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Sincope o crisi epilettica ? Problematiche diagnostiche nell’anziano Carlo Andrea Galimberti Centro per la Diagnosi e Cura dell’Epilessia, IRCCS Istituto Neurologico Nazionale C. Mondino, Pavia Nell’ambito delle perdite transitorie di coscienza (Transient Loss of Consciousness, T-LOC) le sincopi, intese come “perdita di coscienza dovuta a globale transitoria ipoperfusione cerebrale” 1 , e le crisi epilettiche, definite unitariamente sul piano fisiopatologico come “occorrenza transitoria di segni e/o sintomi dovuti ad una anormale, eccessiva o sincrona attività neuronale entro il cervello” 2 , rappresentano manifestazioni cliniche accessuali eterogenee per movente fisiopatologico e prospettiva disciplinare, ma sono potenzialmente accomunate da caratteristiche fenomenologiche che rendono talora insidiosa la diagnosi. E’ stato stimato che una diagnosi erronea di epilessia possa riguardare fino al 26% dei pazienti adulti afferenti a centri specializzati 3,4 . Circa la metà di questi casi è riconducibile all’interpretazione equivoca di manifestazioni di natura sincopale, e l’errore diagnostico ascritto principalmente ad incompletezza dell’anamnesi e misinterpretazione dei reperti elettroencefalografici. Tuttavia nei soggetti anziani le crisi epilettiche vanno incontro frequentemente a ritardo diagnostico: fino a oltre il 50 dei pazienti di età ≥ ai 60 anni con crisi epilettiche ricorrenti rimane senza una diagnosi per più di un anno dall’esordio delle crisi 5,6. Le crisi epilettiche negli anziani sono pertanto soggette sia a sottostima che sovrastima 7, in relazione ad una serie di “trappole” che a vari livelli della procedura diagnostica insidiano la correttezza della diagnosi. Aspetti epidemiologici Le indagini condotte negli ultimi decenni in paesi industrializzati sono concordi nell’indicare l’età senile come una fascia particolarmente a rischio per la presentazione di crisi epilettiche acute sintomatiche (che si presentano in stretta relazione temporale ed eziologica con specifiche condizioni di sofferenza primitiva o secondaria dell’encefalo) ma anche di crisi epilettiche “non provocate”, la cui occorrenza / ricorrenza, temporalmente imprevedibile e apparentemente spontanea, viene a configurare una diagnosi di epilessia. Il celebre studio epidemiologico di Rochester 8, a fianco ad una stima globale dell’incidenza dell’epilessia pari a 44 casi / 100.000 abitanti per anno, ne evidenzia un incremento considerevole a partire dai 55 anni: i soggetti di età > 75 anni mostrano il picco massimo di incidenza (139 casi). Analogamente i tassi di prevalenza oltre i 65 anni corrispondono all’1.5 %, circa il doppio del valore stimato nei controlli più giovani, nello studio di Rochester 9; queste figure sono sostanzialmente confermate da indagini condotte con metodologie diverse in altri contesti nazionali 10,11 , i cui rilievi suggeriscono tra l’altro una frequenza crescente nel tempo delle epilessie senili con necessità di trattamento 11. In setting particolari come le residenze per anziani, con una concentrazione elevata di soggetti portatori di fattori di rischio specifico, l’incidenza di crisi epilettiche e la loro prevalenza anamnestica appaiono particolarmente elevate 12,13. Sincopi e crisi epilettiche condividono un picco di incidenza in età senile, con differenze di genere: diversamente da quanto stimato per gli episodi sincopali, l’incidenza di crisi epilettiche risulta tendenzialmente più elevata tra i soggetti di sesso maschile, in particolare sopra i 60 anni di età. Tuttavia, l’incidenza cumulativa notoriamente molto più elevata degli episodi sincopali 1 rispetto alle crisi epilettiche, fa sì che in presenza di una T-LOC venga spesso privilegiata l’ipotesi di una genesi sincopale. IN CONCLUSIONE sia le crisi epilettiche che gli episodi sincopali presentano un picco di incidenza in età senile; gli errori di diagnosi differenziale tra le due condizioni sono probabilmente frequenti, e condizionati dalla tipologia di setting assistenziale; l’inaccuratezza dell’anamnesi e l’interpretazione erronea dei reperti elettroencefalografici rappresentano verosimilmente la fonte principale di equivoco diagnostico. Le crisi epilettiche: quadri sindromici ed eziologia Le epilessie a presentazione in età senile hanno nella maggioranza dei casi un origine focale. Nei paesi sviluppati, le eziologie da prendere comunemente in considerazione nel sospetto di epilessia ad esordio tardivo sono, in ordine di rilevanza 14-16: - la malattia cerebrovascolare – Esiti di stroke rendono conto di circa il 50% dei casi in cui un’eziologia è ricostruibile, con un rischio di epilessia accresciuto di circa 20 volte ad un anno dall’evento acuto e destinato ad accrescersi negli anni successivi 17 . Con qualche eterogeneità tra i diversi studi, i dati disponibili indicano un rischio maggiore per stroke che coinvolgano la corteccia cerebrale, emorragici, estesi o multipli 15 . Per altro, il rischio di stroke risulta accresciuto di tre volte nei soggetti con epilessia ad esordio tardivo, il che suggerisce una possibile associazione bidirezionale. La presenza di ipertensione arteriosa nell’età adulta è stata indicata come fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di crisi epilettiche 18 . Un numero elevato di soggetti anziani con crisi epilettiche di recente esordio presenta alle indagini neuroradiologiche esiti cerebrovascolari rimasti clinicamente silenti. - le malattie neurodegenerative con declino cognitivo – La Malattia di Alzheimer comporta un rischio accresciuto di 10 volte di sviluppare crisi epilettiche. Essa rende probabilmente conto, insieme alle altre malattie neurodegenerative, del 10-20% delle epilessie in età avanzata. Le crisi possono esordire ad ogni stadio decorso, ed il loro riconoscimento è tanto più arduo quanto più profonda è la compromissione cognitivacomportamentale. - i traumi cranio-encefalici – In prevalenza dovuti a caduta, sono riconosciuti come fattore eziologico in una percentuale che può raggiungere il 20% dei casi di epilessia nell’anziano. I traumi con frattura cranica, quelli con contusione parenchimale ed ematoma subdurale, e la presenza di commozione cerebrale di durata superiore a 24 ore sono considerati elementi di rischio. - le neoplasie cerebrali – Gliomi, meningiomi e metastasi cerebrali sono riconosciuti come fattore eziologico nel 10-30% dei casi. Sono maggiormente implicati nello sviluppo di crisi epilettiche i tumori primitivi e quelli a basso grado. Alcune patologie, come lo stroke ed i traumi cranio-encefalici, possono dare luogo a crisi acute sintomatiche (che occorrono per definizione entro 7 giorni dall’evento acuto), le quali rappresentano a loro volta un fattore epidemiologico di rischio per lo sviluppo successivo di crisi epilettiche riferibili agli esiti lesionali nel decorso cronico. L’ eventuale rilievo anamnestico di crisi in acuto va pertanto indagata quando si sospettino crisi epilettiche attuali. Altre cause relativamente frequenti di crisi epilettiche acute nell’anziano sono quelle iatrogene (utilizzo di farmaci potenzialmente pro-convulsivanti, astinenza da Benzodiazepine e da Barbiturici, …), alcuni disturbi metabolici acuti (alterazioni elettrolitiche, ipoglicemia, iperglicemia, …) e le infezioni del Sistema Nervoso Centrale. La presenza di una Sindrome delle apnee morfeiche è ritenuta abbassare la soglia epilettogena. Va tuttavia sottolineato come in un’ampia percentuale di casi con crisi epilettiche ad esordio senile (fino a circa il 40%) l’eziologia rimanga sconosciuta 19,20 , nonostante l’utilizzo di metodiche avanzate di neuro-immagine. IN CONCLUSIONE in una percentuale elevata dei casi di epilessia ad esordio senile condizioni patologiche cerebrovascolari sono riconoscibili come fattore eziologico; è elevata tuttavia negli anziani anche l’incidenza di manifestazioni di natura epilettica in assenza di fattori eziologici o di rischio riconoscibili; alcune malattie spesso causa di crisi epilettiche in questa fascia di età, mostrano comunque picchi assoluti o relativi di incidenza in età senile; alcune malattie ad elevata incidenza negli anziani (quali malattie cardiache e disturbi cardiocircolatori ) possono combinarsi con la malattia cerebrovascolare ma essere di per sé causa di episodi sincopali; il sospetto di crisi epilettiche in un soggetto anziano che presenta manifestazioni cliniche accessuali non può pertanto essere rigidamente confermato o escluso né in presenza né in assenza di condizioni cliniche che ne rappresentano un fattore di rischio. Fenomenologia delle crisi epilettiche In oltre i due terzi dei casi nelle epilessie che esordiscono sopra i 65 anni è riconoscibile per le crisi un’ origine focale, in particolare con crisi caratterizzate da alterazione del contatto con l’ambiente (crisi “parziali complesse” 19). L’alterazione del contatto, che si esprime obiettivamente con modificazioni improvvise del comportamento (sospensione dell’attività in corso e dell’eloquio, sguardo fisso, …) e alterazione della responsività a stimoli ambientali, può essere preceduta da fenomeni soggettivi (definiti popolarmente come “aura”) e associata ad “automatismi”, cioè attività motorie elementari (quali movimenti ripetitivi di masticazione/deglutizione) o complesse (gestualità semifinalizzate auto- o eterodirette, spesso ripetitive; affaccendamento; verbalizzazione incoerente; deambulazione). E’ noto dagli studi di Video-elettroencefalografia che alterazioni comportamentali fenomenologicamente sovrapponibili possono persistere o presentarsi nella fase “post-critica”, vale a dire quando la scarica epilettica critica documentabile all’EEG si è estinta ma residua clinicamente una condizione confusionale di variabile durata. Le crisi epilettiche ricorrono tendenzialmente con fenomenologia stereotipata nel singolo paziente. La diagnosi di crisi epilettiche è in primo luogo e fondamentalmente clinica, e un’accurata descrizione degli episodi critici da parte del paziente e dei testimoni dell’evento è l’elemento fondamentale per un accurato inquadramento degli episodi. La raccolta anamnestica, tuttavia, può essere complicata nell’anziano dal fisiologico declino o dalla presenza di patologie a sfondo cognitivo più frequenti nell’età senile. Gli anziani sono in minor misura soggetti a richiesta di prestazioni che richiedono l’autoverifica continuativa della propria efficienza psicomotoria; è inoltre più frequente che essi vivano soli. Pertanto, l’anamnesi può essere limitata da una ridotta percezione soggettiva dei deficit transitori legati alle crisi e dalle minori probabilità di raccogliere le osservazioni di testimoni esterni delle crisi. Alcuni elementi nella semeiologia delle crisi epilettiche nei soggetti anziani vanno ricordati per la loro rilevanza nella diagnosi e nella diagnosi differenziale: - una riduzione delle componenti motorie focali e degli automatismi critici, e la ridotta probabilità di crisi toniche posturali con l’invecchiamento 21,22; - una ridotta probabilità di fenomeni soggettivi di “aura” e la possibile percezione degli stessi in termini di sensazioni di disequilibrio o “breve confusione” 23-25; - il rilievo (non confermato in modo univoco nei lavori disponibili) di una ridotta occorrenza negli anziani, sia con epilessia “invecchiata” che di nuova diagnosi, di crisi focali con secondaria generalizzazione (cioè con evoluzione più o meno rapida dei fenomeni focali in perdita di coscienza con convulsioni generalizzate tonico-cloniche) 21,22, 24-26 ; l’occorrenza “catastrofica” e la fenomenologia clinica meno equivocabili di una crisi di “Grande Male” risultano spesso utili ad indirizzare verso l’ipotesi di una genesi epilettica delle manifestazioni accessuali; in compenso, episodi convulsivi in sonno come unica tipologia di crisi epilettiche sono riportati con una certa frequenza nei soggetti anziani con epilessia di nuova diagnosi 27; - la tendenza a più frequente incidenza e maggiore durata (fino a giorni) di deficit postcritici quali confusione, deficit motori focali e disturbi afasici nei soggetti con crisi ad esordio senile (rilievo abbastanza concorde in letteratura e percettibile nella pratica clinica) 23,25,28 , aspetti questi che portano spesso a diagnosticare erroneamente le crisi epilettiche negli anziani come attacchi ischemici transitori ( i “TIA”, nella cui possibile fenomenologia non sono peraltro previste componenti propriamente “confusionali”). Queste segnalazioni meritano una considerazione particolare nella diagnosi differenziale delle crisi epilettiche nell’anziano, in quanto: - se le crisi epilettiche hanno più comunemente durata di minuti e i fenomeni di origine sincopale generalmente non vanno oltre le decine di secondi, è però riportata occasionalmente per episodi sincopali una durata di minuti dell’alterazione di coscienza 29, - la presenza di confusione post-critica è considerato uno degli indici più affidabili nella distinzione diagnostica tra crisi epilettica e sincope 29-32 , con una sensibilità e specificità per crisi epilettica che superano il 90% e l’80% rispettivamente; tuttavia fenomeni di amnesia retrograda possono verificarsi, e più comunemente nei soggetti anziani, dopo un episodio sincopale 1. Non sono disponibili stime specifiche del rischio di alterazione del controllo posturale e di caduta associato alle crisi con alterazione del contatto nei soggetti anziani: tuttavia la ricorrenza in un soggetto anziano di cadute nelle quali la presenza o meno di alterazione della coscienza non è ricostruibile con sicurezza suggerisce l’opportunità di una attenta diagnosi differenziale tra crisi epilettica e sincope, soprattutto se il paziente non serba memoria dell’accaduto 33. Alcuni elementi nella semeiologia della sincope possono essere a loro volta fonte di equivoco diagnostico: - la presenza di fenomeni motori “convulsivi” in una percentuale elevata di episodi sincopali 30,34 : questi hanno usualmente carattere di spasmo tonico e/o di fenomeni mioclonici (generalmente con distribuzione caotica, erratica e asincrona sui due emisomi, diversa dalla sequenza motoria tonica-tonicoclonica di una crisi epilettica), e sono potenzialmente accompagnati da fenomeni oculomotori talvolta ripetitivi (facilmente in retroversione coniugata: raramente nel corso di una sincope gli occhi rimangono fissi in posizione primaria dello sguardo 31); - la presenza, riportata con frequenza elevata in alcune casistiche, di dispercezioni allucinatorie-esperienziali (che possono essere erroneamente interpretate come fenomeni dismnesici di natura epilettica) nella rievocazione soggettiva dell’alterazione di coscienza sincopale 30; - la possibile occorrenza di fenomeni accessuali di “staring” e automatismi oroalimentari masticatori (potenzialmente suggestivi di crisi epilettiche focali) associati ad ipotensione ortostatica in soggetti con quadri disautonomici 35 , nei quali tra l’altro alcuni fenomeni compensatori “presincopali” (quali cardiopalmo e sudorazione) possono essere attenuati o assenti 36. Sono inoltre descritti fenomeni di overlap tra sincope e crisi epilettica: - segnalazioni aneddotiche di fenomeni di natura epilettica insorgenti nel corso di ipoperfusione cerebrale di origine sincopale; - l’evenienza relativamente rara, ma riportata con frequenza crescente negli ultimi due decenni 37-41 , di bradicardia-asistolia associate a crisi epilettiche focali. Riguardo al secondo punto, lo studio delle modificazioni della frequenza cardiaca nel corso di crisi epilettiche ha rilevato una maggiore propensione a bradicardia nelle crisi di origine temporale la Ictal Bradycardia Syndrome 42 ,e è stata ricondotta, nella maggioranza delle segnalazioni documentate, a crisi del lobo temporale con una predilezione per l’emisfero sinistro. Vi sono tuttavia segnalazioni di una possibile origine frontale delle crisi 43,44 , e l’importanza della lateralizzazione della scarica è discussa in letteratura 41,45. La possibilità di una sincope indotta da crisi epilettica è probabilmente un’evenienza rara e non necessariamente associata ad un’età avanzata, anche se vi sono indizi che la presenza in comorbilità di una cardiopatia possa rappresentare un fattore di rischio per fenomeni di asistolia critica 39 . Questa possibilità va sospettata sicuramente quando un paziente con epilessia nota presenta nel decorso modificazioni nella fenomenologia abituale delle crisi (talvolta interpretate come un aggravamento dell’epilessia), cui vengono ad aggiungersi fenomeni atonici ad esordio improvviso e con possibile caduta (in generale non comuni nelle crisi dei pazienti con epilessia del lobo temporale). L’impianto di pacemaker cardiaco è stato utilizzato con successo per prevenire i fenomeni di caduta nelle crisi epilettiche con asistolia non controllabili con la terapia antiepilettica 46. IN CONCLUSIONE il riconoscimento della possibile natura epilettica di manifestazioni accessuali in un soggetto anziano è potenzialmente complicato da difficoltà anamnestiche ed aspetti, peculiari dell’età, della fenomenologia crisi (spesso povere di fenomeni motorio-comportamentali “positivi” che indirizzano la diagnosi, e spesso caratterizzate da fenomeni deficitari che la deviano); appaiono più rara evenienza negli anziani le crisi generalizzate tonico-cloniche, la cui fenomenologia è meno equivocabile e la cui occorrenza può orientare la diagnosi verso una natura epilettica; alcuni fenomeni clinici ritenuti caratteristici per crisi epilettiche possono presentarsi nel corso di manifestazioni accessuali a meccanismi fisiopatologici di tipo sincopale; alcuni fenomeni clinici ritenuti caratteristici per episodi sincopali possono essere attenuati o mancare in soggetti con deficit autonomici involutivi; alcuni tipi di crisi epilettica possono comportare effetti diretti su frequenza e ritmo cardiaco, che influiscono sui fenomeni clinici delle crisi e che possono indurre equivoco diagnostico. La diagnostica elettroencefalografica (EEG): utilità e limiti L’ elettroencefalografia ha un ruolo fondamentale di supporto alla diagnosi di crisi epilettiche; in particolare il rilievo all’EEG di anomalie epilettiformi intercritiche (AEI, potenzialmente presenti anche al di fuori e a distanza dalle crisi) ha globalmente una specificità diagnostica elevata (circa il 95% dei soggetti con AEI all’EEG presentano crisi epilettiche) anche se non assoluta. Preso atto di alcune difficoltà nella diagnosi clinica peculiari nel soggetto anziano, l’EEG dovrebbe rivestire un ruolo particolare in questa sottopopolazione. Alcune considerazioni suggeriscono di trattare con cautela il rilievo di eventuali anomalie EEG negli anziani in quanto: - molti anziani normali presentano all’EEG, oltre a possibili modificazioni globali dell’attività di fondo e della reattività, rallentamenti focalizzati prevalentemente sulle regioni temporali e talora lateralizzati 47; - AEI possono essere presenti all’EEG, anche in assenza di crisi epilettiche, in diverse condizioni patologiche cerebrali sia acute, quali l’infarto cerebrale 48 o gli ascessi cerebrali, 49 che croniche o evolutive come la Malattia di Alzheimer ; - AEI sono segnalate al primo EEG di routine in circa il 2 % dei soggetti che hanno presentato episodi sincopali 50 (un dato sostanzialmente allineato agli studi sulla presenza di AEI in soggetti senza epilessia); - l’attività EEG è sensibile a molteplici influenze farmacologiche, di cui è attesa un’incidenza rilevante nell’anziano, frequentemente soggetto alle più diverse politerapie. Alcuni rilievi in letteratura indicano per contro una ridotta sensibilità dell’EEG di routine nei soggetti anziani 51-54 , con oltre il 70 % di soggetti anziani con epilessia di nuova diagnosi che non presentano AEI al primo EEG di routine. La registrazione EEG dopo privazione di sonno (che comporta per il paziente il rimanere sveglio per un intero ciclo nictemerale o almeno per la seconda metà della notte che precede l’esame) accresce la probabilità di rilevare AEI, ma è gravata da alcune problematiche, tra cui la necessità di compliance da parte del paziente e la ridotta applicabilità in presenza di alcune patologie. Un effetto attivante della privazione di sonno sulle AEI è potenzialmente presente a tutte le età, ma sembra essere maggiore nei soggetti giovani 55,56. La registrazione EEG durante sonno spontaneo pomeridiano (“Polisonnografia diurna”) appare tecnicamente più agevole e di pari efficacia nel rilievo di AEI, ma evidenzia un tasso di attivazione significativamente maggiore nei soggetti in età giovanile rispetto agli adulti e agli anziani 57. Le indagini strumentali a costo più elevato sono talora disattese nei pazienti anziani, nonostante questo “risparmio” diagnostico possa tradursi in condotte terapeutiche inappropriate che, particolarmente nell’anziano, possono risultare invalidanti e comportare oltre a problemi etici un aumento dei costi medici e sociali. L’opportunità di indagini Video-EEG mirate alla documentazione elettroclinica degli episodi critici non va trascurata quando in un soggetto anziano con episodi di T-LOC la diagnosi differenziale tra crisi epilettiche e manifestazioni parossistiche non epilettiche rimane controversa. Nella casistica di McBride e coll. 58 , in 27 dei 94 pazienti ultrasessantenni studiati sono state documentate crisi non epilettiche, di natura psicogena nella metà dei casi; tra i pazienti con crisi non epilettiche, la maggioranza era in trattamento con farmaci antiepilettici, e anomalie interpretate come AEI (probabilmente alla fonte dell’errore diagnostico) erano presenti nel 26 % dei casi. Va anche ricordato che le crisi sincopali sono caratterizzate all’EEG da un pattern critico peculiare 59 , il cui riconoscimento può essere facilitato dalla registrazione simultanea dell’EEG e di almeno un canale poligrafico dedicato all’ECG. Uno studio recente 54 ha esaminato gli effetti dell’età sulla sensibilità (in termini di rilievo di AEI) dell’EEG nelle epilessie focali di nuova diagnosi. Nei soggetti anziani si è confermata una ridotta espressività del primo EEG di routine rispetto agli adulti di età inferiore ai 60 anni. Tuttavia la registrazione EEG di un intero nictemero, condotto a domicilio tramite monitoraggio EEG dinamico e con la documentazione di un’intera notte di sonno, ha evidenziato effetti attivanti del sonno spontaneo notturno in tutti i soggetti anziani valutati al momento della diagnosi. Gli anziani hanno inoltre mostrato una particolare propensione ad esprimere AEI prevalentemente, o talora esclusivamente, durante le fasi profonde di sonno NREM, che difficilmente vengono documentate negli anziani con altre modalità di registrazione in sonno. Qualora la documentazione di AEI sia importante come supporto ad una diagnosi incerta di crisi epilettiche in un soggetto anziano, la scelta precoce di una metodica d’indagine EEG che copra anche fasi profonde di sonno NREM appare pertanto auspicabile. Il monitoraggio EEG dinamico risulta più economico e meglio tollerato rispetto ai monitoraggi EEG di laboratorio, e consente generalmente di documentare l’EEG in tutte le diverse fasi del sonno; esso accresce inoltre la probabilità di documentare pattern EEG critici di natura sia epilettica che (come le sincopi) non epilettica, il cui rilievo è usualmente dirimente per la diagnosi differenziale. IN CONCLUSIONE nel sospetto di crisi epilettiche, l’interpretazione del tracciato EEG nell’anziano può essere inquinata dalla presenza di attività elettrografiche “devianti” di diversa origine (involutiva, patologica, iatrogena) che possono supportare erroneamente una diagnosi di epilessia; l’EEG di routine, che usualmente documenta il tracciato in condizione di veglia, mostra negli anziani con sospetto di crisi epilettiche una sensibilità ridotta rispetto agli adulti in genere (il primo EEG di routine può non evidenziare AEI nell’ 80 % degli anziani con crisi epilettiche di nuova diagnosi); l’EEG dopo privazione di sonno e le registrazioni durante sonno spontaneo diurno accrescono la possibilità di documentare anomalie “specifiche”, ma la loro efficacia negli anziani è inferiore rispetto a quella negli adulti più giovani; il monitoraggio EEG di 24 ore con EEG dinamico può rappresentare una scelta efficace, relativamente economica e ben tollerata quando si ritenga necessario documentare AEI per la diagnosi differenziale di crisi epilettiche in un soggetto anziano. 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