Capitolo 20 Strategie e strutture organizzative

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Capitolo 20 Strategie e strutture organizzative
Capitolo 20
Strategie e strutture organizzative
Obiettivi
del capitolo
spiegare perché e come le strutture organizzative evolvono
descrivere le principali forme organizzative e la loro compatibilità con i
vari tipi di strategia
discutere i vantaggi e gli svantaggi di ciascuna delle principali forme organizzative
valutare l’efficacia dei meccanismi di integrazione e di coordinamento
Il caso: ASEA Brown Boveri (ABB)
La più grande fusione cross-border realizzata
in Europa fu decisa nel 1987 tra ASEA (Svezia) e Brown Boveri (Svizzera). Fu creato un
nuovo Gruppo presente in 140 nazioni con 180
mila dipendenti, con vendite superiori ai 18
miliardi di dollari (all’epoca) e con dimensioni
che superavano di oltre il 50% quella di ogni
altro rivale: Siemens, Itachi, General Electric.
Il CEO di ASEA, Barnevik, così descrisse gli
obiettivi della fusione: «La strategia di ASEA
è basata sullo sviluppo attraverso i volumi di
produzione, con particolare impegno nelle nicchie in cui abbiamo un vantaggio competitivo
o possiamo dominare il mercato. I nostri obiettivi di lungo termine sono molto ambiziosi:
crescere ogni anno del 10%, per metà attraverso l’acquisizione di nuove imprese. Ciò comporta una strategia di espansione internazionale basata su investimenti in R&S con obiettivi
di lungo termine, gestione ottimale delle risorse finanziarie, aumento del turnover del capitale e decentramento dell’organizzazione».
La struttura organizzativa di ABB seguiva la
struttura a matrice sviluppata in precedenza in
ASEA e poiché anche Brown Boveri aveva
una struttura a matrice molto simile, ciò favorì
l’unificazione. Si voleva creare un’impresa
fortemente decentrata, capace di rispondere
rapidamente a specifiche esigenze dei clienti.
A pochi anni dalla fusione, ABB era divisa in
800 imprese e ulteriormente suddivisa in 4.000
centri di profitto. Barnevik commentava: «Non
soltanto questa struttura spinge verso il basso
responsabilità e autorità, ma aumenta anche la
flessibilità e accorcia le distanze rispetto al
cliente».
Ancora oggi, ciascuna delle 800 società operative è controllata da una matrice articolata in
due dimensioni: per prodotto (product management) e per area geografica (geographic
management).
Product management. La maggior parte dei
business di ABB è raggruppata in quattro segmenti: power plants, power transmission,
power distribution e industrial equiment. Ciascun segmento comprende da cinque a otto
business area, ognuna diretta su base mondiale
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Le strategie di business unit
da un business area manager . Il nucleo centrale di tale responsabilità è costruire e sviluppare una strategia di prodotto su base mondiale,
il che significa stabilire: quali prodotti realizzare, dove produrli, dove venderli e a quali
prezzi.
Il tipo e il grado di integrazione globale varia
notevolmente. Certe aree di prodotto, come le
installazioni elettriche, sono in gran parte business locali, sebbene vi sia spazio per applicare
standard globali in materia di sicurezza, organizzazione del lavoro e logistica; in altre aree,
come nella produzione di turbine e sistemi di
trasmissione dell’energia, il business è inevitabilmente globale e ciò comporta la capacità di
unire le risorse dell’intero Gruppo per competere partendo da una posizione più forte (vincendo le gare d’appalto per aggiudicarsi contratti «chiavi in mano»).
Questa dimensione della matrice ha il compito
di coordinare i processi produttivi. Ad esempio,
nel segmento power transmission ABB opera
con 44 impianti di produzione in 28 Paesi e il
business area manager deve coordinare la produzione di più impianti situati in più Paesi al
fine di realizzare le migliori economie di scala.
Geographic management. ABB ha produzioni che possiamo definire «politicamente
sensibili». Ciò significa che sebbene la struttura organizzativa ottimale sia quella per prodotto (su base globale), ABB preferisce una
struttura di tipo multinazionale. Nei principali mercati i fattori politici hanno un peso
determinante nell’ottenere contratti, perciò il
Gruppo ha stabilimenti di produzione nei
principali Paesi in cui vende e soltanto il 30%
della produzione attraversa confini nazionali.
Non è dunque una sorpresa se ABB ha avuto
un successo relativo in mercati come quelli di
Francia e Gran Bretagna, in cui detiene unità
produttive modeste.
Spunti di analisi
• Per quali motivi ASEA e Brown Boveri
avevano strutture organizzative simili?
• Esistono rapporti tra la struttura della competizione in un settore e la struttura organizzativa più efficiente per le imprese che operano in tale settore?
20.1 Strategie e strutture: progettare la struttura organizzativa
a sostegno della strategia
Dopo avere elaborato una strategia, l’impresa deve stabilire quale struttura organizzativa sia in grado di realizzarla nel modo più efficiente, creando al tempo stesso un vantaggio competitivo sostenibile a lungo. L’argomento è stato ampiamente
trattato negli studi di «strategie e strutture» e «progettazione della struttura organizzativa».
È stato dimostrato che le persone agiscono, con maggiore o minore motivazione,
anche in rapporto alla struttura organizzativa in cui operano, il che spiega i forti legami fra strategie e strutture.
Una struttura organizzativa dovrebbe avere almeno tre requisiti:
a) anticipare l’evoluzione del settore e dell’ambiente (sviluppo dei mercati, progresso tecnologico, tendenze nella distribuzione);
b) essere adatta alle scelte strategiche dell’impresa e alla sua posizione nell’ambiente competitivo;
c) essere adatta alla cultura dell’organizzazione, alle capacità distintive della stessa
e anche alle personalità dei manager di vertice.
Strategie e strutture organizzative
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Nella scelta della struttura organizzativa in rapporto alle strategie sorgono tre problemi principali:
• Chi, con quale professionalità e capacità svilupperà il piano strategico?
• Quali attività si dovranno svolgere per realizzare il piano strategico? Quali attività sono cruciali nella realizzazione della strategia, e come questa può essere realizzata?
• Quali sono i criteri per progettare la struttura organizzativa più adeguata alle strategie scelte?
Chi e con quali capacità
Nella realizzazione del piano strategico sono coinvolti più gruppi di persone con
capacità professionali molto diverse: responsabili della produzione, della R&S, del
marketing, della gestione delle risorse umane e delle altre unità contribuiscono al
piano con le loro differenti specializzazioni.
La logica vorrebbe che alla formulazione delle strategie partecipasse un’ampia
cerchia di collaboratori, ma la realtà è diversa. Infatti, la maggior parte di coloro che
hanno un peso determinante nel realizzare le strategie partecipano in misura modesta
alle fasi di ideazione e pianificazione e ciò è spesso un errore. La struttura dell’organizzazione dovrebbe invece essere tale da integrare l’attività dei pochi che hanno la
responsabilità di tracciare le strategie con quella dei molti che devono attuarle, integrando anche le differenti specializzazioni.
Occorre dunque un disegno generale – talvolta indicato con l’espressione macrostruttura – che riguardi l’intera impresa e tanti disegni specifici quante sono le funzioni (finanza, marketing, R&S, gestione delle risorse umane). Il tutto in rapporto
agli obiettivi: se il marketing deve essere rapido nel rispondere alle esigenze del
cliente, l’organizzazione deve essere in grado di sostenere adeguatamente questo
obiettivo.
Quali attività
Alle persone che hanno la responsabilità di realizzare le strategie vengono assegnate
attività molto varie che corrispondono ad altrettanti ruoli chiave della struttura organizzativa e del controllo. Per sostenere in modo adeguato le strategie scelte, la struttura deve chiaramente definire ruoli, responsabilità e autorità; coordinare le varie
attività e motivare le persone al raggiungimento degli obiettivi loro assegnati. In altre
parole, deve creare sinergie.
Definire ruoli, responsabilità e autorità
Secondo un principio fondamentale, se più persone hanno determinati obiettivi da
raggiungere, per migliorare la loro efficacia e la loro efficienza – come singoli e
come gruppo – occorre individuare le specializzazioni più rilevanti (in rapporto agli
obiettivi fissati) e assegnarle a gruppi distinti, definendo con precisione ruoli e relative responsabilità. Come sappiamo, queste attività specializzate prendono oggi il
nome di funzioni (finanza, marketing, R&S). Per creare valore, ogni funzione deve
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Le strategie di business unit
avere una struttura tale da favorire lo sviluppo delle capacità professionali delle varie
persone che la compongono e stimolare la specializzazione e la produttività.
Coordinare le attività
Quanto più i gruppi di lavoro aumentano la propria specializzazione, tanto più tendono a concentrarsi esclusivamente sui propri obiettivi (parziali rispetto al complesso) e
trascurano di coordinare le proprie attività con quelle delle altre funzioni. Occorre
dunque coordinare le varie attività – opportunamente formalizzate in programmi,
budget e procedure – nel modo più efficace, al fine di creare e sostenere i vantaggi
competitivi dell’impresa.
Ad esempio, chi opera nella produzione è portato a concentrare ogni sforzo sui
modi di produrre (tecnologie), su come aumentare l’efficienza e come ridurre i costi.
Il rischio è che non abbia una comunicazione sufficiente con chi ha la responsabilità
di ideare nuovi prodotti e con chi si occupa di individuare le opportunità offerte dalle
nuove esigenze dei potenziali compratori. Eppure, le innovazioni nei processi produttivi possono aprire nuovi mercati a nuovi prodotti.
Un obiettivo fondamentale della struttura organizzativa è dunque fare in modo che
ogni gruppo di lavoro dia il meglio delle proprie capacità e al tempo stesso venga coordinato con altri gruppi di lavoro. Se ad esempio la strategia è basata sull’innovazione,
la struttura organizzativa dovrà facilitare al massimo il coordinamento della R&S, dove
le idee nascono e hanno un primo sviluppo, con la produzione e il marketing.
Motivare le persone
Quanto più è complessa l’attività di un’impresa, tanto più forte è la spinta a introdurre livelli gerarchici. Aumentando i livelli, però, per le persone dell’organizzazione
diventa sempre più difficile legare la propria attività a un risultato; dato che la loro
attività è sottoposta all’autorità di altri, spesso tendono a rifiutare il rischio e preferiscono appiattirsi sulla pura esecuzione. Pertanto, oltre ad aumentare i costi burocratici derivanti dal tempo dedicato al coordinamento di attività varie collocate in livelli
diversi, l’impresa rischia di perdere almeno in parte il contributo di innovazione e
professionalità dei collaboratori. Occorre dunque escogitare forme di organizzazione
che diano e mantengano adeguate motivazioni ai collaboratori. Motivare è uno degli
obiettivi principali della struttura organizzativa.
Sinergie
Tra business unit (SBU) o tra divisioni di un’impresa o tra imprese di un gruppo possono emergere sinergie. Ciò avviene quando il return on investment (ROI) che si
ottiene dalla gestione unitaria – delle SBU, delle divisioni o delle imprese del gruppo
– è maggiore di quello che si avrebbe attraverso una gestione separata. Il risultato è
maggiore della somma delle parti.
Ansoff (19XX?) ha indicato quattro tipi di sinergie:
• sinergie di marketing, che emergono dalla gestione in comune (per più prodotti e
servizi) dei canali della distribuzione, della forza vendita, dei magazzini, dei piani
di promozione e di pubblicità;
• sinergie operative, derivanti dalla maggiore utilizzazione di macchinari, attrezzature, impianti, personale (che rappresenta spesso un costo fisso), dalla ripartizione dei costi fissi su base più ampia, dalle economie di scala negli acquisti;
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• sinergie degli investimenti, date dall’uso congiunto di impianti, dalla gestione dei
magazzini e delle scorte, dal trasferimento di innovazioni tra prodotti, dall’accesso a fonti di capitale;
• sinergie di management, che emergono quando si devono affrontare nuovi problemi simili a quelli già affrontati in passato, che possono essere gestiti con le
capacità esistenti e sulla base delle esperienze accumulate.
Quali criteri
Le variabili che agiscono nella scelta della struttura organizzativa sono molte e, nell’impossibilità di ricordarle tutte in questa sede, sembra utile partire dalla constatazione che la struttura di ogni impresa deve essere costruita su tre dimensioni:
• prodotto o servizio;
• area geografica;
• funzioni.
Anche le soluzioni per combinare nel migliore dei modi le tre dimensioni sono varie.
Per trovarle, chi progetta la struttura organizzativa muove da alcuni principi o criteri
che è necessario ricordare brevemente.
Livelli dell’organizzazione
Immaginando di poter individuare nella struttura organizzativa figure che hanno
responsabilità e autorità simili, possiamo distinguere più livelli gerarchici, con il
massimo di autorità e responsabilità al vertice della struttura e il minimo alla base.
Le scelte fondamentali da attuare sono due:
• numero di livelli gerarchici;
• ampiezza del controllo (numero di subordinati per ciascun responsabile).
Le due scelte sono complementari e offrono due alternative estreme: da un lato le
strutture piatte o orizzontali, con pochi livelli gerarchici e con capi che hanno la
responsabilità di coordinare molti collaboratori; dall’altro le strutture alte o verticali
con molti livelli e con capi che coordinano le attività di pochi.
La struttura avrà un numero di livelli in rapporto alla strategia adottata. Ad esempio, le imprese che debbono rispondere rapidamente alle nuove esigenze del mercato, e che affidano al personale front-line la percezione del cambiamento e il contatto
con i clienti, adottano necessariamente strutture piatte.
I problemi maggiori sorgono quando le strategie comportano attività complesse.
È dimostrato che il numero di livelli gerarchici tende a salire con le dimensioni dell’impresa: quanto maggiore è il numero dei livelli gerarchici, tanto più difficile è
coordinare le varie funzioni e tanto più alti sono i costi dell’organizzazione.
Difficoltà analoghe riguardano la comunicazione: quanto maggiore è il numero
dei livelli, tanto più il flusso di informazioni dal vertice verso la base e viceversa
rischiano di essere distorte. In una struttura piatta il contatto è frequente e diretto,
mentre nelle strutture vertivali le informazioni passano attraverso più livelli, in ciascuno dei quali vengono filtrate in base alle differenti responsabilità e autorità. Un
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Le strategie di business unit
dirigente filtra le informazioni che riceve e passa ai propri collaboratori soltanto
quelle che valuta siano utili per le loro attività; analogamente, filtra le informazioni
che riceve dai propri collaboratori e passa ai livelli superiori soltanto quelli che condivide e valuta utili e necessarie. Il risultato è che con il crescere dei livelli gerarchici cresce anche il rischio di distorsioni.
Un’altra conseguenza è che quanto maggiore è il numero dei livelli, tanto più difficile è motivare le persone, come abbiamo già ricordato.
Accentramento o decentramento?
Una struttura organizzativa si dice accentrata quando la maggior parte delle decisioni è presa ai vertici e ai collaboratori spettano attività di pura esecuzione. Si dice
invece decentrata quando i vertici mantengono l’autorità di fare le grandi scelte, ma
ai collaboratori vengono delegate molte decisioni di peso rilevante per l’organizzazione.
Le strutture organizzative moderne sono orientate al decentramento al fine di
acquisire tre vantaggi principali:
• sollevare i vertici dalle decisioni riguardanti i problemi più semplici, lasciando
loro più tempo per concentrarsi sulle scelte strategiche;
• motivare di più i collaboratori;
• ridurre i costi dell’organizzazione, in quanto il decentramento comporta meno
livelli gerarchici.
Quanto all’accentramento, una regola fondamentale è creare equilibrio tra la responsabilità assegnata e l’autorità delegata: responsabilità e autorità dovrebbero essere in
equilibrio e a ciascuna responsabilità deve essere associata la delega di autorità
necessaria per svolgere i compiti assegnati.
Anche l’accentramento ha i suoi vantaggi, poiché consente di:
•
•
•
•
facilitare il coordinamento;
rispondere con maggiore rapidità a forti cambiamenti dell’ambiente;
rendere la pianificazionepiù semplice;
rendere il controllo è più efficace.
A questo punto si pongono due interrogativi:
• date certe strategie, quale struttura organizzativa scegliere?
• quando passare da una struttura organizzativa a un’altra?
Cercheremo di dare una risposta esaminando le caratteristiche delle varie strutture, i
loro vantaggi e svantaggi e il contributo che possono dare nel sostenere e potenziare
l’una o l’altra strategia.
Nella storia di molte imprese le strutture organizzative corrispondono ad altrettanti stadi evolutivi: imprese nate con una struttura imprenditoriale, sono poi passate
a strutture diverse anche in rapporto al ciclo di vita: sviluppo, maturità, a volte declino. Anche da queste vicende si possono trarre utili insegnamenti.
Strategie e strutture organizzative
Dalla biblioteca
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Le strutture seguono le strategie
In un libro dei primi anni Sessanta, che ha
segnato una svolta sia nella business story sia
nella business policy, Alfred Chandler dimostrò che i cambiamenti nelle strategie provocano mutamenti nelle strutture organizzative e
che durante lo sviluppo le organizzazioni evolvono da una struttura a un’altra, spinte dalle
inefficienze della struttura precedente.
Chandler individuò una sequenza che tende a
ripetersi.
• nasce una nuova strategia;
• sorgono nuovi problemi di gestione;
• gli indicatori economici e finanziari puntano verso il basso;
• nuove strutture organizzative sono escogitate;
• la redditività torna ai livelli precedenti.
Chandler giunse a queste conclusioni studiando l’evoluzione delle strategie e delle strutture
organizzative di Du Pont, General Motors,
Sears e Standard Oil. Trovò, ad esempio, che
nei primi anni di vita imprese come Du Pont
avevano strutture articolate per funzioni particolarmente adatte alle loro attività di produzione e vendita concentrate su pochi prodotti.
Non appena aggiungevano nuove linee di
prodotti, integravano verso monte per dare
stabilità alle forniture, e creavano proprie reti
distribuzione diventando troppo complesse
per una struttura accentrata. Per mantenersi
competitive dovevano adottare una struttura
basata su divisioni dotate di relativa autonomia.
Pochi anni dopo, in un altro libro che ha fatto
storia, Sloan descrisse nei dettagli come General Motors aveva cambiato la sua struttura
organizzativa negli anni Venti. La decisione di
crescere attraverso l’acquisto di altre imprese
spinse GM a imitare Du Pont e ad adottare una
struttura multidivisionale che dava autonomia
a Chevrolet, Buick, Pontiac e altre marche.
Questa struttura si rilevò efficace consentendo
il massimo di libertà nello sviluppo di nuovi
prodotti. Il ROI veniva usato come strumento
di controllo.
Fonte: A. Chandler, Strategy and Structure. Chapters in the History of American Industrial Enterprise, MIT Press, 1962; A. Sloan, My Years with General Motors, Doubleday, 1964.
20.2 La struttura imprenditoriale
La struttura imprenditoriale è tipica delle imprese in fase embrionale o che per scelta
restano di piccole dimensioni. È spesso caratterizzata dalla concentrazione del capitale nelle mani di una o di poche persone, legate tra loro da vincoli di parentela – in
genere i fondatori dell’impresa o i loro eredi –, che si occupano direttamente delle
scelte più rilevanti di carattere strategico o imprenditoriale. L’efficacia della struttura
organizzativa dipende quasi esclusivamente dalle loro capacità e sensibilità.
L’attività dell’impresa a volte è basata su una lunga tradizione, a volte è in tutto
o in parte nuova. È tendenzialmente monofunzionale, cioè basata prevalentemente
o sulla produzione o sulla distribuzione e solitamente fondata su un’unica linea
produttiva o distributiva (ad esempio produzione dell’acciaio, lavorazione di prodotti alimentari, distribuzione commerciale). Quest’impresa opera per lo più su
base nazionale nella prima fase di sviluppo e se esistono rapporti con l’estero
riguardano o l’acquisto di materie prime destinate a essere trasformate in patria,
oppure l’esportazione dei prodotti finiti. Nella seconda metà dell’Ottocento quasi
tutte le imprese industriali americane ed europee svolgevano soltanto un’attività di
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Le strategie di business unit
trasformazione o di commercializzazione: acquistavano le materie prime e vendevano i prodotti attraverso intermediari, grossisti o agenti. Analogamente, le imprese commerciali trattavano principalmente o la vendita al dettaglio o quella all’ingrosso.
Per delineare questo tipo di struttura non hanno importanza né la dimensione del
capitale né i volumi di produzione. I caratteri che contano sono:
• la semplicità delle operazioni produttive (ad esempio l’estrazione di materie
prime) o di quelle distributive (uno o pochi segmenti);
• l’assenza di forti mutamenti nelle tecnologie o nella struttura dei mercati;
• il peso limitato delle decisioni di tipo strategico.
Talora è sufficiente il venir meno di uno soltanto di questi requisiti per imporre il passaggio al secondo stadio organizzativo. Un esempio tra i più celebrati nei libri di
management americani è International Nickel: sorta alla fine dell’Ottocento, conservò la struttura imprenditoriale per oltre mezzo secolo fino a quando, per fronteggiare la depressione che seguì la Prima Guerra mondiale, decise di intraprendere produzioni in settori nuovi che comportavano l’impiego del nickel come materia prima.
La moltiplicazione dei processi di produzione determinò il passaggio a una struttura
di tipo funzionale.
La struttura imprenditoriale è al tempo stesso il risultato della concentrazione del
patrimonio nelle mani di poche persone e lo strumento mediante il quale queste persone perpetuano il loro controllo sull’impresa. L’esperienza dimostra che per assistere a profondi mutamenti nella struttura organizzativa di queste imprese occorre attendere il tramonto della prima generazione di imprenditori, cioè in genere il ritiro dei
fondatori Lo testimoniano ad esempio l’esperienza di General Motors, Ford, IBM e
molte grandi imprese. Apple Computer è sorta dall’accordo tra due persone – Steven
Jobs e Steven Wozniak – che in un garage svolsero le prime attività di produzione dei
computer: compravano i componenti, assemblavano i computer, li vendevano e li
spedivano ai clienti. Il successo ottenuto rese ben presto inadeguata una struttura così
«artigianale».
In definitiva la struttura imprenditoriale si riscontra nella prima fase di sviluppo
di tutte quelle che oggi sono grandi imprese operanti in attività che presentano i
caratteri sopra ricordati: semplicità delle operazioni, varietà limitata di prodotti ottenuti da una sola o da poche linee di produzione, oppure distribuiti lungo canali scarsamente differenziati.
Quando l’impresa cresce o svolge un’attività più complessa rispetto alle origini,
in questa struttura affiorano alcuni limiti. Di solito un’impresa nasce in un settore e
ha i vantaggi competitivi in aree che il fondatore conosce bene, ma con la crescita
possono emergere debolezze in alcune aree come finanza e marketing, che sono le
più vulnerabili; le responsabilità in queste aree devono allora essere affidate a figure
diverse dal fondatore/proprietario. Un altro limite deriva dallo sviluppo, poiché a un
certo punto le decisioni, sia operative sia di lungo termine, possono diventare troppo
complesse per una sola persona ed emergono così pressioni per costruire un’organizzazione articolata per funzioni.
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20.3 La struttura funzionale: struttura decentrata con dipartimenti
funzionali
In questo tipo di struttura la responsabilità di ciascuna funzione è affidata a «specialisti». La struttura funzionale è costruita attorno alle principali attività dell’impresa,
appunto le aree funzionali, ed è comune nelle piccole imprese che hanno superato la
fase imprenditoriale e nelle grandi imprese che producono una varietà limitata di
prodotti o di servizi. È anche una struttura tipica delle divisioni (nella struttura multidivisionale) e delle business unit appartenenti a organizzazioni diversificate. È
adatta per imprese che operano in un ambiente stabile piuttosto che in uno dinamico, e che accentrano le decisioni riguardanti sia le strategie corporate che le strategie competitive.
Le caratteristiche
La tipica struttura decentrata con dipartimenti funzionali si articola in tre livelli fondamentali:
• direzione generale, che si occupa delle scelte strategiche o imprenditoriali riguardanti lo sviluppo dell’impresa e rappresenta il vertice. Si occupa quindi delle scelte che nella forma precedente erano di competenza esclusiva dei proprietari del
capitale;
• dipartimenti funzionali, cui spetta l’esercizio delle funzioni fondamentali: marketing, produzione, progettazione, finanza, gestione del personale. I capi dei vari
dipartimenti fanno parte del vertice;
• unità operative, che dipendono dai vari dipartimenti: gli stabilimenti dipendono
dal dipartimento produzione, le reti di vendita dal dipartimento commerciale o
marketing, i laboratori dal dipartimento ricerca e sviluppo, e così via (Fig.
20.1).
Questa struttura organizzativa è adottata soprattutto dalle imprese integrate verticalmente e che conservano una limitata varietà delle linee di produzione. Obiettivo fondamentale è di integrare e coordinare le attività dei diversi settori dell’impresa, evitando strozzature nei flussi e quindi sfruttando al massimo le capacità produttive.
L’attenzione della direzione generale è posta soprattutto sul coordinamento delle funzioni e sulle misure tecniche dell’efficienza.
Le caratteristiche di questa struttura si colgono meglio in prospettiva storica. Tra
il 1900 e il 1920 quasi tutte le maggiori imprese nordamericane ed europee adottarono il decentramento funzionale. Questa struttura organizzativa era infatti la sola che
potesse risolvere i nuovi problemi che emergevano dallo sviluppo dell’integrazione
verticale e dall’integrazione orizzontale. Dopo aver perfezionato nel trust e nella holding le tecniche legislative necessarie a sostenere le economie delle grandi coalizioni
di imprese, occorreva infatti accentrare nella direzione generale il coordinamento
dell’attività di base dell’impresa (dalla produzione ai prezzi, dalla finanza alle vendite) affidandole a specialisti.
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Le strategie di business unit
Le lezioni della storia
Pennsylvania Rail
La struttura che la compagnia ferroviaria
Pennsylvania Rail Road assunse tra il 1890 e il
1900 è considerata dagli studiosi americani
come un prototipo del decentramento funzionale. I capi dei tre maggiori dipartimenti della
Pennsylvania Rail Road – trasporti, traffico e
finanza – si occupavano della programmazione di lungo periodo, mentre ai general manager dei tre dipartimenti spettava l’attività di
gestione ordinaria. Pennsylvania fu anche tra
le prime imprese ad applicare su larga scala il
Figura 20.1
La struttura
funzionale
principio line e staff. Gli uffici che si occupavano del movimento dei treni erano in posizione di line, quelli che si occupavano dei servizi
ausiliari assumevano invece una posizione di
staff.
Occorre sottolineare tuttavia che questa impresa svolgeva in pratica una sola attività, quella
di trasporto su rotaia. Questo fatto, oltre a rendere più facile il coordinamento tra le diverse
funzioni, non attribuiva ad alcun settore dell’impresa particolari priorità rispetto agli altri.
Corporate
Leadership strategica
Marketing
Finanza
Produzione
R&D
Risorse
umane
Caratteristiche
Il vertice
• Gestisce l’impresa come unità
• Obiettivi fondamentali sono l’uso migliore delle risorse impiegate
al fine di conseguire i risultati attesi, il miglioramento dell’efficienza e il coordinamento delle varie funzioni
• La strategia di sviluppo in nuovi settori (diversificazione) è posta
in secondo piano
Dipartimenti funzionali
• Sono specializzati nelle varie funzioni (marketing, produzione,
vendite, pubblicità, gestione delle risorse umane, R&S, progettazione)
• Svolgono la gestione ordinaria delle rispettive aree
• I responsabili dei vari dipartimenti funzionali costituiscono un
comitato operativo che ha tra l’altro il compito di proporre al
«vertice» nuove alternative circa lo sviluppo dell’impresa e di
coordinare gli scambi di informazioni tra diversi settori della
gestione
Unità operative di base
• Sono stabilimenti di produzione, centri vendita o di distribuzione,
laboratori di ricerca
• Realizzano i piani predisposti dai dipartimenti funzionali
Requisiti ambientali o
dell’impresa
• Diversità limitata tra prodotti o servizi, tecnologie, mercati
• Ambiente economico e competitivo relativamente stabile
• Decisioni ripetitive
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Vantaggi strategici
Svantaggi strategici
• Efficienza relativamente bassa??
• Responsabilità delle varie funzioni
affidate a specialisti
• Controllo accentrato dei risultati
• Chiara separazione tra un’area funzionale
e l’altra nella ricerca di vantaggi
competitivi
• Favorisce la specializzazione
• Aumenta l’efficienza operativa quando
le attività sono ripetitive
• Particolarmente adatta per le imprese
che operano in un solo business
• Le capacità imprenditoriali sono
concentrate e limitate al «vertice»
• Problemi di successione nel management in
quanto la struttura crea specialisti e non
generalisti
• I responsabili delle aree funzionali debbono
concentrare la loro attività sui problemi di
breve termine con il rischio di trascurare
quelli di lungo termine e gli sviluppi a
carattere strategico
• Difficoltà di coordinare tra loro le funzioni.
È praticamente impossibile assegnare
responsabilità di profitto alle aree
funzionali
• La struttura entra in crisi se l’impresa
diversifica oltre un certo livello prodotti o
servizi, mercati o settori
• Può sprigionare conflitti e rivalità piuttosto
che «spirito di squadra»
• Gli specialisti spesso pensano più a quanto è
meglio per la propria area piuttosto che
quanto è meglio per l’intera impresa
• Difficile trasferire esperienze e competenze
da una funzione all’altra
Vantaggi
In un ambiente relativamente stabile e non turbolento, la struttura per dipartimenti
funzionali presenta una serie di vantaggi. Anzitutto è più efficiente rispetto alla struttura multidivisionale e ha costi fissi minori. La separazione tra le responsabilità di
un’area funzionale e l’altra sono chiare e ciò incoraggia la specializzazione, aumentando le capacità di costruire e sostenere vantaggi competitivi. Le linee di comunicazione tra gli specialisti e il vertice sono semplici, fatto che agevola la conoscenza e le
decisioni da parte del vertice stesso.
Tornando tuttavia alle prospettive della storia, di fronte all’evoluzione delle strutture economiche e sociali – di cui la crescente urbanizzazione e il progresso tecnologico furono i tratti fondamentali – la struttura funzionale rivelò i suoi limiti e le sue
debolezze dimostrandosi inadeguata a sorreggere le nuove strategie di diversificazione intraprese dalle grandi concentrazioni industriali.
Svantaggi
Le debolezze dell’organizzazione funzionale riguardano in particolare la difficoltà di
coordinare l’attività delle varie funzioni, il rischio di una visione limitata delle opportunità che si presentano all’impresa, problemi di controllo.
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Le strategie di business unit
Coordinamento difficile
Un primo limite fondamentale sta nella difficoltà di coordinamento tra dipartimenti
funzionali. Se la linea di produzione resta immutata e non si diversifica in rami collaterali, se le fonti di approvvigionamento delle materie sono poche e non mutano frequentemente, se i mercati di vendita non si disperdono geograficamente oltre un
certo limite e se le categorie di clienti dell’impresa restano le stesse, il decentramento funzionale conserva la sua efficacia, come dimostra il fatto che alcune grandi
imprese agiscono tuttora con questa struttura.
Ma se l’adattamento dell’impresa al nuovo ambiente economico e sociale richiede diversificazione nei processi di produzione e nelle fonti di approvvigionamento,
se impone la segmentazione della domanda e l’apertura di nuovi mercati all’estero
oppure una maggiore distribuzione territoriale dei punti vendita, allora questa struttura non garantisce più il coordinamento tra i vari dipartimenti funzionali.
Accade, ad esempio, che con una struttura di questo tipo il responsabile del dipartimento marketing debba occuparsi di tutti i prodotti dell’impresa: può farlo efficacemente fino a quando la gamma di prodotti è limitata e fino a quando i metodi di
distribuzione restano relativamente omogenei, ma non può più farlo quando i prodotti sono numerosi, quando richiedono differenti tecniche pubblicitarie, differenti canali di vendita e differenti politiche di ricerca di prodotti nuovi. Lo stesso discorso vale
per gli altri dipartimenti funzionali, come per quello della produzione o della ricerca
e sviluppo. Esiste, è vero, la possibilità di delegare ai subordinati, ma oltre un certo
livello si presentano difficoltà insormontabili nel coordinamento delle attività dei
collaboratori.
Visione limitata
La struttura funzionale presenta altri limiti nella formazione delle scelte di tipo strategico o imprenditoriale. Quando le operazioni dell’impresa escono dai confini tradizionali assumendo maggiore complessità, i dirigenti preposti alla direzione generale,
spesso pochi di numero, trovano difficoltà nell’impostare una strategia di diversificazione che possa adeguare la propria impresa alle mutate condizioni economiche dei
settori di origine.
Dal canto loro, i responsabili dei vari dipartimenti funzionali non sono in grado di
seguire la normale attività operativa e al tempo stesso contribuire efficacemente alla
elaborazione di strategie nuove. Inoltre, il più delle volte conoscono a fondo soltanto
la funzione svolta nell’impresa fino a quel momento e sono inevitabilmente portati a
considerarla come la più importante. Ne deriva che ogni decisione riguardante lo sviluppo dell’impresa rischia di essere il frutto di una negoziazione tra parti aventi interessi ed esperienze diversi, invece che il risultato di un esame ponderato di varie
opzioni. Ne deriva che raramente, e spesso a malincuore, questi manager si spingono
in campi nuovi.
Facendo riferimento alla storia dello sviluppo delle grandi imprese americane,
Chandler (1962) scrive che la struttura presentava una debolezza fondamentale.
Poche persone dovevano affrontare un gran numero di decisioni complesse l’alta
direzione era di solito composta da amministratore delegato con uno o due assistenti,
presidente e capi dei vari dipartimenti. Questi ultimi erano spesso troppo occupati
nella gestione delle funzioni loro affidate per poter destinare molto tempo all’amministrazione dell’impresa intesa come un tutto.
Strategie e strutture organizzative
13
Problemi di controllo
Un altro limite della struttura organizzativa basata sul decentramento funzionale
riguarda il controllo e la misura dei risultati. Obiettivo del controllo è, tra l’altro,
determinare il contributo dato da un prodotto o da una linea di prodotti ai profitti dell’impresa, e per quanto sia difficile misurare gli input e gli output, molti ostacoli possono essere superati. Se però l’obiettivo del controllo è anche determinare il contributo dei vari dipartimenti, le difficoltà diventano insormontabili. La specializzazione per
funzioni ostacola la misura del rapporto input/output o comunque ne diminuisce notevolmente l’efficacia. Non è infatti possibile determinare con precisione la redditività
di un dipartimento funzionale ed è sempre difficile proiettare nell’intera prospettiva
aziendale i vantaggi di una decisione presa all’interno di un solo dipartimento.
20.4 La struttura multidivisionale: struttura decentrata con divisioni
operative autonome
Anche per l’esame di questa struttura è utile la prospettiva della storia. Dagli inizi di
questo secolo, la scena in cui operano le imprese, l’economia nazionale, o internazionale a seconda del raggio d’azione, è andata gradualmente evolvendosi verso una
maggiore complessità e un crescente dinamismo. Tra le varie cause all’origine di
questa tendenza vi sono: la concentrazione della popolazione nelle aree urbane, il
tasso elevato di innovazione tecnologica, il frazionamento della domanda di prodotti,
la partecipazione dei giovani e dei giovanissimi alle decisioni riguardanti il consumo,
l’evoluzione della distribuzione commerciale verso l’integrazione verticale dei mercati e le nuove forme di marketing.
Per fronteggiare la maggiore complessità e il costante mutamento dell’economia,
le imprese dispongono di due strumenti principali:
• l’innovazione nei prodotti e nei servizi;
• la diversificazione in nuovi settori.
Con l’innovazione l’impresa può rimanere nel settore originario, ma questo può non
bastare. La diversificazione è allora una risposta possibile, ma comporta nuove, differenti e più complesse responsabilità per il corporate (che corrisponde al vertice
nella struttura funzionale) ed esige una propria struttura organizzativa, cosiddetta
multidivisionale. Talvolta definita anche decentramento federativo, è la struttura
decentrata con divisioni operative autonome, che a consente sia di agire sempre
secondo il principio della specializzazione, sia di concentrare l’attenzione del corporate sulle strategie di sviluppo e sulla diversificazione, ovviando così ai limiti della
struttura funzionale.
Le caratteristiche
Quando la complessità e la diversità superano certi livelli, quando l’impresa opera in
una varietà di settori differenti e le condizioni dell’ambiente esterno sono fortemente
dinamiche, è necessario decentrare parte delle responsabilità al fine di aumentare la
capacità dell’organizzazione di rispondere e anticipare le forze esterne. Il vantaggio
14
Le strategie di business unit
principale della struttura multidivisionale è proprio quello di aumentare la capacità
dell’impresa di gestire simultaneamente le strategie in un’ampia varietà di prodotti e
mercati. I caratteri principali della struttura sono i seguenti.
• La responsabilità di molte decisioni è affidata a una pluralità di divisioni autonome costituite per prodotto o raggruppamento territoriale. Il direttore generale di
ogni divisione agisce come un imprenditore individuale ed è responsabile di fronte al corporate dell’andamento della gestione della propria divisione. L’autonomia è data anche dal fatto che ogni divisione ha tutte le funzioni di sostegno:
finanza, marketing. R&S, produzione e gestione delle risorse umane.
• Rispetto alla struttura precedente, molte responsabilità funzionali sono delegate
dal corporate (vertice) alle direzioni delle singole divisioni, il che consente di
separare le decisioni strategiche del gruppo (corporate) da quelle delle singole
divisioni del gruppo e ancor più da quelle tattiche.
• Il corporate (vertice) – cui competono principalmente l’elaborazione delle strategie di sviluppo e la distribuzione delle risorse fra le varie divisioni – viene potenziato non soltanto con uno staff specifico, ma anche con comitati di cui fanno
parte i direttori generali responsabili delle divisioni stesse.
• Lo staff del corporate assiste anche le singole divisioni nelle scelte operative.
• Ogni divisione adotta la struttura più adatta alle proprie strategie ed esigenze: una
può essere organizzata per area geografica, un’altra per prodotto o un’altra per
matrice e così via.
Gli obiettivi della struttura multidivisionale sono la necessità di concentrarsi sulle
strategie di lungo termine e dare autonomia alle varie divisioni in modo da renderle
più aggressive nei confronti dei rispettivi mercati.
Figura 20.2
La struttura
divisionale
Corporate
Leadership strategica
•
•
•
•
Staff del corporate
Finanza
Controllo
Risorse umane
R&S
Divisione A
Struttura funzionale
Divisione B
Struttura funzionale
Divisione C
Struttura funzionale
Mercati
Mercati
Mercati
Strategie e strutture organizzative
15
Caratteristiche
Corporate
• Prende decisioni di tipo prevalentemente strategico o imprenditoriale
• Ha come orizzonte l’economia nazionale e internazionale, sia nei
settori in cui il gruppo già è presente sia altri in cui potrebbe
entrare
• Concentra la propria attività sulle strategie, sulla pianificazione,
sulla distribuzione delle risorse tra le varie divisioni autonome e
sul controllo strategico
Staff del corporate
• Assiste il corporate nelle scelte strategiche e in particolare nella
ripartizione delle risorse tra le varie divisioni e nel controllo dei
loro risultati per tutte le maggiori funzioni dell’impresa (marketing, finanziamenti, produzione)
• Allo staff centrale possono rivolgersi anche le divisioni operative
per avere assistenza nella soluzione di dati problemi
Direzione generale
le delle divisioni
operative
• Gestisce la divisione come se fosse un’impresa autonoma, cercando tuttavia di trarre vantaggio dal far parte di un gruppo
• Coordina le varie funzioni (marketing, produzione, R&S, gestione
del personale) su scala nazionale o internazionale a seconda dell’orizzonte della divisione
Dipartimenti funzionali
• Hanno responsabilità simili a quelle dei dipartimenti esaminati
nella struttura funzionale
• Sono specializzati nelle varie aree
• Coordinano l’attività delle unità di base che rientrano nelle loro
aree di responsabilità
Unità di base
• Svolgono attività di produzione (stabilimenti), o di vendita (reti),
o di acquisto o di ricerca
• Sono comprese nell’area operativa di un dipartimento funzionale
(marketing, produzione) e operano in genere in un’area geografica limitata
Adatta per situazioni
in cui
•
•
•
•
Crescono le dimensioni e la complessità
L’ambiente competitivo è fortemente dinamico
La crescita avviene attraverso fusioni e acquisizioni
È agevole la distinzione tra divisioni e tra business unit
Vantaggi strategici
Svantaggi strategici
• Il corporate non è gravato da decisioni di
routine e può concentrarsi sulla strategia
• Sviluppa capacità imprenditoriali
all’interno dell’organizzazione (direzione
generale delle divisioni)
• Definisce con chiarezza le responsabilità
di profitto e facilita il controllo
• Facilita sia la formazione di specialisti sia
di generalisti
• Aumenta la capacità di adattare
l’organizzazione al cambiamento esterno
• Assimila (integra) più facilmente (rispetto
alla struttura funzionale) l’acquisizione
di nuove imprese
• Rende più facile il disinvestimento (cessione
di imprese)
• Ha costi fissi più alti (rispetto alla struttura
funzionale)
• Può creare conflitti tra divisioni
nell’allocazione delle risorse; duplicazioni di
responsabilità (negli staff del corporate e in
quelli delle divisioni)
• Le divisioni hanno spesso un potenziale di
mercato differente e ciò rende difficile
confrontare i risultati
• Possono emergere conflitti nella
determinazione dei prezzi di trasferimento
16
Le strategie di business unit
Posizioni principali
La struttura multidivisionale consiste di cinque principali posizioni organizzative: il
corporate, lo staff del corporate, la direzione generale della divisione, i dipartimenti
funzionali delle divisioni operative e le unità operative di base (stabilimenti di produzione, laboratori di ricerca, reti di vendita). Analizziamo in breve il ruolo delle cinque
posizioni organizzative.
Corporate
Pianifica, coordina e valuta l’attività delle divisioni autonome. Suo compito fondamentale è l’allocazione delle risorse disponibili tra le diverse divisioni operative e
l’acquisizione delle risorse necessarie per intraprendere nuove attività. Più in particolare il corporate prende decisioni di tipo strategico come il ricorso a nuove tecnologie, l’abbandono dei mercati nei quali il gruppo è presente, l’apertura di nuovi fronti
di concorrenza, l’ingresso in nuovi settori di produzione e lo sviluppo su base internazionale. Sollevati da attività operative, liberi da associazioni emotive o dal peso
della tradizione, senza vincoli di autorità diretta sui vari livelli di management delle
singole divisioni operative, informati e assistiti dagli organi di staff, i componenti del
corporate possono dedicarsi completamente alle scelte di lungo periodo e alla valutazione globale dell’impresa.
Chandler (1962) ha sottolineato che il dedicarsi esclusivamente alle scelte di
lungo periodo o alle decisioni di tipo imprenditoriale comporta una maggiore concentrazione psicologica e quindi una maggiore efficienza della direzione. Egli sostiene infatti che il general manager della grande impresa nell’economia della metà del
XX secolo assume un ruolo paragonabile a quello del capitalista di Adamo Smith
verso la fine del XVIII secolo, e a quello dell’imprenditore di Jean Baptiste Say agli
inizi del XIX secolo.
Staff del corporate
Esamina le richieste provenienti dalle varie divisioni operative riguardanti la distribuzione delle risorse. Coordina in special modo le attività di pianificazione e di ricerca e sviluppo e controlla le divisioni operative sulla base degli obiettivi prefissati dal
corporate.
In questa struttura organizzativa la funzione più importante dello staff è di assistere il corporate nella formazione delle strategie, raccogliendo informazioni, facendo
proiezioni sul futuro della economia dei settori in cui l’impresa è presente e di quelli
in cui intende entrare e in definitiva vagliando le varie alternative possibili. Come tutti
gli organi di staff, anche questo può consciamente o inconsciamente aspirare ad allargare gli obiettivi e il peso della propria azione all’interno dell’intera struttura del
gruppo, ponendo così ostacoli allo sviluppo equilibrato della struttura organizzativa.
La sua posizione è spesso debole, come dimostra il fatto che quando una recessione si
abbatte sull’impresa sono proprio gli staff i primi a essere sacrificati.
Direzione generale della divisione
Le singole divisioni possono essere considerate «quasi-imprese» per la loro autonomia rispetto al centro, perciò è evidente che al proprio interno assumono la struttura
più adatta ai settori in cui agiscono e alle produzioni che svolgono. Spesso hanno una
struttura funzionale classica (esaminata in precedenza).
Strategie e strutture organizzative
17
Le linee di prodotto – e quindi i mercati – si assegnano in modo da assicurare a
ciascuna divisione operativa eguali possibilità di sviluppo e da ridurre al minimo il
flusso di semilavorati, prodotti, personale o know-how con altre divisioni.
Essendo in concorrenza tra loro nella ripartizione delle risorse, le divisioni presentano allo staff del corporate non soltanto piani e budget, ma anche le richieste di
finanziamento delle nuove iniziative. In questa fase assume grande importanza un
principio fondamentale della struttura multidivisionale: l’esistenza, da un lato, di un
corporate forte e capace di elaborare direttive chiare e stabili e, dall’altro, divisioni
dotate di grande capacità di negoziazione nell’allocazione delle risorse e di ampia
autonomia nella loro utilizzazione.
Esistono anche altri principi da ricordare nella costituzione della direzione operativa: anzitutto, a ogni divisione devono essere date le risorse e professionalità di
management necessarie per renderla competitiva verso il mercato e rispetto alle altre
divisioni. In secondo luogo, ai dirigenti delle varie divisioni deve essere assegnato un
campo di responsabilità tale da impegnare le loro migliori capacità, al fine di evitare
che si rifugino nelle decisioni operative.
Dipartimenti funzionali
I dipartimenti hanno ragione di essere quando l’impresa si compone di una pluralità
di unità operative, siano esse di produzione o di distribuzione, sparse su un vasto territorio nazionale o internazionale, oppure quando l’attività di queste unità operative è
tanto complessa e varia da richiedere l’opera di un gruppo di specialisti. Ai dirigenti
responsabili delle attività funzionali svolte nella divisione competono decisioni
riguardanti il marketing, la R&S, la pubblicità, la produzione e così via. Tali decisioni debbono però innestarsi nella strategia di sviluppo decisa dal corporate e debbono
rispettare i budget finanziari fissati da questa.
Se si tiene conto che l’attività funzionale di un dipartimento può presentarsi, per
quanto su scala minore, anche all’interno dell’unità operativa, un problema organizzativo consiste nel definire esattamente i compiti, le responsabilità e i canali di comunicazione tra i due livelli. Ad esempio, si tratta di stabilire se lo specialista di controllo
della qualità operante in uno degli stabilimenti che compongono la divisione debba
essere responsabile di fronte al direttore della propria unità operativa (cioè al direttore
dello stabilimento) oppure al capo del dipartimento funzionale che si occupa del controllo di qualità nell’intera divisione (in genere il dipartimento di produzione). Il problema verrà risolto in modo diverso secondo il tipo di dipartimento, il tipo d’impresa
e il numero di specialisti presenti nel dipartimento e nell’unità operativa.
Per definire le linee di responsabilità e di comunicazione, il mezzo più usato è
quello line-e-staff. L’autorità fluisce dal dipartimento al capo dell’unità operativa e
da questi al responsabile dei vari stabilimenti, punti di vendita o laboratori. In tal
modo si delega l’autorità ai dirigenti delle varie unità locali i quali sono direttamente
responsabili del proprio operato e di quello dei loro subordinati. Questo è il metodo
che negli anni Trenta fu usato nei dipartimenti di produzione della General Motors.
Chandler (1962) ricorda che la storia di Standard Oil e Sears dimostra come il primo
passo nella evoluzione organizzativa dalla struttura funzionale a quella divisionale
muova appunto dalla definizione delle linee di autorità e di comunicazione tra i
dipartimenti funzionali e le unità operative.
18
Le strategie di business unit
Unità di base
Sono il braccio operativo della divisione: stabilimenti, laboratori, punti di vendita,
centri di gestione della logistica.
La struttura divisionale di Deutsche Telekom
Quando, nel 1996, Deutsche Telekom è divenuta un’impresa parzialmente privata, il management cambiò la mission adottando una strategia di espansione internazionale.
Data l’esigenza di ridurre il coinvolgimento
dei vertici nella gestione corrente, e la necessità di raccogliere nuovi capitali, venne decisa
una ristrutturazione che smembrava il gigante
in una holding e in quattro unità indipendenti
(divisioni) quotate nei mercati azionari:
1) T-Online International AG, Divisione
comunicazione mobile (quota di minoranza
in borsa): core del Gruppo per il global wireless, alla ricerca di espansione in Europa;
2) T-Online International AG (quota di
minoranza in borsa): provider di servizi
internet e portali web del Gruppo, alla
ricerca di espansione in Europa;
3) T-System Information: la nuova divisione
per progettare, costruire e gestire su scala
globale reti high-speed per grandi clienti.
Quotazione in borsa in un secondo
momento;
4) T-Net: i business tradizionali del Gruppo,
alla ricerca clienti nei mercati mondiali;
quotazione in borsa in un secondo momento.
Alla holding erano riservate le attività concernenti strategie globali, portfolio management,
global branding, coordinamento delle divisioni.
L’obiettivo era dare autonomia alle quattro
divisioni e al tempo stesso rendere più trasparente la gestione per gli investitori. Come
dichiarò un portavoce del Gruppo: «Passeremo
gradualmente le responsabilità dal centro alle
quattro unità per dar loro capacità di muoversi
più rapidamente».
Uno dei motivi della ristrutturazione era l’attacco in corso nel mercato nazionale da parte
di concorrenti stranieri, dopo la liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni (1998)
e la lentezza con cui Deutsche Telekom procedeva nello sviluppo in altri mercati nazionali.
Il rivale britannico Vodafone Airtouch PLC era
passato in testa dopo il takeover della tedesca
Mannesmann AG.
Vantaggi
La struttura divisionale ha costi fissi di organizzazione molto alti al confronto con la
struttura funzionale. L’origine dei maggiori costi è principalmente nello staff del corporate e nella duplicazione di alcuni staff (al corporate e nelle singole divisioni). Ad
esempio la funzione finanza ha specialisti sia al corporate che nelle varie divisioni.
Ancora una volta si tratta di mettere tali costi a confronto con i vantaggi che questa
struttura offre nella creazione di valore. Cominciamo con l’esame dei vantaggi, che
sono principalmente quattro:
• il controllo da parte del corporate è agevole e la redditività dei singoli business è
chiaramente visibile, poiché ogni divisione è un centro di profitto. Il corporate
può dunque stabilire meglio in quali divisioni sia conveniente investire e quali
divisioni eventualmente abbandonare;
• il corporate può concentrare l’attenzione sulle scelte di lungo periodo e sulle strategie, dal momento che – rispetto alla struttura funzionale – molte decisioni sono
assegnate alla responsabilità dei general manager delle singole divisioni;
Strategie e strutture organizzative
19
• il corporate, di conseguenza, ha una visione più ampia circa le possibilità di sviluppo e diversificazione, a differenza di quanto avviene nella struttura funzionale,
in cui l’attenzione maggiore è attratta dalla gestione operativa;
• ogni divisione ha un bilancio autonomo e può dunque essere valutata in termini di
profitti, mentre nella struttura funzionale è difficile valutare i risultati delle singole unità operative (dipartimenti funzionali) in quanto non possono essere isolate
dal contesto. L’autonomia comporta anche responsabilità specifiche per i direttori generali.
Svantaggi
Oltre ai maggiori costi di cui si è già detto, la struttura multidivisionale, presenta una
serie di svantaggi che in parte possono essere attenuati, ma difficilmente si possono
annullare perché appartengono alla natura stessa di questo tipo di organizzazione.
• Non è facile stabilire con chiarezza e in modo stabile nel tempo i poteri del corporate e delle divisioni. È un altro aspetto dell’equilibrio tra accentramento e
decentramento e la scelta è fatta sulla base della natura del business, delle strategie adottate, dei successi o degli insuccessi precedenti, del carisma dei direttori
generali. Se i conflitti non sono adeguatamente controllati possono creare uno
stato di rivalità permanente tra i manager e quindi portare al declino della struttura anziché aumentare la flessibilità;
• la possibilità di assegnare obiettivi specifici e quindi fare valutazioni di carattere
finanziario sulle singole divisioni può dar luogo a distorsioni. Un eccesso di controlli di natura finanziaria può indurre i responsabili delle divisioni ad adottare
politiche contrarie all’interesse del gruppo. Ad esempio, per migliorare il ROI
potrebbero liberarsi di attività immobilizzate (impianti ad esempio) ricorrendo
all’outsourcing di attività in precedenza svolte all’interno e così facendo potrebbero correre il rischio di privarsi di competenze di importanza strategica. Un’altra
tentazione è di ridurre le spese in R&S al fine di migliorare gli indicatori finanziari della divisione: a fronte di un miglioramento dei risultati nel breve termine,
è a rischio la capacità di sviluppare nuovi prodotti e quindi è a rischio la redditività di lungo termine;
• può accendersi una forte competizione tra le divisioni per l’accaparramento delle
risorse allocate dal corporate;
• possono emergere conflitti nel calcolo dei prezzi di trasferimento. Se una o più
divisioni sono tra loro legate da scambi di parti componenti, si pone il problema
di stabilire i prezzi trasferimento; se nel calcolo prevale il costo di produzione, il
vantaggio è per la divisione che compra, mentre se prevale il prezzo di mercato
(ammesso che esista un mercato per le parti componenti in questione) il vantaggio è per il produttore.
20.5 La holding
La holding è la struttura più adatta per la diversificazione conglomerata. Il corporate
ha piccole dimensioni e l’organizzazione agisce come una investment company:
20
Le strategie di business unit
Fiat anni Settanta
Nel 1972 la FIAT ha abbandonato la struttura
prevalentemente funzionale per adottarne una
multidivisionale per prodotto. Anche in questo
caso sono state le pressioni dell’ambiente
esterno a indurre l’impresa all’abbandono della precedente struttura.
«Il sistema precedente si è dimostrato coerente
fino al momento in cui il rapido evolversi dell’ambiente esterno ha reso sempre più fre-
quenti e indispensabili approcci multifunzionali e integrati. In questa situazione il vertice
dell’aziendaunico punto di sintesi, incontrava
crescenti difficoltà per il carico di decisioni
operative da prendere, che lasciava poco spazio ai problemi di sviluppo».
Fonte: Notizie ISVOR, 1, 1978.
acquista e vende business e investe le risorse disponibili nel modo più conveniente.
Le imprese facenti parte del conglomerato, il cui capitale può essere totalmente o
parzialmente controllato dalla holding, hanno ampia autonomia. Spesso mantengono
la denominazione originaria invece di assumere quella della holding. I loro direttori
generali hanno piena responsabilità delle strategie nei confronti del corporate.
La holding è inoltre una struttura particolarmente adatta per corporate che adottano strategie di ristrutturazione, ossia l’acquisto di un’impresa, la razionalizzazione e
quindi la vendita quando non crea più valore.
La holding ha una serie di vantaggi:
•
•
•
•
bassi costi della struttura centrale;
forte decentramento;
distribuzione dei rischi in un ampio portafoglio;
capacità di definire agevolmente il rapporto tra il costo dell’investimento e i risultati.
Gli svantaggi riguardano:
• il calo di motivazione che può aggredire i direttori generali di business notoriamente in vendita e alla ricerca del miglior compratore;
• la mancanza di una politica industriale coordinata e, di conseguenza, poche
opportunità di costruire sinergie;
• la mancanza di una identità di gruppo tra business unit.
20.6 La struttura a matrice
Anche la struttura multidivisionale può presentare limiti evidenti, soprattutto se il
cambiamento dell’ambiente esterno e la spinta alla diversificazione sono molto forti.
In tali situazioni, accade spesso che le gerarchie per funzioni, per prodotto e per area
geografica rimangano soltanto sulla carta. Nella migliore delle ipotesi rallentano le
decisioni e non riescono a coinvolgere nelle decisioni di maggiore interesse le figure
professionali specialistiche. Una struttura organizzativa adottata per rispondere a
queste ulteriori difficoltà è quella a matrice (matrix) o a «griglia» (grid).
Strategie e strutture organizzative
Figura 20.3
La struttura
della holding
21
Corporate
Leadership strategica
Finanza
Legale
Impresa A
(controllo 100%)
Impresa B
(controllo 80%)
Impresa C
(controllo 5%)
Caratteristiche
Corporate
Leadership strategica
• Agisce come investment company
Direzione generale delle • Hanno larga autonomia; sono responsabili nei confronti del cordelle imprese facenti
porate; mantengono la loro denominazione originaria e non
parte del conglomerato
adottano quella della holding
Adatta per situazioni
in cui
• Si attuano strategie di ristrutturazione: acquisto, razionalizzazione e vendita di business
Vantaggi strategici
Svantaggi strategici
• Bassi costi fissi del corporate
• Agevole confronto tra costo del capitale
investito e risultati
• Distribuzione dei rischi
• Agevole inserimento di nuove imprese
e agevole disinvestimento
• Scarsa motivazione del management di
imprese destinate a essere cedute
• Modeste sinergie
• Possibile mancanza di identità di gruppo
• Difficoltà di controllo non finanziario (data
la diversità dei settori in cui operano le
imprese del conglomerato)
Le caratteristiche
La matrice fu usata ampiamente già negli anni Cinquanta dalle imprese di costruzioni aeronautiche e da altre imprese che lavoravano a grandi progetti. La struttura a
matrice veniva appunto costruita in funzione dei singoli progetti, e una volta conclusa la realizzazione di questi veniva sciolta e sostituita sulla base dei successivi.
Negli anni Sessanta e Settanta fu adottata anche da imprese che non operavano
per progetti, ma il cui scopo era di costruire una struttura organizzativa che potesse
sostenere strategie basate sul lancio di nuovi prodotti in mercati molto competitivi,
22
Le strategie di business unit
dominati dall’incertezza e nei quali la rapidità di introduzione di nuovi prodotti e tecnologie era determinante per il successo. Inoltre, i collaboratori di queste imprese
erano altamente qualificati professionalmente, e davano i migliori risultati in strutture flessibili e autonome
La struttura organizzativa doveva rispondere a queste esigenze, e mentre la struttura funzionale si rivelava troppo rigida e inadatta a strategie basate sulla stretta interazione tra gruppi funzionali (come è necessario nel lancio di nuovi prodotti), la
matrice rispondeva a questi requisiti.
Lo schema della matrice è molto semplice e può essere agevolmente spiegato con
un esempio. Una società che lavori per progetti (ad esempio edili o aeronautici o
navali) è organizzata con responsabili per funzioni (finanza, marketing, produzione,
R&S) e anche responsabili per progetto (progetto 1, progetto 2). Secondo le strutture
funzionale e divisionale viste in precedenza una tale impresa potrebbe dunque essere
organizzata dando rilievo alle funzioni oppure alle unità operative (tipi di prodotto o
aree geografiche), ma questo potrebbe rendere difficili le comunicazioni e potrebbe
rallentare le decisioni. La struttura a matrice, invece, da un lato assegna le responsabilità funzionali a più persone per tutti i progetti (ad esempio, a un dirigente assegna
la responsabilità della finanza a un altro quella di R&S per tutti i progetti dell’organizzazione), dall’altro demanda ad altre persone le responsabilità di singoli progetti.
In questo modo si hanno responsabili distinti per funzioni e per progetti.
Come evidenzia la Figura 20.4, la matrice è dunque formata da linee di autorità
orizzontali e verticali, e alle intersezioni delle linee ogni progetto ottiene il contributo di specialisti diversi: il responsabile di funzione interviene con la sua professionalità e specializzazione ai vari progetti, mentre il capo-progetto raccoglie i contributi
dei vari specialisti funzionali. A ogni intersezione troviamo un manager responsabile
della decisione, che dipende da entrambi gli specialisti (quello di finanza e quello di
progetto).
Per questo si dice che nella matrice «un uomo ha due capi»: il responsabile della
funzione (capo funzionale) e il responsabile del progetto (capo del progetto).
Con lo stesso criterio l’impresa può considerare le aree geografiche o i prodotti e
può esistere anche una matrice tridimensionale: funzione/area geografica/prodotto.
Comunque, la struttura a matrice è difficile da realizzare e si calcola che per introdurla in un’impresa di media complessità occorrano quattro o cinque anni. Ovviamente, presenta vantaggi e svantaggi.
Vantaggi
I principali vantaggi della struttura a matrice riguardano la gestione dei conflitti, il
basso contenuto di controllo gerarchico, le capacità di apprendimento, la maggiore
capacità di utilizzare le risorse di professionalità e, infine, la maggiore motivazione
che deriva dall’autonomia. Tutti si traducono in flessibilità dell’organizzazione,
necessaria per rispondere rapidamente alle incertezze del mercato e alla competizione.
• I conflitti sorgono all’interno di qualsiasi organizzazione. Ad esempio, nel lancio
di prodotti nuovi sorge spesso un contrasto tra il marketing e il responsabile
finanziario: il primo vorrebbe lanciare prodotti appetibili per il consumatore, ed è
quindi propenso a vendere nel periodo iniziale anche a prezzi inferiori ai costi e a
Strategie e strutture organizzative
Figura 20.4
La struttura a
matrice
Finanza
Produzione
Marketing
23
R&S
Progetto 1
Mercato A
Progetto 2
Mercato B
Progetto 3
Mercato C
Caratteristiche
Corporate
Leadership strategica
• Manager responsabili delle risorse (aree funzionali) e manager
responsabili di progetto
Adatta per
• Imprese multiprodotto, multinazionali, con forti interrelazioni e
interdipendenze; imprese high-tech e di servizi (anche di piccole
dimensioni); crescente complessità e forte sviluppo
Vantaggi strategici
Svantaggi strategici
• Uso ottimale delle risorse e delle capacità
professionali
• Buone opportunità di sviluppo
professionale per i manager
• Incoraggia la cooperazione, la ricerca
del consenso, la risoluzione di conflitti
e il coordinamento di attività correlate
• Favorisce il confronto tra tesi opposte
• È difficile da realizzare; occorre tempo per
renderla efficiente
• «Un uomo due capi» può creare confusione
di responsabilità; difficoltà di controllo;
potenziali conflitti tra i responsabili di
risorse e i responsabili di progetto; elevati
• Costi fissi
• Le decisioni possono essere lente; possibile
emergere del compromesso come regola
• Difficile mantenere l’equilibrio tra le due
linee di autorità
sostenere onerose campagne pubblicitarie; il secondo tende ad analizzare la redditività prodotto per prodotto e quindi a investire meno risorse per i prodotti che,
pur essendo tecnologicamente avanzati, non promettono vendite in volumi sufficienti. Mentre nella struttura tradizionale questi conflitti risalgono gradualmente
dalla base dell’organizzazione verso il vertice – nel nostro esempio, fino a quando non si trova un superiore responsabile di entrambi i «contendenti» – nella
struttura a matrice il conflitto resta a livello intermedio, poiché esiste un manager
che deve prendere una decisione tenendo conto di entrambi gli aspetti. Il vantaggio è di sollevare l’alta direzione dalla gestione dei problemi correnti;
• poiché nella matrice esiste sempre chi deve decidere, la risposta è più efficiente,
anche perché il decisore conosce esattamente i termini dei problemi che si presentano di volta in volta;
• non è necessario attendere che qualcuno prenda una decisione in una fascia più
alta della gerarchia, quindi si risolvono problemi e conflitti più rapidamente;
• la struttura organizzativa a matrice esige un controllo gerarchico modesto in
quanto ogni collaboratore è spinto all’autocontrollo;
24
Le strategie di business unit
• gli specialisti (finanza, marketing, R&S ecc.) collocati in posizione funzionale
possono concentrarsi su un progetto (o su un problema) e una volta esaurito il loro
compito passano a un altro progetto: ciò dà alla struttura la capacità di sfruttare al
meglio le conoscenze dei collaboratori;
• infine, la libertà derivante dall’autonomia crea forte motivazione nei collaboratori.
Svantaggi
Sono principalmente i seguenti:
• possono sorgere conflitti poiché le divergenze di idee si scaricano sui manager
(collocati alle intersezioni delle linee) responsabili delle decisioni che debbono
essere prese con il contributo di più specialisti (capo funzionale e capo progetto),
i quali hanno sui manager stessi eguale autorità;
• la posizione nell’organizzazione di un singolo manager è spesso difficile da definire con chiarezza;
• coloro che hanno maggiore capacità o potere negoziale nella composizione dei
conflitti finiscono per prevalere, e se appartengono alla stessa funzione o alla stessa cultura, ad esempio la finanza, oppure sono orientati a certi tipi di progetti o a
certe tecnologie, la matrice potrebbe lentamente muoversi nella direzione dei più
forti abbandonando l’impostazione originale oppure l’impostazione più efficiente;
• il costo dell’organizzazione in questa struttura è molto alto a confronto con quello della struttura funzionale;
• dato che i gruppi di lavoro sono frequentemente sciolti e ricostituiti, occorre
tempo prima di creare un nuovo amalgama e avviare le attività di un nuovo progetto.
20.7 La struttura a rete: l’organizzazione «virtuale»
Oggi per fronteggiare le nuove condizioni dell’ambiente sono emerse nuove forme di
organizzazione, tra cui la struttura a «rete» o «dinamica» – a indicare che i principali componenti di tali strutture possono essere assemblati e riassemblati per far fronte
a condizioni competitive complesse e in continuo cambiamento – e la cosiddetta
organizzazione «virtuale».
La rete
Le caratteristiche della rete sono le seguenti (Miles, Snow, 1984 e 1986):
• disaggregazione verticale. Le funzioni tradizionali come R&S, produzione,
marketing e distribuzione, tipicamente realizzate da una sola organizzazione, con
questa struttura sono affidate a più imprese indipendenti all’interno della rete e tra
loro indipendenti;
• brokers: dato che le varie funzioni sono realizzate da organizzazioni diverse, i
business group sono assemblati attraverso brokers. In alcuni casi, un singolo
Strategie e strutture organizzative
Figura 20.5
La rete o struttura dinamica
Progettisti
25
Produttori
Broker
Fonte: adattato
da R.E. Miles,
C.C. Snow,
«Organizations:
New Concept for
New Forms»,
California Management Review,
vol. XXVIII, n. 3,
Spring 1986.
Distributori
Fornitori
broker ha un ruolo guida e stipula accordi di subfornitura per i servizi necessari
alla gestione del complesso;
• meccanismi di mercato: le principali funzioni (affidate a imprese diverse) sono
tenute assieme mediante meccanismi di mercato piuttosto che con i piani e i controlli tipici dell’impresa, e si preferiscono sistemi di premi e incentivi in base ai
risultati, piuttosto che il controllo da parte del personale;
• sistema informativo: i partecipanti alla rete accettano una struttura generale di ricavi a fronte del valore aggiunto complessivo (somma di più contributi) e sono legati l’uno all’altro da un sistema informativo continuamente aggiornato, in modo che
i vari contributi possano essere reciprocamente e rapidamente verificati.
L’organizzazione virtuale
Le forze che spingono verso strutture virtuali sono note. Le imprese sanno di non
poter fare tutto da sole quando hanno di fronte competizione più intensa, costi crescenti, rapida obsolescenza delle tecnologie e necessità di vendere in più mercati
nazionali. Sanno anche di poter risparmiare tempo e risorse riducendo drasticamente
la complessità dell’organizzazione.
Negli ultimi anni l’idea dell’organizzazione virtuale ha avuto ampia diffusione: in
un sondaggio condotto da Andersen Consulting alla fine degli anni Novanta su 350
imprese, risultava che il 42 per cento prevedeva di operare con una struttura virtuale
di alleanze.
Roche-Protodigm: binomio vincente
Verso la metà degli anni Novanta Roche, una
delle prime imprese farmaceutiche del mondo,
calcolò che avrebbe potuto risparmiare il 40
per cento dei costi di sviluppo di un nuovo
prodotto (costo che in genere è all’ordine di
centinaia di milioni di dollari) adottando un
modello di «virtual company». Nell’estate del
1996 realizzò questa idea costituendo una consociata, Protodigm, con la responsabilità di
sviluppare tre nuovi prodotti attraverso test clinici: per il morbo di Alzheinmer, schock da
trauma e cancro.
26
Le strategie di business unit
Protodigm, che operava con 8 dirigenti e un
amministratore, stipulò contratti con non
meno di 20 fornitori per ciascun prodotto. Una
volta che il nuovo farmaco avesse ricevuto
l’approvazione delle autorità sanitarie sarebbe
stato «consegnato» alla parent company per il
marketing.
Due anni dopo essere stata avviata, Protodigm
era considerata da Roche un successo: «Siamo
più rapidi perché abbiamo meno burocrazia e
possiamo vivere o morire come un’impresa di
servizi». L’esempio è stato seguito da altre
imprese farmaceutiche.
I progressi dell’information technology nel gestire attività complesse e della tecnologia delle comunicazioni nel gestire attività che si svolgono in luoghi diversi anche
molto distanti tra loro, hanno reso molto più facile per le imprese lavorare insieme.
Inoltre, le ristrutturazioni e i ridimensionamenti degli organici di molte imprese
hanno «liberato» capacità professionali elevate che hanno dato vita a iniziative autonome e che si offrono come fornitori di prodotti e servizi.
Naturalmente, anche nel modello virtuale non mancano i rischi potenziali.
Anzitutto per quanto riguarda da un lato la capacità effettiva del fornitore esterno
di dare quanto gli viene chiesto, e dall’altro la capacità di chi affida all’esterno più
attività, di controllare e coordinare le varie esecuzioni.
Un secondo problema potenziale riguarda la proprietà intellettuale delle conoscenze acquisite nella rete. Sono peraltro evidenti anche i rischi che le preoccupazioni circa la sicurezza possano spingere l’impresa a non sfruttare adeguatamente le
capacità dei partner.
D’altra parte, affidare all’esterno lo sviluppo di certe idee e capacità – invece di
farle crescere al proprio interno – può minare il potenziale di lungo termine. Quando
nel 1981 IBM lanciò il suo primo pc, affidò lo sviluppo del sistema operativo
(software) a Microsoft: fu una decisione giustificata nel contesto di quegli anni, ma si
rivelò poi disastrosa.
Infine, occorre tener conto dei problemi derivanti dal gestire un sistema di relazioni tra imprese indipendenti con propri obiettivi, proprie risorse e forme di organizzazione. A parte i costi del coordinamento, che possono risultare elevati soprattutto se la rete ha molti nodi, la gestione può essere difficile soprattutto se qualcosa non
funziona. Cheshrough e Teece (1996?) osservano che a differenza della rete le grandi organizzazioni (come Roche) in genere non premiano chi prende rischi, ma hanno
al proprio interno processi e procedure sia per comporre gli eventuali conflitti sia per
coordinare tutte le attività per generare l’innovazione.
Dalla biblioteca
Ricetta per il caos?
«La struttura a matrice è con noi da secoli,
sebbene molti consulenti ignoranti pensino
che sia nuova». Così si esprime John Hunt,
professore di Organizational behavior alla
London Business School. Hunt ricorda che
anche nella famiglia ci sono due potenziali
«boss»: la madre e il padre e che in ogni
governo democratico da più di 100 anni i funzionari riferiscono al loro caposervizio, ma
anche ai ministri.
Strategie e strutture organizzative
Quali regole?
• La matrice funziona meglio quando il mercato è molto esigente. È adatta per reagire
rapidamente a condizioni che possono rapidamente cambiare (il team di un pronto soccorso o di una camera operatoria sono
esempi elementari di matrice).
• Chi lavora in una struttura di questo tipo
deve avere ben chiaro che le relazioni con
gli altri non sono stabili perché la matrice è
usata per mercati che non sono stabili. Non
ha senso scrivere manuali. La matrice è per
sua natura una struttura ambigua.
• Nelle culture in cui prevale e permane un
modello «feudale» di autorità e di controllo
è preferibile rinunciare alla matrice; è
27
meglio frammentare l’organizzazione in
piccoli gruppi ordinati in più livelli confinando la matrice a una parte soltanto dell’organizzazione.
• Le regole che governano sia la gestione
delle risorse sia le responsabilità dei team
leader devono essere chiare e semplici.
• Non esistono forme corrette di matrice perché dipendono dalle persone: quella che
funziona in un’impresa, non funziona in
un’altra.
Fonte: J. Hunt, «Is matrix management a recipe for
chaos?», Financial Times, 12-01-1998. H. Chesbrough, D.Teece, Harvard Business Review, 1996.
20.8 Non basta la forma per dare efficienza a una struttura organizzativa
Abbiamo dunque passato in rassegna le caratteristiche delle varie forme di struttura
organizzativa e i relativi vantaggi e svantaggi quando siano adottate per sostenere una
data strategia. Ma è soltanto un punto di partenza.
L’efficienza di una struttura in rapporto a una strategia dipende dalle persone, da
come interpretano le strutture formali, da come comunicano e coordinano le loro
attività.
Per aumentare l’efficienza dell’organizzazione e renderla più reattiva al cambiamento le imprese ricorrono a vari meccanismi, che la letteratura in materia riconduce
principalmente a tre categorie:
• differenziazione e integrazione;
• strutture alte e strutture piatte;
• i meccanismi di Mintzberg.
Differenziazione e integrazione
Sono due concetti sviluppati originariamente da Lawrence (1967)e Lorsch (1972).
Ogni organizzazione dovrebbe realizzare due principi: separare e differenziare i vari
gruppi di persone che compongono l’organizzazione e integrare le loro rispettive
competenze e i loro contributi.
Produzione è diversa da finanza, da marketing e risorse umane. Le differenze
sono nei valori, nelle attitudini e nei comportamenti dei vari gruppi.
Le varie funzioni, con le rispettive diversità, dovrebbero poi essere integrate e
coordinate.
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Le strategie di business unit
Strutture verticali, strutture piatte
Oltre alle forme di divisione del lavoro in senso orizzontale esiste nelle organizzazioni anche una forma in senso verticale data dai livelli nelle gerarchie del management.
A seconda dei livelli aumenta o diminuisce la rapidità e la flessibilità di risposta al
mercato.
In genere, quanto più è alta la piramide organizzativa, tanto maggiori sono le formalità e i ritardi nel rispondere alle attese del mercato e all’azione dei concorrenti.
Per i collaboratori ha il vantaggio di avere la possibilità di salire nella gerarchia; per
il management dei vari livelli significa un numero relativamente limitato di collaboratori da coordinare.
La struttura «piatta» ha meno livelli. Le pressioni sui manager sono maggiori perché coordinano più persone e i collaboratori hanno minori opportunità di fare carriera, ma in compenso aumenta la possibilità di rispondere tempestivamente alle nuove
tendenze dell’ambiente e alle attese del mercato.
I meccanismi di Mintzberg
Per aumentare l’efficienza secondo Mintzberg (19XX) ogni organizzazione dovrebbe essere articolata in più ruoli al fine di trarre vantaggio dalla specializzazione e
dovrebbe coordinare e integrare i vari ruoli con cinque meccanismi:
•
•
•
•
•
sistemi di comunicazione informali;
manager che assumono la responsabilità del lavoro di altri (sono i subordinati);
processi di gestione standardizzati;
manager valutati in base ai risultati;
capacità e competenze dei collaboratori codificate, costruite e aggiornate attraverso la formazione.
In sintesi
La scelta della struttura organizzativa deve dare risposta a tre interrogativi:
1) chi svilupperà il piano strategico;
2) quali attività dovranno svolgere per realizzare la strategia;
3) quali criteri adottare per progettare la struttura organizzativa.
Nella scelta le opzioni principali sono: struttura imprenditoriale, funzionale, divisionale, holding, struttura a matrice, a rete e «virtuale».
Struttura imprenditoriale (stadio embrionale dell’impresa). La struttura organizzativa è semplice. L’impresa produce uno solo o pochi prodotti tra loro correlati per
un segmento di mercato. Spesso una sola persona – l’imprenditore – prende da solo
le decisioni principali. Non c’è struttura formale.
Struttura funzionale. Se l’impresa cresce e la gestione supera un certo livello di
complessità, il fondatore dell’impresa non ha né le capacità né il tempo per gestire
tutti i settori e deve cedere parte dei suoi poteri. Affiora così la necessità di affidare la
Strategie e strutture organizzative
29
gestione a specialisti. La struttura funzionale raggruppa i collaboratori in base alla
loro specializzazione: finanza, marketing, produzione, R&S, gestione del personale.
Struttura divisionale. È detta anche struttura decentrata con divisioni operative
autonome. L’organizzazione è articolata in tre livelli: il primo – corporate – ha la leadership strategica, fa le grandi scelte e ne controlla la realizzazione, guida il cambiamento in rapporto all’ambiente esterno. Il secondo livello è lo staff del corporate. Il
terzo è costituito dalle varie divisioni, ciascuna con una propria struttura e il proprio
mercato.
Holding. È la struttura organizzativa più adatta per una strategia di diversificazione conglomerata. Il corporate ha piccole dimensioni. Acquista, ristruttura, gestisce,
vende imprese in settori diversi. Ogni business unit, o linea di prodotti o area geografica ha una propria autonomia o un proprio mercato ed è un centro di profitto. Lo
staff del corporate assiste e controlla le varie divisioni. I livelli di autorità sono minori rispetto alla struttura funzionale e così i costi dell’organizzazione.
Struttura a matrice. È adatta in particolare a un ambiente fortemente dinamico,
come ad esempio il settore delle biotecnologie o della produzione cinematografica. I
costi sono elevati, giustificati dai vantaggi in termini di flessibilità e innovazione. La
struttura non è adatta per le imprese che si trovano nello stadio della maturità, né per
quelle che perseguono una strategia di bassi costi.
Struttura a rete. Ha un «broker» centrale che governa progettisti, fornitori, produttori e distributori. La struttura «virtuale» è adatta a strategie di sviluppo basate su
alleanze o sull’organizzazione e il controllo di altre imprese.
Per aumentare l’efficienza dell’organizzazione e il sostegno alle strategie si possono adottare: differenziazione e integrazione; strutture «verticali» o «piatta»; meccanismi di Mintzberg.
Verificare
1) Perché una struttura funzionale è la più adatta per una piccola impresa?
2) Le strutture organizzative seguono le strategie oppure è il contrario? Perché?
3) Quando un’impresa dovrebbe abbandonare la struttura funzionale per passare a
quella divisionale?
4) Una struttura a matrice è la combinazione di due forme di struttura organizzativa.
Quali?
5) Quali sono i vantaggi della struttura a matrice?
6) Per quali strategie la holding è più adatta?
Per approfondire
1) Nella vostra università può essere adottata una struttura a matrice? Come?
2) La staff del corporate di una struttura divisionale dà servizi sia al corporate sia
alle divisioni. Commentate.
3) La vostra impresa ha deciso di ricorrere ampiamente ad alleanze e all’outsourcing: quali strutture organizzative suggerite? Perché?
4) Tra tutte le strutture organizzative esaminate – imprenditoriale, funzionale, divisionale, holding, rete, virtuale – qual è la più flessibile? Spiegate perché.
30
Le strategie di business unit
Esplorare web
1) Visitate il sito di Apple, www.apple.com. Apple Computer poco dopo essere stata
costituita (1972) adottò una struttura funzionale. Nel 1982 passò a una struttura
divisionale, ma presto sorsero problemi di gestione acuiti dalla recessione che
colpì il settore nel 1985. La forte competizione e l’uscita del fondatore, Steve
Jobs, suggeriscono di tornare alla struttura funzionale. A vostro parere Apple ha
ora la struttura giusta?
2) Visitate il sito ABB, www.abb.com, esaminate e commentate l’organigramma del
Gruppo nonché le sue più recenti evoluzioni.
Glossario
Divisionale (struttura)
Funzionale (struttura)
Holding
Matrice (struttura)