Un Self Powered Neutron Detector (SPND) come monitor di

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Un Self Powered Neutron Detector (SPND) come monitor di
Un Self Powered Neutron Detector (SPND)
come monitor di fluenza nella colonna termica
del reattore Triga Mark II di Pavia
2
Indice
Introduzione
5
1 Rivelatori per neutroni termici
1.1 Neutroni termici e rapporto di cadmio . . . . . .
1.2 Rivelatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2.1 Categorie di detector . . . . . . . . . . . .
1.2.2 Metodi di conversione per neutroni termici
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2 Monitor di flusso di neutroni termici
2.1 Monitoraggio per attivazione . . . . . . . . . . . . . .
2.2 Contatori proporzionali . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3 Camera a fissione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.4 SPND (Self Powered Neutron Detector) . . . . . . . .
2.5 Altri tipi di monitor . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.5.1 Monitor del progetto TAOrMINA . . . . . . .
2.5.2 MPFD (Micro-Pocket Fission Detector) . . . .
2.5.3 SOF detector (Scintillator with Optical Fiber)
2.5.4 NMS (Neutron Monitoring System) . . . . . .
3 Installazione del SPND presso il L.E.N.A.
3.1 Tipo di SPND utilizzato . . . . . . . . . .
3.1.1 Caratteristiche tecniche . . . . . . .
3.1.2 Sensibilità . . . . . . . . . . . . . .
3.2 L’SPND e la misura del boro . . . . . . . .
3.2.1 Catena elettronica senza SPND . .
3.2.2 Catena elettronica con SPND . . .
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48
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54
56
INDICE
3.3 Software per l’acquisizione e l’elaborazione dei dati
3.3.1 Configuration . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3.2 Comunication . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3.3 Flux measurement . . . . . . . . . . . . . .
3.3.4 Fluence control . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3.5 Stop . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3.6 Mean . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4 Taratura e risultati sperimentali
4.1 Linearità dello strumento . . . . . . . .
4.2 Sensibilitá del SPND . . . . . . . . . .
4.2.1 Misura del rapporto di cadmio .
4.3 Calcolo della sensibilità Smb . . . . . .
4.4 Corrente SPND e potenza del reattore
Conclusioni
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80
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A BNCT
91
A.1 Il pricipio di base della BNCT . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91
A.2 La misura del boro in tessuti biologici a Pavia . . . . . . . . . 92
B Programma FLUENCECONTROL
95
C Programma PROGMEAN
109
Bibliografia
119
Ringraziamenti
123
4
Introduzione
La BNCT è una particolare tipologia di cura contro i tumori, che sfrutta la
reazione di cattura neutronica 10 B(n, α)7 Li. Con questa reazione si producono infatti due particelle altamente ionizzanti, poco penetranti, che sono
quindi capaci di cedere, in brevissimi percorsi nella materia (qualche micron), tutta la loro energia. Se si riesce perciò a introdurre selettivamente
il boro nelle cellule tumorali, esponendo il tumore a un flusso di neutroni si
possono, grazie a questa reazione di cattura, provocare danni letali alla cellula interessata, minimizzando i danni alle cellule sane vicine. Per ottenere
tale selettività, il boro viene trasportato da opportuni carriers molecolari; i
principali sono la BPA (Borofenilalanina) e il BSH (Sodio-Dodecaborano).
Per utilizzare questa tecnica appare quindi fondamentale conoscere con
esattezza la concentrazione di 10 B che si trova nelle cellule tumorali e quella
che invece è contenuta nelle cellule sane. A Pavia si è sviluppata un’innovativa tecnica che permette di condurre tali misure, sfruttando la spettroscopia
alfa. I campioni vengono irraggiati nella colonna termica del reattore dell’Università di Pavia, e dallo studio dello spettro delle particelle alfa prodotte
dalla reazione 10 B(n, α)7 Li si ricava la quantità di boro contenuta nei diversi
tessuti.
Questo tipo di misure richiede la conoscenza della fluenza neutronica a
cui è esposto ogni campione; per maggiore garanzia di precisione si preferisce
misurare direttamente questa grandezza, piuttosto che valutarla attraverso
il prodotto del flusso per il tempo di esposizione. In questo modo la fluenza
non risulta affetta dalle fluttuazioni del flusso (legate a quelle della potenza
del reattore) durante l’intervallo di tempo della misura.
Il presente lavoro ha riguardato lo sviluppo di un sistema per il monitoraggio in tempo reale della fluenza che interessa i campioni irraggiati in
Introduzione
colonna termica. Per realizzarlo si è utilizzato un rivelatore di neutroni di
tipo SPND. Questi rivelatori generano una corrente che risulta essere proporzionale al flusso di neutroni incidente; hanno il vantaggio di avere dimensioni
molto ridotte e di non richiedere un’alimentazione per funzionare.
In particolare nel Capitolo 1 si fornirà una panoramica dei diversi metodi
che stanno alla base della rivelazione dei neutroni termici.
Nel Capitolo 2 saranno presentati in dettaglio caratteristiche e vantaggi
di alcuni rivelatori di neutroni termici, mostrando particolare attenzione a
quei detector sviluppati per essere utilizzati in ambito terapeutico.
Nel Capitolo 3 verranno descritte le caratteristiche del SPND da noi utilizzato, le soluzioni tecniche adottate per integrare il detector nella catena
elettronica di misura del boro e il software sviluppato per realizzare il sistema
di monitoraggio della fluenza.
Nel Capitolo 4 saranno descritte le modalità con cui sono stati condotti
gli esperimenti per la caratterizzazione del SPND e del flusso della colonna
termica.
Nelle conclusioni si riassumeranno i risultati e si farà cenno alle prospettive future di studio del detector.
Nell’Appendice A si troveranno invece maggiori informazioni riguardanti
i principi della BNCT e una descrizione qualitativa della tecnica di misura
del boro con spettroscopia alfa, sviluppata a Pavia.
Nelle Appendici B e C saranno riportati i codici dei programmi sviluppati per questo lavoro, rispettivamente il codice di Fluencecontrol per poter
integrare il monitoraggio della fluenza nelle misure di concentrazione di boro,
e il codice di Progmean per l’analisi dei dati raccolti.
6
Capitolo 1
Rivelatori per neutroni termici
1.1
Neutroni termici e rapporto di cadmio
La distribuzione energetica dei fasci neutronici estratti da un reattore nucleare può essere approssimata dalla somma di tre componenti: termica,
epitermica e veloce. In un fissato punto, a seconda della sua posizione rispetto al nocciolo e del tipo di materiali circostanti, si può avere la prevalenza
di una delle componenti rispetto alle altre. La posizione del reattore in cui
verranno effettuate le misure che riguardano questa tesi è la colonna termica
del reattore; in questo caso la componente termica prevale nettamente sulle
altre due.
Se quindi ci limitiamo a considerare solo il flusso termico φt (~r) [1], che
per definizione è costituito solo da quei neutroni con energie inferiori a 5kT ,
e che quindi possiamo scrivere come
φt (~r) =
Z
5kT
φ(~r, E) dE ,
0
possiamo approssimare la sua distribuzione in energia allo spettro Maxwelliano φM (~r, E) , che risulta
φM (~r, E) =
2πn(~r)
(πkT )3/2
2
m
1/2
E e−E/kT ,
dove n(~r) è la densità di neutroni intorno al punto indicato dal vettore ~r, k
1. Rivelatori per neutroni termici
è la costante di Boltzmann, T è la teperatura del mezzo espressa in ◦ K e m
è la massa del neutrone.
Ora, dal momento che la distribuzione Maxwelliana decresce molto rapidamente per energie superiori a 5kT, possiamo anche estendere l’integrale
fino ad energie infinite, che l’errore che introduciamo risulterà molto piccolo.
Il flusso termico possiamo perciò scriverlo come
φt (~r) =
Z
∞
φM (~r, E) dE =
0
2
= √ n(~r)
π
2kT
m
1/2
2πn(~r)
3/2
(πkT )
2
m
1/2 Z
∞
E e−E/kT dE
0
.
(1.1)
Questa approssimazione è tanto valida quanto più la concentrazione di
assorbitori è bassa e quanto più è piccolo il fenomeno delle fughe dal sistema
dovuto al fatto che il mezzo in cui si muovono i neutroni in realtà è finito.
Inoltre, poichè l’energia del neutrone la possiamo scrivere come
1
ET = kT = mvT 2
2
con vT la velocità (espressa in cm/s) che il neutrone ha quando la temperatura
è T , l’Eq.(1.1) possiamo anche riscriverla in termini di velocità e non di
energia, come
2
φt (~r) = √ n(~r)vT .
π
Il flusso termico φt è quindi dipendente soltanto dalla temperatura T .
Nelle misure di flusso termico che utilizzano l’attivazione neutronica è
fondamentale conoscere il rate di assorbimento Fa dei neutroni.
Assumendo che i nuclei bersaglio siano liberi, l’interazione con il neutrone incidente può essere descritta utilizzando la sezione d’urto microscopica.
Tenendo conto che sia i neutroni che i nuclei del mezzo si muovono per agitazione termica, indichiamo con n(~v ) d~v il numero di neutroni/cm3 che in un
certo punto del mezzo si muovono con una velocità di laboratorio compresa
~ ) dV
~ il numero di nuclei/cm3 che si muovono con una
tra ~v e ~v +d~v e con N(V
~ e V~ + dV
~ . I neutroni si avvicinano
velocità di laboratorio compresa tra V
~ , il cui modulo vale vr . Se
quindi ai nuclei con velocità relativa v~r = ~v − V
8
1.1. Neutroni termici e rapporto di cadmio
l’intensità differenziale del fascio di neutroni è dI = n(~v ) vr d~v, allora il loro
rate di interazione con i nuclei per cm3 /s vale
~ ) σ(vr ) vr d~v dV
~ .
dF = n(~v ) N(V
Per conoscere quindi il rate totale di assorbimento, bisogna integrare nelle
~
sei componenti di ~v e V
Z Z
~ ) σa (vr ) vr d~v dV
~ .
Fa =
n(~v ) N(V
Tale integrale è molto complicato, ma in genere i materiali utilizzati per
le misure di flusso hanno sezioni d’urto di assorbimento che hanno per le
energie termiche un andamento come 1/v. Possiamo quindi scrivere
σa (vr ) = σa (vr0 )
vr0
,
vr
dove vr0 è una velocità relativa arbitraria e σa (vr0 ) la corrispondente sezione
d’urto di assorbimento. Se inseriamo questa equazione nell’integrale, il rate
di assorbimento diventa
Z Z
~ ) d~v dV
~ = N σa (vr0 ) n vr0 = Σa (E0 ) n v0 ,
Fa = σa (vr0 ) vr0
n(~v ) N(V
dove N è la densità atomica e n quella dei neutroni. Questo è un risultato importante, che mostra come il rate di assorbimento per neutroni in un
assorbitore 1/v sia costante, indipendente dalla distribuzione di velocità dei
neutroni o dei nuclei.
In genere la velocità che si prende solitamente come riferimento è v0 =
2200 m/s, che corrisponde a un’energia del neutrone pari a E0 = 0.0253 eV,
che è l’energia più probabile per un flusso Maxwelliano a temperatura 20.46◦
C. Ponendo φ0 = nv0 , il rate di assorbimento diventa semplicemente
Fa = Σa (E0 ) φ0 .
9
(1.2)
1. Rivelatori per neutroni termici
Poichè vale la relazione
vt
=
v0
T
T0
1/2
,
l’equazione che permette di passare dal φ0 al φt è
2
φt = √
π
T
T0
1/2
φ0 .
(1.3)
A questo punto se definiamo una nuova grandezza, la sezione d’urto di
assorbimento media sullo spettro termico, come
√
π
Σ̄a =
2
T0
T
1/2
Σa (E0 ) ,
(1.4)
il rate di assorbimento lo possiamo scrivere come
Fa = Σ̄a (E0 ) φt .
Se rappresentiamo in grafico lo spettro di un flusso di neutroni termalizzati in un mezzo finito e reale (Figura 1.1), notiamo che la loro distribuzione
si può approssimare a una distribuzione Maxwelliana traslata a temperature
superiori rispetto a quella di un mezzo infinito e ad assorbimento nullo (in
questo caso la temperatura della Maxwelliana corrisponde a quella del mezzo), a cui si aggiunge una “coda” con andamento 1/E. Se, come abbiamo già
detto, possiamo descrivere il flusso termico φt con la distribuzione Maxwelliana, la parte proporzionale a 1/E descrive neutroni con energie più elevate,
e che costiuiscono il flusso chiamato epitermico φe .
L’energia in cui le due curve si incontrano è E = µkT , dove µ è un indice
di termalizzazione che dipende dal moderatore (per la grafite della colonna
termica vale 4.86). Al di sotto di tale energia la componente epitermica
risulta trascurabile.
Se il flusso termalizzato lo possiamo quindi scrivere come φtot = φt + φe ,
è possibile ricavare una relazione tra le due componenti, a partire da una
grandezza, misurabile sperimentalmente, che si chiama rapporto di cadmio.
Per misurare il rapporto di cadmio [2] si irraggiano due targhette identiche, una nuda e l’altra posta in un contenitore di cadmio dello spessore
10
1.1. Neutroni termici e rapporto di cadmio
Figura 1.1: φ(E) è lo spettro energetico di un flusso di neutroni termalizzati in
acqua, φM (E) distribuzione Maxwelliana. Immagine tratta da [1].
dell’ordine del mm. Il cadmio (12.22% 113 Cd) ha un particolare andamento
della sezione d’urto di assorbimento, come si può vedere Figura 1.2: per basse
energie è proporzionale a 1/v, presenta un’ampia risonanza intorno a 0.5 eV
e poi, dai valori che ha avuto superiori ai 10000 barns, subisce un drastica e
rapida diminuzione con l’aumentare dell’energia dei neutroni. L’energia alla
quale si riscontra la risonanza è detta energia di taglio ECd e dipende dallo
spessore dello schermo e dal tipo di flusso neutronico, se isotropo o collimato.
Caratteristiche tali della sezione d’urto fanno sı̀ che il cadmio assorba tutti
i neutroni con energie inferiori a ECd ; la targhetta schermata da questo materiale sarà quindi attivata soltanto da quei neutroni con energia superiore,
cioè soltanto da quelli costituenti il flusso epitermico φe . Il rivelatore nudo
invece, sarà attivato da tutto lo spettro neutronico φtot .
Definiamo perciò rapporto di cadmio il rapporto
RCd =
A∞ (f oglio nudo)
.
A∞ (f oglio sotto Cd)
Noto il rapporto di cadmio si possono calcolare le componenti termica ed
epitermica del fascio.
In particolare, per nuclei che hanno sezioni d’urto con andamento 1/v
nella zona termica e che presentano risonanze solo per E > ECd , come oro,
argento, rame, manganese, vale la relazione
11
1. Rivelatori per neutroni termici
Figura 1.2: Sezione d’urto del 113 Cd in funzione dell’energia del neutrone
incidente. Immagine tratta da [3].
√
r µπ
φe
=√
,
φt
µπ − 4r
(1.5)
dove r è un indice di termalizzazione del fascio, che si ricava dalla misura di
rapporto di cadmio come
g
r=
RCd
√4
π
q
µT
ECd
,
+s −s
(1.6)
con g e s parametri propri del materiale costituente la targhetta. Rispettivamente sono indici dell’andamento 1/v della sezione d’urto nella zona termica, e del contributo delle risonanze rispetto questo andamento nella zona
epitermica.
1.2
1.2.1
Rivelatori
Categorie di detector
Lo sviluppo di nuovi rivelatori di neutroni è un campo di ricerca ancora molto
attuale. Tali dispositivi posso essere usati per esempio [4]:
• nel campo della fissione: per la mappatura dei flussi neutronici all’interno o nell’intorno del core dei reattori;
12
1.2. Rivelatori
• nel campo della fusione: per avere informazioni sull’attività, sulla distribuzione e sulla temperatura dei plasmi attraverso la misura dei
neutroni;
• nel trattamento materiali speciali : per ottenere importanti informazioni riguardanti rifiuti radioattivi o armi, in modo da trattare questi
materiali nel modo più opportuno;
• nella ricerca di base: per misure di sezioni d’urto, studio di nuclei
esotici, investigazioni sulla materia oscura e dello spazio in generale;
• nella dosimetria: sia per la radioprotezione, sia per la caratterizzazione
e l’esecuzione di piani di trattamento radioterapeutico;
• nella scienza dei materiali : per ottenere informazioni sui materiali attraverso scattering e diffrazione di fasci neutronici, o attraverso
radiografie e tomografie neutroniche.
Il primo step della rivelazione dei neutroni richiede la produzione di particelle che sono più facilmente rivelabili come fotoni o particelle dotate di
carica elettrica. Per questo si sfruttano reazioni nucleari come l’assorbimento, la fissione e lo scattering elastico delle quali bisogna conoscere la sezione
d’urto. Questa è però una funzione dell’energia dei neutroni incidenti (oltre che della temperatura del bersaglio), quindi reazioni opportune andranno
scelte a seconda del range energetico al quale si è interessati.
I detector di neutroni in genere si possono suddividere in due grandi classi
di dispositivi:
• PASSIVI : essenzialmente sono dispositivi che, sottoposti a un flusso
di neutroni, subiscono delle trasformazioni; lo studio di queste trasformazioni viene condotto in un secondo momento e permette di avere
informazioni sul flusso. In questa classe di detector troviamo:
– attivazione di fogli : i materiali utilizzati sono generalmente oro,
rame, manganese, cobalto, ecc.; i foglietti si attivano per cattura
neutronica in maniera proporzionale al flusso a cui sono sottoposti;
è una tecnica che richiede una catena spettrometrica gamma ben
13
1. Rivelatori per neutroni termici
calibrata e l’uso di software per la deconvoluzione dello spettro
neutronico a partire dalle attivazioni indotte;
– rivelatori a traccia: sono materiali solidi i cui legami cristallini
vengono rotti dal passaggio di particelle cariche; i danni vengono
poi accentuati da uno sviluppo in bagno alcalino e rivelati con un
microscopio. Poichè la perdita di energia da parte di elettroni è in
genere insufficiente a creare tracce, questi rivelatori permettono di
discriminare i contributi dei neutroni da quelli dei raggi gamma
solitamente presenti nello stesso campo.
• ATTIVI : l’interazione dei neutroni con il dispositivo crea un impulso o
una corrente proporzionale al flusso delle particelle. Questi strumenti,
che permettono misure in real-time, sono:
– detector ad attivazione: il segnale è costituito dai prodotti di
decadimento del materiale attivato;
– camere a bolle: variando pressione e temperatura permettono di
discriminare facilmente vari range energetici dei neutroni;
– strumenti basati su protoni di rinculo: misurando l’energia e l’angolo di deflessione dei protoni si risale all’energia dei neutroni
incidenti; sono dei veri e propri spettrometri per neutroni;
– strumenti basati sul tempo di volo: anche questi sono degli spettrometri; l’energia dei neutroni viene ricavata dalla misura dell’intervallo di tempo impiegato dal neutrone a percorrere una fissata
distanza;
– contatori a gas: come tubi a 3 He o camere a fissione, in cui il
segnale viene prodotto dalla ionizzazione indotta dalle particelle
cariche liberate nella reazione di cattura, fissione o rinculo;
– detector a semiconduttore: sono dispositivi a stato solido costituiti da cristalli di silicio, germanio o diamante, in cui si misura
l’energia persa dalla particella carica incidente;
– scintillatori : solidi o liquidi, di materiale organico o inorganico, il
cui funzionamento è basato sulla luce sviluppata dalla diseccitazione degli atomi in seguito al passaggio di una particella carica,
14
1.2. Rivelatori
che può poi essere convertita in un segnale elettrico attraverso un
CCD1 o un fotomoltiplicatore.
1.2.2
Metodi di conversione per neutroni termici
Per convertire con alta efficienza i neutroni termici in particelle più facilmente
rivelabili [5], mantenendo piccole le dimensioni dello strumento in modo da
non perdere in risoluzione spaziale, è essenziale avere la più grande sezione
d’urto possibile; il nuclide bersaglio, inoltre deve avere un’alta abbondanza
isotopica nell’elemento naturale, oppure devono essere facili ed economiche
le tecniche di arricchimento. Spesso poi se la misura è affetta dalla presenza
di altri segnali non voluti, è utile disporre di reazioni con alto Q−valore2 , in
modo da poter discriminare con facilità quei segnali relativi alla sola reazione
di nostro interesse.
La reazione sul Boro
Una delle reazioni più utilizzate per convertire un neutrone termico in una
particella direttamente rivelabile è la reazione 10 B(n, α)7 Li, che per neutroni
di 0.025 eV presenta i seguenti branching ratios:
Reagenti
10
5 B +n
Prodotti B.R.
7
0.06
3 Li + α
7
∗
0.94
3 Li + α
Q−value
2.792 MeV
2.310 MeV
Essendo una reazione a due corpi, i prodotti vengono emessi in direzioni
opposte con energie date dalle leggi di conservazione del momento e dell’energia. Prendendo in considerazione il caso più probabile che vede il nucleo
del litio trovarsi allo stato eccitato, le energie dei prodotti sono
ELi =0.84 MeV
e Eα =1.47 MeV
a cui segue il γ di diseccitazione a 478 keV.
1
Charge Coupled Device, circuito integrato di elementi semiconduttori, in grado di accumulare una carica elettrica proporzionale all’intensità della radiazione elettromagnetica
che lo colpisce.
2
Energia liberata durante una reazione.
15
1. Rivelatori per neutroni termici
Si possono cosı̀ sviluppare strumenti che per discriminare i segnali dovuti a
questa particolare reazione da altri dovuti al rumore, lavorino o in coincidenza
(rivelando contemporaneamente le due particelle emesse nella reazione) o
sulle energie dei prodotti.
Come elemento il 10 B è molto vantaggioso. Ha una sezione d’urto per neutroni termici particolarmente alta, 3840 barns, che diminuisce con l’inverso
della velocità del neutrone. L’abbondanza isotopica del 10 B nell’elemento
naturale è del 19.8%.
La reazione sul Litio
Un’altra reazione particolarmente usata è la reazione 6 Li(n, α)3 H, che presenta le seguenti caratteristiche:
Reagenti
6
3 Li + n
Prodotti B.R.
3
1
1H + α
Q−value
4.78 MeV
Anche in questo tipo di reazione, essendo una reazione a due corpi, si
può lavorare in coincidenza; le energie dei prodotti di reazioni con i neutroni
termici sono:
E3 H =2.73 MeV
e Eα =2.05 MeV .
La sezione d’urto per questa reazione è di 940 barns e il 6 Li ha un’abbondanza isotopica del 7.40%.
La reazione sull’Elio
Spesso si usa questo gas come mezzo per la rivelazione dei neutroni, secondo
la reazione:
Reagenti
3
2 He + n
Prodotti
3
1H + p
B.R. Q−value
1
0.764 MeV
Le particelle prodotte avranno direzioni opposte ed energie per neutroni
termici:
16
1.2. Rivelatori
Ep =0.573 MeV
e E3 H =0.191 MeV .
La sezione d’urto per questo tipo di reazione per i neutroni termici è
molto alta, 5330 barns, e sebbene ad alto costo, il gas 3 He si trova a livello
commerciale.
La reazione sul Gadolinio
Il 157 Gd è il materiale che presenta la più alta sezione d’urto per i neutroni termici. Questa risulta essere 2.55 · 105 barns. Alla cattura seguono l’emissione
di prompt gamma (raggi gamma di diseccitazione del nucleo) e di elettroni.
Poichè in un campo di neutroni sono sempre presenti delle radiazioni gamma, in questo caso è necessario a maggior ragione sviluppare tecniche per
discriminare il fondo gamma.
L’abbondanza isotopica del 157 Gd nel gadolinio naturale è del 15.7%.
La reazioni di fissione
Gli elementi 233 U, 235 U e 239 P u presentano una sezione d’urto di fissione
piuttosto elevata per neutroni ad energie termiche e un Q−valore estremamente alto (intorno ai 200 MeV). Quest’ultima caratteristica permette di
discriminare facilmente i contributi dati dalla fissione da quelli dovuti al
fondo.
La sezione d’urto di fissione per 233 U vale 531 barns, per 235 U 584, mentre
per 239 P u risulta 747 barns [6].
17
1. Rivelatori per neutroni termici
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18
Capitolo 2
Monitor di flusso di neutroni
termici
Per flusso di un campo di radiazione nell’intorno di un punto dello spazio
si intende il valore di aspettazione del numero di particelle che attraversano
una superficie sferica (centrata intorno al punto) diviso per l’area del cerchio
massimo e per l’intervallo di tempo di osservazione; per fluenza si intende
invece lo stesso valore di aspettazione suddetto integrato sul tempo di osservazione e diviso per l’area del cerchio massimo. Per le terapie che sfruttano le
radiazioni o per gli studi di radioprotezione la fluenza è quindi una grandezza
più utile rispetto al flusso, poichè direttamente collegabile alla dose assorbita
in un certo intervallo di tempo.
È chiaro però che conoscendo il flusso di particelle e il tempo di irraggiamento, la fluenza non è altro che il prodotto tra queste due grandezze.
Quindi in mancanza di un dispositivo che misuri direttamente la fluenza, è
possibile utilizzarne uno di flusso, mediarne la misura e assumere che durante
il tempo di irraggiamento il flusso rimanga costante.
Qui di seguito tratteremo alcuni dispositivi, con particolare attenzione a
quelli che hanno applicazioni in ambito terapeutico.
2. Monitor di flusso di neutroni termici
2.1
Monitoraggio per attivazione
Questa tecnica permette di compiere misure di flusso in maniera indiretta,
mediante lo studio della radioattività indotta dall’irragiamento di un materiale. Esponendo un campione al flusso di neutroni [5] per un certo tempo,
una volta rimosso e studiata la sua attività, è possibile dedurre informazioni
sull’intensità e la distribuzione energetica del campo radioattivo.
Poichè le sezioni d’urto di cattura neutronica sono più alte per le basse
energie (andamento 1/v), questa tecnica è particolarmente adatta alla misura di flussi di neutroni termici. Infatti se sottoponiamo un campione di
volume V ad un flusso φt di neutroni che presenti Σ̄att come sezione d’urto
di attivazione media sullo spettro termico, definita dall’Eq.(1.4), il rate di
attivazione, cioè il numero di nuclei radioattivi prodotti ogni secondo, è
R = φt Σ̄att V
e di conseguenza il rate di attivazione per unità di massa è direttamente
proporzionale all’intensità del flusso.
L’attività del campione sarà perciò λN, dove λ è la costante di decadimento propria del nuclide instabile creato, e N è il numero di questi nuclei
creati. La velocità con cui il numero dei nuclei instabili varia nel tempo è
data da
dN
=R−λ N
dt
che con la condizione che a t = 0 vale N = 0, e considerando R costante,
cioè che il flusso di neutroni non vari durante l’esposizione e sia trascurabile
l’effetto di burn-up che fa diminuire il numero di nuclei che si possono attivare
nella targhetta, ha come soluzione
N(t) =
R
(1 − e−λt ) .
λ
L’attività del campione è perciò
A(t) = λ N = R (1 − e−λt )
e avrà, come si può vedere dalla Figura 2.1, un andamento crescente asinto20
2.1. Monitoraggio per attivazione
ticamente nel tempo, che prevede per t = ∞ il valore limite
A∞ = R = φt Σ̄att V .
(2.1)
Se l’irraggiamento è stato protratto per un tempo t0 , il campione avrà come
attività
A0 = A∞ (1 − e−λt0 )
(2.2)
che diminuirà esponenzialmente al passare del tempo. Infatti se i conteggi
di attività vengono fatti nell’intervallo di tempo compreso tra t1 e t2 , questi
saranno
Z t2
C = ε
A0 e−λ(t−t0 ) dt + B
t1
= ε
A0 λt0 −λt1
e (e
− e−λt2 ) + B
λ
(2.3)
dove ε è l’efficienza del rivelatore e B sono i conteggi di background tra t1 e t2 .
Dalla combinazione delle Eq. (2.2) e (2.3), si ottiene l’attività di saturazione
Figura 2.1: Andamento in funzione del tempo dell’attività di un campione
irraggiato per un tempo t0 . Immagine tratta da [5].
A∞ =
ε (1 −
λ (C − B)
eλt0 (e−λt1 − e−λt2 )
e−λt0 )
21
(2.4)
2. Monitor di flusso di neutroni termici
che inserita nella Eq. (2.1) permette di calcolare il flusso di neutroni φt .
Questa tecnica è una tecnica integrale che quindi non può dire nulla sulla
variazione del flusso durante l’irraggiamento. I campioni irraggiati devono
essere piccoli, in modo da non perturbare il campo di neutroni e garantire un’attivazione il più possibile omogenea, in modo da poter trascurare
gli effetti di autoschermaggio che riducono il flusso di neutroni nel centro
del campione rispetto alle sue superfici. A questo scopo si prestano molto
bene fogli sottili o cavetti di piccolo diametro, che possono essere tagliati nelle dimensioni più opportune, solitamente comunque inferiori a 5 mm.
Non richiedendo alcun accorgimento particolare e non necessitando di alcuna
connessione elettrica, il monitoraggio per attivazione è particolarmente usato
nell’opera di mappatura della distribuzione spaziale del flusso di neutroni.
Nella scelta dei materiali da utilizzare è fondamentale considerare tutte
le seguenti caratteristiche:
• sezione d’urto: possibilmente alta, ma comunque tale da non introdurre perturbazioni al campo; per i neutroni termici in genere si sfruttano
reazioni di cattura o reazioni (n, γ), mentre per quelli veloci sono preferibili reazioni che richiedano almeno una soglia di energia minima,
come possono essere le reazioni (n, p), (n, α) e (n, 2n);
• costante di decadimento dell’elemento creato: meglio che non sia nè
troppo grande, nel qual caso significa che la vita media è breve e questo potrebbe significare eccessivi tempi morti, nè troppo piccola, altrimenti si rischia che diventino troppo lunghi i tempi di irraggiamento
per raggiungere l’attività di saturazione; una vita media di poche ore
potrebbe andare bene per la maggior parte delle misure;
• purezza del materiale: significa prevenire quei fenomeni di radioattività
non voluta che costituiscono rumore; se questi hanno vita media breve,
allora il problema si risolve semplicemente aspettando un tempo sufficiente prima di compiere la misura, se hanno vita media lunga invece
occorre tenere bassi i tempi di irraggiamento;
• tipo di decadimento: spesso si preferisce il decadimento γ in modo da
ridurre l’autoassorbimento della radiazione nel campione stesso;
22
2.1. Monitoraggio per attivazione
• proprietà fisiche: poichè gas e liquidi sono difficili da utilizzare dato
che richiedono dei contenitori che necessariamente interagiscono con le
radiazioni, sono preferibili fogli o cavetti di metallo che sopportano per
altro bene le estreme condizioni che si raggiungono nei reattori.
Tenendo conto di queste richieste, i materiali più comunemente usati per
questo tipo di monitoraggio sono quelli di Tabella 2.1, che hanno le seguenti
caratteristiche [7]:
Manganese : la sua sezione d’urto è proporzionale a 1/v; può essere utilizzato o come metallo puro, o come lega Mn-Ni.
Cobalto : per la sua lunga vita media può essere utilizzato solo nei casi
in cui il tempo di irradiazione è particolarmente lungo o il flusso da
misurare è molto alto.
Rame : questo materiale come il manganese ha un andamento della sezione
d’urto per cattura neutronica che è proporzionale a 1/v, ma è meno
sensibile perché ha sezione d’urto inferiore e vita media più lunga. Ha
però buone proprietà meccaniche ed è facile preparare fogli o cavetti di
questo materiale. Viene spesso impiegato per la mappatura del flusso
nel core di reattori di bassa potenza.
Indio : con questo materiale si possono produrre detector fino a 10 µm di
spessore. Il principale difetto è dato dalla presenza nella sezione d’urto
di risonanze per neutroni epitermici.
Disprosio : utilizzato nelle tre forme: disprosio metallico, lega di disprosio
e alluminio, ossido di disprosio Dy2 O3 depositato su un supporto, come
per esempio l’alluminio. Nonostante la sua sezione d’urto presenti risonanze per neutroni epitermici, l’attivazione dovuta a questi neutroni
è bassa paragonata a quella data dai neutroni termici. Questo lo rende
un materiale particolarmente adatto per le misure di basso flusso in
quelle situazioni in cui è impossibile utilizzare schermi di cadmio.
Oro : è il materiale più indicato per misure particolarmente precise come
possono essere quelle di calibrazione assoluta. Il suo tipo di decadi23
2. Monitor di flusso di neutroni termici
mento è tale da permettere misure di attività sfruttando la coincidenza
β − γ.
Tabella 2.1: Materiali utilizzati nei detectors ad attivazione per neutroni termici.
I dati riguardanti i decadimenti sono tratti da [8].
Elementi
Distribuzione
isotopica (%)
Manganese
Cobalto
55
Rame
63
Mn (100)
Co (100)
59
Cu (69.2)
Cu (30.8)
107
Ag (51.35)
109
Ag (48.65)
113
In (4.23)
65
Argento
Indio
115
Disprosio
Oro
164
In (95.77)
Dy (28.18)
197
Au (100)
Sez. d’urto Elemento
(10−28 m2 )
indotto
13.2 ± 0.1
16.9 ± 1.5
20.2 ± 1.9
4.41 ± 0.20
1.8 ± 0.4
45 ± 4
93.5 ± 1.5
56 ± 12
2.0 ± 0.6
160 ± 2
42 ± 1
2000 ± 200
800 ± 100
98.5 ± 0.4
56
Mn
Co
60
Co
64
Cu
66
Cu
108
Ag
110m
Ag
114m
In
114
In
116m
In
116
In
165m
Dy
165
Dy
198
Au
60m
T1/2
Decay
mode
2.578 h
10.47 min
5.27 y
12.70 h
5.12 min
2.37 min
249.79 d
49.51 d
71.9 s
54.29 min
14.10 s
1.257 min
2.334 h
2.695 d
β−
IT, β −
β−
EC, β −
β−
β − , EC
β − , IT
IT, EC
β − , EC
β−
β − , EC
IT, β −
β−
β−
Qualora il campo di neutroni sia un campo misto di neutroni lenti e veloci,
la tecnica dell’attivazione neutronica è sempre utilizzabile; per separare le due
componenti è necessario un doppio irraggiamento nelle medesime condizioni,
ponendo in un caso il foglio da attivare in uno schermo di cadmio (spessore
0.5 mm). Dal campione irraggiato senza lo schermo si acquisiscono i conteggi
dovuti all’attivazione indotta da entrambe le componenti, dall’altro invece
quelli dovuti alla sola componente veloce. In questo caso può essere utilizzato
il metodo di Westcott per separare le componenti termica ed epitermica.
Il monitoraggio per attivazione è una tecnica potente e relativamente
semplice ma che richiede l’uso di un opportuno rivelatore al germanio per la
spettrometria gamma.
24
2.2. Contatori proporzionali
2.2
Contatori proporzionali
I contatori proporzionali fanno parte di quella categoria di rivelatori che per
rivelare le radiazioni sfruttano le ionizzazioni che queste creano in un gas,
direttamente o indirettamente.
Appartengono a questa classe di rivelatori a gas diversi strumenti, che fatta eccezione per i differenti parametri operativi che li caratterizzano, hanno
tutti il medesimo schema di funzionamento [9]. Hanno un contenitore di gas
dotato di due elettrodi a cui è applicata una differenza di potenziale. Se una
radiazione attraversa il gas, con una certa probabilità questa creerà delle
coppie ione-elettrone, il cui numero medio risulterà proporzionale all’energia depositata nella camera. Sotto l’azione del campo elettrico, gli elettroni
migreranno verso l’anodo, mentre gli ioni positivi verso il catodo. La corrente che si crea avrà un’intensità che dipenderà dalla differenza di potenziale
applicata agli elettrodi.
Se la tensione è nulla, non avremo alcuna corrente. Se la tensione applicata invece non è sufficiente a vincere completamente le forze di ricombinazione
che si instaurano tra gli stessi elementi della coppia creata, allora soltanto
alcuni degli elementi creati raggiungeranno gli elettrodi e tale numero aumenta con la tensione. Se continuiamo ad aumentare la tensione noteremo
che da un certo valore in poi la corrente rimane costante; ciò significa che
tutte le coppie create raggiungono gli elettrodi. Gli strumenti che lavorano
in quest’area sono chiamati camere a ionizzazione. Aumentando la tensione
applicata, si nota che ad un certo punto la corrente tra gli elettrodi tornerà ad
aumentare con l’aumento della tensione. Ciò significa che il campo elettrico
è cosı̀ intenso da accelerare le particelle cariche create a energie tali da creare
loro stesse delle ionizzazioni (ionizzazione a cascata o a valanga). Come effetto si ottengono correnti ancora proporzionali al numero di coppie create dalla
prima ionizzazione, ma più intense, anche di 6 ordini di grandezza. I dispositivi che lavorano in questa regione sono chiamati contatori proporzionali.
Se incrementiamo ulteriormente la tensione, l’energia delle particelle delle
coppie create diventa tale da creare una scarica tra gli elettrodi. I detector
che lavorano in questa regione sono detti contatori Geiger-Müller. Se aumentiamo ancora la differenza di potenziale, da un certo valore in poi otterremo
25
2. Monitor di flusso di neutroni termici
Figura 2.2: Ionizzazioni prodotte in funzione della tensione utilizzata e relativi
dispositivi che utilizzano tali impostazioni.
26
2.2. Contatori proporzionali
continue scariche indipendentemente dal passaggio o meno di radiazioni.
La scelta del gas da utilizzare è fondamentale per questi tipi di rivelatori.
I fattori che hanno maggiormente peso nella decisione sono: bassa tensione
di lavoro, ampi segnali in uscita, buona proporzionalità e alta sezione d’urto
di interazione. In genere con le miscele di gas si possono ottenere più facilmente tutte queste caratteristiche piuttosto che con un gas costituito da
un solo elemento. I gas nobili si adattano perfettamente per mantenere le
tensioni basse, dal momento che sono sufficienti campi elettrici deboli per
creare le ionizzzioni a valanga. Per i bassi costi e l’alta ionizzazione specifica
è ampiamente utilizzato l’argon.
Una caratteristica di tutti gli spettri ricavati dai contatori a gas è la
presenza dell’effetto wall. Questo è dovuto al fatto che le dimensioni del rivelatore sono finite. Solo infatti in un rivelatore infinito tutta l’energia delle
particelle direttamente ionizzanti viene ceduta all’interno del gas e solo in
questo caso ideale lo spettro risulterebbe avere picchi ben visibili in corrispondenza delle loro energie. In realtà invece capita che per le dimensioni
limitate del rivelatore non tutta l’energia delle particelle viene ceduta all’interno del gas e questo fa sı̀ che si abbia un continuo di conteggi a sinistra dei
picchi.
Nel caso dei tubi BF3 [5], poichè la reazione di cattura sul boro crea due
particelle ionizzanti, il picco è dato dalla somma delle energie di entrambe,
ma nello spettro vediamo anche due spalle, in corrispondenza delle energie
delle singole particelle, dovute all’effetto wall.
Questo tipo di rivelatore possiede una buona capacità di discriminare i
contributi dei raggi gamma. Queste radiazioni infatti interagiscono principalmente con le pareti del contatore e creano elettroni secondari che ionizzando
il gas intervengono nei conteggi. Fortunatamente però gli elettroni hanno uno
stopping power1 inferiore rispetto alle particelle α e i nuclei di litio, perciò
nel gas rilasciano poca della loro energia. Ciò si traduce in impulsi deboli,
perciò il contributo dei raggi γ ai conteggi interesseranno soltanto i canali
corrispondenti a basse energie e quindi sono facilmente eliminabili.
Una variante dei tubi a BF3 , in cui il boro è diffuso sotto forma di gas
(trifluoruro di boro) direttamente nella camera a ionizzazione, sono quei tubi
1
Capacità di perdere energia per unità di percorso dE/dx.
27
2. Monitor di flusso di neutroni termici
Figura 2.3: Tipico spettro che si ottiene da un tubo BF3 . Il picco maggiore
è dato dalla reazione che lascia il nucleo di litio allo stato eccitato
(B.R. 94%), mentre quello alla sua destra è dato dalla reazione che
lascia il litio allo stato fondamentale. L’effetto wall crea due continui alla sinistra del picco maggiore, che presentano una spalla in
corrispondenza della massima energia che le due particelle possono
cedere singolarmente. A basse energie si registrano i conteggi dovuti
agli elettroni liberati dal fondo dei raggi γ.
28
2.3. Camera a fissione
in cui il boro riveste le pareti della camera. Qui, poichè la reazione di cattura 10 B(n, α)7 Li avviene direttamente sulla parete, le due particelle prodotte,
avendo direzioni opposte, ionizzeranno il gas separatamente. Inoltre partendo già dalla parete, si riduce di molto l’effetto wall. Poichè la profondità
a cui avviene la reazione cambia, gli spettri delle particelle avranno energie
uniformemente distribuite tra 0 e Emax . Questo darà un andamento decrescente a gradini ai conteggi, con il risultato che non sarà più facile questa
volta discriminare il contributo dei raggi gamma.
Figura 2.4: Spettro ideale che si otterrebbe utilizzando un contatore proporzionale in cui il 10 B non è disperso nel gas ma ricopre le pareti della
camera. Le energie delle particelle sono uniformemente distribuite
tra 0 e la rispettiva Emax . Il primo gradino è dato dalla somma dei
conteggi del litio e delle alfa, mentre il secondo è dovuto alle sole
alfa.
Oltre ai tubi BF3 sono stati sviluppati tubi che hanno come gas interagente 3 He. Qui per rivelare i neutroni termici viene sfruttata la reazione
3
He(n, p)3 H, che ha una sezione d’urto più alta rispetto a quella del boro. In questo caso però l’effetto wall sarà ancora più accentuato dato che le
particelle prodotte hanno una capacità di ionizzazione minore rispetto alle
precedenti due.
2.3
Camera a fissione
Rivelatori abbastanza simili ai contatori proporzionali sono le camere a fissione [5]. Sono dotate di una camera in cui è inserito un gas, che al passaggio di
29
2. Monitor di flusso di neutroni termici
una radiazione si ionizza; se è applicata una tensione ai capi di due elettrodi,
si registrerà una corrente proporzionale al numero di ionizzazioni prodotte
nel gas. La differenza è che per rivelare i neutroni termici qui si utilizzano
degli atomi di uranio o plutonio che rivestono le pareti della camera. Il gas
generalmente utilizzato è argon a pressioni atmosferiche, mentre le tensioni
sono generalmente comprese tra 50 e 300 V. Un esempio di camera a fissione
è schematizzato in Figura 2.5.
Il principale problema di questi detector è il consumo degli elementi fissili
(burn-up), che nel caso del 235 U riduce la sensibilità del 50% dopo una fluenza
di neutroni di 1.7 · 1021 n/cm2 . Un modo per ridurre questo problema è
rivestire le pareti di una miscela composta sia di elementi fissili che di elementi
fertili. Una camera rigenerativa in questo modo converte gradualmente il
materiale fertile in fissile, in modo da compensare i nuclei fissili originari che
sottoposti a un flusso di neutroni si sono persi. Utilizzando miscele di 238 U
e 239 P u o di 234 U e 235 U si riesce a non far variare la sensibilità più del 5%
anche a fluenze superiori i 1021 n/cm2 .
Un secondo aspetto che caratterizza le misure delle camere a fissione è
che dopo un lungo periodo di utilizzo sotto intensi flussi neutronici è inevitabile la comparsa di correnti residue che innalzano i conteggi. I prodotti di
fissione infatti decadono emettendo β e raggi γ che partecipano anch’essi alla
ionizzazione del gas all’interno della camera, seppur in maniera molto meno
intensa rispetto ai pesanti prodotti di fissione.
Come esempio di un possibile utilizzo delle camere a fissione miniaturizzate, in India i ricercatori del TAPS2 e BARC3 hanno sviluppato il sistema
di monitoraggio LPRM, Local Power Range Monitoring [10]. Tale sistema
permette di monitorare la distribuzione dei flussi di neutroni all’interno del
core del reattore ad acqua bollente da 235 MW che è in funzione a Tarapur, e
in caso di distribuzione anomala della potenza, che è direttamente correlata
al flusso, aziona un allarme.
Le camere a fissione utilizzate hanno una lunghezza sensibile di 25 mm,
un anodo di diametro 3.7 mm, un catodo con diametro interno di 4.2 mm
ed esterno di 5.4 mm, mentre il volume è riempito da argon a pressione
2
3
Tarapur Atomic Power Station.
Bhabha Atomic Research Centre.
30
2.3. Camera a fissione
atmosferica. La scelta di questo gas è dovuta al fatto che rimane inerte
anche se sottoposto a intensi campi radianti, ha buona conducibilità termica
tale da eliminare il calore sviluppato dalla generazione del segnale elettrico,
e presenta inoltre una bassa sezione d’urto per i neutroni. Come elemento
fissile viene utilizzato 235 U arricchito al 90%.
Figura 2.5: Diagramma della camera a fissione. Immagine tratta da [10]
I ricercatori hanno messo a confronto due modalità di utilizzo delle camere, la modalità DC mode e la modalità sviluppata da Campbell MSV
(mean-square voltage) mode. Come si può notare dalla Tabella 2.2, l’utilizzo
della camere a fissione è meglio ottimizzato nel MSV mode.
Tabella 2.2: Caratteristiche delle camere a fissione del sistema di monitoraggio
LPRM, in funzione della modalità di utilizzo. I dati si riferiscono
per flussi di neutroni di 6.6 · 1013 nv e di gamma di 8 · 108 R/h. Si
assume di utilizzare il rivelatore fino a che il segnale dovuto ai n sia
maggiore di 5 volte quello dovuto ai γ.
Mode
DC
MSV
Sensibilità
ai neutroni
Sensibilità
ai gamma
Rapporto
segnali n/γ
Vita
detector
1 · 10−17 A/nv
4 · 10−31 A2 /Hz/nv
2 · 10−14 A/R/h
1.5 · 10−30 A2 /Hz/R/h
41.25
2.2 · 104
1.74 y
6.74 y
31
2. Monitor di flusso di neutroni termici
2.4
SPND (Self Powered Neutron Detector)
L’SPND [5] è un tipo di detector per neutroni termici il cui studio è iniziato
intorno agli anni ’60. Nel nome che la sigla vuole indicare, Self Powered
Neutron Detector, è contenuta una delle principali qualità di questi strumenti,
cioè quella di essere autoalimentati, di conseguenza non hanno bisogno che
venga loro applicata della tensione dall’esterno. In letteratura questi tipi
di dispositivi possono essere indicati anche con nomi diversi, quali: Hilborn
detectors, beta emission detector, collectrons, electron emission detectors,
PENA (primary emission neutron activation) detectors.
Il principio che sta alla base degli SPND è quello di creare attraverso
il decadimento di nuclidi attivati per cattura neutronica, una corrente proporzionale al flusso di neutroni. Infatti supponiamo per semplicità che il
rivelatore sia costituito da soli due conduttori, uno sensibile ai neutroni, che
sottoposto a un flusso di neutroni si attiva, e l’altro no. Se gli elementi
attivati decadono emettendo particelle cariche e queste raggiungono l’altro
conduttore, allora significa che su questi due elementi si accumulano cariche
di segno opposto che possono produrre una corrente. L’intensità di questa
corrente sarà proporzionale al numero di particelle che raggiungono il secondo conduttore al momento della misura, che sono a loro volta proporzionali al
flusso di neutroni che incide sulla parte sensibile del detector. In particolare:
I(t) ∝ q σ N φ (1 − e−λt )
(2.5)
dove I(t) è la corrente dopo un tempo t di irraggiamento, q è la carica della
particella emessa, σ è la sezione d’urto del materiale sensibile che ha densità
di nuclei N, φ è il flusso di neutroni, λ è la costante di decadimento dei
prodotti di attivazione.
Quando il tempo di esposizione t del detector al flusso di neutroni φ
è lungo rispetto alla vita media dei prodotti di attivazione, l’intensità di
corrente I raggiunge il valore di saturazione rappresentato in Figura 2.6, che
risulta essere
ISat ∝ q σ N φ .
(2.6)
Dalla misura della corrente di saturazione ISat e dalle caratteristiche del
32
2.4. SPND (Self Powered Neutron Detector)
Figura 2.6: Corrente in uscita dall’SPND in funzione del tempo di irraggiamento.
materiale sensibile che costituisce il rivelatore, è quindi possibile ricavare il
flusso neutronico φ incognito.
Per fare tutto questo non bastano i soli due elementi descritti precedentemente; gli SPND infatti, come si può vedere dalla rappresentazione di
Figura 2.7, sono costituiti da tre elementi fondamentali:
• emettitore: è la parte più interna della struttura, costituita da un materiale conduttore sensibile ai neutroni termici, cioè che presenta una sezione d’urto di cattura sufficientemente elevata e che una volta attivato
decade in tempi sufficientemente brevi;
• collettore: è la parte più esterna, realizzato con materiale conduttore
ha lo scopo di assorbire le particelle cariche provenienti dall’emettitore;
• isolante: materiale frapposto tra i due conduttori, con lo scopo di separarli elettricamente, senza però costituire uno schermo per le particelle cariche che dall’emettitore devono essere in grado di raggiungere
il collettore.
Per liberare una particella carica è sufficiente che il nuclide attivato decada o emettendo un β − con energie di qualche MeV, sufficienti cioè a superare
l’emettitore e l’isolante, oppure emettendo un γ che per effetto Compton o
fotoelettrico è in grado di liberare un elettrone e fargli raggiungere il collettore. A seconda del tipo di funzionamento abbiamo infatti rispettivamente i
33
2. Monitor di flusso di neutroni termici
Figura 2.7: Sezione del SPND.
detector basati su decadimento beta e quelli basati sugli elettroni secondari
dovuti a decadimento gamma.
La scelta dell’elemento da utilizzare come emettitore, che sarà essenziale
per le caratteristiche del detector realizzato, si baserà essenzialmente sul tipo
di decadimento che ha l’elemento dopo essere stato attivato, il suo tempo di
dimezzamento, la sua sezione d’urto per neutroni termici e infine sulla sua
abbondanza isotopica rispetto all’elemento naturale. In particolare i tempi
di dimezzamento devono essere i più piccoli possibili in modo da non avere
ritardi nella misura del flusso ed evitare la presenza di prodotti con lunghe
vite medie, che finirebbero per alterare le misure creando un background di
attività non correlata al flusso presente in quell’istante di tempo. La sezione
d’urto invece è preferibile che presenti valori intermedi. Questo per evitare
che i nuclei dell’emettitore si consumino troppo velocemente. Infatti il loro
numero dipende dal tempo t’ di irraggiamento complessivo che ha avuto
l’SPND nella sua vita [7]:
′
N(t′ ) = N(0) e−σφt .
Se non è possibile considerarlo costante, rientra nell’Eq.(2.6) cambiando la
costante di proporzionalità ottenuta durante la calibrazione.
Tenendo conto di queste richieste, la scelta del materiale da utilizzare
per l’emettitore solitamente è ristretta agli elementi della Tabella 2.3, che
presentano le seguenti carateristiche [11] [12]:
• rodio: ha un ritardo di pochi minuti, genera correnti piuttosto alte ma
si consuma abbastanza velocemente;
34
2.4. SPND (Self Powered Neutron Detector)
Tabella 2.3: Caratteristiche dei principali materiali utilizzati come emettitore.
Emett.
Composizione
isotopica (%)
Sez. d’urto
[barns]
T1/2
isotopo creato
Corrente
(IRh )
Burn-up
[2 · 1013 nv]
Rh
103 (100)
∼5%/a
50 (0.24)
51 (99.76)
59 (100)
192 (0.78)
194 (32.90)
195 (33.80)
196 (25.30)
198 (7.22)
42.3 s
4.34 m
stabile
3.75 m
5.27 a
4.3 a
4.1 a
stabile
1.3 h
30.8 m
1
V
134
11
100
4.9
37
14
2
24
1
4
1/10
0.3%/a
1/60
1/10
2.3%/a
0.2%/a
Co
Pt
• vanadio: il suo consumo è lento ma la corrente generata è bassa e
caratterizzata da un ritardo piuttosto grande;
• cobalto: praticamente non ha ritardo e presenta un consumo molto
basso, ma la corrente generata è estremamente bassa e inoltre risulta
affetta dal background dei prodotti di attivazione a vita lunga;
• platino: permette misure istantanee e quasi non presenta consumo,
però ha una bassa corrente in uscita che tiene conto sia del flusso di
neutroni che di gamma.
I primi due materiali sono beta emettitori, mentre gli altri decadono gamma. A parte l’eccezione del platino, la corrente generata dall’interazione dei γ
provenienti dal reattore con i materiali dello strumento è in genere trascurabile, dato che rappresenta spesso solo pochi centesimi della corrente generata
dall’interazione con i neutroni.
Per quanto riguarda collettore e isolante, questi devono essere costituiti
da materiali che presentano una bassa sezione d’urto per i neutroni termici, di modo che l’attività sia dovuta ai soli nuclei attivati nell’emettitore.
35
2. Monitor di flusso di neutroni termici
Inoltre devono necessariamente essere materiali che sottoposti a radiazioni
non si deteriorino e tali da resistere agli stress termici tipici di un reattore.
Per l’isolante si utilizzano Al2 O3 o MgO [7], mentre per il collettore spesso
vengono scelte leghe di nichel (inconel) o di zirconio (zircaloy-4).
Le dimensioni di un SPND sono molto ridotte [13]. I diametri esterni
misurano pochi mm, questo per evitare l’autoassorbimento delle particelle
cariche all’interno dell’emettitore stesso. Le lunghezze sono invece dell’ordine
del cm, abbastanza piccole da garantire una buona risoluzione spaziale del
flusso neutronico ma allo stesso tempo sufficientemente grandi da generare
correnti misurabili.
Questa caratteristica, insieme al fatto che per funzionare non richiedano
un’alimentazione esterna, rende gli SPND strumenti molto versatili, soprattutto negli studi inerenti alle terapie basate sulla cattura neutronica [14]. In
vivo, possono essere messi a contatto con la zona interessata dall’irradiazione, senza alcun pericolo di scariche per il paziente, e dare ottimi risultati
nelle misure dei flussi che interessano i tessuti superficiali. Quando invece si
ha a che fare con fantocci o organi espiantati, le dimensioni e la forma del
detector permettono anche misure dei flussi all’interno degli stessi.
Altri pregi di questo tipo di strumenti sono i bassi costi che li caratterizzano e il fatto di richiedere per funzionare un’elettronica relativamente
semplice. Per contro abbiamo invece correnti in uscita estremamente piccole,
dell’ordine del pA, e risposte affette dal ritardo necessario a raggiungere il
valore di saturazione per la corrente.
2.5
2.5.1
Altri tipi di monitor
Monitor del progetto TAOrMINA
Durante il progetto TAOrMINA che vedeva l’Università di Pavia impegnata
pionieristicamente negli studi riguardanti la BNCT4 , si è utilizzato un monitor di fluenza basato sulla reazione 6 Li(n, α)3 H. Di tale monitor ci sono due
versioni [15].
4
Per approfondimenti vedere Appendice A.
36
2.5. Altri tipi di monitor
La prima, già progettata nel 1977, era in grado di misurare le energie dei
tritoni e delle alfa, che servivano poi per ricavare l’energia En del neutrone
incidente mediante l’equazione:
En = Tα + TH − Q
dove Tα e TH sono le energie cinetiche dei prodotti di reazione e Q è il
Q−valore della reazione, che risulta 4.787 MeV.
Il rivelatore è quindi costituito da una targhetta di Al con evaporato in
superficie uno strato di 6 LiF posta tra due rivelatori a semiconduttore montati coassialmente. Per assicurare che le misure riguardino solo le particelle
della reazione cercata, i due rivelatori lavorano in coincidenza cioè vengono
registrati solo quegli eventi che compaiono contemporaneamente su entrambi
i rivelatori (le particelle alfa e tritone infatti vengono emesse back-to-back).
Tale strumento era in grado di analizzare spettri di neutroni che vanno da
energie termiche fino a 15 - 20 MeV a seconda dello spessore dei rivelatori
utilizzati.
La seconda versione del monitor, la cui catena elettronica è schematizzata
in Figura 2.8, invece non è più uno spettrometro di neutroni ma solo un
contatore. Tale modifica avvicina lo strumento a quelle che sono le necessità
incontrate nel progetto TAOrMINA che richiedeva una misura accurata di
dose, che è possibile ricavare da una misura di fluenza. Assumendo che i
neutroni nella colonna termica siano infatti solo neutroni termici, possiamo,
senza bisogno di considerazioni energetiche, contare le reazioni 6 Li(n, α)3 H
che risultano proporzionali alla fluenza. Per fare questo si è scelto di contare
solo i tritoni.
Il nuovo rivelatore è perciò costituito da una targhetta di Mylar (C10 H8 O4 )
spessa 13 µm, su cui è stato depositato per evaporazione uno strato di 6 LiF
di spessore 0.65 µm. Per renderla simmetrica, la targhetta è chiusa da un
altro strato di Mylar dello stesso spessore del primo. A questo punto, poichè
le particelle alfa hanno un’energia di 2 MeV e nel Mylar il loro range è di
soli 8 µm, dalla terghetta escono solo i tritoni. L’energia di questi ultimi è di
2.7 MeV e attraversando il Mylar perdono 1.1 MeV. Due rivelatori al silicio
posti ai lati della targhetta rivelano l’energia dei 3 H. Il segnale viene por37
2. Monitor di flusso di neutroni termici
tato fuori dalla colonna termica attraverso un cavo non più lungo di 30 cm,
qui viene preamplificato e successivamente portato ad un amplificatore. Per
eliminare il fondo del reattore dovuto ai γ, si usa una soglia inferiore pari a
1 V. Tutti i segnali superiori vengono quindi contati.
Per garantire alti livelli di sicurezza i due rivelatori hanno catene elettroniche indipendenti e su uno di essi oltre ai conteggi totali si registrano anche i
conteggi al minuto. In questo modo in caso di guasti, dalla misura di fluenza
al minuto era comunque possibile ricavare per quanto tempo ancora l’organo
doveva essere irraggiato in modo da ricevere la dose terapeutica voluta.
Figura 2.8: Schema della catena elettrica del monitor del progetto TAOrMINA.
Per tarare il monitor, dopo aver verificato che la risposta fosse lineare
con la potenza del reattore, si è utilizzata la tecnica di attivazione di fogli di
rame.
38
2.5. Altri tipi di monitor
2.5.2
MPFD (Micro-Pocket Fission Detector)
Nel 2005 presso il reattore di ricerca TRIGA Mark-II dell’Università Statale
del Kansas è stato fabbricato e testato il nuovo monitor per flusso di neutroni MPFD [16], Micro-Pocket Fission Detector, capace di funzionare nelle
difficilissime condizioni presenti nel core del reattore.
Il dispositivo è stato sviluppato come una camera a fissione miniaturizzata, capace di monitorare il livello di potenza del reattore e il suo andamento.
Permettendo misure in tempo reale, è possibile inoltre realizzare un profilo
3D del flusso di neutroni termici e veloci.
La struttura del monitor, come si può notare in Figura 2.9, è composta da
tre piastrine inespandibili di ceramica sovrapposte, con quella centrale separata dalle altre da un film di materiale reattivo ai neutroni e successivamente
da un film di materiale conduttore. Il materiale che reagisce con i neutroni
è in genere 235 U, ma si possono usare film contenenti anche altri elementi,
come 232 T h, 10 B e 6 Li. La piastrina centrale è spessa 0.5 mm e presenta un
foro il cui diametro va da 1 a 3 mm, in cui è confinato del gas.
Figura 2.9: Struttura del Micro-Pocket Fission Detector.
da [16].
Immagine tratta
Quando il dispositivo si trova in un campo di neutroni, questi interagiscono con l’235 U che si fissiona in due frammenti aventi energie comprese
39
2. Monitor di flusso di neutroni termici
tra i 60 e 110 MeV. Quando questi frammenti passano attraverso il gas della piastrina centrale, cedono parte della loro energia creando coppie di ioni
elettrone-ione residuo. Se ai lati della micro-camera a ionizzazione viene
applicata una tensione, allora le coppie di ioni migreranno verso i poli di
carica opposta, inducendo una corrente che può essere misurata all’esterno
da strumenti sensibili. Il risultato dell’interazione dei neutroni sarà quindi
un impulso misurabile.
L’efficienza con cui il MPFD rivela i neutroni può essere modificata a
secondo dello specifico uso in due modi: variando la pressione del gas si può
modificare la densità di ionizzazioni indotte, cioè la risposta in uscita del rivelatore, oppure si agisce sullo spessore del film di materiale reattivo, andando
cosı̀ a variare la probailità di interazione dei neutroni con il dispositivo.
Il materiale utilizzato come ceramica deve, oltre che essere resistente alle
tipiche temperature che si raggiungono nel core di un reattore, avere alta
capacità di resistenza alle radiazioni, essere isolante e non presentare elementi
in grado di assorbire i neutroni. A questo scopo vengono utilizzati ossido di
alluminio, diossido di silicio, ossido di magnesio. Particolare cura bisogna
poi riservare alle connessioni dei cavi e all’isolamento della micro-camera a
ionizzazione.
Le dimensioni molto compatte del rivelatore sono alla base di importanti
vantaggi. Prima di tutto, un monitor cosı̀ piccolo introduce delle perturbazioni nei flussi di neutroni trascurabili, in secondo luogo grandezze ridotte
significano risposte molto rapide, tali da permettere di considerare non apprezzabili distorsioni o problemi legati al tempo morto. Terza caratteristica
legata alle dimensioni compatte della camera a ionizzazione è che solo particelle molto energetiche sono in grado di creare sufficienti coppie di ioni in
cosı̀ poco volume. Questo rende il MPFD un ottimo discriminante tra flussi
di neutroni e i raggi gamma. Se la probabilità di interazione dei γ nel gas
della micro-camera è praticamente nulla, non si può dire altrettanto con le
piastrine di ceramica. Infatti il basso numero atomico degli elementi che
le costituiscono rendono probabile l’interazione Compton e la conseguente
espulsione di elettroni di modesta energia. La grande differenza di stopping
power tra questi elettroni e gli energetici frammenti di fissione però fa sı̀ che
le ionizzazioni nel gas della camera siano dovute essenzialmente ad opera di
40
2.5. Altri tipi di monitor
questi ultimi. Per camere larghe 0.5 mm si è calcolato che i frammenti di
fissione riescano a depositare almeno 3 MeV di energia.
L’ottimo potere discriminante che il rivelatore possiede nel separare il
contributo dovuto ai soli neutroni da quello dei gamma che solitamente sono
sempre presenti, è stato dimostrato ponendo davanti al MPFD uno schermo
di Cd spesso 2 mm. Questa barriera non solo elimina i neutroni termici,
lasciando cosı̀ che il segnale sia dovuto ai raggi gamma, ma incrementa anche
il flusso di questi, dato che la reazione 113 Cd(n, γ)114 Cd prevede una emissione
di prompt−γ. Nonostante questo, utilizzando questa configurazione, non si
sono misurati segnali.
2.5.3
SOF detector (Scintillator with Optical Fiber)
Un nuovo monitor di neutroni termici è stato realizzato in Giappone alla
fine del 2002. Il suo nome è SOF detector [17], che significa Scintillator with
Optical Fiber. In pratica è un rivelatore di neutroni costituito da uno scintillatore plastico arricchito di boro, in cui la luce prodotta per diseccitazione
dagli atomi del cristallo in seguito alla cattura e decadimento del 10 B, viene
portata a un fotomoltiplicatore per mezzo di una fibra ottica.
Spesso i contatori proporzionali o comunque gli altri detector hanno segnali in uscita caratterizzati da valori estremamente bassi, che per non andare
persi nel cavo necessitano, appena prodotti, di una preamplificazione. Oltre
al fatto che i transistor di un preamplificatore hanno la possibilità di essere
danneggiati dalle radiazioni del reattore, un altro problema in questi casi è
che il segnale, seppur preamplificato è sempre soggetto a disturbi elettromagnetici o a rumori dovuti al movimento del cavo. Il SOF, è invece in grado
di ovviare a questi problemi. Grazie alla sua originale idea di utilizzare una
fibra ottica, la luce generata nello scintillatore può essere trasportata anche
a lunga distanza fin dove, al riparo dalle radiazioni, può essere convertita in
un segnale elettrico e infine analizzata. Inoltre il materiale plastico di cui è
fatto lo scintillatore e la fibra ottica risulta stabile alle radiazioni di neutroni
e gamma del reattore, e questo mette il detector al riparo da eventuali danni
da radiazioni.
Quando si utilizza un materiale plastico come scintillatore, oltre alle par41
2. Monitor di flusso di neutroni termici
ticelle α e ai nuclei di 7 Li potremmo vedere raggi γ e, se nel campo ci sono
anche neutroni veloci, anche protoni e nuclei di carbonio di rinculo. In questo
caso occorre ricorrere alla coincidenza per garantire che il segnale sia formato solo dalla luce dei prodotti della reazione 10 B(n, α)7 Li e non dalle altre
particelle.
L’apparato strumentale rappresentato in Figura 2.10 è quindi costituito
dallo scintillatore plastico (Bicron BC454) arricchito allo 0.2% di 10 B, di
dimensioni 1mm di diametro e 1mm di altezza, una fibra ottica plastica,
un fotomoltiplicatore con preamplificatore, un discriminatore e uno scaler
(strumento che converte il segnale di corrente in conteggi per secondo).
Figura 2.10: Schema della catena elettrica del SOF detector. Immagine tratta
da [17].
Poichè lo scintillatore del SOF è sensibile non solo ai neutroni ma anche
ai gamma provenienti dal reattore che interagiscono attraverso effetto fotoelettrico e scattering Compton, per rivelare solo i neutroni occorre utilizzare
una coppia di SOF. Il primo ha lo scintillatore drogato con il boro, che rivela
quindi sia i n che i γ, mentre il secondo è dotato di uno scintillatore senza
boro (Bicron BC408) che rivelerà soltanto i γ. Per ovviare al problema che
gli scintillatori potrebbero non avere le stesse esatte dimensioni e di conseguenza non avere la medesima efficienza, si calcola il fattore di correzione
42
2.5. Altri tipi di monitor
utilizzando una sorgente di soli γ (60 Co). In questo caso i conteggi saranno:
′
Cborato
= Rγ borato · Fγ′ ,
′
Csenzaboro
= Rγ senzaboro · Fγ′ ,
dove C sono i conteggi, R è l’efficienza e F il flusso, entrambe relative a un
certo tipo di particella.
In un campo di radiazioni proveniente da un reattore invece avremo:
Cborato = Rn borato · Fn + Rγ borato · Fγ ,
Csenzaboro = Rγ senzaboro · Fγ .
Il flusso di neutroni sarà perciò dato dall’equazione:
Cborato − (Rγ borato /Rγ senzaboro ) · Csenzaboro
Rn borato
′
′
Cborato − (Cborato /Csenzaboro
) · Csenzaboro
=
.
Rn borato
Fn =
Il rivelatore costituito dalla coppia di SOF risulta avere un comportamento
lineare in un range di flusso neutronico di 106 - 2 · 109 (n cm−2 s−1 ) .
Lo studio di questo tipo di detector è rivolto soprattutto a fornire misure
di flusso nell’ambito della BNCT. Il materiale plastico che costituisce lo scintillatore ha infatti una densità molto simile a quella di un tessuto organico e
le piccole dimensioni e forme lo rendono adatto ad essere inserito in phantom
o organi espiantati. Se le misure di flusso sono superficiali, l’ottima correlazione con le misure di flusso date da fogli d’oro, dimostra che è sufficiente
usare un solo SOF. Se invece la profondità nel tessuto aumenta ( > 50mm) il
contributo dei raggi γ non può più essere trascurato e per conoscere il flusso
corretto dei neutroni occorre utilizzare la coppia di SOF.
In una versione migliorata i due rivelatori anzichè essere fissati uno a fianco all’altro, sono fissati faccia a faccia, uniti chiaramente nella zona sensibile
per garantire la misura di flusso nel medesimo punto (vedere Figura 2.11).
Questa nuova facility, chiamata sonda a loop type, offre una maggiore facilità
di fissaggio alla pelle del paziente, per le misure di flusso superficiale.
43
2. Monitor di flusso di neutroni termici
Figura 2.11: Evoluzione sonda della coppia SOF. Immagine tratta da [18].
2.5.4
NMS (Neutron Monitoring System)
Dal 2002 presso il reattore di ricerca THOR5 in funziona a Taiwan, i ricercatori impegnati nelle sperimentazioni di BNCT hanno sviluppato un sistema
di monitoraggio della fluenza di neutroni che hanno chiamato NMS [19],
Neutron Monitoring System.
L’apparato da loro sviluppato usa come rivelatori tre camere a fissione e
una camera a ionizzazione. Le camere a fissione sono del tipo FC4A, prodotte
dalla Centronic Ltd., le cui dimensioni sono molto ridotte, il diametro misura
6.2 mm e la lunghezza della parte sensibile è pari a 25 mm. Il materiale
sensibile di questi rivelatori è costituito da 235 U3 O8 che riveste le pareti delle
camere con una densità superficiale di 235 U di 100 µg/cm2, permettendo una
sensibilità di 3 · 10−4 cps/nv. La camera a ionizzazione è invece la Shonka
A-150 TE.
Si è scelto di usare le camere a fissione per le loro eccellenti doti discriminatorie tra flussi di neutroni e quelli dei gamma. Il loro numero è di tre in
modo da permettere anche di avere informazioni sulla distribuzione spaziale
del fascio. La camera a ionizzazione è invece usata come monitor dei raggi
gamma, allo scopo di valutare anche il contributo dovuto a questo tipo di
radiazione alla dose totale, durante un piano di trattamento su un paziente.
I rivelatori, attraverso le loro catene elettroniche, sono infine collegati a
un personal computer per mezzo di cavi seriali e porte RS-232. Qui un software sviluppato con linguaggio LabVIEW e dotato di una chiara interfaccia
grafica, come riportato in Figura 2.12, mostra in tempo reale in tre canali
i conteggi al secondo delle tre camere a fissione, in un altro canale quelli
provenienti dalla camera a ionizzazione, e in altri due canali i conteggi totali
5
Tsing Hua Open-pool Reactor.
44
2.5. Altri tipi di monitor
delle due diverse radiazioni, n e γ .
I ricercatori taiwanesi hanno inoltre sviluppato il programma in modo
tale che al raggiungimento del valore preimpostato di conteggi fissato dal
piano di trattamento, un segnale venga mandato dal NMS all’operatore del
reattore per garantire un rapido scram.
Figura 2.12: Interfaccia grafica del programma sviluppato per NMS. Immagine
tratta da [19].
Per come è costituito l’NMS, è chiaro che un qualsiasi cambiamento delle
posizioni dei rivelatori o dei settaggi causa una differenza nella sensibilità
totale e una conseguente discrepanza con i valori originari. Per questo motivo
il sistema è sottoposto a una periodica calibrazione con i foglietti d’oro. I
foglietti vengono attivati per cattura neutronica e successivamente la loro
attività viene misurata per mezzo di un rivelatore N-type al germanio ad
alta purezza (HPGe).
L’NMS dovrebbe avere un rate di conteggi proporzionale al reale flusso di
neutroni incidenti, cioè alla potenza del reattore. Nel caso però che il flusso
sia molto elevato è necessario introdurre una correzione dovuta al tempo
morto utilizzando un’altra camera a bassa sensibilità.
Il sistema cosı̀ messo a punto, testato sotto differenti condizioni, ha dimostrato di avere una risposta attendibile e lineare con l’intensità del fascio
neutronico.
45
2. Monitor di flusso di neutroni termici
46
Capitolo 3
Installazione del SPND presso
il L.E.N.A.
Da parecchi anni presso il Dipartimemto di Fisica Nucleare e Teorica è attiva
un’intensa attività di ricerca nel campo della Boron Neutron Capture Therapy (BNCT)1 . Nell’ambito di quest’attività è stato messo a punto un metodo
per la misura della concentrazione del boro in campioni biologici sfruttando
la reazione di cattura 10 B(n, α)7 Li. Per ogni campione la misura richiede
circa 10 minuti e dipende direttamente dal flusso neutronico nella posizione
del campione. Naturalmente il flusso dipende dalla potenza del reattore ed
è soggetto alle sue fluttuazioni.
Allo scopo di migliorare le misure svincolandosi dall’assunzione che il
flusso di neutroni rimanga costante durante i diversi intervalli di acquisizione,
si è deciso di installare presso la colonna termica del reattore un monitor di
neutroni che funzioni in real-time. In questo modo ogni misura non sarà
più condotta a parità di tempi di acquisizione ∆t, ma a parità di fluenza
neutronica Φ sul campione.
Il monitor scelto è l’SPND.
1
Per approfondimenti vedere Appendice A.
3. Installazione del SPND presso il L.E.N.A.
3.1
Tipo di SPND utilizzato
Grazie alla collaborazione esistente tra il gruppo di ricerca di Pavia riguardante la BNCT e il gruppo di ricerca di Buenos Aires del CNEA2 , si è potuto
disporre di un SPND per le misure di flusso di neutroni termici.
3.1.1
Caratteristiche tecniche
Dal momento che i ricercatori argentini stavano sviluppando un sistema per
le misure di flusso in tempo reale da utilizzare durante i trattamenti di NCT,
nella scelta dei materiali si è cercato di prediligere quelli che meglio si adattavano a costituire un detector impiantabile in organi espiantati [20]. Proprio la
caratteristica di poter funzionare senza richiedere un’alimentazione esterna,
quindi più adatto agli scopi medici, orientarono le ricerche verso un rivelatore di tipo self-powered. Le richieste principali da soddisfare erano quelle
di avere dimensioni molto contenute e di essere costituito da materiali biocompatibili [13]. Inoltre sono state condotte simulazioni mediante modelli
MCNP3 per meglio individuare quei materiali che rendessero la perturbazione del flusso dovuto al detector più simile a quella data dall’acqua (materiale
tessuto-equivalente).
Sulla base di questi studi si sono costruiti gli SPND impiantabili. Il
detector in nostro possesso è invece una variante non impiantabile, il cui
schema di costruzione è rappresentato in Figura 3.1, e le caratteristiche sono
riportate qui di seguito.
Emettitore
Come emettitore il modello a nostra disposizione utilizza una barra di rodio
103
Rh, materiale che è risultato il più adatto per misure di flusso neutronico
in colonne termiche. Le dimensioni dell’emettitore sono di 1 mm di diametro
esterno e 15 mm di lunghezza. Il 103 Rh ha una concentrazione isotopica
del 100% nel rodio naturale e presenta una sezione d’urto per la cattura di
neutroni termici, il cui andamento è riportato in Figura 3.2, che risulta essere
2
National Atomic Energy Commision.
Monte Carlo N-Particles, software di simulazione per il trasporto di particelle,
sviluppato dal Los Alamos National Laboratory.
3
48
3.1. Tipo di SPND utilizzato
(a)
(b)
Figura 3.1: Parti costituenti il detector: (a) schema di assemblaggio del SPND,
in cui cavo e parte sensibile sono tenuti insieme da un materiale
termocontraibile; (b) foto di come si presenta il rivelatore.
49
3. Installazione del SPND presso il L.E.N.A.
pari a 134 e 11 barns per formare rispettivamente gli isotopi 104 Rh e 104m Rh.
Questi elementi radioattivi decadono nei modi riportati in Figura 3.3, con
tempi di dimezzamento di 42.3 s e 4.34 min rispettivamente.
Figura 3.2: Andamenti delle diverse sezioni d’urto per il 103 Rh. Immagine tratta
da [21].
Figura 3.3: Modi di decadimento degli isotopi creati dalla cattura neutronica del
103 Rh, che costituisce l’emettitore del SPND.
50
3.1. Tipo di SPND utilizzato
Isolante
Come isolante è stato utilizzato del materiale plastico, la lucite 4 , che mostra
buona resistenza alle radiazioni sia gamma che neutroniche e eccelenti capacità di isolamento elettrico. L’isolante deve contenere l’emettitore e deve
essere tale da garantire in poco spessore l’isolamento elettrico senza essere
però uno schermo per gli elettroni emessi dal decadimento del rodio. Le
sue dimensioni sono quindi un diametro interno di 1 mm e uno esterno di
1.5 mm. La lunghezza è pari a 20 mm. La resistività che si raggiunge con
queste dimensioni è 1012 Ω.
La lucite è inoltre un materiale tessuto equivalente per i neutroni e per
questo è spesso utilizzato per scopi radiologici.
Collettore
Il requisito base per il materiale da usare come collettore è la conducibilità; esso inoltre deve avere una sezione d‘urto di interazione con i neutroni
più bassa possibile, in modo da minimizzare la perturbazione del campo e
l‘attivazione indotta. Oltre ad avere questi requisiti, esso deve essere fatto
con un materiale non tossico, che poteva essere sterilizzato prima dell’uso. Si
è cosı̀ scelto di utilizzare un collettore costituito da zircaloy-4, un materiale
che ha come base lo zirconio, ma che ha subito un processo di purificazione
con il quale si sono eliminati quegli elementi che, presenti nel metallo come
impurezze, hanno un’alta sezione d’urto di cattura.
Inoltre lo zircaloy-4 è un metallo biocompatibile, utilizzato spesso per
protesi biologiche, che quindi si presta benissimo al tipo di utilizzo che si
intende fare del detector.
Cavo di trasmissione del segnale
Alla parte sensibile composta da emettitore, isolante e colettore, è connesso
un cavo per la trasmissione della corrente creata dal decadimento del rodio.
Come cavo è stato utilizzato un cavo coassiale Belden RG-174/U low noise
Type 50 Ω. Questo modello oltre ad essere un esempio di cavo a basso
4
Polimetilmetacrilato (PMMA)
51
3. Installazione del SPND presso il L.E.N.A.
rumore, ha un diametro esterno di soli 2.5 mm, compatibile con le dimensioni
del detector. Per minimizzare la formazione di correnti dovute ai movimenti
del filo, tra la maglia e il conduttore centrale, oltre all’isolante è presente
anche una guaina di PVC contenente della grafite. La Figura 3.4 riporta la
struttura del cavo con i suoi componenti.
Figura 3.4: Componenti del cavo coassiale per la trasmissione del segnale proveniente dal SPND: guaina isolante esterna di PVC (a), maglia di
metallo (b), guaina di PVC con grafite (c), isolante di polietilene PE
(d), conduttore centrale (e). Immagine tratta da [20].
Nel cavo, lungo 14 m, un’estremità è connessa alla parte sensibile del
SPND, mentre l’altra è dotata di un terminale BNC5 con il quale è possibile
connettere il rivelatore a un elettrometro per la misura della corrente.
3.1.2
Sensibilità
In un fascio neutronico proveniente da reattori, è sempre presente una componente di radiazione gamma. La risposta del SPND non dipende soltanto
dai neutroni incidenti, ma anche dai fotoni. Questi infatti interagiscono con
le varie componenti del rivelatore e, tramite effetto fotoelettrico, Compton e
produzione di coppie, liberano elettroni sia dal collettore che dall’emettitore, che superando l’isolante creano una corrente. Inoltre è sempre presente
una corrente di fuga che dipende dall’elettronica di amplificazione e dalla
temperatura ambiente.
5
Bayonet Neill Concelman, tipo di connettore a baionetta per cavi coassiali.
52
3.1. Tipo di SPND utilizzato
Per caratterizzare il detector, presso il reattore di ricerca RA-3 in Argentina sono state condotte delle misure, utilizzando un SPND con stesse
caratteristiche e dimensioni simili a quello in nostro possesso. Per separare i diversi contributi della corrente, il rivelatore è stato sottoposto prima
al flusso termico del reattore a massima potenza (10 MW) e dopo a quello
proveniente da una sorgente gamma di 60 Co [13]. In questo studio, nel quale
il valore del flusso termico ricavato con l’attivazione di fogli d’oro misurava
(1.6 ± 0.2) · 108 n cm−2 s−1 , mentre l’intensità di dose gamma fornita dalla
sorgente di cobalto valeva 1.5 mGy s−1 , si sono ottenuti i seguenti risultati
Radiazione
γ
n
Corrente
Corrente
di fuga (fA) netta (fA)
Sensibilità
−12 ± 1
17 ± 1
(2.0 ± 0.1) · 10−14 A/(mGy s−1 )
−3 ± 1
513 ± 9
(3.2 ± 0.4) · 10−21 A/(n cm−2 s−1 )
Usando come valori per i flussi quelli che si hanno tipicamente in un
trattamento di cattura neutronica, che per i neutroni sono 109 n cm−2 s−1 e
per i gamma 1 mGy s−1 , risulta che sia la corrente di fuga che la corrente
dovuta ai γ non superano l’1% di quella prodotta dai neutroni. Si possono
cosı̀ in definitiva trascurare entrambe e assumere che la corrente prodotta nel
SPND sia dovuta essenzialmente ai soli neutroni.
Attraverso il cavo scorre sempre una corrente, anche quando il detector
non è sottoposto a un flusso di neutroni. Questa corrente è la corrente di
fondo Ibgr . Durante l’esposizione ai neutroni la corrente totale è quindi data
da I = Id + Ibgr , dove Id è la componente legata al flusso di neutroni termici
φ(t), incidente sul SPND; la sensibilità Sd del rivelatore è definita tramite la
relazione
Id (t) = Sd · φ(t) .
(3.1)
L’unità di misura della sensibilità è A · (cm2 s) .
In genere la calibrazione del detector viene fatta per confronto con un altro
detector costruito con gli stessi materiali e di dimensioni simili, calibrato
precedentemente misurando il flusso neutronico con foglietti d’oro. Se la
sensibilità del detector di riferimento è Sref e si irraggia contemporaneamente
il detector nuovo con quello di riferimento, allora la sensibilità incognita del
53
3. Installazione del SPND presso il L.E.N.A.
nuovo detector è data dalla relazione
Sd =
Id
Sref
Iref
dove Id è la corrente nel nuovo SPND, mentre Iref quella del SPND di
riferimento.
Per avere la certezza che il flusso di neutroni sia lo stesso per entrambi i
detectors, gli SPND vengono posizionati molto vicini tra loro, facendo attenzione che si trovino sullo stesso piano e in direzione perpendicolare al flusso.
Quest’ultimo accorgimento è finalizzato a fare in modo che il rivelatore non
sia sottoposto a un gradiente di flusso, garantendo un irraggiamento il più
possibile uniforme su tutta la lunghezza dell’emettitore ( ∼ 1.5 cm).
3.2
L’SPND e la misura del boro
L’inserimento dell’SPND in colonna termica ha lo scopo di ridurre l’incertezza
nella misura della concentrazione di boro, dovuta alle fluttuazioni del flusso
neutronico durante la misura. La tecnica di misura del boro è descritta
nell’Appendice A.2 . Qui richiamiamo solo alcune informazioni essenziali.
3.2.1
Catena elettronica senza SPND
La misura si basa sull’acquisizione dello spettro delle particelle cariche emesse nella reazione 10 B(n, α)7 Li. In Figura 3.5 è mostrata l’apparecchiatura
necessaria alla misura col metodo che non fa uso del SPND.
I campioni di misura sono posti in un contenitore sotto vuoto di fronte
ad un rivelatore al Si a una distanza di 8.5 mm. Il rivelatore, fornito dalla
EG&G ORTEC, ha uno spessore di 18 µm e un raggio 3.9 mm e permette
di misurare l’energia di particelle α fino a 4 MeV.
Per evitare di dover spegnere il reattore alla fine della misura di ciascun
campione è stato progettato e realizzato un portacampione rotante. Si tratta
di un disco di teflon avente 12 posizioni, in 10 delle quali vengono depositate le
fettine di organo da irraggiare. L’avanzamento delle posizioni avviene tramite
un motore azionato da un comando remoto collocato nella sala conteggi. Il
54
3.2. L’SPND e la misura del boro
Figura 3.5: Catena elettronica utilizzata per le misure di concentrazione di boro
presso il LENA.
55
3. Installazione del SPND presso il L.E.N.A.
numero del campione a cui si riferiscono i conteggi è mostrato su un display
che avanza da 1 a 12.
Una posizione rimane occupata da un dischetto di Mylar (usato come
supporto dei campioni) per la misura del fondo, mentre la prima posizione è
occupata da uno standard. Questo campione di taratura, acquistato dal NIST
e registrato come Standard Reference Material 2137, è una targhetta di silicio
dove sono stati impiantati ioni di 10 B con una concentrazione superficiale di
1.018 · 1015 atomi/cm2 .
Immediatamente vicino al rivelatore è posizionato un preamplificatore
EG&G Ortec 142B, dal quale il segnale viene poi mandato all’amplificatore
EG&G Ortec 672 posto fuori dalla colonna termica, e da questo passa poi al
Multi Channel Analizer EG&G Ortec 926. L’acquisizione avviene tramite il
software Maestro fornito insieme al MCA e installato su un personal computer della sala conteggi. Il programma viene impostato per acquisire soltanto
durante un fissato intervallo di tempo; scaduto il tempo fissato la misura
viene fermata automaticamente. Alla potenza di 250 kW il flusso neutronico
nella posizione del campione può subire delle variazioni legate all’evoluzione
temporale naturale della potenza del reattore. Tali fluttuazioni possono essere dell’ordine di del 1% in caso di funzionamento con servo-comando, oppure
dell’ordine del 5% in caso di funzionamento manuale. Per eliminare l’influenza di queste oscillazioni sulla misura, abbiamo pensato di effettuare le singole
misure non per fissati intervalli di tempo ma per fissate fluenze neutroniche;
di qui la necessità di introdurre l’SPND come monitor di fluenza neutronica
nelle vicinanze del campione da misurare.
3.2.2
Catena elettronica con SPND
Un diagramma rappresentativo dei vari elementi utilizzati e delle loro connessioni, che permettono di condurre misure di concentrazione di boro con
questa nuova modalità, è riportato nella Figura 3.6.
Per leggere la corrente prodotta dal SPND, abbiamo cosı̀ utilizzato l’elettrometro
Keithley modello 6571A. Tale dispositivo permette di leggere correnti con una
risoluzione di 0.1 fA, nel range di correnti inferiori a 20 pA [22].
L’elettrometro prende come segnale in entrata da misurare quello che
56
3.2. L’SPND e la misura del boro
Figura 3.6: Catena elettronica utilizzata per le misure di concentrazione di boro
presso il LENA, che utilizza come monitor di fluenza un SPND.
57
3. Installazione del SPND presso il L.E.N.A.
arriva sull’ingresso TRIAX, di Figura 3.7. Poichè il cavo proveniente dall’SPND ha come terminale un attacco BNC, per poter risolvere il problema di
compatibilità delle porte, abbiamo utilizzato il connettore Keithley modello
7078-TRX-BNC 3 slot, riportato in Figura 3.8.
Figura 3.7: Ingresso TRIAX dell’elettrometro Keithley. Immagine tratta da [22].
Figura 3.8: Fotografia del connettore per passare da BNC a TRX. Immagine
tratta da [23].
Il dispositivo è stato settato per compiere misure di corrente in un range
automatico, utilizzando il numero massimo di cifre, che è pari a cinque.
Una volta effettuata la misura di corrente, i dati vengono inviati a un
personal computer. Per mettere in comunicazione i due strumenti abbiamo
deciso di utilizzare le porte seriali RS-232 presenti su entrambi i sistemi.
Come si può notare dalla Figura 3.9, queste porte sono dotate di nove pins,
ma per la comunicazione è sufficiente utilizzarne anche solo tre, in particolare
il pin 2 per inviare informazioni, il pin 3 per riceverle e il pin 5 come segnale
di terra.
Per la costruzione del cavo seriale è stato utilizzato un cavo elettrico
dotato al suo interno di altri 9 cavetti più piccoli e due terminali RS-232,
uno maschio per l’elettrometro e uno femmina per il computer.
58
3.2. L’SPND e la misura del boro
Figura 3.9: Porta seriale RS-232, presente sia sul pannello dell’elettrometro Keihley, che su quello del pc. Sono presenti nove pins, ma solo tre sono
fondamentali per la comunicazione seriale. Immagine tratta da [22].
Sul personal computer è residente un software da noi sviluppato in grado
di rielaborare i dati e salvarli su files per essere eventualmente disponibili per
ulteriori elaborazioni successive. La comunicazione tra pc ed elettrometro
è gestita tramite messaggi contenenti istruzioni secondo la sintassi standard
SCPI6 .
Per poter fermare l’acquisizione di Maestro dopo che il campione davanti
al rivelatore ha ricevuto una certa fluenza, poichè tale software è di tipo proprietario e non è possibile modificarne il codice, abbiamo deciso di sfruttare
il gate del MCA [24]. L’Ortec 926 ha infatti sul pannello frontale un ingresso
gate BNC, tale che se Maestro è impostato per funzionare in modalità Coincidence, l’acquisizione dello spettro avviene solo se sul gate è applicata una
tensione superiore a 2.5 V.
Per fornire la tensione richiesta non è stato necessario introdurre un nuovo dispositivo, abbiamo infatti sfruttato la possibilità di usare l’elettrometro
Keithley come un generatore di tensione. L’uscita della tensione è rappresentata da due jack a banana, perciò è stato necessario realizzare un cavo che
aveva da un lato un terminale BNC e dall’altro due jack a banana. Il cavo
è un cavo coassiale modificato soltanto a un estremo. La tensione applicata
è gestita per mezzo del personal computer e dal software da noi realizzato.
Prima di iniziare l’acquisizione con Maestro, si applica con il nostro software
la tensione richiesta; questa verrà sospesa automaticamente appena si sia
raggiunta la fluenza voluta, bloccando cosı̀ l’acquisizione.
6
Standard Commands for Programmable Instrumentation.
59
3. Installazione del SPND presso il L.E.N.A.
3.3
Software per l’acquisizione e l’elaborazione dei dati
Per sviluppare il programma che è in grado di gestire il Keithley e rielaborare i
dati, abbiamo scelto di utilizzare come linguaggio di programmazione Matlab.
Questa scelta è stata dettata dal fatto che è un linguaggio molto simile a C,
estremamente potente per quanto riguarda la gestione di apparecchiature
esterne e per la possibilità che Matlab offre di poter creare un file eseguibile
.exe , in grado di funzionare su un computer senza bisogno di dover installare
l’intero programma Matlab.
Il programma sviluppato è stato chiamato Fluencecontrol. Per essere di
facile utilizzo, presenta un’interfaccia grafica intuitiva, come si può osservare
dalla Figura 3.10. In caso di errori compaiono finestre di warning contenenti
la spiegazione del problema riscontrato.
Figura 3.10: Pannello del programma Fluencecontrol che si presenta all’avvio
all’utilizzatore.
Per illustrare il programma nel modo più chiaro possibile, facendo riferimento alla Figura 3.11 che mostra un semplice diagramma di flusso del
software, descriveremo qui di seguito i vari blocchi.
60
3.3. Software per l’acquisizione e l’elaborazione dei dati
Figura 3.11: Sintetico diagramma di flusso del programma sviluppato durante
questo lavoro.
3.3.1
Configuration
In questo blocco, l’utilizzatore deve decidere il percorso e il nome del file.
txt in cui salvare i dati. Questo avviene selezionando il tasto Save as, che farà
comparire la finestra riportata in Figura 3.12, con la quale tale operazione è
estremamente facile e intuitiva.
Figura 3.12: Finestra per decidere il percorso e il nome del file su cui salvare i
dati.
Inoltre in questo blocco l’utente selezionando il tasto Settings aprirà la
finestra di Figura 3.13 con la quale è possibile cambiare i valori impostati di
default, fondamentali per la misura di flusso e per fermare l’acquisizione di
Maestro. Tali valori riguardano le grandezze:
• ∆t: intervallo di tempo che intercorre tra una misura di corrente e
quella successiva;
• Φset : fluenza alla quale vogliamo che si fermi l’acquisizione di Maestro;
61
3. Installazione del SPND presso il L.E.N.A.
• Ibgr : corrente di fondo, da sottrarre alla misura di corrente per avere la
corrente netta;
• Smb : sensibilità del detector per la misura del boro, fattore con il quale
è possibile relazionare la corrente netta prodotta dall’SPND in una
certa posizione fissa, al flusso incidente all’interno del portacampioni,
utilizzando l’Eq.(3.1) di pag. 53 .
Figura 3.13: Finestra per cambiare i valori di default di alcune grandezze
fondamentali per il programma.
3.3.2
Comunication
Come già detto, la comunicazione tra personal computer ed elettrometro
Keithley avviene utilizzando la sintassi SCPI. Questa è una sintassi standard,
riconosciuta praticamente da tutti i dispositivi elettronici che utilizzano per
comunicare porte RS-232 o IEEE 488.
Per prima cosa si deve definire il nome della porta da utilizzare nella comunicazione, in questo caso una porta RS-232. Una volta aperta si imposta
l’elettrometro in modalità remote mode, in modo da disattivare il pannello
frontale del Keithley escludendo in tal modo la possibilità di effettuare eventuali modifiche accidentali attraverso questo pannello. Successivamente si
imposta il dispositivo in modo da funzionare come un generatore di tensione.
Per fare ciò si passano le istruzioni che settano un range di tensione tra 0 e
100 V, si abilita la possibilità di impostare un limite superiore alla tensione,
inferiore ai 100 V; in questo caso abbiamo impostato +5 V, dopodichè si
imposta che la tensione in uscita deve essere +3 V. Questo perché il gate
62
3.3. Software per l’acquisizione e l’elaborazione dei dati
del MCA Ortec, in modalità coincident, si attiva solo se riceve una tensione
maggiore a 2.5 V. La tensione di 3 V però non viene applicata subito, ma
solo quando si vuole acquisire lo spettro col rivelatore al silicio posto nella
colonna termica.
A questo punto, una volta che il Keithley è pronto ad applicare la tensione
in uscita da noi settata, si imposta il dispositivo per le misure di corrente. Il
range di misura viene impostato per essere automatico e si passa l’istruzione
di utilizzare sette cifre per il risultato, il massimo possibile per lo strumento. Si definisce poi che il parametro che ci interessa, tra tutti quelli che
l’elettrometro è in grado di misurare, è soltanto la corrente.
3.3.3
Flux measurement
Per le misure di flusso è necessario utilizzare una funzione di acquisizione,
che viene richiamata ed eseguita ad ogni intervallo di tempo ∆t, impostato
precedentemente.
La funzione richiede al Keithley di eseguire una misura di corrente, legge
il risultato, e mediante i valori Ibgr e Sd converte la corrente in flusso. Si
calcola il tempo intercorso tra la misura e quella precedente (che potrebbe
essere maggiore di ∆t) e si aggiorna il tempo totale trascorso da quando
l’utilizzatore ha avviato le misure di flusso. In un grafico viene riportato
l’andamento del flusso in funzione del tempo totale, come si può notare dalla
Figura 3.15, e contemporaneamente vengono inseriti nel file.txt, precedentemente scelto, i valori del flusso e del tempo totale . Questo file, rimanendo
nella memoria del computer, può essere ripreso in qualunque momento e i
dati possono essere successivamente processati.
3.3.4
Fluence control
Se l’utilizzatore ha selezionato il tasto Fluence, allora il programma imposta
in uscita la tensione di +3 V precedentemente settata. In questo modo il Gate
del MCA Ortec viene aperto e Maestro acquisisce lo spettro proveniente dal
rivelatore. A questo punto per calcolare la fluenza non bisogna fare altro che
sommare alla fluenza raggiunta al tempo precedente, il prodotto tra l’ultima
acquisizione di flusso e il tempo intercorso. In un grafico viene cosı̀ riportato
63
3. Installazione del SPND presso il L.E.N.A.
l’andamento crescente della fluenza in funzione del tempo totale, come si
può vedere dalla Figura 3.15, mentre in un file di nome file fluence N.
txt si inseriscono i valori del flusso, della fluenza, del tempo totale e anche
gg/mm/aa hh:mm:ss di quel momento.
In questo blocco viene anche verificato che il valore della fluenza non
abbia superato il valore preimpostato Φset . Qualora questo succeda, allora comparirà una finestra di warning per avvisare il raggiungimento della
fluenza voluta. Si passa poi al Keithley l’istruzione di togliere la tensione applicata, in modo da bloccare l’acquisizione da parte di Maestro, si chiude il
file fluence N.txt e si incrementa il valore N. In questo modo N dovrebbe
corrispondere alla posizione del campione irraggiato nella colonna termica.
Un problema supplementare da affrontare è quello rappresentato dalla
correzione per il tempo morto associato alla catena di conteggio. Il software
Maestro prevede un’opzione che misura il tempo morto per ciascun campione
e allunga di conseguenza il tempo di conteggio. Nella nuova configurazione
non è più possibile utilizzare direttamente questa funzionalità perché indipendentemente dal fatto che il gate del MCA Ortec sia aperto o chiuso,
Maestro, appena avviato, fa partire sia il live time che il real time. L’acquisizione dei conteggi invece avviene solo nell’intervallo di tempo per cui è
applicata la tensione sul gate. A questo scopo abbiamo inserito un indicatore
in Fluencecontrol che indica il tempo reale. Per avere il tempo live con cui
i conteggi sono stati acquisiti, fondamentale per la misura di boro, abbiamo
perci‘o introdotto il tasto Live time che apre la finestra di Figura 3.14. L’utilizzatore deve inserire i tempi live e real dati da Maestro e il programma
con una proporzione ricava il tempo live di Fluencecontrol.
3.3.5
Stop
Raggiunto il valore preimpostato per la fluenza Φset , il programma non si
interrompe, ma continua l’acquisizione del flusso. In questo modo si può
riprendere la misura della fluenza, che ripartirà da zero, senza dover cambiare
il nome del file.txt .
L’uscita dal programma si ha soltanto quando l’utilizzatore selezionerà il
tasto Stop.
64
3.3. Software per l’acquisizione e l’elaborazione dei dati
Figura 3.14: Finestra che compare premendo il tasto Live Time. Consente di convertire, partendo dai tempi di Maestro, il tempo reale
del nostro programma in tempo live da utilizzare nella misura di
concentrazione di boro.
3.3.6
Mean
Per analizzare velocemente i dati, l’utilizzatore può selezionare il tasto Mean,
che lancerà il programma progmean, da noi sviluppato. Tale programma è
in grado di aprire un qualsiasi file in cui i dati sono stati salvati in colonne,
mostrare i valori della colonna di interesse e, dopo aver selezionato l’intervallo voluto, calcolarne la media e la deviazione standard. L’immagine di
come appare il pannello di controllo del programma progmean è riportata in
Figura 3.16 .
65
66
3. Installazione del SPND presso il L.E.N.A.
Figura 3.15: A sinistra, pannello del programma Fluencecontrol che si presenta quando è in corso l’acquisizione di flusso
e fluenza. Da notare che per una maggiore sicurezza vengono riportati tutti i valori impostati nel blocco
Settings, nonchè i valori aggiornati di flusso e fluenza con i rispettivi andamenti in funzione del tempo. Viene
anche riportato lo stato del Gate del MCA Ortec (aperto in caso di applicazione della tensione). A destra,
come invece si presenta la finestra del programma Maestro, con cui viene acquisito lo spettro delle particelle
che incidono sul rivelatore al silicio.
3.3. Software per l’acquisizione e l’elaborazione dei dati
Figura 3.16: Pannello del programma progmean utilizzabile per l’analisi dei dati.
67
3. Installazione del SPND presso il L.E.N.A.
68
Capitolo 4
Taratura e risultati
sperimentali
In questo capitolo vengono riportate le misure sperimentali effettuate con la
nuova catena elettronica realizzata con l’introduzione dell’SPND. Dopo aver
determinato le caratteristiche della catena è stata misurata la sensibilità del
rivelatore e sono state effettuate le prime misure di concentrazione del boro
in campioni biologici usando la catena completa.
4.1
Linearità dello strumento
Per prima cosa è stato necessario verificare che il detector SPND avesse una
risposta lineare in funzione del flusso neutronico. Per accertarcene abbiamo
condotto misure di corrente a varie potenze del reattore; ogni misura ha
avuto una durata sufficiente a garantire il raggiungimento delle correnti di
saturazione da parte del detector.
Dalle Eq. (2.5) e (2.6) di pag. 32 si ricava che l’incremento della corrente
avviene secondo una legge esponenziale del tipo
I(t) = ISat (1 − e−λt )
dove λ è la costante di decadimento del rodio attivato. Poichè gli isotopi
104
Rh e 104m Rh hanno rispettivamente tempi di dimezzamento di 42.3 s e
4. Taratura e risultati sperimentali
4.34 min, utilizzando la formula
λ=
ln 2
T1/2
(4.1)
si ricava che le costanti di decadimento siano rispettivamente λ′ = 0.016386458 s−1
e λm = 0.002661856 s−1 .
Pesando con la sezione d’urto per cattura neutronica relativa i due diversi contributi dati alla corrente dai differenti elementi radioattivi (vedere
Figura 3.3), si ricava che l’intensità della corrente risulta in prima approssimazione
σ′
σm
′
I(t) = ISat [
(1 − e−λ t ) +
(1 − e−λm t )]
σT ot
σT ot
dove σ ′ = 134 barns e σm = 11 barns.
Il rapporto tra le correnti I/ISat in funzione del tempo è riportato in
Figura 4.1 . Dal grafico si ricavano i tempi di attesa necessari ad assicurare il
minimo rapporto desiderato tra le due correnti. Alcuni valori sono riportati
in Tabella 4.1 .
RAPPORTO TRA CORRENTE PRODOTTA DAL SPND E QUELLA DI SATURAZIONE
1
0.8
I/I(sat)
0.6
0.4
0.2
0
0
500
1000
Tempo [sec]
1500
2000
Figura 4.1: Andamento temporale del rapporto tra la corrente prodotta dal
detector di neutroni e la sua corrente di saturazione.
Per calcolare la corrente media alle varie potenze del reattore, abbiamo
deciso di aspettare un tempo non inferiore a 14 minuti che garantisce una
corrente superiore al 99% di quella di saturazione. I valori cosı̀ ottenuti, che
70
4.1. Linearità dello strumento
Tabella 4.1: Alcuni valori tratti dalla Figura 4.1 .
Rapporto I/ISat
Tempo di attesa [min]
0.9000
0.9500
0.9800
0.9900
0.9925
0.9950
0.9975
2.92
4.39
8.42
12.69
14.49
17.03
21.39
sono funzione della posizione e della distanza rispetto al core, sono riassunti
nella Tabella 4.2 , mentre l’andamento della corrente a varie potenze del
reattore è riportato in Figura 4.2 .
Tabella 4.2: Analisi della corrente prodotta dal SPND a varie potenze del
reattore.
Potenza
reattore [kW]
Corrente
[·10−12 A]
Dev. std.
[%]
5
10
50
100
250
0.12565
0.24656
1.18361
2.31584
5.58158
2.61
1.61
0.35
0.23
0.17
Effettuando un fit lineare dei dati sperimentali, come si può vedere dalla
Figura 4.3 , si trova che i punti si dispongono sulla retta Y = a x + b, con un
R−quadro che vale 0.9998 . Limitatamente alla posizione del SPND durante
questo irraggiamento, abbiamo a = 2.216 · 10−14 e b = 5.265 · 10−14 . I punti
71
4. Taratura e risultati sperimentali
sperimentali si dispongono quindi molto bene su una retta e tale risultato
conferma pienamente l’ipotesi di risposta lineare del SPND.
CORRENTE A VARIE POTENZE
6e-12
250kW
5e-12
Corrente [A]
4e-12
3e-12
100kW
2e-12
50kW
1e-12
5kW
10kW
0
0
2000
4000
6000
Tempo [sec]
8000
10000
Figura 4.2: Andamento della corrente del SPND in funzione del tempo, a diverse
potenze del reattore.
4.2
Sensibilitá del SPND
La misura della sensibilità del detector consiste nel trovare la corrente prodotta da un flusso neutronico unitario. La misura è stata effettuata in colonna
termica irraggiando l’SPND insieme a dei foglietti di attivazione utilizzati
per la misura del flusso.
Apparato strumentale
La colonna termica del reattore Triga Mark II è un cubo di grafite di lato pari
a 110 cm; all’interno di esso per l’esperimento TAOrMINA era stato ricavato
un canale di irraggiamento dalle dimensioni 103x40x20 cm. Per garantire che
72
4.2. Sensibilitá del SPND
FIT LINEARE POTENZA/CORRENTE
6e-12
5e-12
Corrente [A]
4e-12
3e-12
2e-12
1e-12
0
0
50
100
150
Potenza [kW]
200
250
Figura 4.3: Fit lineare dei dati della Tabella 4.2 . Le barre d’errore non sono
chiaramente visibili perché sono inferiori alle dimensioni dei simboli.
foglietti e detector fossero sottoposti ad uno stesso flusso di neutroni, abbiamo realizzato il supporto di Figura 4.4 in modo da avere posizioni fisse, tutte
alla stessa distanza dal core. Mappature di flusso condotte precedentemente
avevano dimostrato una distribuzione spaziale uniforme lungo l’asse trasverso del canale [25]. In questo modo è lecito supporre che SPND e foglietti
ricevano lo stesso flusso neutronico.
Figura 4.4: Foto del supporto (listello centrale) realizzato per la calibrazione
dell’SPND.
Il supporto ha una base composta da 3 listelli di grafite, di lati 15x10 cm,
73
4. Taratura e risultati sperimentali
alti 1 cm, sistemati in modo da occupare interamente la larghezza della colonna termica. Sul listello centrale è stato montato un supporto sempre di
grafite che sostiene una lastra di teflon1 , su cui sono state fatte delle incisioni
per poter ospitare SPND e foglietti. In questo modo, se inseriamo il supporto sul margine della colonna garantiamo il corretto posizionamento dei
detectors, oltre alla possibilità di rendere ripetibile la misura.
I materiali utilizzati sono stati scelti in modo da non perturbare troppo
il flusso neutronico. La grafite infatti è l’elemento che costituisce la colonna
termica, il cui scopo è quello di termalizzare i neutroni provenienti dal reattore, creando un campo diffuso che decresce man mano che ci si allontana dal
core. Il teflon essendo costituito da carbonio e fluoro ha una sezione d’urto
di cattura neutronica trascurabile (< 10 mbarns).
Le posizioni e i tipi di incisioni sul teflon sono state eseguite in modo da
avere gli assi dei diversi detectors tutti alla stessa altezza dalla base del canale,
sia che siano nudi, che posizionati all’interno di contenitori. Questa altezza
è di 10 cm, cosı̀ verranno a trovarsi in una posizione centrale del canale.
Inoltre l’incisione del SPND è stata effettuata in modo che il rivelatore sia
posizionato ortogonalmente all’asse longitudinale della colonna termica, in
modo da avere un’attivazione il più possibile uniforme.
La distanza tra SPND e foglietti è stata scelta in base a considerazioni
sulla perturbazione del flusso dovuta alla presenza dei diversi detectors, come
si può vedere in Figura 4.5 . Questi infatti assorbendo neutroni, introducono come inevitabile effetto una diminuzione del flusso nelle loro immediate
vicinanze. Tenendo conto delle dimensioni del supporto di teflon e sapendo
che uno schermo di cadmio di 7 mm di diametro e 4 mm di spessore a una
distanza minima di 5.8 cm perturba il flusso soltanto dello 0.5% [7], abbiamo
deciso di porre i foglietti a una distanza di 5 cm dal centro del SPND. In
questo modo abbiamo un giusto compromesso tra la necessità di porre i rivelatori abbastanza vicini tra loro per garantire che il flusso sia lo stesso, ma
non cosı̀ vicini da introdurre perturbazioni rilevanti nel campo neutronico.
Come materiale per i foglietti abbiamo deciso di utilizzare il rame. Questa scelta è stata dettata dal fatto che esso presenta una sezione d’urto di
attivazione con andamento 1/v e privo di risonanze nella zona termica; la
1
Politetrafluoroetilene (PTFE), un polimero costituito da atomi di fluoro e carbonio.
74
4.2. Sensibilitá del SPND
Figura 4.5: Andamenti del flusso neutronico: ϕ0 è il flusso imperturbato, ϕs è
il flusso neutronico che ha subito assorbimento per la presenza del
detector, ϕ̄ è il flusso misurato. Immagine tratta da [7].
prima risonanza rilevante la troviamo infatti a 590 eV, come si può notare
dalla Figura 4.6.
Il rame naturale è costituito per il 69.17% dall’isotopo 63 Cu e per il 30.83%
dall’isotopo 65 Cu. Per il tipo di misura che facciamo, il rame che ci interessa
è il 63 Cu, che ha una sezione d’urto per cattura neutronica σ0 = 4.506 barns,
diventa 64 Cu radioattivo con T1/2 = 12.701 h, e decade β + , con una probabilità di emissione del gamma di annichilazione γ ± (511 keV)= 35.36%
[26].
I due fili di rame preparati per la misura di flusso, hanno le seguenti
caratteristiche:
composizione:
diametro:
lunghezza:
massa (1):
massa (2):
rame naturale
0.25 mm
∼ 6 mm
2.85 ± 0.05 mg
3.00 ± 0.05 mg
Misura dell’efficienza del rivelatore al germanio
Il rivelatore al germanio è del tipo Canberra XtRa, modello GX2019, che utilizza il sistema di raffreddamento 7500SL, con preamplificatore 2002CSL [27].
Si tratta di un cristallo di Ge di diametro 57 mm e altezza 36.5 mm , a cui
75
4. Taratura e risultati sperimentali
Figura 4.6: Andamenti delle diverse sezioni d’urto per il
da [21].
63 Cu.
Immagine tratta
viene applicata una tensione di +3500 V . Lo spettro è acquisito utilizzando
il software Gamma Vision.
Dal momento che le misure con il rivelatore al germanio sono effettuate
sia in periodi di tempo in cui il reattore era a potenza, sia quando invece non
era in funzione, sono stati acquisiti gli spettri del fondo nelle due condizioni.
In entrambi si sono notati picchi intorno all’energia di 511 keV di nostro
interesse. Tali spettri verranno sottratti durante l’analisi dei dati, facendo
attenzione a rapportarli correttamente nel tempo, nel caso di misure condotte
con differenti intervalli di tempo.
Per calcolare l’efficienza con cui il rivelatore al Ge conta i fotoni di energia
511 keV, abbiamo utilizzato una sorgente di 22 Na, che decade β + cosı̀ come
l’isotopo del rame attivato, le cui caratteristiche sono [26]:
attività:
data:
tipo decadimento:
T1/2 :
yield γ ± (511 keV):
37.4 ± 3% kBq
1 aprile 2008
EC, β +
2.6027 y
179.8%
76
4.2. Sensibilitá del SPND
La sorgente è stata posizionata a una distanza di circa 10 cm (foto riportata in Figura 4.7), in modo da avere un tempo morto compreso tra 2 e 5%.
Tenendo presente che per avere un basso errore statistico l’area netta del
picco deve non essere inferiore a 20 mila (in questo modo l’errore percentuale
√
è N/N < 0.7%), abbiamo acquisito lo spettro per un tempo live di 600 s.
Figura 4.7: Foto del rivelatore al germanio con la sorgente di sodio per il calcolo
dell’efficienza e il filo di rame per la misura dell’attivazione. Il rivelatore è schermato dalle radiazioni esterne mediante una schermature
di piombo.
Sottratto opportunamente lo spettro di fondo, l’area netta nel picco centrato a 511 keV risulta pari a 66460. Per il calcolo dell’efficienza, la formula
da utilizzare è
ε=
Area net
conteggi
=
.
Att(ora) · yield
∆Tlive · Att(ora) · yield
dove Att(ora) è l’attività della sorgente nel momento in cui si svolge la
misura. Poichè l’attività decade nel tempo secondo l’equazione
A(t) = A(0) e−λt
esprimendo t in anni e utilizzando l’Eq.(4.1), calcoliamo l’attuale attività
della sorgente di 22 Na.
Svolgendo i calcoli, l’efficienza risulta essere
ε = 1.96 · 10−3 ± 3% ,
77
4. Taratura e risultati sperimentali
dove l’errore percentuale è stato calcolato facendo la somma in quadratura
degli errori percentuali sui conteggi e sull’attività.
Tale grandezza contiene in sè sia l’efficienza intrinseca che il rivelatore
ha nel convertire i gamma in segnale, che l’efficienza geometrica con cui la
sorgente vede il rivelatore. Questa dipende dalle forme e dimensioni della sorgente/rivelatore, nonchè dalla loro distanza. La sorgente, per le sue
caratteristiche, può essere considerata a tutti gli effetti puntiforme. Poichè
anche i fili di rame e i fogli d’oro sono di dimensioni ridotte, mantenendo fisse
le posizioni, possiamo considerere con buona approssimazione che l’efficienza
del rivelatore rimanga costante.
Calcolo della sensibilità del SPND
La grandezza che collega la corrente prodotta dal SPND al flusso incidente
sul detector è la sensibilità, che si esprime in A · (cm2 s) .
Per misurare il flusso incidente sul SPND, abbiamo irraggiato per 3 ore
il rivelatore insieme ai fili di rame a una potenza di 250 kW. I detectors sono
stati posizionati sul supporto come viene mostrato in Figura 4.8.
Figura 4.8: Foto del SPND tra i fili di rame per la calibrazione. Anche i fili sono
stati sistemati in modo da avere un irraggiamento il più possibile
uniforme lungo la loro lunghezza.
L’analisi della corrente prodotta dal SPND a cui è stato sottratta la
corrente di fondo, rivela un valore pari a 6.24 · 10−12 ± 0.24% A.
Per poter calcolare il flusso partendo dall’attività indotta nel rame, utilizzando le formule del Capitolo 2.1, occorre prima di tutto acquisire i conteggi
78
4.2. Sensibilitá del SPND
dei fili. Con il rivelatore al Ge calibrato precedentemente, acquisiamo lo
spettro del rame con un tempo live di misura di 1800 s, sottraiamo opportunamente il fondo, e ricaviamo l’area netta del picco a 511 keV. I valori
ottenuti sono riportati in Tabella 4.3.
Tabella 4.3: Risultati derivanti dall’analisi dell’irraggiamento dei fili di rame, per
la misura della sensibilità del SPND.
filo
1
2
∆tlive
∆treale
1800 s 1816.3 s
1800 s 1814.6 s
Area netta
20923
21450
A questo punto, facendo riferimento all’Eq.(2.4), l’area netta corrisponde
alla grandezza indicata come (C −B), e conoscendo il tempo di irraggiamento
t0 , il tempo intercorso tra la fine dell’irraggiamento e l’inizio della misura t1
ed essendo t2 = t1 + ∆tlive , è possibile, dividento per il branching ratio del
rame, calcolare l’attività di saturazione dei due fili.
Scrivendo poi l’Eq. (2.1) come
A∞ = R = φ0 σ0
mf ilo
NA C.I.(63 Cu) ,
mCu
dove mCu = 63.546 è la massa del rame naturale espressa in u.m.a.2 , NA =
6.022 · 1023 è il numero di Avogadro, C.I. è la concentrazione isotopica, si
ricava il flusso di neutroni incidente sul rame. Questi valori sono riassunti
nella Tabella 4.4, dove si è assunto per il calcolo del flusso termico una
temperatura del moderatore pari a T = 70◦ C.
Facendo una media tra i due flussi, in riferimento all’Eq.(3.1), la sensibilità [A/nv] del SPND vale perciò
Sd (0) = Id /φ0 = 3.90 · 10−21 ± 5.8%
2
Unità di Massa Atomica.
79
4. Taratura e risultati sperimentali
Tabella 4.4: Valori dell’attività di saturazione e dei flussi ricavati per i due fili di
rame.
filo
A∞ [Bq]
Err.
1
2
1.34 · 105
1.42 · 105
3%
3%
φ0
φt
Err.
1.60 1.95 5.8%
1.61 1.96 5.8%
Sd (t) = Id /φt = 3.19 · 10−21 ± 5.8% .
Questi sono i risultati di una misura preliminare; per perfezionarla occorrerebbe valutare il contributo dato dai gamma alla corrente. Infatti nella
posizione scelta per questo irraggiamento, i detectors vengono a trovarsi a
una distanza molto ridotta (15 cm) dalla lastra di Boral3 che chiude il canale
della colonna termica. Dall’assorbimento dei neutroni da parte del boro, si
hanno emissioni di γ di diseccitazione da 478 keV, in quantità tali da non
poter essere trascurati (∼ 1 Gy/h [28]).
L’ordine di grandezza che si è ottenuto per la sensibilità, è comunque
compatibile con i valori che si trovano in letteratura ([5] [13]) per detectors
di questo tipo e di simili dimensioni.
4.2.1
Misura del rapporto di cadmio
Per meglio caratterizzare il campo neutronico è stata effettuata anche una
misura del rapporto di cadmio. Per questa misura abbiamo scelto di usare
come detector dei foglio d’oro. Questo metallo, al naturale, è composto
al 100% dall’isotopo 197 Au. Risulta preferibile rispetto al rame, perché la
sua sezione d’urto di attivazione è molto maggiore e possiede anch’essa un
andamento proporzionale a 1/v, come si può vedere in Figura 4.9.
L’isotopo 197 Au presenta una sezione d’urto per cattura neutronica σ0 =
98.66 barns, diventa 198 Au radioattivo che decade β − con T1/2 = 2.695 giorni.
I fogli d’oro hanno le seguenti caratteristiche:
3
Miscela di B4 C in alluminio.
80
4.2. Sensibilitá del SPND
Figura 4.9: Andamenti delle diverse sezioni d’urto per il 197 Au. Immagine tratta
da [21].
diametro:
massa:
foglio 1
6 mm
8.51 ± 0.05 mg
foglio 2
3 mm
1.57 ± 0.05 mg
Il foglio 1, di massa maggiore, è stato inserito in un contenitore di cadmio
avente spessore 1 mm. Questo spessore è sufficiente ad assorbire interamente
i neutroni termici. Il foglio 2 è stato invece inserito in un contenitore di
alluminio di spessore 0.5 mm. L’alluminio (100% 27 Al) presenta sezioni d’urto
di cattura neutronica trascurabili (0.23 barns), perciò mentre il primo foglio
sarà attivato solo dal flusso epitermico φe , il secondo foglio sarà attivato da
tutti i neutroni dello spettro φtot .
I contenitori sono stati posizionati sul nostro supporto, come riportato in
Figura 4.10, e sono stati irraggiati per 3 ore in colonna termica, alla potenza
di 250 kW. La corrente prodotta dal SPND risulta 6.24 · 10−12 ± 0.26% A.
A fine irraggiamento, con il rivelatore al germanio, si sono registrati gli
spettri gamma provenienti dall’attivazione dei due detectors. Il gamma proveniente dal 198 Au ha un’energia di 411 keV. Data la diversa attività dei
due fogli, le misure sono state condotte con tempi di acquisizione differenti.
Come è stato fatto per il rame, prima di leggere l’area netta del picco, è
81
4. Taratura e risultati sperimentali
Figura 4.10: Foto del SPND tra i fogli d’oro, contenuti in dischetti di Cd (pos. 1)
e Al (pos. 2), per la misura del rapporto di cadmio.
stato opportunamente sottratto il fondo. I risultati sono stati riportati nella
Tabella 4.5.
Tabella 4.5: Risultati derivanti dall’analisi dell’irraggiamento dei fogli d’oro, per
determinare il rapporto di cadmio.
foglio
1
2
∆tlive
∆treale
10800 s 10881.8 s
1200 s 1216.5 s
Area netta
22499
56155
Mediante l’area netta cosı̀ calcolata, utilizzando l’Eq.(2.4), si è calcolata
l’attività di saturazione per efficienza del rivelatore al germanio unitaria (ε =
1) e per mg di oro, ottenendo i seguenti risultati
foglio 1
0.995 · 101
foglio 2
0.119 · 104
Il rapporto tra questi valori, corrisponde al rapporto di cadmio cercato,
che risulta essere
RCd ∗ = 120 .
82
4.3. Calcolo della sensibilità Smb
Tale rapporto risulta però non essere corretto per il fattore che tiene conto
dell’autoassorbimento per la targhetta d’oro, che non puó essere trascurato
data la massa consistente del foglio 1. Con la correzione il rapporto diventa
infatti
RCd = 55.4
Nel caso di questa targhetta d’oro abbiamo i seguenti valori g = 1.00805
e s = 18.712. Per lo spessore del contenitore di cadmio, invece, ECd = 0.673,
mentre per come sono termalizzati i neutroni µ = 5.
Conoscendo RCd , dall’Eq.(1.6) si ricava l’indice r, che inserito nell’Eq.(1.5),
permette di ricavare il rapporto tra le due componenti del flusso termalizzato
φe
= 0.001 .
φt
Questo risultato conferma come nella colonna termica del reattore di
Pavia, la componente termica prevalga nettamente su quella epitermica.
4.3
Calcolo della sensibilità Smb
Lo scopo di questo lavoro è avere un monitor della fluenza neutronica che
interessa i campioni sottoposti a spettroscopia alfa, per la misura del boro.
I campioni da misurare, come già detto, si trovano in un portacampioni rotante, in cui è stato applicato il vuoto. Data l’impossibilità di posizionare
l’SPND all’interno del portacampioni, in una posizione molto vicina al rivelatore al silicio, si è deciso di misurare la fluenza incidente sui campioni
tenendo il rivelatore a una certa distanza. Data la funzione che deve svolgere l’SPND è fondamentale che detector e portacampione rotante rimangano
entrambi sempre nella stessa posizione all’interno della colonna termica.
Chiamiamo il fattore che ci permette di convertire la corrente prodotta
nel SPND in una certa posizione, nel flusso incidente sul campione, sensibilità
Smb , che risulta essere quindi
Smb =
ISP N D
φportacampioni
83
.
4. Taratura e risultati sperimentali
Per misurare questa grandezza è stato fissato il rivelatore nella posizione
riportata in Figura 4.11. In una posizione del portacampioni, è stato posizionato un filo di rame di massa 2.48 ± 0.05 mg. La struttura del portacampioni
e rivelatore al silicio è stata quindi posizionata nelle medesime condizioni in
cui si svolgono le misure di boro, e si è proceduti con un irraggiamento di 1
ora alla potenza di 250 kW.
Figura 4.11: A sinistra foto del SPND fissato in questa esperienza direttamente
sulla base di grafite del canale, a 14 cm di profondità e a 2 cm dalla
parete destra. A destra foto del portacampioni con il filo di rame
posizionato al suo interno (nell’alluminio).
La corrente prodotta nel SPND al netto della corrente di fondo (Ibrg =
4.35 · 10−15 ± 200% A) vale Id = 5.54 · 10−12 ± 0.24% A.
A fine irraggiamento, con la stessa procedura descritta nel Capitolo 4.2,
si sono registrati gli spettri gamma provenienti dall’attivazione del filo di
rame, attraverso una misura con il rivelatore al germanio della durata di
∆tlive = 3600 s.
Mediante la ormai nota procedura, per il portacampione si è ricavato il
seguente valore di flusso termico [nv]
φt = 2.09 · 109 ± 5.0%
La sensibilità Smb [A/nv] che si ricava è quindi
Smb = 2.65 · 10−21 ± 5.0%
Questo valore è quello da utilizzare nel programma Fluencecontrol ed è
84
4.3. Calcolo della sensibilità Smb
strettamente limitato alle posizioni indicate precedentemente.
La realizzazione del supporto per la misura di sensibilità del SPND e del
rapporto di cadmio, ha permesso di ricreare le stesse condizioni per cui la
corrente data dal rivelatore era la stessa sia nell’irraggiamento con i fili di
rame che durante quello con i fogli d’oro. Vista questa positiva esperienza,
si è deciso che si realizzerà un supporto analogo anche per le misure di boro.
Il supporto dovrà essere in teflon e dovrà avere delle incisioni tali da ospitare
l’SPND con il suo cavo, e avere anche la possibilità di ospitare eventualmente
targhette di attivazione. Una rappresentazione di come saranno le condizioni
nel canale della colonna termica durante le misure del boro, è data dalla
Figura 4.12.
Figura 4.12: Schema del futuro supporto del SPND e suo posizionamento per le
misure di boro.
85
4. Taratura e risultati sperimentali
4.4
Corrente SPND e potenza del reattore
Il reattore può essere mantenuto a potenza o manualmente o utilizzando un
sistema di controllo automatico. Nel primo caso la potenza oscilla spontaneamente (per effetto del coefficiente di reattività di temperatura proprio dell’Idruro di Zirconio) intorno al valore prefissato. Altrimenti si può far ricorso
ad un sistema automatico che provvede a misurare la potenza istantanea
del reattore, confrontarla con la potenza richiesta e muovere di conseguenza
una barra di controllo (Regulating) per avvicinare il reattore alla potenza
stabilita.
Si riporta nella Figura 4.13 l’andamento della corrente prodotta dal SPND
durante un irraggiamento alla potenza di 250 kW condotto mediante il controllo automatico. In questa configurazione l’analisi della corrente, che è legata al flusso neutronico incidente sul rivelatore, presenta variazioni inferiori
al 1%.
A riprova della sensibilità del SPND è stato riscontrato un andamento
oscillante della corrente durante il funzionamento automatico, come mostrato
in Figura 4.14. Il periodo risulta compatibile con la velocità di movimento
della barra di controllo.
86
4.4. Corrente SPND e potenza del reattore
CORRENTE SPND a 250kW (con controllo automatico)
6e-12
5e-12
Corrente [A]
4e-12
3e-12
2e-12
1e-12
0
0
2000
4000
6000
8000
10000
Tempo [sec]
Figura 4.13: Andamento della corrente del SPND in funzione del tempo, durante
un irraggiamento alla potenza di 250 kW con il sistema di controllo
automatico.
87
4. Taratura e risultati sperimentali
CORRENTE SPND a 250kW (particolare)
5.57e-12
5.56e-12
Corrente [A]
5.55e-12
5.54e-12
5.53e-12
5.52e-12
5.51e-12
5.5e-12
6000
6050
6100
Tempo [sec]
6150
6200
Figura 4.14: Particolare dell’andamento della corrente del SPND. Risulta evidente una periodicità legata al moto della barra di controllo durante il
funzionamento automatico del reattore.
88
Conclusioni
Lo scopo di questo lavoro di tesi era quello di sviluppare un sistema per
la misura in tempo reale della fluenza neutronica nella colonna termica del
reattore Triga Mark II di Pavia. Un tale monitor risulta di fondamentale
importanza quando si vogliano confrontare misure effettuate in tempi diversi
svincolandosi dalle fluttuazioni del flusso neutronico prodotte da variazioni
nella potenza nominale del reattore. Una tipica attività che ha spinto alla
progettazione e alla realizzazione del monitor di fluenza, è la misura della
concentrazione del boro nei campioni biologici usati in ambito BNCT.
Dopo aver preso in considerazione vari tipi di detectors la scelta è caduta
su un rivelatore del tipo SPND che ha il vantaggio di non richiedere nè alimentazione elettrica nè un sistema di preamplificazione ed amplificazione, ma
semplicemente un cavo di connessione ad un elettrometro. Questo progetto è
stato realizzato grazie ad una collaborazione internazionale con i ricercatori
della CNEA di Buenos Aires che hanno anche prodotto il rivelatore.
Oltre all’installazione del detector è stato sviluppato il software per la
gestione del rivelatore e per l’analisi dei dati, ed è stata realizzata l’integrazione del nuovo sistema con la catena spettrometrica di misura del boro già
esistente.
Sono state condotte misure per testare il corretto funzionamento del
SPND verificando la sua sensibilità (intensità di corrente per flusso unitario) e la linearità di risposta in funzione della potenza del reattore. Sono
stati ottenuti risultati in accordo con i dati disponibili in letteratura per
detectors dello stesso tipo e di dimensioni simili.
Grazie a questo nuovo sistema l’errore nella misura della concentrazione
del boro indotto dalle fluttuazioni nel flusso neutronico può essere ridotto da
circa il 5% a meno dell’1%. Inoltre l’SPND rappresenta un ottimo riferimento
Conclusioni
per valutare la stabilità del flusso nella posizione di irraggiamento all’interno
della colonna termica.
La sensibilità di questo sistema di monitoraggio ha permesso di mettere
in evidenza oscillazioni nel flusso neutronico dell’ordine dello 0.2% indotte
dal moto della barra di controllo Regulating nel funzionamento automatico
del reattore.
In futuro si intende effettuare un’analisi più approfondita delle caratteristiche del rivelatore anche facendo ricorso a simulazioni di tipo Monte Carlo
per la stima della sua sensibilità intrinseca.
90
Appendice A
BNCT
A.1
Il pricipio di base della BNCT
La BNCT [30], Boron Neutron Captur Therapy, è una tecnica di cura contro
i tumori. Il principio della terapia consiste nel portare il 10 B all’interno
delle cellule tumorali e successivamente irraggiare l’organo con un fascio di
neutroni termici. La reazione di cattura 10 B(n, α)7 Li produce due particelle
ad alto LET1 che creano danni alle cellule tumorali.
Lo ione Li e la particella α sono entrambi altamente ionizzanti, quindi
se attraversano un nucleo cellulare hanno alta probabilità di causare danni
irreparabili al DNA, come possono essere le doppie rotture alla sua struttura. Inoltre, un’importante caratteristica di questa terapia è che le due
particelle avendo LET molto elevato, hanno di conseguenza una capacità
di penetrazione molto esigua, ciò assicura che la loro energia cinetica venga completamente dissipata all’interno della cellula di partenza, con grande
vantaggio delle cellule sane vicine.
L’efficacia della BNCT è quindi la sua alta capacità di selezione. Se
si accumulassero in una cellula tumorale 109 atomi di 10 B, sottoponendo
l’organo a una fluenza di 1012 neutroni/cm2 , si otterrebbero 2 o 3 catture
neutroniche, capaci di distruggere la cellula.
Il maggiore sforzo della ricerca è quindi maggiormente incentrato a sintetizzare farmaci in grado di accumulare il boro in alte concentrazioni nelle
1
Linear Energy Transfer.
A. BNCT
cellule tumorali, escudendo il più possibile quelle sane. I composti maggiormente utilizzati sono il Sodio-Dodecaborano (BSH) e la Borofenilalanina (BPA). Il primo, utilizzato sopratutto nella cura contro i tumori al cervello
grazie alla sua capacità di superare la barriera emato encefalica, permette di
raggiungere un rapporto di concentrazione tra le cellule tumorali e quelle sane, di poco superiore a 2. Il secondo invece permette di raggiungere rapporti
di concentrazione compresi tra 2 e 4.
Conoscere con esattezza tali rapporti è fondamentale per la scelta del piano di trattamento più appropriato. Le tecniche usate sono Spettroscopia a
Emissione Atomica, Spettroscopia di Massa, Analisi di Attivazione Neutronica Prompt Gamma, Spettroscopia di Massa a Ioni Secondari, e a Pavia la
tecnica che sfrutta la spettroscopia delle α dovute alla reazione 10 B(n, α)7 Li.
A.2
La misura del boro in tessuti biologici a
Pavia
I ricercatori di Pavia hanno sviluppato una tecnica che permette di misurare
la concentrazione di 10 B nei tessuti tumorali e in quelli sani, utilizzando la
spettroscopia α sulla reazione 10 B(n, α)7 Li [31].
La tecnica consiste nel tagliare per mezzo di un criostato sequenze di tre
fettine di organo espiantato da una cavia trattata con un farmaco contenente
10
B (BPA). Una sezione di 60 µm viene depositata direttamente su un film
sensibile (CR-39) per una radiografia neutronica. Una di 10 µm viene depositata su un vetrino per l’analisi istologica, mentre una terza di 60 µm viene
depositata su un disco di Mylar.
Il primo campione depositato sulla pellicola CR-39 viene irraggiato in
colonna termica. Le particelle ionizzanti generate dalla reazione di cattura
sul boro contenuto nel tessuto, rompono i legami chimici cristallini lungo la
traccia che percorrono nel film. Tali tracce sono rese visibili grazie a uno
sviluppo del film in una soluzione contenente soda caustica a concentrazione
e temperatura opportune [32]. L’acquisizione di un’immagine del campione permette quindi di visualizzare la distribuzione di boro all’interno della
sezione di organo.
92
A.2. La misura del boro in tessuti biologici a Pavia
Dall’esame istologico invece si evidenzia la morfologia del tessuto, nelle
sue diverse componenti tumorali, sane, necrotiche ecc. Dal confronto delle
due immagini si potrà quindi stabilire qualitativamente se esiste un uptake selettivo nelle zone tumorali, mettendo a confronto le zone evidenziate
dall’istologia come noduli o cellule neoplastiche con le zone più scure nella
neutronigrafia.
La terza sezione viene anch’essa sottoposta ad un irraggiamento in colonna termica, ma viene posizionata all’interno di un portacampioni rotante,
che, comandato dall’esteno, posiziona i campioni davanti a un rivelatore al
silicio. Il rivelatore raccoglie l’energia delle particelle cariche emesse nella
reazione di cattura neutronica da parte degli elementi contenuti nel tessuto:
particelle alfa e ioni di litio, ma anche protoni dalla reazione 14 N(n, p)14 C.
Lo spettro ottenuto è uno spettro assorbito in cui sono registrati insieme α,
nuclei di Li e p, che partendo da diverse profondità escono dalla sezione di
organo con energie minori di quelle con cui vengono prodotte. Lo spettro
è calibrato in energia utilizzando un campione NIST costituito da un’impiantazione superficiale di 10 B in silicio, prodotta e certificata dal National
Institute of Standards and Technology.
La zona di spettro del tessuto compresa tra 1100 keV e 1350 keV è dovuta solo al contributo delle alfa. L’integrale dello spettro entro queste energie
fornisce il numero di alfa che sono arrivate al rivelatore con energia residua
tra questi limiti. Utilizzando la curva di energia rilasciata in funzione dello spessore attraversato dalle alfa nel tessuto in considerazione, è possibile
ricavare lo spessore entro il tessuto in cui sono state create tali particelle.
Ipotizzando che il campione abbia concentrazione uniforme, essa sarà quindi
proporzionale al numero di reazioni che avvengono in tale porzione di tessuto,
fratto il peso della porzione stessa. Il calcolo esatto della concentrazione deve
tener conto della sezione d’urto per cattura neutronica, dell’area di tessuto
vista dal rivelatore, del tempo di acquisizione e del flusso neutronico al quale
è stato esposto. Inoltre, dato che lo spessore del taglio è esiguo, il campione
perde l’acqua e si secca poco dopo essere stato depositato sul mylar. Bisogna
quindi riscalare la concentrazione ottenuta nel campione secco tenendo conto
del rapporto tra la massa del tessuto fresco e quella del tessuto secco, che
per ogni tipo di tessuto deve essere determinato sperimentalmente.
93
A. BNCT
Questa procedura è valida nel caso di un campione sano in cui la concentrazione di boro sia uniforme. Nel caso di campioni con zone tumorali e/o
necrotiche, è necessario dividere i contributi dovuti ai diversi tipi di tessuto. Per questo si utilizza la neutronigrafia della fettina che si è irraggiata e
si misura il volume occupato dal tumore. In questo modo, utilizzando una
misura preventiva della concentrazione del tessuto sano, è possibile pesare
i diversi contributi e determinare la concentrazione di boro nel solo tessuto
tumorale. Questo aspetto è una delle maggiori potenzialità del metodo, che
permette di creare un piano di trattamento più preciso, a differenza di altri
metodi utilizzati che danno invece una media di concentrazione di boro in
campioni misti.
94
Appendice B
Programma
FLUENCECONTROL
function varargout = Fluencecontrol(varargin)
% FLUENCECONTROL M-file for Fluencecontrol.fig
% FLUENCECONTROL, by itself, creates a new FLUENCECONTROL or raises the existing
% singleton*.
%
% H = FLUENCECONTROL returns the handle to a new FLUENCECONTROL or the handle to
% the existing singleton*.
%
% FLUENCECONTROL(’CALLBACK’,hObject,eventData,handles,...) calls the local
% function named CALLBACK in FLUENCECONTROL.M with the given input arguments.
%
% FLUENCECONTROL(’Property’,’Value’,...) creates a new FLUENCECONTROL or raises
% the existing singleton*. Starting from the left, property value pairs are
% applied to the GUI before Fluencecontrol_OpeningFunction gets called. An
% unrecognized property name or invalid value makes property application
% stop. All inputs are passed to Fluencecontrol_OpeningFcn via varargin.
%
% *See GUI Options on GUIDE’s Tools menu. Choose "GUI allows only one
% instance to run (singleton)".
B. Programma FLUENCECONTROL
%
% See also: GUIDE, GUIDATA, GUIHANDLES
% Edit the above text to modify the response to help Fluencecontrol
% Last Modified by GUIDE v2.5 24-Oct-2008 12:08:11
% Begin initialization code - DO NOT EDIT
gui_Singleton = 1;
gui_State = struct(’gui_Name’,
mfilename, ...
’gui_Singleton’, gui_Singleton, ...
’gui_OpeningFcn’, @Fluencecontrol_OpeningFcn, ...
’gui_OutputFcn’, @Fluencecontrol_OutputFcn, ...
’gui_LayoutFcn’, [] , ...
’gui_Callback’,
[]);
if nargin && ischar(varargin{1})
gui_State.gui_Callback = str2func(varargin{1});
end
if nargout
[varargout{1:nargout}] = gui_mainfcn(gui_State, varargin{:});
else
gui_mainfcn(gui_State, varargin{:});
end
% End initialization code - DO NOT EDIT
% --- Executes just before Fluencecontrol is made visible.
function Fluencecontrol_OpeningFcn(hObject, eventdata, handles, varargin)
% This function has no output args, see OutputFcn.
% hObject
handle to figure
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles
structure with handles and user data (see GUIDATA)
% varargin
command line arguments to Fluencecontrol (see VARARGIN)
96
global
global
global
global
global
global
global
global
global
complitepath
deltatime
setfluence
sensitivity
bgrcurr
control
parity
filenum
davide
%Default value
complitepath=’ ’;
davide.complitepath=complitepath;
deltatime=1.0;
handles.deltatime=deltatime;
setfluence=1e+8;
davide.setfluence=setfluence;
sensitivity=2.74e-21;
davide.sensitivity=sensitivity;
bgrcurr=1.285e-14;
davide.bgrcurr=bgrcurr;
control=1;
davide.control=control;
parity=1;
davide.parity=parity;
filenum=0;
davide.filenum=filenum;
davide.fluencebutton=handles.fluencebutton;
davide.FluxGraph=handles.FluxGraph;
davide.FluenceGraph=handles.FluenceGraph;
davide.real_value=handles.real_value;
davide.live_value=handles.live_value;
97
B. Programma FLUENCECONTROL
% Choose default command line output for Fluencecontrol
handles.output = hObject;
% Update handles structure
guidata(hObject, handles);
% UIWAIT makes Fluencecontrol wait for user response (see UIRESUME)
% uiwait(handles.figure1);
% --- Outputs from this function are returned to the command line.
function varargout = Fluencecontrol_OutputFcn(hObject, eventdata, handles)
% varargout cell array for returning output args (see VARARGOUT);
% hObject
handle to figure
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles
structure with handles and user data (see GUIDATA)
% Get default command line output from handles structure
varargout{1} = handles.output;
% -------------------------------------------------------------------function Configuration_Callback(hObject, eventdata, handles)
% hObject
handle to Configuration (see GCBO)
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles
structure with handles and user data (see GUIDATA)
% -------------------------------------------------------------------function Save_as_Callback(hObject, eventdata, handles)
% hObject
handle to Save_as (see GCBO)
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles
structure with handles and user data (see GUIDATA)
98
global davide
[filename,path]=uiputfile(’*.txt’,’Save as’);
if path==0
return
end
davide.path=path;
complitepath=fullfile(path,filename);
davide.complitepath=complitepath;
filecut=strtok(filename,’.’);
davide.filecut=filecut;
set(handles.text5,’String’,davide.complitepath);
guidata(hObject, handles);
% -------------------------------------------------------------------function Settings_Callback(hObject, eventdata, handles)
% hObject
handle to Settings (see GCBO)
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles
structure with handles and user data (see GUIDATA)
global deltatime
global davide
prompt = {’Sampling Time [sec]:’,’Fluence Value [n/cm^2]:’,\
’Sensitivity SPND [A/nv]’,’Background Current [A]’};
dlg_title = ’Setting Time, Fluence, Sensitivity, Bgr_Curr’;
num_lines = 1;
def = {’1’,’1e+8’,’2.74e-21’,’1.285e-14’};
99
B. Programma FLUENCECONTROL
answer = inputdlg(prompt,dlg_title,num_lines,def);
if isempty(answer)
warndlg(’You MUST set Time & Fluence’);
return
end
if isempty(answer{1})
warndlg(’You MUST set Time’);
return
end
if isempty(answer{2})
warndlg(’You MUST set Fluence’);
return
end
if isempty(answer{3})
warndlg(’You MUST set Sensitivity’);
return
end
if isempty(answer{4})
warndlg(’You MUST set Background’’s current’);
return
end
deltatime=str2double(answer{1});
handles.deltatime=deltatime;
setfluence=str2double(answer{2});
davide.setfluence=setfluence;
sensitivity=str2double(answer{3});
davide.sensitivity=sensitivity;
bgrcurr=str2double(answer{4});
davide.bgrcurr=bgrcurr;
guidata(hObject, handles);
100
% --- Executes on button press in startbutton.
function startbutton_Callback(hObject, eventdata, handles)
% hObject
handle to startbutton (see GCBO)
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles
structure with handles and user data (see GUIDATA)
global davide
global t
global file
davide.startbutton=handles.startbutton;
davide.FluxValue=handles.FluxValue;
davide.FluenceValue=handles.FluenceValue;
if(isequal(davide.complitepath,’ ’))
warndlg(’You MUST enter file name in Configuration>Save as’,\
’Warning’);
return
end
set(handles.text11,’String’,handles.deltatime);
set(handles.text13,’String’,davide.setfluence);
set(handles.text15,’String’,davide.sensitivity);
set(handles.text21,’String’,davide.bgrcurr);
cla(davide.FluxGraph,’reset’);
axes(davide.FluxGraph);
xlabel(davide.FluxGraph,’Time [sec]’,’fontsize’,9);
ylabel(davide.FluxGraph,’Neutron Flux [n/(s.cm^2)]’,’fontsize’,9);
grid on;
hold all;
cla(davide.FluenceGraph,’reset’);
axes(davide.FluenceGraph);
101
B. Programma FLUENCECONTROL
xlabel(davide.FluenceGraph,’Time [sec]’,’fontsize’,9);
ylabel(davide.FluenceGraph,’Neutron Fluence [n/cm^2]’,’fontsize’,9);
grid on;
hold all;
if (davide.control==1)
davide.control=0;
set(davide.startbutton,’String’,’Stop’);
file=fopen(davide.complitepath,’a’);
davide.file=file;
rs232=serial(’COM1’);
davide.rs232=rs232;
fopen(davide.rs232);
fprintf(davide.rs232,’:syst:rem’);
pause(0.1);
fprintf(davide.rs232,’:sour:volt:rang 100’);
fprintf(davide.rs232,’:sour:volt:limit:stat 1’);
fprintf(davide.rs232,’:sour:volt:lim +5’);
fprintf(davide.rs232,’:sour:volt +3’);
fprintf(davide.rs232,’:outp 0’);
set(handles.VSOURCE,’String’,’GATE OFF’);
fprintf(davide.rs232,’:func ’’curr’’’);
fprintf(davide.rs232,’:form:elem read’);
%For don’t take the first value:
fprintf(davide.rs232,’:data:fresh?’);
tic;
tottime=0;
davide.tottime=tottime;
t = timer(’TimerFcn’,@acquisition,’Period’,handles.deltatime,\
’ExecutionMode’,’fixedDelay’);
davide.t=t;
start(davide.t);
102
else
davide.control=1;
stop(davide.t);
delete(davide.t);
set(davide.startbutton,’String’,’Start’);
fclose(davide.file);
davide.complitepath=’ ’;
davide.parity=1;
davide.filenum=0;
set(davide.fluencebutton,’String’,’Start Fluence’);
fprintf(davide.rs232,’:outp 0’);
set(handles.VSOURCE,’String’,’GATE OFF’);
fprintf(davide.rs232,’syst:loc’);
fclose(davide.rs232);
delete(davide.rs232);
clear davide.rs232;
end
guidata(hObject, handles);
% --------------------------------------% --------------------------------------function acquisition(obj, event)
global davide
%Ask the current & with sensitivity calculate the flux
fprintf(davide.rs232,’:data:fresh?’);
currentstr=fscanf(davide.rs232);
current=str2double(currentstr);
%current=randg; % Take out all rs232
netcurrent=current-davide.bgrcurr;
instantflux=netcurrent/davide.sensitivity;
103
B. Programma FLUENCECONTROL
%Time
time=toc;
tottime=davide.tottime+time;
davide.tottime=tottime;
tottimestr=num2str(tottime);
handles.tottimestr=tottimestr;
tic;
timestr=num2str(time);
handles.timestr=timestr;
davide.instantflux=instantflux;
set(davide.FluxValue,’String’,davide.instantflux);
plot(davide.FluxGraph,tottime,instantflux,’r.-’);
%Now put in file.txt "Flux , total_time"
fprintf(davide.file,’%e , ’,davide.instantflux);
fwrite(davide.file,handles.tottimestr);
fprintf(davide.file,’\x0D\x0A’);
c=rem(davide.parity,2);
if (c==0)
instantfluence=davide.instantfluence+(instantflux*time);
davide.instantfluence=instantfluence;
set(davide.FluenceValue,’String’,davide.instantfluence);
plot(davide.FluenceGraph,tottime,instantfluence,’b.-’);
%show real_time
delta_time=davide.tottime-davide.start_time;
davide.delta_time=delta_time;
set(davide.real_value,’String’,davide.delta_time);
%Now put in filefluence.txt "Flux , Fluence , total_time , clock"
newfilename=strcat(davide.filecut,’_fluence_’,davide.filenumstr,\
’.txt’);
newcomplitepath=fullfile(davide.path,newfilename);
104
davide.newcomplitepath=newcomplitepath;
newfile=fopen(davide.newcomplitepath,’a’);
davide.newfile=newfile;
day=fix(clock);
fprintf(davide.newfile,’%e , %e, ’,davide.instantflux,davide.\
instantfluence);
fwrite(davide.newfile,handles.tottimestr);
fprintf(davide.newfile,’, %d/%d/%d %d:%d:%d’,day(3),day(2),\
day(1),day(4),day(5),day(6));
fprintf(davide.newfile,’\x0D\x0A’);
fclose(davide.newfile);
%If fluence is how we want
if (davide.instantfluence>davide.setfluence)
davide.parity=1;
set(davide.fluencebutton,’String’,’Start Fluence’);
warndlg(’!!!! WE HAVE A FLUENCE SET !!!!’);
fprintf(davide.rs232,’:outp 0’);
set(davide.VSOURCE,’String’,’GATE OFF’);
end
end
% --- Executes on button press in fluencebutton.
function fluencebutton_Callback(hObject, eventdata, handles)
% hObject
handle to fluencebutton (see GCBO)
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles
structure with handles and user data (see GUIDATA)
global davide
instantfluence=0;
davide.instantfluence=instantfluence;
105
B. Programma FLUENCECONTROL
davide.VSOURCE=handles.VSOURCE;
davide.parity=davide.parity+1;
c=rem(davide.parity,2);
if (c==0)
set(handles.fluencebutton,’String’,’Stop Fluence’);
set(handles.text13,’String’,davide.setfluence);
davide.filenum=davide.filenum+1;
filenumstr=num2str(davide.filenum);
davide.filenumstr=filenumstr;
fprintf(davide.rs232,’:outp 1’);
set(handles.VSOURCE,’String’,’GATE ON’);
set(handles.index_fluence,’String’,davide.filenumstr);
set(davide.live_value,’String’,’0’);
start_time=davide.tottime;
davide.start_time=start_time;
else
set(handles.fluencebutton,’String’,’Start Fluence’);
fprintf(davide.rs232,’:outp 0’);
set(handles.VSOURCE,’String’,’GATE OFF’);
end
guidata(hObject, handles);
% --- Executes on button press in live_button.
function live_button_Callback(hObject, eventdata, handles)
% hObject
handle to live_button (see GCBO)
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles
structure with handles and user data (see GUIDATA)
global davide
prompt = {’Real Time Maestro [sec]:’,’Live Time Maestro [sec]:’};
106
dlg_title = ’Time’;
num_lines = 1;
def = {’1’,’1’};
answer = inputdlg(prompt,dlg_title,num_lines,def);
if isempty(answer)
warndlg(’You MUST set Time parameters’);
return
end
if isempty(answer{1})
warndlg(’You MUST set Real Time’);
return
end
if isempty(answer{2})
warndlg(’You MUST set Live Time’);
return
end
mreal_time=str2double(answer{1});
handles.mreal_time=mreal_time;
mlive_time=str2double(answer{2});
handles.mlive_time=mlive_time;
live_time=davide.delta_time*(handles.mlive_time/handles.mreal_time);
handles.live_time=live_time;
set(davide.live_value,’String’,handles.live_time);
guidata(hObject, handles);
% --- Executes on button press in meanbutton.
function meanbutton_Callback(hObject, eventdata, handles)
% hObject
handle to meanbutton (see GCBO)
107
B. Programma FLUENCECONTROL
% eventdata
% handles
reserved - to be defined in a future version of MATLAB
structure with handles and user data (see GUIDATA)
progmean
guidata(hObject, handles);
% ----------- MY VARIABLES --------------%
%
%
%
%
%
%
%
%
%
%
parity
filenum
(if this number is even, we acquire flux and fluence)
(is a number that increment; when start a new misure of
fluence we create a new file: "filecutfluence_filenum.txt")
c
(is equal at 0 if parity/2 is an integer)
day
(is a vector with 6 components: age,month,day,hour,min,sec)
bgrconst
(is the control for the background current acquisition)
currentstr (is the current’s value (string) by the Keithley)
current
(is a current’s value num2string currentstr)
currtxt
(is a value of current by file.txt)
time
(is the time by function tic);
timetxt
(is a value of time by file.txt)
108
Appendice C
Programma PROGMEAN
function varargout = progmean(varargin)
% PROGMEAN M-file for progmean.fig
% PROGMEAN, by itself, creates a new PROGMEAN or raises the existing
% singleton*.
%
% H = PROGMEAN returns the handle to a new PROGMEAN or the handle to
% the existing singleton*.
%
% PROGMEAN(’CALLBACK’,hObject,eventData,handles,...) calls the local
% function named CALLBACK in PROGMEAN.M with the given input arguments.
%
% PROGMEAN(’Property’,’Value’,...) creates a new PROGMEAN or raises the
% existing singleton*. Starting from the left, property value pairs are
% applied to the GUI before progmean_OpeningFunction gets called. An
% unrecognized property name or invalid value makes property application
% stop. All inputs are passed to progmean_OpeningFcn via varargin.
%
% *See GUI Options on GUIDE’s Tools menu. Choose "GUI allows only one
% instance to run (singleton)".
%
% See also: GUIDE, GUIDATA, GUIHANDLES
C. Programma PROGMEAN
% Edit the above text to modify the response to help progmean
% Last Modified by GUIDE v2.5 21-Oct-2008 16:35:29
% Begin initialization code - DO NOT EDIT
gui_Singleton = 1;
gui_State = struct(’gui_Name’,
mfilename, ...
’gui_Singleton’, gui_Singleton, ...
’gui_OpeningFcn’, @progmean_OpeningFcn, ...
’gui_OutputFcn’, @progmean_OutputFcn, ...
’gui_LayoutFcn’, [] , ...
’gui_Callback’,
[]);
if nargin && ischar(varargin{1})
gui_State.gui_Callback = str2func(varargin{1});
end
if nargout
[varargout{1:nargout}] = gui_mainfcn(gui_State, varargin{:});
else
gui_mainfcn(gui_State, varargin{:});
end
% End initialization code - DO NOT EDIT
% --- Executes just before progmean is made visible.
function progmean_OpeningFcn(hObject, eventdata, handles, varargin)
% This function has no output args, see OutputFcn.
% hObject
handle to figure
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles
structure with handles and user data (see GUIDATA)
% varargin
command line arguments to progmean (see VARARGIN)
global i
global controlx
110
global j
i=1;
handles.i=i;
controlx=0;
handles.controlx=controlx;
j=1;
handles.j=j;
start=’’;
handles.start=start;
stop=’’;
handles.stop=stop;
x=’’;
y=’’;
cla(handles.Graph,’reset’);
axes(handles.Graph);
% Choose default command line output for progmean
handles.output = hObject;
% Update handles structure
guidata(hObject, handles);
% UIWAIT makes progmean wait for user response (see UIRESUME)
% uiwait(handles.figure1);
% --- Outputs from this function are returned to the command line.
function varargout = progmean_OutputFcn(hObject, eventdata, handles)
% varargout cell array for returning output args (see VARARGOUT);
% hObject
handle to figure
111
C. Programma PROGMEAN
% eventdata
% handles
reserved - to be defined in a future version of MATLAB
structure with handles and user data (see GUIDATA)
% Get default command line output from handles structure
varargout{1} = handles.output;
% --- Executes on button press in openfile.
function openfile_Callback(hObject, eventdata, handles)
% hObject
handle to openfile (see GCBO)
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles
structure with handles and user data (see GUIDATA)
global matrix
cla(handles.Graph,’reset’);
xlabel(handles.Graph,’%’,’fontsize’,9);
ylabel(handles.Graph,’Y’,’fontsize’,9);
grid on;
hold all;
[mfile,mpath,FilterIndex] = uigetfile(’*.txt’);
mcomplitepath=fullfile(mpath,mfile);
handles.mcomplitepath=mcomplitepath;
matrix=load(handles.mcomplitepath);
[righe,colonne]=size(matrix);
handles.righe=righe;
handles.colonne=colonne;
if (handles.righe>0 && handles.colonne>0)
handles.controlx=1;
while handles.i<righe+1
percent(handles.i)=handles.i/handles.righe;
handles.i=handles.i+1;
112
end
handles.percent=percent;
handles.i=1;
else
warndlg(’The file is not correct!’);
end
guidata(hObject, handles);
function edit5_Callback(hObject, eventdata, handles)
% hObject
handle to edit5 (see GCBO)
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles
structure with handles and user data (see GUIDATA)
% Hints: get(hObject,’String’) returns contents of edit5 as text
% str2double(get(hObject,’String’)) returns contents of edit5 as a double
handles.num_colonnastr=get(hObject,’String’);
num_colonna=str2num(handles.num_colonnastr);
handles.num_colonna=num_colonna;
guidata(hObject, handles);
% --- Executes during object creation, after setting all properties.
function edit5_CreateFcn(hObject, eventdata, handles)
% hObject
handle to edit5 (see GCBO)
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles empty - handles not created until after all CreateFcns called
% Hint: edit controls usually have a white background on Windows.
%
See ISPC and COMPUTER.
113
C. Programma PROGMEAN
if ispc && isequal(get(hObject,’BackgroundColor’), \
get(0,’defaultUicontrolBackgroundColor’))
set(hObject,’BackgroundColor’,’white’);
end
% --- Executes on button press in graph_button.
function graph_button_Callback(hObject, eventdata, handles)
% hObject
handle to graph_button (see GCBO)
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles
structure with handles and user data (see GUIDATA)
global matrix
if (handles.controlx==0)
warndlg(’Before You MUST open the file.txt!’);
else
y=matrix(:,handles.num_colonna);
handles.y=y;
plot(handles.Graph,handles.percent,handles.y,’g.-’);
end
guidata(hObject, handles);
function edit1_Callback(hObject, eventdata, handles)
% hObject
handle to edit1 (see GCBO)
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles
structure with handles and user data (see GUIDATA)
% Hints: get(hObject,’String’) returns contents of edit1 as text
% str2double(get(hObject,’String’)) returns contents of edit1 as a double
handles.start=get(hObject,’String’);
114
percentstart=str2double(handles.start);
handles.percentstart=percentstart;
guidata(hObject, handles);
% --- Executes during object creation, after setting all properties.
function edit1_CreateFcn(hObject, eventdata, handles)
% hObject
handle to edit1 (see GCBO)
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles empty - handles not created until after all CreateFcns called
% Hint: edit controls usually have a white background on Windows.
%
See ISPC and COMPUTER.
if ispc && isequal(get(hObject,’BackgroundColor’), \
get(0,’defaultUicontrolBackgroundColor’))
set(hObject,’BackgroundColor’,’white’);
end
function edit2_Callback(hObject, eventdata, handles)
% hObject
handle to edit2 (see GCBO)
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles
structure with handles and user data (see GUIDATA)
% Hints: get(hObject,’String’) returns contents of edit2 as text
% str2double(get(hObject,’String’)) returns contents of edit2 as a double
% --- Executes during object creation, after setting all properties.
handles.stop=get(hObject,’String’);
percentstop=str2double(handles.stop);
handles.percentstop=percentstop;
guidata(hObject, handles);
115
C. Programma PROGMEAN
function edit2_CreateFcn(hObject, eventdata, handles)
% hObject
handle to edit2 (see GCBO)
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles empty - handles not created until after all CreateFcns called
% Hint: edit controls usually have a white background on Windows.
%
See ISPC and COMPUTER.
if ispc && isequal(get(hObject,’BackgroundColor’), \
get(0,’defaultUicontrolBackgroundColor’))
set(hObject,’BackgroundColor’,’white’);
end
% --- Executes on button press in meanbutton.
function meanbutton_Callback(hObject, eventdata, handles)
% hObject
handle to meanbutton (see GCBO)
% eventdata reserved - to be defined in a future version of MATLAB
% handles
structure with handles and user data (see GUIDATA)
if (handles.controlx==0)
warndlg(’Before You MUST open the file.txt!’);
else
if((isempty(handles.start)) || (isempty(handles.stop)) )
warndlg(’You MUST set the interval’’s extremes for the mean!’);
return
else
k=handles.righe*handles.percentstart;
%We need k integer, so:
kstr=num2str(k);
kintstr=strtok(kstr,’.’);
kint=str2double(kintstr);
handles.kint=kint;
116
m=handles.righe*handles.percentstop;
%We need m integer, so:
mstr=num2str(m);
mintstr=strtok(mstr,’.’);
mint=str2double(mintstr);
handles.mint=mint;
% Because the first element is 1 and not 0
if (handles.kint==0)
handles.kint=1;
end
% For make a mean only between k and m elements
val_mean=mean(handles.y(handles.kint:handles.mint));
handles.val_mean=val_mean;
val_std=std(handles.y(handles.kint:handles.mint));
handles.val_std=val_std;
% For show the elements taken for the mean, I have to introduce
% a new variables
while (handles.j<=(1+handles.mint-handles.kint))
percentset(handles.j)=handles.percent(handles.kint + handles.j -1);
yset(handles.j)=handles.y(handles.kint + handles.j -1);
handles.j=handles.j+1;
end
handles.j=1;
plot(handles.Graph,handles.percent,handles.y,’g.-’);
plot(handles.Graph,percentset,yset,’b.-’);
set(handles.mean_value,’String’,handles.val_mean);
set(handles.std_value,’String’,handles.val_std);
num_values=handles.mint-handles.kint;
set(handles.num_value,’String’,num_values);
117
C. Programma PROGMEAN
end
end
guidata(hObject, handles);
%
%
%
%
%
%
%
%
%
%
----------- MY VARIABLES --------------n
(counter of while loop)
i
(vector’s index)
k
(index to start average)
m
(index to stop average)
controlx (at beginning is 0, then become 1 if the user open a
file.txt and the lenght of fluxtxt vector is >0)
j
(vectorset’s index)
y
(is the vector matrix(:,num_colonna) )
118
Bibliografia
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[24] Model 926 ADCAM Multichannel Buffer Hardware Manual, Advanced
Measurement Technology, Inc., 2003.
[25] S. BORTOLUSSI, S. ALTIERI, Thermal neutron irradiation field design
for Boron Neutron Capture Therapy of human explanted liver, Med.
Phys., Vol. 34, Issue 12, 4700-4705, 2007.
[26] http://www.nucleide.org .
[27] Germanium Detectors User’s Manual, Canberra Industries, Inc., 2003.
[28] S. MANERA, Dosimetria n+γ nella facility realizzata per la TCN presso
il reattore Triga Mark II, Tesi di laurea in fisica presso l’Università Degli
Studi di Pavia, 1993-1994.
[29] H. MOORE, Correction for change in activity during counting, Journal
of Radioanalytical Chemistry, Vol. 13, 1973.
[30] S. BORTOLUSSI, Boron Neutron Capture Therapy of Disseminated Tumours, Tesi di dottorato in fisica presso l’Università Degli Studi di Pavia,
2007.
121
BIBLIOGRAFIA
[31] S. ALTIERI, S. BORTOLUSSI, P. BRUSCHI, P. CHIARI, F. FOSSATI, S STELLA, U. PRATI, L. ROVEDA, A. ZONTA, C. ZONTA, C.
FERRARI, A. CLERICI, R. NANO, T. PINELLI, Neutron autoradiography imaging of selective boron uptake in human metastatic tumours,
Applied Radiation and Isotopes, Vol. 66, Issue 12, 1850-1855, 2008.
[32] Z. LOUNIS, S. DJEFFAL, K. MORSLI, M. ALLAB, Track etch parameters in CR-39 detectors for proton and alpha particles of different
energies, Nucl. Instr. and Meth. in Phys. Res. B, 179, 543-550, Elsevier,
2001.
122
Ringraziamenti
Il primo grazie lo rivolgo al professore Saverio Altieri, che non solo ha permesso questo lavoro ma mi ha anche fatto sentire parte di uno splendido
gruppo di ricerca, facendomi conoscere sia le difficoltà che questo tipo di
lavoro comporta, sia le immense soddisfazioni che può riservare.
Il secondo grazie invece è sicuramente rivolto a Mario, con cui è nata
una sincera amicizia. Le sue conoscenze in campo fisico, elettronico e di
programmazione hanno fatto sı̀ che gli ostacoli incontrati in questi mesi non
fossero mai troppo difficili da superare. Quest’avventura l’abbiamo portata
a termine con successo divertendoci e ottenendo buoni risultati.
Ringrazio poi Silva, che per prima ha avuto l’idea di affiancarmi a Mario
in questo lavoro. Le sue altissime competenze e la sua presenza sono sempre
state motivo di rassicurazione. I suoi consigli per la tesi sempre graditissimi!
Un grazie di cuore anche al Sig. Bruschi, che non ha mai mancato di
aiutarci con la sua infinita esperienza nei problemi tecnici e di soccorrermi con
chiare spiegazioni nella comprensione dei fenomeni riguardanti i rivelatori.
Ringrazio poi Francesca, che si è offerta volontaria nella correzione della
mia tesi e ha trovato il tempo di fornire un commento a tutti gli errori che
commettevo.
Grazie anche a Silvia che dall’Argentina ha portato utili idee per come
condurre le misure e ha avuto la pazienza di rispondere alle mie numerose
domande.
Un affettuoso abbraccio va a Nico, che mi è stata compagna nei due anni di
specialistica e ha condiviso con me l’esperienza della tesi nello stesso gruppo.
Grazie per esserti resa disponibile ad aiutarmi anche se eri meritatamente in
vacanza!
Voglio ricordare anche tutte le persone che ho conosciuto durante questo
Ringraziamenti
lavoro di tesi, a partire dalla neomamma Sabrina e poi Marta e James che
ho avuto modo di conoscere meglio grazie alla fortuna che ho avuto a partecipare all’ICNCT. Il personale del LENA, in particolare Michele, Daniele
e Alberto. Le persone che trovavo in mensa, che erano capaci di rendere
piacevoli (e soprattutto dolci) anche i terrificanti pranzi del Cravino: Nau,
Ale (the driver), Sasha, Leda, Mari, Ross, Francis e Ale.
Un grazie tutto speciale va poi alla mia famiglia, mamma, papozzo, Jojo.
Mi hanno fatto sempre sentir libero di prendere qualsiasi decisione e sicuramente mi avrebbero voluto aiutare molto di più di quanto io non ho permesso
loro di fare con i miei «non vi dovete preoccupare...».
Con la laurea finisce un ciclo, ma sono sicuro che le amicizie che ho avuto
la fortuna di fare qui a Pavia.. beh quelle dureranno ancora per molto!
Non saprei proprio da chi iniziare a ricordare, forse, dato che le ultime
settimane se non ero al LENA ero segregato in casa, inizio proprio con i miei
coinquilini. Ciop, anche se in questo momento sei in Scozia, qui non sono
rimaste soltanto le tue cose (e ne hai lasciate parecchie), sarà la nebbia che si
creava quando preparavi i panini crasti, i fax, gli urli abbominevoli, la tosse
per cui siamo odiati da tutto il condominio, ma credo che la tua presenza in
casa Blaiotta rimarrà per sempre a farci da compagnia. Sei la dinamite del
gruppo. Pietrone, quando sono entrato in questa casa ho subito capito chi
cucinava e se uno non cucina, allora lava! Non nascondo che se non ci fossi
tu, io e Ciop avremmo mangiato i piatti “zero-sbatti” 7 volte a settimana.
Oltre a essere uno chef eccezionale, sei una persona generosissima e mi sono
trovato molto bene con te. Vitalba, sei la presenza costante del week-end,
e fortuna che ci sei tu, almeno per ogni cosa sappiamo con chi prendercela.
Se non ti tengo d’occhio io rischi di vanificare gli sforzi ecologici di milioni
di persone! Ale, è vero che sei entrato da poco in casa, ma il fatto di non
averti sentito ancora far saltare un tappo di birra, mi stranizza. Non è che
con questa storia del lavoro stai diventando troppo serio, eh?
Uggiu, con te ogni piccola cosa diventa un’avventura da raccontare per
mesi. Sei stato il mio compagno di studio quasi da subito e chi meglio di una
persona con due lauree poteva esserlo! Insieme abbiamo visto quasi tutte le
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Ringraziamenti
biblioteche e aule studio dell’università.. non ti preoccupare, prima o poi ci
faremo assumere per continuare a frequentarle..
Gruppo toffa. Appena ho un minuto di tempo mi fiondo al condominio
Principe, non c’è neanche da suonare, la porta è aperta e sono certo di trovare
Teramuzzo al computer che sta scrivendo qualcosa con la tastiera storta e il
mouse sulla gamba. Ogni volta mi travolge con un mare di idee, il problema
sta nel concretizzarle... datti da fare e non trattare con superiorità il Cicco,
che invece lui concretizza!! A volte ci si incontra anche Tummole, la Grolla,
Zibb, Luke..ah no, lui è in the sky! C’è però Tello, che fa da spola tra questa
e l’altra casa, dove posso trovare Leo e Paolucci. A volte sembra di essere
ancora in collegio, solo che le stanze sono più distanti.
In questi anni si sono formate anche nuove famiglie. Lerc e Chiara si
devono prendere cura del piccolo Davidone, e Marco e la Runz del grande
Lorenzino. Con Lerc ho avuto un rapporto fraterno fin da subito, mentre
con la Runz ho passato due anni belli in piazza Addobbati insieme a Chiara.
Dato che tutti bene o male vi ho conosciuti grazie allo Spalla, questa
dovreste conoscerla:
«Eeeccccciiiiiii....».
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