come frequentemente accade a Roma, sorge sul
tempio (di Esculapio), e l‟isola a forma di nave conserva ancora i frammenti della prua in
travertino.
Trastevere: da S. Cecilia a S. Maria in Trastevere
L‟unico rione al di là del Tevere, sulla riva destra del fiume, Trastevere per secoli è stato il
quartiere parzialmente più isolato di Roma. Sin dalle origini questa è stata l‟area dove si
stanziarono prima gli etruschi e poi gli “stranieri” che vivevano nella città. Primi fra tutti gli
ebrei, la più antica comunità straniera sin dal II secolo a.c., poi gli orientali in genere: egizi,
siriaci, armeni. E‟ curioso che il quartiere multietnico per eccellenza sia oggi il depositario
delle tradizioni romane più autentiche. Due chiese delimitano i suoi confini e ne
caratterizzano la storia: S. Cecilia e S. Maria in Trastevere.
Il percorso parte dalla chiesa di S. Cecilia per poi proseguire attraverso i vicoli lastricati con
sampietrini, qui voluti da papa Sisto IV, toccando angoli carichi di memorie, come lì dove è
stata rintracciata una delle dodici sinagoghe antiche o il vicolo dell‟Atleta, nome che ricorda la
statua dell‟Apoxiomenos, ora in Vaticano, qui rinvenuta. La chiesa di S. Maria in Trastevere è
ancora oggi il cuore del rione, una delle prime chiese dedicate a Maria nel III secolo. L‟interno
della chiesa rifulge del mosaico nell‟abside con l‟Incoronazione della Madonna del XII secolo e
le storie della Vergine di Pietro Cavallini del 1291.
La chiesa conserva il ricordo della storia tragica degli Altemps, ricca famiglia di origine
tedesca; nella cappella omonima si conserva un‟antica icona del IX secolo, la Madonna della
Clemenza, invocata invano dal cardinale Altemps per salvare la vita a suo figlio Roberto,
accusato di adulterio e decapitato nel 1586 per volere di papa Sisto V.
La via Ostiense: dalle Mura Aureliane al Cimitero Acattolico
Il Museo della via Ostiense a Porta S. Paolo ripercorre la storia di questa importantissima
arteria illustrandoci il suo tratto dalle Mura Aureliane fino a Ostia e ai porti di Claudio e
Traiano. Dalla ricostruzione, offerta dai plastici, è possibile visualizzare la grandiosa opera di
realizzazione portuale di cui, purtroppo, oggi rimane solo il monumentale bacino del Porto di
Traiano. Inoltre, la visita al museo offre la rara opportunità di salire sul camminamento delle
Mura.
Il Tevere è il grande protagonista di questo percorso fino alla foce, lì dove venne fondata la
città, strettamente legata ai commerci, di Ostia.
Non distante dalla Porta Ostiense si trova il Cimitero Acattolico di Testaccio, che è considerato
uno dei più belli e suggestivi del mondo. La zona dove è collocato, adiacente alla Piramide
Cestia, ancora nel '700 faceva parte dell'Agro Romano e venne scelta per rispondere
all'esigenza di dare degna sepoltura ai viaggiatori e residenti a Roma di fede non cattolica.
Nonostante la prima sepoltura risalga al 1738, una recinzione fu costruita a protezione delle
tombe solo nel 1817. Tra coloro che dormono qui l'ultimo sonno i due eccelsi poeti romantici
inglesi Keats e Shelley, ma anche eminenti italiani come il filosofo Antonio Gramsci e il fisico
Bruno Pontecorvo.
Roma Regina Aquarum: il Parco degli Acquedotti
L‟antica Roma era famosa per la sua grande disponibilità di fontane pubbliche, terme, bacini
artificiali, canali d‟irrigazione. In un arco di tempo di oltre 500 anni furono realizzati, per il
fabbisogno urbano di Roma, undici acquedotti; tale abbondanza, che non fu mai raggiunta in
altre parti del mondo, valse a Roma il nome di regina aquarum, cioè regina delle acque.
Per secoli i resti degli antichi acquedotti sono stati uno dei soggetti preferiti di pittori e
incisori, simbolo stesso della magnificenza e insieme della decadenza di Roma.
Ancora oggi il Parco degli Acquedotti rappresenta un frammento intatto di quella che una
volta era la “campagna romana”, dove natura e antiche rovine s‟intrecciavano in un‟armonia
suggestiva.
Ben sette degli undici acquedotti si trovano concentrati nel Parco Regionale dell‟Appia Antica
nel X Municipio di Roma. Si tratta di rovine imponenti dove è possibile ancora scorgere lo
speco intatto sulla sommità delle arcate monumentali. La valle del Parco è dominata dal
caratteristico Acquedotto Claudio con struttura in travertino, ma vi s‟intersecano l‟Aqua Iulia e
la più recente Felice, l‟Aqua Marcia e la Tepula, chiamata così per la sua temperatura elevata
di 18°.
Il Parco degli Acquedotti conserva anche le memorie del declino di Roma e delle invasioni dei
barbari che, per ottenere la resa della città, non esitarono a tagliare gli acquedotti e a
trasformare in poco tempo la piana in zona malarica. I resti di Tor Fiscale e il nome di campo
barbarico ne sono una chiara testimonianza.