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ASSOCIAZIONE
ITALIANA
INTERMEDIARI
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ANTICIPATA VIA E-MAIL
Milano, 12 maggio 2011
Gentile Sig.ra
Dott.ssa Antonella Rossi
e
Egregio Sig.re
Avv. Stefano Cappiello
Ministero dell'Economia e delle Finanze
Dipartimento del Tesoro
Via XX Settembre, 97
Roma
Prot. 35/11 DN/cd
OGGETTO: Consultazione del Dipartimento del Tesoro su un nuovo schema di
regolamento ai sensi dell’art. 37 del decreto legislativo 24 febbraio
1998, n. 58 (TUF), in attuazione dell’art. 32, comma 1, del decreto
legge 31 maggio 2010, n. 78 (“Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”), convertito
con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
Tenuto conto dell’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri (nella seduta n. 138
del 5 maggio u.s.) dello schema di Decreto legge recante "Prime disposizioni urgenti
per l'economia", e in attesa della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, si ritiene
comunque opportuno rispondere alla consultazione in oggetto al fine di rendere note le
posizioni dell’industria in relazione alle modifiche alla disciplina di settore fin qui
proposte anche in virtù della possibilità che parte di esse, in particolari quelle relative ai
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fondi c.d. alternativi, possano ancora ritenersi attuali o comunque riproposte in una
successiva consultazione.
1.
Art. 1, lett. d-ter) - Definizioni
Il tenore letterale della disposizione sembra precludere l’accesso ai fondi alternativi a
soggetti diversi dagli investitori professionali, in contrasto con quanto disposto al
successivo art. 15 (Fondi alternativi), ai sensi del quale la partecipazione ai suddetti
fondi è consentita anche a investitori non professionali, a condizione che la quota
iniziale di partecipazione sia di importo non inferiore a 250.000 euro (in merito al taglio
minimo della quota iniziale si rinvia al successivo paragrafo 6).
Si suggerisce di modificare l’art. 1, lett. d-ter) come segue: “fondi alternativi”: i fondi
comuni di investimento di cui all’art. 15.
2.
Partecipanti collegati e requisito della pluralità dei partecipanti.
Occorre innanzitutto rimarcare che i criteri proposti al fine di definire il requisito della
pluralità dei partecipanti appaiono oltremodo penalizzanti per l’industria italiana della
gestione collettiva del risparmio considerato che in nessun altro ordinamento evoluto si
rinvengono requisiti analoghi. Il principio della pluralità degli investitori può essere
considerato immanente nella stessa definizione di organismo d’investimento collettivo
del risparmio e comune a tutti i principali ordinamenti dei paesi UE, quantomeno per i
fondi UCITS. Tuttavia, nessun altro ordinamento ha ritenuto necessario definire il
requisito della pluralità dei partecipanti. D'altronde, nessuna SGR al momento in cui
propone l’istituzione di un fondo, sobbarcandosi i relativi costi e oneri di costituzione,
autorizzazione e promozione, è nelle condizioni di prevedere quale sarà il numero dei
partecipanti al fondo né se tali quotisti saranno tra loro, in qualche modo, “collegati”.
Prevedere l’obbligo di liquidazione del fondo qualora non sia soddisfatto il requisito
della pluralità dei quotisti costituisce pertanto per la SGR un rischio imprenditoriale di
difficile gestione tale da scoraggiare la costituzione e la promozione di fondi che, per
tipologia di investimenti e livello di rischio, non siano destinati alla clientela al
dettaglio. Maggiore infatti è il livello di complessità, innovazione e rischio, minore è la
platea di possibili investitori a cui il fondo può rivolgersi e, al contempo, maggiore sarà
il tempo necessario al promotore del fondo stesso per realizzare l’obiettivo della
pluralità dei partecipanti.
In effetti, i fondi aperti armonizzati (e non), che sono tipicamente rivolti a clientela
retail, hanno un elevato numero di partecipanti ciascuno dei quali investe nel fondo
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somme relativamente modeste. Per tali fondi risulterà di conseguenza meno oneroso
raggiungere l’obiettivo in discorso. Al contrario, i fondi chiusi speculativi e non, inclusi
quelli immobiliari, hanno, per la natura stessa dell’oggetto dell’investimento e per le
modalità di funzionamento e di partecipazione al fondo (si pensi ai fondi ad apporto
immobiliare), un mercato molto più ristretto, rivolto principalmente ad investitori con
elevate capacità finanziarie, istituzionali e non. Per tali tipologie di fondi la
concentrazione della base partecipativa può considerarsi un fenomeno fisiologico
dovuto alle stesse caratteristiche intrinseche del prodotto e del suo mercato di
riferimento. Peraltro, la circostanza per la quale il fondo possa essere partecipato da un
ristretta cerchia non costituisce da sola una buona ragione per vietarli, semmai potrebbe
giustificare un regime di vigilanza semplificato che riduca i costi e gli oneri di controllo
a carico delle Autorità stesse e quindi della collettività. Discorso diverso per quei fondi
che vengano istituiti da uno unico investitore al fine di ottenere ingiustificati vantaggi
fiscali. L’intervento normativo dovrebbe essere pertanto volto a penalizzare chi elude il
fisco e non in generale l’industria della gestione collettiva. Come noto, problemi di
elusione fiscale sono stati riscontrati in passato solo in relazione ai fondi immobiliari
familiari ad apporto. La norma che si vuole introdurre colpisce invece, in maniera
generalizzata, tutti fondi, immobiliari e mobiliari, aperti e chiusi, ad apporto e non, e
costituisce un elemento di forte rischio imprenditoriale (come detto, non c’è infatti
alcun modo per la SGR di prevedere il numero dei quotisti).
Il secondo aspetto che deve essere valutato con attenzione riguarda il concetto di
partecipanti collegati e il meccanismo del look through che, per poter funzionare,
richiede l’introduzione di procedure volte ad effettuare una dettagliata due diligence del
quotista al fine dell’accertamento della ricorrenza dei presupposti di collegamento. Ogni
quotista dovrebbe fornire, tra gli altri, dati in merito alle società del gruppo di
appartenenza, all’identità dei propri azionisti e degli esponenti aziendali, alle
partecipazioni detenute da quest’ultimi e ad eventuali incarichi ricoperti presso altre
società; dovranno inoltre essere fornite dai partecipanti informazioni circa la
composizione del gruppo familiare, inclusi parenti e affini fino al 4° grado, nonché ogni
informazione circa rapporti di lavoro, professionali, di consulenza e altri rapporti di
varia natura astrattamente idonei a condizionare l’autonomia e l’indipendenza di altri
partecipanti al fondo di cui ovviamente il quotista non è tenuto a (e, per ragioni di
privacy, non può) conoscere l’identità. I dati comunicati da tutti i quotisti dovranno
essere messi dal gestore del fondo in relazione tra loro al fine di individuare eventuali
rapporti di collegamento tra i partecipanti al fondo. Un tale controllo, peraltro, dovrebbe
essere condotto per tutta la durata del fondo, provvedendo a tenere costantemente
aggiornate le informazioni inizialmente fornite dal partecipante.
È di tutta evidenza che il sistema proposto introduce oneri eccessivi e comunque non
giustificati per la maggior parte dei fondi comuni d’investimento.
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In forza di quanto sopra, ASSOSIM propone che, per i fondi diversi dai fondi
immobiliari ad apporto, il requisito della pluralità dei sottoscrittori possa essere meno
stringente di quello proposto e di più facile e pronto accertamento in considerazione del
fatto che, per tali fondi, non sussistono rischi di elusione fiscale. Per tali fondi potrebbe
essere eventualmente sufficiente prevedere un numero minimo di sottoscrittori,
indipendentemente dal fatto che i partecipanti siano o meno tra di loro collegati. Per
quanto attiene ai fondi immobiliari ad apporto si suggerisce di semplificare la
definizione di soggetto collegato eliminando le lettere e) ed f) dell’articolo 1, h-quater
la cui applicazione pratica risulta oltremodo gravosa se non di fatto impossibile. La
lettera f), in particolare, imporrebbe alla SGR di individuare i casi in cui un partecipante
sia in grado, attraverso rapporti di varia natura, familiari, professionali etc., di
condizionare la partecipazione al fondo di un altro quotista, circostanza quest’ultima di
difficile se non impossibile accertamento.
3.
Art. 3-bis, comma 5 – Pluralità di partecipanti al fondo
Non è chiaro quando per i fondi aperti si debba procedere a verificare per la prima volta
il rispetto del requisito della pluralità dei partecipanti e, più in generale, da quando o
entro quando il requisito della pluralità dei partecipanti debba essere soddisfatto per
fondi aperti neo costituiti.
Relativamente ai fondi chiusi sarebbe opportuno meglio chiarire quanto appare da una
lettura sistematica delle norme, ovvero che il requisito della pluralità dei quotisti deve
essere soddisfatto entro il termine della data di chiusura del periodo di sottoscrizione o
di offerta al pubblico (e non prima) e che a decorrere da tale data la SGR ha a
disposizione l’ulteriore periodo di 6 mesi di cui al comma 6 dell’art. 3-bis per soddisfare
il suddetto requisito. Solo decorso inutilmente tale ultimo periodo il fondo dovrà essere
posto in liquidazione.
4.
Art. 3-bis, comma 6 – Pluralità di partecipanti al fondo
Dovrebbe essere specificato che il temine 6 mesi per ripristinare la pluralità dei
partecipanti decorre dal momento in cui la SGR accerta che il requisito non è più
soddisfatto. Nel caso di un fondo di nuova costituzione andrebbe chiarito che se alla
data di chiusura del periodo di sottoscrizione o di offerta al pubblico il requisito della
pluralità dei quotisti non risulta soddisfatto, la SGR ha 6 mesi di tempo per raggiungere
la pluralità dei quotisti dopo di ché, se anche al temine di tale periodo il requisito
risulterà non soddisfatto, la SGR porrà il fondo in liquidazione.
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5.
Art. 12-bis – Fondi immobiliari
Non si condividono le modifiche proposte all’articolo in commento in considerazione
del principio, consolidato anche nell’ambito della MiFID, secondo cui l’esistenza di
conflitti di interesse determina esclusivamente l’insorgenza (i) dell’obbligo per
l’intermediario di gestire tali conflitti in maniera tale che non possano recare danno
all’investitore e, qualora ciò non sia sufficiente, (ii) di comunicarne l’esistenza
all’investitore stesso. Tale principio, già applicato alle SGR nel Regolamento Congiunto
Consob-Banca d’Italia (artt. 37 e ss.), non prevede invece un obbligo di astensione dalle
operazioni in conflitto di interessi. Le modifiche da apportare agli artt. 12 e 12-bis
dovrebbero andare dunque nella prospettiva delineata dalle direttive MiFID e non nel
senso di ampliare la portata del divieto di cui al comma 3 dell’art. 12.
6.
Art. 15 – Fondi alternativi
Si concorda con la proposta eliminazione del divieto di offerta al pubblico delle quote di
fondi alternativi (già speculativi).
Si concorda altresì con l’eliminazione della soglia minima di ingresso di 500.000 euro
per gli investitori professionali. Si ritiene invece che la soglia minima per gli investitori
non professionali di 250.000 euro sia ancora eccessivamente elevata e non giustificata,
soprattutto in considerazione del fatto che l’intermediario distributore è comunque
tenuto a verificare l’adeguatezza dell’investimento rispetto alle conoscenze ed
esperienze, alla capacità finanziaria e agli obiettivi di investimento
dell’investitore/cliente. Riterremmo più congruo che la soglia minima di ingresso sia
equiparata alla soglia di esenzione dall’obbligo di prospetto di cui all’art. 34–ter,
comma 1, lettera e). D'altronde, i fondi alternativi potrebbero costituire uno strumento
per il rilancio degli investimenti nelle imprese di medie dimensioni. In tale prospettiva i
fondi alternavi costituiscono un veicolo in grado di diversificare il rischio e di frapporre
tra investitore ed emittente un soggetto specializzato che, in un’ottica di servizio, si
premura di verificare l’adeguatezza dell’investimento. In questa prospettiva, l’auspicato
abbassamento della soglia minima potrebbe favorire tale processo, senza pregiudizio per
la tutela degli investitori non professionali.
7.
Disposizioni transitorie e finali
In considerazione della rilevanza delle modifiche proposte, si ritiene opportuno
prevedere un termine di adeguamento più ampio di quello indicato in entrambe le
opzioni.
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Sarebbe inoltre opportuno che venga chiarito quale debba essere il trattamento del
credito d’imposta immobilizzato e le modalità del suo recupero nel caso di fondo posto
in liquidazione “forzata” per assenza del requisito della pluralità degli investitori.
Cordiali saluti.
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