(disabile): principi costituzionali e internazionali
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(disabile): principi costituzionali e internazionali
IL LAVORO COME CONTESTO DI PROMOZIONE E LIBERAZIONE DELLA PERSONA (DISABILE): PRINCIPI COSTITUZIONALI E INTERNAZIONALI Il collocamento mirato tra obbligo e opportunità Convegno sull’inserimento lavorativo delle persone con disabilità: iniziative, servizi, esperienze e riflessioni Fondazione Edmund Mach 3 giugno 2015 La promozione della persona con disabilità: paradigma del progetto costituzionale Una determinata “visione dell’uomo” e di “progetto di società”: “l’uomo [persona] visto dalla nostra Costituzione è l’uomo concepito nei momenti essenziali della sua esperienza, nella concretezza della sua esistenza, per quello che veramente è, che vive, opera, realizza sé stesso nella società, nella sua multidimensionalità” “impone di realizzare la vita veramente sociale, nella quale l’individuo possa adeguare perfettamente e rendere attuale l’umanità potenziale ed implicita che è nella sua vita; abbia gli aiuti, sia messo in condizioni esteriori ed interiori di attuarla, e possa, attuandola liberamente realizzare tutta quanta la sua libertà” (Capograssi) “Il diritto come possibilità per ognuno di avere la propria inconfondibile individualità” La “liberazione” della persona: art. 2, art. 3, Cost. “rendere possibile il funzionamento delle diseguaglianze naturali e il loro reciproco e complementare innestarsi, in un ambiente, nel quale siano assicurate a tutti gli individui le condizioni, perchè ognuna di queste forze abbia la piena possibilità di realizzarsi interamente” (Capograssi) Una lenta attuazione, anche rispetto alla persona disabile Art. 2 Cost. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Art. 38 Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L’assistenza privata è libera. Art. 41 L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. L’esigenza di bilanciare una pluralità di interessi e principi costituzionali: la giurisprudenza della Corte costituzionale (e la “spinta” del livello internazionale ed europeo) “lento ma inarrestabile mutamento di tendenza: da esclusiva protezione sociale e parità di diritti e non discriminazione” Quale effettività ed efficienza? Alcune coordinate legislative: dalla 468/1968 alla 92/2012 a) La ratio. Inserimento Integrazione Inclusione sociale: diritto di partecipare attivamente alla definizione dell’organizzazione della società, conservando la propria diversità (“libero svolgimento della personalità”) b) L’approccio. Da modello medico a modello sociale della disabilità (fonti internazionali): Corpo Persona Persona in un contesto Due ambiti paradigmatici: l’istruzione e il lavoro Connessione funzionale tra percorso scolastico e inserimento lavorativo (artt. 34 e 38 Cost.): “innegabile è, d'altra parte, che l'apprendimento e l'integrazione nella scuola sono, a loro volta, funzionali ad un più pieno inserimento dell'handicappato nella società e nel mondo del lavoro; e che lo stesso svolgimento di attività professionali più qualificate di quelle attingibili col mero titolo della scuola dell'obbligo - e quindi il compimento degli studi inferiori - può favorire un più ricco sviluppo delle potenzialità del giovane svantaggiato e quindi avvicinarlo alla meta della piena integrazione sociale” (Corte cost., sent. 215/1987) “Garantire a minorati ed invalidi tale possibilità anche attraverso l'istruzione superiore corrisponde perciò ad una precisa direttiva costituzionale: in ordine al rapporto tra il cittadino invalido e il suo inserimento nel mondo del lavoro, "non sono costituzionalmente, oltreché moralmente ammissibili esclusioni e limitazioni dirette a relegare sul piano di isolamento e di assurda discriminazione soggetti che, particolarmente colpiti nella loro efficienza fisica e mentale, hanno invece pieno diritto di inserirsi nel mondo del lavoro” (sent. n. 163 del 1983) L’effettiva integrazione lavorativa della persona disabile: spunti dalla giurisprudenza costituzionale La “stella polare” per la Corte costituzionale: la sentenza n. 38 del 1960 (assunzione obbligatoria dei mutilati e invalidi del lavoro nelle imprese private) a) Il fondamento costituzionale: “il sistema posto in essere dal decreto trovi base e giustificazione nel disposto dell'art. 38 della Costituzione. È compito dello Stato provvedere "all'educazione e all'avviamento professionale" dei minorati” “Compito che si sostanzia e realizza nell'effettivo collocamento al lavoro” b) La ratio: “La ratio non è, quindi, quella di procurare ai minorati del lavoro un mantenimento caritativo, ma di porre in essere le condizioni per la formazione di un contratto di lavoro, in ordine al quale l'idoneità al lavoro è richiesta per la persistenza del rapporto medesimo ” L’obiettivo della realizzazione di un fascio di principi costituzionali: Non assicurare un mantenimento caritativo, ma di creare i presupposti per la conclusione di un regolare contratto di lavoro. Necessità di cambio di paradigma: dall’assistenzialismo a effettiva integrazione lavorativa (e sociale) c) Il bilanciamento: “in armonia con quelle norme costituzionali considerate nella complessiva visione dei principi cui sono informate”. “il decreto rimuove, in armonia con lo spirito e con il dettato del secondo comma dell'art. 3 della Costituzione, gli ostacoli che impediscono l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione economica e sociale del Paese; in armonia con lo spirito cui è informato l'art. 4 della Costituzione, promuove e attua le condizioni che rendono possibile ai minorati, riconosciuti, in seguito ad opportuni accertamenti, ancora in possesso di attitudini lavorative e professionali e non indicate genericamente ma riferite a categorie professionali, di essere reinseriti, con contratti di lavoro che presuppongono prestazioni di opere, nell'ambiente del lavoro, dal quale spesso resterebbero esclusi; offre a codesti infortunati cittadini modo di svolgere ancora una funzione secondo le proprie possibilità; sollecita anche l'adempimento di quel dovere inderogabile di solidarietà, solennemente enunciato tra i principi fondamentali della Costituzione (art. 2)” d) Gli artt. 41 e 42 Cost.: l’iniziativa economica privata. “il disposto dell'art. 41 legittima un intervento dello Stato con "misure protettive del benessere sociale e, contemporaneamente, restrittive della privata iniziativa" (sentenza n. 103 del 1957), sempreché la privata iniziativa non venga da siffatto intervento annullata o soppressa” Esigenza di bilanciare tra esigenze dei lavoratori (disabili) ed esigenze produttive e organizzative dei datori di lavoro: Un bilanciamento complesso, con alcuni punti fermi (al netto della discrezionalità del legislatore) L’uguaglianza nell’accesso al lavoro “non sono costituzionalmente, oltre che moralmente, ammissibili esclusioni e limitazioni dirette a relegare su un piano di isolamento e di assurda discriminazione soggetti che, particolarmente colpiti nella loro efficienza fisica o mentale, hanno invece pieno diritto di inserirsi nel mondo del lavoro. Se così è, non è consentito rifiutare poi le conseguenze che alla prestazione di lavoro immediatamente o mediatamente si ricollegano, ritenendo esclusa dall'obbligatorio e connesso rapporto assicurativo quella tutela previdenziale, la quale, invece, logicamente e ineluttabilmente da esso scaturisce” (Corte cost., sentenza n. 163/1983) “sul piano costituzionale, oltre che su quello morale, non sono ammissibili esclusioni e limitazioni dirette a relegare in situazioni di isolamento e di assurda discriminazione soggetti che, particolarmente colpiti nella loro efficienza fisica o mentale, hanno, all'incontro, pieno diritto di inserirsi nel mondo del lavoro, specie in un paese come il nostro di intensa socialità e nel quale tutti i cittadini hanno diritto di concorrere alla organizzazione politica, economica e sociale del paese (art. 3 Cost.) ed, in particolare, hanno diritto al lavoro in una Repubblica impegnata a promuovere le condizioni per rendere effettivo tale diritto” (Corte cost., sentenza n. 1088/1988) Alcuni “casi” di bilanciamento a) La “richiesta” del datore di lavoro: legge 2 aprile 1968, n. 482 Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private (sentenza 622/1987). “nella parte in cui la richiesta costituisce presupposto essenziale ai fini del successivo avviamento al lavoro dell'invalido” “Verrebbero meno, altresì, con siffatte scelte "libere" dell'imprenditore tutte le garanzie del diritto al lavoro, nei suoi presupposti generali cioè (art. 4 Cost.) e specifici per gli invalidi (art. 38), con un palese contrasto, ancora, con gli scopi sociali dell'iniziativa privata (art. 41, secondo e terzo comma)” La questione è infondata: -art. 38: “gli enunciati concernono l'approntamento dei mezzi per l'inserimento dei disabili nel contesto sociale, senza peraltro accollare oneri a connotazione assistenziale al datore di lavoro: instaurato che sia - ancorché coattivamente - un rapporto si determina la regolare prestazione che comporta tutti i diritti e gli obblighi ad essa inerenti (sentenza n. 38 del 1960)” -Art. 41: “l'atto di richiesta contrasterebbe - si assume - con i fini d'utilità sociale ivi perseguiti ed i controlli che ne conseguono, atti ad assicurarne i risultati”. “l'art. 41 resta comunque inteso ad affermare la libertà dell'iniziativa economica privata. In tali equilibri gioca, appunto, il suo evidente ruolo l'atto d'impulso dell'imprenditore, obbligato sì ad assunzioni nell'area delle categorie protette, di cospicua caratterizzazione sociale e pur sempre, però, finalizzate ad obiettive necessità: dunque, l'ablazione della richiesta, lungi dal favorire un adeguamento della norma ai principi costituzionali invocati, varrebbe – in contrario a interferire con l'iniziativa economica che il contesto dell'art. 41 preserva da restrizioni abnormi nelle scelte operative di svolgimento” b) La fonte del rapporto: contratto di lavoro e non costituzione ex lege (sentenza n. 255/1989). “normale contratto nel quale può essere previsto il patto di prova ex art. 2096 del codice civile ed il conseguente libero recesso da parte del datore di lavoro” “per gli invalidi civili e assimilati, il rapporto di lavoro ha il suo titolo costitutivo non già nell'atto di avviamento al lavoro dell'autorità amministrativa ma nell'atto negoziale in cui si concreta l'assunzione la quale, pur essendo vincolata all'esterno per il profilo del previsto obbligo a contrarre, è compiuta nell'ambito dell'autonomia privata mediante un atto di volontà delle parti, cioè mediante un contratto” “Occorre, peraltro, salvaguardare l'autonomia delle parti e l'iniziativa dell'imprenditore, sia pure nei limiti fissati dall'art. 41 della Costituzione” “Non sussiste alcun impedimento che vieta la previsione o per contratto collettivo o per patto intervenuto tra le parti, da includersi nel contratto, del patto di prova, da stipularsi per atto scritto, ex art. 2096 del codice civile; Il lavoratore può rifiutarsi di sottoporsi alla prova adducendo un giusto o giustificato motivo. Inoltre, l'esperimento deve riguardare mansioni compatibili con lo stato di invalidità o di minorazione fisica del lavoratore e l'esito della prova non deve essere assolutamente influenzato da considerazioni di minor rendimento dovute alla infermità o alle minorazioni. Infine, il recesso del datore di lavoro deve avere una adeguata motivazione” “Risulta, invero, sufficientemente garantito l'adempimento, da parte del datore di lavoro, del dovere di solidarietà che egli ha e, conseguentemente, il diritto individuale e sociale del lavoratore invalido, senza che vi sia alcuna discriminazione a suo danno. È garantito il suo diritto al lavoro come per tutti gli altri lavoratori nella giusta considerazione dello stato di invalidità e di minorazione fisica, sicché gli scopi altamente sociali delle norme di previsione non restano frustrati” c) La “carriera” lavorativa: riserve di posti per concorsi da dirigente scolastico (sentenza n. 190/2006). “In base agli artt. 3 e 97 Cost., la progressione di carriera dei dipendenti pubblici deve avvenire nel rispetto dei principi di eguaglianza e di imparzialità, a seguito di valutazioni comparative della preparazione e delle esperienze professionali. L'art. 38, terzo comma, Cost. dispone che i disabili hanno diritto «all'avviamento professionale». Dunque, i disabili sono favoriti nell'accesso alle attività professionali e nell'inserimento nei posti di lavoro” “In applicazione della suddetta norma costituzionale, posta a tutela dei disabili, la legislazione ordinaria stabilisce, per questi, il diritto al lavoro e alla conservazione del posto, il diritto a speciali modalità per lo svolgimento dei concorsi, il diritto alla precedenza nell'assegnazione della sede e nelle procedure di trasferimento a domanda, il diritto a prestazioni compatibili con le minorazioni, il diritto all'assistenza per recarsi al posto di lavoro, il diritto a non essere trasferiti senza consenso, il diritto a progetti individuali di integrazione” “Nella ponderazione degli interessi in gioco, quelli ispirati al principio di eguaglianza e del merito e quelli ispirati al principio solidaristico, la Costituzione consente la prevalenza del secondo sul primo per quanto attiene all'accesso al lavoro, ma non prevede altrettanto per la progressione in carriera dei disabili già occupati” “La legge ordinaria che, oltre a favorire l'accesso dei disabili al lavoro, ne agevola la carriera, produce una irragionevole compressione dei principi dell'eguaglianza e del merito, a danno dell'efficienza e del buon andamento della pubblica amministrazione” “L'equilibrio tra i due interessi pubblici, quello che riguarda l'eguaglianza e il buon andamento degli uffici pubblici e quello che attiene alla tutela dei disabili, è stabilito dall'art. 38 Cost., che consente di derogare al primo solo per favorire l'accesso dei disabili agli uffici pubblici, non la loro progressione, una volta entrati” “Questa Corte ha già avuto modo di stabilire, vigente la precedente legislazione, che la tutela assicurata ai disabili tramite le quote concerne i disoccupati (sentenze n. 93 del 1985 e n. 279 del 1983) ed è volta alla facilitazione del reperimento della prima occupazione (sentenze n. 622 del 1987, n. 55 del 1961 e n. 38 del 1960). Nella stessa direzione sono orientati i principali atti dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (Regole standard sulle pari opportunità dei disabili del 20 dicembre 1993, risoluzione n. 48 del 1996 dell'Assemblea generale, regola n. 7) e dell'Unione Europea (Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, firmata a Nizza il 7 dicembre 2000, artt. 21 e 26), che dispongono il divieto di discriminazioni nell'accesso all'impiego” Il ruolo della dimensione europea e internazionale La Corte di Giustizia: Commissione c. Italia (4 luglio 2013 - causa C-312/11): un “compendio” della “rivoluzione copernicana” nell’approccio alla disabilità (da medico-sanitaria a psico-sociale) “dichiarare che la Repubblica italiana, non imponendo a tutti i datori di lavoro di prevedere soluzioni ragionevoli applicabili a tutti i disabili, è venuta meno al suo obbligo di recepire correttamente e completamente l’articolo 5 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro” Art. 5 della direttiva: «Per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli. Ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato. Tale soluzione non è sproporzionata allorché l’onere è compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica dello Stato membro a favore dei disabili» La nozione di disabilità: “alla luce della Convenzione dell’ONU, tale nozione deve essere intesa nel senso che si riferisce ad una limitazione risultante in particolare da menomazioni fisiche, mentali o psichiche durature che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori” “l’espressione «disabile» utilizzata nell’articolo 5 della direttiva 2000/78 deve essere interpretata come comprendente tutte le persone affette da una disabilità corrispondente alla definizione enunciata nel punto precedente” Il ruolo della Convenzione ONU: il concetto di “soluzioni ragionevoli”. “in conformità dell’articolo 2, quarto comma, della Convenzione dell’ONU, gli «accomodamenti ragionevoli» sono «le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali»” Definizione ampia: “tale concetto deve essere inteso nel senso che si riferisce all’eliminazione delle barriere di diversa natura che ostacolano la piena ed effettiva partecipazione delle persone disabili alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori” “gli Stati membri devono stabilire nella loro legislazione un obbligo per i datori di lavoro di adottare provvedimenti appropriati, cioè provvedimenti efficaci e pratici, ad esempio sistemando i locali, adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro o la ripartizione dei compiti in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o di ricevere una formazione, senza imporre al datore di lavoro un onere sproporzionato” Obbligo per tutti i datori di lavoro, se non comporta un onere sproporzionato: “non è sufficiente disporre misure pubbliche di incentivo e di sostegno, ma è compito degli Stati membri imporre a tutti i datori di lavoro l’obbligo di adottare provvedimenti efficaci e pratici, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, a favore di tutti i disabili, che riguardino i diversi aspetti dell’occupazione e delle condizioni di lavoro e che consentano a tali persone di accedere ad un lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o di ricevere una formazione” Misure pubbliche (incentivi/sostegno) e obblighi per i datori di lavoro Il quadro normativo italiano. a)la legge n. 104/1992: l’inserimento lavorativo e l’integrazione sociale dei disabili siano realizzati tramite misure che consentano di favorire il loro pieno inserimento nel mondo del lavoro, in forma individuale o associata, nonché la tutela del loro impiego. “Da tale legge quadro non risulta che essa garantisce che tutti i datori di lavoro siano tenuti ad adottare provvedimenti efficaci e pratici, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, a favore dei disabili, come esige l’articolo 5 della direttiva” b) legge n. 381/1991, essa contiene norme relative alle cooperative sociali, i cui dipendenti, ai sensi di tale legge, devono essere almeno per il 30% persone svantaggiate c) la legge n. 68/1999, essa ha lo scopo esclusivo di favorire l’accesso all’impiego di taluni disabili d) il decreto legislativo n. 81/2008 disciplina solo un aspetto dei provvedimenti appropriati richiesti dall’articolo 5 della direttiva 2000/78, cioè l’adeguamento delle mansioni alla disabilità dell’interessato. “la legislazione italiana, anche se valutata nel suo complesso, non impone all’insieme dei datori di lavoro l’obbligo di adottare, ove ve ne sia necessità, provvedimenti efficaci e pratici, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, a favore di tutti i disabili, che riguardino i diversi aspetti dell’occupazione e delle condizioni di lavoro, al fine di consentire a tali persone di accedere ad un lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o di ricevere una formazione. Pertanto, essa non assicura una trasposizione corretta e completa dell’articolo 5 della direttiva 2000/78” “L’equivoco italiano secondo cui assicurare un lavoro significa di per sé realizzare la piena eguaglianza è dunque risolto” (Danisi) La “reazione” del legislatore italiano: il d. lgs. 76/2013 Art. 3.3bis d. lgs. 216/2003: “Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità, I datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad adottare accomodamenti ragionevoli, come definiti dalla Convenzione ONU, nei luoghi di lavoro, per garantire alle persone con disabilità la piena eguaglianza con gli altri lavoratori. I lavoratori pubblici devono provvedere all’attuazione (…) senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente” Alcune conclusioni 1. 2. 3. 4. 5. 6. Una rete multilivello: Costituzione, diritto europeo e internazionale. Il ruolo della giurisprudenza (con arresti) Un’evoluzione di approccio normativo e culturale: concezione della disabilità (“l’elemento dell’interazione: non si è persone con disabilità in quanto caratterizzati da menomazioni fisiche o mentali, bensì perché queste caratteristiche personali nell’incontro con un ambiente pensato e costruito per normodotati ne ostacolano l’integrazione”, Danisi); concezione dell’intervento legislativo; della funzione del lavoro Il lavoro come contesto/strumento di promozione e svolgimento della persona (disabile) L’obbligo della Repubblica (regioni, enti locali) di eliminare gli ostacoli che impediscono la “liberazione” della persona disabile (art. 3.2) L’esigenza di bilanciare una pluralità di interessi costituzionali e conservare la natura dell’attività imprenditoriale/economica e dell’attività lavorativa (artt. 41 e 4 Cost.) L’esigenza di effettività e efficienza degli strumenti normativi: sicurezza giuridica di un diritto esigibile e non mera aspettativa Effettività della tutela di fronte ai dati: la Relazione sullo stato di attuazione della legge n. 68 del 1999 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) – 2012/2013 Inserimenti lavorativi: trend negativo. 2009: 20830 unità 2013: 18295 unità Rapporto tra nuovi iscritti e avviati: 25,7% (2012) e 26,9% (2013) Gli strumenti: -Convenzione: 47, 5% (2012) e 48,7% (2013) – convenzioni di programma e integrazione lavorativa (95%) -Richiesta nominativa: -3,9% rispetto alla convenzione (2013) -Chiamata numerica: 8,7% (2012) e 6,6% (2013) Tipologie contrattuali: -Tempo indeterminato: 35,1% (6373 unità; 51,6% nel 2006) -Tempo determinato: 57,7% (10474 unità; 30,6% nel 2008) -Precariato: 1316 unità “il vero problema politico non è quello di riuscire a inserire nella Costituzione la enunciazione di questi diritti, ma è quello di predisporre I mezzi pratici per soddisfarli e per evitare che essi rimangano come vuota formula teorica scritta sulla carta, ma non traducibile nella realtà” (Calamandrei, L’avvenire dei diritti di libertà) Grazie per l’attenzione [email protected] www.biodiritto.org