RIASSUNTO Ramòn Sampedro vive disteso su un letto e può
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RIASSUNTO Ramòn Sampedro vive disteso su un letto e può
RIASSUNTO Ramòn Sampedro vive disteso su un letto e può muovere solo la testa, tetraplegico in seguito a un tuffo mal calcolato nel mare di casa sua, che pur conosceva così bene. Viene ospitato dal fratello e non è certo abbandonato a sé stesso: si prende cura di lui la premurosa cognata Manuela, ha costruito col nipote una bella intesa, riceve le visite degli amici; nonostante il suo handicap è un uomo piacevole perché ha conservato il carattere forte della giovinezza e una buona dose di autoironia. Ramòn chiede per sé l’eutanasia: quando la Coruňa non gliela concede (era vietata dalla legge), per far valere i suoi diritti accetta l’aiuto di Julia, un’avvocatessa affetta da cadiasil, un malattia neurodegenerativa. Julia ha molto a cuore questo processo: vuole conoscere profondamente Ramòn non solo per ricavare elementi utili a convincere i giudici, ma anche per capire sé stressa e decidere cosa fare della propria vita. Col passare del tempo cresce l’affinità e i due si innamorano. Ma dopo l’ennesimo rifiuto del tribunale, Ramòn e Julia decidono di morire insieme il giorni in cui uscirà il libro di poesie scritte da Ramòn che dovrebbero dimostrare al mondo la sua lucidità e consapevolezza, pur nello scegliere l’eutanasia. Nel frattempo però Julia cambia idea: il giorno prefissato arrivano a Ramòn solo il libro e una lettera. Ramon soffre moltissimo ma è deciso: con l’aiuto di alcuni fedeli amici e di Rosa, dirige la meccanica della sua morte dividendola in una serie di gesti di per sé innocui, ognuno compiuto da una diversa mano amica, perché nessuno sia perseguibile penalmente. Infine, dopo un brindisi e un discorso di commiato, augurandosi che la sua storia contribuisca alla causa di quanti si trovano nella sua stessa condizione, inghiotte una dose letale di cianuro di potassio davanti all’occhio impassibile della videocamera. ANALISI TEMI La scelta di Ramòn dovrebbe almeno lasciarci perplessi: vive la sua disabilità attorniato da persone che gli vogliono bene, due donne si innamorano persino di lui ( Julia e Rosa), è capace di evadere con la fantasia sulle ali della poesia e della musica; ha insomma una vita affettiva piena, come quella di una persona “normale”. Quindi perché morire? Ramòn risponde che “una vita così per me non è vita”, e accettarla vorrebbe dire “accontentarsi di una briciola della felicità” che aveva prima. Ma noi, in realtà, possiamo solo intuire perché questa “briciola” non gli basti, Ramòn non lo spiega, così come non ci sono mostrati i resoconti dei colloqui per il processo o la lettera di Julia. Il regista, con sapiente delicatezza, sfiora la spiegazione, rinuncia a cercare scientificamente negli abissi di un dramma che non possono capire se non coloro che lo vivono, affida il messaggio alla poesia delle parole e delle immagini. Uno dei temi principali del film è il rispetto della libertà individuale: ogni uomo deve poter scegliere cosa fare della sua vita, purché sia nelle condizioni di decidere senza costrizioni fisiche e psicologiche (il film dà molta importanza a questo aspetto). Ramòn non chiede una legge per la morte, ma per la libertà di scelta! Infatti lo stato, per tutelare giustamente principi universali come la vita, vietando l’eutanasia, toglie all’individuo una competenza che è un suo diritto avere fino alla fine:così molti, Ramòn compreso, sono costretti ad agire clandestinamente. A questo si ricollega anche la polemica contro la chiesa ottusa, convinta di possedere la verità assoluta e da sempre diffidente verso l’autonomia di giudizio. A dispetto dell’opinione dello stato e della chiesa, il regista lancia questo messaggio: anche quando non mancano cure,amore,passatempi il malato terminale può decidere con cognizione di causa, e ripeto nel pieno possesso delle sue facoltà, di interrompere la vita. Ramòn sceglie di morire, Julia di vivere lasciandosi consumare a poco a poco dalla malattia. Scelte opposte, che però sono maturate insieme e sono entrambe lecite. Ramòn chiede solamente che, come lui non si permette di giudicare gli altri, così neanche gli altri giudichino lui. Il contrasto interno-esterno riveste grande importanza nel film; è evidente nella piccola casa, nella stretta stanza di Ramòn contrapposte agli sterminati paesaggi tutt’attorno, e si incarna nello stesso Ramòn: nella testa vive dei momenti epici che si infrangono contro le limitazioni della sua fisicità. Tuttavia proprio il corpo malato è il limite, di leopardiana memoria, necessario alla fantasia per spiccare il volo e raggiungere il mare, il luogo dell’infinito che non ha altro confine se non l’orizzonte. Ramòn accoglie dentro di sé questo mare, per quanto sia paradossale contenere qualcosa di sconfinato, e con esso il respiro maestoso della natura, l’energia vitale dei sentimenti, la tentazione irresistibile verso l’ignoto. Non a caso il mare fa da sfondo all’amore tra Ramòn e Julia, che intrecciano un rapporto singolare, si immergono uno nell’altra, scavando con la forza disperata del loro dolore. Nel più profondo del cuore, più dentro. Queste considerazioni e la poesia che dà il titolo al film dovrebbero far capire che Ramòn ama la vita, ma non accetta compromessi sulla libertà, come invece fa Julia, che ritroviamo sulla scena solo alla fine, dopo che la malattia l’ha portata all’alienazione dal mondo e da se stessa: siede, vuota di ricordi, a contemplare il mare, che è irrimediabilmente fuori di lei, non più dentro. COMMENTO FILOSOFICO Il dibattito sull’eutanasia tra religiosi e laici è esemplificato nello scambio di battute tra padre Francisco, tetraplegico e religioso zelante, e Ramòn. I primi ritengono che la vita discende da Dio e pertanto bisogna accettarla come un dono, i secondi ne rintracciano il significato all’interno dell’uomo, nel suo libero arbitrio e nella sua coscienza. Significativo è il fatto che il dialogo si svolga tra la rampa delle scale e senza un faccia a faccia: queste due mentalità risultano inconciliabili. Ad un’etica religiosa ed eteronoma, che si richiama a un principio trascendente, si contrappone quindi un’ etica laica e autonoma, che ha sede nel cuore di ogni individuo ed è basata sulla dignità. Ovviamente l’etica laica è più facilmente contestabile, perché ruota attorno al difficile concetto di libertà. Ramon è spiritualmente libero, ma la sua libertà è parziale, astratta, simile a quella dello schiavo hegeliano: tale libertà di coscienza secondo Hegel dovrebbe risolversi in ultima nello scetticismo, cioè nella svalutazione del mondo e della vita stessa, cosa che non vale per Ramòn. Alla fine, però, l’unica scelta veramente libera di Ramòn è quella di morire. Lungi dal mettere parola definitiva al dibattito, il film sottolinea l’urgenza di una legislazione moderna, che prenda in considerazione le nuove problematiche etiche e sociali aperte dal progresso scientifico. ANALISI EPISODI E COMMENTO SUL FILM Questo film pluripremiato (Mostra del cinema di Venezia 2004: Leone d'argento e miglior interpretazione maschile a Javier Bardem, 2 European Film Awards 2004: miglior attore Javier Bardem, miglior regista, 14 Premi Goya 2005…) conferma la bravura di Amenàbar nel creare atmosfere: la colonna sonora ( Wagner, “Nessun Dorma” di Puccini, “Negra Sombra” di Luz Casal) si sposa perfettamente con i paesaggi della Galizia, i dialoghi sono profondi e mai scontati, alcuni personaggi umanissimi e indimenticabili, come Rosa. Il regista di “The Others” mostra inoltre la sua predilezione per lo straniamento: i sogni di Ramòn si allacciano con naturalezza alla vita reale facendoci momentaneamente perdere di vista il confine tra fantasia e realtà; i suoi viaggi virtuali vengono ripresi con una telecamera che si alza e si abbassa fino a sfiorare il terreno, dandoci l’impressione del volo. Nonostante il tema impegnativo, non mancano episodi esilaranti come la prova di lettura del nipote Javi, o l’irruzione di Rosa con i due bambini, o la visita di padre Francisco; per finire con il brindisi pre-morte, citazione dotta del suicidio stoico.“Mare dentro”, intenso e profondo,è decisamente un film da vedere!