Lo studio Confesercenti sull`IVA è disponibile qui
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Perché bloccare l’aumento dell’IVA1 In assenza di un intervento, dal prossimo 1^ ottobre l’aliquota Iva ordinaria (quella che si applica ai 2/3 della complessiva base imponibile) aumenterà dal 21% al 22%. Conseguentemente, l’Italia peggiorerà la propria posizione in ambito europeo (Grafico 1): già oggi si colloca al di sopra dell’aliquota media UE (pari al 20,5%), occupando ( a pari merito con Belgio, Olanda e Spagna) il 6^ posto nella graduatoria delle aliquote fra paesi; dopo l’ennesimo aumento, si piazzerà al 5^ posto (insieme alla Slovenia) portando a 1,5 punti il differenziale rispetto all’aliquota media europea. Grafico 1 Le aliquote Iva nella Ue (a 17) (aliquota ordinaria - 1° luglio 2013) 26 media Ue (20.5) 24 Finlandia Grecia Irlanda Italia (ott. 2013) 22 Portogallo Italia Belgio Paesi Bassi Slovenia Spagna 20 Estonia Austria 18 Cipro Francia Slovacchia Germania Malta 16 14 Lussemburgo Tale aumento, che nelle previsioni ufficiali dovrebbe garantire un maggior gettito di più di un miliardo per gli ultimi tre mesi del 2013 e di oltre 4 miliardi su base annua a partire dal 2014, rischierà di tradursi in un boomerang per l’Erario e in un fattore di deterioramento della situazione economica. Nelle previsioni governative, in effetti, gli aumenti di gettito scontano una rigidità dei consumi che è del tutto inimmaginabile in una situazione di crisi come quella attuale: di fronte agli aumenti di prezzo determinati dalla maggiorazione di aliquota Iva, i consumatori reagiranno con una riduzione dei consumi; è questa l’unica via di scampo di fronte a un reddito disponibile che negli ultimi sei anni ha registrato ripetuti crolli di fronte al declino dell’occupazione e alla stagnazione di salari e stipendi. E dall’intera partita (aumento di aliquota e riduzione dei consumi) scaturirà non un aumento ma una riduzione di gettito: 300 milioni, secondo le nostre stime. D’altra parte, non è ipotizzabile che dell’aumento dell’Iva si facciano completamente carico i produttori (imprese, artigiani, commercianti), lasciando del tutto invariati i prezzi di vendita. La realtà dei settori produttivi, soprattutto di quelli orientati al mercato interno, si segnala infatti per una diffusa sofferenza, fatta di riduzione del volume di affari, di crollo dei margini e di chiusura di decine di migliaia di PMI. 1 ST sett 2013 Infine, anche ammesso che l’aumento di aliquota si trasferisse senza contraccolpi sui consumi, occorrerebbe essere consapevoli dei gravissimi effetti che si produrrebbero sul sistema economico e sulle famiglie italiane: in media, quasi 100 euro di aumento dell’Iva gravante sui consumi familiari (da 3407 a 3505 euro annui); aumento del tasso d’inflazione di poco più di mezzo punto percentuale; drastico peggioramento della situazione dei cittadini meno abbienti (disoccupati, cassaintegrati, pensionati). L’aumento dell’Iva, dunque, va evitato ad ogni costo. Anzi, andrebbe valutata la praticabilità di una riduzione, finalizzata a far ripartire i consumi. Si tratta di un’esigenza quanto mai pressante soprattutto quando differenziali di aliquota finiscono per tradursi in una penalizzazione delle aziende italiane di fronte ai concorrenti esteri. Tipico il caso del turismo, con un prelievo Iva sulle prestazioni alberghiere che colloca il nostro paese al top nel panorama europeo (Grafico 2): 1,5 punti oltre la media, 3,5 punti oltre la Grecia, 3 rispetto a Francia e Germania, 2 rispetto al Portogallo, mezzo punto oltre la Slovenia. Grafico 2 L'Iva sul turismo (prestazioni alberghiere - luglio 2013) 25 15 10 5 to g al l o Sl ov ac ch ia Sl ov en ia Sp ag na Po r as si lta es iB Ma Pa bu rg o lia Ita ss em Lu a nd Irla Gr ec ia ni a Ge rm a ia Fr an cia nd ia Fin la Es to n Ci pr o o Be l gi ia 0 Au s tr Aliquota % 20 2