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Sincope o crisi epilettica ? Problematiche diagnostiche nell’anziano
Carlo Andrea Galimberti
Centro per la Diagnosi e Cura dell’Epilessia,
IRCCS Istituto Neurologico Nazionale C. Mondino, Pavia
Nell’ambito delle perdite transitorie di coscienza (Transient Loss of Consciousness, T-LOC) le
sincopi, intese come “perdita di coscienza dovuta a globale transitoria ipoperfusione cerebrale”
1
,
e le crisi epilettiche, definite unitariamente sul piano fisiopatologico come “occorrenza transitoria di
segni e/o sintomi dovuti ad una anormale, eccessiva o sincrona attività neuronale entro il cervello”
2
, rappresentano manifestazioni cliniche accessuali eterogenee per movente fisiopatologico e
prospettiva disciplinare, ma sono potenzialmente accomunate da caratteristiche fenomenologiche
che rendono talora insidiosa la diagnosi.
E’ stato stimato che una diagnosi erronea di epilessia possa riguardare fino al 26% dei pazienti
adulti afferenti a centri specializzati
3,4
. Circa la metà di questi casi è riconducibile
all’interpretazione equivoca di manifestazioni di natura sincopale, e l’errore diagnostico ascritto
principalmente
ad
incompletezza
dell’anamnesi
e
misinterpretazione
dei
reperti
elettroencefalografici.
Tuttavia nei soggetti anziani le crisi epilettiche vanno incontro frequentemente a ritardo
diagnostico: fino a oltre il 50 dei pazienti di età ≥ ai 60 anni con crisi epilettiche ricorrenti rimane
senza una diagnosi per più di un anno dall’esordio delle crisi 5,6.
Le crisi epilettiche negli anziani sono pertanto soggette sia a sottostima che sovrastima 7, in
relazione ad una serie di “trappole” che a vari livelli della procedura diagnostica insidiano la
correttezza della diagnosi.
Aspetti epidemiologici
Le indagini condotte negli ultimi decenni in paesi industrializzati sono concordi nell’indicare l’età
senile come una fascia particolarmente a rischio per la presentazione di crisi epilettiche acute
sintomatiche (che si presentano in stretta relazione temporale ed eziologica con specifiche
condizioni di sofferenza primitiva o secondaria dell’encefalo) ma anche di crisi epilettiche “non
provocate”, la cui occorrenza / ricorrenza, temporalmente imprevedibile e apparentemente
spontanea, viene a configurare una diagnosi di epilessia.
Il celebre studio epidemiologico di Rochester 8, a fianco ad una stima globale dell’incidenza
dell’epilessia pari a 44 casi / 100.000 abitanti per anno, ne evidenzia un incremento considerevole
a partire dai 55 anni: i soggetti di età > 75 anni mostrano il picco massimo di incidenza (139 casi).
Analogamente i tassi di prevalenza oltre i 65 anni corrispondono all’1.5 %, circa il doppio del valore
stimato nei controlli più giovani, nello studio di Rochester 9; queste figure sono sostanzialmente
confermate da indagini condotte con metodologie diverse in altri contesti nazionali
10,11
, i cui rilievi
suggeriscono tra l’altro una frequenza crescente nel tempo delle epilessie senili con necessità di
trattamento 11.
In setting particolari come le residenze per anziani, con una concentrazione elevata di soggetti
portatori di fattori di rischio specifico, l’incidenza di crisi epilettiche e la loro prevalenza
anamnestica appaiono particolarmente elevate 12,13.
Sincopi e crisi epilettiche condividono un picco di incidenza in età senile, con differenze di genere:
diversamente da quanto stimato per gli episodi sincopali, l’incidenza di crisi epilettiche risulta
tendenzialmente più elevata tra i soggetti di sesso maschile, in particolare sopra i 60 anni di età.
Tuttavia, l’incidenza cumulativa notoriamente molto più elevata degli episodi sincopali
1
rispetto
alle crisi epilettiche, fa sì che in presenza di una T-LOC venga spesso privilegiata l’ipotesi di una
genesi sincopale.
IN CONCLUSIONE
sia le crisi epilettiche che gli episodi sincopali presentano un picco di incidenza in età senile;
gli errori di diagnosi differenziale tra le due condizioni sono probabilmente frequenti, e
condizionati dalla tipologia di setting assistenziale;
l’inaccuratezza dell’anamnesi e l’interpretazione erronea dei reperti elettroencefalografici
rappresentano verosimilmente la fonte principale di equivoco diagnostico.
Le crisi epilettiche: quadri sindromici ed eziologia
Le epilessie a presentazione in età senile hanno nella maggioranza dei casi un origine focale.
Nei paesi sviluppati, le eziologie da prendere comunemente in considerazione nel sospetto di
epilessia ad esordio tardivo sono, in ordine di rilevanza 14-16:
- la malattia cerebrovascolare – Esiti di stroke rendono conto di circa il 50% dei casi in cui
un’eziologia è ricostruibile, con un rischio di epilessia accresciuto di circa 20 volte ad un
anno dall’evento acuto e destinato ad accrescersi negli anni successivi
17
. Con qualche
eterogeneità tra i diversi studi, i dati disponibili indicano un rischio maggiore per stroke che
coinvolgano la corteccia cerebrale, emorragici, estesi o multipli
15
. Per altro, il rischio di
stroke risulta accresciuto di tre volte nei soggetti con epilessia ad esordio tardivo, il che
suggerisce una possibile associazione bidirezionale. La presenza di ipertensione arteriosa
nell’età adulta è stata indicata come fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di crisi
epilettiche
18
. Un numero elevato di soggetti anziani con crisi epilettiche di recente esordio
presenta alle indagini neuroradiologiche esiti cerebrovascolari rimasti clinicamente silenti.
- le malattie neurodegenerative con declino cognitivo – La Malattia di Alzheimer
comporta un rischio accresciuto di 10 volte di sviluppare crisi epilettiche. Essa rende
probabilmente conto, insieme alle altre malattie neurodegenerative, del 10-20% delle
epilessie in età avanzata. Le crisi possono esordire ad ogni stadio decorso, ed il loro
riconoscimento è tanto più arduo quanto più profonda è la compromissione cognitivacomportamentale.
- i traumi cranio-encefalici – In prevalenza dovuti a caduta, sono riconosciuti come fattore
eziologico in una percentuale che può raggiungere il 20% dei casi di epilessia nell’anziano.
I traumi con frattura cranica, quelli con contusione parenchimale ed ematoma subdurale, e
la presenza di commozione cerebrale di durata superiore a 24 ore sono considerati
elementi di rischio.
- le neoplasie cerebrali – Gliomi, meningiomi e metastasi cerebrali sono riconosciuti come
fattore eziologico nel 10-30% dei casi. Sono maggiormente implicati nello sviluppo di crisi
epilettiche i tumori primitivi e quelli a basso grado.
Alcune patologie, come lo stroke ed i traumi cranio-encefalici, possono dare luogo a crisi acute
sintomatiche (che occorrono per definizione entro 7 giorni dall’evento acuto), le quali
rappresentano a loro volta un fattore epidemiologico di rischio per lo sviluppo successivo di crisi
epilettiche riferibili agli esiti lesionali nel decorso cronico. L’ eventuale rilievo anamnestico di crisi in
acuto va pertanto indagata quando si sospettino crisi epilettiche attuali.
Altre cause relativamente frequenti di crisi epilettiche acute nell’anziano sono quelle iatrogene
(utilizzo di farmaci potenzialmente pro-convulsivanti, astinenza da Benzodiazepine e da Barbiturici,
…), alcuni disturbi metabolici acuti (alterazioni elettrolitiche, ipoglicemia, iperglicemia, …) e le
infezioni del Sistema Nervoso Centrale. La presenza di una Sindrome delle apnee morfeiche è
ritenuta abbassare la soglia epilettogena.
Va tuttavia sottolineato come in un’ampia percentuale di casi con crisi epilettiche ad esordio senile
(fino a circa il 40%) l’eziologia rimanga sconosciuta
19,20
, nonostante l’utilizzo di metodiche
avanzate di neuro-immagine.
IN CONCLUSIONE
in una percentuale elevata dei casi di epilessia ad esordio senile condizioni patologiche
cerebrovascolari sono riconoscibili come fattore eziologico;
è elevata tuttavia negli anziani anche l’incidenza di manifestazioni di natura epilettica in
assenza di fattori eziologici o di rischio riconoscibili;
alcune malattie spesso causa di crisi epilettiche in questa fascia di età, mostrano comunque
picchi assoluti o relativi di incidenza in età senile;
alcune malattie ad elevata incidenza negli anziani (quali malattie cardiache e disturbi
cardiocircolatori ) possono combinarsi con la malattia cerebrovascolare ma essere di per sé
causa di episodi sincopali;
il sospetto di crisi epilettiche in un soggetto anziano che presenta manifestazioni cliniche
accessuali non può pertanto essere rigidamente confermato o escluso né in presenza né in
assenza di condizioni cliniche che ne rappresentano un fattore di rischio.
Fenomenologia delle crisi epilettiche
In oltre i due terzi dei casi nelle epilessie che esordiscono sopra i 65 anni è riconoscibile per le crisi
un’ origine focale, in particolare con crisi caratterizzate da alterazione del contatto con l’ambiente
(crisi “parziali complesse” 19).
L’alterazione del contatto, che si esprime obiettivamente con modificazioni improvvise del
comportamento (sospensione dell’attività in corso e dell’eloquio, sguardo fisso, …) e alterazione
della responsività a stimoli ambientali, può essere preceduta da fenomeni soggettivi (definiti
popolarmente come “aura”) e associata ad “automatismi”, cioè attività motorie elementari (quali
movimenti ripetitivi di masticazione/deglutizione) o complesse (gestualità semifinalizzate auto- o
eterodirette, spesso ripetitive; affaccendamento; verbalizzazione incoerente; deambulazione).
E’
noto
dagli
studi
di
Video-elettroencefalografia
che
alterazioni
comportamentali
fenomenologicamente sovrapponibili possono persistere o presentarsi nella fase “post-critica”,
vale a dire quando la scarica epilettica critica documentabile all’EEG si è estinta ma residua
clinicamente una condizione confusionale di variabile durata.
Le crisi epilettiche ricorrono tendenzialmente con fenomenologia stereotipata nel singolo paziente.
La diagnosi di crisi epilettiche è in primo luogo e fondamentalmente clinica, e un’accurata
descrizione degli episodi critici da parte del paziente e dei testimoni dell’evento è l’elemento
fondamentale per un accurato inquadramento degli episodi.
La raccolta anamnestica, tuttavia, può essere complicata nell’anziano dal fisiologico declino o dalla
presenza di patologie a sfondo cognitivo più frequenti nell’età senile. Gli anziani sono in minor
misura soggetti a richiesta di prestazioni che richiedono l’autoverifica continuativa della propria
efficienza psicomotoria; è inoltre più frequente che essi vivano soli. Pertanto, l’anamnesi può
essere limitata da una ridotta percezione soggettiva dei deficit transitori legati alle crisi e dalle
minori probabilità di raccogliere le osservazioni di testimoni esterni delle crisi.
Alcuni elementi nella semeiologia delle crisi epilettiche nei soggetti anziani vanno ricordati
per la loro rilevanza nella diagnosi e nella diagnosi differenziale:
-
una riduzione delle componenti motorie focali e degli automatismi critici, e la ridotta
probabilità di crisi toniche posturali con l’invecchiamento 21,22;
-
una ridotta probabilità di fenomeni soggettivi di “aura” e la possibile percezione degli stessi
in termini di sensazioni di disequilibrio o “breve confusione” 23-25;
-
il rilievo (non confermato in modo univoco nei lavori disponibili) di una ridotta occorrenza
negli anziani, sia con epilessia “invecchiata” che di nuova diagnosi, di crisi focali con
secondaria generalizzazione (cioè con evoluzione più o meno rapida dei fenomeni focali in
perdita di coscienza con convulsioni generalizzate tonico-cloniche)
21,22, 24-26
; l’occorrenza
“catastrofica” e la fenomenologia clinica meno equivocabili di una crisi di “Grande Male”
risultano spesso utili ad indirizzare verso l’ipotesi di una genesi epilettica delle
manifestazioni accessuali; in compenso, episodi convulsivi in sonno come unica tipologia di
crisi epilettiche sono riportati con una certa frequenza nei soggetti anziani con epilessia di
nuova diagnosi 27;
-
la tendenza a più frequente incidenza e maggiore durata (fino a giorni) di deficit postcritici quali confusione, deficit motori focali e disturbi afasici nei soggetti con crisi ad
esordio senile (rilievo abbastanza concorde in letteratura e percettibile nella pratica clinica)
23,25,28
, aspetti questi che portano spesso a diagnosticare erroneamente le crisi epilettiche
negli anziani come attacchi ischemici transitori ( i “TIA”, nella cui possibile fenomenologia
non sono peraltro previste componenti propriamente “confusionali”).
Queste segnalazioni meritano una considerazione particolare nella diagnosi differenziale delle crisi
epilettiche nell’anziano, in quanto:
-
se le crisi epilettiche hanno più comunemente durata di minuti e i fenomeni di origine
sincopale generalmente non vanno oltre le decine di secondi, è però riportata
occasionalmente per episodi sincopali una durata di minuti dell’alterazione di coscienza 29,
-
la presenza di confusione post-critica è considerato uno degli indici più affidabili nella
distinzione diagnostica tra crisi epilettica e sincope
29-32
, con una sensibilità e specificità
per crisi epilettica che superano il 90% e l’80% rispettivamente; tuttavia fenomeni di
amnesia retrograda possono verificarsi, e più comunemente nei soggetti anziani, dopo un
episodio sincopale 1.
Non sono disponibili stime specifiche del rischio di alterazione del controllo posturale e di caduta
associato alle crisi con alterazione del contatto nei soggetti anziani: tuttavia la ricorrenza in un
soggetto anziano di cadute nelle quali la presenza o meno di alterazione della coscienza non è
ricostruibile con sicurezza suggerisce l’opportunità di una attenta diagnosi differenziale tra crisi
epilettica e sincope, soprattutto se il paziente non serba memoria dell’accaduto 33.
Alcuni elementi nella semeiologia della sincope possono essere a loro volta fonte di
equivoco diagnostico:
-
la presenza di fenomeni motori “convulsivi” in una percentuale elevata di episodi sincopali
30,34
: questi hanno usualmente carattere di spasmo tonico e/o di fenomeni mioclonici
(generalmente con distribuzione caotica, erratica e asincrona sui due emisomi, diversa
dalla sequenza motoria tonica-tonicoclonica di una crisi epilettica), e sono potenzialmente
accompagnati da fenomeni oculomotori talvolta ripetitivi (facilmente in retroversione
coniugata: raramente nel corso di una sincope gli occhi rimangono fissi in posizione
primaria dello sguardo 31);
-
la presenza, riportata con frequenza elevata in alcune casistiche, di dispercezioni
allucinatorie-esperienziali (che possono essere erroneamente interpretate come fenomeni
dismnesici di natura epilettica) nella rievocazione soggettiva dell’alterazione di coscienza
sincopale 30;
-
la possibile occorrenza di fenomeni accessuali di “staring” e automatismi oroalimentari
masticatori (potenzialmente suggestivi di crisi epilettiche focali) associati ad ipotensione
ortostatica in soggetti con quadri disautonomici
35
, nei quali tra l’altro alcuni fenomeni
compensatori “presincopali” (quali cardiopalmo e sudorazione) possono essere attenuati o
assenti 36.
Sono inoltre descritti fenomeni di overlap tra sincope e crisi epilettica:
-
segnalazioni aneddotiche di fenomeni di natura epilettica insorgenti nel corso di
ipoperfusione cerebrale di origine sincopale;
-
l’evenienza relativamente rara, ma riportata con frequenza crescente negli ultimi due
decenni 37-41 , di bradicardia-asistolia associate a crisi epilettiche focali.
Riguardo al secondo punto, lo studio delle modificazioni della frequenza cardiaca nel corso di crisi
epilettiche ha rilevato una maggiore propensione a bradicardia nelle crisi di origine temporale
la
Ictal Bradycardia Syndrome
42
,e
è stata ricondotta, nella maggioranza delle segnalazioni
documentate, a crisi del lobo temporale con una predilezione per l’emisfero sinistro. Vi sono
tuttavia segnalazioni di una possibile origine frontale delle crisi
43,44
, e l’importanza della
lateralizzazione della scarica è discussa in letteratura 41,45.
La possibilità di una sincope indotta da crisi epilettica è probabilmente un’evenienza rara e non
necessariamente associata ad un’età avanzata, anche se vi sono indizi che la presenza in
comorbilità di una cardiopatia possa rappresentare un fattore di rischio per fenomeni di asistolia
critica
39
. Questa possibilità va sospettata sicuramente quando un paziente con epilessia nota
presenta nel decorso modificazioni nella fenomenologia abituale delle crisi (talvolta interpretate
come un aggravamento dell’epilessia), cui vengono ad aggiungersi fenomeni atonici ad esordio
improvviso e con possibile caduta (in generale non comuni nelle crisi dei pazienti con epilessia del
lobo temporale).
L’impianto di pacemaker cardiaco è stato utilizzato con successo per prevenire i fenomeni di
caduta nelle crisi epilettiche con asistolia non controllabili con la terapia antiepilettica 46.
IN CONCLUSIONE
il riconoscimento della possibile natura epilettica di manifestazioni accessuali in un soggetto
anziano è potenzialmente complicato da difficoltà anamnestiche ed aspetti, peculiari dell’età,
della fenomenologia crisi (spesso povere di fenomeni motorio-comportamentali “positivi”
che indirizzano la diagnosi, e spesso caratterizzate da fenomeni deficitari che la deviano);
appaiono più rara evenienza negli anziani le crisi generalizzate tonico-cloniche, la cui
fenomenologia è meno equivocabile e la cui occorrenza può orientare la diagnosi verso una
natura epilettica;
alcuni fenomeni clinici ritenuti caratteristici per crisi epilettiche possono presentarsi nel
corso di manifestazioni accessuali a meccanismi fisiopatologici di tipo sincopale;
alcuni fenomeni clinici ritenuti caratteristici per episodi sincopali possono essere attenuati o
mancare in soggetti con deficit autonomici involutivi;
alcuni tipi di crisi epilettica possono comportare effetti diretti su frequenza e ritmo cardiaco,
che influiscono sui fenomeni clinici delle crisi e che possono indurre equivoco diagnostico.
La diagnostica elettroencefalografica (EEG): utilità e limiti
L’ elettroencefalografia ha un ruolo fondamentale di supporto alla diagnosi di crisi epilettiche; in
particolare il rilievo all’EEG di anomalie epilettiformi intercritiche (AEI, potenzialmente presenti
anche al di fuori e a distanza dalle crisi) ha globalmente una specificità diagnostica elevata (circa il
95% dei soggetti con AEI all’EEG presentano crisi epilettiche) anche se non assoluta.
Preso atto di alcune difficoltà nella diagnosi clinica peculiari nel soggetto anziano, l’EEG dovrebbe
rivestire un ruolo particolare in questa sottopopolazione.
Alcune considerazioni suggeriscono di trattare con cautela il rilievo di eventuali anomalie EEG
negli anziani in quanto:
-
molti anziani normali presentano all’EEG, oltre a possibili modificazioni globali dell’attività di
fondo e della reattività, rallentamenti focalizzati prevalentemente sulle regioni temporali e
talora lateralizzati 47;
-
AEI possono essere presenti all’EEG, anche in assenza di crisi epilettiche, in diverse
condizioni patologiche cerebrali sia acute, quali l’infarto cerebrale
48
o gli ascessi cerebrali,
49
che croniche o evolutive come la Malattia di Alzheimer ;
-
AEI sono segnalate al primo EEG di routine in circa il 2 % dei soggetti che hanno
presentato episodi sincopali
50
(un dato sostanzialmente allineato agli studi sulla presenza
di AEI in soggetti senza epilessia);
-
l’attività EEG è sensibile a molteplici influenze farmacologiche, di cui è attesa un’incidenza
rilevante nell’anziano, frequentemente soggetto alle più diverse politerapie.
Alcuni rilievi in letteratura indicano per contro una ridotta sensibilità dell’EEG di routine nei soggetti
anziani
51-54
, con oltre il 70 % di soggetti anziani con epilessia di nuova diagnosi che non
presentano AEI al primo EEG di routine.
La registrazione EEG dopo privazione di sonno (che comporta per il paziente il rimanere sveglio
per un intero ciclo nictemerale o almeno per la seconda metà della notte che precede l’esame)
accresce la probabilità di rilevare AEI, ma è gravata da alcune problematiche, tra cui la necessità
di compliance da parte del paziente e la ridotta applicabilità in presenza di alcune patologie. Un
effetto attivante della privazione di sonno sulle AEI è potenzialmente presente a tutte le età, ma
sembra essere maggiore nei soggetti giovani 55,56.
La registrazione EEG durante sonno spontaneo pomeridiano (“Polisonnografia diurna”) appare
tecnicamente più agevole e di pari efficacia nel rilievo di AEI, ma evidenzia un tasso di attivazione
significativamente maggiore nei soggetti in età giovanile rispetto agli adulti e agli anziani 57.
Le indagini strumentali a costo più elevato sono talora disattese nei pazienti anziani, nonostante
questo “risparmio” diagnostico possa tradursi in condotte terapeutiche inappropriate che,
particolarmente nell’anziano, possono risultare invalidanti e comportare oltre a problemi etici un
aumento dei costi medici e sociali.
L’opportunità di indagini Video-EEG mirate alla documentazione elettroclinica degli episodi critici
non va trascurata quando in un soggetto anziano con episodi di T-LOC la diagnosi differenziale tra
crisi epilettiche e manifestazioni parossistiche non epilettiche rimane controversa.
Nella casistica di McBride e coll.
58
, in 27 dei 94 pazienti ultrasessantenni studiati sono state
documentate crisi non epilettiche, di natura psicogena nella metà dei casi; tra i pazienti con crisi
non epilettiche, la maggioranza era in trattamento con farmaci antiepilettici, e anomalie interpretate
come AEI (probabilmente alla fonte dell’errore diagnostico) erano presenti nel 26 % dei casi.
Va anche ricordato che le crisi sincopali sono caratterizzate all’EEG da un pattern critico peculiare
59
, il cui riconoscimento può essere facilitato dalla registrazione simultanea dell’EEG e di almeno
un canale poligrafico dedicato all’ECG.
Uno studio recente
54
ha esaminato gli effetti dell’età sulla sensibilità (in termini di rilievo di AEI)
dell’EEG nelle epilessie focali di nuova diagnosi. Nei soggetti anziani si è confermata una ridotta
espressività del primo EEG di routine rispetto agli adulti di età inferiore ai 60 anni. Tuttavia la
registrazione EEG di un intero nictemero, condotto a domicilio tramite monitoraggio EEG dinamico
e con la documentazione di un’intera notte di sonno, ha evidenziato effetti attivanti del sonno
spontaneo notturno in tutti i soggetti anziani valutati al momento della diagnosi. Gli anziani hanno
inoltre mostrato una particolare propensione ad esprimere AEI prevalentemente, o talora
esclusivamente, durante le fasi profonde di sonno NREM, che difficilmente vengono documentate
negli anziani con altre modalità di registrazione in sonno.
Qualora la documentazione di AEI sia importante come supporto ad una diagnosi incerta di crisi
epilettiche in un soggetto anziano, la scelta precoce di una metodica d’indagine EEG che copra
anche fasi profonde di sonno NREM appare pertanto auspicabile.
Il monitoraggio EEG dinamico risulta più economico e meglio tollerato rispetto ai monitoraggi EEG
di laboratorio, e consente generalmente di documentare l’EEG in tutte le diverse fasi del sonno;
esso accresce inoltre la probabilità di documentare pattern EEG critici di natura sia epilettica che
(come le sincopi) non epilettica, il cui rilievo è usualmente dirimente per la diagnosi differenziale.
IN CONCLUSIONE
nel sospetto di crisi epilettiche, l’interpretazione del tracciato EEG nell’anziano può essere
inquinata dalla presenza di attività elettrografiche “devianti” di diversa origine (involutiva,
patologica, iatrogena) che possono supportare erroneamente una diagnosi di epilessia;
l’EEG di routine, che usualmente documenta il tracciato in condizione di veglia, mostra negli
anziani con sospetto di crisi epilettiche una sensibilità ridotta rispetto agli adulti in genere (il
primo EEG di routine può non evidenziare AEI nell’ 80 % degli anziani con crisi epilettiche di
nuova diagnosi);
l’EEG dopo privazione di sonno e le registrazioni durante sonno spontaneo diurno
accrescono la possibilità di documentare anomalie “specifiche”, ma la loro efficacia negli
anziani è inferiore rispetto a quella negli adulti più giovani;
il monitoraggio EEG di 24 ore con EEG dinamico può rappresentare una scelta efficace,
relativamente economica e ben tollerata quando si ritenga necessario documentare AEI per la
diagnosi differenziale di crisi epilettiche in un soggetto anziano.
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