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Questione di orfani
fra Russia e America
Le banche dati annoverano 700mila orfani in Russia.
500mila.
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RUSSIA . 2
soprattutto si sono appuntati su un dossier molto scomodo per le autorità locali. Le banche dati annoverano
700mila orfani in Russia – ma le stime non ufficiali parlano di circa 1 milione di bimbi – di cui 30mila quelli
adottati e poi rimandati indietro in soli due anni. Gli Usa
adottano più tutti: sarebbero infatti 50mila i bambini provenienti dalla Federazione russa che sono stati già accolti dalle famiglie americane. Per molti specialisti sentiti
da Apcom “è impossibile pensare che il flusso delle ado-
Gli Stati Uniti ne hanno “soltanto”
Eppure sono proprio gli americani ad adottare il maggior numero di bambini:
circa 50mila l’anno.
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A SINISTRA Bambini del Khabarovsk Children’s Home
Non sempre le adozioni vanno a buon fine: in due anni si stima che
siano 30mila i bambini accolti e poi rimandati indietro.
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adottati da una coppia di stranieri.
SOTTO Alcuni bambini giocano
Un flusso colossale che genera
in un orfanatrofio a Kineshma, nella regione di Ivanovo.
zioni verso gli Stati Uniti venga bloccato, anche perchè
c’è troppa gente coinvolta”. Qualcuno parla anche di
prezzi: per un bambino sano da Vladivostok “posso chiedere 2mila dollari”, dice una fonte russa. A questo si aggiunge il fattore corruzione, dilagante in Russia, anche
secondo l’autorità centrale. Aspetto incalcolabile, ma influente, in maniera pesante soprattutto in un contesto dove le adozioni vengono regolate tra privati. Solo verso
l’Italia, infatti, le adozioni con Mosca vengono regolate
da un accordo intergovernativo e gestite dagli enti approvati da entrambi gli esecutivi. Per gli altri Paesi tutto è lasciato in mano ai privati e quindi il rischio “corruzione”
e “mercato” è ben più alto. Sono 15 i bambini russi adottati e morti in America, ben 4 dalla regione orientale di
corruzione e attira molti interessi, compreso
quello della criminalità organizzata.
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Ec-
co come le autorità di Mosca cercano ora di
porvi rimedio.
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di Cristina Giuliano
on è rimasto negli Usa molto a lungo Artiom Saveliev, sette anni. Rispedito al mittente da Torry Hansen, single di Shelbyville, Tennessee. Messo sull’aereo. Solo con un biglietto: “Non voglio essere più sua
madre”, scrive la Hansen, spiegando che il bambino ha
gravi problemi psicologici e che l’orfanotrofio russo ha
mentito sulle sue condizioni. Un video, girato lo scorso
aprile all’arrivo a Mosca, lo mostra confuso e disorientato mentre gli assistenti sociali lo prendono in custodia.
La natura umana è davvero varia. Si registrano episodi di
infinità bontà, come l’accoglienza e l’adozione di un orfano sotto il proprio tetto. Ma anche la storia del “piccolo Artiom”, l’ultima di una lunga serie, in grado di far capire alle autorità russe che è necessario regolare il flusso
di adozioni attraverso accordi bilaterali fra i rispettivi
Paesi. Per ora un documento del genere è stato siglato solo con l’Italia. Durante lo scandalo generato dal ritorno
di Artiom un deputato del partito comunista russo, Nina
Ostozhenka, ha chiesto al premier Vladimir Putin un decreto per direttissima atto a bloccare il flusso di orfani
verso gli Usa. I riflettori hanno illuminato non soltanto
una zona “grigia” dei rapporti bilaterali tra i due Stati, ma
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Itar-Tass / Corbis / V. Smirnov
Itar-Tass / Corbis / Zolotaryov Y.
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Il buon esempio
dell’Italia
Irkutsk. In molti casi si parla di maltrattamenti in famiglie che probabilmente con controlli più approfonditi –
da entrambe le parti – potevano essere dichiarate non
idonee. Oltre a ciò, il fenomeno delle restituzioni è altrettanto grave e pesante per il minore: prima i suoi genitori
biologici lo hanno rifiutato, poi anche quelli adottivi.
egli Usa vige inoltre un sistema di passaggio tra
famiglie affidatarie: quindi può capitare che una
volta arrivato, il piccolo passi da una famiglia all’altra, con evidenti problemi di adattamento. Il vero paradosso sta poi nei numeri relativi agli orfani nati negli
Usa. Perché non è che lo Zio Sam non abbia bambini in
cerca di una famiglia: sono 500mila, prevalentemente neri. Eppure gli americani sono i primi nelle statistiche delle adozioni internazionali. Ma anche in Russia non mancano le zone “grigie”: nel 2007 si sono verificati nella Federazione 3569 casi di maltrattamenti su minori adottati da parte di cittadini russi. Inoltre le politiche locali stimolano l’accoglienza temporanea, sostenendola anche
con “aiuti” alle famiglie. Aiuti che invece non sono previsti per chi vuole accogliere un bambino in maniera definitiva. Mosca dichiaratamente punta a firmare un trat-
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SOPRA Un gruppo di orfani
provenienti da Russia e Khazakistan
al loro arrivo in Virginia al Dulles International Airport.
A FRONTE Un bimbo che dorme all’orfanatrofio di Kineshma.
tato con gli Usa in materia, ma per ora il flusso non è stato interrotto. All’indomani del rientro di Artiom nel suo
Paese, il 12 aprile 2010, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov aveva espresso la volontà di sospendere le adozioni di minori russi da parte di famiglie americane seguite
dall’associazione coinvolta nel caso (World Association
for Children and Parents). Grande l’indignazione anche
da parte delle autorità americane: l’ambasciatore a Mosca, John Beyrle, aveva espresso rabbia e sconcerto per
quanto successo. La rappresentanza diplomatica ha continuato però a pianificare e rilasciare visti di immigrazione per i bambini che devono essere adottati dalle famiglie statunitensi. Il Dipartimento di Stato ha anche fatto
sapere, tramite il suo sito (www.adoption.state.gov), che
un gruppo di funzionari americani volerà a Mosca per incontrare i rappresentanti del ministeri degli Affari este-
ono 535 i bambini russi adottati
da famiglie italiane nel 2009 e già
nei primi mesi dell’anno in corso ce ne
sono stati altri 143 accolti nel nostro
Paese. Nessun caso di rimpatrio o problemi gravi. Anzi, il sistema creato grazie a un accordo intergovernativo tra
l’Italia e la Russia ha permesso di evitare spiacevoli inconvenienti.
«Solo nel 2008 va segnalata una flessione del 10 %, da attribuire però alla
fase di riassestamento dopo la firma
del documento bilaterale», afferma il
console generale a Mosca Enrico Nunziata in un’intervista con Apcom, in cui
il diplomatico spiega gli effetti del trattato che porta le adozioni sul terreno
di «un iter completamente pubblico» e
che «i russi vorrebbero estendere come modello anche nelle relazioni in
materia con altri Paesi Ue». Il percorso
per una coppia che voglia adottare dall’Italia «ha una gestazione di circa 2
anni», continua Nunziata.
C
i sono stati eventi che riuniscono
le famiglie e i bambini. Inoltre i servizi sociali devono presentare alla parte russa una relazione» che dimostri
che «il bambino sta bene e che è ben
inserito nel suo nuovo nucleo familiare. C’è sicuramente molto riguardo nel
sistema adottivo italiano alla conservazione del legame col Paese d’origine
del minore adottato».
Gli enti italiani non operano tuttavia su
tutte le regioni russe. Ci sono infatti
provincie dove per evitare spiacevoli
inconvenienti – anche legati alla corruzione – gli Enti preferiscono non lavorare. «Ci deve essere trasparenza sui
costi delle adozioni», dice Nunziata,
specificando che ogni voce – il visto
per la Russia dei genitori adottivi, viaggi e regali – deve essere documentata.
«Si arriva a 10mila euro, ma sono cifre
in piena trasparenza».
A
ltro è il regalo o la donazione che il
genitore decide di fare all’istituto
dove il bambino è stato cresciuto. E in
questo caso non si tratta di corruzione,
ma di prassi sociale: in Russia la cultura vuole che non si arrivi mai a mani
vuote a casa d’altri e gli aiuti sono sempre destinati – almeno secondo la volontà delle coppie che adottano – agli
altri bimbi meno fortunati che rimangono nell’orfanotrofio. L’Italia è dunque un esempio di eccellenza in materia di adozioni, grazie a un sistema totalmente pubblico. È l’unico Paese con
cui Mosca abbia raggiunto un accordo
che regola l’intero iter. Non è così ad
esempio per la Spagna o per gli Usa,
«ma non escludo che esistano sistemi
misti», conclude Nunziata. «Di fatto
però l’accordo russo-italiano non ha
reso più difficili le cose. Anzi».
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ri, dell’Istruzione e della Giustizia per fare il punto. La
speranza è che non si ripetano casi come quello di Artiom. O peggio ancora quello di Ivan Skorobogatov, morto in seguito a gravi traumi al cervello pochi mesi fa: la
coppia affidataria della Pennsylvania – Michael e Nanette Craver – è attualmente sotto processo per omicidio.
Media statunitensi e russi hanno riferito che, prima della sua morte, il ragazzo era stato portato in terapia intensiva con una ferita alla testa. È deceduto dopo che i suoi
genitori hanno deciso di interrompere il supporto vitale
nell’agosto 2009. La coppia ha sostenuto che il ragazzino soffriva di un grave disturbo mentale e di routine si
gettava contro le pareti e si colpiva con altri oggetti contundenti. Le autorità statunitensi non hanno considerato plausibile tale versione e hanno proceduto all’incriminazione dei Craver.
Itar-Tass / Corbis / V. Smirnov
Afp / Getty Images / C Kleponis
S
«C’è serietà nella selezione della famiglia e nella sua preparazione». La legge italiana e l’accordo bilaterale consentono di accedere all’adozione solo
attraverso i «13 enti accreditati presso
la Presidenza del Consiglio dei ministri». Inoltre dopo l’adozione «nessun
bambino cade nell’ombra o non si sa
dove finisca.
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