IL TEMPO IN AFRICA - museo e villaggio africano

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IL TEMPO IN AFRICA - museo e villaggio africano
QUADERNI DI APPROFONDIMENTO
IL TEMPO
IN AFRICA
Concetti, computo e gestione
Sussidio didattico per le scuole
IL TEMPO IN AFRICA
Liberamente tradotto e adattato dal testo di Claude Rivière “Le temps en Afrique noire. Conception,
comput et gestion” in Anthropos n. 90/1995
Come si pensa, percepisce ed esprime il tempo in Africa?
Secondo uno stereotipo molto diffuso in occidente l’uomo e la donna africani non si preoccupano
del tempo e vivono nella dimensione atemporale del mito e della tradizione.
In realtà, per essi come per noi, bisogna distinguere tra un tempo incommensurabile (mitico,
storico-leggendario, genealogico), uno ecologico (cicli annuali, stagioni, lunazioni) ed uno
misurabile (settimana, giorno). La concezione del tempo dipende soprattutto dalla struttura ed
organizzazione sociale dei vari popoli.
Nelle lingue africane si ritrovano le tre dimensioni costitutive del tempo:
1. La direzione, vale a dire la successione passato-presente-futuro, o prima-ora-dopo;
2. La circolarità, ovvero la simultaneità degli avvenimenti, o la mancanza di successione;
3. La misurabilità, espressa nella durata di un fenomeno (giorni, mesi, anni).
In merito al primo aspetto è stato osservato che l’uomo africano vive ed agisce in un presente esteso
di cui ha un senso spiccato; presente in cui si incontrano il passato relativamente lontano degli
antenati del clan ed il futuro più o meno immediato definito dai progetti di vita per i quali praticherà
dei riti di divinazione; un futuro tuttavia meno concettualizzato del passato.
All’usura degli oggetti e delle persone, che suggerisce un tempo lineare non ripetibile, indirizzato
verso l’annientamento e la morte, si oppongono dei riti di rinnovamento, propri di un tempo ciclico,
che riveste un’importanza maggiore che nelle società occidentali, come testimoniano il primato del
mito fondatore delle origini ed il culto degli antenati.
La successione passato-presente-futuro equivale alla separazione tra il tempo mitico degli antenati,
il tempo concreto degli uomini ed il tempo escatologico dell’aldilà della morte. Il tempo profano si
inserirebbe così tra due tempi sacri.
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IL TEMPO SACRO
Si può distinguere tra quello dell’origine, alla base delle feste commemorative, quello del ritorno
dell’antenato, quello della speranza enunciato dai messianismi e quello della possessione, spesso
legato ad una terapia.
Il tempo delle origini
Il tempo delle origini non è il tempo cristiano della genesi del mondo. I miti dell’origine toccano la
manifestazione di divinità minori (ad esempio il fulmine personificato da Hevieso, o le
trasformazioni dell’acqua, della terra e dell’aria per opera del pitone reale Dan Ahodowedo tra gli
Evè del Togo), o spiegano un rito fondamentale come quello dell’iniziazione attraverso la volontà
di una potenza superiore, o ancora la rivelazione di attività come la fusione dei metalli, la tessitura,
l’agricoltura, o di certe leggi, o più frequentemente la fondazione di un clan da parte di un eroe, o
infine, ancora più spesso, la comparsa dell’uomo sulla terra (sceso dal cielo con una corda, sorto
dalla terra attraverso un pozzo, modellato con l’argilla dalla madre di tutti gli uomini, la Bomeno
degli Evè).
Il tempo primordiale esercita ancora oggi un’influenza sulla vita quotidiana, rigenerando l’uomo
che li rivive nei riti; esso garantisce la validità eterna di ogni azione umana; fonda i valori; giustifica
le leggi ed i costumi che regolano la vita politica, etica e religiosa; permette di sapere come agire
qui e ora in conformità ad un modello originario; si ripete nei rituali di ricordo di antiche imprese
degli antenati o di antichi gesti (scolpire, modellare, costruire abitazione, sacrificare) valorizzati nei
miti.
Tuttavia il tempo sacro non si riferisce solo all’origine. Può essere quello della circostanza,
dell’occasione da prendere, il tempo propizio per la divinazione o il tempo di grazia manifestato da
una rivelazione nei messianismi o durante una possessione degli spiriti.
Il tempo ancestrale e genealogico
Il tempo degli antenati, il cui culto è legato ad un sistema di primogenitura nei gruppi che fanno
riferimento ad un antenato fondatore del clan che ne porta il nome e rispetta i tabù legati ad un
eventuale totem, è anch’esso sacro.
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Il mondo dei morti è l’altra parte del mondo dei vivi, senza rottura di solidarietà, ma concepito
come viaggio altrove in cui si riacquista un nuovo status, potendo alcuni morti ritornare alla vita
prendendo posto come antenati reincarnati nel ventre di una donna. Presso i Sara del Ciad si dice
che il nonno scegli sempre il primo nipotino che nasce dopo la sua morte per reincarnarsi.
Il tempo escatologico dei messianismi
Che si tratti di un passato idealizzato (ritorno all’età dell’oro, al paradiso perduto), o dell’attesa
della fine del mondo o di un cataclisma universale, o di un futuro di liberazione dalle catene della
schiavitù o di purificazione dei cuori attraverso dei riti appropriati, è sempre una ricomposizione di
un tempo fortemente significativo.
Il tempo intenso e accorciato della possessione
Nell’esorcismo l’adepto di un culto si sente abitato da uno spirito e, dopo preghiere, danze o
assunzione di bevande, spesso cade in trance. Abitualmente un condizionamento minuzioso fatto di
segnali precisi come il ritmo del tamburo ed il desiderio di essere posseduto preparano l’uomo a
questo stato alterato della coscienza, che si traduce in sospiri, tremori, gemiti, sussulti, urla.
Questo tempo forte per la comunità è un non tempo per il posseduto, che non si ricorda più nulla
dopo essere sprofondato nel sonno; la trance elimina la durata.
IL TEMPO VISSUTO E MISURATO
Anche oggigiorno, tempo dell’orologio (di solito un regalo del capo o del funzionario) e dei
calendari, il tempo continua ad essere espresso in rapporto al verificarsi di diversi fenomeni naturali
e sociali che servono da segnali per prendere una decisione o per intraprendere un’attività.
Nella vita quotidiana il calcolo del tempo si opera quindi attraverso la posizione del sole,
l’osservazione della lunghezza delle ombre, i differenti canti del gallo, la visibilità delle linee del
palmo della mano all’alba, l’apertura e la chiusura di certe piante durante la giornata, i diversi
comportamenti degli animali (il canto degli uccelli all’aurora, il bagno delle scimmie al tramonto,
l’arrivo di insetti come gli scarafaggi o le zanzare), l’apparizione della rugiada, di venti particolari.
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Esistono anche riferimenti fisiologici, come l’avere appetito, e quantitativi, come il numero di
cataste completate durante un raccolto.
Come lo spazio stretto si misura in gambe, così la grande distanza si valuta in giorni di cammino.
Per un tempo più lungo si fa riferimento ad uno o più dei seguenti fatti:
-
fenomeni sociali ritualizzati (investitura del capo villaggio, ingresso di giovani nel mondo
degli adulti attraverso i riti di iniziazione, mese dei grandi funerali);
-
avvenimenti familiari (un matrimonio, la morte di un parente);
-
fenomeni climatici o astronomici (prime piogge, stagione delle termiti o dei bruchi, periodo
della fioritura degli alberi coralli, luna piena);
-
attività economiche stagionali (periodo di crescita dell’igname, della sarchiatura, della nascita
dei vitelli, di posa delle nasse);
-
incidenti significativi (eclissi, epidemie, inondazioni);
-
riferimenti a delle personalità (sotto il comando del tale capo, di tale amministratore) o a delle
genealogie, a meno che non si dica “al tempo dei miei genitori”.
D’altro canto non tutte le parti del tempo hanno lo stesso valore.
La notte ha meno suddivisioni del giorno. Il tempo diurno assoggetta l’uomo alle sue attività ed ai
suoi obblighi, mentre il tempo notturno è quello dei sogni, delle rivelazioni, delle lotte ostili nella
foresta e dei pericoli soprannaturali.
La stagione secca sembra più indifferenziata di quella delle piogge. In confronto ad un futuro
incerto e un po’ fatale, il passato è valorizzato e determina una sottomissione all’ordine costituito.
Bisogna inoltre considerare come il computo del tempo tenga conto dei fenomeni astronomici.
Nelle savane a cielo aperto, oltre alla luna ed al sole, le stelle intervengono nella determinazione del
calendario;un po’ ovunque nell’emisfero Nord le Pleiadi annunciano l’inizio dei lavori agricoli.
I pastori conoscono Orione, la corona australe, la costellazione del Cigno. In particolare quelli del
nord est dell’Africa ed i Boscimani del Kalahari passano per avere le conoscenze astronomiche più
sviluppate.
Nella maggior parte dei casi l’anno tradizionale è costituito da dodici mesi lunari; lo scarto con
l’anno solare è corretto dal fatto che due lunazioni consecutive sono considerate come un solo
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periodo agricolo o rituale, o meglio la correzione si opera con un’aggiunta rituale all’anno lunare,
dando luogo la fine del ciclo alla celebrazione di un rito di rinnovamento e di purificazione.
Il mese è segnato dalle fasi della luna, ma molte società conoscono una unità più piccola della
lunazione, la settimana di quattro, cinque o sette giorni. Ogni neonato riceve un nome in funzione
del suo giorno di nascita.
Quando si tratta di misurare un tempo più lungo della settimana o della lunazione, lo scarto diventa
impreciso, nella misura in cui i cicli stagionali si fanno aleatori, nel caso sia di piogge tardive che
spengono la stagione secca, sia di annate mediocri perché troppo secche.
Anche il riferimento a maggesi riconquistati ed alle rotazioni dei dissodamenti in un lungo periodo
resta impreciso.
La puntualità, in senso lato, è quella richiesta dai lavori agricoli e familiari. In senso stretto, in
assenza di una computazione precisa del tempo, essa supporrebbe che delle persone abbiano la
funzione di farla rispettare e che ciascuno abbia un orologio o una sveglia. Gli africani che li
possiedono non sono stati abituati da piccoli a fare di puntualità virtù (ad eccezione che per le
cerimonie cristiane o musulmane), il che non significa che per loro il tempo sia scorrevole o fisso.
Il tempo vissuto è anzitutto quello della vita, considerato non tanto in un’attività passeggera, ma nel
suo corso stesso. Come il giorno va dall’aurora al crepuscolo, la vita scorre dalla nascita alla morte,
disegnando una curva, dall’infanzia alla maturità con il suo culmine nell’anzianità.
Allo sviluppo del corpo corrispondono diverse collocazioni nello spazio sociale ed istituzionale
associate all’età, definendo delle serie di riti e di obbligazioni. Infanzia e giovinezza rappresentano
un periodo ridotto rispetto a quello della piena maturità; l’incapacità della vecchiaia avvia
l’inazione della morte. La morte prematura è come quella di qualcuno che non ha attraversato le
tappe della vita diurna e non saprebbe quindi giocare il ruolo dell’antenato protettore e pienamente
realizzato.
Tuttavia l’anzianità non è un dato di fatto, determinata dalla primogenitura, ma il prodotto di un
sistema sociale, una costruzione per gestire la riproduzione del gruppo familiare.
Si può quindi passare, dopo un decesso o una decisione familiare, dallo status di secondogenito a
quello di anziano sociale, responsabile di una famiglia estesa.
Per questo è sbagliato dire che in Africa non ci sono dei vecchi, ma solamente degli anziani.
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In certe società, come i Turkana del Kenya ed i Nyakyusa della Tanzania, il sistema delle classi
d’età e delle generazioni ha una funzione di costruzione sociale del tempo.
IL TEMPO COME FENOMENO SOCIALE
Il tempo mette in gioco l’insieme delle istituzioni sociali, parentali, politiche, economiche, religiose,
estetiche, linguistiche.
Ad esempio nei sistemi politici senza potere centrale, l’organizzazione politica dipende molto
dall’insediamento storico di questo o quell’altro gruppo. I diritti di prelazione del primo arrivato e le
supremazie politiche giustificate da miti o da detti della tradizione possono essere manipolati dopo
conquiste, migrazioni, crescite demografiche, scontri con gli occupanti, lasciti di terre ad una certa
epoca.
Ogni analisi della misura del tempo mostra d’altro canto che l’economia, quella dei lavori agricoli,
pastorali e artigianali, è legata ai cicli naturali, benché il lavoro non costituisca un valore economico
come avviene nel capitalismo, e benché il tempo del lavoro femminile sia generalmente superiore a
quello maschile.
L’artigianato si pratica soprattutto nella stagione secca, la fabbricazione degli strumenti agricoli
all’inizio della stagione delle piogge, la pesca nei torrenti e nei fiumi soprattutto nei periodi di
acque basse.
Oltre che con l’economia, il tempo è in connessione con il religioso. Nel suo studio “la
rappresentazione del tempo nella religione e nella magia” H. Hubert ha mostrato che i calendari non
servono principalmente a misurare quantitativamente il tempo, ma a dare dei comodi riferimenti alla
celebrazione delle cerimonie religiose.
Il rito struttura il tempo tanto nelle ricorrenze dei calendari (riti della semina, del raccolto, della
caccia), che negli avvenimenti individuali o sociali (riti della nascita, di passaggio, del lutto).
I riti agrari fanno riferimento ad un tempo ciclico, come l’invocazione delle divinità soprannaturali
all’apertura del ciclo agricolo, la benedizione di primi frutti dell’igname, la festa del miele nuovo
che si divide con gli antenati, i sacrifici individuali del contadino alla terra, o l’uscita delle maschere
prima di iniziare i lavori agricoli.
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I riti di iniziazione si inseriscono in un tempo cumulativo, quello del cambiamento di status per
l’apprendista cacciatore o indovino, che con grandi sforzi apprende la resistenza e la pazienza.
Presso i Bwaba del Burkina Faso solo alcuni fabbri sopra i cinquant’anni possiedono la conoscenza
segreta e non divulgabile del computo del calendario; sono loro che organizzano i riti comunitari
determinando i periodi ed i giorni favorevoli allo svolgimento delle cerimonie.
Per certe etnie vi sono delle cifre particolari che rendono sacro il tempo. Tra i Dwàlà del sud del
Camerun il numero nove dà luogo ad un multiplo del giorno, la novena, concepita come unità
propria e generalmente prescritta come durata delle cure mediche o del lutto di una vedova.
Tra i Baulè della Costa d’Avorio la vita si organizza secondo un calendario di giorni propizi e di
giorni infausti, variabili da regione a regione: un giorno è consacrato alla terra, in un altro è proibito
toccare la terra con il ferro. Durante il periodo del raccolto dalla metà di giugno alla metà di agosto
tra i Mamprusi del Ghana non si possono celebrare matrimoni, funerali di persone importanti,
insediamenti di nuovi capi, perché tutti sono occupati dai lavori nei campi e per celebrare questi riti
è necessario il passaggio delle piogge. Altri impedimenti sono di natura individuale, come la
proibizione per un Alladian della Costa d’Avorio di partire in mare il giorno della settimana in cui è
nato.
LA GESTIONE DEL TEMPO
L’elasticità della memoria
Se gli avvenimenti sono ammassati in riferimenti sociali che segnano il calendario, è difficile datare
con precisione molti eventi, siano essi familiari (nascita nei tre quattro anni precedenti, corretta
dalla conoscenza delle età successive dei bambini o da una simultaneità con altri eventi conosciuti
nel villaggio, da cui gli errori delle registrazioni alle anagrafi) o politici (dimenticanza di certi regni,
divario da 10 a 50 anni nelle genealogie, più ampie nella misura in cui affondano nel passato),
anche se dei griot o degli anziani detengono il sapere storico profondo.
Se per gli stessi viventi l’immaginario collettivo produce delle distorsioni tali che dei capi o degli
anziani sono fatti invecchiare per la gloria, a tal punto che ogni giorno i necrologi di radio Lomè o
di radio Cotonou annunciano la morte di persone ultracentenarie, si intuisce a posteriori che le gesta
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degli antenati possono essere di volta in volta amplificate temporalmente o respinte in un passato
remoto che illude gli storici che lavorano sulle fonti orali.
D’altra parte un fenomeno inverso ha luogo per delle ragioni strategiche. Così si operano dei
ravvicinamenti temporali dell’antenato per giustificare dei diritti di proprietà della terra di una
famiglia, dato che l’illusione della prossimità spaziale con l’antenato crea una verosimile prossimità
temporale.
Si tratta di battiti irregolari del tempo, che secondo le circostanze comportano degli avanzamenti o
dei ritardi, tali da produrre degli effetti di contrazione o dilatazione delle genealogie per dare al
proprio gruppo una maggiore profondità storica. Pertanto nel tempo che non viene misurato nel
numero dei giorni o di anni precisi, non si ha una storia dei tempi lunghi definita e scomponibile.
Il tempo della storia profonda raggiunge il tempo del mito e dell’eternità del cosmo, il tempo della
permanenza legittimatrice della tradizione.
Presso i vecchi il taglio del vissuto si opera secondo il sistema politico: il tempo antico, la
colonizzazione, l’indipendenza.
Sulla scala genealogica della storia familiare relativamente vicina si distribuiscono da sei a dieci
generazioni (dai nonni ai nipotini) in linea paterna o materna, che permettono di giudicare
l’opportunità o i divieti di scambi matrimoniali.
Il riferimento al passato serve dunque ad un gruppo per fondare il proprio potere o per giustificare
un diritto.
Quanto al tempo futuro, è di frequente quello dello status desiderato più o meno a lungo termine e
quello degli elementi da acquisire: abbigliamento, alloggio, piantagione, ecc..
Va tuttavia rimarcata l’influenza del contesto ecologico e politico nell’apprendimento delle
temporalità. La periodicità è posta come regolare nelle società dal potere politico centralizzato e
dall’ambiente relativamente stabile (clima, residenza, risorse). Per contro, la periodicità appare
irregolare quando le società sono soggette a epidemie, carestie, siccità, o condannate agli
spostamenti numerosi a causa della ricerca di terra, di fuga davanti al nemico, o perché esse stesse
in preda a dissolvimenti, conflitti e crisi interne.
L’individuo e la collettività si trovano colpiti da tempi forti, sia a causa di avvenimenti insoliti che
richiedono riparazione e sicurezza, sia per via di avvenimenti conosciuti iscritti nel corso della vita,
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come un matrimonio, una nascita, un’iniziazione che comporta separazione, reclusione e
reintegrazione con simboli di morte e di rinascita.
Nascere è morire per l’aldilà; morire è rinascere nello stesso aldilà.
Sospensione e inversione del tempo
Al termine di questo viaggio nel tempo in Africa concludiamo che il corso del tempo può essere
sospeso in molti modi, in particolare con l’inversione e con il rinnovamento.
Un film su Morho Naba, capo dei Moosi del Burkina Faso lo mostra presiedere una cerimonia a
palazzo reale. Informato di una visita, abbandona il rito togliendosi gli abiti da sacerdote per
intrattenersi con l’ospite nella sala dei ricevimenti, per poi riprendere la celebrazione dove l’aveva
interrotta. Sospensione del tempo sacro con un intermezzo profano difficilmente pensabile in un
contesto cristiano. I rituali di inversione si inseriscono in un congelamento del tempo.
Alla morte di un re Bantù del Ruanda, come di uno Agni della Costa d’Avorio, le gerarchie
vengono rovesciate. L’interregno è vissuto come anomico. Durante il periodo della morte i campi
non sono più lavorati, né seminati, né raccolti. Rumori e grida sono vietati. I capelli dei dignitari e a
volte di tutti i sudditi vengono tagliati completamente.
Il ritmo eccezionale del tempo dell’inversione permette, in una catarsi collettiva, di teatralizzare le
proprie pulsioni aggressive e di eliminare i propri fantasmi dell’inconscio ribaltando i termini
autorità-subordinazione.
Diverso da questo il rituale del ringiovanimento. Il re Swazi che sente le proprie forze venir meno si
ritira in un luogo sacro, assume delle droghe, compie l’incesto con una delle sue sorellastre.
Il re sacerdote aumenta così il suo essere come una bestia selvaggia. In questo periodo ogni tanto
appare ai propri sudditi nudo o ricoperto di vernice nera. Un simulacro di combattimento ha luogo
tra il re ed i membri del suo clan reale. Ciò che c’è di malvagio in lui è trasmesso ad una mucca
emissaria. Poi ha luogo una nuova intronizzazione dopo sacrifici ed incenerimento dei rifiuti
raccolti nel villaggio. Il rito, che simula, rimuove ed elimina il male, introduce simultaneamente un
nuovo tempo rivitalizzato.
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CONCLUSIONI
In breve, i concetti chiave del tempo in Africa sembrano essere i seguenti:
1. Vi è una pluralità di tempi sociali: tempo mitico delle origini; tempo degli antenati; tempo
delle genealogia storiche; presente “assente” degli incontri tra le divinità e gli uomini; tempo
escatologico, tempo vissuto delle attività quotidiane.
2. Il tempo si inserisce nelle organizzazioni tecniche, economiche, sociali, genealogiche,
religiose.
3. Nella computazione del tempo prevale la dimensione qualitativa ed ordinale (il primogenito,
il secondogenito, il successivo) su quella cardinale.
4. Il calendario indica un ordine del tempo sociale che rispecchia l’ordine della natura
(giornata, lunazione, stagione) e soprattutto quello del mondo vegetale.
5. Tra i popoli africani, le cui attività sono legate al ciclo vegetale, il calendario si accorda più
o meno bene all’anno lunare e a quello solare attraverso degli aggiustamenti di varia natura
(ad es. dei riti);
6. La concezione del tempo strettamente legata ai sistemi economici di produzione, non è
omogenea; alcuni mesi di attività agricola intensa durante le piogge sono considerati come
particolarmente importanti, cessando ogni attività sociale (dispute, viaggi). L’uso del tempo
è variabile nel corso dell’anno.
7. Il tempo si qualifica soprattutto in funzione di ritmi alternati: giorno/notte, luna calante/luna
crescente, stagione delle piogge/stagione secca, a valenza di volta in volta positiva o
negativa. Allo stesso modo il passato, nella sua dimensione conservatrice e tradizionale è
valorizzato in rapporto al futuro, giudicato fatale o incerto.
8. Dalla concezione ciclica inclusa nei riti e nei lavori dei campi si differenzia una concezione
cumulativa corrispondente alle tappe della vita, ad una scala sequenziale di classi d’età, che
comportano cambiamento di status e acquisizione di diritti, maggior integrazione nel clan,
cambiamento di residenza e relativa indipendenza economica. Queste due concezioni
coesistono.
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9. Dei riti hanno potere sul tempo, tanto che la durata può essere “decifrata”, modellata o
sospesa.
10. La nozione di tempo è il denominatore comune del sociale nella sua totalità, iscritto nelle
istituzioni parentali, politiche, economiche, religiose, estetiche, linguistiche, tanto quanto
nella psicologia individuale.
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