L`epigramma - Liceo Classico Dettori

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L`epigramma - Liceo Classico Dettori
L’epigramma
in età alessandrina
Prof.ssa F. Carta
Liceo G.M. Dettori
Cagliari
1
L’epigramma
• L’epigramma accompagna la letteratura greca
in tutto il suo svolgimento, dagli albori all’età
bizantina.
• In origine era costituito da una breve iscrizione
in versi, incisa su vasi, coppe offerte votive,
stele funerarie e, il suo stesso significato
“scritto sopra” dichiara la destinazione
dell’oggetto
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Vaso del Dipylon (740/725)
• Il testo si trova in un’anfora
vinaria proveniente da Atene,
risalente alla seconda metà
dell’VIII secolo. Si tratta di un
esamentro e dell’inizio, lacunoso
di un secondo verso dattilico da
cui si apprende che l’oi\nocoéh,
destinata a chi tra tutti i ballerini
danzi con maggiore eleganza,
rappresenta il premio della gara
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3
Coppa di Nestore (735/720)
• Si tratta di un trimetro
giambico seguito da due
esametri in cui a
presentarsi è lo stesso
pothérion: “di Nestore
sono la coppa da cui si
beve e chi da questa
coppa beva, quello
subito lo prenderà il
desiderio di Afrodite
dalla bella corona”
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• Nel VI secolo compare l’epigramma costituito
da esametro e pentametro:
il distico elegiaco.
L’attestazione più antica è l’iscrizione relativa
alla grande statua aurea di Zeus al tempio di
Era ad Olimpia pervenuta per via letteraria:
Se io non sono un colosso battuto in oro, perisca la
schiatta dei Cipselidi
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Caratteristica dell’epigramma arcaico
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brevità
stile sobrio e austero
destinazione pratica
anonimato
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Epigramma classico
• Si evolve verso forme più mosse ed aggraziate, talora
prolisse;
• nel filone sepolcrale si accentua l’intento idealizzante
che rappresenta il defunto come un esempio di virtù;
• di icastica essenzialità gli epigrammi di stato per i
grandi cimiteri collettivi:
• si pensi al distico per i caduti alle Termopoli
(O straniero, annuncia ai Lacedemoni che qui
giacciamo, obbedendo alle loro parole)
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Erinna
• Fiorita verso la seconda metà del IV secolo, ci
ha lasciato due epitafi per l’amica Bauci,
sviluppando il tema caro agli alessandrini della
mors immatura, ed un terzo epigramma che
presenta il relistico ritratto di una fanciulla.
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• L’epigramma ha il suo massimo sviluppo in
età ellenistica: le profonde trasformazioni
sociali e il conseguente individualismo
avevano determinato un nuovo gusto letterario.
• L’epigramma rappresenta la forma d’arte più
congeniale ai nuovi gusti per la sua intrinseca
brevità
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L’Antologia Palatina
• Deriva il proprio nome dalla
Biblioteca Palatina di
Heidelberg, dove ne fu
scoperto l’unico manoscritto
alla fine del XVI
secolodall’umanista Claudio
Salmasio;
• probabilmente composta da
vari copisti intorno alla metà
dell’XI secolo;
• raccoglie circa 3700
epigrammi per un totale di
cicrca 23.000 versi;
• si articola in 15 libri
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Contenuto
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Libro I, epigrammi cristiani
Libro II, descrizioni di statue del ginnasio Zeuxippo di Costantinopoli
Libro III, epigrammi relative ai bassorilievi del tempio di Apollonide a Cìzico
Libro IV, proemi di Meleagro, Filippo e Agazia
Libro V, epigrammi erotici
Libro VI, epigrammi votivi
Libro VII, epigrammi funebri
Libro VIII, epigrammi di Gregorio di Nazianzio
Libro IX, epigrammi epidittici
Libro X, epigrammi protrettici
Libro XI, epigrammi conviviali e satirici
Libro XII, epigrammi pederastici
Libro XIII, epigrammi in metro vario
Libro XIV, epigrammi aritmetici, indovinelli e oracoli
Libro XV, epigrammi vari
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Corona di Meleagro
• Prima raccolta di cui si ha notizia, prende il
nome dall’epigramma che funge da proemio in
cui Meleagro paragona ciascun poeta incluso
nella sua raccolta a un fiore o a una pianta.
• La silloge racoglie epigrammi di 46 autori
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Raccolta di Costantino Cefala
• La silloge di Meleagro insieme a quelle
successive di Filippo di Tessalonica (I secolo
d.C. ) e di Agazia (Vi secolo d.C.)
contribuirono a formare la raccolta di
Costantino Cefala (IX-X secolo d.C.), il
precedente più importante dell’Antologia
Palatina
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Antologia Planudea
• Compilata dal monaco bizantino Massimo
Planude nel 1299 d.C., comprende circa 2400
epigrammi divisi in sette libri.
• 388 epigrammi sono nuovi rispetto a quelli
dell’Antologia Palatina.
• Nelle edizioni moderne sono solitamente
aggiunti alla Palatina come XVI libro
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Le scuole epigrammatiche
• La scuola dorico-peloponnesiaca
– Anite e Nosside
• La scuola ionico-alessandrina
– Asclepiade e Posidippo
• La scuola fenicia
– Meleagro e Filodemo
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Anite
• Di Anite sopravvivono una ventina di
epigrammi di colorito dorico nella lingua e
nello stile. Tra i temi trattati emergono gli
epicedi per la morte di animaletti e quadretti
rustici e scene naturali che mostrano attenzione
per la dimensione privata del vivere
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• In morte di un grillo e di una
cicala
A un grillo, usignolo dei campi
e a una cicala, ospite delle querce,
piangendo molte lagrime infantili,
una tomba comune fece Miro.
Ade crudele le strappò di colpo
i suoi amati trastulli.
•
• Paesaggio agreste
Siedi, o tu, sotto la florida chioma
di questo bel lauro,
e bevi la dolce acqua della vergine
fonte;
sì che affannate dall'afa estiva le
care tue membra
riposino blandite dal respiro di
Zefiro.
(Ricorda l’epicedio di Catullo per la morte
del passero di Lesbia)
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Per la statua di una fanciulla
Oh! non a te lo splendore del talamo e i sacri imenei:
la madre a te su questa tomba di marmo pose
una fanciulla che ha proprio la tua statura e bellezza,
o Tersi: ti possiamo parlare benchè morta.
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Nosside
• Di Nosside restano undici epigrammi; nella
scuola peloponnesiaca si distingue per il filone
amoroso e l’apprezzamento per la bellezza
femminile, con esplicito richiamo alla tradizione
saffica
• Nulla è più dolce d’amore; ed ogni altra gioia
viene dopo di lui: dalla bocca sputo anche il miele.
Così dice Nosside: e chi Cipride non amò,
non sa quali rose siano i fiori di lei.
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Autoepitafio
O straniero, se navigando andrai
a Mitilene dai bei cori, dove
si accese il fiore
delle grazie di Saffo, dì che cara
fui alle Muse e che nacqui nella terra
di Lòcride. E continua la tua via
appena saprai che il mio nome è Nosside.
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Asclepiade
• Ammirato da Teocrito nelle Talisie, lo
ricorda con ammirazione sotto il nome di
Sicelida.
• Nella controversia letteraria che divise
Callimaco da altri poeti della sua età,
Asclepiade si dichiarò ammiratore di
Antimaco
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• Di Asclepiade ci rimangono 45 epigrammi in
cui canta l’amore e il simposio. La sua arte
racchiude con lucidità, entro i confini ristretti
di una rigorosa brevità, emozioni momentanee
e riflessioni nate da quelle emozioni. Il dettato
assume forme semplici e spontanee, grazie a
uno stile assai sorveglaito e ad un accurato
labor limae
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Invito a bere
Bevi, Asclepiade. Perchè piangere? Che ti succede?
Non te soltanto ha catturato la dura Afrodite,
non contro te soltanto arma l'arco e le frecce
Amore amaro. Perchè, ancora vivo, giacere sotto la
cenere?
Beviamo la forte bevanda di Bacco: il tempo è breve
come un dito*: o forse aspettiamo di vedere la lampada
che ci mandi a dormire? Beviamo, non c'è l'amore,
tra poco riposeremo nella lunga notte
*Allusione a un verso di Alceo
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• In balìa di Eros
• Il giuramento sulla lampada
O lampada, tre volte in questa stanza
giurò Eraclea che sarebbe venuta.
Lo giurò su di te. Ma non appare.
Se sei una dea, o lampada, castiga
l'ingannatrice: quando si diverte
qui dentro, nelle braccia dell'amico,
non mandare più luce.
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Nevica grandina, suscita tenebre,
risplendi folgora, scuoti le nubi
piene di fuoco su tutta la terra.
Certo, se tu mi uccidi
la finirò: ma, se mi lasci vivo,
anche in mezzo ai pericoli più gravi
continuerò la vita nei piaceri.
Perchè, o Zeus, mi trascina il dio che
domina
anche te. Per lui, un giorno,
mutato in oro, forzando pareti
di bronzo, sei giunto a un letto
d'amore.
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• Desiderio di annientamento
La vita che mi resta,
poca o molta che sia, lasciate,
Amori,
per gli Dèi, che abbia infine un
po' di pace;
o non colpitemi più con frecce,
ma con i fulmini,
e riducetemi carbone e cenere,
annientatemi, Amori! Arso così
dal mio dolore, questo chiedo a
voi.
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• Giovane, e stanco di vivere
Ahimè, non ho ancora ventidue
anni,
e sono stanco di vivere! O Amori,
che cos'è questo tormento? Perchè
mi bruciate? E se morte mi
colpisce,
Amori, che farete? Già! Come
prima,
giocherete scherzando con i dadi.
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Posidippo
• Di Posidippo ci erano noti soltanto 23
epigrammi, di tema erotico-conviviale o di
destinazione sepolcrale, sufficienti per mostrare
un poeta scarno ed essenziale, rapido
nell'ideazione, incisivo nel segno. Ebbe le stesse
opinioni di Asclepiade in fatto di poetica: come
l'amico apprezzò le elegie di Mimnermo e di
Antimaco, in dissenso, almeno per quanto
riguarda l'autore della "Lide", con Callimaco.
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• Ma di Posidippo, ben poco conosciuto
finora, è una scoperta recente: un rotolo di
papiro del tardo III secolo a.C., scritto
quindi poco dopo la morte del poeta,
contenente un'antologia di circa 100
epigrammi per un totale di quasi 600 versi.
L'antologia raccoglie gli epigrammi in
gruppi tematici, come accade nelle sillogi
medioevali.
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• Bugie d'amore
Non credere d'ingannarmi con suadenti
lacrime, Filenide.
So bene, nessuno certo ami più di me,
per quanto tempo accanto a me giaci; ma
se un altro
ti avesse, diresti di amare lui più di me.
• I sogni del soldato
• Lisippo, scultore di Alessandro
"O Lisippo, scultore di Sicione, ardita
mano,
vigoroso artista, davvero ha sguardo di
fuoco il bronzo
che tu hai composto a immagine di
Alessandro! non meritano certo biasimo
i Persiani: sono da perdonare i buoi, se
fuggono il leone".
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Facendo un sogno più grande
di lui
Aristosseno l'Arcade, aspirava
da sciocco a grandi cose.
Credeva di dormire, sposo di
Atena, nella casa di Zeus
Olimpio,
tutta la notte in un talamo
d'oro.
Al mattino, svegliatosi, si
scontrò con una falange di
nemici
come se in cuore avesse
l'impeto di Atena.
Mentre sfidava gli Dèi, il nero
Ares lo mise a dormire
ed egli se ne andò, falso sposo,
nell'Ade.
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Meleagro
• L'epigramma di Meleagro è di tema prevalentemente
erotico-simposiale, ed è dettato, secondo le modalità
della grande lirica arcaica di epoca corale, dalle varie
occasioni del simposio. Nei versi del poeta di Gàdara
trovano espressione tutte le situazioni amorose colte
nell'istante in cui si attuano. I sentimenti sono descritti
nella loro complessità, nel loro svolgersi e succedersi
dinamico, ma anche raffreddati da una certa concettosità
e arguzia. Artista fornito di grandi capacità espressive,
essenziale e conciso nei suoi momenti più felici, subisce
spesso la suggestione di una certa ridondanza verbale e
di una certa enfasi anche nell'uso di mezzi retorici, che
richiamano lo stile asiano allora di moda.
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Autoepitafio
Isola mia nutrice fu Tiro, Gadara mi generò,
antica patria fra le genti di Siria.
Fui caro alle Muse, nacqui da Eucrates, io Meleagro
che un tempo corsi a gara con le Grazie di Menippo.*
Se sono siriano, perchè ti stupisci? Il mondo, o
viandante,
è la nostra patria, un solo Chaos ha generato tutti i
mortali.
Grave d'anni ho inciso queste parole prima di giungere a
morte
perchè chi ha per vicina la vecchiaia è prossimo ad Ade.
Ma tu rivolgi il saluto al vecchio ciarliero
e possa tu pure giungere a una vecchiezza ciarliera.
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• Fiori sulla chioma di Eliodora
Intreccerò le bianche
violacciocche, intreccerò il
narcisso
delicato coi mirti,
intreccerò i gigli che sorridono
ed il croco soave
ed il cupo giacinto,
e intreccerò le rose
che amano l'amore, perchè sopra
le tempie d'Eliodora
dai riccioli stillanti di profumo
la mia corona copra fiore a fiore
l'onda della sua chioma.
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• Zenofila vince i fiori
Fiorisce il garofano, fiorisce il narciso
assetato di pioggia,
sulle colline si distendono i gigli
fioriti.
Fiorisce l'anice d'amore, Zenofila,
dolce rosa di Peithò
un fiore splendido tra gli altri fiori.
Prati, perchè ridete scrollando le
chiome screziate?
E' inutile: la fanciulla vince le
ghirlande odorose.
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Eliodora, anima della mia anima
• La voluttà dei ricordi
Dentro, dentro il mio cuore, proprio Eros
ha dato forma a Eliodora che dolce
mi parla, anima della mia anima.
Il fuoco sotto la cenere
Se dimentichi il male o se lo fuggi,
ed Eros ti trova e ti prende, subito
ti mette nuovamente alla tortura.
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Per Timo, per i suoi riccioli amati
e la bella chioma, per l'odorosa
pelle di Demo che porta via il
sonno,
per i dolci giochi amorosi di Ilia,
e per la lampada insonne che vide
infinite orge, l'ultimo respiro
mi resta sulle labbra, Eros. Se vuoi
anche questo, parla e io te lo darò.
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In morte di Eliodora
Attraverso la terra anche sotterra
giù all'Ade t'offro in dono, o Eliodora,
queste lacrime mie, lacrime amare,
quello che resta ormai del nostro amore,
e sopra il tuo sepolcro
onorato e compianto
io ne verso il libame,
ricordo dell'affetto e del desìo.
Ahi, misero, e ti chiamo,
misero Meleagro, te che amata
mi sei tra i morti ancora, ed è l'omaggio,
vano omaggio che rendo all'Acheronte.
Ohimè, dov'è il virgulto che fu d'ogni mia
brama
termine e segno? L'ha rapito Ade,
Ade me l'ha rapito,
e disfatto ha la polvere il suo fiore.
E tu, o Terra, che dài
ad ogni creatura il nutrimento,
dolce tra le tue braccia, te ne supplico,
o madre,
costei che lascia
così largo pianto,
Liceo G.M. Dettori
accoglila e radducila
al tuo seno.
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Filodemo
• Della produzione poetica di Filodemo conserviamo una
trentina di epigrammi grazie alla raccolta della "Corona"
di Filippo di Tessalonica; si rivela poeta di grande vigore.
Nei versi del poeta epicureo emergono toni arguti e di
blanda ironia, e non mancano nitide evocazioni di donne,
mai troppo esigenti o intrattabili, colte nella loro intimità
alla fiamma della lucerna o illuminate dalla luna in
splendidi "notturni"; spiccano inoltre tratti di sana
frugalità nell'invito a cene modeste e, soprattutto, note di
sobria malinconia che si accompagnano a un invito
conviviale o all'ascolto, oltre la morte, di una dolce voce
di donna. Filodemo non fu dunque solo un abile artigiano
della parola, ma un poeta vero, dal dettato limpido e
sobrio.
Prof.ssa F. Carta
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• Invito a cena rivolto a Pisone
Verso le quattro, domani, nell'umile nido t'invita
per la cena del venti, anniversaria
caro Pisone, un amico diletto alle Muse; in assenza
di tettine di scrofe e di buon Chio,
vi troverai genuini compagni, e accenti v'udrai
più dolci che al paese dei Feaci.
E se mai tu rivolga gli sguardi, Pisone, su noi,
l'umile festa diverrà più ricca.
Il biglietto d'invito a cena a Pisone è ispirato alla
"frugalitas" epicurea che ispirò, sull'esempio di
Filodemo, l'invito di Orazio a Mecenate, e di Catullo
all'amico Fabullo.
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• La luce della Luna sul corpo
di Callìstio
Notturna bicorne appari, Selene
amica delle veglie, appari
entrando
dalle finestre spalancate e
illumina
la dorata Callìstio. Può una Dèa
guardare senza invidia
ciò che fanno gli amanti. Tu
Selene
stimi felici noi due; ma lo so,
per Endimione bruciò anche il tuo
cuore.
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• Mimo interiore
Amavo. E chi non ama? Ho fatto
bagordi. E chi non li ha fatti?
Sono impazzito: ma non è forse
per colpa di un Dio?
Alla malora: ormai i capelli si
affrettano ad imbiancarsi,
messaggeri della stagione che
porta saggezza.
Quando era tempo di giocare ho
giocato, ora che non è più tempo,
cercherò di seguire pensieri più
nobili.
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