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FUTURE EXPLORATION LAB
Next commerce
is I-commerce
SCENARIO 2003
Scenario sviluppato
da Nemo, laboratorio
di esplorazione sulle
tendenze del retail,
e dei consumi
promosso da :
P. 1
01.
Prologo
Trend in vista
Concept scenario
La mostra Nemo Next Shop ‘03
P. 2
TREND IN VISTA / COS’È NEMO
nessuno conosce il futuro,
ma chi esplora il presente
in profondità coglie
i mutamenti in atto.
il mio nome è nessuno …
disse Ulisse al ciclope Polifemo che lo
Nemo è un laboratorio di rottura che
teneva imprigionato nella sua grotta.
rompe gli schemi interpretativi usuali
Con questo stratagemma riuscì ad
per costruire visioni inedite e chiavi
accecare il gigante a mettere in salvo
di lettura originali. Intuizioni anziché
se stesso e i suoi uomini mentre
supposizioni, sincronicità anziché
Polifemo, cieco e pazzo di dolore
causalità, esplorazione anziché
e rabbia, cercava invano l’aiuto dei
previsione. Nemo si avventura in
suoi fratelli, al disperato grido di
profondità, porta in superficie scenari
“aiutatemi, nessuno mi sta uccidendo”.
sommersi, tendenze inesplorate,
Il resto è noto: l’eroico esploratore
segnali deboli ma in divenire.
cantato da Omero nell’Odissea approdò
Mentre la ricerca convenzionale
dopo lungo vagare e mille avventure
accuratamente separa, pesa, sceglie,
alla coste della sua amata patria Itaca.
classifica e isola, Nemo osserva
Millenni dopo, correva l’anno 1856, un
gli istanti e unisce ogni ingrediente
altro signor Nessuno vagava nei mondi
in quella che Goethe chiama la
sommersi dell’oceano: il capitano
fantasia esatta: simboli, analogie,
Nemo del Nautilus, l’enigmatico
metafore, coincidenze che codificate
e tenebroso esploratore protagonista
creativamente raccontano embrioni
della trilogia d’avventure sui mari creata di cambiamenti che orientano gli
dal visionario Jules Verne, uno scrittore scenari futuri e possono generare
che sapeva anticipare i tempi e le
grandi idee. La nostra idea, o meglio
tendenze del futuro con sorprendete
il paradigma simbolico proposto dalla
precisione e concretezza.
nuova ricerca Nemo come modello
Nasce così Nemo Retail Exploration
di lettura e rappresentazione della
Lab, in omaggio ai grandi esploratori
rivoluzione in atto nel mondo del retail,
del passato, spiriti liberi
è next commerce is i-commerce.
e animati da audace curiosità.
Buona immersione e …
P. 3
SCENARIO IN MOSTRA
A NEMO NEXT SHOP 03
P. 4
A spasso nel negozio
del futuro
Più di settemila persone hanno visitato il futuro alla seconda edizione di Nemo
Next Shop, una mostra evento sulle tendenze del retail, realizzata da Expo
Cts, RDS Consulting, GDOWEEK e POPAI Europe-Italia, e presentata, con una
galleria altamente visionaria di tecnologie e scenari, durante l’ultima edizione
di Franchising & Partnership alla Fiera di Milano.
Antonio Fossati, amministratore delegato RDS Consulting e fondatore di Nemo.
“Portare alle fiere del retail il retail di domani è la mission di Nemo. Ogni anno
ci immergiamo nelle acque internazionali per far luce su scenari, tendenze e
innovazioni che segneranno lo sviluppo futuro del commercio”.
Nemo Next Shop 03
Evento: Mostra laboratorio sulle tendenze del retail
Luogo: Fiera di Milano, Salone Franchising&Partnership
Data: 3 – 6 ottobre 2003
Concept: EXPO Cts, RDS Consulting, GDOWEEK, POPAI.
Partner: IBM, NCR, Oracle, SAP, Sony, Symbol, Wincor Nixdorf
Allestimento: Grottini shopsystems
Illuminazione: iGuzzini
Supporto: Logotel, Iper, Sisa
Sito: www.nemolab.it
P. 5
VISION
P. 6
02.
NEXT COMMERCE IS I-COMMERCE
contenuti scenario
a cura di Thomas Bialas
i-trend
01. Intelligence commerce
02. Identification commerce
03. Immaterial commerce
04. Instant commerce
05. Implosion commerce
06. Independent commerce
07. Identity commerce
08. Ideal commerce
P. 7
VISION: 01
intelligence
commerce
Da high tech a I Tech. Intelligence è
la nuova parola magica. Business,
tecnologie, applicazioni, mappature,
procedure, prodotti, servizi, attrazioni
e naturalmente negozi.Tutto diventa
intelligente. Tutto diventa innovativo,
per sedurre il consumatore con nuove
shopping experience.
“ FARE SHOPPING
NEL FUTURO
E’ MOLTO CHIP”
Il quoziente d’intelligenza entra
prepotentemente nel mondo
inanimato. Qualcuno la chiama anche
intelligenza artificiale. Sta di fatto
che in futuro il consumatore sarà
sempre più circondato da oggetti
e soluzioni considerati intelligenti.
Soluzioni che il più delle volte hanno
lo scopo di rendere la shopping
experience interattiva, informativa
e spesso anche spettacolare.
Basta guardarsi attorno: vetrine
interattive o a cristalli liquidi che
prendono vita e si trasformano
in un mondo di immagini, suoni
e emozioni interattive; camerini
ipertecnologici in vetro trasparente
che si opacizzano una volta entrati e
dotati di Web cam che permettono
di osservare l’abito provato su tanti
monitor da diverse angolazioni e di
dialogare con la commessa grazie a
touch screen al plasma, come alcuni
flagship store Prada, che da sempre
puntano sull’innovazione tecnologica
per creare la “Prada experience”,
tanto che anche nel nuovo Epicenter
di Tokyo quello che colpisce di più
sono gli Snorkels, fatiscenti periscopi
per il trasferimento a distanza di
immagini, suoni, luci e informazioni
personalizzate; carrelli intelligenti
che comunicano al cliente quanto
sta spendendo e dove trovare
i prodotti nelle corsie; prodotti
dotati di etichette intelligenti che
dialogano a distanza e informano
il consumatore sulle caratteristiche
dell’articolo o micro processori nei
vestiti che comunicano alla lavatrice il
ciclo di lavaggio ideale; mobili, come
quelli messi a punto da Stavros
Antifakos dell’istituto statale di
tecnologia di Zurigo, che emettono
un segnale d’allarme se i pezzi
vengono montati in modo errato;
automobili, come la nuova Micra,
le cui portiere si schiudono con un
semplice comando vocale stile “apriti
Sesamo”; dispositivi nei matersassi
che tengono sotto controllo il
respiro del neonato (è il caso di
Angel Care di Foppapedretti); creme
solari intelligenti che segnalano
che si è a rischio scottatura (www.
uni-kl.de); personal identity label
intelligence o ovvero sistemi ad uso
privato per rintracciare e tenere
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sotto controllo i bambini al parco
o in spiaggia o per non perdere
di vista valigie ed effetti personali
durante i viaggi; poltrone intelligenti
che si adattano al peso della persona
per un confort su misura; loyalty card
con funzione di interprete personale
per acquistare nella propria lingua
in tutto il mondo (supermercati
Metro); bilance nel reparto frutta
e verdura dei supermercati
dotati di telecamera e software di
riconoscimento che distinguono
tra mele, pere e peperoni e
determinano peso e prezzo senza
che il consumatore debba fare
una mossa (per esempio quelle
della Mettler Toledo); frigoriferi
che segnalano la mancanza di latte,
prodotti in scadenza, suggeriscono
ricette o diete e ordinano la spesa
via internet;casse intelligenti con
sistema selfscanning come nella
nuova Coop di Via Arona a Milano;
la classica lista della spesa annotata
su un pezzo di carta rischia sostituita
dalla versione digitale: è il caso del
dispositivo Home Shopping della
Philips che scansiona i prodotti in
dispensa o frigorifero; e per finire c’è
il Future Store di Rheinsberg della
Metro , il supermercato intelligente
che ha aperto una nuova era nel
commercio: è la prima volta che
un intero supermercato basato su
tecnologia RFID viene integrato
e reso operativo. Identificazione,
informazione, intelligenza
e individualità intesa come
personalizzazione nei rapporti con
il consumatore sono i key items di
questa iniziativa internazionale che
ha coinvolto i big player tecnologici
di tutto il mondo.
E poi c’è lo sconfinato campo della
business intelligence: dai sistemi di
retail intelligence come il tracking
integrato che sono in grado di
monitorare i comportamenti
dei consumatori nel negozio, alle
mappe intelligenti e iperdettagliate
del geomarketing avanzato che
integra dati quantitativi e qualitativi
del cliente con le caratteristiche
geografiche, fino ad arrivare
alla sicurity intelligence di ultima
generazione che blinda il retail e lo
protegge da possibili intromissioni
e abusi. automaticamente una lista
della spesa che può essere stampata
o inviata automaticamente via
Internet al super mercato.
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VISION: 02
identification
commerce
Stabilire l’identikit del consumatore
è diventato il fattore cruciale della
retail business strategy. Soprattutto per
individuare i segmenti maggiormente
profittabili. I nuovi sistemi di
identificazione possono fare miracoli
per elaborare i dati personali del
cliente. Ma attenzione alla privacy. Il
consumatore spiato e sezionato in ogni
sua mossa potrebbe non gradire.
“IL CONSUMATORE
DEL FUTURO È
UN SORVEGLIATO
SPECIALE”
“Io so dove sai, e cosa stai
comprando”. Benvenuti nell’era
dell’identification shopping. Scoprire,
accertare, scrutare, controllare,
misurare, tracciare. In una parola
conoscere. Il retail, e soprattutto
gli operatori multicanale, hanno
fame di informazioni, possibilmente
dettagliate per costruire un
identikit preciso e profittevole del
consumatore ibrido e sfuggente e
per offrire servizi estremamente
personalizzati. Smart tag, Rfid,
smart shelves, tecnologia
biometrica, applicazioni Crm e
altre innovazioni permettono di
identificare il comportamento
del cliente nei minimi dettagli. Gli
esempi sono infiniti come infinite
sono le strade per la profilazione
e personalizzazione estrema:
Procter & Gamble, Unilever,
Ferrero o Sony, molte aziende
costruiscono prototipi di punti
vendita anche solo per indagare e
raccogliere, senza filtri aziendali, i
desideri ed i comportamenti reali
della gente; Movie Gallery, catena
americana di videostore, utilizza una
applicazione Internet-based che
identifica l’influenza specifica del
tempo atmosferico sui consumi
dei prodotti: grazie a questi dati
il retailer può prevedere come il
tempo possa influenzare il traffico
nei punti vendita e costruire un
assortimento di titoli ad hoc; al Four
Seasons Hotel di Berlino tutti i dati
vengono registrati per creare una
guest history: dalla preferenza per i
cuscini antiallergici fino ai colori che
non vanno a genio; nei Manhattan
East Suite Hotels un sofisticato data
base permette di personalizzare
ogni dettaglio degli habitué: stanza,
collazione, trasporti, servizi, svaghi
serali; al centro fitness inglese First
invece ogni cliente ha a disposizione
un trainer personale già “allenato” da
un sistema informativo su esigenze,
preferenze e obiettivi; in alcuni casi
poi il controllo va addirittura oltre:
il ristorante Aureole a Las Vegas ha
16 telecamere piazzate nella sala
che registrano i gusti e le abitudini
dei clienti (la pasta con o senza
parmigiano, il caffè con zucchero
o dolcificante, ecc); interessante
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anche l’esperienza dell’americana
IMX Cosmetics che ha utilizzato
l’identificazione in radiofrequenza
come strumento di fidelizzazione
e trasformazione dell’esperienza
d’acquisto: grazie a un transponder
inserito in un portachiavi consegnato
al primo acquisto, il cliente
può creare il proprio rossetto
personalizzato fra un’infinità di
differenti colori, fragranze e aromi,
farselo realizzare su misura e
registrare la ricetta sul microchip:
se ritorna nel negozio può passare
il portachiavi vicino a un apposito
lettore e vedere quale rossetto ha
creato l’ultima volta, eventualmente
aggiungendo una nuova ricetta alla
lista.Un futuro tutto roseo, dunque?
Non proprio. C’è anche un risvolto
della medaglia. Il consumatore
comincia ad avere la sindrome di
Echelon e a pensare: “la tecnologia
invisibile rende l’uomo fin troppo
visibile”. Paure, certo, ma confermate
fra l’altro da una indagine svolta dal
rinomato Auto ID Center per conto
dei suoi partner ( circa 90 aziende
globali e prestigiosi istituti di ricerca
come il MIT): il base al rapporto il
78% degli intervistati si è dichiarato
sfavorevole all’introduzione delle
cosiddette etichette intelligenti
per motivazioni legate alla privacy.
Infatti è soprattutto l’identificazione
in radiofrequenza(Rfid) che ha
sollevato recentemente negli Stati
Uniti un vero putiferio: Wal-Mart,
Tesco, Gillette, Benetton e molti
altri, sono finiti nel mirino di Caspian
- (Consumer Against Supermarket
Privacy Invasion And Numbering),
un’associazione di cittadini che
sostiene l’invasività del sistema
nella sfera della privacy - che ha
minacciato boicottaggi (come
www.boycottgilette.com), azioni
legali e interventi “chiarificatori”
sulle principali emittenti televisive.
Risultato? Tutti hanno fatto dietro
front e dichiarato di sospendere,
almeno per ora, i test con l’Rfid,
almeno fin quando le acque non
si calmano. E’ probabile quindi che
per placare gli animi dei movimenti
pro- privacy il retail utilizzerà l’Rfid
soprattutto nella supply chain,
lasciando perdere per un po’
l’interazione diretta con il cliente.
Il trend cautelativo per il retail: far
proprie le regole del permission
marketing: chiedere il consenso e
instaurare un rapporto di fiducia alla
lunga paga più dello spy marketing.
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VISION 03
immaterial
commerce
E’ l’era della merce intangibile.
I prodotti si smaterializzano, si
trasformano in servizi, informazioni,
soluzioni e conoscenze. Il bene fisico
quasi un optional per il consumatore
futuro. E intanto sul blocco di partenza
è pronta a scattare la vera rivoluzione
del prossimo decennio: il suo nome è
GATS, General Agreement on Trade in
Services.
“ SERVE ALTRO
IN FUTURO?”
“SÌ, SERVONO
PIÙ SERVIZI”
Entertainment, infotainment,
edutainment, sociotainment,
eatertainment, vinotainment
taxitainment, e poi ancora life
coaching e life assistance.Tutti termini
che annunciano una svolta epocale:
l ’immaterial commerce segna infatti
il definitivo declino e tramonto del
commercio delle merci fisiche così
come lo abbiamo conosciuto e
vissuto per secoli e secoli. Il bene
fisico e le sue prestazioni sono date
per scontate, ovvie, quasi accessorie
rispetto alla prevalente esigenza di
servizi e assistenza.Un esempio per
tutti: chi soffre d’insonnia non ha
solo bisogno di un buon materasso
ma anche di buoni consigli e training
personalizzato. E poi c’è un altro
aspetto da tenere presente per il
futuro.L’accelerazione e i molti o
forse troppi impegni fanno sì che
nella sfera delle vita privata sempre
più aspetti vengono trattati con
“logiche aziendali”: educazione
dei figli, gestione della casa e degli
anziani, salute personale, cura
delle piante, matrimonio, ecc. tutto
viene dato in outsourcing. Il nuovo
diktat: prendersi cura del cliente
affiancandolo nella vita quotidiana.
Siti come www.watchmegrow.
com o www.kinderview.com
permettono alle madri che lavorano
di osservare i figli mentre giocano
o studiano; in Germania www.
personal-trainer-network.de
offre assistenza personalizzata su
qualunque tema (alimentazione,
carriera, affetti, gestione casa, turismo,
pratiche ecc), lo stesso fanno a
Tokyo i circa mille Benriya tuttofare
disposti addirittura di litigare con i
vicini al posto del cliente; i fioristi
1800flowers gestiscono tutte le
ricorrenze da ricordare dei propri
clienti; nel ristorante Heartstone
a Londra si mangia in base alle
indicazioni personalizzate del
food trainer del locale e sempre a
Londra società come Lifecoaching
company e Coach Federation
affiancano il manager impegnato
su temi quali alimentazione, svaghi
e fitness, mentre Hire Intelligence
ritira e consegna i vestiti da lavare in
qualunque luogo e a qualunque ora;
wedding coacher come Destination-
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Weddings-in Italy o Confetti.
co che gestiscono in blocco tutta
l’organizzazione del matrimonio,
dalle formalità fino alla scelta del
luogo e la creazione dell’evento;
formule pay per use con servizi
tutto compreso come Interior
Rent che noleggia l’arredamento
completo della casa occupandosi
anche di trasporto, montaggio e
futuri traslochi; negli Stati Uniti anche
le piante d’arredamento vengono
proposte con la formula noleggio
più manutenzione; la vendita del
vino diventa vinotainment con
sessioni di assaggio professionale
nelle enoteche alla moda con
tanto di set come Le Nez du Vin
per diventare sommelier dilettanti
e viaggi organizzati nelle terre del
vino;anche, anche i big player sono
continuamente alla ricerca di nuovi
servizi, o meglio valori immateriali,
per fidelizzare la clientela: è il caso di
Autogrill che sta testando i Fido Park,
aree attrezzate per la sosta dei cani
con tanto di “parco agility”; mentre
all’estero esplode il fenomeno del
retailtainment, un ibrido che unisce
shopping mall e entertainment
center (come il Pier a Chiacago, il
Xanadu a Madrid o il Nova Eventis
tedesco che verrà innaugurato nel
2006); addirittura il tema delicato
della gestione della morte viene
“rivitalizzato” con nuove logiche di
servizio: da www.myplan4ever.de
si può programmare una sepoltura
alternativa nei Wald Friedhöfer
(boschi della pace), lo stesso succede
in Svizzera e Gran Bretagna mentre
in Usa si va anche oltre lanciando il
do-it-yuorself-deathstyle: Mylastwish
o Celestis offrono un’infinità
di servizi personalizzati per la
futura dipartita. E anche la grande
distribuzione si dà da fare in materia:
per Metro il supermercato del futuro
è quasi privo di merci. I prodotti
si smaterializzano, spariscono dagli
scaffali per lasciare spazio a isole
informative e promozionali. Niente
più corsie stracolme di prodotti, ma
articoli esposti singolarmente, quasi
simbolicamente, per ogni referenza.
Per acquistare con un semplice
gesto: premere i pulsanti e aspettare
che il personale dell’area backstore
porti all’uscita o fino all’automobile
la spesa ordinata.
Ma il vero terremoto dell’immaterial
commerce deve ancora arrivare:
stiamo parlando della liberalizzazione
e privatizzazione a livello planetario
di ben 160 settori di servizio,
compresi quelli di pubblica utilità.
Il GATS, accordo generale sul
commercio dei servizi, è la nuova
sfida
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VISION: 04
instant
commerce
Il consumatore sfuggente va
soddisfatto all’istante. Il bisogno
sul nascere. E’ l’era della società
simultanea, del fare più cose
contemporaneamente, del tutto in
un’istante. Da il tempo è denaro a il
tempo stringe. Il retail attento lo sa e
si rende disponibile sempre e ovunque
con proposte just in time.
“BRUCIARE I TEMPI È
LA SCOMMESSA DEL
FUTURO”
“Ho giusto un attimo di tempo,
dammi subito quello che mi serve”,
sembra quasi dire il consumatore
e mentre lo dice è già di nuovo
in movimento verso nuove mete,
nuovi impegni. Bere il caffè mentre
si è per strada, seguire il telegiornale
durante una sessione di fitness in
palestra, telefonare mentre si guida,
tutto contemporaneamente. In una
parola: simultaneità. Non il denaro
ma il tempo è il nuovo lusso. Il
consumatore del futuro reclama
comfort, una totale e immediata
disponibilità e soluzioni istantanee
per i suoi bisogni quotidiani.
Instant food, instant diet, instant
body building, instant shop. E’
tutto un proliferare di proposte
e soluzioni per “cogliere l’attimo
fuggente” (lastminutetour insegna).
Instant fashion: in uno dei settori
di maggiore crisi, l’abbigliamento, la
catena spagnola Zara e la svedese
H&M dimostrano come si possono
fare ottimi affare cavalcando il speed
up trend: collezioni e assortimenti
cambiano quasi istantaneamente, in
soli 14 giorni. Bruciare i tempi: da
www.net-a-porter.com si acquistano
le nuove collezioni prima che
sbarchino nei negozi.
Instant fitness: Quick Bliss è il nome
della catena wellness on the run
che propone trattamenti di bellezza
ultrarapidi. La nuova frontiera del
wellness è proprio quella di offrire
sessioni di power e benessere che il
consumatore può utilizzare nei ritagli
di tempo. Secondo Martin Hayword
a capo della catena Henley Centers
il 40% degli adulti è disposto a
spendere più soldi per risparmiare
tempo.
Instant shopping: in Francia a Leers
nel supermercato drive-in del
gruppo Auchan, il cliente non deve
neppure scendere dalla macchina:
comodamente adagiato sul sedile,
sceglie fra 150 referenze e attende
che gli addetti caricano tutto in
macchina. Tutto in meno di 5 minuti.
Tutto in un istante.
Instant check up: AnericanScan si
autoproclama il MacDonald’s della
medicina ed esegue un check up in
mezz’ora scarsa, anche nei negozi
convenzionati, mentre in Usa e
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Canada prelievo del sangue e piccole
operazioni si possono già fare al volo
direttamente nei shopping center.
Rivisitazione fast food: anche i punti
di ristoro “raffinati” si posizionano
non solo sulla qualità ma anche
sulla velocità, le catene di sandwich
Così e Pret-A-Manger oppure i
ristoranti Au bon pain e Schlotzsky’s
si autodefiniscono quick casual food,
mentre la zuppa più famosa del
mondo, la Campbell’s glorificata da
Warhol, punta con Select, una instant
soup che si mangia come uno snack,
a farsi strada nel ricco segmento
Street Food, lo stesso tenta in Italia
il Consorzio Vog che recentemente
ha lanciato Marlene Break, la frutta
snack da vending machine.
Insant money: chi consuma al volo ha
bisogno di soldi al volo. “Fai presto, il
prestito personale veloce e sicuro”
è l’offerta di credito istantaneo di
www.linea.it (Banche Popolari), la
Norisbank in Germania va anche
oltre e con EasyCredit bastano 30
secondi per chiedere i soldi.
Instant always open: l’altra strada
è abbinare velocità con apertura
365 giorni all’anno 24 ore su 24.
Gli esempi sono infiniti. Lavaggio a
secco ultrarapido in sole due ore
e servizio self service 24 ore su 24
è la proposta della catena Zwo 24
mentre i minimarket completamente
automatici e senza personale, come
Shop 24, si stanno diffondendo a
macchia d’olio in mezza Europa.
In Giappone i negozi di prossimità
Kombini permettono di ritirare e
pagare la spesa ordinata online o
via sms a qualunque ora del giorno,
lo stesso succede in Germania da
Tower 24, pick-up –station per
la merce ordinata via internet.
24 Hour Fitness è una catena di
palestre aperte sia di giorno che
di notte a orario continuato e
nella biblioteca dell’università di
Costanza in Germania gli orari di
apertura sono stati aboliti e ora gli
studenti possono consultare i liberi a
qualunque ora del giorno. Instant sex,
ovvero ruoli invertiti: negozi aperti di
notte e prostitute aperte di giorno,
le lucciole non hanno più bisogno di
luce soffusa ma invadano le strade
in pieno giorno per soddisfare il
bisogno all’istante. Segno dei tempi.
Altri segnali. Il convenience è il
now business per il now consuming.
Il format che meglio interpreta
l’esigenza di comfort e velocità
è il convenience store. Tutti si
buttano sulla formula shop and go
e la cosa non stupisce: dal 1985
al 2002 i fatturati dei cosiddetti
convenience stores sono cresciuti
del 400% e si prevede un boom
senza fine. In prima fila le stazioni
di servizio: Aral, BP o Shell, tutti sono
lanciati per trasformare i distributori di
benzina in minimarket per gli acquisti
volanti. Shell gioca in partnership con
Sainsbury’s mentre Albert Heijn con
Esso vuole aprire entro il 2005 ben
300 convenience stores AH to go dei
shop & go che propongono un vasto
assortimento di prodotti chiamati
Nice for Now (come dire ottimi per
l’istante).
Che il distributore di benzina funzioni
come location lo dimostra anche il
successo dei supermercati Quicktrip
(ogni anno 25 nuove aperture), tutti
posizionati nelle vicinanze di una
stazione di servizio.
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VISION 05
implosion
commerce
Da economia a iconomia. Il
consumismo implode e implora
nuovi consumi. Il consumatore sotto
pressione per indebitamento cronico
e disorientato dal bombardamento di
proposte si chiude a riccio e si defila.
La via d’uscita? Ridurre e semplificare.
Perché in futuro per vendere di più
bisogna offrire di meno.
“SEMPLIFICATE IL
FUTURO
LESS IS MORE …
BUSINESS”
L’eccessiva offerta si contrappone
all’eccessivo calo del potere
d’acquisto dei consumatori.
Si compra, dunque si vende, sempre
meno. In compenso ci sono troppe
cose che uno potrebbe o dovrebbe
consumare.
Due canali televisivi sono pochi,
100 sono troppi. 30 referenze in
un supermercato sono poche,
9000 sono troppe. 3 opzioni su un
telefonino sono poche, 100 sono
troppe. 1000 pagine web sono
poche, 400 milioni sono troppe.
Il fatto è noto: troppa scelta non
fa scegliere, cosa che i filosofi ci
ricordano da almeno 2000 anni.
Ora anche il retail ha capito che
l’iperofferta dilagante ha mandato
in tilt il consumatore che in mezza
Europa ormai reclama a gran voce:
“simplify my life”. A maggior ragione
nell’epoca dell’insicurezza, anche
esistenziale: per i cittadini occidentali
il mondo diventa sempre più
incomprensibile, ostile e pericoloso
(vedi il security boom, e non solo
in Usa), aumenta la richiesta di cose
semplici e facili da comprendere.
Concetti alla portata di tutti e
poca scelta al posto di sconfinati e
complicati assortimenti. L’implosion
economy non è infatti tanto figlia
della stagnazione e recessione, che
indubbiamente c’è, ma della nuova
cultura della saturazione, del meno è
meglio. Come fa notare il New York
Times “più che fare shopping ormai il
consumatore fa looking: gira, guarda
le vetrine ma non spende”.
Uscire dall’impasse con la
semplificazione su tutti i fronti?
Forse sì. I segnali non mancano:
multinazionali come Procter &
Gamble, Unilever, Nestlé hanno da
tempo ridotto il portafoglio prodotti
di oltre la metà secondo il principio
della General Motors: tutto quello
che non è al posto numero uno
o due nei rispettivi segmenti di
mercato viene ceduto o eliminato; il
discount leader Aldi deve il proprio
successo non solo alla formula del
costa meno ma anche al “reduce
to the max”: se un supermercato
medio ha circa 7.000 referenze Aldi,
ieri come oggi mette sugli scaffali
non più di 600 articoli; la stessa
P. 1 6
ricetta del successo della compagnia
aerea Ryan Air è molto semplice:
ridurre tutto quello che si può
ridurre; less is more è il principio dei
negozi Colette, Miss Sisty, Kookai e
Zara e anche Prada ,nel nuovissimo
Epicentro di Tokyo, ha puntato sul
minimalismo sostanziale e riempito
il punto vendita di parecchio vuoto
per non affogare nei prodotti; stesso
discorso per Upim che nel nuovo
store ha drasticamente ridotto il
numero delle refferenze; ancora più
estremo Bodas, il marchio di lingerie
che attualmente fa impazzire le
londinesi: nei negozi solo una decina
di modelli e design iper essenziale;
solo acqua minerale invece da
Aquastore che abbina “poca scelta
con tanta scelta”; pochissima scelta
anche nei nuovi pv del provider
telefonico 3: ogni vetrina espone
con un rigore estetico da museo
solo 3 videotelefoni con il risultato
che anche a 50 metri di distanza
la proposta è chiaramente visibile;
easy high tech o meglio “telefonare
è semplice” è invece il motto dei
telefonini Xelibri della Siemens che
hanno solo le due funzioni basilari
(telefonare e inviare sms).
A furia di semplificare, ridurre e
dare tutto in outsourcing l’impresa
diventa quasi virtuale: fare affari
con pocchisime risorse è il segreto
di Strida, un’azienda gestita da due
persone che fattura più di un milione
di euro con un solo prodotto, una
curiosa city bike pieghevole per i
urban proffesional.
Altri segnali: un supermercato
inglese ha fatto il seguente illuminate
test: prima ha introdotto 26 nuovi
tipi di marmellate, risultato: il 60%
dei clienti ha notato i prodotti ma
solo il 3% li ha acquistati, poi ha
ripetuto l’esperimento mettendo
sui scaffali solo 6 barattoli, risultato:
è scesa la percentuale di visibilità
dell’offerta (40%) ma in compenso
un terzo ha messo la marmellata nel
carrello della spesa, mentre la catena
giapponese Ran King Ran Queen
ha installato nei punti vendita dei
megaschermi dove appare in tempo
reale la classifica dei 5 prodotti più
venduti. Anche questo semplifica
l’acquisto.
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VISION: 06
independent
commerce
Da economia a iconomia. Il
consumismo implode e implora
nuovi consumi. Il consumatore sotto
pressione per indebitamento cronico
e disorientato dal bombardamento di
proposte si chiude a riccio e si defila.
La via d’uscita? Ridurre e semplificare.
Perché in futuro per vendere di più
bisogna offrire di meno.
“FARE A MENO DEL
RETAIL È L’INCUBO
DEL FUTURO”
Consumatori. “Sono sei o sette i
passaggi di mano dalla campagna al
consumatore: bisogna accorciarli” ha
recentemente dichiarato alla stampa
Massimo Pacetti, presidente della
Confederazione Italiana Agricoltori.
Molti consumatori hanno già da
tempo deciso di accorciare la filiera
secondo il motto “da punto di
vendita a punto su me stesso”.
Famiglie che si fanno il pane in
casa e trasformano i balconi in orti
(nel solo Lazio vengono prodotti
all’anno circa un milione e mezzo
di piantine di lattuga destinate per il
40% alle coltivazioni in vaso), padri
che costruiscono i giocatoli per i
propri figli, persone che si aggregano
in gruppi d’acquisto solidale
(GAS) per acquistare all’ingrosso
o direttamente dai produttori o
contadini di fiducia, altri ancora che
si fanno consegnare a casa prodotti
stagionali e autoctoni di agricoltura
locale e famigliare (per esempio
l’abbonamento spesa di www.
cornale.it, una piccola cooperativa
agricola di aziende piemontesi);
gruppi di consumo critico come i
Bilanci di Giustizia che riducono tutte
le spese inutili, famiglie che suppor
tano gli agricoltori locali (Community
Supported Agricolture) con quote
annuali di denaro o lavorative in
cambio di frutta e verdura, consorzi
di artigiani come il Sarhi che
producono abiti e vendono con
presentazioni itineranti negli studi di
amici, la grande galassia del software
libero Linux che conta associazioni
di utenti e gruppi di scambio in
tutto il mondo, aggregazioni tribali
che basano molti consumi sul
baratto, scambio e prestito (fra i
surfisti è buona regola scambiarsi
vele, tavole, ecc), il networking sulla
rete e i marketplace C2C per lo
scambio e la vendita diretta da
consumatore a consumatore fra cui
le famose e illegali liste di scambio
di file musicali, dvd e anteprime
film , comunità autogestite a sfondo
mistico o religioso, villaggi solidali
creati da piccoli nuclei famigliari
che si basano sull’autoconsumo,
fino ad arrivare agli anticonsumisti
integrali e snob, i no shopper che
il quotidiano francese Libération ha
P. 1 8
ribattezzato No-No che rinunciano
quasi integralmente all’acquisto di
prodotti marchiati da brand, che non
comprano nelle boutique o grandi
magazzini ma in piccoled botteghe
nascoste in un cortile alle quali si
accede suonando il campanello, col
passaparola, sono solo alcune delle
forze messe in campo per rendersi
indipendenti dal retail tradizionale.
E intanto circola già una nuova idea:
la Banca del Consumo che sulla
falsariga della Banca del Tempo
(scambio di servizi fra cittadini)
mette a disposizione beni privati
per il prestito gratuito a tempo,
insomma product sharing in sostanza.
Atteggiamenti da nicchia, realtà che
sfuggono alle statistiche e ricerche
ufficiali, certo, ma una tendenza da
tenere sott’occhio per le nuove
strade che apre, indipendentemente
dai numeri, che per ora sono molto
piccoli.
Retail. Dopo decenni dedicati alla
worldwide standardisation il retail
si accorge che il franchising del
futuro può essere senza catene. In
una parola libero, o perlomeno più
libero. Due piccoli segnali. La catena
di panetterie Great Harvest Bread
(circa 130 pv) chiama la sua formula
free based franchising: in pratica ogni
franchisee può decidere liberamente
assortimenti, prezzi e gestione della
bottega in base al proprio fiuto e alle
esigenze locali. La stessa McDonald’s,
che in passato ha costruito il
proprio successo sulla totale
standardizzazione a livello mondiale,
sta da qualche anno puntando sul
concept
“più diritti e meno doveri per
un franchising indipendente e
attento al local”. I McDonald’s di
Parigi sono quasi irriconoscibili, il
logo non del solito giallo accesso
ma di una tonalità più discreta.
Retroscena: la catena americana
ha permesso ai propri affiliati di
progettare il punto vendita in modo
indipendente. Anche le grandi catene
di supermercati, quelle che non
accettano ordini per meno di 10
milioni di pezzi, tornano a delegare
parte degli acquisti ai direttori dei
singoli punti vendita, raccomandando
loro di fare “territorio. I prodotti del
territorio hanno portato al successo
la catena tedesca di supermercati
Feneberg: “Von Hier” come dire
“di qui della zona” è la linea di
prodotti rigorosamente local, ovvero
proveniente da non più di 100
chilometri di distanza.
Il trend è evidente: dallo scontro fra
global e local è nato glocal. Imprese
e grande distribuzione hanno capito
che conviene integrare valori e
P. 1 9
VISION: 07
identity
commerce
Consumare, si dice, significa acquisire
identità. Ma il retailer che vuole
lasciare un segno nel cuore del
consumatore non deve simulare.
La vera identità non è artifizio, non
è costruzione, ma esaltazione di ciò
che si è veramente. Altrimenti non dura
nel tempo e svanisce senza lasciare
traccia.
“NESSUN FUTURO
PER CHI HA CRISI
D’IDENTITÀ”
Molte storie commerciali di
successo passano non solo
attraverso prodotti e servizi
innovativi, ma anche attraverso
la capacità di rappresentare un
mondo,un’atmosfera e uno stile
che fanno la differenza. Distinguersi
in modo netto e chiaro dagli altri
non è mai facile. E molte scorciatoie
sono assai pericolose “Diventare
attivamente ciò che si è per natura”,
scriveva Friedrich Nietsche. Una
lezione da imparare. L’identità deve
essere autenticità, rappresentare
un punto di vista vero e coerente.
Alla lunga infatti il consumatore
percepisce sempre se il mondo
che rappresentiamo ci rappresenta
veramente.
I percorsi d’identità sono tanti ma
alcuni meritano un accenno per la
loro forza simbolica.
Apple: quelli tentati dal frutto
proibito informatico non rinunciano
più al suo gusto. iMac, iBook:
non è solo questione di internet,
innovazione, intuizione (come
sistema operativo) ma anche di
identificazione. Dai tempi del
posizionamento “think different”
Apple rappresenta in modo
autentico e genuino l’universo dei
creativi di ogni specie e professione
e può contare su una forte
fidelizzazione nel tempo. L’idea
Ikea. Ikea interpreta alla perfezione
il comfort e il soft individualismo
alla svedese, come anche Volvo.
Nel punto vendita si respirano
valori come tolleranza, uguaglianza,
semplicità, essenzialità, rispetto.
Un alchimia di identity. Non si
impara mai abbastanza da questa
società svedese, ma il modello
non è imitabile, perché autentico,
rappresenta la Weltanschauung
scandinava. Bisogna averla nel DNA.
Come le automobili tedesche (un
settore che a dispetto della crisi non
conosce crisi). Germania uguale a
technology driven cars dal design
essenziale e puro, Volkswagen, Audi,
BMW o Mercedes tutte a modo
loro puntano a una leadership
tematica e hanno un’identità
impeccabile che incarna lo spirito
tedesco. La Fiat in Italia paga anche
la sua confusa identità (ormai
P. 2 0
persa), mentre Ferrari ieri come
oggi rappresenta il mito, anche delle
vendite.
Prendere posizione. La catena
francese di libri e musica Fnac ha
invece puntato sull’equity identity,
invitando in tutta Europa i clienti
a firmare direttamente nei pdv
e su Internet una petizione per
la riduzione dell’iva sui prodotti
musicali da portare al parlamento
europeo. Con questa raccolta di
firme, che ha avuto una risonanza
enorme, Fnac dimostra che un punto
di vendita può anche rappresentare
un punto di vista consumeristico
che prende posizione e lotta per i
diritti del consumatore. Anche H&M
esprime un chiaro punto di vista
quando decide di non vendere nei
propri negozi capi d’abbigliamento
di ispirazione militare, così come la
Coop che durante l’ultima guerra in
Irak esponeva in alcuni punti vendita
la bandiera della pace all’ingresso.
Scelte o meglio punti di vista chiari
e coerenti con la mission aziendale.
Come quello della Migros (da
sempre la catena più popolare,
più conveniente e più stimata in
Svizzera) che oggi come 50’anni fa
continua a rinunciare alla vendita di
tabacchi, alcolici e della stragrande
maggioranza dei brand che contano.
Regional identity. Le alpi bavaresi
sono la nostra identità. La catena
di supermercati tedesca Feneberg
(83 filiali) ha creato in pochi
anni un piccolo impero grazie al
homebranding, ovvero per una
netta presa di posizione a favore dei
prodotti regionali e locali.
Ancora più difficile crearsi una tribal
identity: surfisti, skaters, motociclisti
Harley, ecc sono fedelissimi ai brand
che li rappresentano ma solo quelli
che rispettano i codici e le regole
non scritte della tribù. Esempi di
Tribal Identity Brands sono Carhartt,
Gola, Quicksilver, Lonley Planet, il
mitico Bear creato negli anni 60 da
un ex surfista californiano ubriacone,
brand locali come gli svedesi Acne
Jeans introvabili nei negozi e venduti
con il passa parola, il Rolex che è
un must per i rapper e anche alcuni
grandi marchi come Diesel, Noika,
Axa che sono riusciti a crearsi
un’identità nella variegata galassia
delle tribù.
Approcci diversi. Kraft Foods ha
invece creato per il suo brand Jakobs
la figura dell’identity assistant per
i consumatori: su sito das-bin-ich.
de (questo sono io) il cliente può
imparare qualcosa sulla propria
identità grazie ai segreti della
fisiognomica.
P. 2 1
VISION 08
ideal
commerce
Unire l’utile al lodevole. Vendere e
comprare per una giusta causa. Fare
affari con rispetto. Il commercio che
ha una missione sociale da compiere
fa sempre più presa. Soprattutto
sul consumatore che ha deciso di
spendere secondo il motto “fai la cosa
giusta”. Un atteggiamento che sa già
di cambiamento.
“LA VERA GENEROSITÀ
VERSO IL FUTURO
CONSISTE NEL
DONARE TUTTO
AL PRESENTE”
Feel good consuming. Neo
moralismo e idealismo. Le 8 milioni
di lattine vendute in pochi mesi
in Francia della Mecca-Cola - una
bibita fortemente politicizzata
nata sull’onda dell’antimperialsimo
americano, il cui 20% dei guadagni
viene devoluto in iniziative
umanitarie (10% alla Palestina)
– fanno forse sorridere o inorridire,
ma dimostrano quanto l’idealismo, di
qualunque forma o specie, assuma di
nuovo importanza, anche nel retail.
Il commercio solidale, politicamente
ed ecologicamente corretto
raccoglie sempre più consumatori.
Secondo Sandro Castaldo,
vicedirettore dell’area marketing
dell’Università Bocconi di Milano, “è
in atto un cambiamento epocale, una
parte crescente della popolazione
è convinta che si può spendere
per acquistare solidarietà, equità e
maggiore giustizia sociale”. Insomma
filantropia: prendersi cura del
prossimo e avere a cuore l’umanità.
Un valore certo complesso. E ancora
una volta l’ispirazione viene dal
mondo tedesco, dai suoi pensatori,
dall’ideale dell’economia di sostegno
e di un commercio più equo e
socialmente responsabile. Fra i
retailer forse Gottlieb Duttweiler,
il visionario idealista fondatore
della Migros, fu il primo a cogliere i
termini del problema, creando il vero
primo modello di commercio sociale
su larga scala basato sui principi della
support economy. Oggi la Migros
non è solo il numero uno del retail
svizzero e fra i 500 più grandi del
mondo, ma anche un faro del social
shopping.
Pioniere dell’engagement in tutti i
campi, ha recentemente dedicato
un intero sito a questo termine:
www.engagement.ch illustra tutti
gli impegni presi dal colosso della
grande distribuzione a favore
di dipendenti, ambiente, diritti
umani, comunità e società in
generale, dimostrando fra l’altro
che il plusvalore sociale può anche
generare plusvalore economico.
Cambiare il mondo, possibilmente
in meglio, è anche il chiodo fisso
di Ben Cohen, fondatore di Ben
& Jerry’s, produttore di gelati e
P. 2 2
proprietario di una grande catena di
punti vendita in franchising. Ben ama
ripetere: “ il business è responsabile
per la maggior parte dei problemi
della società, e solo il business può
e deve risolverli”. Un pensiero
duro che però incarna bene lo
spirito del tempo: nella società
della stato desocializzato economia
e commercio devono diventare
socialmente utili. Ben & Jerry’s lo
fa nel suo piccolo fin dagli esordi e
oggi è uno dei retailers americani
maggiormente impegnati nel sociale
e nella ridistribuzione di denaro (il
suo): dalla Ben&Jerry’s Foundation ,
gestita secondo i principi comunitari
dagli stessi dipendenti, che si occupa
di donazioni, alla periodiche iniziative
a favore della pace e giustizia nel
mondo fino al PartnerShop Program,
una specie di formula di franchising
sociale (niente fee o royalty, servizi
e assistenza gratuiti) messa a
disposizione alle organizzazioni non
profitt per avere una fonte di reddito
con cui finanziare le attività.
Un altro che promette di costruire
un mondo migliore è Lifegate, una
piattaforma eco-culturale (portale
internet, rivista, iniziative commerciali
e di aggregazione per creare modelli
di sviluppo e consumo alternativi),
messa in piedi da Marco Roveda ex
proprietario della Fattorie Scaldasole,
che recentemente ha lanciato
Impatto Zero, un iniziativa per il
negozio che non pesa sull’ambiente.
E poi c’è il commercio equo e
solidale vero e proprio: il cosiddetto
Fair Trade e le botteghe del
mondo. Una realtà non profitt
che punta su responsabilità delle
imprese e ridistribuzione degli utili.
Curiosamente ideatori e clienti
di questi negozi concordano con
l’idea neoliberista che il commercio
internazionale fa girare il mondo.
Solo che cercano di farlo girare in
una maniera diversa. Una maniera
che ha dato frutti inaspettati.
50 paesi e 1000 organizzazioni
coinvolti, 100 soggetti importatori,
4.000 botteghe specializzate, 80.000
supermercati che hanno inserito
prodotti equo nell’assortimento,
1 milione i contadini e artigiani
occupati, 200 mila volontari attivi e
400 milioni di fatturato annuo sono
numeri che devono far riflettere
e spiegano bene perché la grande
distribuzione, da Coop con Transfair
a Esselunga con Ctm Altromercato,
è così interessata ad avere i prodotti
del mercato equo e solidale. Come
non sorprende che dopo i vari
Iso sia nato anche il Sa 8000 che
certifica il comportamento sociale
delle aziende. Una goccia in un
oceano? Forse. Ma come è noto da
millenni una farfalla che batte le ali in
Amazzonia può scatenare un ciclone
a New York. Per il retail un preciso
segnale: a volte i grandi cambiamenti
partono in sordina per poi esplodere
P. 2 3
03.
i-tech
I.Technologies
i.technologies, i-tech, retail innovation
i.tag. Etichetta intelligente
i.Label. Etichetta elettronica
i.Trolley. Carrello intelligente
i.Shopwindow. Vetrina interattiva
i.Sound. Sonorità individuale
i.Terminal. Chiosco informativo
i.Check-out. Cassa intelligente
i.Self Check-out. Cassa cassa self-service
i.Solution. Soluzioni integrate
i.Analysis. Misurazione attrattività vetrina
i.Terminal. Chiosco informativo
i.Advertising. Promozione immediata
i.Supermarket. Il Supermercato intelligente
Future vision Metro
Focus
consumatore ibrido: alla ricerca dell’identikit perduto
incentive pricing, vendere a tutti i costi
Metamorfosi PDV
identity shop
il futuro del dettaglio dipende dal dettaglio
P. 2 4
TECHNOLOGIES
P. 2 5
i technologies
i-tech
retail innovation
L’ High tech si tramuta in I –Tech. Non siamo più in presenza di
“semplice” alta tecnologia, sofisticata e all’avanguardia in uno dei tanti
campi, ma di tecnologia che interpreta un nuovo ruolo: piattaforme
internazionali di integrazione, intelligenti e interconnesse. L’esempio
del Future Store della Metro ne è un esempio quasi eclatante: il
supermercato del futuro del colosso della distribuzione tedesca
interpreta pur senza dichiaralo o forse saperlo il futuro I - tech.
P. 2 6
i.Tag
Etichetta intelligente
La rivoluzione del commercio passa per una minuscola tecnologia: un
piccolo chip computerizzato con antenna miniaturizzata. La sua sigla, RFID,
Radio Frequency Identification. Un’innovazione che cambierà il volto al
retail trasformandolo da point
of sale a point of control.
Grandi attese
La grande distribuzione e il commercio in generale si attendono grandi
cose dalla cosiddetta etichetta intelligente. Risparmi a livello logistico,
controllo totale sul ciclo di vita di ogni prodotto e benefici per il
consumatore. Sarà la tecnologia del futuro? Probabilmente sì, perché come
tutte le tecnologie che davvero hanno un futuro, esiste già da tempo.
RFID produttori di onde
In pochi anni, gli statisti prevedono , che miliardi di prodotti verranno
spediti con etichette a radiofrequenza di identificazione
Numero di beni spediti con etichette a radiofrequenza
(miliardi)
50
40
30
20
10
0
2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
FONTE: Forrester Research
P. 2 7
i.Label
Etichetta elettronica
Sugli scaffali del futuro i prezzi cambiano e si aggiornano in modo
indipendente e automatico. Così il cliente ha sempre la certezza di pagare
effettivamente il prezzo esposto. Con le etichette elettroniche per gli
scaffali Electronic Shelf Label le variazioni di prezzo non costituiscono
più un problema perché trasmesse in tempo reale tramite un sistema in
radiofrequenza a scaffali e casse.
Presentato da NCR
i.Trolley
Il carrello intelligente
Il carrello del futuro è un assistente personale tuttofare che aiuta il
consumatore a orientarsi nel labirinto degli scaffali. Un mini navigatore
interattivo dotato di self scanner e touchscreen che gestisce la lista della
spesa e trova sempre il percorso più breve per raggiungere la cassa con
il carrello pieno . Una guida per conoscere offerte sui prodotti preferiti,
conteggio parziale, sconti e promozioni, punti accumulati e un comodo
mezzo per evitare code alla cassa grazie alla funzione di pagamento rapido.
Presentato da Wincor Nixdorf
i.Shopwindow
Vetrina interattiva
La vetrina del futuro è una piattaforma multimediale che interagisce e
dialoga con il consumatore 24 ore su 24, anche quando il negozio è chiuso.
Un centro di informazione polivalente che aiuta il pubblico ad orientarsi tra
prodotti, offerte e promozioni e a conoscere in tempo reale notizie utili
sulla città o la vita di quartiere..
P. 2 8
i.Sound
Sonorità individuale
Il messaggio audio del futuro viene inviato con precisione millimetrica solo
nel punto che si vuole colpire. Una doccia di suoni che genera un campo
acustico raccolto e individuale per promozioni e informazioni one to one.
Il sistema audio direzionale apre le porte a nuove forme di comunicazione
focalizzata sul punto vendita e alla privacy acustica.
Presentato da Sony
i.Terminal
Chiosco informativo
Con i chioschi informativi del futuro fare la spesa diventa un’esperienza
interattiva e istruttiva. Comparazione prodotti e prezzi, posizione nei vari
scaffali, offerte speciali, ricette, diete e tabelle alimentari, consigli pratici per
l’utilizzo dei prodotti sono le infinite possibilità degli infoterminal dell’ultima
generazione. Veri e propri shop coacher che affiancano il consumatore per
una spesa personalizzata e ragionata.
Presentato da Wincor Nixdorf
i.Check-out
Cassa intelligente
Il supermercato del futuro è senza code e lunghe attese. I diversi sistemi
di cassa intelligente interconnessi con sofisticati dispositivi wireless,
comunicano con scaffali, prodotti e carrello della spesa. E con la formula
self scanning il cliente paga strada facendo. Così alla cassa tutto diventa
più rapido e semplice: basta consegnare il conto e pagare, senza nemmeno
svuotare il carrello.
Presentato da NCR
P. 2 9
i.Self check-out
Cassa self-service
Nel punto vendita del futuro il cliente si trasforma in cassiere. Con le casse
self-service scansione, imbustamento e pagamento diventano semplici
gesti che ogni consumatore fa da se in modo rapido e indipendente. E per
il conto massima liberta di scelta: contanti, carta di credito o di addebito,
assegno e utilizzo dei buoni sconto. Tutto automaticamente.
Presentato da NCR
i.Solution
Soluzioni integrate
Le innovazioni dietro le quinte per implementare l’impiego di nuove
tecnologie nel retail.
Sistemi innovativi per l’information technology del retail.
Presentato da IBM
Le innovazioni dietro le quinte per implementare l’impiego di nuove
tecnologie nel retail.
Sistemi innovativi per l’information technology del retail.
Presentato da SAP
Le innovazioni dietro le quinte per implementare l’impiego di nuove
tecnologie nel retail.
Sistemi innovativi per l’information technology del retail.
Presentato da ORACLE
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i.Analysis
Misurazione attrattività
vetrina.
Quante persone passano, guardano, stazionano, entrano o comprano?
Nel negozio del futuro diventa facile monitorare il comportamento dei
consumatori, interpretare i flussi e integrare i dati per misurare l’efficienza
della rete dei punti vendita. Il tracking integrato è un sistema di retail
intelligence che introduce il concept di auditel per il trade.
Presentato da Sony
i.Self scanning
Scanning individuale
Nel negozio del futuro il cliente ha sempre la spesa sotto controllo in
modo semplice e immediato. Gli scanner portatili sono leggeri e facili
da usare. Tengono costantemente aggiornato il totale degli acquisti ,
comunicano promozioni, e una volta terminata la spesa basta consegnare il
terminale alla cassiera o riporlo in un apposito dispenser. Per un’esperienza
di shopping veloce e ricca di informazioni.
Presentato da SYMBOL
i.Advertising
Promozione immediata
I cartelloni pubblicitari del futuro comunicano in modo mirato e
immediato. Flessibili e comandati a distanza attraverso una rete WLAN
i display pubblicitari elettronici interagiscono con il cliente e mandano in
onda presentazioni di prodotto e messaggi promozionali in pochi secondi
su un area e/o prodotto specifico del punto vendita..
Presentato da Wincor Nixdorf
P. 3 1
FOCUS
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consumatore ibrido:
alla ricerca
dell’identikit perduto
Inclassificabile
Indecifrabile
Infedele
Insicuro
Indebitato
Ingolfato
Invecchiato
Incredulo
Incoerente
Incosciente
Inafferrabile
Inascoltato
Da società dei consumi a società consumata
Game over. Siamo tutti overinformed, overstressed, overstuffed,
overspent, ovresize. Il consumatore messo all’ingrasso per più di 50’anni
scoppia, ma non di salute. L’obesità dilagante, nuova piaga sociale
dell’Occidente, è la metafora crudele della civiltà della saturazione.
Tutto è saturo. Non c’è più spazio nel corpo fisico, negli armadi, nelle
cantine, nelle discariche, sul pianeta per accumulare ancora cose.
Non c’è nemmeno più spazio mentale per accogliere il quotidiano
bombardamento di messaggi, stimoli e proposte. Ma soprattutto non c’è
più spazio temporale per usare e godersi tutti quei beni e servizi. E intanto
dopo il formaggio light arriva lo stipendio light che comprime il potere
d’acquisto della ex classe media. Ma non tiriamo in ballo stagnazione
e recessione. La saturazione è un fenomeno insensibile alle vicende
economiche e destinato a perdurare.
Un dato su cui riflettere: coloro che dichiarano di non avere più bisogno
di niente secondo una recente ricerca Astra/Demoskopea condotta
su un campione di persone dai 14 ai 79 anni erano nel 1990 l’8% degli
intervistati, mentre nel 2002 erano già il 32%.
La conseguenza: in futuro il consumatore sarà iperseletivo sulla scelte
di consumo e tenderà a concentrare le proprie residue forze su pochi
fronti a lui cari ignorando in blocco il resto delle proposte e tentazioni.
Incostante
Indifferente
Indipendente
Indisposto
Inebriato
Informato
Insoddisfatto
Insofferente
Instabile
Infantile
Individualista
e inadatto alle segmentazioni
Da segmentazione a frammentazione.
Il target è morto. Le classiche segmentazioni socio-culturali ed economiche
obsolete
e inutili. I modelli di consumo più simili a inediti patchwork. Il consumatore
P. 3 3
Da segmentazione a frammentazione.
Il target è morto. Le classiche segmentazioni socio-culturali ed economiche
obsolete e inutili. I modelli di consumo più simili a inediti patchwork. Il
consumatore un incrocio che nega ogni stato interpretativo univoco.
Trovare dei punti in comune in questo universo frantumato diventa
sempre più difficile. Più la omoglobalizzazione preme su di noi e più
rispondiamo con modalità estreme: non solo individualismo spinto ma
anche tribalizzazione spinta. I movimenti, le associazioni, le ong sono un
esempio come pure le comunità tematiche: motociclisti Harley, surfisti
cercatori, ecologisti guerrieri, steineriani nostalgici, ecc.
Nicchie che richiedono iperspecializzazione e autenticità per fare breccia
nel cuore dei micromondi. Nicchie che richiedono un nuovo approccio:
osservare anziché intervistare, frequentare anziché interpretare. In una
parola: intuire.
Da differenziazione e coetaneizzazione
Ageless consuming. Una generazione di consumatori senza generazioni.
Tutti amano essere diversi ma in realtà la diversità è inattuale.
Una delle ultime illusioni del mondo moderno. Non riusciamo neppure
a differenziarci per mantenere le peculiarità delle 4 classiche fasi o stagioni
della vita (notare il suggestivo sincronismo con la natura: le stagioni non
sono più quelle di una volta). Bambino, adolescente,adulto, anziano.
Le differenze si dissolvono. Scene quotidiane: la bambina di 7 anni è vestita
come la sorella di 20 che a sua volta è vestita come la madre di 40, e tutte
masticano una cicca e sognano una terza di reggiseno.
I genitori non si comportano più da genitori ma da amici.
In una parola da coetanei. Qualcosa ci accomuna , ci aggrega in un grande
ageless target trasversale e transepocale: essere coetanei, essere eterni
adolescenti.
Lo status a cui tutti ambiscono, inconsciamente, società dei consumi
compresa. Nell’adolescente la personalità è volatile, perché solo incipiente.
Un adolescente propriamente non possiede un io e non lo vuole, ancora.
In compenso questo “mezzo uomo” è un potenziale consumatore vorace
e facilmente stimolabile. Per il retail uno scenario su cui riflettere.
P. 3 4
Incentive pricing.
Vendere a tutti i costi.
Il prezzo fisso appartiene al
passato. La variabile prezzo varia
continuamente, oscilla e sposa
le logiche della Borsa Valori.
Giocare al rialzo, giocare al
ribasso. Quotazioni just in time.
Polverizzazione dei prezzi.
Creative & eclectic pricing.
In futuro la battaglia del prezzo,
ormai compromesso, non
risparmierà più nessuno invadendo
tutti i campi e settori. Prossima
tappa: credito al consumo anche
per acquisti di poco conto.
Polarizzazione dei mercati
La terra di mezzo, così cara a Tolkien, è praticamente disabitata. La vecchia
classe media emigra verso due destinazioni: nuovi ricchi o nuovi poveri.
Un cambiamento epocale, che non si può più far finta di non vedere. Nel
1980 la fascia media del mercato rappresentava il 49% dei consumi. Nel
2010, secondo le stime del Zukunftsinstitut, solo il 10-20%. Scenario: la
spartizione del mercato futuro è un affare fra premium e discount.
Overspending/underspending
E’ l’era dell’Extreme Consumption. Due poli opposti si contenderanno il
consumatore.
Il quale si concentrerà in base alle proprie possibilità economiche per quali
prodotti-servizi spendere “troppo o troppo poco”. Per un caffè si può
spendere “troppo” da Starbucks o “troppo poco” da MacDonald’s. I Sony
Store sono dedicati ai topspender: niente sconti, ma solo il meglio, le ultime
novità in anteprima e servizi impeccabili.
Per l’underspending Sony accomodarsi da Saturn o simili. Ma c’è anche chi
fa l’eclectic pricing unendo i due poli: articoli di lusso assieme a prodotti a
prezzi stracciati, fusione fra discount e premium. Nei negozi Anthropologie
si trova merce da 50 cents fino a 10 mila dollari.
I profeti del costa meno
L’Italia non è ancora discountizzata e resiste. Ma per quanto?
I prezzi che segano le gambe alla concorrenza sono, almeno per ora,
P. 3 5
una specialità della ricca Germania. Secondo le stime KPMG-Nielsen,
nel 2005 il 40% del mercato sarà in mano al settore discount. Da Aldi,
re dei discount alimentari, i consumatori fanno la fila per avere il Tevion
Computer a 500 euro. Plus del gruppo Tengelmann lancia il matrimonio
a prezzi stracciati o più esattamente un pacchetto smart wedding da
mettere direttamente nel carrello della spesa.
Anche il commercio al dettaglio sperimenta nuove formule per abbattere
i costi.
Le panetterie Backwerk sono impostate sul self service: il cliente sceglie,
pesa il prodotto e va alla cassa a pagare. Effetto: prezzo ridotto del 30%
e consumatore che paga solo per quello che ha bisogno. Simile a un virus
“il costa meno” contagia sempre più paesi e settori. “Vi farò volare quasi
gratis” tuona O’Leary, presidente di Ryanair,
la McDonald’s dei cieli.
In Gran Bretagna a Manchester il Virgin Automall, il nuovo auto discount
multimarca del gruppo Virgin, promette sconti del 30% e intanto c’è chi ha
già lanciato la formula discount per i funerali.
Al prossimo round i profeti del costa meno abbineranno lusso e design
alla spartana logistica e messa in scena per conquistare i mercati degli
articoli di fascia alta come sta già facendo in parte Costco, un discount
club con 300 punti vendita e 25 milioni di soci che abbina carta igienica da
pochi cents con diamanti da 100 mila dollari, champagne da 190 dollari con
burro d’arachide in offerta speciale.
Il prezzo non è uguale per tutti
Il prezzo del futuro non sta mai fermo. Si muove, cambia a seconda delle
situazioni, stagioni. promozioni Uno stesso prodotto o servizio può avere
un’infinità di prezzi diversi. E’ il caso delle compagnie aree capostipiti
del flexible pricing e delle quotazioni last minute: per ogni volo esistono
almeno 20 prezzi diversi, o quelle telefoniche che ritoccano le tariffe in
continuazione. Stessa strategie per molti autonoleggi: da Navicar chi prima
prenota meno paga. A Londra da Easycinema invece i prezzi cambiano
in base ai biglietti venduti e agli orari. Il cliente sceglie il prezzo è un’altra
formula stimolante: da www.musikalienhandel.de gli strumenti musicali
vengono proposti con tre differenti fasce di prezzo in base al livello di
servizi e assistenza compresi.
Prossima tappa il social pricing: prezzi differenziati a seconda delle fasce di
reddito.
eBay Generation
In Europa il 16% degli utenti internet partecipa ad aste online. Negli Stati
Uniti il fatturato si aggira sui 13 miliardi di dollari e secondo le stime
di Forrester Research nel 2007 saranno 54 miliardi. In pratica il 25%
dell’intero fatturato generato da Internet. Nel futuro anche retailer e
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produttori cercheranno con varie modalità di soddisfare la crescente mania
per la contrattazione.
Consumatori dettano il prezzo
In futuro è il consumatore che fissa il prezzo e non il retail. Su internet
già una realtà. Siti come www.priceline.com o www.i.offer.com sono
trading communities che non solo comparano prezzi e trovano qualunque
articolo al costo minore ma che danno al consumatore anche la possibilità
di scegliere i prodotti, fare un’offerta e contrattare direttamente con il
retailer o produttore collegato.
Radical cheap
Da spendo e spando a la resa della spesa. La taccagneria come status
symbol eleva l’avarizia, uno dei sette vizi capitali, a virtù del consumatore
postconsumista. “Voglio il massimo al minimo poiché so bene che c’è
troppo di tutto sul mercato”, dice lo smart shopper, una categoria
trasversale che secondo le stime di KPMG rappresenterà nel 2010 il 50%
dell’universo dei consumatori. Spende ma solo dopo aver trovato il prezzo
più basso e soprattutto cambia insegna a secondo della convenienza e per
singoli prodotti. L’incubo del retail.
Abbasso i prezzi
“Viva la spesa, abbasso i prezzi” è il nuovo motto dei consumatori. Il retail
si adegua, anche in Italia, e va giù di forbice: zucchine in saldo, latte in saldo,
nessun articolo viene più “risparmiato” dalla gara del ribasso, fino a vere
operazioni (sempre più diffuse) di vendite sottocosto. Sconti da 100 euro
in tutti i negozi per chi acquista elettrodomestici a basso consumo, una
iniziativa di Regione Lombardia e Unioncamere e poi il boom del credito
al consumo su tutti i fronti che incentiva le vendita ma indebita anche il
consumatore.
Pagare per l’uso e non per il possesso
Uscire dalla crisi con il noleggio su tutti i fronti? Dare un prezzo non più a
un bene ma al suo uso? Forse sì. L’anno scorso la Merloni fece notizia con
la lavatrice Dialogic proposta con la formula pay per use (più si lava più
si paga più un cannone fisso). Intanto l’Olanda si era già inventato il bollo
automobilistico il cui costo è riferito al consumo. E a proposito di automobili
ormai è un proliferare di pay per use. Da Vokswagen Solutions a Mercedes
Light Drive e Light Price di Chrysler, il noleggio privato è ormai una relatà.
Un concept che si può estendere a un’infinità di settori: elettronica di
consumo, casalinghi ed elettrodomestici, orologi e telefonini. Uno scenario
non da poco che porta a una nuova categoria esistenziale: uso dunque sono.
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Controtrend: prezzo fisso
Troppa flessibilità alla lunga genera troppo stress. Il consumatore stufo di
passare le giornate a comparare e calcolare le tariffe più convenienti (vedi
telefonia) si fissa di nuovo sul prezzo fisso. Stabilità in una parola. In molti
settori la strategia “prezzo fisso tutto l’anno” può essere una contromossa
vincente. La catena di alberghi Good Night Inn ha ha basato il suo successo
sull’offerta “one night, one price, one year”.
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METAMORFOSI PDV
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metamorfosi PDV
identity shop
Da Punto di Vendita
a Punto di Visita
a Punto di Vista
luogo di merci
servizi
luogo di incontro
intrattenimento
esperienze
stimoli
luogo di principi
opinioni
passioni
posizioni
soluzioni
azioni
shop value
shop value
shop value
materialismo
far comprare
orientamento al consumo
immaterialismo
far sostare
orientamento all’esperienza
idealismo
far aderire
orientamento all’autenticità
task
Il negozio del futuro si distingue non tanto e non solo per le merci, i servizi
o la messa in scena ma per i comportamenti.
Nel negozio del futuro non c’è solo un commerciante ma un essere umano
che propone punti di vista in cui identificarsi e aderire.
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metamorfosi PDV
Il futuro del dettaglio
dipende dai dettagli.
Innovation
Nell’era della saturazione e continua trasformazione il punto vendita al
dettaglio è chiamato a grandi cambiamenti (vedi innovazione).
Valga il monito di Charles Darwin:
“Non è la specie più forte che sopravive, nemmeno quella più intelligente,
ma quella che cambia”
> Nel negozio del futuro sono i piccoli dettagli a fare la differenza.
> Nel negozio del futuro la merce si può comprare, affittare, scambiare
regalare e addirittura vincere.
> Nel negozio del futuro i servizi servono per semplificare la vita di tutti i
giorni.
> Nel negozio del futuro nuovo e usato, caro e a buon mercato, vendita
tradizionale e aste convivono in perfetta armonia.
> Nel negozio del futuro la commessa si tramuta in personal trainer e life
assistant
> Nel negozio del futuro i clienti non si contendono ma si condividono con
altri punti vendita. Tecnicamente customer outsourcing & sharing.
Da prossimità a promiscuità
Per essere più vicini al cliente il negozio di prossimità deve trasformarsi in
negozio di promiscuità. Mescolare in modo sapiente prodotti e servizi e
soddisfare eterogenee esigenze contemporaneamente è la nuova sfida del
piccolo dettagliante.
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MANIFESTO DEL COMMERCIO DI NEMO
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ig
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“Nel mondo moderno il successo sarà
di coloro che sapranno costruire un
ideale attorno alle loro imprese”.
Economia
Equonomia
Competition
Co-opetition
Privatizzazione
Condivisione
Consumismo
Consumerismo
Speculazione
Socializzazione
Distribuzione
Redistribuzione
Management
Engagement
Marketing
Societing
Liberalizzazione
Liberazione
R
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TE osofia
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SÙ
GE ristia
D
an
RU tore
ore
dat
fon
da
fon
“Ogni idea che non diventa per te
un ideale, uccide una forza della tua
anima, ogni idea invece che diventa
ideale, crea in te forze vitali”
c
“Gratuitamente avete ricevuto,
gratuitamente date”
“Non è più tempo di badare ai propri interessi ma di interessarsi al destino altrui”
P. 4 2
04.
SEZIONE DA NOMINARE
Il retail futuro secondo...
The store design project
P. 4 3
Il retail futuro secondo...
Per IBM il negozio del futuro è “on demand”, il retailer deve essere in
grado, infatti, di rispondere tempestivamente alle richieste dei clienti, così
come alle opportunità e agli imprevisti del mercato. Nel negozio del futuro
IBM, sfruttando il concetto di multi-canalità, si realizza la piena integrazione
dell’infrastruttura aziendale, con l’obiettivo ultimo della soddisfazione del
cliente.Il negozio del futuro è un punto vendita dinamico, caratterizzato
da display informativi, programmi di fidelizzazione personalizzati, kiosk
informativi self-service, rifornitura automatizzata, soluzioni di self checkout, da tutto ciò che arricchisce e facilita l’esperienza di acquisto del cliente.
Sony introduce per il negozio del futuro il concept di auditel per il trade.
Grazie a sistemi innovativi di retail intelligence diventa facile monitorare
in tempo reale il comportamento dei consumatori, interpretare i flussi
e integrare i dati per misurare l’efficienza della rete dei pv. L’innovativa
applicazione software, “In-Store Observation” utilizza i dati convogliati
da una rete di videocamere per sapere con precisione quante persone
passano, guardano, stazionano, entrano o comprano nel negozio, misurare
la corretta disposizione degli spazi e valutare le performance del pv su
base settimanale, giornaliera e addirittura oraria. E per l’intrattenimento e
promozione del futuro Sony ha messo a punto nuove formule di In-Store
Media e Retail TV Service
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I grandi retailer stanno iniziando ad introdurre innovative soluzioni di
automazione del punto vendita, come la cassa self-service e le etichette
elettroniche. Questi primi passi saranno la spinta propulsiva che porterà
a ridisegnare totalmente il layout del supermercato del futuro: punti
vendita totalmente automatizzati in grado di offrire servizi più qualificati e
diversificati in base alle esigenze dei clienti, con personale qualificato e in
grado di assistere il cliente in tutte le fasi dell’acquisto.
Il negozio del futuro è un negozio snello dove tutti i processi vengono
semplificati, i costi ridotti e il cliente seguito con più servizi personalizzati
e interattivi.
In questo momento abbiamo a fuoco la nostra idea di sviluppo per il
settore Retail attraverso StoreVision che illutsra ciò che i punti vednita
possono fare sfruttando le tecnologie e soluzioni del futuro dai sistemi
di Personal Shop Assistant e Self Check Out (il punto cassa automatizzato),
al Self Scanning, che consente al cliente di effettuare la spesa velocizzando
notevolmente il passaggio alla cassa, all’utilizzo delle Etichette Elettroniche.
La promozione, la scelta delle modalità d’acquisto e l’interazione nel punto
vendita, concepite come servizi per il consumatore, assumono sempre più
importanza.
Anticiapare la domanda, tracciare i comportamenti e interaggire con
il cliente. La competitività del futuro modello d’affari nel Retail sarà
direttamente proporzionale alla disponibilità di “Misurazioni, Analisi e
Controllo” che faciliteranno le capacità decisionali in aree strategiche quali
: riduzione dei costi, segmentazione del venduto/clientela, soddisfazione
del cliente , integrazione e efficienza della catena di fornitura. La capacità
di immagazzinare, analizzare e filtrare qualitativamente i dati affinchè
diventino informazioni e successivamente conoscenza a valore da far
fruire sia al Cliente sia all’operatore di negozio, sia al fornitore sarà la
misura dell’efficienza e della capacità di competere del sistema retail futuro.
Obiquità, veridicità, facilità di fruizione, tempestività e personalizzazione
dell’informazione saranno il nuovo fattore differenziante nelle mani del
personale e il fattore qualitativo percepito dal cliente.
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Per i retailer è indispensabile riuscire a rispondere a una domanda
estremamente fluttuante in tempi rapidissimi, nel giro di pochi giorni o
addirittura nel giro di poche ore. Solo in questo modo i retailer possono
incrementare costantemente le vendite e ridurre al minimo lo stock di
magazzino. Tutte le innovazioni tecnologiche devono supportare questi
obiettivi. RFID / Intelligent tagging, collaborazione industry/retailer, POS
Data management and Scorecarding, Direct Store Delivery, sono alcune
delle aree su cui SAP, insieme ai propri clienti, sta puntando la propria
attenzione.
Nel negozio del futuro saranno utilizzate una serie di tecnologie mobili e
radio-frequenza atte a implementare soluzioni di CRM e quindi consentire
a chi fa la spesa di avere tutte le informazioni necessarie al fine di fare la
migliore scelta di acquisto.
Attraverso dispositivi personali, il cliente è informato delle attività
promozionali attualmente in essere nel negozio o di prodotti a
complemento di acquisti già eseguiti; gli assistenti alla vendita sono in
grado di reperire velocemente informazioni per fornire al cliente i dettagli
comparativi necessari per una scelta ottimale o prenotare per il cliente in
tempo reale prodotti eventualmente non disponibili in quel momento nel
punto vendita.
Raggiungere i Clienti, mantenerli e saper dialogare con loro in modo
efficace rappresenta un’esigenza primaria per la sopravvivenza e lo
sviluppo delle Aziende. Non basta più rispondere semplicemente alle
esigenze d’acquisto del Cliente. Il Retail deve gestire la risorsa più scarsa:
l’attenzione del Cliente, offrendogli mutevoli situazioni di consumo.
Il Punto Vendita, diventa un “Portale di Accesso”: Punto di Accesso,
di Attenzione e infine di Acquisto. Il Punto Vendita da semplice distributore
diventa sempre più produttore di prodotti, di servizi e di esperienze.
Il Cliente è chiamato a partecipare alla creazione di valore, non più quindi
come semplice consumatore ma come co-produttore: dalla progettazione,
al controllo qualità. Il Retail evolverà verso la riallocazione delle attività nel
tempo e nello spazio degli attori in gioco formando una rete più complessa
e differenziata.
L’integrazione tra settori, la distinzione tra produttore e consumatore
o tra fornitore e Cliente diventerà sempre meno chiara man mano che
il panorama economico si orienterà sempre più al servizio.
La rivisitazione della “classica catena del valore” sarà a nostro parere una
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necessità e porterà alla realizzazione di innovative forme distributive,
sempre più “fluide”.
Il retail del futuro è nel “passato remoto” perché è un retail fatto di
relazioni sempre più strette, fondato sul Servizio e sulla Personalizzazione.
L’ “Offerta Mirata” soppianta il concetto di assortimento ampio e
profondo, mentre la tecnologia consente di arricchire gli strumenti dedicati
a conoscere e consolidare la relazione con il cliente e il consumatore.
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The Store Design
Project.
Nello sviluppo del progetto considerate questi...
9 INGREDIENTI ESSENZIALI DEL BUON STORE DESIGN
1-DEFINIZIONE ARCHITETTURALE DELLA MARCA
esterni | atrii | soffitti | illuminazione e grafiche | colore | luce naturale |
riferimanti regionali | riferimenti storici
2-ESPERIENZA DI INGRESSO
Le prime impressioni sono quelle che decidono l’ingresso del cliente. La
sensazione che si deve offrire è quella della comunicazione di ciò che si trova
all’interno del punto vendita.
3-PLANIMETRIA DEL PUNTO VENDITA
Deve offrire una facilità di osservazione della gamma offerta al cliente.
Buona circolazione, orientamento e visibilità sono importanti nel rendere
l’intero punto vendita uniformemente produttivo.
4-CONCETTI DI MERCHANDISING
Quando una grande superficie di vendita compete con negozi specializzati,
deve essere studiata in maniera che esprima uno stile di vita, prima ancora
che una classificazione di prodotti, distinguendosi da offerte di massa.
5-VISUAL MERCHANDISING
Una gerarchia di buoni criteri di presentazione visiva consente di creare il
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punto vendita come in una rivista, educando il cliente ai trend della moda. Le
grandi idee sono in copertina e le storie diverse sono all’interno.
6-PRESENTAZIONE DEL MERCHANDISING
L’elemento più importante in ogni punto vendita è la creatività con cui si
presentano i prodotti. Espositori creati con intelligenza, esaltando l’impatto
del prodotto sul cliente, offrono quel vantaggio cercato dal negozio che vuol
essere una scoperta.
7-COORDINAMENTO DEI MARCHI
Nello stesso punto vendita convivono marchi diversi che attribuiscono
all’offerta la caratteristica di un’esperienza di acquisto unica. È fondamentale
il modo con cui vengono presentati i marchi, con stile ed impatto, esaltando
l’intera offerta.
8-GRAFICA, SEGNALETICA E INFORMAZIONI
La segnaletica, informazioni di prodotto, eventi promozionali ed il prezzo
sono componenti di un approccio coordinato alla grafica in un’ambiente
progettato efficacemente.
9-SERVIZI AI CLIENTI
Camerini di prova, comfort sedute, punto di accoglienza... Zone riservate a
clientela consolidata, zone benessere, ristorazione di qualità, intrattenimento,
animazione ed eventi . Oppure più subliminali come musica e profumi.
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Who’s who
concept evento
partners tecnici
partner shop concept
illuminazione
Coordinamento
scientifico
Luigi Rubinelli
Curatore
Thomas Bialas
con il supporto di
Ideazione
Antonio Fossati
Giacomo de Gennaro
Marco Della Croce
Coordinamento
Alessandra Gandini
con la collaborazione di
Consulenza strategie
e trend retail
Rds Consulting
Art direction
Marco Tortoioli Ricci
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Progetto allestimenti
Paolo Haigh Castiglioni
Studio Architetti
Grafica
BCPT Associati
PRESENTE!
>PREVEDERE IL FUTURO SIGNIFICA
VEDERE IL PRESENTE, IN PRODONDITÀ.
NEMO È UN LABORATORIO
DI ESPLORAZIONE SULLE TENDENZE
DEL RETAIL. INDAGA IL PRESENTE,
SCANDAGLIANDO FONDALI QUOTIDIANI,
RACCOGLIENDO TRACCE, RIFERIMENTI,
COINCIDENZE, CASE HISTORY
INTERNAZIONALI, COMPORTAMENTI DEI
CONSUMATORI, FORMAT DISTRIBUTIVI
E INNOVAZIONI TECNOLOGICHE.
SVILUPPA RICERCHE, SCENARI, VISIONI,
EVENTI E FORNISCE STRUMENTI PER
ORIENTARE LE STRATEGIE FUTURE
DI AZIENDE E ISTITUZIONI.
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RDS / BCPT_ASSOCIATI
FUTURO?