Scarica il Position paper Glocus “SANITÀ DIGITALE – Meno costi e

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Scarica il Position paper Glocus “SANITÀ DIGITALE – Meno costi e
Sommario
INTRODUZIONE ................................................................................................................................ 3
LA DIGITALIZZAZIONE DELLA SANITÀ IN ITALIA.................................................................... 4
L’AGENDA DIGITALE NELLE REGIONI ......................................................................................... 7
L’AGENDA DIGITALE DELL’UMBRIA ............................................................................................. 8
LA SPESA SANITARIA IN UMBRIA .............................................................................................. 10
AREE DI INTERVENTO ................................................................................................................... 15
INVESTIRE IN DIGITALIZZAZIONE ...................................................................................................... 15
VALORIZZARE LA TRASPARENZA ......................................................................................................... 16
CENTRALIZZARE GLI ACQUISTI............................................................................................................ 16
LIBERARE IL MANAGEMENT E LA GOVERNANCE DALLA POLITICA ......................................................... 17
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Introduzione
Il Paper vuole offrire un’occasione di riflessione comune e di confronto su quello che sta
avvenendo a livello nazionale, ma anche e soprattutto a livello regionale, in termini di innovazione
digitale della pubblica amministrazione, con particolare attenzione al tema della sanità: un’analisi,
la nostra, che indaga su quelle che sono le forme che l’Agenda Digitale Italiana ed Europea
assumono quando vengono calate nella complessa realtà delle competenze delle Regioni.
Negli ultimi anni in Italia la composizione demografica è notoriamente andata modificandosi
(sempre più persone anziane a fronte di sempre meno giovani): ad una maggiore domanda di
servizi alla persona, sanitari e sociali, ha corrisposto spesso in modo non equilibrato un’espansione
della spesa dedicata a tali settori. Ciò ha portato a mutamenti strutturali anche nel diverso potere
politico e negoziale assunto dai diversi soggetti istituzionali gestori dei principali aggregati di spesa.
In particolare, nell’ultimo quindicennio, sono state proprio le Regioni ad assumere un ruolo
centrale, ed è proprio la sanità il settore che trova nei governi regionali (per i quali la spesa
sanitaria assorbe oggi circa il 70% della spesa complessiva) gli interpreti dei bisogni delle
popolazioni interessate, ai quali fanno eco i numerosi interessi economici coinvolti in questo
settore. Ne deriva una eccezionale pressione per espandere la quota di risorse pubbliche destinate
al finanziamento della sanità.
Un grande impegno economico, oggi, si scontra con le auspicate politiche di revisione ed
efficientamento della spesa pubblica che, unitamente ad altri settori, va a toccare una parte dei
fondi destinati alla sanità. Anche quest’anno, infatti, si è riproposto con forza nel dibattito pubblico
il tema dei “tagli” alla spesa sanitaria delle Regioni e di come ciò, secondo il punto di vista di molti,
non possa che tradursi in una riduzione dei servizi ai cittadini.
In questo paper cerchiamo di rovesciare questa ottica e di rispondere a questa domanda: è
possibile migliorare la qualità dei servizi anche in un contesto di riduzione della spesa?
Quello degli sprechi in Sanità, d’altro canto, è uno dei temi su cui si stanno concentrando studi e
rilevazioni, mostrando come i possibili campi di azione ed intervento siano molti e interessino da
vicino aspetti soprattutto organizzativi, infrastrutturali e tecnologici, all’interno dei quali può essere
ricercata l’origine di ulteriori inefficienze quali quelle legate alla qualità generale del SSN e
l’appropriatezza di esami e cure. In questo scenario, naturalmente, il digitale riveste un ruolo di
primo piano per colmare i gap e le disomogeneità che il nostro Sistema Sanitario Nazionale
presenta a livello territoriale. Proprio per questo, all’interno del Patto per la salute per gli anni
2014-2016, ha trovato posto, per la prima volta, il “Patto per la sanità digitale”. L’impatto del
digitale in ambito sanitario può essere determinante sia sull’effettiva qualità del servizio erogato e
sull'equità e l'universalità stessa del diritto alla salute che sulla auspicata riorganizzazione dei
modelli organizzativi esistenti tra le diverse aziende sanitarie. Per realizzare una maggiore
omogeneità dei modelli organizzativi è necessario, infatti, identificare standard omogenei di
qualità, economicità ed efficienza, rafforzando nello stesso tempo il potere di indirizzo, controllo e
verifica a livello centrale.
In questo paper indicheremo quelle che, a nostro parere, sono le principali aree di azione nelle
quali un intervento strutturale coordinato e incisivo è in grado di determinare aumenti di efficienza
e qualità delle prestazioni e riduzioni di costo in grado di autofinanziare i futuri investimenti.
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La digitalizzazione della Sanità in Italia
La necessità di un adeguamento del settore sanitario alle nuove tecnologie è motivata dalla
considerazione diffusa che l’e-health, se pienamente attuato, contribuirà a migliorare la qualità
dell’assistenza sanitaria riducendone allo stesso tempo i costi. L'ICT può infatti fungere da fattore
di efficienza, sia perché introduce omogeneità nella gestione dei processi e dei flussi, sia perché
permette forme di empowerment del cittadino e degli operatori, che si traducono in una riduzione
dei costi assistenziali e gestionali e nella possibilità di disegnare profili di intervento assistenziale
più vicini ai bisogni della domanda e alle attese che ne derivano.
Nel 2014, la spesa complessiva in digitalizzazione in Sanità è aumentata del 17% rispetto al
2013, attestandosi a 1,37 miliardi di euro, così ripartiti:
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960 milioni di euro è la spesa sostenuta dalle Aziende Sanitarie, per un aumento di 160
milioni rispetto al 2013;
325 milioni di euro sono stati spesi dalle Regioni, a fronte dei 295 spesi nell’anno
precedente;
68 milioni sono stati spesi dai Medici di medicina generale, con un aumento del 13%
rispetto il 2013;
20 milioni la spesa del Ministero della Salute.
Secondo l’ultima rilevazione del Politecnico di Milano1, le strutture sanitarie stanno lentamente
incrementando il ricorso a servizi “fondamentali” quali ricette e prenotazioni delle visite online e
cartelle cliniche elettroniche, per un risparmio annuo a favore dei cittadini stimato a 4,9 miliardi di
euro. I livelli di adozione delle soluzioni ICT, però, non sono ancora soddisfacenti:
 il 36% delle stutture ha avviato processi di digitalizzazione dei documenti amministrativi;

il 54% ha introdotto la Cartella Clinica informatica in uno o più reparti e il 30% ha adottato
l’uso di dispositivi mobili in corsia;

il 45% delle strutture gestisce i propri processi in via preferibilmente cartacea, salvo
specifici obblighi normativi;
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il 40% ha introdotto soluzioni per la connettività wi-fi all’interno delle proprie strutture e
avviato sperimentazioni di Shared services o Cloud;

il 44% ha introdotto servizi di prenotazione telefonica; appena il 32% ha introdotto alcuni
servizi online (come il download dei referti o il pagamento degli esami).
Per quanto riguarda i medici di medicina generale, si riscontra una interessante propensione verso
l’uso di sistemi ICT per compiti quali la gestione della scheda individuale del paziente e l’invio dei
certificati online di malattia; in aumento è l’utilizzo a fini professionali di dispositivi mobili, tablet e
smartphone, utilizzati come supporto per le visite a domicilio e il teleconsulto con altri medici o
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Fonte dati: Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità, Politecnico di Milano, 2015.
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specialisti di strutture sanitarie, oltre che nell’interazione e nella comunicazione col paziente,
favorita oggi dalle diverse piattaforme di messaggistica istantanea e social network.
Per quanto riguarda le Regioni, l’attenzione per il tema dell’innovazione digitale è in costante
crescita negli ultimi anni e, nel 2013, ha sfiorato la quota dei 300 milioni2 di euro di investimenti,
concentrati soprattutto verso sistemi di integrazione e servizi digitali per i cittadini. I principali
ambiti per i quali le Regioni investono sono il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) e i servizi digitali
al cittadino, mentre è ancora ridotto per quanto concerne il Cloud Computing e il Mobile health.
L’interesse si sta spostando anche verso applicazioni amministrative (ad esempio, sistemi per la
gestione del personale) e clinico-sanitarie (come, ad esempio, i sistemi PACS per l’archiviazione,
trasmissione, visualizzazione e stampa delle immagini diagnostiche digitali) grazie alle quali si
stima un possibile risparmio economico quantificato tra i 100 e i 150 milioni di euro.
Resta il fatto che la digitalizzazione e l’adozione di soluzioni ICT possono apportare
vantaggi significativi solo se seguiti da un coerente ed adeguato mutamento del modello
organizzativo delle aziende e del management, spingendo inoltre sulla formazione degli operatori.
In caso contrario, l'implementazione e l'utilizzo di tecnologie ICT porterà inevitabilmente e
paradossalmente ad un aumento dei costi3.
Organizzazione e formazione sono, infatti, due ulteriori ambiti d’intervento dove più urgente
appare l’adozione di soluzioni innovative poiché è proprio in essi che trovano spazio alcune tra le
principali voci di inefficienza che affliggono l’intero Sistema Sanitario Nazionale.
Quello degli sprechi in Sanità, d’altro canto, è uno dei temi su cui si stanno concentrando
studi e rilevazioni, mostrando come i possibili campi di azione ed intervento siano molti e
interessino da vicino aspetti soprattutto organizzativi, infrastrutturali e tecnologici, che
inevitabilmente si ripercuotono sulla qualità generale del servizio, l’appropriatezza di esami e cure
e l'universalità stessa del diritto alla salute.
Il Sistema Sanitario Nazionale, in effetti, presenta una marcata disomogeneità a livello territoriale.
Ciò è determinato anche dalla pluralità di modelli organizzativi esistenti tra le diverse aziende
sanitarie. Per realizzare una maggiore omogeneità dei modelli organizzativi è necessario,
innanzitutto, identificare standard omogenei di qualità, economicità ed efficienza, rafforzando il
potere di indirizzo, controllo e verifica a livello centrale.
Secondo i dati raccolti da Fondazione Gimbe4, per il solo anno 2014 si stimano sprechi per 25
miliardi di euro in sanità, valore in crescita rispetto il 2013 di ben 2 miliardi di euro. Di questi, circa
7,6 Mld di sprechi sono attribuibili all’inefficacia degli interventi prescritti, 4 miliardi di euro sono
sprecati nell'acquisto di tecnologie sanitarie, farmaci, strumenti medici e beni e servizi non sanitari,
(come mense e lavanderie) a prezzi eccessivi e non standardizzati a livello nazionale. Pesante
anche l’incidenza del sottoutilizzo delle prestazioni che, oltre a causare l’aggravamento delle
condizioni dei pazienti innescando nuovi interventi e ricoveri, brucia 3,08 miliardi di euro. La
burocrazia, la complessità del comparto amministrativo e la scarsa diffusione delle tecnologie nel
campo assorbono ulteriori 3 miliardi di euro. Infine, denuncia la fondazione, l'inadeguato
coordinamento dell'assistenza, fra ospedale e territorio (ma anche, talvolta, all'interno di una
stessa struttura) pesa per 2,56 miliardi di euro. Cifre, queste, cui si sommano i 6 miliardi di euro
ascrivibili a frodi, abusi e fenomeni di corruzione denunciati da Giovanni Bissoni, ex Presidente
dell'Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS) e confermati dalla Guardia di
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Innovazione Digitale in Sanità: l’ICT non basta, Politecnico di Milano, 2014.
Si veda, a titolo di esempio, la valutazione Del Progetto europeo Renewing Health, da poco concluso.
10a Conferenza Nazionale GIMBE, marzo 2015
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Finanza che, nei primi sei mesi del 2015, ha stimato un danno economico nel settore sanitario che
supera gli 800 milioni di euro. Gli investigatori delle Fiamme gialle hanno aperto 264 pratiche e
2.325 sono le persone denunciate o arrestate in 18 regioni, tra cui 83 dirigenti medici che, da soli,
hanno provocato un danno al servizio sanitario di 6 milioni di euro.
Ulteriori inefficienze si nascondo nei tempi delle gare e delle assegnazioni, in particolare per quelle
riferite alle forniture per le tecnologie ICT: tempi lunghi, infatti, portano all’acquisto di tecnologie
già obsolete, non più in linea con gli standard di mercato, che rendono ancora più complessa
l’adozione di sistemi condivisi e interoperabili che promuovano l’uso di standard e profili comuni in
ambito sanitario.Se in contesti locali l’interoperabilità dei sistemi ICT in sanità si può raggiungere
definendo un regolamento, in ambito nazionale ed internazionale, viste le molteplici normative e
soluzioni tecnologiche, la definizione di standard condivisi, omogenei ed efficaci la necessita della
collaborazione tra più attori, affrontando il tema anche a livello comunitario.
Appare inoltre opportuna una riflessione su quanto effettivamente pesi in bilancio il mantenimento
della governance duale del settore, ripartito Stato e Regioni, che si sta traducedo, di fatto, in una
disomogenea erogazione dei LEA su tutto il territorio nazionale, giungendo a minacciare i principi
di equità e universalismo del diritto alla salute garantito dall’Art. 32 della nostra Costituzione.
L’impatto che la digitalizzazione potrebbe avere su queste dinamiche è enorme, soprattutto in
chiave di innovazione di processo e tracciabilità. Non è un caso, dunque, che le agende digitali
regionali prevedano appositi progetti in materia di sanità, Funzione Obiettivo che, più di tutte,
incide sulle voci di spesa ma, soprattutto, sulla vita dei cittadini.
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L’Agenda digitale nelle Regioni
Il livello regionale e locale rappresenta un ambito fondamentale per la definizione e l'attuazione di
politiche di innovazione e sviluppo digitale, poiché permette di dare concretezza agli obiettivi di
ampio respiro promossi a livello comunitario e nazionale "traducendoli" in azioni concrete sul
territorio e favorendone l'incontro con le specificità delle singole comunità. Ad esse sono affidate
diverse competenze specifiche su particolari materie, cui si somma il compito di attivare
meccanismi di ascolto delle diverse esigenze che arrivano dai territori e sulla cui base si devono
orientare le politiche pubbliche. Nel giugno 2014, il Corriere delle Comunicazioni, attraverso il sito
agendadigitale.eu, ha analizzato quale sia lo stato di avanzamento delle singole Regioni in materia
di Agenda digitale. Nonostante alcune resistenze e ritardi, è emerso che le Regioni sono molto più
attive di quanto si creda in materia di digitalizzazione: tutte, infatti, hanno all’attivo assessori che si
occupano specificamente di innovazione e di Ict e, in assenza di assessorati ad hoc, sono i
presidenti stessi ad avere in capo la governance dell’Ict regionale.
Dall'analisi emerge che, dal punto di vista degli obiettivi e delle iniziative, le Agende regionali si
somigliano molto; le differenze si misurano perlopiù in termini di risorse disponibili e di capacità
attuativa delle iniziative: tematiche, queste, che devono affrontare i vincoli del patto di Stabilità e
l’incapacità (ampiamente denunciata e documentata) di sfruttare appieno canali di finanziamento
ad hoc quali i fondi europei. Ma il gap è dovuto anche ai diversi livelli di capacità amministrativa
delle Regioni che generano sostanziali disuguaglianze tra i cittadini.
Esistono molti progetti volti a rafforzare l’erogazione di servizi innovativi a cittadini e imprese che
fanno leva su tecnologie di “ultima generazione” (tra tutti il cloud, inteso come strumento per
razionalizzare l’hardware, aumentare la capacità di storage e abbattere i costi). Fra le priorità di
questi progetti figura ancora la dematerializzazione, formula dietro la quale trovano posto
numerose soluzioni in grado, a regime, di snellire ed efficientare la macchina pubblica e ottenere
un conseguente e sensibile risparmio di spesa.
Da evidenziare il rafforzamento degli investimenti sulla banda larga (anche grazie agli accordi con
il MISE che mettono a disposizione fondi europei) per consentire l’attuazione di progetti digitali
legati in particolare a sanità, scuola e distretti produttivi. Permangono, tuttavia, i rilevanti problemi
infrastrutturali nei territori montani e rurali, dove non è stato ancora colmato il digital divide di
prima generazione.
Il problema cruciale, tuttavia, è la compresenza di un’Agenda digitale nazionale e ventuno Agende
regionali, frammentazione che può inficiare l’attuazione stessa dei progetti, soprattutto in
mancanza di adeguate misure volte a favorire l’adozione di standard comuni e interoperabili.
Dunque è importante da un lato valorizzare il ruolo che le Regioni possono avere in termini di
conoscenza delle specifiche realtà territoriali ma, dall’altro, evitare duplicazioni che rischiano di
rallentare i progetti e di sprecare risorse, affermando una chiara governance a livello statale con
forti poteri di indirizzo e di coordinamento.
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L’Agenda digitale dell’Umbria
La legge regionale n.9/2014 definisce l'Agenda Digitale dell'Umbria come percorso partecipato e
collaborativo volto a definire impegni condivisi (anche con specifici accordi di programma) da parte
di tutti i soggetti pubblici e privati operanti sul territorio, per l'attuazione delle azioni di sistema
legate alle politiche per il digitale.
L'Agenda digitale dell'Umbria contestualizza gli obiettivi dell'Agenda digitale europea e dell'Agenda
digitale italiana, mirando alla riduzione di significativi gap e criticità locali che ostacolano il pieno
sfruttamento degli investimenti pubblici in digitale, perseguendo la mobilitazione e il
coinvolgimento diretto degli attori pubblici e privati attivi sul territorio regionale e nel disegno dei
servizi digitali.
Gli obiettivi dichiarati dell’Agenda sono:
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sostenere la domanda di servizi digitali della Pubblica Amministrazione coinvolgendo gli
utenti nella specificazione dei fabbisogni e nel disegno di soluzioni user-centered;
ridurre il divario di cultura digitale puntando su un apprendimento basato sull'uso dell'ICT
da parte di diversi target di utenza e, per tale via, sulla coltivazione di una cultura
d'ambiente in grado di accogliere l'innovazione;
generare valore aggiunto attraverso lo sviluppo a base tecnologica di innovazioni di
mercato, di prodotto, di processo e di competenze nelle filiere produttive e nella rete di
servizi;
stimolare la crescita di fornitori di servizi evoluti, stimolando un gioco a somma positiva nel
rapporto domanda/offerta e privilegiando l' offerta di servizi rispetto alla tradizionale offerta
di tecnologia.
Con l'avvio dell'agenda digitale la Regione Umbria punta su un cambio di paradigma negli
interventi per la Società dell'informazione, che permetta di andare oltre la logica delle “reti
tecnologiche” per costruire le “reti di conoscenza”. Le linee di azione prioritarie su cui si muovono
gli interventi dell'agenda interessano trasversalmente i diversi ambiti di interesse regionale,
distribuendosi tra i seguenti campi di azione:
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Infrastrutture di telecomunicazione (banda larga);
Datacenter (infrastrutture tecnologiche e cloud), continuità operativa e sicurezza
informatica;
E-government (amministrazione digitale, servizi infrastrutturali, community network
regionale, open source) e semplificazione;
Open data (dati pubblici aperti e circolarità dei dati tra PA);
Scuola digitale;
Alfabetizzazione informatica ed inclusione sociale;
Ricerca, economia della conoscenza ed ICT per le imprese, e-commerce;
Sanità elettronica.
Ciascun ambito di intervento si basa sull’attuazione di specifici progetti, che spaziano dagli
interventi per far evolvere l'infrastruttura tecnologica digitale di tutta la Pubblica Amministrazione
umbra e colmare il digital gap tra aree urbane e rurali all’attivazione del Repertorio Regionale dei
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Dati Pubblici aperti dell'Umbria; dallo sviluppo di un sistema scolastico digitalmente connotato in
grado di innovare i processi amministrativi e la didattica (attraverso la diffusione dell’e-learning e
dei MOOC) al sostegno alla fase di startup di imprese nei settori connessi all'Economia della
conoscenza; dal ricorso sempre più strutturale a Pagamenti elettronici e Fatturazione elettronica
allo stimolo allo sviluppo e all’adozione di tecnologie ed infrastrutture digitali a supporto dello
sviluppo del patrimonio culturale ("cultural heritage") nella filiera turismo, natura, cultura,
agricoltura.
Riguardo la sanità, l’impatto dell’Agenda digitale sarà misurabile soprattutto in termini di
miglioramento della qualità dei servizi erogati e, a cascata, qualità della vita dei cittadini.
Questi gli obiettivi dichiarati:
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Sviluppo di servizi digitali collegati al ciclo diagnostico-terapeutico rimodellando
congiuntamente processi e sistemi organizzativi coinvolti per massimizzare i benefici
dell'innovazione, migliorare il livello di servizio all'utente e riduzione delle potenziali
diseguaglianze;
Messa a sistema dell'insieme delle informazioni e delle interazioni tra personale medico,
pazienti, comunità, servizi sociali e servizi sanitari così da aumentare produttività e livello di
servizio riducendo i costi (anche attraverso la diffusione di open data);
Sviluppo di pratiche di telemedicina e teleassistenza per la condivisione di esami e
procedure mediche, consultazioni a distanza, controlli extraospedalieri e monitoraggio degli
assistiti cronici, garantendo ai pazienti maggior comfort ed equità d'accesso alle prestazioni,
riducendo tempi e costi di ospedalizzazione.
Le principali azioni messe in essere riguarderanno la dematerializzazione di tutte le prescrizioni, sia
specialistiche che farmaceutiche, attraverso l’adozione della ricetta medica in digitale, la possibilità
di effettuare i pagamenti dei ticket anche online ed, infine, la diffusione dei sistemi per la consegna
referti in via telematica e l’adozione del Fascicolo Sanitario Elettronico.
Queste iniziative vanno ad inserirsi in un contesto regionale che ha già visto l’avvio di importanti
esperienze in materia di digitalizzazione e organizzazione dalle quali si attendono notevoli risparmi,
come l’attivazione di un sistema di “Cup recall” per la gestione, cancellazione e la successiva
riassegnazione delle prestazioni, e il riordino delle società di acquisti che si occupano di
“Information and communication technology”, con particolare riferimento all’acquisto di beni e
servizi da parte delle strutture ospedaliere umbre.
L’adozione di soluzioni di questo tipo trovano la loro ragion d’essere in alcune delle principali
criticità che, negli ultimi anni, hanno afflitto la gestione della regione, così come rilevato dalla Corte
dei Conti in occasione del recente giudizio di parificazione sul Rendiconto generale della Regione
Umbria, per l’esercizio finanziario 2014. Il paragrafo che segue mostra una breve ricognizione su
quelle che sono, appunto, le criticità più importanti rilevate dalla Corte dei Conti in merito alla
sanità regionale.
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La spesa sanitaria in Umbria
A livello nazionale, il conto consolidato della sanità per il 2014 vede un livello di spesa pari a
111.028 milioni di euro, in aumento rispetto al 2013 dello 0,9%, con un’inversione di tendenza
rispetto ai due esercizi precedenti.
Figura 1: Evoluzione del Conto economico consolidato della sanità. Fonte: Sezione regionale di controllo per l’Umbria Giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Umbria per l’esercizio finanziario 2014, su dati NSIS.
Il Servizio Sanitario Regionale assorbe oltre la metà dell’intero bilancio regionale con previsioni pari
al 64,03% del totale, in aumento rispetto al 2013 (57,72%) e con impegni che rappresentano il
78,20% di quelli assunti complessivamente nel 2014, anch’essi in aumento rispetto al 2013
(74,10%).
Come mostrato nella tabella successiva, i dati sulla spesa umbra in sanità mostrano una
crescita complessiva del 2,8% rispetto l’anno precedente, pari a 43,9 milioni di euro, superiore a
quella media nazionale pari allo 0,54%. L’incremento è da rapportare principalmente ai costi per
acquisto di beni (+4,8%, pari a 13,2 milioni di euro), per manutenzioni e riparazioni (+ 43,7%,
pari a 12,4 milioni di euro), per spese amministrative e generali (+11,7%, pari a 5,6 milioni di
euro) e per ospedaliera (+12,2%, pari a 4,8 milioni di euro). In flessione, invece, i costi per la
farmaceutica convenzionata netta (-2,7%, pari a 3,6 milioni di euro) e quelli per servizi appaltati (3,5%, pari a 4,0 milioni di euro).
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Figura 2: Confronto voci di costo in sanità tra il 2013 e il 2014. Fonte tabelle: Sezione Regionale di controllo per l’Umbria
- Giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Umbria per l’esercizio finanziario 2014, su dati NSIS.
I ricavi complessivi aumentano dell’1,4% (pari a 24,3 milioni di euro), principalmente per effetto
della crescita dei Contributi della regione (+ 1,4%, pari a 22,1 milioni di euro) e dei Concorsi,
recuperi e rimborsi per attività tipiche (+ 26,2%, pari a 3,4 milioni di euro). Il risultato di esercizio
2014 (vedi tabella a seguire) è pari a 23,4 milioni di euro, in crescita rispetto a quello definitivo del
2013, pari a 7,1 milioni di euro.
Figura 3: Ricavi 2014 e 2013 e Risultati di esercizio 2014, Sezione Regionale di controllo per l’Umbria - Giudizio di
parificazione del rendiconto generale della Regione Umbria per l’esercizio finanziario 2014, su dati NSIS.
L’incremento è dovuto al maggior aumento dei ricavi complessivi rispetto a quello dei costi
complessivi, nonché alla positiva incidenza del saldo mobilità extra-regionale, che passa da 9,4
11
milioni di euro a 11,9 milioni di euro.
Da un punto di vista più generale, l’esame della Corte dei Conti riconosce un evidente impegno
dalla Regione nel corso del 2014, con diversi risultati conseguiti anche nei diversi ambiti non
sanitari, malgrado la difficile situazione finanziaria. Risultati che, però, si collocano
prevalentemente sulla linea dell’attuazione e della implementazione di politiche e programmi già
definiti in passato. Persistono, dunque, diverse criticità la cui risoluzione appare decisamente
urgente, tra cui:
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scarso ricorso alle centrali di committenza per l’acquisizione di beni e servizi;

mancata razionalizzazione delle forme contrattuali del personale (con ripetuta proroga dei
contratti di lavoro a tempo determinato e contratti di collaborazione coordinata e
continuativa) nonché spesa per incarichi esterni ancora consistente;

mancato rispetto dei limiti previsti per la spesa farmaceutica;

carenze nell’attività di monitoraggio e controllo delle attività intramoenia e sulle prestazioni
erogate presso strutture private convenzionate.
Un altro punto di criticità denunciato dalla Corte dei Conti per l’Umbria riguarda la presenza
di squilibri pesantissimi5 nelle società a partecipazione pubblica: un giudizio, questo, che interessa
tutti gli ambiti di competenza della Regione e colloca l’Umbria tra le peggiori regioni italiane
insieme ad Abruzzo, Molise, Lazio, Campania, Calabria e Sicilia. La Corte dei Conti, infatti, ha
valutato i bilanci del 2013 delle 82 partecipate in Regione, evidenziando evidenti squilibri tra le
perdite conseguite da alcune partecipate e gli utili realizzate da altre, per un totale di 44.3 milioni
di perdite a fronte di 23 milioni di utili; situazione che peggiora se si analizzano le società a
partecipazione interamente pubblica, dove si registra un rosso di 32.7 milioni di euro a fronte di
6.4 milioni prodotti6.
Tra gli elementi che portano a questi risultati trova sicuramente posto il costo del personale nella
gestione delle partecipate, soprattutto per quanto riguarda quelle interamente pubbliche: delle
4772 persone impiegate, oltre 2150 lavorano in partecipate totalmente pubbliche, con un costo
medio di 45.195 euro e un costo di produzione per unità che sale a 123.987, superando il valore
della produzione prodotto da ciascun lavoratore che si ferma a 117.482. L’incidenza del costo del
personale su quello di produzione raggiunge quota 36.4% a fronte di una media nazionale che
viaggia a 28.3%; lo stesso si rileva per l’incidenza sul valore di produzione che raggiunge 38.5%
su una media nazionale del 27%. Si segnala, però, come 53 dei 95 enti locali umbri (92 Comuni, 2
Province e Regione) abbiano presentato la documentazione di avvio dei piani operativi di
razionalizzazione per avviare il necessario processo di risanamento della propria gestione.
In quest’ambito, tornando sul tema della sanità, è certamente positiva la costituzione, nel
giugno del 2014, della “Centrale Regionale di Acquisto per la Sanità” (CRAS), all’interno della
Società consortile Umbria Salute. Quest’ultima è nata dalla riforma regionale in materia di sviluppo
della società dell’informazione e riordino della filiera ICT regionale, che ha stabilito la creazione dei
Corte dei Conti, Relazione allegata alla decisione di parifica del rendiconto generale della regione Umbria per l’esercizio
finanziario 2014, 10 luglio 2015
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Il cattivo stato di salute delle società 100% pubbliche è certificato anche dall’analisi della gestione finanziaria che
consegna un indice di indebitamento di 5.8% a fronte di una media nazionale ancorata a 1.4%.
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due consorzi “Umbria salute” e “Umbriadigitale” in luogo delle sei società precedentemente
esistenti (Webred, Centralcom, HiWeb, Webred servizi, Sir e Umbria servizi innovativi), per un
risparmio annuo stimato tra il 5 e il 10 % della spesa totale per beni e servizi sanitari, voce di
spesa per la quale la CRAS ha il compito di affiancare le Aziende Sanitarie regionali nello
svolgimento di procedure di gara centralizzate. A ciò si aggiunge l’adesione delle ASL umbre a
diverse convenzioni stipulate da Consip, nella sua qualità di centrale di committenza nazionale, e
utilizzato gli strumenti di acquisto e negoziazione telematici da questa forniti.
Ciò nonostante, la Corte dei Conti rileva come la percentuale degli acquisti centralizzati in
sanità sia rimasta sostanzialmente invariata, passando dal 49% circa del 2013 (235.432 migliaia di
euro su un totale di 476.581 migliaia di euro), al 50% nel 2014.
Figura 4: Acquisti con procedura centralizzata, Sezione Regionale di controllo per l’Umbria - Giudizio di parificazione del
rendiconto generale della Regione Umbria per l’esercizio finanziario 2014, su dati NSIS
Tra le altre voci di costo della Regione in sanità, si registra:

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Incremento della spesa per il personale delle Aziende sanitare ed ospedaliere, in aumento
rispetto sia rispetto il 2010 (+€ 706.000, pari allo 0,11%) che rispetto il 2013 (+€
3.256.000, pari allo 0,51%);
Lieve superamento per il 2013 dell’obiettivo fissato dalla Regione (circa del 2%) sul fronte
della spesa farmaceutica territoriale;
Superamento del limite pari al 3,5% del FSN per la spesa farmaceutica ospedaliera, che si
attesta al 7,1%, in sensibile incremento rispetto ai valori di spesa del 2013 (pari al 4,7%),
in un contesto generale che vede un valore medio di spesa farmaceutica ospedaliera pari al
4,46%.
I verbali dei Collegi sindacali delle Aziende segnalano ulteriori criticità quali il reiterato utilizzo di
proroghe contrattuali e la scarsa tempestività nel rinnovo delle convenzioni, con conseguente
adozione di atti in sanatoria o il ricorso a procedure di urgenza. Una situazione, questa, che desta
preoccupazioni anche in termini di possibili contenziosi e apre spazio a zone grigie che rallentano
l’adozione di azioni che portino davvero a una ottimizzazione della spesa e alla riduzione degli
sprechi.
Un’ulteriore notazione da parte della Corte dei Conti denuncia pesanti carenze in termini di
controlli su qualità e sicurezza soprattutto nei riguardi di pazienti anziani e non autosufficienti:
sono state registrate, infatti, diverse irregolarità amministrative, inappropriatezze dei trattamenti e
drammatici casi di maltrattamenti a danni di anziani presso strutture destinate alla loro assistenza.
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Nello specifico, la Corte dei Conti rileva gravi ritardi e omissioni nell’attività di controllo delle stesse,
posta in essere solo a seguito delle segnalazioni da parte delle forze dell’ordine. A tal riguardo, si
registra anche il mancato recupero in termini monetari dei contributi erogati alle strutture coinvolte
nelle situazioni di reati e irregolarità, per una cifra complessivamente pari aoltre 300 mila eruo per
il 2012 e 241 mila euro per il 2013.
Infine, appare necessaria una adeguata opera di ricognizione del patrimonio immobiliare
regionale sia per l’individuazione di spazi utilizzabile in luogo di altri acquisiti in locazione passiva,
sia al fine di valutare la convenienza del mantenimento dei beni inutilizzati o inutilizzabili.
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Aree di intervento
Quattro sono, a nostro parere, le aree di azione nelle quali un intervento strutturale coordinato e
incisivo è in grado di determinare aumenti di efficienza, miglioramento della qualità delle
prestazioni e riduzioni dei costi: digitalizzazione, Trasparenza, centralizzazione degli acquisti e
governance. Si tratta di ambiti di intervento che, naturalmente, insistono sui diversi ambiti del
sistema sanitario e riguardano sia il livello nazionale che quello regionale.
Investire in Digitalizzazione
Una recente analisi del settore condotta dall’Osservatorio Netics, la cui versione definitiva sarà
disponibile nel prossimo mese di novembre 2015, consente di ipotizzare alcuni scenari di risparmio
possibili grazie all’adozione immediata di alcuni strumenti di sanità digitale che impattano
direttamente sulla gestione di ospedali e Asl, sul lavoro quotidiano dei medici nonché,
naturalmente, sulla qualità della vita dei pazienti, favorendo nello stesso tempo un aumento della
qualità del servizio e una riduzione dei costi.
La diffusione di strumenti a supporto delle decisioni terapeutiche basati su sistemi Evidence Based
Medicine (Ebm), ad esempio, permettono un risparmio quantificabile in circa 2,5 miliardi all’anno.
Si tratta di archivi elettronici di dati su “casi simili” che possono fungere da supporto alle decisioni
del medico. Il loro utilizzo, si stima, è in grado di ridurre del 25% i fenomeni di prescrizioni inutili,
superflue o inappropriate, incidendo direttamente sul fenomeno della ”medicina difensiva” che ogni
anno genera costi dai 10 ai 12 miliardi di euro annui tra esami, cure inappropriate e contenziosi
con pazienti che denunciano casi di malasanità.
L’adozione sistematica di servizi di telemedicina permetterà, invece, di ridurre la durata
media dei ricoveri e aumentare la qualità della vita dei pazienti, che potranno contare su maggiori
livelli di assistenza anche nelle proprie case. La riduzione del 5% dei ricoveri ospedalieri e del 10%
dei ricoveri in lungodegenza permetterebbe un risparmio stimato che si aggira sui 1,4 milioni di
euro, al netto dei costi in ICT.
L’introduzione su scala regionale di sistemi informativi di tipo Enterprise Resource Planning
e la centralizzazione degli acquisti può portare alla completa razionalizzazione della supply chain
(leva prezzo + quantità), evitando l’acquisto di quantità di beni e servizi superiori all’effettiva
domanda e tracciando transazioni e flussi di distribuzione, riducendo i costi di 3 miliardi di euro
l’anno, mentre 100/150 milioni di euro possono essere risparmiati dalla riorganizzazione dei Centri
unici di prenotazione (Cup) grazie a soluzioni innovative di Patient Relationship Management.
Bisogna inoltre osservare come le nuove tecnologie stiano entrando piano piano nella
quotidianità di milioni di persone che utilizzano software e applicazioni specificatamente pensati
per aiutare l’utente in ambiti strettamente legati a quello della salute quali il fitness, l’alimentazione
e il wellness in generale: un universo di piccole soluzioni software che, però, possono lentamente
cambiare la domanda di servizi, specialmente in ambito sanitario. Proprio per questo il settore non
può aspettare oltre e deve fare del digitale la chiave d’accesso per avvicinare sempre più istituzioni
e cittadini.
Il digitale, inoltre, rappresenta lo strumento principe per dare una vera spinta alle necessarie azioni
a favore della trasparenza dei conti pubblici, dei processi e delle decisioni, con le evidenti ricadute
possibili in settori delicati quali quelli delle nomine dirigenziali e delle procedure d’acquisto.
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Valorizzare la Trasparenza
L’importanza della valorizzazione delle trasparenza nel settore della salute è cruciale sia per la
sanità sia per l’intero sistema paese, così da innescare forme di analisi e verifica dell'operato della
PA e rendere più semplice l'accesso ai dati e ai documenti da parte di cittadini e imprese. Nello
specifico, la trasparenza in Sanità deve trovare attuazione nelle seguenti declinazioni:

Trasparenza di bilancio e di rendicontazione, attraverso la pubblicazione sui siti web
dei bilanci, in formato "open data", accompagnati da grafici sintetici e facilmente leggibili,
che permettano la comprensione di come e quanto spende un'Azienda sanitaria; la
rappresentazione dei dati dovrà avvenire secondo standard unici, fissati a livello nazionale,
per renderli tra loro comparabili;

Trasparenza sui bandi di gara e di concorso, con la pubblicazione su web di tutte le
informazioni relative alla scelta di fornitori, appalti e personale, così da dare pubblicità di
criteri e esiti delle decisioni prese dalle Aziende sanitarie;

Trasparenza sulla collaborazione con strutture sanitarie private: messa online
delle liste di accreditamento delle imprese private (laboratori di analisi, centri terapeutici,
ambulatori e ospedali privati), con relativi accordi contrattuali dettagliati che chiariscano la
tipologia e la quantità delle prestazioni offerte e i corrispettivi economici anche al fine di
rendere evidente la corrispondenza tra bisogni reali e risorse affidate all'esterno;

Trasparenza sui tempi di attesa per le cure: pubblicazione di dati sulle liste d'attesa
per l'erogazione delle prestazioni sanitarie. Si tratta di uno strumento necessario per
tutelare l'accesso ai servizi da parte dei cittadini e la trasparenza sull'aspetto organizzativo
dell'azienda, con pubblicazione dei dati su tasso di utilizzo delle strutture e produttività del
personale.
Centralizzare gli acquisti
Dal 1 luglio 2012 l’Osservatorio dei contratti pubblici (attraverso l’ausilio della Banca dati nazionale
dei contratti pubblici) elabora i prezzi di riferimento in ambito sanitario, compresi i dispositivi
medici e i farmaci per uso ospedaliero, delle prestazioni e dei servizi sanitari e non, come
individuati dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGE.NA.S.) tra quelli di maggiore
impatto in termini di costo a carico del SSN.
Sul tema si sono succedute diverse norme. Da ultimo la legge di stabilità 2013 ha previsto l’obbligo
per le Regioni e le Province autonome di avvalersi degli strumenti di acquisto e negoziazione
telematici messi a disposizione dalla CONSIP o, eventualmente, dalle Centrali di committenza
regionali di riferimento. In attesa della completa standardizzazione dei prezzi, le Aziende sanitarie
sono inoltre tenute a rinegoziare i contratti per gli acquisti di beni e servizi qualora i prezzi unitari
di fornitura presentino differenze superiori al 20% rispetto al prezzo di riferimento. Se non c’è
accordo, le Asl possono recedere dal contratto senza alcun onere a loro carico.
Una azione di riordino delle procedure legate alla spesa per beni e servizi è particolarmente
importante, soprattutto se si considera l'incidenza di tale aggregato sul totale della spesa pubblica:
nel 2013 essa è stata pari a 129 miliardi, di cui ben 106 fanno riferimento a Regioni, Province,
Comune e agli Enti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
Su questo punto, le notazioni della Corte dei Conti hanno già mostrato come la regione si sia
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mossa tra le prime in Italia procedendo, ad esempio, alla creazione del Centrale Regionale di
Acquisto per la Sanità. L’auspicio è che si dia una forte spinta a favore della nuova Centrale,
invertendo il trend attuale che ne registra un ricorso non superiore alla metà delle procedure
d’acquisto complessive.
Liberare il Management e la governance dalla politica
Le strutture pubbliche non hanno mai goduto di una radicata e solida cultura di management
all'interno delle stesse aziende e in particolare dei dipartimenti aziendali. In generale non trovano
adozione, se non marginalmente, sistemi di valutazione che vadano ad incidere sulle nomine e
sulle carriere dei manager.
A livello nazionale, solo il 40% delle strutture, ha in programma (ma solo in programma) efficaci
azioni di management orientate al controllo e alla verifica dei risultati7. Un ulteriore campo d’azione
è, infatti, quello legato alla formazione del personale del settore sanitario, a partire dallo stesso
management delle aziende ospedaliere che ha, troppo spesso, una formazione non specialistica ed
è di frequente sottoposto ad un turn over triennale (nonostante la norma preveda la possibilità di
una maggiore stabilità8) che impedisce, di fatto, la possibilità di dare avvio a politiche di
ristrutturazione e di investimenti di medio e lungo periodo e sottopone il management stesso ai
condizionamenti della politica. La durata dell'incarico, quindi, non dovrebbe essere inferiore a
cinque anni per sottrarre i manager a logiche politiche (fermo restando la facoltà di revoca
dell'incarico per motivi giustificati).
Sul tema, negli ultimi due anni si è assistito a dei cambiamenti in alcune Regioni dell'Italia
meridionale rispetto ad altre del nord del Paese: una vitalità dovuta principalmente alle necessità di
efficientamento imposte dai vincoli di bilancio. Per quanto riguarda più in particolare la normativa
in materia di nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio Sanitario
Regionale, essa è stata modificata con l'articolo 4 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158
(c.d. "Decreto Balduzzi"). Nonostante gli obiettivi della nuova disciplina fossero privilegiare il merito
e riequilibrare il rapporto tra indirizzo politico e gestione delle aziende sanitarie, non sembra che il
sistema utilizzato sia in grado di raggiungere tali scopi. La nomina dei Direttori Generali, infatti, è
ancora affidata alla Regione che attinge da un elenco regionale di idonei, i cui criteri di costituzione
sono individuati da una commissione costituita dalla stessa Regione. Il Direttore Sanitario è
nominato dal direttore generale tra i soggetti iscritti nell'elenco di idonei alla nomina (formato a
seguito delle domande che gli interessati possono presentare dal 1° al 31 dicembre di ogni anno).
La selezione dei Direttori di struttura complessa è effettuata da una Commissione composta dal
direttore sanitario e da tre direttori di struttura complessa nella medesima disciplina dell’incarico da
conferire, individuati tramite sorteggio da un elenco nazionale costituito dall’insieme degli elenchi
regionali dei direttori di struttura complessa appartenenti ai ruoli regionali del SSN. La
Commissione presenta al direttore generale una terna di idonei sulla base dei migliori punteggi
ottenuti sulla quale il direttore generale individua poi il candidato da nominare. L’incarico di
Responsabile di struttura semplice, come articolazione interna di una struttura complessa, è
attribuito dal Direttore generale su proposta del direttore di struttura complessa interessata.
Come è evidente, dunque, è ancora troppo alto il peso della politica regionale nella scelta del
direttore generale che, a cascata, decide su tutte le altre nomine.
Dati presentati all'ultimo congresso AIES - Associazione Italiana di Economia Sanitaria.
La legge prevede infatti che il contratto debba avere una durata non inferiore a tre e non superiore a cinque anni e
che sia rinnovabile (Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3 bis c.8).
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