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FUTURE EXPLORATION LAB Next commerce is I-commerce SCENARIO 2003 Scenario sviluppato da Nemo, laboratorio di esplorazione sulle tendenze del retail, e dei consumi promosso da : P. 1 01. Prologo Trend in vista Concept scenario La mostra Nemo Next Shop ‘03 P. 2 TREND IN VISTA / COS’È NEMO nessuno conosce il futuro, ma chi esplora il presente in profondità coglie i mutamenti in atto. il mio nome è nessuno … disse Ulisse al ciclope Polifemo che lo Nemo è un laboratorio di rottura che teneva imprigionato nella sua grotta. rompe gli schemi interpretativi usuali Con questo stratagemma riuscì ad per costruire visioni inedite e chiavi accecare il gigante a mettere in salvo di lettura originali. Intuizioni anziché se stesso e i suoi uomini mentre supposizioni, sincronicità anziché Polifemo, cieco e pazzo di dolore causalità, esplorazione anziché e rabbia, cercava invano l’aiuto dei previsione. Nemo si avventura in suoi fratelli, al disperato grido di profondità, porta in superficie scenari “aiutatemi, nessuno mi sta uccidendo”. sommersi, tendenze inesplorate, Il resto è noto: l’eroico esploratore segnali deboli ma in divenire. cantato da Omero nell’Odissea approdò Mentre la ricerca convenzionale dopo lungo vagare e mille avventure accuratamente separa, pesa, sceglie, alla coste della sua amata patria Itaca. classifica e isola, Nemo osserva Millenni dopo, correva l’anno 1856, un gli istanti e unisce ogni ingrediente altro signor Nessuno vagava nei mondi in quella che Goethe chiama la sommersi dell’oceano: il capitano fantasia esatta: simboli, analogie, Nemo del Nautilus, l’enigmatico metafore, coincidenze che codificate e tenebroso esploratore protagonista creativamente raccontano embrioni della trilogia d’avventure sui mari creata di cambiamenti che orientano gli dal visionario Jules Verne, uno scrittore scenari futuri e possono generare che sapeva anticipare i tempi e le grandi idee. La nostra idea, o meglio tendenze del futuro con sorprendete il paradigma simbolico proposto dalla precisione e concretezza. nuova ricerca Nemo come modello Nasce così Nemo Retail Exploration di lettura e rappresentazione della Lab, in omaggio ai grandi esploratori rivoluzione in atto nel mondo del retail, del passato, spiriti liberi è next commerce is i-commerce. e animati da audace curiosità. Buona immersione e … P. 3 SCENARIO IN MOSTRA A NEMO NEXT SHOP 03 P. 4 A spasso nel negozio del futuro Più di settemila persone hanno visitato il futuro alla seconda edizione di Nemo Next Shop, una mostra evento sulle tendenze del retail, realizzata da Expo Cts, RDS Consulting, GDOWEEK e POPAI Europe-Italia, e presentata, con una galleria altamente visionaria di tecnologie e scenari, durante l’ultima edizione di Franchising & Partnership alla Fiera di Milano. Antonio Fossati, amministratore delegato RDS Consulting e fondatore di Nemo. “Portare alle fiere del retail il retail di domani è la mission di Nemo. Ogni anno ci immergiamo nelle acque internazionali per far luce su scenari, tendenze e innovazioni che segneranno lo sviluppo futuro del commercio”. Nemo Next Shop 03 Evento: Mostra laboratorio sulle tendenze del retail Luogo: Fiera di Milano, Salone Franchising&Partnership Data: 3 – 6 ottobre 2003 Concept: EXPO Cts, RDS Consulting, GDOWEEK, POPAI. Partner: IBM, NCR, Oracle, SAP, Sony, Symbol, Wincor Nixdorf Allestimento: Grottini shopsystems Illuminazione: iGuzzini Supporto: Logotel, Iper, Sisa Sito: www.nemolab.it P. 5 VISION P. 6 02. NEXT COMMERCE IS I-COMMERCE contenuti scenario a cura di Thomas Bialas i-trend 01. Intelligence commerce 02. Identification commerce 03. Immaterial commerce 04. Instant commerce 05. Implosion commerce 06. Independent commerce 07. Identity commerce 08. Ideal commerce P. 7 VISION: 01 intelligence commerce Da high tech a I Tech. Intelligence è la nuova parola magica. Business, tecnologie, applicazioni, mappature, procedure, prodotti, servizi, attrazioni e naturalmente negozi.Tutto diventa intelligente. Tutto diventa innovativo, per sedurre il consumatore con nuove shopping experience. “ FARE SHOPPING NEL FUTURO E’ MOLTO CHIP” Il quoziente d’intelligenza entra prepotentemente nel mondo inanimato. Qualcuno la chiama anche intelligenza artificiale. Sta di fatto che in futuro il consumatore sarà sempre più circondato da oggetti e soluzioni considerati intelligenti. Soluzioni che il più delle volte hanno lo scopo di rendere la shopping experience interattiva, informativa e spesso anche spettacolare. Basta guardarsi attorno: vetrine interattive o a cristalli liquidi che prendono vita e si trasformano in un mondo di immagini, suoni e emozioni interattive; camerini ipertecnologici in vetro trasparente che si opacizzano una volta entrati e dotati di Web cam che permettono di osservare l’abito provato su tanti monitor da diverse angolazioni e di dialogare con la commessa grazie a touch screen al plasma, come alcuni flagship store Prada, che da sempre puntano sull’innovazione tecnologica per creare la “Prada experience”, tanto che anche nel nuovo Epicenter di Tokyo quello che colpisce di più sono gli Snorkels, fatiscenti periscopi per il trasferimento a distanza di immagini, suoni, luci e informazioni personalizzate; carrelli intelligenti che comunicano al cliente quanto sta spendendo e dove trovare i prodotti nelle corsie; prodotti dotati di etichette intelligenti che dialogano a distanza e informano il consumatore sulle caratteristiche dell’articolo o micro processori nei vestiti che comunicano alla lavatrice il ciclo di lavaggio ideale; mobili, come quelli messi a punto da Stavros Antifakos dell’istituto statale di tecnologia di Zurigo, che emettono un segnale d’allarme se i pezzi vengono montati in modo errato; automobili, come la nuova Micra, le cui portiere si schiudono con un semplice comando vocale stile “apriti Sesamo”; dispositivi nei matersassi che tengono sotto controllo il respiro del neonato (è il caso di Angel Care di Foppapedretti); creme solari intelligenti che segnalano che si è a rischio scottatura (www. uni-kl.de); personal identity label intelligence o ovvero sistemi ad uso privato per rintracciare e tenere P. 8 sotto controllo i bambini al parco o in spiaggia o per non perdere di vista valigie ed effetti personali durante i viaggi; poltrone intelligenti che si adattano al peso della persona per un confort su misura; loyalty card con funzione di interprete personale per acquistare nella propria lingua in tutto il mondo (supermercati Metro); bilance nel reparto frutta e verdura dei supermercati dotati di telecamera e software di riconoscimento che distinguono tra mele, pere e peperoni e determinano peso e prezzo senza che il consumatore debba fare una mossa (per esempio quelle della Mettler Toledo); frigoriferi che segnalano la mancanza di latte, prodotti in scadenza, suggeriscono ricette o diete e ordinano la spesa via internet;casse intelligenti con sistema selfscanning come nella nuova Coop di Via Arona a Milano; la classica lista della spesa annotata su un pezzo di carta rischia sostituita dalla versione digitale: è il caso del dispositivo Home Shopping della Philips che scansiona i prodotti in dispensa o frigorifero; e per finire c’è il Future Store di Rheinsberg della Metro , il supermercato intelligente che ha aperto una nuova era nel commercio: è la prima volta che un intero supermercato basato su tecnologia RFID viene integrato e reso operativo. Identificazione, informazione, intelligenza e individualità intesa come personalizzazione nei rapporti con il consumatore sono i key items di questa iniziativa internazionale che ha coinvolto i big player tecnologici di tutto il mondo. E poi c’è lo sconfinato campo della business intelligence: dai sistemi di retail intelligence come il tracking integrato che sono in grado di monitorare i comportamenti dei consumatori nel negozio, alle mappe intelligenti e iperdettagliate del geomarketing avanzato che integra dati quantitativi e qualitativi del cliente con le caratteristiche geografiche, fino ad arrivare alla sicurity intelligence di ultima generazione che blinda il retail e lo protegge da possibili intromissioni e abusi. automaticamente una lista della spesa che può essere stampata o inviata automaticamente via Internet al super mercato. P. 9 VISION: 02 identification commerce Stabilire l’identikit del consumatore è diventato il fattore cruciale della retail business strategy. Soprattutto per individuare i segmenti maggiormente profittabili. I nuovi sistemi di identificazione possono fare miracoli per elaborare i dati personali del cliente. Ma attenzione alla privacy. Il consumatore spiato e sezionato in ogni sua mossa potrebbe non gradire. “IL CONSUMATORE DEL FUTURO È UN SORVEGLIATO SPECIALE” “Io so dove sai, e cosa stai comprando”. Benvenuti nell’era dell’identification shopping. Scoprire, accertare, scrutare, controllare, misurare, tracciare. In una parola conoscere. Il retail, e soprattutto gli operatori multicanale, hanno fame di informazioni, possibilmente dettagliate per costruire un identikit preciso e profittevole del consumatore ibrido e sfuggente e per offrire servizi estremamente personalizzati. Smart tag, Rfid, smart shelves, tecnologia biometrica, applicazioni Crm e altre innovazioni permettono di identificare il comportamento del cliente nei minimi dettagli. Gli esempi sono infiniti come infinite sono le strade per la profilazione e personalizzazione estrema: Procter & Gamble, Unilever, Ferrero o Sony, molte aziende costruiscono prototipi di punti vendita anche solo per indagare e raccogliere, senza filtri aziendali, i desideri ed i comportamenti reali della gente; Movie Gallery, catena americana di videostore, utilizza una applicazione Internet-based che identifica l’influenza specifica del tempo atmosferico sui consumi dei prodotti: grazie a questi dati il retailer può prevedere come il tempo possa influenzare il traffico nei punti vendita e costruire un assortimento di titoli ad hoc; al Four Seasons Hotel di Berlino tutti i dati vengono registrati per creare una guest history: dalla preferenza per i cuscini antiallergici fino ai colori che non vanno a genio; nei Manhattan East Suite Hotels un sofisticato data base permette di personalizzare ogni dettaglio degli habitué: stanza, collazione, trasporti, servizi, svaghi serali; al centro fitness inglese First invece ogni cliente ha a disposizione un trainer personale già “allenato” da un sistema informativo su esigenze, preferenze e obiettivi; in alcuni casi poi il controllo va addirittura oltre: il ristorante Aureole a Las Vegas ha 16 telecamere piazzate nella sala che registrano i gusti e le abitudini dei clienti (la pasta con o senza parmigiano, il caffè con zucchero o dolcificante, ecc); interessante P. 1 0 anche l’esperienza dell’americana IMX Cosmetics che ha utilizzato l’identificazione in radiofrequenza come strumento di fidelizzazione e trasformazione dell’esperienza d’acquisto: grazie a un transponder inserito in un portachiavi consegnato al primo acquisto, il cliente può creare il proprio rossetto personalizzato fra un’infinità di differenti colori, fragranze e aromi, farselo realizzare su misura e registrare la ricetta sul microchip: se ritorna nel negozio può passare il portachiavi vicino a un apposito lettore e vedere quale rossetto ha creato l’ultima volta, eventualmente aggiungendo una nuova ricetta alla lista.Un futuro tutto roseo, dunque? Non proprio. C’è anche un risvolto della medaglia. Il consumatore comincia ad avere la sindrome di Echelon e a pensare: “la tecnologia invisibile rende l’uomo fin troppo visibile”. Paure, certo, ma confermate fra l’altro da una indagine svolta dal rinomato Auto ID Center per conto dei suoi partner ( circa 90 aziende globali e prestigiosi istituti di ricerca come il MIT): il base al rapporto il 78% degli intervistati si è dichiarato sfavorevole all’introduzione delle cosiddette etichette intelligenti per motivazioni legate alla privacy. Infatti è soprattutto l’identificazione in radiofrequenza(Rfid) che ha sollevato recentemente negli Stati Uniti un vero putiferio: Wal-Mart, Tesco, Gillette, Benetton e molti altri, sono finiti nel mirino di Caspian - (Consumer Against Supermarket Privacy Invasion And Numbering), un’associazione di cittadini che sostiene l’invasività del sistema nella sfera della privacy - che ha minacciato boicottaggi (come www.boycottgilette.com), azioni legali e interventi “chiarificatori” sulle principali emittenti televisive. Risultato? Tutti hanno fatto dietro front e dichiarato di sospendere, almeno per ora, i test con l’Rfid, almeno fin quando le acque non si calmano. E’ probabile quindi che per placare gli animi dei movimenti pro- privacy il retail utilizzerà l’Rfid soprattutto nella supply chain, lasciando perdere per un po’ l’interazione diretta con il cliente. Il trend cautelativo per il retail: far proprie le regole del permission marketing: chiedere il consenso e instaurare un rapporto di fiducia alla lunga paga più dello spy marketing. P. 1 1 VISION 03 immaterial commerce E’ l’era della merce intangibile. I prodotti si smaterializzano, si trasformano in servizi, informazioni, soluzioni e conoscenze. Il bene fisico quasi un optional per il consumatore futuro. E intanto sul blocco di partenza è pronta a scattare la vera rivoluzione del prossimo decennio: il suo nome è GATS, General Agreement on Trade in Services. “ SERVE ALTRO IN FUTURO?” “SÌ, SERVONO PIÙ SERVIZI” Entertainment, infotainment, edutainment, sociotainment, eatertainment, vinotainment taxitainment, e poi ancora life coaching e life assistance.Tutti termini che annunciano una svolta epocale: l ’immaterial commerce segna infatti il definitivo declino e tramonto del commercio delle merci fisiche così come lo abbiamo conosciuto e vissuto per secoli e secoli. Il bene fisico e le sue prestazioni sono date per scontate, ovvie, quasi accessorie rispetto alla prevalente esigenza di servizi e assistenza.Un esempio per tutti: chi soffre d’insonnia non ha solo bisogno di un buon materasso ma anche di buoni consigli e training personalizzato. E poi c’è un altro aspetto da tenere presente per il futuro.L’accelerazione e i molti o forse troppi impegni fanno sì che nella sfera delle vita privata sempre più aspetti vengono trattati con “logiche aziendali”: educazione dei figli, gestione della casa e degli anziani, salute personale, cura delle piante, matrimonio, ecc. tutto viene dato in outsourcing. Il nuovo diktat: prendersi cura del cliente affiancandolo nella vita quotidiana. Siti come www.watchmegrow. com o www.kinderview.com permettono alle madri che lavorano di osservare i figli mentre giocano o studiano; in Germania www. personal-trainer-network.de offre assistenza personalizzata su qualunque tema (alimentazione, carriera, affetti, gestione casa, turismo, pratiche ecc), lo stesso fanno a Tokyo i circa mille Benriya tuttofare disposti addirittura di litigare con i vicini al posto del cliente; i fioristi 1800flowers gestiscono tutte le ricorrenze da ricordare dei propri clienti; nel ristorante Heartstone a Londra si mangia in base alle indicazioni personalizzate del food trainer del locale e sempre a Londra società come Lifecoaching company e Coach Federation affiancano il manager impegnato su temi quali alimentazione, svaghi e fitness, mentre Hire Intelligence ritira e consegna i vestiti da lavare in qualunque luogo e a qualunque ora; wedding coacher come Destination- P. 1 2 Weddings-in Italy o Confetti. co che gestiscono in blocco tutta l’organizzazione del matrimonio, dalle formalità fino alla scelta del luogo e la creazione dell’evento; formule pay per use con servizi tutto compreso come Interior Rent che noleggia l’arredamento completo della casa occupandosi anche di trasporto, montaggio e futuri traslochi; negli Stati Uniti anche le piante d’arredamento vengono proposte con la formula noleggio più manutenzione; la vendita del vino diventa vinotainment con sessioni di assaggio professionale nelle enoteche alla moda con tanto di set come Le Nez du Vin per diventare sommelier dilettanti e viaggi organizzati nelle terre del vino;anche, anche i big player sono continuamente alla ricerca di nuovi servizi, o meglio valori immateriali, per fidelizzare la clientela: è il caso di Autogrill che sta testando i Fido Park, aree attrezzate per la sosta dei cani con tanto di “parco agility”; mentre all’estero esplode il fenomeno del retailtainment, un ibrido che unisce shopping mall e entertainment center (come il Pier a Chiacago, il Xanadu a Madrid o il Nova Eventis tedesco che verrà innaugurato nel 2006); addirittura il tema delicato della gestione della morte viene “rivitalizzato” con nuove logiche di servizio: da www.myplan4ever.de si può programmare una sepoltura alternativa nei Wald Friedhöfer (boschi della pace), lo stesso succede in Svizzera e Gran Bretagna mentre in Usa si va anche oltre lanciando il do-it-yuorself-deathstyle: Mylastwish o Celestis offrono un’infinità di servizi personalizzati per la futura dipartita. E anche la grande distribuzione si dà da fare in materia: per Metro il supermercato del futuro è quasi privo di merci. I prodotti si smaterializzano, spariscono dagli scaffali per lasciare spazio a isole informative e promozionali. Niente più corsie stracolme di prodotti, ma articoli esposti singolarmente, quasi simbolicamente, per ogni referenza. Per acquistare con un semplice gesto: premere i pulsanti e aspettare che il personale dell’area backstore porti all’uscita o fino all’automobile la spesa ordinata. Ma il vero terremoto dell’immaterial commerce deve ancora arrivare: stiamo parlando della liberalizzazione e privatizzazione a livello planetario di ben 160 settori di servizio, compresi quelli di pubblica utilità. Il GATS, accordo generale sul commercio dei servizi, è la nuova sfida P. 1 3 VISION: 04 instant commerce Il consumatore sfuggente va soddisfatto all’istante. Il bisogno sul nascere. E’ l’era della società simultanea, del fare più cose contemporaneamente, del tutto in un’istante. Da il tempo è denaro a il tempo stringe. Il retail attento lo sa e si rende disponibile sempre e ovunque con proposte just in time. “BRUCIARE I TEMPI È LA SCOMMESSA DEL FUTURO” “Ho giusto un attimo di tempo, dammi subito quello che mi serve”, sembra quasi dire il consumatore e mentre lo dice è già di nuovo in movimento verso nuove mete, nuovi impegni. Bere il caffè mentre si è per strada, seguire il telegiornale durante una sessione di fitness in palestra, telefonare mentre si guida, tutto contemporaneamente. In una parola: simultaneità. Non il denaro ma il tempo è il nuovo lusso. Il consumatore del futuro reclama comfort, una totale e immediata disponibilità e soluzioni istantanee per i suoi bisogni quotidiani. Instant food, instant diet, instant body building, instant shop. E’ tutto un proliferare di proposte e soluzioni per “cogliere l’attimo fuggente” (lastminutetour insegna). Instant fashion: in uno dei settori di maggiore crisi, l’abbigliamento, la catena spagnola Zara e la svedese H&M dimostrano come si possono fare ottimi affare cavalcando il speed up trend: collezioni e assortimenti cambiano quasi istantaneamente, in soli 14 giorni. Bruciare i tempi: da www.net-a-porter.com si acquistano le nuove collezioni prima che sbarchino nei negozi. Instant fitness: Quick Bliss è il nome della catena wellness on the run che propone trattamenti di bellezza ultrarapidi. La nuova frontiera del wellness è proprio quella di offrire sessioni di power e benessere che il consumatore può utilizzare nei ritagli di tempo. Secondo Martin Hayword a capo della catena Henley Centers il 40% degli adulti è disposto a spendere più soldi per risparmiare tempo. Instant shopping: in Francia a Leers nel supermercato drive-in del gruppo Auchan, il cliente non deve neppure scendere dalla macchina: comodamente adagiato sul sedile, sceglie fra 150 referenze e attende che gli addetti caricano tutto in macchina. Tutto in meno di 5 minuti. Tutto in un istante. Instant check up: AnericanScan si autoproclama il MacDonald’s della medicina ed esegue un check up in mezz’ora scarsa, anche nei negozi convenzionati, mentre in Usa e P. 1 4 Canada prelievo del sangue e piccole operazioni si possono già fare al volo direttamente nei shopping center. Rivisitazione fast food: anche i punti di ristoro “raffinati” si posizionano non solo sulla qualità ma anche sulla velocità, le catene di sandwich Così e Pret-A-Manger oppure i ristoranti Au bon pain e Schlotzsky’s si autodefiniscono quick casual food, mentre la zuppa più famosa del mondo, la Campbell’s glorificata da Warhol, punta con Select, una instant soup che si mangia come uno snack, a farsi strada nel ricco segmento Street Food, lo stesso tenta in Italia il Consorzio Vog che recentemente ha lanciato Marlene Break, la frutta snack da vending machine. Insant money: chi consuma al volo ha bisogno di soldi al volo. “Fai presto, il prestito personale veloce e sicuro” è l’offerta di credito istantaneo di www.linea.it (Banche Popolari), la Norisbank in Germania va anche oltre e con EasyCredit bastano 30 secondi per chiedere i soldi. Instant always open: l’altra strada è abbinare velocità con apertura 365 giorni all’anno 24 ore su 24. Gli esempi sono infiniti. Lavaggio a secco ultrarapido in sole due ore e servizio self service 24 ore su 24 è la proposta della catena Zwo 24 mentre i minimarket completamente automatici e senza personale, come Shop 24, si stanno diffondendo a macchia d’olio in mezza Europa. In Giappone i negozi di prossimità Kombini permettono di ritirare e pagare la spesa ordinata online o via sms a qualunque ora del giorno, lo stesso succede in Germania da Tower 24, pick-up –station per la merce ordinata via internet. 24 Hour Fitness è una catena di palestre aperte sia di giorno che di notte a orario continuato e nella biblioteca dell’università di Costanza in Germania gli orari di apertura sono stati aboliti e ora gli studenti possono consultare i liberi a qualunque ora del giorno. Instant sex, ovvero ruoli invertiti: negozi aperti di notte e prostitute aperte di giorno, le lucciole non hanno più bisogno di luce soffusa ma invadano le strade in pieno giorno per soddisfare il bisogno all’istante. Segno dei tempi. Altri segnali. Il convenience è il now business per il now consuming. Il format che meglio interpreta l’esigenza di comfort e velocità è il convenience store. Tutti si buttano sulla formula shop and go e la cosa non stupisce: dal 1985 al 2002 i fatturati dei cosiddetti convenience stores sono cresciuti del 400% e si prevede un boom senza fine. In prima fila le stazioni di servizio: Aral, BP o Shell, tutti sono lanciati per trasformare i distributori di benzina in minimarket per gli acquisti volanti. Shell gioca in partnership con Sainsbury’s mentre Albert Heijn con Esso vuole aprire entro il 2005 ben 300 convenience stores AH to go dei shop & go che propongono un vasto assortimento di prodotti chiamati Nice for Now (come dire ottimi per l’istante). Che il distributore di benzina funzioni come location lo dimostra anche il successo dei supermercati Quicktrip (ogni anno 25 nuove aperture), tutti posizionati nelle vicinanze di una stazione di servizio. P. 1 5 VISION 05 implosion commerce Da economia a iconomia. Il consumismo implode e implora nuovi consumi. Il consumatore sotto pressione per indebitamento cronico e disorientato dal bombardamento di proposte si chiude a riccio e si defila. La via d’uscita? Ridurre e semplificare. Perché in futuro per vendere di più bisogna offrire di meno. “SEMPLIFICATE IL FUTURO LESS IS MORE … BUSINESS” L’eccessiva offerta si contrappone all’eccessivo calo del potere d’acquisto dei consumatori. Si compra, dunque si vende, sempre meno. In compenso ci sono troppe cose che uno potrebbe o dovrebbe consumare. Due canali televisivi sono pochi, 100 sono troppi. 30 referenze in un supermercato sono poche, 9000 sono troppe. 3 opzioni su un telefonino sono poche, 100 sono troppe. 1000 pagine web sono poche, 400 milioni sono troppe. Il fatto è noto: troppa scelta non fa scegliere, cosa che i filosofi ci ricordano da almeno 2000 anni. Ora anche il retail ha capito che l’iperofferta dilagante ha mandato in tilt il consumatore che in mezza Europa ormai reclama a gran voce: “simplify my life”. A maggior ragione nell’epoca dell’insicurezza, anche esistenziale: per i cittadini occidentali il mondo diventa sempre più incomprensibile, ostile e pericoloso (vedi il security boom, e non solo in Usa), aumenta la richiesta di cose semplici e facili da comprendere. Concetti alla portata di tutti e poca scelta al posto di sconfinati e complicati assortimenti. L’implosion economy non è infatti tanto figlia della stagnazione e recessione, che indubbiamente c’è, ma della nuova cultura della saturazione, del meno è meglio. Come fa notare il New York Times “più che fare shopping ormai il consumatore fa looking: gira, guarda le vetrine ma non spende”. Uscire dall’impasse con la semplificazione su tutti i fronti? Forse sì. I segnali non mancano: multinazionali come Procter & Gamble, Unilever, Nestlé hanno da tempo ridotto il portafoglio prodotti di oltre la metà secondo il principio della General Motors: tutto quello che non è al posto numero uno o due nei rispettivi segmenti di mercato viene ceduto o eliminato; il discount leader Aldi deve il proprio successo non solo alla formula del costa meno ma anche al “reduce to the max”: se un supermercato medio ha circa 7.000 referenze Aldi, ieri come oggi mette sugli scaffali non più di 600 articoli; la stessa P. 1 6 ricetta del successo della compagnia aerea Ryan Air è molto semplice: ridurre tutto quello che si può ridurre; less is more è il principio dei negozi Colette, Miss Sisty, Kookai e Zara e anche Prada ,nel nuovissimo Epicentro di Tokyo, ha puntato sul minimalismo sostanziale e riempito il punto vendita di parecchio vuoto per non affogare nei prodotti; stesso discorso per Upim che nel nuovo store ha drasticamente ridotto il numero delle refferenze; ancora più estremo Bodas, il marchio di lingerie che attualmente fa impazzire le londinesi: nei negozi solo una decina di modelli e design iper essenziale; solo acqua minerale invece da Aquastore che abbina “poca scelta con tanta scelta”; pochissima scelta anche nei nuovi pv del provider telefonico 3: ogni vetrina espone con un rigore estetico da museo solo 3 videotelefoni con il risultato che anche a 50 metri di distanza la proposta è chiaramente visibile; easy high tech o meglio “telefonare è semplice” è invece il motto dei telefonini Xelibri della Siemens che hanno solo le due funzioni basilari (telefonare e inviare sms). A furia di semplificare, ridurre e dare tutto in outsourcing l’impresa diventa quasi virtuale: fare affari con pocchisime risorse è il segreto di Strida, un’azienda gestita da due persone che fattura più di un milione di euro con un solo prodotto, una curiosa city bike pieghevole per i urban proffesional. Altri segnali: un supermercato inglese ha fatto il seguente illuminate test: prima ha introdotto 26 nuovi tipi di marmellate, risultato: il 60% dei clienti ha notato i prodotti ma solo il 3% li ha acquistati, poi ha ripetuto l’esperimento mettendo sui scaffali solo 6 barattoli, risultato: è scesa la percentuale di visibilità dell’offerta (40%) ma in compenso un terzo ha messo la marmellata nel carrello della spesa, mentre la catena giapponese Ran King Ran Queen ha installato nei punti vendita dei megaschermi dove appare in tempo reale la classifica dei 5 prodotti più venduti. Anche questo semplifica l’acquisto. P. 1 7 VISION: 06 independent commerce Da economia a iconomia. Il consumismo implode e implora nuovi consumi. Il consumatore sotto pressione per indebitamento cronico e disorientato dal bombardamento di proposte si chiude a riccio e si defila. La via d’uscita? Ridurre e semplificare. Perché in futuro per vendere di più bisogna offrire di meno. “FARE A MENO DEL RETAIL È L’INCUBO DEL FUTURO” Consumatori. “Sono sei o sette i passaggi di mano dalla campagna al consumatore: bisogna accorciarli” ha recentemente dichiarato alla stampa Massimo Pacetti, presidente della Confederazione Italiana Agricoltori. Molti consumatori hanno già da tempo deciso di accorciare la filiera secondo il motto “da punto di vendita a punto su me stesso”. Famiglie che si fanno il pane in casa e trasformano i balconi in orti (nel solo Lazio vengono prodotti all’anno circa un milione e mezzo di piantine di lattuga destinate per il 40% alle coltivazioni in vaso), padri che costruiscono i giocatoli per i propri figli, persone che si aggregano in gruppi d’acquisto solidale (GAS) per acquistare all’ingrosso o direttamente dai produttori o contadini di fiducia, altri ancora che si fanno consegnare a casa prodotti stagionali e autoctoni di agricoltura locale e famigliare (per esempio l’abbonamento spesa di www. cornale.it, una piccola cooperativa agricola di aziende piemontesi); gruppi di consumo critico come i Bilanci di Giustizia che riducono tutte le spese inutili, famiglie che suppor tano gli agricoltori locali (Community Supported Agricolture) con quote annuali di denaro o lavorative in cambio di frutta e verdura, consorzi di artigiani come il Sarhi che producono abiti e vendono con presentazioni itineranti negli studi di amici, la grande galassia del software libero Linux che conta associazioni di utenti e gruppi di scambio in tutto il mondo, aggregazioni tribali che basano molti consumi sul baratto, scambio e prestito (fra i surfisti è buona regola scambiarsi vele, tavole, ecc), il networking sulla rete e i marketplace C2C per lo scambio e la vendita diretta da consumatore a consumatore fra cui le famose e illegali liste di scambio di file musicali, dvd e anteprime film , comunità autogestite a sfondo mistico o religioso, villaggi solidali creati da piccoli nuclei famigliari che si basano sull’autoconsumo, fino ad arrivare agli anticonsumisti integrali e snob, i no shopper che il quotidiano francese Libération ha P. 1 8 ribattezzato No-No che rinunciano quasi integralmente all’acquisto di prodotti marchiati da brand, che non comprano nelle boutique o grandi magazzini ma in piccoled botteghe nascoste in un cortile alle quali si accede suonando il campanello, col passaparola, sono solo alcune delle forze messe in campo per rendersi indipendenti dal retail tradizionale. E intanto circola già una nuova idea: la Banca del Consumo che sulla falsariga della Banca del Tempo (scambio di servizi fra cittadini) mette a disposizione beni privati per il prestito gratuito a tempo, insomma product sharing in sostanza. Atteggiamenti da nicchia, realtà che sfuggono alle statistiche e ricerche ufficiali, certo, ma una tendenza da tenere sott’occhio per le nuove strade che apre, indipendentemente dai numeri, che per ora sono molto piccoli. Retail. Dopo decenni dedicati alla worldwide standardisation il retail si accorge che il franchising del futuro può essere senza catene. In una parola libero, o perlomeno più libero. Due piccoli segnali. La catena di panetterie Great Harvest Bread (circa 130 pv) chiama la sua formula free based franchising: in pratica ogni franchisee può decidere liberamente assortimenti, prezzi e gestione della bottega in base al proprio fiuto e alle esigenze locali. La stessa McDonald’s, che in passato ha costruito il proprio successo sulla totale standardizzazione a livello mondiale, sta da qualche anno puntando sul concept “più diritti e meno doveri per un franchising indipendente e attento al local”. I McDonald’s di Parigi sono quasi irriconoscibili, il logo non del solito giallo accesso ma di una tonalità più discreta. Retroscena: la catena americana ha permesso ai propri affiliati di progettare il punto vendita in modo indipendente. Anche le grandi catene di supermercati, quelle che non accettano ordini per meno di 10 milioni di pezzi, tornano a delegare parte degli acquisti ai direttori dei singoli punti vendita, raccomandando loro di fare “territorio. I prodotti del territorio hanno portato al successo la catena tedesca di supermercati Feneberg: “Von Hier” come dire “di qui della zona” è la linea di prodotti rigorosamente local, ovvero proveniente da non più di 100 chilometri di distanza. Il trend è evidente: dallo scontro fra global e local è nato glocal. Imprese e grande distribuzione hanno capito che conviene integrare valori e P. 1 9 VISION: 07 identity commerce Consumare, si dice, significa acquisire identità. Ma il retailer che vuole lasciare un segno nel cuore del consumatore non deve simulare. La vera identità non è artifizio, non è costruzione, ma esaltazione di ciò che si è veramente. Altrimenti non dura nel tempo e svanisce senza lasciare traccia. “NESSUN FUTURO PER CHI HA CRISI D’IDENTITÀ” Molte storie commerciali di successo passano non solo attraverso prodotti e servizi innovativi, ma anche attraverso la capacità di rappresentare un mondo,un’atmosfera e uno stile che fanno la differenza. Distinguersi in modo netto e chiaro dagli altri non è mai facile. E molte scorciatoie sono assai pericolose “Diventare attivamente ciò che si è per natura”, scriveva Friedrich Nietsche. Una lezione da imparare. L’identità deve essere autenticità, rappresentare un punto di vista vero e coerente. Alla lunga infatti il consumatore percepisce sempre se il mondo che rappresentiamo ci rappresenta veramente. I percorsi d’identità sono tanti ma alcuni meritano un accenno per la loro forza simbolica. Apple: quelli tentati dal frutto proibito informatico non rinunciano più al suo gusto. iMac, iBook: non è solo questione di internet, innovazione, intuizione (come sistema operativo) ma anche di identificazione. Dai tempi del posizionamento “think different” Apple rappresenta in modo autentico e genuino l’universo dei creativi di ogni specie e professione e può contare su una forte fidelizzazione nel tempo. L’idea Ikea. Ikea interpreta alla perfezione il comfort e il soft individualismo alla svedese, come anche Volvo. Nel punto vendita si respirano valori come tolleranza, uguaglianza, semplicità, essenzialità, rispetto. Un alchimia di identity. Non si impara mai abbastanza da questa società svedese, ma il modello non è imitabile, perché autentico, rappresenta la Weltanschauung scandinava. Bisogna averla nel DNA. Come le automobili tedesche (un settore che a dispetto della crisi non conosce crisi). Germania uguale a technology driven cars dal design essenziale e puro, Volkswagen, Audi, BMW o Mercedes tutte a modo loro puntano a una leadership tematica e hanno un’identità impeccabile che incarna lo spirito tedesco. La Fiat in Italia paga anche la sua confusa identità (ormai P. 2 0 persa), mentre Ferrari ieri come oggi rappresenta il mito, anche delle vendite. Prendere posizione. La catena francese di libri e musica Fnac ha invece puntato sull’equity identity, invitando in tutta Europa i clienti a firmare direttamente nei pdv e su Internet una petizione per la riduzione dell’iva sui prodotti musicali da portare al parlamento europeo. Con questa raccolta di firme, che ha avuto una risonanza enorme, Fnac dimostra che un punto di vendita può anche rappresentare un punto di vista consumeristico che prende posizione e lotta per i diritti del consumatore. Anche H&M esprime un chiaro punto di vista quando decide di non vendere nei propri negozi capi d’abbigliamento di ispirazione militare, così come la Coop che durante l’ultima guerra in Irak esponeva in alcuni punti vendita la bandiera della pace all’ingresso. Scelte o meglio punti di vista chiari e coerenti con la mission aziendale. Come quello della Migros (da sempre la catena più popolare, più conveniente e più stimata in Svizzera) che oggi come 50’anni fa continua a rinunciare alla vendita di tabacchi, alcolici e della stragrande maggioranza dei brand che contano. Regional identity. Le alpi bavaresi sono la nostra identità. La catena di supermercati tedesca Feneberg (83 filiali) ha creato in pochi anni un piccolo impero grazie al homebranding, ovvero per una netta presa di posizione a favore dei prodotti regionali e locali. Ancora più difficile crearsi una tribal identity: surfisti, skaters, motociclisti Harley, ecc sono fedelissimi ai brand che li rappresentano ma solo quelli che rispettano i codici e le regole non scritte della tribù. Esempi di Tribal Identity Brands sono Carhartt, Gola, Quicksilver, Lonley Planet, il mitico Bear creato negli anni 60 da un ex surfista californiano ubriacone, brand locali come gli svedesi Acne Jeans introvabili nei negozi e venduti con il passa parola, il Rolex che è un must per i rapper e anche alcuni grandi marchi come Diesel, Noika, Axa che sono riusciti a crearsi un’identità nella variegata galassia delle tribù. Approcci diversi. Kraft Foods ha invece creato per il suo brand Jakobs la figura dell’identity assistant per i consumatori: su sito das-bin-ich. de (questo sono io) il cliente può imparare qualcosa sulla propria identità grazie ai segreti della fisiognomica. P. 2 1 VISION 08 ideal commerce Unire l’utile al lodevole. Vendere e comprare per una giusta causa. Fare affari con rispetto. Il commercio che ha una missione sociale da compiere fa sempre più presa. Soprattutto sul consumatore che ha deciso di spendere secondo il motto “fai la cosa giusta”. Un atteggiamento che sa già di cambiamento. “LA VERA GENEROSITÀ VERSO IL FUTURO CONSISTE NEL DONARE TUTTO AL PRESENTE” Feel good consuming. Neo moralismo e idealismo. Le 8 milioni di lattine vendute in pochi mesi in Francia della Mecca-Cola - una bibita fortemente politicizzata nata sull’onda dell’antimperialsimo americano, il cui 20% dei guadagni viene devoluto in iniziative umanitarie (10% alla Palestina) – fanno forse sorridere o inorridire, ma dimostrano quanto l’idealismo, di qualunque forma o specie, assuma di nuovo importanza, anche nel retail. Il commercio solidale, politicamente ed ecologicamente corretto raccoglie sempre più consumatori. Secondo Sandro Castaldo, vicedirettore dell’area marketing dell’Università Bocconi di Milano, “è in atto un cambiamento epocale, una parte crescente della popolazione è convinta che si può spendere per acquistare solidarietà, equità e maggiore giustizia sociale”. Insomma filantropia: prendersi cura del prossimo e avere a cuore l’umanità. Un valore certo complesso. E ancora una volta l’ispirazione viene dal mondo tedesco, dai suoi pensatori, dall’ideale dell’economia di sostegno e di un commercio più equo e socialmente responsabile. Fra i retailer forse Gottlieb Duttweiler, il visionario idealista fondatore della Migros, fu il primo a cogliere i termini del problema, creando il vero primo modello di commercio sociale su larga scala basato sui principi della support economy. Oggi la Migros non è solo il numero uno del retail svizzero e fra i 500 più grandi del mondo, ma anche un faro del social shopping. Pioniere dell’engagement in tutti i campi, ha recentemente dedicato un intero sito a questo termine: www.engagement.ch illustra tutti gli impegni presi dal colosso della grande distribuzione a favore di dipendenti, ambiente, diritti umani, comunità e società in generale, dimostrando fra l’altro che il plusvalore sociale può anche generare plusvalore economico. Cambiare il mondo, possibilmente in meglio, è anche il chiodo fisso di Ben Cohen, fondatore di Ben & Jerry’s, produttore di gelati e P. 2 2 proprietario di una grande catena di punti vendita in franchising. Ben ama ripetere: “ il business è responsabile per la maggior parte dei problemi della società, e solo il business può e deve risolverli”. Un pensiero duro che però incarna bene lo spirito del tempo: nella società della stato desocializzato economia e commercio devono diventare socialmente utili. Ben & Jerry’s lo fa nel suo piccolo fin dagli esordi e oggi è uno dei retailers americani maggiormente impegnati nel sociale e nella ridistribuzione di denaro (il suo): dalla Ben&Jerry’s Foundation , gestita secondo i principi comunitari dagli stessi dipendenti, che si occupa di donazioni, alla periodiche iniziative a favore della pace e giustizia nel mondo fino al PartnerShop Program, una specie di formula di franchising sociale (niente fee o royalty, servizi e assistenza gratuiti) messa a disposizione alle organizzazioni non profitt per avere una fonte di reddito con cui finanziare le attività. Un altro che promette di costruire un mondo migliore è Lifegate, una piattaforma eco-culturale (portale internet, rivista, iniziative commerciali e di aggregazione per creare modelli di sviluppo e consumo alternativi), messa in piedi da Marco Roveda ex proprietario della Fattorie Scaldasole, che recentemente ha lanciato Impatto Zero, un iniziativa per il negozio che non pesa sull’ambiente. E poi c’è il commercio equo e solidale vero e proprio: il cosiddetto Fair Trade e le botteghe del mondo. Una realtà non profitt che punta su responsabilità delle imprese e ridistribuzione degli utili. Curiosamente ideatori e clienti di questi negozi concordano con l’idea neoliberista che il commercio internazionale fa girare il mondo. Solo che cercano di farlo girare in una maniera diversa. Una maniera che ha dato frutti inaspettati. 50 paesi e 1000 organizzazioni coinvolti, 100 soggetti importatori, 4.000 botteghe specializzate, 80.000 supermercati che hanno inserito prodotti equo nell’assortimento, 1 milione i contadini e artigiani occupati, 200 mila volontari attivi e 400 milioni di fatturato annuo sono numeri che devono far riflettere e spiegano bene perché la grande distribuzione, da Coop con Transfair a Esselunga con Ctm Altromercato, è così interessata ad avere i prodotti del mercato equo e solidale. Come non sorprende che dopo i vari Iso sia nato anche il Sa 8000 che certifica il comportamento sociale delle aziende. Una goccia in un oceano? Forse. Ma come è noto da millenni una farfalla che batte le ali in Amazzonia può scatenare un ciclone a New York. Per il retail un preciso segnale: a volte i grandi cambiamenti partono in sordina per poi esplodere P. 2 3 03. i-tech I.Technologies i.technologies, i-tech, retail innovation i.tag. Etichetta intelligente i.Label. Etichetta elettronica i.Trolley. Carrello intelligente i.Shopwindow. Vetrina interattiva i.Sound. Sonorità individuale i.Terminal. Chiosco informativo i.Check-out. Cassa intelligente i.Self Check-out. Cassa cassa self-service i.Solution. Soluzioni integrate i.Analysis. Misurazione attrattività vetrina i.Terminal. Chiosco informativo i.Advertising. Promozione immediata i.Supermarket. Il Supermercato intelligente Future vision Metro Focus consumatore ibrido: alla ricerca dell’identikit perduto incentive pricing, vendere a tutti i costi Metamorfosi PDV identity shop il futuro del dettaglio dipende dal dettaglio P. 2 4 TECHNOLOGIES P. 2 5 i technologies i-tech retail innovation L’ High tech si tramuta in I –Tech. Non siamo più in presenza di “semplice” alta tecnologia, sofisticata e all’avanguardia in uno dei tanti campi, ma di tecnologia che interpreta un nuovo ruolo: piattaforme internazionali di integrazione, intelligenti e interconnesse. L’esempio del Future Store della Metro ne è un esempio quasi eclatante: il supermercato del futuro del colosso della distribuzione tedesca interpreta pur senza dichiaralo o forse saperlo il futuro I - tech. P. 2 6 i.Tag Etichetta intelligente La rivoluzione del commercio passa per una minuscola tecnologia: un piccolo chip computerizzato con antenna miniaturizzata. La sua sigla, RFID, Radio Frequency Identification. Un’innovazione che cambierà il volto al retail trasformandolo da point of sale a point of control. Grandi attese La grande distribuzione e il commercio in generale si attendono grandi cose dalla cosiddetta etichetta intelligente. Risparmi a livello logistico, controllo totale sul ciclo di vita di ogni prodotto e benefici per il consumatore. Sarà la tecnologia del futuro? Probabilmente sì, perché come tutte le tecnologie che davvero hanno un futuro, esiste già da tempo. RFID produttori di onde In pochi anni, gli statisti prevedono , che miliardi di prodotti verranno spediti con etichette a radiofrequenza di identificazione Numero di beni spediti con etichette a radiofrequenza (miliardi) 50 40 30 20 10 0 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 FONTE: Forrester Research P. 2 7 i.Label Etichetta elettronica Sugli scaffali del futuro i prezzi cambiano e si aggiornano in modo indipendente e automatico. Così il cliente ha sempre la certezza di pagare effettivamente il prezzo esposto. Con le etichette elettroniche per gli scaffali Electronic Shelf Label le variazioni di prezzo non costituiscono più un problema perché trasmesse in tempo reale tramite un sistema in radiofrequenza a scaffali e casse. Presentato da NCR i.Trolley Il carrello intelligente Il carrello del futuro è un assistente personale tuttofare che aiuta il consumatore a orientarsi nel labirinto degli scaffali. Un mini navigatore interattivo dotato di self scanner e touchscreen che gestisce la lista della spesa e trova sempre il percorso più breve per raggiungere la cassa con il carrello pieno . Una guida per conoscere offerte sui prodotti preferiti, conteggio parziale, sconti e promozioni, punti accumulati e un comodo mezzo per evitare code alla cassa grazie alla funzione di pagamento rapido. Presentato da Wincor Nixdorf i.Shopwindow Vetrina interattiva La vetrina del futuro è una piattaforma multimediale che interagisce e dialoga con il consumatore 24 ore su 24, anche quando il negozio è chiuso. Un centro di informazione polivalente che aiuta il pubblico ad orientarsi tra prodotti, offerte e promozioni e a conoscere in tempo reale notizie utili sulla città o la vita di quartiere.. P. 2 8 i.Sound Sonorità individuale Il messaggio audio del futuro viene inviato con precisione millimetrica solo nel punto che si vuole colpire. Una doccia di suoni che genera un campo acustico raccolto e individuale per promozioni e informazioni one to one. Il sistema audio direzionale apre le porte a nuove forme di comunicazione focalizzata sul punto vendita e alla privacy acustica. Presentato da Sony i.Terminal Chiosco informativo Con i chioschi informativi del futuro fare la spesa diventa un’esperienza interattiva e istruttiva. Comparazione prodotti e prezzi, posizione nei vari scaffali, offerte speciali, ricette, diete e tabelle alimentari, consigli pratici per l’utilizzo dei prodotti sono le infinite possibilità degli infoterminal dell’ultima generazione. Veri e propri shop coacher che affiancano il consumatore per una spesa personalizzata e ragionata. Presentato da Wincor Nixdorf i.Check-out Cassa intelligente Il supermercato del futuro è senza code e lunghe attese. I diversi sistemi di cassa intelligente interconnessi con sofisticati dispositivi wireless, comunicano con scaffali, prodotti e carrello della spesa. E con la formula self scanning il cliente paga strada facendo. Così alla cassa tutto diventa più rapido e semplice: basta consegnare il conto e pagare, senza nemmeno svuotare il carrello. Presentato da NCR P. 2 9 i.Self check-out Cassa self-service Nel punto vendita del futuro il cliente si trasforma in cassiere. Con le casse self-service scansione, imbustamento e pagamento diventano semplici gesti che ogni consumatore fa da se in modo rapido e indipendente. E per il conto massima liberta di scelta: contanti, carta di credito o di addebito, assegno e utilizzo dei buoni sconto. Tutto automaticamente. Presentato da NCR i.Solution Soluzioni integrate Le innovazioni dietro le quinte per implementare l’impiego di nuove tecnologie nel retail. Sistemi innovativi per l’information technology del retail. Presentato da IBM Le innovazioni dietro le quinte per implementare l’impiego di nuove tecnologie nel retail. Sistemi innovativi per l’information technology del retail. Presentato da SAP Le innovazioni dietro le quinte per implementare l’impiego di nuove tecnologie nel retail. Sistemi innovativi per l’information technology del retail. Presentato da ORACLE P. 3 0 i.Analysis Misurazione attrattività vetrina. Quante persone passano, guardano, stazionano, entrano o comprano? Nel negozio del futuro diventa facile monitorare il comportamento dei consumatori, interpretare i flussi e integrare i dati per misurare l’efficienza della rete dei punti vendita. Il tracking integrato è un sistema di retail intelligence che introduce il concept di auditel per il trade. Presentato da Sony i.Self scanning Scanning individuale Nel negozio del futuro il cliente ha sempre la spesa sotto controllo in modo semplice e immediato. Gli scanner portatili sono leggeri e facili da usare. Tengono costantemente aggiornato il totale degli acquisti , comunicano promozioni, e una volta terminata la spesa basta consegnare il terminale alla cassiera o riporlo in un apposito dispenser. Per un’esperienza di shopping veloce e ricca di informazioni. Presentato da SYMBOL i.Advertising Promozione immediata I cartelloni pubblicitari del futuro comunicano in modo mirato e immediato. Flessibili e comandati a distanza attraverso una rete WLAN i display pubblicitari elettronici interagiscono con il cliente e mandano in onda presentazioni di prodotto e messaggi promozionali in pochi secondi su un area e/o prodotto specifico del punto vendita.. Presentato da Wincor Nixdorf P. 3 1 FOCUS P. 3 2 consumatore ibrido: alla ricerca dell’identikit perduto Inclassificabile Indecifrabile Infedele Insicuro Indebitato Ingolfato Invecchiato Incredulo Incoerente Incosciente Inafferrabile Inascoltato Da società dei consumi a società consumata Game over. Siamo tutti overinformed, overstressed, overstuffed, overspent, ovresize. Il consumatore messo all’ingrasso per più di 50’anni scoppia, ma non di salute. L’obesità dilagante, nuova piaga sociale dell’Occidente, è la metafora crudele della civiltà della saturazione. Tutto è saturo. Non c’è più spazio nel corpo fisico, negli armadi, nelle cantine, nelle discariche, sul pianeta per accumulare ancora cose. Non c’è nemmeno più spazio mentale per accogliere il quotidiano bombardamento di messaggi, stimoli e proposte. Ma soprattutto non c’è più spazio temporale per usare e godersi tutti quei beni e servizi. E intanto dopo il formaggio light arriva lo stipendio light che comprime il potere d’acquisto della ex classe media. Ma non tiriamo in ballo stagnazione e recessione. La saturazione è un fenomeno insensibile alle vicende economiche e destinato a perdurare. Un dato su cui riflettere: coloro che dichiarano di non avere più bisogno di niente secondo una recente ricerca Astra/Demoskopea condotta su un campione di persone dai 14 ai 79 anni erano nel 1990 l’8% degli intervistati, mentre nel 2002 erano già il 32%. La conseguenza: in futuro il consumatore sarà iperseletivo sulla scelte di consumo e tenderà a concentrare le proprie residue forze su pochi fronti a lui cari ignorando in blocco il resto delle proposte e tentazioni. Incostante Indifferente Indipendente Indisposto Inebriato Informato Insoddisfatto Insofferente Instabile Infantile Individualista e inadatto alle segmentazioni Da segmentazione a frammentazione. Il target è morto. Le classiche segmentazioni socio-culturali ed economiche obsolete e inutili. I modelli di consumo più simili a inediti patchwork. Il consumatore P. 3 3 Da segmentazione a frammentazione. Il target è morto. Le classiche segmentazioni socio-culturali ed economiche obsolete e inutili. I modelli di consumo più simili a inediti patchwork. Il consumatore un incrocio che nega ogni stato interpretativo univoco. Trovare dei punti in comune in questo universo frantumato diventa sempre più difficile. Più la omoglobalizzazione preme su di noi e più rispondiamo con modalità estreme: non solo individualismo spinto ma anche tribalizzazione spinta. I movimenti, le associazioni, le ong sono un esempio come pure le comunità tematiche: motociclisti Harley, surfisti cercatori, ecologisti guerrieri, steineriani nostalgici, ecc. Nicchie che richiedono iperspecializzazione e autenticità per fare breccia nel cuore dei micromondi. Nicchie che richiedono un nuovo approccio: osservare anziché intervistare, frequentare anziché interpretare. In una parola: intuire. Da differenziazione e coetaneizzazione Ageless consuming. Una generazione di consumatori senza generazioni. Tutti amano essere diversi ma in realtà la diversità è inattuale. Una delle ultime illusioni del mondo moderno. Non riusciamo neppure a differenziarci per mantenere le peculiarità delle 4 classiche fasi o stagioni della vita (notare il suggestivo sincronismo con la natura: le stagioni non sono più quelle di una volta). Bambino, adolescente,adulto, anziano. Le differenze si dissolvono. Scene quotidiane: la bambina di 7 anni è vestita come la sorella di 20 che a sua volta è vestita come la madre di 40, e tutte masticano una cicca e sognano una terza di reggiseno. I genitori non si comportano più da genitori ma da amici. In una parola da coetanei. Qualcosa ci accomuna , ci aggrega in un grande ageless target trasversale e transepocale: essere coetanei, essere eterni adolescenti. Lo status a cui tutti ambiscono, inconsciamente, società dei consumi compresa. Nell’adolescente la personalità è volatile, perché solo incipiente. Un adolescente propriamente non possiede un io e non lo vuole, ancora. In compenso questo “mezzo uomo” è un potenziale consumatore vorace e facilmente stimolabile. Per il retail uno scenario su cui riflettere. P. 3 4 Incentive pricing. Vendere a tutti i costi. Il prezzo fisso appartiene al passato. La variabile prezzo varia continuamente, oscilla e sposa le logiche della Borsa Valori. Giocare al rialzo, giocare al ribasso. Quotazioni just in time. Polverizzazione dei prezzi. Creative & eclectic pricing. In futuro la battaglia del prezzo, ormai compromesso, non risparmierà più nessuno invadendo tutti i campi e settori. Prossima tappa: credito al consumo anche per acquisti di poco conto. Polarizzazione dei mercati La terra di mezzo, così cara a Tolkien, è praticamente disabitata. La vecchia classe media emigra verso due destinazioni: nuovi ricchi o nuovi poveri. Un cambiamento epocale, che non si può più far finta di non vedere. Nel 1980 la fascia media del mercato rappresentava il 49% dei consumi. Nel 2010, secondo le stime del Zukunftsinstitut, solo il 10-20%. Scenario: la spartizione del mercato futuro è un affare fra premium e discount. Overspending/underspending E’ l’era dell’Extreme Consumption. Due poli opposti si contenderanno il consumatore. Il quale si concentrerà in base alle proprie possibilità economiche per quali prodotti-servizi spendere “troppo o troppo poco”. Per un caffè si può spendere “troppo” da Starbucks o “troppo poco” da MacDonald’s. I Sony Store sono dedicati ai topspender: niente sconti, ma solo il meglio, le ultime novità in anteprima e servizi impeccabili. Per l’underspending Sony accomodarsi da Saturn o simili. Ma c’è anche chi fa l’eclectic pricing unendo i due poli: articoli di lusso assieme a prodotti a prezzi stracciati, fusione fra discount e premium. Nei negozi Anthropologie si trova merce da 50 cents fino a 10 mila dollari. I profeti del costa meno L’Italia non è ancora discountizzata e resiste. Ma per quanto? I prezzi che segano le gambe alla concorrenza sono, almeno per ora, P. 3 5 una specialità della ricca Germania. Secondo le stime KPMG-Nielsen, nel 2005 il 40% del mercato sarà in mano al settore discount. Da Aldi, re dei discount alimentari, i consumatori fanno la fila per avere il Tevion Computer a 500 euro. Plus del gruppo Tengelmann lancia il matrimonio a prezzi stracciati o più esattamente un pacchetto smart wedding da mettere direttamente nel carrello della spesa. Anche il commercio al dettaglio sperimenta nuove formule per abbattere i costi. Le panetterie Backwerk sono impostate sul self service: il cliente sceglie, pesa il prodotto e va alla cassa a pagare. Effetto: prezzo ridotto del 30% e consumatore che paga solo per quello che ha bisogno. Simile a un virus “il costa meno” contagia sempre più paesi e settori. “Vi farò volare quasi gratis” tuona O’Leary, presidente di Ryanair, la McDonald’s dei cieli. In Gran Bretagna a Manchester il Virgin Automall, il nuovo auto discount multimarca del gruppo Virgin, promette sconti del 30% e intanto c’è chi ha già lanciato la formula discount per i funerali. Al prossimo round i profeti del costa meno abbineranno lusso e design alla spartana logistica e messa in scena per conquistare i mercati degli articoli di fascia alta come sta già facendo in parte Costco, un discount club con 300 punti vendita e 25 milioni di soci che abbina carta igienica da pochi cents con diamanti da 100 mila dollari, champagne da 190 dollari con burro d’arachide in offerta speciale. Il prezzo non è uguale per tutti Il prezzo del futuro non sta mai fermo. Si muove, cambia a seconda delle situazioni, stagioni. promozioni Uno stesso prodotto o servizio può avere un’infinità di prezzi diversi. E’ il caso delle compagnie aree capostipiti del flexible pricing e delle quotazioni last minute: per ogni volo esistono almeno 20 prezzi diversi, o quelle telefoniche che ritoccano le tariffe in continuazione. Stessa strategie per molti autonoleggi: da Navicar chi prima prenota meno paga. A Londra da Easycinema invece i prezzi cambiano in base ai biglietti venduti e agli orari. Il cliente sceglie il prezzo è un’altra formula stimolante: da www.musikalienhandel.de gli strumenti musicali vengono proposti con tre differenti fasce di prezzo in base al livello di servizi e assistenza compresi. Prossima tappa il social pricing: prezzi differenziati a seconda delle fasce di reddito. eBay Generation In Europa il 16% degli utenti internet partecipa ad aste online. Negli Stati Uniti il fatturato si aggira sui 13 miliardi di dollari e secondo le stime di Forrester Research nel 2007 saranno 54 miliardi. In pratica il 25% dell’intero fatturato generato da Internet. Nel futuro anche retailer e P. 3 6 produttori cercheranno con varie modalità di soddisfare la crescente mania per la contrattazione. Consumatori dettano il prezzo In futuro è il consumatore che fissa il prezzo e non il retail. Su internet già una realtà. Siti come www.priceline.com o www.i.offer.com sono trading communities che non solo comparano prezzi e trovano qualunque articolo al costo minore ma che danno al consumatore anche la possibilità di scegliere i prodotti, fare un’offerta e contrattare direttamente con il retailer o produttore collegato. Radical cheap Da spendo e spando a la resa della spesa. La taccagneria come status symbol eleva l’avarizia, uno dei sette vizi capitali, a virtù del consumatore postconsumista. “Voglio il massimo al minimo poiché so bene che c’è troppo di tutto sul mercato”, dice lo smart shopper, una categoria trasversale che secondo le stime di KPMG rappresenterà nel 2010 il 50% dell’universo dei consumatori. Spende ma solo dopo aver trovato il prezzo più basso e soprattutto cambia insegna a secondo della convenienza e per singoli prodotti. L’incubo del retail. Abbasso i prezzi “Viva la spesa, abbasso i prezzi” è il nuovo motto dei consumatori. Il retail si adegua, anche in Italia, e va giù di forbice: zucchine in saldo, latte in saldo, nessun articolo viene più “risparmiato” dalla gara del ribasso, fino a vere operazioni (sempre più diffuse) di vendite sottocosto. Sconti da 100 euro in tutti i negozi per chi acquista elettrodomestici a basso consumo, una iniziativa di Regione Lombardia e Unioncamere e poi il boom del credito al consumo su tutti i fronti che incentiva le vendita ma indebita anche il consumatore. Pagare per l’uso e non per il possesso Uscire dalla crisi con il noleggio su tutti i fronti? Dare un prezzo non più a un bene ma al suo uso? Forse sì. L’anno scorso la Merloni fece notizia con la lavatrice Dialogic proposta con la formula pay per use (più si lava più si paga più un cannone fisso). Intanto l’Olanda si era già inventato il bollo automobilistico il cui costo è riferito al consumo. E a proposito di automobili ormai è un proliferare di pay per use. Da Vokswagen Solutions a Mercedes Light Drive e Light Price di Chrysler, il noleggio privato è ormai una relatà. Un concept che si può estendere a un’infinità di settori: elettronica di consumo, casalinghi ed elettrodomestici, orologi e telefonini. Uno scenario non da poco che porta a una nuova categoria esistenziale: uso dunque sono. P. 3 7 Controtrend: prezzo fisso Troppa flessibilità alla lunga genera troppo stress. Il consumatore stufo di passare le giornate a comparare e calcolare le tariffe più convenienti (vedi telefonia) si fissa di nuovo sul prezzo fisso. Stabilità in una parola. In molti settori la strategia “prezzo fisso tutto l’anno” può essere una contromossa vincente. La catena di alberghi Good Night Inn ha ha basato il suo successo sull’offerta “one night, one price, one year”. P. 3 8 METAMORFOSI PDV P. 3 9 metamorfosi PDV identity shop Da Punto di Vendita a Punto di Visita a Punto di Vista luogo di merci servizi luogo di incontro intrattenimento esperienze stimoli luogo di principi opinioni passioni posizioni soluzioni azioni shop value shop value shop value materialismo far comprare orientamento al consumo immaterialismo far sostare orientamento all’esperienza idealismo far aderire orientamento all’autenticità task Il negozio del futuro si distingue non tanto e non solo per le merci, i servizi o la messa in scena ma per i comportamenti. Nel negozio del futuro non c’è solo un commerciante ma un essere umano che propone punti di vista in cui identificarsi e aderire. P. 4 0 metamorfosi PDV Il futuro del dettaglio dipende dai dettagli. Innovation Nell’era della saturazione e continua trasformazione il punto vendita al dettaglio è chiamato a grandi cambiamenti (vedi innovazione). Valga il monito di Charles Darwin: “Non è la specie più forte che sopravive, nemmeno quella più intelligente, ma quella che cambia” > Nel negozio del futuro sono i piccoli dettagli a fare la differenza. > Nel negozio del futuro la merce si può comprare, affittare, scambiare regalare e addirittura vincere. > Nel negozio del futuro i servizi servono per semplificare la vita di tutti i giorni. > Nel negozio del futuro nuovo e usato, caro e a buon mercato, vendita tradizionale e aste convivono in perfetta armonia. > Nel negozio del futuro la commessa si tramuta in personal trainer e life assistant > Nel negozio del futuro i clienti non si contendono ma si condividono con altri punti vendita. Tecnicamente customer outsourcing & sharing. Da prossimità a promiscuità Per essere più vicini al cliente il negozio di prossimità deve trasformarsi in negozio di promiscuità. Mescolare in modo sapiente prodotti e servizi e soddisfare eterogenee esigenze contemporaneamente è la nuova sfida del piccolo dettagliante. P. 4 1 MANIFESTO DEL COMMERCIO DI NEMO R E EIL TW os T r U BD LIE e TT dator GO n ig di M fo “Nel mondo moderno il successo sarà di coloro che sapranno costruire un ideale attorno alle loro imprese”. Economia Equonomia Competition Co-opetition Privatizzazione Condivisione Consumismo Consumerismo Speculazione Socializzazione Distribuzione Redistribuzione Management Engagement Marketing Societing Liberalizzazione Liberazione R INE TE osofia S F p OL tro nità SÙ GE ristia D an RU tore ore dat fon da fon “Ogni idea che non diventa per te un ideale, uccide una forza della tua anima, ogni idea invece che diventa ideale, crea in te forze vitali” c “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” “Non è più tempo di badare ai propri interessi ma di interessarsi al destino altrui” P. 4 2 04. SEZIONE DA NOMINARE Il retail futuro secondo... The store design project P. 4 3 Il retail futuro secondo... Per IBM il negozio del futuro è “on demand”, il retailer deve essere in grado, infatti, di rispondere tempestivamente alle richieste dei clienti, così come alle opportunità e agli imprevisti del mercato. Nel negozio del futuro IBM, sfruttando il concetto di multi-canalità, si realizza la piena integrazione dell’infrastruttura aziendale, con l’obiettivo ultimo della soddisfazione del cliente.Il negozio del futuro è un punto vendita dinamico, caratterizzato da display informativi, programmi di fidelizzazione personalizzati, kiosk informativi self-service, rifornitura automatizzata, soluzioni di self checkout, da tutto ciò che arricchisce e facilita l’esperienza di acquisto del cliente. Sony introduce per il negozio del futuro il concept di auditel per il trade. Grazie a sistemi innovativi di retail intelligence diventa facile monitorare in tempo reale il comportamento dei consumatori, interpretare i flussi e integrare i dati per misurare l’efficienza della rete dei pv. L’innovativa applicazione software, “In-Store Observation” utilizza i dati convogliati da una rete di videocamere per sapere con precisione quante persone passano, guardano, stazionano, entrano o comprano nel negozio, misurare la corretta disposizione degli spazi e valutare le performance del pv su base settimanale, giornaliera e addirittura oraria. E per l’intrattenimento e promozione del futuro Sony ha messo a punto nuove formule di In-Store Media e Retail TV Service P. 4 4 I grandi retailer stanno iniziando ad introdurre innovative soluzioni di automazione del punto vendita, come la cassa self-service e le etichette elettroniche. Questi primi passi saranno la spinta propulsiva che porterà a ridisegnare totalmente il layout del supermercato del futuro: punti vendita totalmente automatizzati in grado di offrire servizi più qualificati e diversificati in base alle esigenze dei clienti, con personale qualificato e in grado di assistere il cliente in tutte le fasi dell’acquisto. Il negozio del futuro è un negozio snello dove tutti i processi vengono semplificati, i costi ridotti e il cliente seguito con più servizi personalizzati e interattivi. In questo momento abbiamo a fuoco la nostra idea di sviluppo per il settore Retail attraverso StoreVision che illutsra ciò che i punti vednita possono fare sfruttando le tecnologie e soluzioni del futuro dai sistemi di Personal Shop Assistant e Self Check Out (il punto cassa automatizzato), al Self Scanning, che consente al cliente di effettuare la spesa velocizzando notevolmente il passaggio alla cassa, all’utilizzo delle Etichette Elettroniche. La promozione, la scelta delle modalità d’acquisto e l’interazione nel punto vendita, concepite come servizi per il consumatore, assumono sempre più importanza. Anticiapare la domanda, tracciare i comportamenti e interaggire con il cliente. La competitività del futuro modello d’affari nel Retail sarà direttamente proporzionale alla disponibilità di “Misurazioni, Analisi e Controllo” che faciliteranno le capacità decisionali in aree strategiche quali : riduzione dei costi, segmentazione del venduto/clientela, soddisfazione del cliente , integrazione e efficienza della catena di fornitura. La capacità di immagazzinare, analizzare e filtrare qualitativamente i dati affinchè diventino informazioni e successivamente conoscenza a valore da far fruire sia al Cliente sia all’operatore di negozio, sia al fornitore sarà la misura dell’efficienza e della capacità di competere del sistema retail futuro. Obiquità, veridicità, facilità di fruizione, tempestività e personalizzazione dell’informazione saranno il nuovo fattore differenziante nelle mani del personale e il fattore qualitativo percepito dal cliente. P. 4 5 Per i retailer è indispensabile riuscire a rispondere a una domanda estremamente fluttuante in tempi rapidissimi, nel giro di pochi giorni o addirittura nel giro di poche ore. Solo in questo modo i retailer possono incrementare costantemente le vendite e ridurre al minimo lo stock di magazzino. Tutte le innovazioni tecnologiche devono supportare questi obiettivi. RFID / Intelligent tagging, collaborazione industry/retailer, POS Data management and Scorecarding, Direct Store Delivery, sono alcune delle aree su cui SAP, insieme ai propri clienti, sta puntando la propria attenzione. Nel negozio del futuro saranno utilizzate una serie di tecnologie mobili e radio-frequenza atte a implementare soluzioni di CRM e quindi consentire a chi fa la spesa di avere tutte le informazioni necessarie al fine di fare la migliore scelta di acquisto. Attraverso dispositivi personali, il cliente è informato delle attività promozionali attualmente in essere nel negozio o di prodotti a complemento di acquisti già eseguiti; gli assistenti alla vendita sono in grado di reperire velocemente informazioni per fornire al cliente i dettagli comparativi necessari per una scelta ottimale o prenotare per il cliente in tempo reale prodotti eventualmente non disponibili in quel momento nel punto vendita. Raggiungere i Clienti, mantenerli e saper dialogare con loro in modo efficace rappresenta un’esigenza primaria per la sopravvivenza e lo sviluppo delle Aziende. Non basta più rispondere semplicemente alle esigenze d’acquisto del Cliente. Il Retail deve gestire la risorsa più scarsa: l’attenzione del Cliente, offrendogli mutevoli situazioni di consumo. Il Punto Vendita, diventa un “Portale di Accesso”: Punto di Accesso, di Attenzione e infine di Acquisto. Il Punto Vendita da semplice distributore diventa sempre più produttore di prodotti, di servizi e di esperienze. Il Cliente è chiamato a partecipare alla creazione di valore, non più quindi come semplice consumatore ma come co-produttore: dalla progettazione, al controllo qualità. Il Retail evolverà verso la riallocazione delle attività nel tempo e nello spazio degli attori in gioco formando una rete più complessa e differenziata. L’integrazione tra settori, la distinzione tra produttore e consumatore o tra fornitore e Cliente diventerà sempre meno chiara man mano che il panorama economico si orienterà sempre più al servizio. La rivisitazione della “classica catena del valore” sarà a nostro parere una P. 4 6 necessità e porterà alla realizzazione di innovative forme distributive, sempre più “fluide”. Il retail del futuro è nel “passato remoto” perché è un retail fatto di relazioni sempre più strette, fondato sul Servizio e sulla Personalizzazione. L’ “Offerta Mirata” soppianta il concetto di assortimento ampio e profondo, mentre la tecnologia consente di arricchire gli strumenti dedicati a conoscere e consolidare la relazione con il cliente e il consumatore. P. 4 7 The Store Design Project. Nello sviluppo del progetto considerate questi... 9 INGREDIENTI ESSENZIALI DEL BUON STORE DESIGN 1-DEFINIZIONE ARCHITETTURALE DELLA MARCA esterni | atrii | soffitti | illuminazione e grafiche | colore | luce naturale | riferimanti regionali | riferimenti storici 2-ESPERIENZA DI INGRESSO Le prime impressioni sono quelle che decidono l’ingresso del cliente. La sensazione che si deve offrire è quella della comunicazione di ciò che si trova all’interno del punto vendita. 3-PLANIMETRIA DEL PUNTO VENDITA Deve offrire una facilità di osservazione della gamma offerta al cliente. Buona circolazione, orientamento e visibilità sono importanti nel rendere l’intero punto vendita uniformemente produttivo. 4-CONCETTI DI MERCHANDISING Quando una grande superficie di vendita compete con negozi specializzati, deve essere studiata in maniera che esprima uno stile di vita, prima ancora che una classificazione di prodotti, distinguendosi da offerte di massa. 5-VISUAL MERCHANDISING Una gerarchia di buoni criteri di presentazione visiva consente di creare il P. 4 8 punto vendita come in una rivista, educando il cliente ai trend della moda. Le grandi idee sono in copertina e le storie diverse sono all’interno. 6-PRESENTAZIONE DEL MERCHANDISING L’elemento più importante in ogni punto vendita è la creatività con cui si presentano i prodotti. Espositori creati con intelligenza, esaltando l’impatto del prodotto sul cliente, offrono quel vantaggio cercato dal negozio che vuol essere una scoperta. 7-COORDINAMENTO DEI MARCHI Nello stesso punto vendita convivono marchi diversi che attribuiscono all’offerta la caratteristica di un’esperienza di acquisto unica. È fondamentale il modo con cui vengono presentati i marchi, con stile ed impatto, esaltando l’intera offerta. 8-GRAFICA, SEGNALETICA E INFORMAZIONI La segnaletica, informazioni di prodotto, eventi promozionali ed il prezzo sono componenti di un approccio coordinato alla grafica in un’ambiente progettato efficacemente. 9-SERVIZI AI CLIENTI Camerini di prova, comfort sedute, punto di accoglienza... Zone riservate a clientela consolidata, zone benessere, ristorazione di qualità, intrattenimento, animazione ed eventi . Oppure più subliminali come musica e profumi. P. 4 9 Who’s who concept evento partners tecnici partner shop concept illuminazione Coordinamento scientifico Luigi Rubinelli Curatore Thomas Bialas con il supporto di Ideazione Antonio Fossati Giacomo de Gennaro Marco Della Croce Coordinamento Alessandra Gandini con la collaborazione di Consulenza strategie e trend retail Rds Consulting Art direction Marco Tortoioli Ricci P. 5 0 Progetto allestimenti Paolo Haigh Castiglioni Studio Architetti Grafica BCPT Associati PRESENTE! >PREVEDERE IL FUTURO SIGNIFICA VEDERE IL PRESENTE, IN PRODONDITÀ. NEMO È UN LABORATORIO DI ESPLORAZIONE SULLE TENDENZE DEL RETAIL. INDAGA IL PRESENTE, SCANDAGLIANDO FONDALI QUOTIDIANI, RACCOGLIENDO TRACCE, RIFERIMENTI, COINCIDENZE, CASE HISTORY INTERNAZIONALI, COMPORTAMENTI DEI CONSUMATORI, FORMAT DISTRIBUTIVI E INNOVAZIONI TECNOLOGICHE. SVILUPPA RICERCHE, SCENARI, VISIONI, EVENTI E FORNISCE STRUMENTI PER ORIENTARE LE STRATEGIE FUTURE DI AZIENDE E ISTITUZIONI. [email protected] +39.02.48.14.110_+39.02.49.87.809 Corso Vercelli 9_20144 Milano PROMOSSO DA: P. 5 1 RDS / BCPT_ASSOCIATI FUTURO?