(disabile): principi costituzionali e internazionali

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(disabile): principi costituzionali e internazionali
IL LAVORO COME CONTESTO DI PROMOZIONE E
LIBERAZIONE DELLA PERSONA (DISABILE):
PRINCIPI COSTITUZIONALI E INTERNAZIONALI
Il collocamento mirato tra obbligo e opportunità
Convegno sull’inserimento lavorativo delle persone con
disabilità: iniziative, servizi, esperienze e riflessioni
Fondazione Edmund Mach
3 giugno 2015
La promozione della persona con disabilità:
paradigma del progetto costituzionale
Una determinata “visione dell’uomo” e di “progetto di società”:
“l’uomo [persona] visto dalla nostra Costituzione è l’uomo concepito
nei momenti essenziali della sua esperienza, nella concretezza della
sua esistenza, per quello che veramente è, che vive, opera, realizza sé
stesso nella società, nella sua multidimensionalità”
“impone di realizzare la vita veramente sociale, nella quale l’individuo
possa adeguare perfettamente e rendere attuale l’umanità potenziale
ed implicita che è nella sua vita; abbia gli aiuti, sia messo in condizioni
esteriori ed interiori di attuarla, e possa, attuandola liberamente
realizzare tutta quanta la sua libertà”
(Capograssi)
“Il diritto come possibilità per ognuno di avere la propria
inconfondibile individualità”
La “liberazione” della persona: art. 2, art. 3, Cost.
“rendere possibile il funzionamento delle diseguaglianze naturali
e il loro reciproco e complementare innestarsi, in un ambiente,
nel quale siano assicurate a tutti gli individui le condizioni,
perchè ognuna di queste forze abbia la piena possibilità di
realizzarsi interamente”
(Capograssi)
Una lenta attuazione, anche rispetto
alla persona disabile
Art. 2 Cost.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come
singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede
l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e
sociale
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale,
che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all’or­ganizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Art. 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le
condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria
scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o
spirituale della società.
Art. 38
Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha
diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle
loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia,
disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’edu­ca­zione e all’avviamento
professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o
integrati dallo Stato.
L’assistenza privata è libera.
Art. 41
L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare
danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività
economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini
sociali.
L’esigenza di bilanciare una pluralità di interessi e principi
costituzionali: la giurisprudenza della Corte costituzionale (e la
“spinta” del livello internazionale ed europeo)
“lento ma inarrestabile mutamento di tendenza: da esclusiva
protezione sociale e parità di diritti e non discriminazione”
Quale effettività ed efficienza?
Alcune coordinate legislative: dalla
468/1968 alla 92/2012
a)
La ratio.
Inserimento
Integrazione
Inclusione sociale:
diritto di partecipare attivamente alla definizione dell’organizzazione
della società, conservando la propria diversità (“libero
svolgimento della personalità”)
b) L’approccio.
Da modello medico a modello sociale della disabilità (fonti
internazionali):
Corpo
Persona
Persona in un contesto
Due ambiti paradigmatici: l’istruzione e il lavoro
Connessione funzionale tra percorso scolastico e inserimento
lavorativo (artt. 34 e 38 Cost.):
“innegabile è, d'altra parte, che l'apprendimento e l'integrazione
nella scuola sono, a loro volta, funzionali ad un più pieno
inserimento dell'handicappato nella società e nel mondo del
lavoro;
e che lo stesso svolgimento di attività professionali più
qualificate di quelle attingibili col mero titolo della scuola
dell'obbligo - e quindi il compimento degli studi inferiori - può
favorire un più ricco sviluppo delle potenzialità del giovane
svantaggiato e quindi avvicinarlo alla meta della piena
integrazione sociale”
(Corte cost., sent. 215/1987)
“Garantire a minorati ed invalidi tale possibilità anche attraverso
l'istruzione superiore corrisponde perciò ad una precisa direttiva
costituzionale:
in ordine al rapporto tra il cittadino invalido e il suo inserimento
nel mondo del lavoro,
"non sono costituzionalmente, oltreché moralmente
ammissibili esclusioni e limitazioni dirette a relegare sul piano
di isolamento e di assurda discriminazione soggetti che,
particolarmente colpiti nella loro efficienza fisica e mentale,
hanno invece pieno diritto di inserirsi nel mondo del lavoro”
(sent. n. 163 del 1983)
L’effettiva integrazione lavorativa della persona
disabile: spunti dalla giurisprudenza costituzionale
La “stella polare” per la Corte costituzionale:
la sentenza n. 38 del 1960 (assunzione obbligatoria dei mutilati e
invalidi del lavoro nelle imprese private)
a) Il fondamento costituzionale:
“il sistema posto in essere dal decreto trovi base e giustificazione
nel disposto dell'art. 38 della Costituzione.
È compito dello Stato provvedere "all'educazione e
all'avviamento professionale" dei minorati”
“Compito che si sostanzia e realizza nell'effettivo collocamento
al lavoro”
b) La ratio:
“La ratio non è, quindi, quella di procurare ai minorati del lavoro
un mantenimento caritativo, ma di porre in essere le condizioni
per la formazione di un contratto di lavoro, in ordine al quale
l'idoneità al lavoro è richiesta per la persistenza del rapporto
medesimo ”
L’obiettivo della realizzazione di un fascio di principi
costituzionali:
Non assicurare un mantenimento caritativo, ma di creare i
presupposti per la conclusione di un regolare contratto di lavoro.
Necessità di cambio di paradigma: dall’assistenzialismo a
effettiva integrazione lavorativa (e sociale)
c) Il bilanciamento: “in armonia con quelle norme costituzionali considerate nella
complessiva visione dei principi cui sono informate”.
“il decreto rimuove, in armonia con lo spirito e con il dettato del secondo comma
dell'art. 3 della Costituzione, gli ostacoli che impediscono l'effettiva partecipazione di
tutti i lavoratori all'organizzazione economica e sociale del Paese;
in armonia con lo spirito cui è informato l'art. 4 della Costituzione, promuove e attua
le condizioni che rendono possibile ai minorati, riconosciuti, in seguito ad opportuni
accertamenti, ancora in possesso di attitudini lavorative e professionali e non indicate
genericamente ma riferite a categorie professionali, di essere reinseriti, con contratti
di lavoro che presuppongono prestazioni di opere, nell'ambiente del lavoro, dal
quale spesso resterebbero esclusi;
offre a codesti infortunati cittadini modo di svolgere ancora una funzione secondo le
proprie possibilità;
sollecita anche l'adempimento di quel dovere inderogabile di solidarietà,
solennemente enunciato tra i principi fondamentali della Costituzione (art. 2)”
d) Gli artt. 41 e 42 Cost.: l’iniziativa economica privata.
“il disposto dell'art. 41 legittima un intervento dello Stato con
"misure protettive del benessere sociale e,
contemporaneamente, restrittive della privata iniziativa"
(sentenza n. 103 del 1957), sempreché la privata iniziativa non
venga da siffatto intervento annullata o soppressa”
Esigenza di bilanciare tra esigenze dei lavoratori (disabili) ed
esigenze produttive e organizzative dei datori di lavoro:
Un bilanciamento complesso, con alcuni punti fermi (al netto
della discrezionalità del legislatore)
L’uguaglianza nell’accesso al lavoro
“non sono costituzionalmente, oltre che moralmente,
ammissibili esclusioni e limitazioni dirette a relegare su un piano
di isolamento e di assurda discriminazione soggetti che,
particolarmente colpiti nella loro efficienza fisica o mentale,
hanno invece pieno diritto di inserirsi nel mondo del lavoro.
Se così è, non è consentito rifiutare poi le conseguenze che alla
prestazione di lavoro immediatamente o mediatamente si
ricollegano, ritenendo esclusa dall'obbligatorio e connesso
rapporto assicurativo quella tutela previdenziale, la quale,
invece, logicamente e ineluttabilmente da esso scaturisce”
(Corte cost., sentenza n. 163/1983)
“sul piano costituzionale, oltre che su quello morale, non sono
ammissibili esclusioni e limitazioni dirette a relegare in situazioni
di isolamento e di assurda discriminazione soggetti che,
particolarmente colpiti nella loro efficienza fisica o mentale,
hanno, all'incontro, pieno diritto di inserirsi nel mondo del
lavoro, specie in un paese come il nostro di intensa socialità e
nel quale tutti i cittadini hanno diritto di concorrere alla
organizzazione politica, economica e sociale del paese (art. 3
Cost.) ed, in particolare, hanno diritto al lavoro in una
Repubblica impegnata a promuovere le condizioni per rendere
effettivo tale diritto”
(Corte cost., sentenza n. 1088/1988)
Alcuni “casi” di bilanciamento
a) La “richiesta” del datore di lavoro: legge 2 aprile 1968, n. 482 Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le
pubbliche amministrazioni e le aziende private (sentenza
622/1987).
“nella parte in cui la richiesta costituisce presupposto essenziale ai
fini del successivo avviamento al lavoro dell'invalido”
“Verrebbero meno, altresì, con siffatte scelte "libere"
dell'imprenditore tutte le garanzie del diritto al lavoro, nei suoi
presupposti generali cioè (art. 4 Cost.) e specifici per gli invalidi (art.
38), con un palese contrasto, ancora, con gli scopi sociali dell'iniziativa
privata (art. 41, secondo e terzo comma)”
La questione è infondata:
-art. 38: “gli enunciati concernono l'approntamento dei mezzi per l'inserimento
dei disabili nel contesto sociale, senza peraltro accollare oneri a connotazione
assistenziale al datore di lavoro: instaurato che sia - ancorché coattivamente - un
rapporto si determina la regolare prestazione che comporta tutti i diritti e gli
obblighi ad essa inerenti (sentenza n. 38 del 1960)”
-Art. 41: “l'atto di richiesta contrasterebbe - si assume - con i fini d'utilità sociale
ivi perseguiti ed i controlli che ne conseguono, atti ad assicurarne i risultati”.
“l'art. 41 resta comunque inteso ad affermare la libertà dell'iniziativa
economica privata. In tali equilibri gioca, appunto, il suo evidente ruolo l'atto
d'impulso dell'imprenditore, obbligato sì ad assunzioni nell'area delle categorie
protette, di cospicua caratterizzazione sociale e pur sempre, però, finalizzate ad
obiettive necessità: dunque, l'ablazione della richiesta, lungi dal favorire un
adeguamento della norma ai principi costituzionali invocati, varrebbe – in
contrario a interferire con l'iniziativa economica che il contesto dell'art. 41
preserva da restrizioni abnormi nelle scelte operative di svolgimento”
b) La fonte del rapporto: contratto di lavoro e non costituzione ex lege
(sentenza n. 255/1989).
“normale contratto nel quale può essere previsto il patto di prova ex
art. 2096 del codice civile ed il conseguente libero recesso da parte del
datore di lavoro”
“per gli invalidi civili e assimilati, il rapporto di lavoro ha il suo titolo
costitutivo non già nell'atto di avviamento al lavoro dell'autorità
amministrativa ma nell'atto negoziale in cui si concreta l'assunzione la
quale, pur essendo vincolata all'esterno per il profilo del previsto
obbligo a contrarre, è compiuta nell'ambito dell'autonomia privata
mediante un atto di volontà delle parti, cioè mediante un contratto”
“Occorre, peraltro, salvaguardare l'autonomia delle parti e l'iniziativa
dell'imprenditore, sia pure nei limiti fissati dall'art. 41 della
Costituzione”
“Non sussiste alcun impedimento che vieta la previsione o per
contratto collettivo o per patto intervenuto tra le parti, da
includersi nel contratto, del patto di prova, da stipularsi per atto
scritto, ex art. 2096 del codice civile;
Il lavoratore può rifiutarsi di sottoporsi alla prova adducendo un
giusto o giustificato motivo.
Inoltre, l'esperimento deve riguardare mansioni compatibili con
lo stato di invalidità o di minorazione fisica del lavoratore e
l'esito della prova non deve essere assolutamente influenzato da
considerazioni di minor rendimento dovute alla infermità o alle
minorazioni. Infine, il recesso del datore di lavoro deve avere
una adeguata motivazione”
“Risulta, invero, sufficientemente garantito l'adempimento, da
parte del datore di lavoro, del dovere di solidarietà che egli ha
e, conseguentemente, il diritto individuale e sociale del
lavoratore invalido, senza che vi sia alcuna discriminazione a
suo danno.
È garantito il suo diritto al lavoro come per tutti gli altri
lavoratori nella giusta considerazione dello stato di invalidità e
di minorazione fisica, sicché gli scopi altamente sociali delle
norme di previsione non restano frustrati”
c) La “carriera” lavorativa: riserve di posti per concorsi da
dirigente scolastico (sentenza n. 190/2006).
“In base agli artt. 3 e 97 Cost., la progressione di carriera dei
dipendenti pubblici deve avvenire nel rispetto dei principi di
eguaglianza e di imparzialità, a seguito di valutazioni
comparative della preparazione e delle esperienze
professionali.
L'art. 38, terzo comma, Cost. dispone che i disabili hanno diritto
«all'avviamento professionale». Dunque, i disabili sono favoriti
nell'accesso alle attività professionali e nell'inserimento nei posti
di lavoro”
“In applicazione della suddetta norma costituzionale, posta a
tutela dei disabili, la legislazione ordinaria stabilisce, per questi,
il diritto al lavoro e alla conservazione del posto, il diritto a
speciali modalità per lo svolgimento dei concorsi, il diritto alla
precedenza nell'assegnazione della sede e nelle procedure di
trasferimento a domanda, il diritto a prestazioni compatibili con
le minorazioni, il diritto all'assistenza per recarsi al posto di
lavoro, il diritto a non essere trasferiti senza consenso, il diritto a
progetti individuali di integrazione”
“Nella ponderazione degli interessi in gioco, quelli ispirati al
principio di eguaglianza e del merito e quelli ispirati al principio
solidaristico, la Costituzione consente la prevalenza del
secondo sul primo per quanto attiene all'accesso al lavoro, ma
non prevede altrettanto per la progressione in carriera dei
disabili già occupati”
“La legge ordinaria che, oltre a favorire l'accesso dei disabili al
lavoro, ne agevola la carriera, produce una irragionevole
compressione dei principi dell'eguaglianza e del merito, a danno
dell'efficienza e del buon andamento della pubblica
amministrazione”
“L'equilibrio tra i due interessi pubblici, quello che riguarda
l'eguaglianza e il buon andamento degli uffici pubblici e quello
che attiene alla tutela dei disabili, è stabilito dall'art. 38 Cost.,
che consente di derogare al primo solo per favorire l'accesso dei
disabili agli uffici pubblici, non la loro progressione, una volta
entrati”
“Questa Corte ha già avuto modo di stabilire, vigente la
precedente legislazione, che la tutela assicurata ai disabili
tramite le quote concerne i disoccupati (sentenze n. 93 del 1985
e n. 279 del 1983) ed è volta alla facilitazione del reperimento
della prima occupazione (sentenze n. 622 del 1987, n. 55 del
1961 e n. 38 del 1960).
Nella stessa direzione sono orientati i principali atti
dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (Regole standard sulle
pari opportunità dei disabili del 20 dicembre 1993, risoluzione n.
48 del 1996 dell'Assemblea generale, regola n. 7) e dell'Unione
Europea (Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
firmata a Nizza il 7 dicembre 2000, artt. 21 e 26), che
dispongono il divieto di discriminazioni nell'accesso all'impiego”
Il ruolo della dimensione europea e
internazionale
La Corte di Giustizia: Commissione c. Italia (4 luglio 2013 - causa
C-312/11): un “compendio” della “rivoluzione copernicana”
nell’approccio alla disabilità (da medico-sanitaria a psico-sociale)
“dichiarare che la Repubblica italiana, non imponendo a tutti i
datori di lavoro di prevedere soluzioni ragionevoli applicabili a
tutti i disabili, è venuta meno al suo obbligo di recepire
correttamente e completamente l’articolo 5 della direttiva
2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce
un quadro generale per la parità di trattamento in materia di
occupazione e di condizioni di lavoro”
Art. 5 della direttiva:
«Per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento
dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli.
Ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti
appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni
concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di
svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere
una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da
parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato.
Tale soluzione non è sproporzionata allorché l’onere è
compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro
della politica dello Stato membro a favore dei disabili»
La nozione di disabilità:
“alla luce della Convenzione dell’ONU, tale nozione deve essere
intesa nel senso che si riferisce ad una limitazione risultante in
particolare da menomazioni fisiche, mentali o psichiche durature
che, in interazione con barriere di diversa natura, possono
ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona
interessata alla vita professionale su base di uguaglianza con gli
altri lavoratori”
“l’espressione «disabile» utilizzata nell’articolo 5 della direttiva
2000/78 deve essere interpretata come comprendente tutte le
persone affette da una disabilità corrispondente alla definizione
enunciata nel punto precedente”
Il ruolo della Convenzione ONU: il concetto di “soluzioni
ragionevoli”.
“in conformità dell’articolo 2, quarto comma, della Convenzione
dell’ONU, gli «accomodamenti ragionevoli» sono
«le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che
non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati,
ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle
persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di
uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà
fondamentali»”
Definizione ampia:
“tale concetto deve essere inteso nel senso che si riferisce
all’eliminazione delle barriere di diversa natura che ostacolano
la piena ed effettiva partecipazione delle persone disabili alla
vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori”
“gli Stati membri devono stabilire nella loro legislazione un
obbligo per i datori di lavoro di adottare provvedimenti
appropriati, cioè provvedimenti efficaci e pratici, ad esempio
sistemando i locali, adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro o
la ripartizione dei compiti in funzione delle esigenze delle
situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un
lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o di ricevere una
formazione, senza imporre al datore di lavoro un onere
sproporzionato”
Obbligo per tutti i datori di lavoro, se non comporta un onere
sproporzionato:
“non è sufficiente disporre misure pubbliche di incentivo e di
sostegno, ma è compito degli Stati membri imporre a tutti i
datori di lavoro l’obbligo di adottare provvedimenti efficaci e
pratici, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, a
favore di tutti i disabili, che riguardino i diversi aspetti
dell’occupazione e delle condizioni di lavoro e che consentano a
tali persone di accedere ad un lavoro, di svolgerlo, di avere una
promozione o di ricevere una formazione”
Misure pubbliche (incentivi/sostegno) e obblighi per i datori di
lavoro
Il quadro normativo italiano.
a)la legge n. 104/1992: l’inserimento lavorativo e l’integrazione
sociale dei disabili siano realizzati tramite misure che
consentano di favorire il loro pieno inserimento nel mondo del
lavoro, in forma individuale o associata, nonché la tutela del
loro impiego.
“Da tale legge quadro non risulta che essa garantisce che tutti i
datori di lavoro siano tenuti ad adottare provvedimenti efficaci e
pratici, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, a
favore dei disabili, come esige l’articolo 5 della direttiva”
b) legge n. 381/1991, essa contiene norme relative alle
cooperative sociali, i cui dipendenti, ai sensi di tale legge,
devono essere almeno per il 30% persone svantaggiate
c) la legge n. 68/1999, essa ha lo scopo esclusivo di favorire
l’accesso all’impiego di taluni disabili
d) il decreto legislativo n. 81/2008 disciplina solo un aspetto dei
provvedimenti appropriati richiesti dall’articolo 5 della direttiva
2000/78, cioè l’adeguamento delle mansioni alla disabilità
dell’interessato.
“la legislazione italiana, anche se valutata nel suo complesso,
non impone all’insieme dei datori di lavoro l’obbligo di adottare,
ove ve ne sia necessità, provvedimenti efficaci e pratici, in
funzione delle esigenze delle situazioni concrete, a favore di tutti
i disabili, che riguardino i diversi aspetti dell’occupazione e delle
condizioni di lavoro, al fine di consentire a tali persone di
accedere ad un lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o
di ricevere una formazione. Pertanto, essa non assicura una
trasposizione corretta e completa dell’articolo 5 della direttiva
2000/78”
“L’equivoco italiano secondo cui assicurare un lavoro significa di
per sé realizzare la piena eguaglianza è dunque risolto” (Danisi)
La “reazione” del legislatore italiano: il d. lgs. 76/2013
Art. 3.3­bis d. lgs. 216/2003:
“Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di
trattamento delle persone con disabilità, I datori di lavoro
pubblici e privati sono tenuti ad adottare accomodamenti
ragionevoli, come definiti dalla Convenzione ONU, nei luoghi di
lavoro, per garantire alle persone con disabilità la piena
eguaglianza con gli altri lavoratori.
I lavoratori pubblici devono provvedere all’attuazione (…) senza
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e con le risorse
umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione
vigente”
Alcune conclusioni
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Una rete multilivello: Costituzione, diritto europeo e internazionale. Il ruolo
della giurisprudenza (con arresti)
Un’evoluzione di approccio normativo e culturale: concezione della disabilità
(“l’elemento dell’interazione: non si è persone con disabilità in quanto
caratterizzati da menomazioni fisiche o mentali, bensì perché queste
caratteristiche personali nell’incontro con un ambiente pensato e costruito
per normodotati ne ostacolano l’integrazione”, Danisi); concezione
dell’intervento legislativo; della funzione del lavoro
Il lavoro come contesto/strumento di promozione e svolgimento della
persona (disabile)
L’obbligo della Repubblica (regioni, enti locali) di eliminare gli ostacoli che
impediscono la “liberazione” della persona disabile (art. 3.2)
L’esigenza di bilanciare una pluralità di interessi costituzionali e conservare
la natura dell’attività imprenditoriale/economica e dell’attività lavorativa
(artt. 41 e 4 Cost.)
L’esigenza di effettività e efficienza degli strumenti normativi: sicurezza
giuridica di un diritto esigibile e non mera aspettativa
Effettività della tutela di fronte ai dati: la Relazione
sullo stato di attuazione della legge n. 68 del 1999
(Norme per il diritto al lavoro dei disabili) –
2012/2013
Inserimenti lavorativi: trend negativo.
2009: 20830 unità
2013: 18295 unità
Rapporto tra nuovi iscritti e avviati: 25,7% (2012) e 26,9% (2013)
Gli strumenti:
-Convenzione: 47, 5% (2012) e 48,7% (2013) – convenzioni di programma e integrazione lavorativa
(95%)
-Richiesta nominativa: -3,9% rispetto alla convenzione (2013)
-Chiamata numerica: 8,7% (2012) e 6,6% (2013)
Tipologie contrattuali:
-Tempo indeterminato: 35,1% (6373 unità; 51,6% nel 2006)
-Tempo determinato: 57,7% (10474 unità; 30,6% nel 2008)
-Precariato: 1316 unità
“il vero problema politico non è quello di riuscire a inserire nella
Costituzione la enunciazione di questi diritti, ma è quello di
predisporre I mezzi pratici per soddisfarli e per evitare che essi
rimangano come vuota formula teorica scritta sulla carta, ma
non traducibile nella realtà”
(Calamandrei, L’avvenire dei diritti di libertà)
Grazie per l’attenzione
[email protected]
www.biodiritto.org