L`intervento di sostegno per i bambini disabili in età prescolare

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L`intervento di sostegno per i bambini disabili in età prescolare
L’intervento di sostegno per i
bambini disabili in età prescolare
Analisi delle Realtà Europee
Aspetti Chiave e Raccomandazioni
Rapporto di Sintesi
European Agency for Development in
Special Needs Education
Questo rapporto è una sintesi dello studio condotto dall’Agenzia Europea
per lo Sviluppo dell’Istruzione degli Alunni Disabili su “L’Intervento di
sostegno ai bambini in età prescolare”. È possibile citare parti del
documento riportando un chiaro riferimento alla fonte utilizzata.
Questo rapporto è stato preparato dall’Agenzia sulla base dei contributi degli
Esperti Nazionali nominati nel campo. Si esprime sincera gratitudine a
Stefanija Alisauskiene; Lena Almqvist; Josiane Bechet; Alain Bony; Graça
Breia; Lesley Campbell; Isabel Felgueiras; Bergþóra Gisladottir; Liisa
Heinämäki; Monica Ingemarsson; Zuzana Kaprova; Maria Karlsson; Jytte
Lau; Johanna Lindqvist; Ene Mägi; Theoni Mavrogianni; Ineke OenemaMostert; Franz Peterander; Jaime Ponte; Manfred Pretis; Bieuwe Van Der
Meulen; Panagiota Vlachou per il loro contributo e ad Axelle Cheney per
l’assistenza.
Un’ampia informazione sulle realtà nazionali e il recapito di tutti gli Esperti e
dei Rappresentanti Nazionali che hanno collaborato si trova presso l’area
web dedicata al progetto all’indirizzo internet:
http://www.european-agency.org/eci/eci.html
Editore: Victoria Soriano
Immagine di copertina: "Palveluviidakko" – “La Giungla dei Servizi” - di
Marjaana Koskivuori. Questo disegno è stato creato da Marjaana, nata nel
1988 e nota artista in Finlandia. Affetta da paralisi cerebrale, Marjaana usa
un mouse ad infrarossi per creare grafici sul suo computer. Marjaana ha
spiegato il significato di questo disegno: “Il punto rosso sulla destra sono io,
attorno la giungla dei servizi”. Marjaana ha donato questo disegno
all’Agenzia in segno di ringraziamento per aver partecipato all’Udienza dei
Giovani Disabili organizzata dall’Agenzia Europea al Parlamento Europeo il
3 novembre 2003.
Questa pubblicazione è stata finanziata dalla D. G. Istruzione, Formazione,
Cultura e Multilinguismo della Commissione Europea:
http://europa.eu.int/comm/dgs/education_culture/index_en.htm
ISBN: 8791500-71-0 (formato elettronico)
8791500-53-2 (versione a stampa)
978-8791500-71-8
978-8791500-53-4
Traduzione di Leandra Negro.
2005
European Agency for Development in Special Needs Education
Segreteria:
Ufficio di Bruxelles:
Teglgaardsparken 102
3 Avenue Palmerston
DK-5500 Middelfart Denmark
BE-1000 Brussels Belgium
Tel: +45 64 41 00 20
Tel: +32 2 280 33 59
Fax: +45 64 41 23 03
Fax: +32 2 280 17 88
[email protected]
[email protected]
www.european-agency.org
2
CONTENUTI
SOMMARIO...............................................................................4
INTRODUZIONE .......................................................................7
1. L'INTERVENTO DI SOSTEGNO PER I BAMBINI IN ETA'
PRESCOLARE: STRUTTURA CONCETTUALE.....................12
2. PROGETTO "INTERVENTO PER LA PRIMA INFANZIA":
L'ANALISI ................................................................................20
2.1 I servizi attivi nei paesi europei ......................................20
2.2 Gli aspetti chiave............................................................24
2.2.1 I gruppi target ..........................................................25
2.2.2 Il lavoro di gruppo ....................................................26
2.2.3 La formazione professionale ...................................27
2.2.4 Gli strumenti di lavoro..............................................29
2.3 Tre esempi di ECI ..........................................................31
2.3.1 Le principali caratteristiche ......................................32
2.3.2 Somiglianze e differenze .........................................40
3. RACCOMANDAZIONI .........................................................43
3.1 Disponibilità....................................................................43
3.2 Prossimità .....................................................................44
3.3 Affidabilità ......................................................................45
3.4 Lavoro Interdisciplinare ..................................................46
3.5 Diversità .........................................................................48
FONTI......................................................................................49
3
SOMMARIO
L’Intervento di sostegno per i bambini disabili in età prescolare
(nel testo è stata riportata la sigla originale in lingua inglese
E.C.I.) è un’area importante sul piano politico e professionale.
L’ECI è legato al diritto dei bambini e delle loro famiglie a
ricevere il sostegno di cui possono aver bisogno. L’ECI intende
sostenere e rafforzare il bambino, la famiglia e i servizi sociali.
Aiuta a costruire una società dell’integrazione e della coesione
che è cosciente dei diritti dei bambini e delle loro famiglie.
Documenti importanti, pubblicati a partire dagli ultimi 30 anni,
mostrano l’evoluzione delle idee e delle teorie che hanno
portato ad un nuovo concetto di intervento in cui la salute,
l’istruzione e le scienze sociali (in particolare la psicologia) sono
tutte direttamente coinvolte. Il nuovo concetto mette in risalto lo
sviluppo infantile e l’impatto delle interazioni sociali sullo
sviluppo umano in generale e del bambino in particolare. Ciò
mostra il passaggio da un tipo di intervento centrato sul
bambino ad un approccio più ampio che coinvolge il bambino,
la famiglia e l’ambiente sociale e che corrisponde ad
un’evoluzione delle teorie educative nel campo dell'handicap,
che può esattamente definirsi come un transfer da un modello
‘medico’ ad uno sociale.
Lo studio condotto dall’Agenzia Europea ha individuato diversi
elementi importanti di questo nuovo concetto di ECI. Questi
elementi sono sinteticamente descritti di seguito.
Disponibilità, prossimità, affidabilità e diversità, appaiono come
gli elementi comuni tra i servizi sociali europei dedicati all’ECI:
- Una variegata offerta di servizi e/o di provvidenze disponibile
a richiesta della famiglia.
- Questi servizi andrebbero assegnati quanto prima possibile,
senza oneri o ad un costo minimo a carico delle famiglie e,
quando e laddove possibile, preferibilmente in ambito locale. I
servizi devono rispondere alle esigenze delle famiglie e offrire
un intervento che interessi tutto il nucleo familiare.
- Le differenze esistenti tra i servizi attivi nei paesi europei
rivelano la necessità di stabilire, per assicurare la qualità del
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servizio,
un’adeguata
cooperazione
e
un
efficace
coordinamento dei servizi stessi e delle risorse umane e
finanziarie.
- I servizi sanitari, sociali ed educativi dovrebbero essere
coinvolti e corresponsabili dell’intervento. Questa condivisione
risponde al contesto teorico dell’ECI che si basa su diverse
discipline e scienze sociali. Le scienze sociali, umane e
mediche sono collegate tra loro in tema di sviluppo infantile e
ciò non va mai dimenticato. Non esiste un unico modello di
riferimento: teorie e modelli diversi hanno contribuito allo
sviluppo di un approccio ampio centrato sul bambino, la
famiglia e la comunità, spostando l’accento da un ambito
medico ad uno sociale.
Gruppi target, lavoro in team, formazione professionale e
strumenti di lavoro sono gli aspetti chiave discussi durante gli
incontri di progetto:
- L’impatto dei cambiamenti avvenuti nella società sul gruppo
target dell’ECI, come pure l’incremento del numero dei bambini
che presenta problemi di natura psicologica o socio-emotiva,
sono stati il grande argomento di dibattito degli Esperti di
progetto.
- Gli operatori professionali appartenenti alle diverse discipline
interessate nell’intervento di sostegno operano a favore dei
bambini e delle loro famiglie. I professionisti non possono
lavorare in una struttura a compartimenti chiusi; hanno bisogno
di operare insieme in un gruppo inter-disciplinare. Per ottenere
un team di collaborazione efficace, i professionisti devono
seguire alcuni modelli di formazione comune, in modo da
ampliare la conoscenza acquisita nel corso della formazione
iniziale. Questa formazione comune può realizzarsi attraverso
nuove forme di specializzazione o rientrare nella formazione in
servizio. La formazione assicura ai professionisti di avere il
possesso della conoscenza necessaria di temi quali lo sviluppo
infantile, i metodi di lavoro, la cooperazione tra servizi, il lavoro
in team, la gestione dei casi, lo sviluppo delle abilità personali e
il rapporto con le famiglie. Gli operatori devono sapere come
coinvolgere i genitori e/o le famiglie in generale e come
lavorarci, rispettandone le esigenze e le priorità che possono
anche differire da quelle professionali.
5
- I professionisti usano diversi strumenti per realizzare un
processo senza interruzioni di alta qualità che comincia all’atto
dell’individuazione del problema e che si svolge con il pieno
coinvolgimento e la partecipazione delle famiglie. Se si richiede
l’intervento, si stende un Piano Individuale – anche denominato
Piano Familiare o Piano Individuale del Servizio Familiare
secondo il paese cui si fa riferimento – che nasce dalla
cooperazione tra la famiglia e il team. Il piano precisa i bisogni, i
punti di forza, le priorità, gli obiettivi e le azioni da intraprendere
e da valutare. L’esistenza di questo documento facilita il
transfer delle informazioni e la continuità dell’azione di sostegno
necessaria quando un bambino si sposta da un professionista
all’altro e la famiglia trasloca in un altro luogo.
Tutti questi elementi costituiscono la base per la formulazione
di alcune raccomandazioni che intendono migliorare e
consolidare gli attuali servizi di intervento. Queste
raccomandazioni sono state presentate nell’ultimo capitolo di
questo rapporto.
6
INTRODUZIONE
Questo documento intende riassumere l’analisi, condotta
dall’Agenzia Europea per lo Sviluppo dell’Istruzione degli Alunni
Disabili durante l’anno 2003-2004, degli aspetti chiave
dell’intervento di sostegno per i bambini disabili in età
prescolare (ECI) nei paesi europei. Presenta anche una serie di
raccomandazioni, rivolte soprattutto ai professionisti che
operano in questo settore, proponendo alcune idee pratiche per
riflettere sul loro lavoro e migliorarlo.
Non sarebbe stato possibile condurre quest’analisi senza
l’esperienza e la competenza degli Esperti e delle Famiglie
coinvolte direttamente o indirettamente nel progetto. Queste
persone hanno offerto materiali importanti, idee e spunti legati
alla realtà pratica dei loro paesi di origine, riflessioni e
commenti critici per tutto lo svolgimento del progetto.
Il dato razionale, a guida di questo documento, risponde
all’esigenza di un nuovo esame di questo tema essenziale,
sviluppando il lavoro già completato dall’Agenzia nel 1998. E’
anche in sintonia con i principi fondanti enucleati dalle principali
organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite (O.N.U.) e
l’UNESCO che hanno espresso a chiare lettere la loro
posizione nella lotta per il diritto dei bambini e delle loro
famiglie:
La maternità e l’infanzia hanno diritto a cure speciali ed
all’assistenza (Nazioni Unite, 1948, Articolo 25, comma 2).
Il fanciullo deve poter crescere e svilupparsi in modo sano. A tal
fine devono essere assicurate, a lui e alla madre, le cure
mediche e le protezioni sociali adeguate, specialmente nel
periodo pre e post natale (Nazioni Unite, 1959, Principio 4).
Gli Stati parti riconoscono il diritto dei fanciulli handicappati di
beneficiare di cure speciali e incoraggiano e garantiscono, in
considerazione delle risorse disponibili, la concessione, su
richiesta, ai fanciulli handicappati in possesso dei requisiti, e a
coloro i quali ne hanno la custodia, un aiuto adeguato alle
7
condizioni del fanciullo e alla situazione dei suoi genitori o di
coloro ai quali egli è affidato (Nazioni Unite, 1989, Articolo 23,
comma 2).
Gli stati dovrebbero lavorare all'effettuazione di programmi
condotti da gruppi multidisciplinari di professionisti per la
diagnosi precoce, la diagnosi valutativa e il trattamento dei
danni. Ciò potrebbe prevenire, ridurre o eliminare gli effetti della
disabilità (Nazioni Unite, Regola 2, comma 1).
La cura della prima infanzia e i programmi di istruzione per i
bambini di età superiore ai sei anni vanno attuati e/o ri-orientati
per promuovere lo sviluppo fisico, intellettivo, sociale e
scolastico. Questi programmi hanno un maggiore valore
economico per l’individuo, la famiglia e la società nella
prevenzione dell’aggravamento delle condizioni della disabilità
(UNESCO, 1994, articolo 53).
La metodologia adottata ha cercato di essere quanto più
rispondente ai principi di base dell’ECI: lavorare in modo
rispettoso e aperto all’interno di un ambiente interdisciplinare e
in maniera interattiva, rispettando i diversi ambiti di provenienza
dei partecipanti.
La raccolta di informazioni sugli stati nazionali e l’analisi delle
realtà locali hanno posto le basi dello studio.
Gli Esperti, provenienti da 19 paesi europei, sono stati nominati
dai Rappresentanti Nazionali dell’Agenzia in rappresentanza
della politica, della prassi e della ricerca nel campo dell’ECI.
Sono stati invitati tutti i settori professionali: istruzione, servizi
sociali e sanitari, con un’ampia partecipazione del settore
educativo. Le famiglie sono state direttamente coinvolte in uno
degli incontri di lavoro e nella fase di validazione del progetto
(vedi pagina 10).
In tutto, durante il progetto, si sono tenuti cinque incontri in
presenza – quattro incontri di lavoro e un seminario finale.
L’obiettivo principale degli incontri di lavoro era riflettere e
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fornire proposte concrete riguardo ai temi identificati nel primo
incontro:
- Il ruolo dei servizi e degli operatori professionali
all’interno di una struttura di intervento per la prima
infanzia;
- La composizione del gruppo di lavoro e la formazione
professionale;
- I cambiamenti del gruppo target dell’ECI;
- Gli strumenti utili a lavorare nel modo migliore con i
bambini e con le famiglie.
Le tre località elette a luogo degli incontri e delle visite di studio
sono state selezionate poiché rappresentano ottimi esempi
delle diverse modalità di attuazione di un modello di intervento
ecologico-sistemico – un noto approccio, sul piano teorico e
pratico, nel campo dell’ECI (per maggiori dettagli su questo
modello si prega di far riferimento agli ultimi capitoli). Inoltre,
queste tre località hanno dimostrato un legame diretto con il
lavoro di ricerca in itinere condotto dalle università locali. Ciò ha
permesso, agli Esperti coinvolti nel progetto, di discutere e
quindi di identificare le principali caratteristiche, gli elementi di
forza e le aree di attuazione in base alla situazione nazionale
dei paesi aderenti.
In generale, il progetto ha seguito quattro fasi, ognuna delle
quali ha contribuito alla preparazione di questo rapporto di
sintesi.
Fase Informativa: la raccolta dei contributi nazionali, compiuta
utilizzando un modello, concordato durante il primo incontro e
appositamente ideato per permettere la comparazione tra i
servizi e le provvidenze attualmente disponibili nei paesi
europei coinvolti. Agli Esperti è stato chiesto di:
- fornire informazioni sulle caratteristiche principali dei
servizi e/o delle provvidenze di sostegno post-natali esistenti
nei loro paesi;
- presentare un programma generale – un cosiddetto lifeline - che un bambino e la sua famiglia, in caso di necessità,
seguono fino al compimento dei 5 o 6 anni di età. Questo
programma doveva anche indicare il nome e il tipo di
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sostegno, identificare i servizi disponibili secondo l’età del
bambino, i responsabili del servizio e i commenti personali.
Fase di Scambio: lo scambio dei pareri e il dibattito si sono
dedicati ai temi concordati, importanti nel settore dell’ECI, e
all’esame dei tre esempi pratici: Monaco, Germania; Coimbra,
Portogallo; e Västerås, Svezia. Le tre città hanno dato la
possibilità di esaminare il modo in cui si attua l’intervento e di
rilevare le somiglianze e le differenze esistenti tra i servizi e le
provvidenze nei paesi coinvolti nel progetto. Il contributo dei
professionisti e delle famiglie, nelle città selezionate, ha
indubbiamente arricchito il dibattito generale.
Fase del dibattito: il dibattito sullo stato dell’arte dell’ECI e la
chiarificazione degli esiti degli incontri. È stata ampiamente
discussa una bozza di documento che ha raccolto i principali
risultati del dibattito tenuto nei primi tre incontri. Questa
importante fase ha contribuito alla preparazione del rapporto di
sintesi finale grazie ad un approfondito dibattito con gli Esperti e
con i Rappresentanti Nazionali dell’Agenzia su tutti gli aspetti
toccati da questa ricerca.
Fase della validazione: si è proceduto alla validazione dei
risultati attraverso un’aperta discussione tenuta al seminario
finale dal gruppo degli Esperti e dai partner esterni. Hanno
partecipato ai lavori genitori, professionisti, politici e ricercatori
coinvolti nel campo dell’ECI.
È importante rilevare che il termine intervento di sostegno per
la prima infanzia (indicato nel testo con la sigla E.C.I.) è stato
deliberatamente utilizzato in tutto il documento. Ciò al fine di
evitare qualunque incomprensione o confusione con il concetto
di pronto intervento. L’espressione “intervento di sostegno per i
bambini in età prescolare” si riferisce ad un’azione necessaria e
di sostegno da apportare a beneficio del bambino e della sua
famiglia il più presto possibile e in qualunque momento della
sua istruzione.
È necessario sottolineare con chiarezza che le azioni intraprese
nel contesto dell’ECI si rivolgono ai bambini, da zero a sei anni
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di età, che mostrano esigenze di interventi educativi di
sostegno.
Questo rapporto di sintesi è stato composto come segue. Il
Capitolo 1 presenta un breve excursus della struttura
concettuale dell’ECI. Questa sintesi è stata costruita partendo
dalle importanti pubblicazioni sul tema e descrive sia le
definizioni teoriche sia gli obiettivi principali.
Il Capitolo 2 illustra i risultati del progetto. Il progetto ha
interessato le opportunità e le organizzazioni di servizio dell’ECI
esistenti nei paesi partecipanti. Riporta, inoltre, i dibattiti sulle
tre località prese ad esempio. Partendo da questi dibattiti, sono
stati considerati una serie di aspetti chiave nel campo dell’ECI.
Questi aspetti sono al centro delle considerazioni e delle
proposte rivolte alle famiglie e ai professionisti.
Il Capitolo 3 enumera una serie di raccomandazioni dedicate
principalmente agli operatori del settore.
Questo documento può offrire soltanto una sintesi dei dibattiti,
delle informazioni e dello scambio d’esperienze avvenuto tra gli
Esperti nel corso del progetto. I Lettori interessati ad avere
maggiori informazioni sull’attuale situazione dei servizi ECI nei
paesi che hanno aderito al progetto, ulteriori dettagli sulle
persone con cui prendere contatto e riferimenti ad importanti
fonti bibliografiche, possono consultare l’area web dedicata al
progetto attiva sul sito dell’Agenzia Europea:
http://www.european-agency.org/eci/eci.html
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1. L’INTERVENTO DI SOSTEGNO PER I BAMBINI IN ETA’
PRESCOLARE: STRUTTURA CONCETTUALE
L’intervento di sostegno per la prima infanzia è un tema
importante a livello europeo. Rientra nelle aree tematiche
previste dal Programma Comunitario di Azione Helios II (19931996) e ha importanti riflessi sia sul piano educativo sia sulle
prospettive di riabilitazione. I risultati di entrambi i settori di
indagine hanno posto le basi del documento pubblicato
dall’Agenzia Europea per lo Sviluppo dell’Istruzione degli Alunni
Disabili (1998) dedicato allo stato di attuazione nei paesi
europei. Questi documenti, sulla scia del Manifesto (1991) di
Eurlyaid – l’Associazione Europea per l’Intervento Infantile – e
di altre importanti pubblicazioni, costituiscono un ottimo
panorama dello sviluppo del tema sul piano teorico, politico e
pratico.
I documenti europei e internazionali, pubblicati a partire dagli
ultimi trent’anni, affrontando i concetti, i principi e i metodi
dell’ECI, mostrano l’evoluzione delle idee e delle teorie. Gli
autori, partendo da diverse prospettive teoriche, hanno
contribuito all’evoluzione dei concetti e, di conseguenza, delle
pratiche attuative. Questi contributi possono essere sintetizzati
in due punti:
1. Hanno sviluppato un nuovo concetto di ECI in cui le scienze
mediche, pedagogiche e sociali, soprattutto la psicologia, sono
tutte parimenti coinvolte. Ciò risponde ad una nuova realtà
poiché, nel passato, questi settori erano invece separati e non
sempre considerati come collegati tra loro;
2. Gli autori hanno evidenziato il progredire del cambiamento e
il passaggio da un’azione mirata soprattutto al bambino ad un
intervento sempre più ampio, in cui il centro dell’attenzione non
si pone più soltanto sul bambino ma anche sul nucleo familiare
e sulla comunità sociale (Peterander et al, 1999; Blackman,
2003).
Il modo in cui le scienze umane e mediche si sono
progressivamente evolute nel corso degli ultimi anni, insieme ai
cambiamenti sociali, ha influenzato direttamente le teorie e i
metodi utilizzati oggi nel campo dell’ECI.
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La maggiore conoscenza sullo sviluppo cerebrale ha mostrato
l’importanza delle prime esperienze come un elemento decisivo
nella crescita e nello sviluppo dei processi neurali (Kotulak,
1996). Ugualmente, secondo Park & Peterson (2003), recenti
ricerche sullo sviluppo intellettivo sembrano confermare che
esperienze ricche e positive, vissute durante la prima infanzia,
possono avere effetti positivi sullo sviluppo intellettivo, aiutando
il bambino ad acquisire il linguaggio, a sviluppare le capacità
per la risoluzione di problemi, a creare sane relazioni con gli
altri e con gli adulti e ad acquisire diverse abilità che saranno
fondamentali per tutta la vita. Dalla nascita – addirittura dal
momento del concepimento – ai primi anni di vita, lo sviluppo
infantile non può essere paragonato a nessun altro stadio della
vita (Shonkiff, 2000). Tuttavia, come rileva quest’autore, lo
sviluppo
può
essere
seriamente
compromesso
da
‘disuguaglianze’ sociali ed emotive.
Altre ricerche e successivi dibattiti hanno indagato l’impatto
diretto e irreversibile dello sviluppo infantile su tutta la crescita
esistenziale, senza portare prove evidenti di rigidi e fissi
rapporti causa-effetto. Tuttavia, si dà per certo che ciò che
avviene durante i primi mesi e i primi anni di vita ha un effetto
maggiore rispetto ai successivi stadi dello sviluppo infantile:
Il problema non è che il danno infantile è irreversibile, perché le
opportunità mancate non possono più essere colmate in
seguito o perché i primi anni di vita lasciano un segno indelebile
in età adulta; il danno infantile può essere reversibile, alcune
opportunità perse possono essere recuperate in seguito e gli
esiti in età adulta non dipendono inesorabilmente dalle
esperienze infantili. Il problema è che il danno infantile può
seriamente compromettere le prospettive di vita del bambino.
La compensazione delle opportunità mancate spesso richiede
un esteso intervento, durante gli anni della crescita. I primi
processi neurali, se formati in un momento fragile o debole,
sono quelli sui quali si costruisce tutto lo sviluppo successivo
(Shonkoff & Phillips, 2000, pag. 384).
Diverse teorie, pedagogiche e psicologiche, hanno contribuito a
consolidare l’ampliamento dell’approccio dell’ECI: da teorie
fondate sulla dicotomia doti naturali/disciplina educativa, che
13
vede lo sviluppo infantile come un processo aperto (tabula rasa
in cui tutto è possibile e come frutto dell’influenza dell’adulto,
negativa o positiva che sia), ad un approccio più deterministico.
Le principali teorie sullo sviluppo infantile e i processi
d’apprendimento, come l’approccio evolutivo di Gesell (1943), il
condizionamento operativo di Skinner (1968) e l’epistemologia
genetica di Piaget (1969), hanno avuto una grande influenza
sull’impianto teorico dell’ECI. Un elemento comune, implicito,
riguardante le strategie educative e le possibilità per i bambini
molto piccoli con esigenze di sostegno, è l’attenzione sul
bambino e sui suoi limiti, considerati indipendenti dall'ambiente
in cui vive.
Successivi sviluppi, condotti da altri autori, hanno posto
l’accento su:
a) Il ruolo della famiglia e degli assistenti educativi nello
sviluppo del bambino - teoria del legame (Bowlby, 1980:
Ainsworth e altri, 1978);
b) L’impatto delle interazioni sociali – teoria dell’apprendimento
sociale (Bandura, 1977), teoria dello sviluppo sociale
(Vygotsky, 1978), il modello di comunicazione (Sameroff e
Chandler, 1975; Sameroff e Fiese, 2000);
c) L’influenza delle interazioni con gli altri e con l’ambiente sulla
crescita - l’ecologia umana (Bronfenbrenner, 1979).
Una nuova prospettiva – sebbene strettamente legata a queste
teorie appena menzionate – si basa su un approccio sistemicoecologico. Porter (2002) definisce quest’approccio come
un’osservazione dello sviluppo infantile nei seguenti modi:
Olistico: intendendo che tutte le aree dello sviluppo – cognitiva,
linguistica, fisica, sociale ed emotiva – sono collegate tra loro;
Dinamico: in base al principio del “vince il meglio” che afferma
che ‘al fine di facilitare il proprio percorso, lo sviluppo deve
alterarsi per rispondere ai cambiamenti delle esigenze
individuali’ (Horowits, 1987 citato da Porter, 2002, pag. 9);
Trans-attivo: secondo il modello di Sameroff e Chandlers
(1975), lo sviluppo è facilitato da un’interazione bi-direzionale e
reciproca tra il bambino e il suo ambiente. I risultati sul piano
evolutivo vanno letti come l’esito di un continuo e dinamico
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gioco tra il comportamento del bambino, le risposte dei tutori al
comportamento del bambino stesso e il contesto – variabili
relative che possono influenzare sia il bambino sia il tutore;
Singolare: la conoscenza o lo sviluppo sono singolari – gli
individui costruiscono da soli la loro unica prospettiva.
L’approccio ecologico-sistemico propone una metodologia di
analisi sistematica, cercando di capire e registrare cosa
succede al bambino e agli adolescenti riguardo alle loro
famiglie e nel contesto più ampio in cui vivono (Horwarth,
2000). Questo approccio, inoltre, interessa i modelli di sviluppo
del curriculum legati all’istruzione infantile.
Sposta l’accento educativo dal dire al bambino cosa dovrebbe
sapere ad un atteggiamento di ascolto e di risposta alla
ricchezza della sua vita reale (Porter, 2002, pag. 9).
Attualmente l’approccio ecologico-sistemico è molto diffuso e
può essere considerato un modello di riferimento in materia di
ECI. Ciò anche grazie ad un cambiamento degli obiettivi
dell’intervento che, da processo complesso, non può
interessare solo il bambino ma deve considerare anche il suo
ambiente circostante.
L’influenza del modello ecologico-sistemico è evidente anche
nel Programma statunitense Head Start, calibrato per
l’accoglienza dei neonati fino a 5 anni di età e delle loro
famiglie. Il programma, finanziato dal Dipartimento Federale dei
Servizi Umani e Sanitari, prevede il coinvolgimento dei settori
educativi, speciali e comuni, sanitari, sociali e delle famiglie.
Al fine di presentare i diversi aspetti dell’approccio ecologicosistemico, sono state selezionate le seguenti definizioni di
Intervento per la Prima Infanzia.
Guralnick (2001) definisce l’ECI come un sistema ideato a
sostegno degli elementi familiari di interazione che meglio
possono promuovere la crescita del bambino. Per Guralnick,
l’attenzione va posta sui rapporti genitori-figlio, sulle esperienze
15
del bambino guidate dalla famiglia e sull’aiuto ai genitori per
massimizzare lo sviluppo e il benessere del loro figlio.
Per Shonkloff & Meisels (2000), l’ECI consiste in servizi
multidisciplinari per il bambino, fino al compimento del quinto
anno di età. I principali obiettivi sono: promuovere la salute e il
benessere del bambino; favorire le competenze emergenti;
minimizzare le lacune della crescita; porre rimedio alle inabilità
esistenti o nascenti; prevenire il deterioramento funzionale;
promuovere l’adattamento familiare e tutoriale.
Blackman (2003) ritiene che “l’obiettivo dell’intervento di
sostegno per la prima infanzia è prevenire o minimizzare le
limitazioni fisiche, cognitive, emotive e intellettive dei bambini
che presentano fattori di rischio biologico o ambientale” (pag.
2). Questo autore evidenzia il ruolo chiave delle famiglie come
elemento decisivo del successo dell’azione di intervento.
Dunst (1985) definisce l’ECI come “il provvedimento di
sostegno (e le risorse assegnate) alle famiglie dei bambini in
età prescolare da parte di membri di reti di sostegno sociale
che lavorano, in via formale e informale, direttamente e
indirettamente sui genitori, sul nucleo familiare e sul bambino”
(pag. 179).
Trivette, Dunst & Deal (1997) sviluppano l’idea di ECI come
approccio in base alle risorse:
Insieme alle prassi di intervento per la prima infanzia
coesistono grandi aree concettualizzate primariamente in
termini di soluzioni per l’accoglienza delle esigenze del
bambino e della famiglia. In altre parole, i programmi di
intervento per la prima infanzia generalmente definiscono la
natura della loro relazione con i bambini e con le famiglie in
termini di offerta di servizi specifici rispetto ad altri programmi
umanitari (attraverso un coordinamento inter-agenzia). Questo
modo di concettualizzare le prassi di intervento è limitato e
limitante giacché non considera palesemente il valore del
sostegno in sè rispetto alle altre tipologie di servizio
professionale.
Al
contrario,
un
approccio
fondato
sull’accoglienza delle esigenze del bambino e della famiglia è
16
ampio e in espansione perché opera sulla mobilitazione di un
raggio di servizi di sostegno esistenti nella comunità. (pag. 73)
Nella struttura dell’analisi condotta dall’Agenzia, il gruppo di
Esperti ha proposto la seguente definizione operativa dell’ECI:
L’ECI è un complesso di servizi/provvidenze offerto ai bambini
in tenera età e le loro famiglie, su richiesta, entro un
determinato tempo riguardo all’età del bambino, che include
ogni azione da intraprendere quando il bambino manifesta
l’esigenza del sostegno al fine di:
• assicurare e garantire lo sviluppo personale del
bambino,
• rafforzare le competenze della famiglia
• promuovere l’integrazione sociale della famiglia e del
bambino.
Queste azioni possono essere erogate nell’ambiente naturale
del bambino, preferibilmente a livello locale, con un approccio
orientato alla famiglia e nel contesto di un lavoro
multidimensionale in team.
Un elemento importante, che ritorna nelle diverse definizioni, è
l’idea di prevenzione come parte dell’opera di intervento.
Simeonsson (1994) enumera tre livelli di prevenzione e di
intervento tenendo conto del momento di partenza dell’azione
di prevenzione:
La prevenzione primaria ha lo scopo di ridurre il numero di
nuovi casi di un determinato problema o di una certa condizione
nella popolazione (vale a dire l’incidenza di un dato fenomeno).
In questo caso si vuole ridurre il numero di nuovi casi attraverso
l’identificazione dei bambini a rischio. La prevenzione primaria
comprende le misure di prevenzione dei disordini o delle
circostanze che potrebbero condurre alla disabilità (WHO,
1980). La prevenzione primaria, secondo Mrazek e Haggerty
(1994), si riferisce a “interventi che avvengono prima del
verificarsi del disordine” (pag. 23). Queste azioni possono
essere: a) universali, come le misure sanitarie adottate per tutti
i bambini e le famiglie, ad es. i programmi di vaccinazione per
tutta la popolazione; b) selettive, rivolte ad un determinato
settore di popolazione, ad es. i gruppi a rischio; c) indicate per
17
una data popolazione, ad es. gli individui con un rischio
identificato.
La prevenzione secondaria intende ridurre il numero dei casi
esistenti di un identificato problema attraverso l’adozione di
azioni a seguito della verifica del problema, ma prima che
questo si sia sviluppato a pieno (prevalenza).
La prevenzione terziaria interviene a ridurre le complicazioni
associate ad una condizione precisa o ad un dato problema,
per limitare o ridurre gli effetti di un disordine o disabilità
attraverso misure che possono rispondere a problemi già
esistenti.
Questi tre livelli possono essere identificati in un contesto più
ampio secondo il modello di funzionamento e disabilità,
cosiddetto ‘bio-psico-sociale’, pubblicato dall’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS, ICF, 2001): secondo
quest’approccio, la prevenzione non può considerare soltanto lo
stato di salute di una persona; dovrebbe, anzi, valutare anche
l'ambiente sociale:
….il funzionamento di un individuo in uno specifico dominio
ambientale è un’interazione o una complessa relazione tra le
condizioni di salute e gli elementi del contesto (fattori ambientali
e personali). Esiste un’interazione dinamica tra queste entità: gli
interventi su un’entità hanno potenzialmente il potere di
modificare una o più entità (pag. 19).
Tenendo conto di tutte le caratteristiche e i principi che formano
le basi concettuali dell’ECI, due elementi in particolare danno
un carattere specifico al lavoro da condurre nel campo in
confronto alle altre fasi dell’istruzione di un bambino. Questi
elementi sono l’età del bambino e il carattere complesso e
composito del compito.
La combinazione di questi due fattori richiede:
• sforzi comuni da parte dei diversi professionisti dei
settori coinvolti;
• l’interazione degli interventi;
• la collaborazione tra tutti i servizi interessati;
• il diretto coinvolgimento e la partecipazione dei genitori
(e degli altri membri del nucleo familiare).
18
Solo l’efficiente combinazione dell’azione e dell’intervento
assicura buoni risultati in qualunque azione diretta al bambino.
Quest’ultima considerazione sposta l’attenzione sull’impatto
dell’ECI. Alcuni autori riportano che un valido intervento di
sostegno può essere un mezzo efficace per combattere
l’esclusione sociale o scolastica (Nicaise, 2000). Guralnick
(1997) nota che la ricerca condotta negli anni ‘70 “ha dimostrato
l’efficacia generale e la fattibilità dei programmi di intervento per
la prima infanzia per i bambini a rischio e anche per quelli affetti
da disabilità permanenti” (pag. xy). Ulteriori ricerche, secondo
quest’autore, dovranno determinare “quali sono gli interventi
che funzionano meglio, per chi, a quali condizioni, e a quale
fine” (Guralnick, 1997, pag. xvi).
I dibattiti tenuti durante gli incontri di lavoro del progetto hanno
chiarito che al fine di valutare l’impatto – l’efficacia - dell’ECI,
tutti gli attori coinvolti nell’opera di intervento devono essere
presi in considerazione:
- il bambino: il progresso compiuto e l’auto-percezione di
sè, ove possibile;
- la famiglia: il livello di soddisfazione della famiglia;
- i professionisti: il loro gradimento professionale e la loro
competenza;
- la comunità: il livello di soddisfazione, i benefici, il
rapporto costi/investimento, ecc.
La valutazione di tutti questi livelli va condotta al fine di
identificare gli indicatori di qualità del successo. Molto spesso,
le valutazioni esterne sono eccessivamente standardizzate,
impiegano troppo tempo, sono costose e legate a rigidi
indicatori di qualità.
Questa struttura concettuale ha posto le basi per le riflessioni e
i dibattiti tenuti durante la fase di analisi del progetto. Il
prossimo capitolo presenta le diverse tipologie di servizio ECI e
le opportunità esistenti nei paesi europei e le tematiche relative
alle loro principali caratteristiche e alle sfide da affrontare in
ambito nazionale.
19
2. PROGETTO “INTERVENTO PER LA PRIMA INFANZIA” –
L’ANALISI
2.1 I servizi attivi nei paesi europei
Questo
capitolo
presenta
una
sintesi
generale
dell’organizzazione, degli elementi principali e degli ostacoli
incontrati dai servizi ECI attivi nei paesi europei.
L’organizzazione del servizio di sostegno non risulta
omogenea tra i paesi europei coinvolti nell’analisi. Tuttavia, tutti
i paesi propongono servizi/provvidenze e sostegno ai bambini
di tenera età (dalla nascita in poi) e alle loro famiglie. Nei paesi
nordici, per esempio, i servizi sanitari mettono a disposizione
un’infermiera che visita a domicilio i bambini, a cadenza
regolare per un anno, aiutando e sostenendo i genitori nel loro
nuovo compito. Questo servizio può estendersi fino a due anni
e mezzo in alcuni casi, laddove siano stati diagnosticati
problemi in nuce. In altri paesi, il servizio di infermeria a
domicilio è disponibile solo in un secondo momento, dopo che il
rischio sia già stato individuato nel neonato.
Dopo la prima diagnosi, è possibile usufruire di diversi servizi.
In alcuni casi, la struttura di servizio può essere composta da
un team specializzato presso l’ospedale ma, in genere,
intervengono anche i servizi educativi e sociali.
È difficile, se non impossibile, riassumere la complessità
dell’organizzazione dei servizi e delle provvidenze esistenti nei
paesi europei senza tralasciare informazioni importanti. Chi
fosse interessato alle singole situazioni nazionali, può reperire
informazioni utili presso l’area web dedicata attiva sul sito
internet dell’Agenzia Europea:
http://www.european-agency.org/eci/eci.html
Malgrado l’eterogeneità dei servizi, vanno evidenziati alcuni
importanti fattori comuni:
20
Disponibilità: l’obiettivo comune a tutti i servizi ECI è
raggiungere i bambini e le famiglie bisognose di sostegno
quanto prima possibile. Questo obiettivo è una priorità nei paesi
a scarsa popolazione o con isolate aree rurali - è una priorità
generale di tutti paesi per compensare le differenze tra le aree
urbane e rurali in relazione alla disponibilità delle risorse e per
garantire che tutti i bambini e le famiglie richiedenti il sostegno
possano beneficiare della stessa qualità del servizio.
Prossimità 1: Quest’aspetto si lega primariamente al tentativo di
assicurare che la giusta fetta di popolazione riesca ad ottenere
il sostegno e, a tal fine, sono stati dedicati molti sforzi alla decentralizzazione dei servizi e delle provvidenze. Si cerca di
offrire il servizio di sostegno il più vicino possibile alle famiglie,
sia a livello locale sia comunitario. Negli ultimi 10-20 anni ci
sono stati progressi per aiutare le famiglie ad evitare il viaggio
necessario a raggiungere le strutture, spesso ubicate lontano
dalle loro case, e per permettere ai servizi di incontrare le
famiglie a domicilio o nelle loro comunità. In secondo luogo, la
prossimità richiama anche l’idea di offrire servizi che pongano
al centro dell’azione di intervento tutto il nucleo familiare. Una
chiara comprensione e il rispetto delle esigenze familiari è al
centro di ogni azione di intervento.
Affidabilità: In tutti i paesi 2, i servizi sono senza onere o ad un
costo accessibile alle famiglie. I servizi sono finanziati da fondi
pubblici destinati dalle autorità speciali, sanitarie o educative o
da compagnie di assicurazione e associazioni no-profit. Queste
opzioni possono coesistere o ne sono possibili altre. Inoltre, ma
solo in alcuni paesi, i servizi privati – non finanziati da fondi
pubblici e totalmente a carico delle famiglie – sono un’altra
opzione disponibile.
Il lavoro interdisciplinare: gli operatori responsabili del diretto
sostegno ai bambini e alle famiglie appartengono a diverse
1
Nel testo la parola prossimità ha un doppio significato: vicinanza di luogo e
alla persona.
2
Ciò richiede che sia i servizi pubblici che quelli privati siano finanziati con
fondi statali.
21
discipline (professioni) e di conseguenza a diversi contesti in
base all’ufficio da cui dipendono. Il lavoro interdisciplinare
facilita lo scambio di informazioni tra i membri del team.
Diversità dei servizi: questo elemento è strettamente collegato
alla diversità delle discipline coinvolte nell’ECI. Il coinvolgimento
di tre settori (sanitario, sociale ed educativo) è una caratteristica
comune a diversi paesi, ma allo stesso tempo costituisce anche
una delle principali differenze. Come già accennato nel Capitolo
1, la classificazione dei livelli di prevenzione di sanità pubblica
descrive il ruolo svolto dai servizi ECI (ad esempio, vedi Mrazek
e Haggerty, 1994; Simeonsson, 1994). La prevenzione primaria
implica l’adozione di azioni volte a ridurre i disordini o i problemi
nella popolazione. La prevenzione secondaria interviene a
diminuire il numero dei casi esistenti di un determinato
problema. La prevenzione terziaria opera sulla riduzione delle
complicazioni sorte a seguito di un determinato disordine o
problema. La prevenzione primaria di solito è garantita dai
servizi sanitari e dai servizi sociali e educativi. In alcuni casi, si
attua attraverso un regolare monitoraggio, sociale e sanitario,
delle gestanti o attraverso lo screening dello sviluppo dei
neonati nei centri ospedalieri o negli enti locali sanitari e
educativi. Tutti questi servizi assicurano un primo screening
generale, seguito dalla valutazione dei bisogni riferita
soprattutto alla popolazione a rischio biologico o sociale.
Questa valutazione è il primo passo verso ulteriori interventi da
parte di altri servizi o di altri professionisti.
Le differenze e le problematiche esistenti in ambito nazionale
sembrano collegarsi soprattutto all’erogazione del servizio di
sostegno. Di seguito è stato schematizzato un breve panorama
delle differenze e delle somiglianze. Queste sono state
raggruppate in quattro domande:
1. Quando inizia l’intervento di sostegno?
Questo quesito rimanda direttamente alla diagnosi, alla
valutazione e al referto. Come già accennato in precedenza, in
tutti i paesi coinvolti nel progetto i servizi sanitari sono il
principale ente responsabile di questi primi tre passi costitutivi
della prevenzione primaria, anche se sono già intervenuti i
22
servizi sociali ed educativi. Tutti i paesi concordano
sull’importanza di ‘agire’ il prima possibile e di assicurare la
continuità del processo. Le difficoltà emergono quando si
verifica un notevole gap tra diagnosi, valutazione e referto.
Questi ‘strappi’ nell’iter del processo possono essere causati da
molte ragioni: tardiva individuazione del problema, soprattutto in
caso di carenze di natura psicologica o sociale; problematiche
che possono essere difficili da individuare attraverso un
monitoraggio medico; scarso coordinamento tra i servizi e/o il
team. Anche se ci sono stati grandi progressi, persiste la
tendenza ad utilizzare una politica temporeggiatrice di fronte a
problematiche meno vistose – soprattutto attinenti alla sfera
sociale e psicologica – che possono portare importanti
conseguenze nei successivi stadi della crescita.
2. Quanto dura l’intervento di sostegno?
Contrariamente al Nord America, in cui l’ECI concerne la fascia
di età da zero a tre anni, nei paesi europei la durata
dell’intervento è variabile. Di base, il sostegno è garantito al
bambino e alle famiglie fino all’ingresso nel sistema scolastico,
quando il bambino passa sotto l’intera responsabilità dei servizi
di sostegno educativi. In alcuni paesi, ciò coincide con l’inizio
dell’istruzione obbligatoria. Tuttavia, non sembra che ci sia una
strategia chiara per questa fase di transizione e i professionisti
del team ECI avvertono spesso l’esigenza di andare oltre il loro
dovere di ufficio per compensare lo scarso coordinamento tra i
settori sanitari ed educativi o per far fronte alla scarsa
disponibilità di risorse.
3. Chi è responsabile?
Nei paesi europei esiste un’ampia tipologia di servizi e
provvidenze. La diversità può essere un vantaggio alla luce di
una prospettiva economica: maggiori sono le opportunità di
scelta a disposizione delle famiglie e migliori saranno le scelte
adottate. Tuttavia, ciò non sembra corrispondere alla realtà: le
famiglie, in molti casi, hanno difficoltà ad identificare il giusto
canale per il loro figlio; non sempre è disponibile una chiara
informazione multi-prospettica. Appare chiaro che le numerose
tipologie di servizio ECI a disposizione della scelta dell’utente
dia prova di una reale necessità della popolazione, tuttavia la
23
proliferazione dei servizi sembra sia stata più una risposta alle
esigenze immediate o alle urgenze piuttosto che frutto di una
politica di programmazione.
In tutti i paesi coinvolti nel progetto esistono, con le dovute
differenze, centri ECI. Ad eccezione dei paesi del Nord Europa,
in cui i servizi sanitari, sociali ed educativi condividono il
processo dell’intervento in ambito locale.
Una tendenza comune, emersa dallo studio delle realtà
nazionali, è la necessità di adattare i compiti ed il lavoro degli
operatori in base alle esigenze e ai desideri della famiglia,
anche se esistono servizi e provvidenze già strutturati. Il lavoro
dei professionisti, con e dentro il nucleo familiare, è tanto
necessario quanto gradito dalla famiglia. Comunque, i
professionisti lavorano anche, su richiesta, nei settori educativi
che il bambino dovrà frequentare (centri di accoglienza
giornaliera, asili nido, ecc.) o nei centri speciali, nei centri di
servizio o in altre tipologie di strutture educative.
4. Che cosa bisogna fare?
Il prossimo paragrafo descrive in dettaglio questo aspetto
operativo. Tuttavia, va segnalato dal principio il fatto che
persiste una dicotomia tra l’approccio medico e quello sociale,
rispetto all’intervento di sostegno, nei diversi paesi europei.
2.2 Gli aspetti chiave
Gli incontri di lavoro organizzati durante il progetto hanno dato
l’opportunità di discutere molti aspetti importanti dell’ECI:
i gruppi target: il tipo di popolazione su cui operano i gruppi di
lavoro e/o i servizi ECI, i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni
circa l’età e le caratteristiche dei bambini e le condizioni in cui si
eroga e si riceve l’intervento di sostegno;
il gruppo di lavoro: gli operatori coinvolti nell’ECI, il loro ruolo e
la responsabilità e la partecipazione specifica dei servizi
educativi;
la formazione professionale: iniziale e specialistica per i
professionisti del settore;
24
gli strumenti di lavoro: la stesura di un piano specifico di
sostegno familiare o di un documento equivalente e la sua
realizzazione pratica.
È giusto premettere che nessuno di questi elementi cita
espressamente il coinvolgimento della famiglia poiché l’attiva
partecipazione dei genitori si dà per scontata come condizione
essenziale in ogni aspetto del processo di intervento. I genitori
devono agire come co-partners dei professionisti, al fine di
rafforzare, ove se ne riscontra l’esigenza, la loro competenza e
autonomia e, insieme con i professionisti, rispondere alle
esigenze del bambino. Inoltre, anche se l’attenzione non si
pone direttamente sui genitori, non va sottovalutato neanche il
ruolo importante e il sostegno degli altri membri del nucleo
familiare. Alla luce di quanto detto, il prossimo paragrafo
presenta i risultati degli incontri tenuti nel corso del progetto.
2.2.1 I gruppi target
Gli incontri-dibattito hanno cercato di identificare la fascia di
popolazione su cui operano i servizi ECI: i neonati che
presentano fattori di rischio biologico o sociale e le loro famiglie.
I seguenti punti illustrano il parere degli Esperti.
L’aumento del numero di bambini che presenta problematiche
di natura psicologica o socioemotiva non spiega se ciò è dovuto
ad un ampliamento di questi problemi o ad un cambiamento
avvenuto nella consapevolezza dei genitori. Alcuni genitori
potrebbero essere ansiosi, meglio informati e più sensibili alla
crescita del loro bambino rispetto al passato e di conseguenza
più pronti a richiedere aiuto e sostegno.
C’è un’attenzione maggiore verso la popolazione ‘a rischio’, in
senso ampio, come soggetto dell’intervento di sostegno - nella
maggior parte dei paesi coinvolti nel progetto, un bambino, per
ricevere il sostegno, deve sottoporsi a visita diagnostica.
Rientrare in una categoria ‘a rischio’ non è condizione
sufficiente a ricevere iI sostegno. L’azione preventiva, rivolta
alla popolazione a rischio, è compito di altri servizi. I servizi
ECI, invece, devono assicurare il monitoraggio sistematico e la
cura dei bambini (soprattutto in caso di rischio biologico) o della
25
famiglia (principalmente in caso di rischio sociale). In molti casi,
un’opera di consulenza ai genitori rende superflua ogni azione
di intervento. I fattori di rischio in se non sono condizione
dell’intervento se le misure di protezione sono presenti e
agiscono a favore del bambino e della famiglia. Il ruolo difficile
dei servizi di prevenzione va chiarito al fine di essere rinforzato:
il loro compito è intervenire nella prevenzione di ulteriori
difficoltà (il che non è semplice) ed essere consci dei rischi
legati alla politica del temporeggiamento.
In alcuni paesi, la richiesta e l’approvazione dei genitori è
indispensabile e prerequisito assoluto a qualunque tipo di
intervento - ma il rispetto delle decisioni dei genitori può
presentare il rischio di escludere alcuni bambini bisognosi di
sostegno o ritardare l’inizio dell’intervento in conseguenza di
una mancante o non efficace coordinazione delle fasi di
prevenzione, informazione e diagnosi.
2.2.2 Il gruppo di lavoro
Il punto di partenza del dibattito sull’organizzazione del servizio
ECI è stato l’accresciuto coinvolgimento dei settori educativi
nell’azione di intervento, nella composizione del gruppo di
lavoro e nell’organizzazione del servizio.
Attualmente, nei paesi in cui il servizio ECI è disponibile,
l’organizzazione dei servizi – come già detto nella prima parte
di questo capitolo – è abbastanza variegata, ma è sempre
presente un approccio interdisciplinare sia nei modelli sociali
sia medici. I servizi e le provvidenze vanno da una semplice
‘giustapposizione’ professionale ad una reale formazione di
gruppi di lavoro che operano utilizzando approcci sistemiciecologici.
La creazione di un gruppo di lavoro non è un compito facile.
Richiede due elementi principali: il lavoro interdisciplinare e la
cooperazione. Secondo la definizione di Golin & Ducanis
(1981), il gruppo multidisciplinare condivide e coordina le
informazioni. I compiti sono assolti individualmente, in base alle
competenze dei membri del team. Le informazioni sono
condivise ed utilizzate per permettere ad ogni membro di
26
completare il compito assegnato (Golin & Ducanis). Le decisioni
si assumono collegialmente. Il numero dei membri non è
importante; questo dipende dalle esigenze del bambino e della
famiglia.
Cooperazione significa, innanzi tutto, lavorare con la famiglia
come partner essenziale pienamente coinvolto per tutto il
processo. Significa, inoltre, lavorare con gli altri membri del
gruppo e gli altri servizi o le altre reti dei settori sanitari,
educativi e sociali. Implica anche la condivisione di concetti e
teorie e la dimostrazione di un atteggiamento aperto e
rispettoso verso le famiglie e i colleghi.
Il tempo serve a consolidare questi due elementi. I membri del
team devono condividere principi teorici e obiettivi operativi per
assicurare il coordinamento interno e con i servizi esterni. Due
elementi sembrano favorire questo processo di costruzione del
team: la nomina di una persona chiave che agisce come ‘tutor
del caso’ e la formazione in servizio, cui è stato dedicato il
paragrafo seguente.
2.2.3 La formazione professionale
Tenendo presente che gli operatori coinvolti nel campo dell’ECI
provengono da diverse aree e possono non aver mai lavorato
insieme, è essenziale chiarire il tipo di formazione di cui
necessitano per cooperare tra loro. Nel corso dei dibattiti del
progetto, è emerso che andrebbe posta un’attenzione speciale
sull’opportunità di offrire maggiori opzioni formative nei seguenti
modi:
Formazione Iniziale: la formazione di professionisti di diversi
settori dovrebbe trattare diffusamente un’ampia gamma di
argomenti comuni, in modo che tutti gli operatori possano avere
una conoscenza complementare. La formazione relativa ad
aspetti quali il rapporto con le famiglie, il lavoro in gruppo, lo
sviluppo infantile ecc. dovrebbe rientrare, per coloro che
intendono lavorare in strutture sanitarie, sociali ed educative,
nelle tematiche coperte dalla formazione iniziale. Il prerequisito
è ricevere una buona formazione di base nei rispettivi campi di
azione. Sebbene alcune conoscenze specifiche siano spesso
27
un vantaggio, raramente è disponibile nei paesi oggetti di studio
del progetto. Fanno eccezione i Paesi Bassi, la Germania e il
Lussemburgo in cui la formazione iniziale di educatori sociali e
di settori specifici, di pedagogisti e di psicologi, prevede anche
tematiche specifiche relative all’ECI.
Formazione Successiva: anche se il lavoro nel settore dell’ECI
è piuttosto complesso, non sembra ci sia esigenza di creare un
nuovo tipo di figura professionale ex-novo per il profilo
necessario ad operare nel campo. Questo assunto non
contrasta con quanto detto finora sui principi chiave dell’ECI,
come ad esempio l’assunzione di un approccio interdisciplinare
e collettivo di lavoro. Ma i professionisti che operano nel settore
seguono alcune tipologie di formazione al fine di sviluppare
un’esperienza culturale condivisa. Ciò è vero quando si parla di
corsi post lauream – come i Master – o di formazione
specialistica in diversi programmi offerti dalle università o dalle
istituzioni educative superiori. Questa formazione può anche
assumere la forma di corsi di formazione specifica organizzati
dalle università su richiesta dei gruppi ECI.
Prendendo in considerazione l’azione che ci si aspetta che gli
operatori andranno ad intraprendere, la formazione in servizio
dovrebbe toccare le seguenti aree:
- conoscenza di base dello sviluppo infantile, con o senza
disabilità, e delle tematiche legate all’intervento sulla
famiglia e informazioni teoriche;
- conoscenza specifica delle ultime ricerche nel campo
dell’ECI, le diagnosi, i metodi di lavoro, ecc;
- competenze personali su tutti gli aspetti inerenti al lavoro
con le famiglie; il lavoro in gruppo; la cooperazione tra i
servizi e lo sviluppo di abilità personali come la
riflessione, la comunicazione delle competenze e le
strategie di risoluzione dei problemi.
Formazione in Servizio (FIS): è cruciale in questo settore
perché serve a compensare le lacune della formazione iniziale
e ad accogliere le esigenze formative dei professionisti del
settore. Va organizzata per gruppi, con incontri settimanali, in
modo che possa permettere ai professionisti di:
28
-
organizzare il dibattito per ‘casi’;
condividere conoscenze e strategie di lavoro;
acquisire la conoscenza specifica offerta da
professionisti esterni;
discutere la gestione dei casi attraverso l’utilizzo di
esperti esterni e interni al gruppo di lavoro;
assicurare la supervisione esterna;
sviluppare le competenze personali.
Tutti questi elementi intendono migliorare il lavoro di gruppo e
la qualità del servizio al pubblico. Quando la formazione
acquista un carattere ‘informale’ risolve le esigenze
professionali nell’immediato – e ciò ne attesta il valore – ma
presenta alcuni svantaggi. Spesso non è riconosciuta dalle
autorità in termini di orario di lavoro e si incentra soprattutto
sulla pratica, sui problemi quotidiani e meno su una riflessione
più ampia sull’ECI e sui suoi obiettivi, le strategie e i metodi di
lavoro ecc. Ciò potrebbe condurre ad una situazione in cui la
responsabilità delle iniziative di formazione gravi solamente sul
singolo.
Maggiori informazioni sui corsi e la formazione post lauream in
diversi paesi europei è disponibile on line presso l’area web:
http://www.european-agency.org/eci/eci.html
2.2.4 Gli strumenti di lavoro
Su questo tema sono stati discussi due aspetti: la valutazione e
la stesura di un piano individuale.
La valutazione richiede un processo orientato. Si verifica alla
prima identificazione del problema e determina il tipo di
intervento necessario in modo dinamico, insieme alla famiglia,
secondo il seguente schema:
Individuazione
del problema
Valutazione
delle necessità
Formulazione
degli obiettivi
Pianificazione
Conclusione del
processo
Valutazione
Intervento
29
La diagnosi fa parte del processo di valutazione e si colloca
all’inizio del processo. La valutazione esamina la situazione del
bambino e della famiglia in un momento specifico al fine di
evidenziare le necessità e i punti di forza. Al mutare di questa
situazione, la valutazione va nuovamente rivista. I risultati della
valutazione non vanno letti come statici o permanenti – questo
può influenzare le aspettative e le percezioni degli operatori e
delle famiglie. La diagnosi serve a formulare gli obiettivi, a
pianificare e a determinare il tipo di intervento da realizzare e
poi valutare in seguito. La valutazione finale stabilirà se
concludere il processo o procedere ad una nuova fase
rivalutando le esigenze. È necessario sottolineare che il
coinvolgimento delle famiglie è fondamentale. La famiglia gioca
un ruolo attivo per tutto l’iter del processo.
È importante anche garantire che tutte le fasi del processo
siano completate senza interruzioni. Guralnick (2001) considera
la valutazione – globale e interdisciplinare – come una
componente vitale del modello a sistema di sviluppo che
permette ai professionisti di ottenere informazioni essenziali sui
bambini affetti da patologie permanenti o sospette e che facilita
la stesura di ulteriori piani e raccomandazioni. Guralnick esorta
gli operatori, in caso di difficoltà, a procedere immediatamente
con un intervento preliminare, anche prima che sia completato il
processo di valutazione e diagnosi e il loro esito informativo.
La valutazione è una fase essenziale per rafforzare la
cooperazione tra i genitori e i professionisti attraverso la stesura
di un Piano Individuale o un Piano Individuale di Servizio alla
Famiglia (IFSP).
Nei paesi europei coinvolti nel progetto, esistono diverse
tipologie di documento, ma possono anche riferirsi ad elementi
diversi. In alcuni casi, il Piano Familiare si stila insieme alla
famiglia come un ‘contratto concordato’ che concerne sia
l’azione da intraprendere sia i risultati da valutare. In altri casi si
stilano diversi piani con la famiglia, secondo il servizio
coinvolto. In altri casi, non c’è un vero e proprio piano, ma le
famiglie sono costantemente informate da parte degli operatori
30
professionali. In altri casi ancora, il piano
principalmente il bambino rispetto alla famiglia.
riguarda
Comunque sia denominato, un piano rivolto alle famiglie e
stilato in loro presenza è cruciale per garantire la
partecipazione di tutto il nucleo familiare, il rispetto delle
esigenze familiari, chiarire le priorità e le aspettative.
Il fatto che l’organizzazione del servizio di intervento e la durata
dell’azione stessa siano diversi tra i paesi europei porta un
elemento positivo di flessibilità nella preparazione di questo
documento. Il piano non è sempre soggetto a limiti ed è
suscettibile di modifiche in base alla situazione specifica sia da
parte dei servizi che erogano il sostegno sia su iniziativa della
famiglia. Anche se la famiglia è considerata come il titolare
della prestazione e del documento. Questo serve ad assicurare
la riservatezza delle informazioni, evitare ripetizioni inutili in altri
documenti simili prodotti da servizi diversi e a dedicare
maggiore tempo alle famiglie e al bambino.
Questo documento facilita, inoltre, il passaggio da una forma di
servizio ad un altro, soprattutto nel settore educativo. Quando
un bambino entra nel sistema scolastico, al Piano Familiare
segue un Piano Educativo Individuale dedicato al bambino e ai
suoi bisogni educativi.
Tutti gli elementi presentati in questo capitolo saranno illustrati
attraverso la descrizione delle tre località prese ad esempio per
il progetto e riportate in sintesi di seguito.
2.3 Tre esempi di ECI
Questo paragrafo presenta tre esempi di realizzazione pratica
dell’intervento di sostegno: a Monaco, a Coimbra e a
Västerås. Le visite di studio a queste tre città, lo scambio delle
informazioni e gli incontri aperti con i professionisti e con le
persone direttamente interessate (una madre a Västerås)
hanno offerto l’opportunità di arricchire il dibattito generale ed
esaminare l’applicazione pratica dei principi teorici dell’ECI.
31
Il motivo per cui si intende presentare una breve sintesi di
questi esempi è la possibilità che possano suscitare interesse
in altri operatori, permettendo un confronto con la loro realtà
professionale, nella speranza che siano da incentivo ad ulteriori
riflessioni. Queste sintesi non vanno comunque lette come una
forma di valutazione o di giudizio delle migliori pratiche – ciò
andrebbe contro i propositi di questa pubblicazione.
Seguono brevi interviste, tenute nei paesi ospitanti presso i
centri di servizio ECI – Germania, Portogallo e Svezia insieme alle descrizioni delle principali caratteristiche
dell’intervento di sostegno per i bambini in età prescolare nei tre
paesi menzionati. Al termine del paragrafo sono state
identificate una serie di somiglianze e differenze tra le strutture
oggetto delle visite di studio.
2.3.1 Le principali caratteristiche
Le informazioni presentate nei paragrafi seguenti derivano dal
lavoro svolto dai ricercatori nei tre paesi coinvolti. Il testo in
corsivo indica le citazioni dirette tratte dalle pubblicazioni
mentre il resto del testo è un sunto del lavoro dei ricercatori.
Le informazioni su Monaco, Germania, sono tratte da Franz
Peterander (2003); per Coimbra, Portogallo, gli autori di
riferimento sono Bairrão, Felgueiras e Chaves de Almeida
(1999) e Felgueiras e Breia (2004); per Västerås, Svezia, da
Björk-Akesson e Granlund (2003).
Monaco (Germania)
In Germania, oltre 1000 istituti erogano l’intervento di sostegno
a bambini disabili in età prescolare. Questi centri sono finanziati
soprattutto dalle maggiori associazioni di beneficenza come la
Caritas,
Diakonie,
Paritätischer
Wohlfahrtsverband
e
Lebenshilfe. Il sistema varia secondo lo stato federale. Esistono
diverse strutture, più sistemi di finanziamento e varie
facilitazioni. Il sistema prevede centri interdisciplinari dedicati
all’ECI, centri socio-pediatrici, asili nido speciali, centri
‘heilpedagoigic’, centri di consulenza alle famiglie ed educativi.
Nel 1973, il rapporto “Diagnosi Precoce e Primo Intervento per i
Bambini Disabili” di Otto Speck, commissionato dall’Ente
32
dell’Istruzione tedesco, ha posto le basi per la creazione di un
ampio sistema di intervento infantile a struttura interdisciplinare,
all’inizio nella sola Baviera. Alla Regione fu dato il compito di
creare centri di intervento dedicati alla prima infanzia a modello
interdisciplinare e orientato alla famiglia.
In Baviera, il 4% dei bambini con più di tre anni di età ha
bisogno di intervento di sostegno. Ad un’indagine del 2002
risultano 123 centri regionali che offrono una rete ben collegata,
facilmente raggiungibile; nessun centro supera la distanza di
10km dalla famiglia. Il trattamento interessa 25.000 neonati e
infanti di cui il 50% è ospite dei centri e il 50% riceve l’intervento
di sostegno a domicilio da gruppi mobili. I bambini che ricevono
l’intervento sono affetti da più tipologie di disabilità. L’età media
dei pazienti è 3-4 anni. Approssimativamente il 14% sono
immigrati (oltre il 25% nelle aree urbane).
Il trattamento è calibrato in base alle esigenze individuali e
comprende una o due sessioni a settimana per due anni. In
media lavorano costantemente insieme in un gruppo ECI circa
11 terapisti di diversi settori professionali. Di media, lo staff
resta in un centro dai 5 ai 7 anni, ciò significa che i gruppi
competenti possono svilupparsi. Il lavoro di gruppo è essenziale
per il successo dell’intervento in tenera età. Tutte le componenti
professionali si completano a vicenda. Tale cooperazione tra gli
esperti richiede uno scambio di pareri e di idee sul singolo
caso; un accordo sui temi base, sui valori, sugli obiettivi, sui
campi specialistici e sui problemi organizzativi.
L’intervento di sostegno per la prima infanzia è un servizio
gratuito e aperto a tutti. I centri ricevono il finanziamento per far
fronte a richieste di uno o due sessioni settimanali, la
cooperazione con i genitori, il gruppo di lavoro interdisciplinare
e la collaborazione con partner esterni. L’intervento è finanziato
da diversi enti: autorità comunali; assicurazioni sanitarie; dal
Ministero dell’Istruzione bavarese e dal Ministero Bavarese
degli Affari Sociali…
…La diagnosi e l’intervento riguardano esclusivamente le
necessità del bambino e il suo ambiente. Grazie ad un
33
passaggio da un paradigma orientato al deficit e al bambino ad
un approccio olistico orientato alla famiglia, l’intervento per la
prima infanzia non segue un curriculum standard. Il
cambiamento delle concezioni teoriche si è riflesso anche nei
principi che guidano la pratica. Gli specialisti basano i loro
trattamenti su una combinazione dei principi e degli indicatori
che hanno dato prova di successo e su idee teoriche e
concettuali (come l’approccio olistico, l’orientamento alla
famiglia, lo spostamento in ambito regionale, il gruppo di lavoro
interdisciplinare, il lavoro in rete e l’integrazione sociale)…
…in Baviera e in alcuni Länder, gli specialisti dell’intervento
possono rivolgersi al ‘Arbeitsstelle Frühförderung’ per la
consultazione e l’aiuto su temi specifici. La Baviera è stato il
primo stato a fondare questi ‘Arbeitsstelle’, nel 1975, insieme
ad un dipartimento pedagogico e medico in cui ogni membro
dello staff lavora a stretto contatto con altri professionisti di
diversi settori. Lo scopo comune è: ampliare la conoscenza
dell’intervento per la prima infanzia; aiutare a migliorare il lavoro
pratico; promuovere lo scambio e la discussione tra i diversi
centri ECI; migliorare la qualità del lavoro e il carattere
interdisciplinare. Da questo punto di vista, gli ‘Arbeitsstelle’
offrono, tra l’altro, un’ampia e varia selezione di opportunità per
la formazione in servizio e servizi di consulenza individuale per i
centri attivi nel territorio bavarese. (Peterander, 2003, pag. 302)
Coimbra (Portogallo)
In Portogallo, fino agli anni ’80, i bambini disabili in età
prescolare erano presi in cura dai Servizi di Sicurezza Sociale e
Sanitaria; il coinvolgimento del Ministero dell’istruzione era
limitato.
Malgrado il crescente riconoscimento dell’esigenza della
creazione di servizi specifici per neonati disabili, il livello di cura
previsto era molto basso. Le rare iniziative sul campo erano
centrate principalmente sulla diagnosi e sulla terapia medica
del bambino, sulla falsariga del modello prevalentemente
medico applicato ai bambini in età scolare. Le famiglie
potevano ottenere sostegno finanziario o alcuni servizi per la
salute mentale.
34
Dalla fine degli anni ’80 agli inizi degli anni ’90, comincia una
nuova fase dell’Intervento di Sostegno per i Bambini in Età
prescolare (ECI) in Portogallo. Emersero alcune esperienze di
cura innovative specifiche per bambini disabili o a rischio nei
primi anni di vita. Il progetto Coimbra Intervento per l’Infanzia
(PIIP), basato su una collaborazione tra i servizi dei settori della
sicurezza sociale, sanitaria ed educativa, e il Progetto Sportello
Intervento Infantile a Lisbona sono considerati come i progetti
che maggiormente hanno influenzato lo sviluppo del servizio
ECI in tutto il paese. Questi progetti hanno avuto un ruolo
importante nell’offrire ai professionisti formazione in servizio
specifica sull’ECI.
In questa fase, lo “Sportello per i Genitori” è stato un risultato
importante e ha avuto un’influenza positiva. La struttura ha
introdotto alcuni elementi innovativi, diffondendo un modello
centrato sul domicilio, in partenariato con i genitori; pianificando
obiettivi e strategie di intervento individualizzato; un sistema di
organizzazione delle risorse esistenti (a piramide); la
collaborazione interdisciplinare tra i servizi e un percorso di
formazione in servizio e supervisione dei visitatori a domicilio.
Si potrebbe dire che lo sviluppo dell’ECI in Portogallo sia stato
un processo “al contrario” di cui i politici hanno
progressivamente preso coscienza. Effettivamente, l’azione
intrapresa sul campo dai professionisti, a livello locale, ha avuto
un ruolo guida nello sviluppo del servizio ECI. Nello sforzo di
ottenere il massimo beneficio dalle scarse e insufficienti risorse
disponibili, attraverso la collaborazione tra i servizi e la richiesta
di fonti di finanziamento di programmi comunitari esistenti al
tempo, comparvero in tutto il paese iniziative denominate
“Progetti Integrati per l’ECI”.
Allo stesso tempo, il Ministero dell’Istruzione definì
progressivamente l’adozione di misure di sostegno per bambini
disabili dalla nascita fino a 6 anni di età. Nello specifico, il
Ministero dell’Istruzione stabilì, nel 1997, il meccanismo
attraverso cui sono destinate le risorse e il sostegno finanziario
ai progetti ECI locali, sulla base di una collaborazione tra i
35
servizi di sostegno educativi e le istituzioni educative private
specifiche per l’handicap.
In Portogallo, la formazione in servizio proposta da diverse
organizzazioni non universitarie ha avuto – ed ancora mantiene
– un ruolo importante per quanto attiene le qualifiche dei
professionisti ECI. Generalmente, le diverse modalità di
formazione sono orientate secondo prospettive teoriche e
pratiche, sulla scia del modello nordamericano e della rispettiva
normativa in vigore. Fanno parte della formazione alcuni temi
cruciali che possono favorire il passaggio dei professionisti da
una prassi tradizionale ad un intervento più efficace basato
sull’evidenza del fatto:
- da modelli strutturati sul bambino e sui suoi deficit ad un
intervento integrativo erogato nel contesto naturale del
bambino;
- da un intervento monodisciplinare, frammentato e
parallelo (con terapie isolate) da parte di diversi
professionisti ad un lavoro di gruppo interdisciplinare e
ad una collaborazione integrata tra servizi e
partecipazione;
- da modelli “assistenziali” ad un modello multipotenziato e
ad una pratica centrata su nucleo familiare visto come
un’unità del gruppo di intervento.
L’influenza dei modelli di sviluppo ecologico (Bronfenbrenner,
1979, 1998) e transattivo (Sameroff & Chandler, 1975;
Sameroff & Fiese, 1990) ha diretto l’organizzazione del servizio
ECI verso un sistema di collaborazione tra servizi allo scopo di
adottare programmi sempre più ampi in cui la partecipazione
della famiglia e della comunità giocano un ruolo chiave.
Nel 1999 fu creata una normativa dedicata esclusivamente
all’ECI (Regolamento Esecutivo Comune nr. 891/99). Questa
normativa reca le “Linee guida all’organizzazione dei servizi di
intervento per i bambini disabili o a rischio di gravi carenze nella
crescita in età prescolare e guida alle loro famiglie”. È stato un
passo importante verso il riconoscimento e l’identità dell’ECI.
36
Questa normativa definisce l’ECI come una misura di sostegno
integrato, calibrata sul bambino e sulla famiglia, intrapresa
attraverso mezzi di prevenzione e azioni di riabilitazione,
nominalmente inserita nei settori educativi, sanitari e sociali, al
fine di:
a) Assicurare la protezione delle condizioni che possono
sostenere lo sviluppo di un bambino disabile o a rischio
di gravi carenze dello sviluppo;
b) Aumentare il potenziale per migliorare le interazioni con
le famiglie;
c) Rafforzare le competenze della famiglia e svilupparne la
progressiva abilità e autonomia per affrontare l’emergere
dei problemi legati alla disabilità.
All’inizio fu creata un’apposita commissione politica e
governativa. Furono stabilite l’organizzazione del sistema di
finanziamento e di assegnazione delle risorse umane, il
coordinamento tra i settori interessati e la collaborazione statoprivato. I settori educativi, sanitari e della sicurezza sociale
condividevano la responsabilità comune della formazione dei
gruppi diretti di intervento a livello regionale, dei gruppi
distrettuali di coordinamento e di un gruppo nazionale
interdipartimentale.
Anche se negli ultimi anni sono stati raggiunti importanti
traguardi, oggi, in Portogallo, i servizi ECI affrontano importanti
sfide e richiedono sforzi comuni per:
- aumentare la fascia di età che rientra nel servizio, per
includere i bambini da 0 a 2 anni;
- migliorare la prima diagnosi e il referto;
- rendere la prassi interdisciplinare più consistente e più
attenta alla famiglia;
- migliorare la qualità e le opportunità di formazione
professionale;
- dare maggiore testimonianza del valore dell’ECI e della
sua sostenibilità attraverso i politici, i professionisti e la
comunità sociale.
Le qualifiche professionali, i risultati della ricerca e la
valutazione dei processi di intervento di sostegno per i bambini
37
e le famiglie sono cruciali per l’evoluzione e la qualità del
servizio ECI in Portogallo.
Västerås (Svezia)
La filosofia svedese sull’infanzia considera questa fase della
crescita come un periodo unico nella vita dell’essere umano.
L’infanzia ha il suo proprio valore e non è semplicemente un
periodo di preparazione alla vita adulta. Quindi, un attività
importante per l’educatore postnatale è creare le possibilità di
gioco.
I municipi (in tutto 289) sono responsabili dei servizi di base per
tutti i cittadini, compresi gli asili nido, le scuole e i servizi sociali.
La Svezia si divide in regioni con 20 contee governate da
Consigli di Contea responsabili per le cure dentali e sanitarie,
gratuite per tutti fino al compimento della maggiore età.
Il servizio ECI può essere definito come una misura di sostegno
per bambini disabili, dalla nascita fino all’ingresso nel sistema
scolastico che avviene all’età di 6 o 7 anni. I servizi di intervento
si rivolgono ai bambini nel loro ambiente familiare e sociale più
prossimo. La Comunità e i Consigli di Contea sono entrambi
responsabili del servizio e si differenziano in base agli obiettivi e
ai gruppi di riferimento.
Sul piano della prevenzione primaria, la Comunità ha la
responsabilità base del benessere di tutti i bambini e le famiglie
e assicura condizioni di vita accettabili a tutti. Ad un secondo
livello, la Comunità è responsabile dell’intervento prescolastico
e dell’attuazione di programmi di cura infantile. Ad un terzo
livello, la Comunità è responsabile della creazione di un
ambiente salutare per i bambini e le famiglie. Al Consiglio di
Contea si richiede di fornire servizi sanitari e medici legati al
primo livello di prevenzione, per tutti i bambini e le famiglie,
tramite i Servizi Sanitari Pediatrici (CHS). Con il cambiamento
delle condizioni di vita, l’interesse del CHS è passato da
programmi
di
monitoraggio
e
vaccinazione,
che
comprendevano
anche
un’opera
sulle
problematiche
psicosomatiche e socioemotive, sulla trasformazione del ruolo
38
della famiglia e il sostegno delle famiglie immigrate. Fanno
parte di questo servizio i gruppi e l’istruzione dei genitori.
Una prospettiva calibrata sulla famiglia implica che l’intervento
si realizzi nelle realtà naturali, nella vita quotidiana. Quindi,
l’intervento per la prima infanzia in Svezia è primariamente
realizzato in uno dei contesti naturali del bambino, nel nucleo
familiare e/o nella comunità di base, negli asili nido/prescuola.
La Comunità e i Consigli di Contea erogano questi servizi. La
responsabilità della Comunità include l’intervento specifico nel
prescuola o negli ambienti di cura infantile e familiare,
l’assistenza personale e la cura dei bambini identificati come
‘portatori di handicap’ e delle loro famiglie. Il Consiglio di
Contea è responsabile dell’erogazione di servizi a bambini
identificati come ‘portatori di handicap’ presso i Centri di
Riabilitazione Infantile (CHC).
La filosofia ufficiale della Svezia, riguardo al sostegno ai
bambini disabili, si basa su una prospettiva che risponde alla
Classificazione Internazionale di Funzionamento e Disabilità
delle Nazioni Unite (WHO, 2001). Nella Classificazione
Internazionale, gli aspetti della salute individuale e i fattori legati
alla salubrità dell’ambiente sono classificati in dimensioni legate
al funzionamento del corpo umano e delle strutture corporali,
all’attività, alla partecipazione e ai fattori ambientali.
La Classificazione Internazionale può essere utilizzata per
descrivere l’organizzazione delle strutture di servizio di
sostegno ai bambini in Svezia. I servizi forniti dai Consigli di
Contea sono primariamente rivolti alle funzioni corporali (CHS)
e alla performance delle attività (CHC). Se un bambino è
identificato come ‘portatore di handicap di natura fisica’ fa
riferimento ai servizi medici infantili del CHS. Qui, il bambino e
la famiglia incontrano gli operatori sanitari all’interno di una
organizzazione a modello medico e specifica per le funzioni del
corpo umano, ad es. clinica oculistica, medicina interna o
reparto ortopedico. Se, invece, un bambino è a sviluppo non
ottimale, in quanto non svolge le attività come si prevede, fa
riferimento al CHC. I servizi di riabilitazione sono rivolti ai
39
bambini disabili e alle loro famiglie e operano attraverso un
‘vivo dialogo’ tra utenti e professionisti.
Presso i CHC, un gruppo interdisciplinare raccoglie i campi
medici, educativi, psicologici e sociali in collaborazione con il
bambino e la famiglia. Gli esperti della Comunità sono spesso
organizzati secondo il ruolo o in base al sistema che intendono
utilizzare come metodo del sostegno, ad es. sostegno familiare,
consulenza prescolastica. A seguito dell’identificazione del
problema sono coinvolti nell’erogazione del servizio ai bambini
disabili molti esperti, provenienti da diverse organizzazioni. Un
tema chiave, in rapporto ai bambini, è come coordinare le
raccomandazioni e i servizi degli esperti utilizzando diverse
prospettive mediche nell’intervento di sostegno e operando in
diversi sistemi.
2.3.2 Somiglianze e differenze
Le informazioni generali messe a disposizione dagli Esperti
Nazionali di progetto, brevemente sintetizzate di seguito, e i
dibattiti tenuti con gli operatori nelle tre località oggetto di visita
di studio, hanno evidenziato alcune somiglianze e differenze tra
questi tre esempi.
Lo stesso modello teorico: questi tre esempi fondano la prassi
operativa sui principi del modello ecologico-sistemico e
condividono alcuni elementi comuni:
- gli stessi principi applicati ad un approccio orientato alla
famiglia, concetti socialmente orientati, servizi erogati in
base alla vicinanza al luogo di abitazione della famiglia e
lavoro di gruppo;
- i servizi sono gratuiti per le famiglie;
- alta priorità è assegnata alla formazione professionale e
diverse tipologie di formazione in servizio impegnano
tutti i membri del team;
- c’è un alto livello di compartecipazione e i professionisti
dimostrano competenza, è presente una positiva
percezione del lavoro di gruppo;
- prevale un clima positivo e una comune condivisione
degli obiettivi operativi.
40
Diverse modalità di attuazione: il modello ecologico è stato
realizzato in modi diversi, a seconda delle caratteristiche
nazionali. Le differenze descritte di seguito sono evidenti in
vario modo, in base alla località degli esempi.
Un centro ECI, solido e ricco di esperienza, a Monaco,
rappresenta una rete consolidata di centri ECI in Baviera.
Questo sistema di erogazione del servizio attraverso ‘centri
specialistici’ si basa su una rete di professionisti del settore
stabile ed altamente qualificata. Esistono molti centri, finanziati
da diversi uffici e dipartimenti.
Diverse fonti di finanziamento possono costituire un problema,
dato che è necessario assicurare agli operatori il possesso di
una conoscenza adeguata di tutte le risorse esistenti. È
importante anche assicurare una collaborazione produttiva per
sostenere le famiglie e offrire le risorse necessarie secondo i
principi enucleati nel modello ecologico.
A Coimbra, un gruppo di progetto altamente qualificato
provvede al sostegno tramite un sistema di ‘interagenzia’.
Questo sistema si basa sull’accordo e la cooperazione tra i
dipartimenti locali e regionali – sanità, servizi sociali e istruzione
– responsabili del finanziamento dei servizi assegnando i
professionisti richiesti.
Questo sistema assicura una razionalizzazione efficiente ed un
buon utilizzo delle risorse esistenti assicurando un’alta priorità
alle famiglie socialmente svantaggiate.
Il buon coordinamento tra le diverse ‘agenzie’ coinvolte a tutti i
livelli (locale, regionale e nazionale) è una sfida significativa –
se manca un anello della catena, l’erogazione del servizio
diventa vulnerabile sia sul piano professionale sia finanziario.
La stabilità della composizione dei gruppi di intervento è un
altro problema di questo tipo di sistema.
Diversi professionisti dei Centri di Risorsa Comunitari a
Västerås operano per il sostegno prescolastico dei bambini (a
partire da 1 anno di età) e dei loro genitori. Questo tipo di
41
erogazione ‘locale e decentralizzato’ si basa su un sistema
sociale che offre alle famiglie importanti benefici sociali.
Questo sistema sembra funzionare e si basa chiaramente sulla
competenza dei professionisti e sull’economia sanitaria della
contea.
Vanno considerate anche alcune aree sensibili. Queste si
collegano principalmente all’esigenza di coordinamento e
cooperazione tra i servizi e i professionisti in ambito locale e
della Contea e ad un’ampia formazione sullo sviluppo infantile
degli operatori coinvolti.
Il punto finale, legato ai tre esempi, è che da tutti emerge
l’aumento dell’impatto dell’immigrazione sui servizi ECI. Questo
è un segnale positivo che testimonia che i cambiamenti sociali
avvenuti nella società europea influenzano la pratica
quotidiana.
42
3. RACCOMANDAZIONI
Le seguenti raccomandazioni si basano sul principio che
l’intervento di sostegno per i bambini in età prescolare è un
diritto di tutti i bambini e di tutte le famiglie. Partendo dai risultati
dell’analisi presentata nei capitoli precedenti, emergono molti
elementi che vanno appropriatamente studiati. Le seguenti
raccomandazioni intendono aiutare i professionisti ad acquisire
adeguate strategie di attuazione di questi importanti elementi
ed ad evitare gli ostacoli esistenti – a beneficio dei bambini e
delle famiglie. Queste raccomandazioni, frutto degli incontri di
progetto, sebbene siano principalmente rivolte agli operatori del
settore, sono interessanti anche per i politici.
I cinque elementi menzionati nel Capitolo 2 sono di seguito
presentati insieme ad una lista non esaustiva di
raccomandazioni che puntano all’adozione di prassi di
intervento di successo.
3.1 Disponibilità
Per assicurare che il servizio di sostegno raggiunga, il prima
possibile, tutti i bambini e la famiglie in necessità, si
propongono le seguenti raccomandazioni.
L’esistenza di misure politiche specifiche per l’ECI: a livello
locale, regionale e nazionale, le misure politiche dovrebbero
affermare il servizio ECI come un diritto dei bambini e delle
famiglie. Le politiche ECI dovrebbero garantire che l’azione di
sostegno sia intrapresa in comune, dai professionisti insieme
alle famiglie, attraverso la definizione di criteri di valutazione e
qualità del servizio erogato. Tenendo conto della diversa
situazione nazionale dei paesi europei, tre temi richiedono
particolare attenzione:
1. Le famiglie e gli operatori devono avere misure politiche
di riferimento che siano attentamente coordinate in
termini di strategie di attuazione, obiettivi, mezzi e
risultati;
43
2. Le misure politiche dovrebbero avere lo scopo di
sostenere e assicurare il coordinamento dei settori
educativi, sociali e sanitari. Vanno evitate misure
sovrapposte o contraddittorie nei e tra i servizi;
3. Le misure politiche dovrebbero includere lo sviluppo di
centri di sostegno ECI in ambito locale e nazionale, che
agiscano come legame tra il livello politico, il piano
professionale e gli utenti.
Disponibilità dell’informazione: a livello locale, regionale e
nazionale e alle famiglie e ai professionisti dovrebbe essere
diffusa una pronta informazione chiara, precisa e ampia sui
servizi e le provvidenze ECI. Un’attenzione speciale va posta
sull’uso di un linguaggio preciso ma accessibile. Nel caso di
famiglie provenienti da diversi contesti culturali, andrebbe
utilizzata la lingua di elezione al fine di evitare di escluderle
dall’accesso ad ogni rilevante informazione.
Chiara definizione dei gruppi target: I politici sono titolari a
stabilire i criteri di eleggibilità al servizio ECI, ma i professionisti
dovrebbero cooperare in un ruolo consultivo. I centri, le
provvidenze, i gruppi di lavoro ECI dovrebbero essere delimitati
per gruppi target, in base alle priorità stabilite a livello locale,
regionale e/o nazionale. Le contraddizioni tra i livelli potrebbero
causare distorsioni e, di conseguenza, i bambini e la famiglie
potrebbero non ottenere il sostegno o non essere in grado di
accedere ad adeguate risorse.
3.2 Prossimità 3
Per garantire che i servizi e le provvidenze ECI siano
geograficamente il più vicino possibile alle famiglie e che il
centro dell’azione di sostegno sia tutto il nucleo familiare, è
importante tenere in considerazione i seguenti aspetti.
3
In questo documento la parola ‘prossimità’ ha un doppio significato:
vicinanza al luogo e alla persona.
44
Decentralizzazione dei servizi/provvidenze: i servizi e/o le
provvidenze ECI dovrebbero collocarsi il più vicino possibile alle
famiglie al fine di:
- facilitare una migliore conoscenza delle condizioni
dell’ambiente sociale delle famiglia;
- assicurare la stessa qualità del servizio malgrado le
differenze dovute alla collocazione geografica (ad es.
aree scarsamente popolate o aree rurali);
- evitare sovrapposizioni, percorsi irrilevanti o inutili.
Accogliere le esigenze delle famiglie e dei bambini: i servizi
e le provvidenze dovrebbero compiere lo sforzo necessario al
fine di raggiungere le famiglie e i bambini ed accoglierne le
necessità. Ciò implica che:
- le famiglie hanno il diritto di essere ben informate dal
momento in cui si identifica l’esigenza del sostegno;
- le famiglie hanno il diritto di decidere, insieme con i
professionisti, i passi da intraprendere;
- l’ECI non può essere imposto alle famiglie ma dovrebbe
garantire il diritto del bambino ad essere protetto. I diritti
dei bambini e delle famiglie devono convergere;
- le famiglie e gli operatori devono condividere la
comprensione del senso e del beneficio del tipo di
intervento raccomandato alle famiglie e al bambino;
- la stesura di un documento scritto (come un Piano
Individuale, un Piano Individuale di Servizio Familiare o
simile), preparato dai professionisti insieme alle famiglie,
facilita la trasparenza e l’accordo comune sul processo
di intervento: la pianificazione, la formulazione degli
obiettivi e le responsabilità, la valutazione dei risultati;
- le famiglie dovrebbero ricevere una formazione, a
richiesta, che potrebbe aiutarle ad avere la competenza
e la conoscenza necessaria e facilitare l’interazione con i
professionisti e con il bambino.
3.3 Affidabilità
Per assicurare che i servizi e le provvidenze ECI raggiungano
tutte le famiglie e i bambini richiedenti il sostegno, anche se
45
provenienti da diversi contesti socio-economici, è necessario
garantire la gratuità del servizio alle famiglie. Ciò implica che
i fondi pubblici dovrebbero coprire tutti i costi legati
all’erogazione del servizio attraverso enti pubblici, compagnie di
assicurazione, organizzazioni no profit ecc. assolvendo i
requisiti di qualità affermati nelle rispettive legislazioni nazionali.
Nel caso in cui coesista l’opportunità di rivolgersi a servizi
privati, a totale onere delle famiglie, finanziati da fondi pubblici,
devono essere garantiti gli standard di qualità definiti dalla
legislazione nazionale.
3.4 Lavoro Interdisciplinare
I servizi di sostegno per la prima infanzia coinvolgono
professionisti di diversi settori e ambienti. Per un lavoro di
gruppo di qualità, si suggeriscono le seguenti raccomandazioni.
La cooperazione con le famiglie4: in qualità di partner
principale degli operatori, questa cooperazione dovrebbe
essere garantita tenendo conto che:
- I professionisti devono cooperare e avere un
atteggiamento rispettoso e aperto verso la famiglia in
modo da comprenderne le esigenze e le aspettative ed
evitare l’emergere di qualunque conflitto sulle diverse
prospettive delle esigenze e delle priorità, senza imporre
il proprio punto di vista;
- I professionisti dovrebbero organizzare incontri al fine di
discutere i diversi punti di vista con i genitori e insieme
stabilire un documento scritto, concordato, denominato
Piano Individuale o simile;
- Un Piano Individuale (o un documento simile) dovrebbe
presentare il piano concordato attestante l’intervento da
condurre, gli obiettivi, le strategie, le responsabilità e le
procedure di valutazione. Questo documento concordato
4
Il termine ‘cooperazione’, nel testo, indica le famiglie e i professionisti che
lavorano insieme, offrendo la propria esperienza e amalgamando i propri
sforzi e le proprie responsabilità.
46
dovrebbe
essere
regolarmente
sottoposto
valutazione delle famiglie e dei professionisti.
alla
Costruzione del Team: malgrado i diversi contesti culturali,
dovuti alla diversa formazione disciplinare, i professionisti dei
gruppi ECI devono lavorare in modo interdisciplinare, prima e
durante lo svolgimento dei loro compiti. Devono condividere i
principi, gli obiettivi e le strategie di lavoro. I diversi approcci
vanno integrati e coordinati, rinforzando un approccio globale
ed olistico, piuttosto che uno a compartimenti. Un’attenzione
speciale dovrebbe riguardare i sottoindicati aspetti:
- le informazioni vanno condivise al fine di consentire ai
membri del team di completarsi a vicenda in base alle
competenze e alle capacità individuali;
- le decisioni vanno adottate dal gruppo sulla base di un
dibattito e di un accordo comune;
- va nominata una persona preposta a coordinare tutte le
azioni necessarie, assicurare un contatto costante con la
famiglia ed evitare molti contatti inutili e unilaterali tra i
servizi e la famiglia. La persona nominata dovrebbe
fungere da riferimento per la famiglia e il gruppo
professionale. Dovrebbe essere nominata secondo le
competenze richieste dalla situazione specifica;
- I professionisti devono sapere come lavorare insieme.
Dovrebbero essere organizzate alcune tipologie di
formazione in servizio che possano permettere la
condivisione di una conoscenza di base comune sullo
sviluppo infantile; una conoscenza specialistica sui
metodi di lavoro, la valutazione ecc. e le competenze
personali su come lavorare con le famiglie, in gruppo,
con altri servizi e come sviluppare le abilità personali.
Stabilità dei membri del team: la composizione dei gruppi
dovrebbe essere stabile il più possibile per facilitare il processo
di costruzione del team e garantire risultati di qualità.
Cambiamenti frequenti e ingiustificati potrebbero incidere sulla
qualità del sostegno e sul lavoro di gruppo e la formazione.
47
3.5 Diversità
Si propongono le seguenti raccomandazioni per permettere che
i servizi sanitari, educativi e sociali condividano la
responsabilità dell’intervento.
Adeguato coordinamento tra i settori: la varietà dei settori
coinvolti dovrebbe garantire l’adempimento di tutti i livelli di
prevenzione attraverso l’adozione di misure operative adeguate
e coordinate. Ciò implica che:
- I servizi sanitari, educativi e sociali vanno coinvolti nella
diagnosi e nel referto al fine di evitare lacune o ‘vuoti’
significativi che potrebbero influenzare il successivo
processo di intervento, come ad es. le liste di attesa in
caso di superlavoro dei servizi o dei gruppi;
- Le procedure di screening della crescita vanno rivolte a
tutti i bambini. Devono essere ben conosciute e
sistematicamente attuate;
- Un monitoraggio continuo, la consulenza e le procedure
di prosieguo vanno proposte a tutte le gestanti.
Adeguato
coordinamento
del
servizio:
un
buon
coordinamento è necessario per garantire il migliore uso delle
risorse della comunità. Buon coordinamento significa che:
- I servizi dovrebbero assicurare la continuità del sostegno
richiesto quando il bambino passa da un professionista
all’altro. Le famiglie e il bambino dovrebbero essere
pienamente coinvolti e sostenuti;
- I settori prescolastici assegnare un posto libero ai
bambini provenienti dai servizi ECI.
Come accennato in precedenza, queste raccomandazioni sono
pensate soprattutto per gli operatori professionali o per coloro
che intendono lavorare nel settore, ma possono interessare
anche i politici. Ciò perché sarebbe opportuno condurre una
regolare valutazione dell’impatto delle politiche ECI al fine di
promuovere il dibattito e stimolare la ricerca nel campo. Le
politiche specifiche per i bambini in età prescolare sono la
comune responsabilità delle famiglie, dei professionisti e dei
politici a livello locale, regionale e nazionale.
48
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