Scarica la versione stampabile del notiziario
Transcript
Scarica la versione stampabile del notiziario
Notiziario settimanale n. 498 del 05/09/2014 versione stampa Questa versione stampabile del notiziario settimanale contiene, in forma integrale, gli articoli più significativi pubblicati nella versione on-line, che è consultabile sul sito dell'Accademia Apuana della Pace Bugie italiane. Segnalo un articolo assai breve di salvatore settis sull'ultimo numero dell'espresso. Al bar si dice: la costituzione è vecchia!!! è identica dal 48!!!. e la procedura per cambiarla è troppo lenta per un paese moderno!!! bum!. Precisa settis: la costituzione americana ha 250 anni! e se la tengono stretta! la nostra costituzione italiana in questi anni ha subito 38 modifiche! quella americana in 250 anni ne ha subite 27!. e per questioni assai pesanti, tipo l'abolizione della schiavitù o la decisione di rendere elettivo, dal popolo, il senato. e per introdurre modifiche in costituzione negli usa la procedura è molto più complessa e difficile di quella italiana! Ma cosa volete, volete mettere la velocità nostra rispetto a quella americana? E poi il professor settis, già rettore della normale di pisa, è un vecchio , un nostalgico e un "professorone". buona serata a tutti. Fabrizio Geloni (post su Facebook) Indice generale Editoriale......................................................... 1 La mia preghiera al popolo di Israele: liberate voi stessi liberando la Palestina (di Desmond Tutu)...................................................................... 1 Evidenza...........................................................3 Fermiamo l'inaudita violenza di chi abusa nel nome di Dio (di Religions for Peace sezione Italiana)......................................................................... 3 Facciamo insieme un passo di pace............................................................ 3 Giornata ONU 2014: anno internazionale di solidarietà per il popolo Palestinese................................................................................................. 3 21a Marcia per la Giustizia Agliana - Quarrata: "Urge una nuova POLITICA: come passione di vita e pratica condivisa" (di Casa della Solidarietà - Rete Radié Resch di Quarrata (PT), Comuni di Quarrata e di Agliana (PT), Libera, associazioni, nomi e numeri contro le Mafie)..........3 Approfondimenti.............................................4 Editoriale La mia preghiera al popolo di Israele: liberate voi stessi liberando la Palestina (di Desmond Tutu) L'arcivescovo emerito Desmond Tutu, in un articolo esclusivo per Haaretz, chiede un boicottaggio globale contro Israele e invita gli israeliani e i palestinesi a guardare oltre i rispettivi leader per una soluzione duratura della crisi nella Terra Santa. Le scorse settimane hanno visto iniziative senza precedenti da parte dei membri della società civile in tutto il mondo contro l'ingiusta, sproporzionata e brutale risposta di Israele al lancio di missili dalla Palestina. Se si mettessero insieme tutte le persone che lo scorso fine settimana si sono riunite per chiedere giustizia in Israele e Palestina - a Città del Capo, a Washington, a New York, a Nuova Delhi, a Londra, a Dublino e a Sidney e in tutte le altre città - si tratterebbe probabilmente della più grande protesta attiva da parte di cittadini a favore di una singola causa che ci sia mai stata nella storia del mondo. Un quarto di secolo fa, ho partecipato ad alcune manifestazioni molto affollate contro l'Apartheid. Non avrei mai immaginato che avremmo rivisto manifestazioni di queste dimensioni, ma lo scorso sabato l'affluenza a Città del Capo è stata altrettanto se non più grande. I partecipanti sono stati giovani e vecchi, musulmani, cristiani, ebrei, indù, buddisti, agnostici, atei, neri, bianchi, rossi e verdi...quanto ci si poteva aspettare da una nazione vitale, tollerante, multiculturale. Ho chiesto alla folla di gridare in coro con me:"Siamo contrari all'ingiustizia dell'illegale occupazione della Palestina. Siamo contrari alle uccisioni indiscriminate a Gaza. Siamo contrari alle umiliazioni inflitte ai palestinesi ai checkpoint e ai blocchi stradali. Siamo contrari alla violenza perpetrata da tutte le parti [in conflitto]. Ma non siamo contro gli ebrei." All'inizio della settimana, ho chiesto la sospensione di Israele dall'Unione Internazionale degli Architetti, riunita in Sud Africa. Da Mare nostrum a Frontex Plus: l'allarme delle associazioni (di Stefano Femminis).................................................................................................. 4 Uscire dalla scatola della crescita (di Marie-Monique Robin)...................5 Il caos mediorientale da Bush a Obama (di Tommaso Canetta e Silvia Favasuli).................................................................................................... 7 Umane, ma un po’ meno (di Maria G. Di Rienzo)...................................... 8 Ricordando dom Hélder Camara (di Gerolamo Fazzini)........................... 9 Ho fatto un appello alle sorelle e ai fratelli israeliani presenti alla conferenza perché si dissociassero attivamente personalmente e professionalmente dalla progettazione e costruzione di infrastrutture connesse con la perpetuazione dell'ingiustizia, compreso il Muro di separazione, i posti di controllo e i checkpoint, e le colonie costruite sulla terra palestinese occupata. Notizie dal mondo......................................... 10 "Vi scongiuro di portare a casa questo messaggio: Per favore, fermate la violenza e l'odio unendovi al movimento non violento per la giustizia a favore di ogni popolo della regione" ho detto. Comunicato: "Le aggressione israeliane a Gaza" (di La fiaccola dell'anarchia (comunità multietnica aperta))............................................ 10 Altre storie da Gaza (di Rete Italiana ISM).............................................. 10 Israele ha rubato il futuro di Gaza e la sua speranza (di Gideon Levy e Alex Levac).............................................................................................. 11 1 Durante le ultime settimane, più di un milione seicento mila persone in tutto il pianeta si sono unite a questo movimento con una campagna di Avaaz che chiede alle imprese che traggono profitto dall'occupazione israeliana e/o coinvolte negli abusi e nella repressione di ritirarsi. La campagna ha in particolare preso di mira i fondi pensione olandesi ABP; la Barklays Bank; il fornitore di sistemi di sicurezza G4S; la compagnia di trasporti Veolia; la ditta di computer Hewlett-Packard; il produttore di bulldozer Caterpillar. Lo scorso messe, 17 governi dell'UE hanno esortato i propri cittadini a smettere di fare affari con, o a investire nelle, illegali colonie israeliane. Noi abbiamo anche di recente assistito al ritiro di decine di milioni di euro del fondo pensione olandese PGGM dalle banche israeliane; il disinvestimento dalla G4S della fondazione Bill e Melinda Gates; e la chiesa presbiteriana USA ha disinvestito circa 21 milioni di dollari da HP, Motorola e Caterpillar. E' un movimento che sta crescendo. La violenza crea violenza e odio, che generano solo più violenza e più odio. Noi sudafricani ne sappiamo qualcosa. Capiamo la sofferenza di essere i reietti del mondo; quando sembra che nessuno capisca o non voglia neppure ascoltare il tuo punto di vista. E' da lì che veniamo. Noi sappiamo anche i vantaggi che può comportare il dialogo tra i nostri leader; quando organizzazioni catalogate come "terroristiche" sono state legalizzate e i loro dirigenti, compreso Nelson Mandela, sono stati liberati dalle prigioni, dall'essere messi al bando e dall'esilio. Sappiamo che quando i nostri dirigenti hanno iniziato a parlarsi, le ragioni della violenza che aveva distrutto la nostra società si sono dissipate e sono scomparse. Gli atti di terrorismo perpetrati dopo che i colloqui erano iniziati - come attacchi contro una chiesa e un pub- sono stati condannati praticamente da tutti, e il partito considerato responsabile è stato punito dalle urne. L'eccitazione che ha seguito il fatto di aver votato per la prima volta insieme non era prerogativa solo dei neri sudafricani. Il vero trionfo della nostra pacifica riconciliazione è stato che tutti sono stati coinvolti. E più tardi, quando abbiamo presentato una costituzione così tollerante, solidale e inclusiva che avrebbe fatto inorgoglire Dio, tutti ci siamo sentiti liberi. Naturalmente, è stato di aiuto il fatto di avere un nucleo di dirigenti straordinari. Ma in ultima istanza quello che ha obbligato questi dirigenti a sedersi insieme a un tavolo di negoziati è stato l'insieme di efficaci mezzi nonviolenti che sono stati messi in atto per isolare il Sud Africa economicamente, a livello accademico, culturale e psicologico. A un certo punto - il punto di svolta - l'allora governo si rese conto che il costo del tentativo di conservare il sistema di Apartheid superava i vantaggi. Il crollo del commercio con il Sud Africa da parte delle compagnie multinazionali con un minimo di coscienza negli anni '80 è stato sostanzialmente una delle leve fondamentali che ha messo in ginocchio, senza spargimento di sangue, lo Stato dell'Apartheid. Queste grandi imprese hanno capito che, partecipando all'economia sudafricana, stavano anche aiutando a mantenere in vita uno status quo ingiusto. Quelli che continuano a fare affari con Israele, che contribuiscono alla sensazione di "normalità" nella società israeliana, stanno facendo un pessimo servizio ai popoli di Israele e della Palestina. Stanno contribuendo alla perpetuazione di una situazione profondamente ingiusta. Quelli che contribuiscono al temporaneo isolamento di Israele stanno dicendo che israeliani e palestinesi hanno ugualmente diritto alla dignità e alla pace. Ultimamente, durante lo scorso mese i fatti a Gaza stanno dimostrando chi crede nel valore degli esseri umani. Sta diventando sempre più chiaro che i politici e i diplomatici stanno 2 fallendo nell'immaginare risposte, e che la responsabilità di trovare un accordo per una soluzione accettabile della crisi in Terra Santa spetta alla società civile e ai popoli di Israele e Palestina. Oltre alla recente devastazione di Gaza, ovunque gli esseri umani onesti, compresi molti israeliani, sono profondamente turbati dalle quotidiane violazioni della dignità umana e della libertà di movimento a cui sono sottoposti i palestinesi ai checkpoint e ai blocchi stradali. E le politiche di Israele di occupazione illegale e di costruzione di colonie delle zone di accesso vietato sui territori occupati aggrava le difficoltà di raggiungere in futuro un accordo che sia accettabile per tutti. Lo Stato di Israele si comporta come se non ci fosse futuro. Il suo popolo non vivrà la vita pacifica e sicura che desidera, e a cui ha diritto, finché i suoi dirigenti perpetuano le condizioni che alimentano il conflitto. Ho condannato coloro che in Palestina sono responsabili del lancio di missili e di razzi contro Israele. Stanno alimentando la fiamma dell'odio. Sono contrario a qualunque manifestazione di violenza. Ma dobbiamo essere molto chiari [sul fatto che] il popolo della Palestina ha tutto il diritto di lottare per la propria dignità e libertà. E' una lotta che ha avuto il sostegno di molte persone in tutto il mondo. Nessun problema creato dall'uomo è irrisolvibile quando gli esseri umani si impegnano a collaborare con il serio proposito di superarlo. Nessuna pace è impossibile quando la gente è decisa a raggiungerla. La pace richiede che i popoli di Israele e Palestina riconoscano l'essere umano che c'è in loro e e nell'altro; che comprendano la loro interdipendenza. Missili, bombe e brutali invettive non sono parte della soluzione. Non c'è una soluzione militare. E' più probabile che la soluzione arrivi dall'insieme di iniziative nonviolente che abbiamo messo in atto in Sud Africa negli anni '80 per convincere il governo della necessità di cambiare la sua politica. La ragione per cui questi mezzi - boicottaggio, sanzioni e disinvestimento - ultimamente hanno dimostrato di essere efficaci è stato che hanno avuto una massa critica che li appoggiava, sia dentro che fuori dal paese, il tipo di appoggio che abbiamo testimoniato ovunque nel mondo nelle scorse settimane nei confronti della Palestina. La mia preghiera al popolo di Israele è che riesca a vedere oltre la contingenza, a vedere oltre l'odio dovuto al fatto di sentirsi continuamente sotto assedio, di vedere un mondo in cui Israele e Palestina possano coesistere, un mondo in cui regnino dignità e rispetto reciproci. Ci vuole un cambiamento di mentalità. Un cambiamento di mentalità che riconosca che cercare di perpetuare l'attuale status quo significa condannare le future generazioni alla violenza e all'insicurezza. Un cambiamento di mentalità che smetta di vedere le critiche legittime alle politiche dello Stato come un attacco contro gli ebrei. Un cambiamento di mentalità che inizia in patria e che si rifletta nelle comunità e nazioni e regioni, sparse dalla diaspora per il mondo che noi tutti condividiamo. L'unico mondo che condividiamo. Le persone unite nel perseguimento di una giusta causa sono inarrestabili. Dio non interferisce nelle vicende della gente, sperando che noi stessi cresciamo e impariamo attraverso la soluzione delle nostre difficoltà e controversie. Ma Dio non dorme. Le scritture ebraiche ci dicono che Dio sta dalla parte del debole, del diseredato, della vedova, dell'orfano, dello straniero che libera gli schiavi durante l'esodo verso la Terra Promessa. E' stato il profeta Amos ad aver detto che dovremmo lasciare scorrere la rettitudine come un fiume. Alla fine la bontà prevale. La ricerca della libertà per il popolo della Palestina dalle umiliazioni e persecuzioni da parte delle politiche di Israele è una causa giusta. E' una causa che il popolo di Israele dovrebbe appoggiare. E' noto che Nelson Mandela ha detto che i sudafricani non si sarebbero mai sentiti liberi finché i palestinesi non fossero stati liberi. Avrebbe dovuto aggiungere che la liberazione della Palestina avrebbe liberato anche Israele. Pubblicato il 14-08-2014 su "Haaretz" Traduzione di Amedeo Rossi Iniziative Facciamo insieme un passo di pace Basta guerre! Mai più vittime! Fermiamo le stragi di civili indifesi, a Gaza, in Palestina e Israele, in Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Ucraina, Congo Per Libertà, Diritti, Dignità, Giustizia, Democrazia Manifestazione Nazionale Firenze, 21 settembre 2014 Piazzale Michelangelo -Ore 11:00-16:00 Aderisci e partecipa link: http://www.aadp.it/dmdocuments/doc1817.pdf link: http://www.aadp.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2122 Evidenza Fermiamo l'inaudita violenza di chi abusa nel nome di Dio (di Religions for Peace sezione Italiana) E’ difficile credere alle notizie terribili che giungono dall’Iraq, dove i miliziani dell’ISIS/ISIL perseguitano, espellono ed uccidono Cristiani, Yazidis ed altri che non accettano sottomissione e conversione forzata; la stessa sorte tocca a quei musulmani che osano contestare tale cieca violenza. Questo scenario inimmaginabile rende ancora più inquietante la marea montante di intolleranza e di odio settario in nome abusivo della religione, che sta seminando disperazione e morte in Medio Oriente e Nord Africa. S.E. Sheikh Majid Hafeed, leader religioso musulmano del Kurdistan Iraqeno e Presidentre Onorario di Religions for Peace International, e Sua Santità Louis Raphael Sako, Patriarca Caldeo Cristiano di Baghdad e CoPresidente di Religions for Peace International hanno chiesto con forza il sostegno e la protezione delle comunità perseguitate. In tutto il mondo leader religiosi e personalità che hanno a cuore la dignità della persona umana ed il diritto Ir 2fondamentale della libertà religiosa si sono pronunciati affinché la comunità internazionale, attraverso le sue istituzioni e tutti i mezzi a sua disposizione, contrasti i massacri ed ogni altra violenza sulle persone e sui luoghi di vita e di culto. Numerose iniziative di preghiera continueranno a svolgersi in molti paesi. La Conferenza Episcopale Italiana ha promosso per il 15 Agosto, Solennità dedicata all’Assunta, una giornata di preghiera per risvegliare le coscienze rispetto a tali drammatiche persecuzioni, molto più pesanti, come ha sottolineato Papa Francesco, rispetto a quelle subite dalle comunità cristiane dei primi secoli sotto l’Impero Romano. Noi di RELIGIONS FOR PEACE/ITALIA invitiamo i seguaci di tutte le tradizioni religiose e le persone di buona volontà ad unirsi in una preghiera concorde che, pur nella diversità di modi e di linguaggi, salga al cielo per invocare salvezza per i perseguitati e luce per i persecutori oggi accecati dall’odio. (fonte: Interdependence) link: http://www.aadp.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2135 Giornata ONU 2014: anno internazionale di solidarietà per il popolo Palestinese "Lucca 29 Novembre 2014 -Il 1° Marzo di 10 anni fa partiva la Campagna Ponti non Muri, lanciata da Pax Christi esortata dal grido che veniva da Betlemme dove cominciavano i lavori per la costruzione del muro sulla strada per Gerusalemme. Il muro della separazione o della vergogna, a seconda di che parte lo si guardi. Vi aspettiamo per fare il punto della situazione Palestinese, attraverso un'analisi critica sul ruolo dell'ONU e delle varie campagne di sensibilizzazione e di lotta promosse dagli attivisti internazionali. Perché l'ONU assiste impotente e il mondo vive con indifferenza? Perché l'inumana occupazione continua e uno stato Palestinese deve ancora nascere?" (fonte: Pax Christi Italia) link: http://www.giornataonu.it/ 21a Marcia per la Giustizia Agliana - Quarrata: "Urge una nuova POLITICA: come passione di vita e pratica condivisa" (di Casa della Solidarietà - Rete Radié Resch di Quarrata (PT), Comuni di Quarrata e di Agliana (PT), Libera, associazioni, nomi e numeri contro le Mafie) Sabato 13 settembre 2014 si svolgerà la 21a Marcia per la Giustizia Agliana - Quarrata. Quest'anno verrà trattato il tema: "Urge una nuova POLITICA: come passione di vita e pratica condivisa" Saranno presenti: Antonietta POTENTE, teologa; Cecile Kyenge, deputata europea PD; Curzio MALTESE, deputato europeo TSIPRAS; don Luigi 3 CIOTTI, Gruppo Abele, Libera; Martina ROMANELLO, studentessa universitaria Napoli, Renato ACCORINTI, sindaco di Messina. L’ anima umana ha bisogno per un verso di solitudine, per l’altro di vita sociale. … L’anima umana ha bisogno di partecipazione disciplinata a un compito condiviso di pubblica utilità, e ha bisogno di iniziativa personale in questa partecipazione … L’anima ha bisogno sopra ogni altra cosa di essere radicata in molteplici ambienti naturali e di comunicare tramite loro con l’universo.” (Simone Weil, Dichiarazione degli obblighi verso l’essere umano, 2003, 30-31 “La nostra paura più profonda non è quella di essere inadeguati. La nostra paura più profonda è quella di essere potenti oltre ogni limite. E’ la nostra luce, non la nostra ombra a spaventarci di più. Ci domandiamo: chi sono io per essere così brillante, pieno di talento, favoloso? In realtà: chi sei tu per non esserlo? Il nostro giocare in piccolo, non serve al mondo. Non c’è nulla di illuminante nello sminuire se stessi, cosicché gli altri non si sentano insicuri intorno a noi. Siamo tutti nati per risplendere, come fanno i bambini. Non solo per alcuni di noi, ma in ognuno di noi. Quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, inconsapevolmente diamo agli altri la possibilità di fare lo stesso. E quando ci liberiamo delle nostre paure, la nostra presenza, automaticamente, libera gli altri.” (Nelson Mandela) La questione politica, a questo punto, è una questione dell’anima. Ciò che abbiamo perso, o stiamo perdendo non è solo un certo tenore di vita a cui tutti eravamo abituati; servizi sociali, garanzie economiche, sicurezze riguardo al nostro futuro. Ciò che stiamo perdendo o abbiamo perso è una delle dimensioni più reali della vita umana, che ci avrebbe garantito di non cadere nella superficialità, nella distrazione e nella prepotenza delle relazioni umane e con tutto l’ecosistema. La politica non è merce di scambio, fonte di ricchezza privata e nemmeno pubblica; la politica non è costituire uno stato fantasma supportato da singoli cittadini senza partecipazione. Non è nemmeno la costituzione di uno stato separato dalla fatica quotidiana di uomini e donne che hanno inventato le proprie storie e per questo hanno resistito, oramai da anni, nonostante le offerte dello stato – perché di offerte si tratta- siano totalmente insufficienti. La questione politica parte dall’anima, dalla consapevolezza e dal riscatto di questa sensibilità interiore che ispira la vita dal di dentro, in cui le cose, gli esseri umani, l’ecosistema, non si riconoscono solo come merce di scambio; come fonte di accumulo di quello che prima si chiamava potere e oggi è totalmente identificato con il denaro. Ogni crisi dell’umanità, in questo momento storico, è crisi interiore, crisi e tradimento dell’anima che invece è matrice dei sogni, di quelle sensibilità ispiratrici dell’umano più bello e dell’umano più capace di vivere nell’ecosistema; matrice di quei diritti che vengono ancora prima di ogni legge, anzi, ispirano la creazione di un ordinamento condivisibile, per tutti. Chi sostiene di ripartire dall’anima, non è un illuso o illusa, che ha un visione idilliaca dell’essere umano e del cosmo, ma piuttosto chi si è stancato o stancata di pensarsi incapace di rifare la storia in un altro modo, di partecipare alla costruzione di un ambiente in cui la vita si sviluppa e non viene mortificata da progressivi processi di esclusione. La politica deve tornare ad essere passione filo-sofica, cioè passioneamore alla sapienza della vita; ricerca di stili di vita che garantiscano la vita stessa e non una mortificante sopravvivenza. Al contrario: La politica non può essere passione di denaro; passione di chissà quale frustante riscatto personale. Sono questi gli aspetti che portano la politica all’illegalità, alle mafie di ogni genere: politico, sociale e persino religioso, sia locali che mondiali. L’antico detto cristiano è chiaro, anche per chi non si ricorda più: “non si 4 possono servire due padroni …” perché lasciare che la nostra esistenza serva contemporaneamente due ispirazioni: il denaro-potere e l’anima della vita e delle cose, ci romperà dal di dentro; frantumerà la storia in mille pezzi, polverizzando tutto: passato, presente e un ipotetico futuro. Siamo stufi di essere trattati come i conquistatori spagnoli nel XV secolo, trattarono le popolazioni indigene del continente Amerindio, quando con solennità proclamavano: “questi [gli indigeni] non hanno anima. Noi, così come rivendicavano gli indigeni, abbiamo un’anima, qualunque essa sia, in ogni cultura, in ogni storia personale e collettiva, è l’anima della nostra creatività umana che è partecipazione. Cfr. La canzone di Gaber: Libertà è partecipazione … Note organizzative per le adesioni da parte di associazioni, comunità, parrocchie, enti ecc... scrivere a: [email protected] Ritrovo ore 18,00 ad Agliana, Piazza Gramsci - Arrivo a Quarrata - Piazza Risorgimento ore 21 Per informazioni: Tel. 0573-750539; 339-5910178 E-Mail: [email protected] - [email protected] Alle ore 17 è prevista la partenza da Quarrata di un autobus per Agliana al fine di portare i partecipanti che desiderano lasciare la macchina a Quarrata. Al termine della Marcia i bus navetta provvederanno a riportare ad Agliana i partecipanti Chi è provvisto di sacco a pelo sarà ospitato presso il Palazzetto dello Sport di Quarrata g.c. (fonte: Casa della Solidarietà - Rete Radié Resch di Quarrata (PT)) link: http://www.aadp.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2097 Approfondimenti Immigrazione Da Mare nostrum a Frontex Plus: l'allarme delle associazioni (di Stefano Femminis) Ci sono ancora molte incognite sui dettagli del passaggio dall'operazione Mare nostrum a Frontex Plus, annunciato all'indomani dell'incontro tra il nostro ministro degli Interni Angelino Alfano e la Commissaria UE Cecilia Malmström. Ma con il passare delle ore aumentano lo scetticismo e la preoccupazione delle associazioni italiane che si occupano in modo più diretto dei migranti in arrivo dalla sponda Sud del Mediterraneo. Dopo alcuni primi commenti cauti o addirittura positivi («Un passo in avanti verso una europeizzazione delle responsabilità di soccorso dei migranti», ha dichiarato per esempio il portavoce dell'ong Terre des Hommes), tra ieri e oggi si sono levati non pochi allarmi, anche in ambito cattolico. Se il presidente della Fondazione Migrantes, mons. Giancarlo Perego secondo quanto riferisce l'agenzia Redattore Sociale - esprime perplessità sulla non assicurazione della continuazione degli obiettivi di Mare nostrum da parte del commissario europeo Malmström e ricorda la necessità urgente per il nostro Paese di dotarsi di un piano organico e strutturale di prima e seconda accoglienza, ancora più netto è il giudizio del Centro Astalli, associazione dei gesuiti italiani che si occupa di rifugiati e richiedenti asilo. In un comunicato diffuso oggi, dal titolo «Una sconfitta per il diritto di asilo», il Centro Astalli ricorda che «insieme all’Unhcr e ai principali enti di tutela, nelle ultime settimane abbiamo più volte auspicato che l'operazione Mare Nostrum divenisse un'operazione europea per consentire un intervento più efficace di salvataggio dei migranti forzati. Purtroppo al momento l'unico elemento di certezza che si evince a conclusione del vertice europeo è che “Frontex Plus” è solo una mera possibilità la cui realizzazione dipenderà molto dall’impegno e dalla volontà dei singoli Stati europei». Ma c'è di più e di peggio: «L’azione di soccorso di Frontex Plus prosegue il comunicato - si limiterebbe a interventi di pattugliamento e soccorso all’interno delle acque territoriali europee (fino a 12 miglia dalla costa), non spingendosi più nelle acque internazionali, come ha fatto Mare Nostrum, operando fino a 170 miglia dalle coste italiane. Viene di fatto cancellata la vera portata di novità rappresentata in questi mesi dall'operazione Mare Nostrum, grazie alla quale migliaia di persone sono state tratte in salvo ed è stato possibile garantire l’esercizio del diritto d’asilo a uomini e donne in fuga da guerre e persecuzioni altrimenti destinati a morire nel Mediterraneo». A rafforzare l'allarme lanciato dal Centro Astalli arriva anche un tweet del suo direttore, il gesuita Giovanni La Manna, inviato poche ore fa: «La povertà culturale e umana dell'Europa, lo smarrimento in cui versa, si evince dalla mancanza di giustizia che rappresenta Frontex Plus». Sulla stessa linea anche il parere dell'Asgi (Associazione studi giuridici sull'immigrazione), che nel titolo del proprio comunicato stampa definisce la decisione «un arretramento politico ed etico inaccettabile per la coscienza democratica europea». Dopo avere illustrato gli stessi punti critici già sottolineati dal Centro Astalli, l'Asgi attacca anche chi ha cercato di strumentalizzare la vicenda di Mare nostrum: «Va evidenziato come proprio nei giorni precedenti il vertice si sono intensificati gli attacchi a Mare Nostrum, accusato addirittura di avere aumentato il numero di morti in mare in quanto le organizzazioni dei trafficanti avrebbero fatto partire imbarcazioni in condizioni ancora più precarie in ragione della maggiore vicinanza degli interventi di soccorso. Si tratta di una ipotesi alquanto azzardata, tutta da dimostrare, e che ha finito per spostare l’attenzione dalle ragioni di fondo che hanno prodotto l’intensificarsi delle partenze, ovvero il precipitare delle crisi umanitarie in Siria e in diverse aree del continente africano, nonché al processo di disgregazione della Libia». Stefano Femminis (fonte: Popoli - Webmagazine internazionale dei gesuiti) link: http://www.popoli.info/EasyNe2/Primo_piano/Da_Mare_nostrum_a_Frontex_Plus_ l_allarme_delle_associazioni.aspx Politica e democrazia Uscire dalla scatola della crescita Monique Robin) (di Marie- Dopo “Il mondo secondo Monsanto”, “Il nostro veleno quotidiano” e “Le moissons du futur” (la mietitura del futuro), Marie-Monique Robin si ripresenta nel 2014 con un documentario intitolato, provvisoriamente, “Sacrèe croissance! (Maledetta crescita!), un film che mostra le crepe di un sistema che ha raggiunto i suoi limiti e le primizie di un mondo nuovo. Il sistema basato sulla crescita è folle e al limite. Ma delle alternative emergono con sempre maggiore vigore e permettono di delineare un mondo…. dopo la crescita. E’ il doppio tema del prossimo film di MarieMonique Robin, che descrive la linea attuale del movimento ecologista: allarme- sempre maggiore – e speranza- perché è molto forte e sempre più giustificato. I nostri amici della “Quarta scimmia” ne hanno discusso con Marie-Monique Robin e hanno trascritto le sue proposte per Reporterre Racconta Marie-Monique Robin: Il prossimo film e il libro hanno un titolo provvisorio, «Maledetta crescita!». Si inserisce nella logica dei film che ho fatto in passato, con i quali avevo analizzato il sistema agroindustriale in tutti i suoi aspetti, sia con “Il mondo secondo Monsanto” che con “Il veleno nel piatto” (titoli con i quali hanno circolato in italiano)… E la domanda che mi facevano sempre è: “Si può fare qualcosa di diverso?”. 5 Ho cominciato a rispondere con “Les Moissons du futur” (La messi, il raccolto del futuro), che era una inchiesta sull’agroecologia, chiedendomi se essa poteva nutrire tutto il mondo. E mi sono detta che tutto questo sistema agroindustriale faceva parte di un sistema molto più globale, un sistema economico, che è fondato sul dogma della crescita illimitata. Vale a dire che si può sempre produrre di più, consumare di più, e che questo è il motore dell’economia. Tutte le mattine alla radio sentiamo dire che dipende dal fatto che non c’è la crescita che abbiamo la disoccupazione, che non si possono pagare le pensioni, ecc. Quando si comincia a riflettere su questi argomenti, si scopre che c’è qualcosa di bizzarro in questa storia, perché si sa che le risorse del pianeta sono limitate, che non è nemmeno una scoperta che faccia notizia. Il petrolio, il gas, tutte le energie fossili, su tutto questo si è d’accordo: abbiamo superato il picco per il petrolio e il gas. Ciò significa che a partire da subito le riserve di queste risorse cominceranno a diminuire, e che soprattutto il prezzo di queste risorse tenderà ad aumentare, cosa che si può constatare già da circa una dozzina di anni. Quando ci si immerge nei dossier di docmentazione, si vede anche che i minerali minacciano di sparire: si annuncia la sparizione della maggior parte di essi (tranne la bauxite, da cui si trae l’alluminio) tra il 2020 e il 2040. Ciò che dobbiamo capire è che ne resterà un po’, ma molto poco, e questo significa che i prezzi aumenteranno. E poiché tutta la nostra società dei consumi è basata sull’energia fossile, o su dei minerali a buon mercato, è sicuro che a un certo punto la macchina si bloccherà. Si può continuare a dire ai francesi che è la crescita la soluzione di tutti i nostri problemi, non sarà piuttosto il contrario? Non è che il problema è proprio quello della crescita? Ho quindi iniziato a lavorare su questi temi, e ho subito realizzato che vi è una urgenza estrema. Ho capito, nel corso dell’ultimo anno, fino a che punto il riscaldamento climatico era fortemente in marcia, e che questo fenomeno faceva evidentemente parte delle conseguenze del modello basato sulla crescita illimitata. Più si ha una crescita economica e più si emettono dei gas che producono l’effetto serra, perché più si utilizza del petrolio (e su questo aspetto i dati parlano chiaro). Il riscaldamento climatico non è qualcosa che riguarda i prossimi duecento anni, non interessa soltanto i miei lontani pronipoti, siamo già nella tempesta e da qui ai prossimi venti o trenta anni, la situazione sarà veramente molto, molto dura da affrontare. Tutto ciò è già in corso. Basta andare nell’Africa a sud del Sahara per vedere che la desertificazione continua ad avanzare, così come avviene nell’America del Nord. In California hanno una siccità talmente grande in questo momento che non sanno nemmeno se riusciranno a salvare i loro alberi da frutta. In Francia abbiamo delle inondazioni sempre più estese, dei cicloni, ecc. Quindi esiste già una urgenza! Voglio dirlo con chiarezza, è un vero e proprio problema urgente! Mostrare le soluzioni! Io non faccio che ritrasmettere ciò che mi hanno detto gli esperti che lavorano in maniera indipendente su questi problemi. Quindi, poiché vi è molta urgenza, penso che il mio ruolo non è più solamente, come ho fatto negli ultimi venticinque anni, fare dei film per denunciare delle cose e permetter ai cittadini di agire in conseguenza. Penso che bisogna mostrare le alternative e mostrare che si devono fare delle cose in modo diverso e rapidamente! Quindi nel mio film non c’è soltanto una critica alla crescita, si mostra anche che sul campo, ovunque nel mondo, ci sono delle persone che hanno compreso tutto ciò. E succede qualcosa di veramente magico. Essi hanno capito che se si vuole uscire dal modello della crescita illimitata, si deve rilocalizzare la produzione degli alimenti, dell’energia e anche del denaro. Tre grandi movimenti planetari in questo momento danno delle risposte. L’agricoltura urbana Il primo è l’agricoltura urbana, un grande movimento planetario. Per questo sono andata a Toronto e in Argentina, perché volevo mostrare delle esperienze da tempo funzionanti che provano che si può operare in modo diverso e che funziona! A Toronto la città sostiene molto attivamente l’agricoltura urbana. Si tratta in larga misura di una fascia di cittadini con molti titoli di studio che abbandonano tutto (perfino un anziano broker della Borsa di New York, e così via) per mettersi a produrre degli alimenti in città, raggruppandosi in forma di cooperative, perché sono coscienti che l’autonomia alimentare di Toronto ha pochi giorni di vita. Se verrà a mancare il petrolio è finita, non si nutrono più sei milioni di abitanti, è un discorso molto semplice. In Argentina c’è un altro caso significativo. Dopo la grande crisi degli anni 2000, una municipalità molto attiva e con buona volontà ha organizzato un programma di agricoltura urbana, inteso come mezzo per uscire dalla povertà, che nel frattempo si era cronicizzata. E ciò permette anche di resistere al riscaldamento climatico, poiché quanti più sono gli spazi verdi all’interno delle città, tanto meglio è, e si rende quindi possibile essere più resistenti. Le monete locali e le monete sociali Il secondo settore preso in considerazione è quello delle monete locali e di quelle sociali, anch’esso un grande movimento planetario. In molti luoghi si sono create monete locali e sociali, a Parigi, anche la città di Nantes risulta aver lanciato la moneta che avevano creato, Tolosa ha creato la sua…. Ovunque nel mondo si creano delle monete. Perché? Perché il sistema finanziario costituisce un altro grave problema, sappiamo bene che può crollare in qualunque momento; e anche questo lo dicono gli esperti. Perché il sistema è completamente marcio. Quando veniamo a sapere che solo il 5% delle transazioni finanziarie sono legate all’economia reale… Ciò vuol dire che tutto il resto è soltanto speculazione. E comprendiamo che funzionando in questa maniera, in questo modello di crescita, creando continuamente solo più debiti, per nutrire la bestia, la crescita, un giorno o l’altro può esplodere. Vi sono quindi delle persone che hanno capito tutto ciò e che vogliono ridare al denaro il suo vero valore, quello di mezzo di scambio. In generale sono delle monete fondative, di base, essenziali, cioè che perdono il loro valore se non le si usano e quindi che non si possono tesaurizzare, non possono servire per speculare. Sono veramente legate all’economia reale, che è concepita per soddisfare dei bisogni umani. Per vedere tutto ciò sono andata in Brasile e in Germania, due storie assolutamente straordinarie…. La transizione energetica E poi vi è la transizione energetica, anch’esso un grande movimento planetario, diretto a creare delle cooperative che sono in grado di produrre l’energia che consumano, senza scopi di lucro, e cercando insieme di consumare meno. Per questo aspetto sono andata in Danimarca e poi nel Nepal. Infine sono arrivata fino al Bhutan, perché dietro a tutto ciò c’è la domanda “Che cos’è la ricchezza?”, come la si misura, di quale ricchezza stiamo parlando? Significa rimettere in discussione il PIL, il prodotto interno lordo, anche perché quando si parla di crescita, si tratta sempre di crescita del PIL. C è nel film un esperto britannico che racconta una storia, che a me sembra molto significativa, che è l’esempio di un criceto che raddoppia di peso ogni settimana fino alla sua sesta settimana di vita e poi si arresta bruscamente e per fortuna, perché se non si arrestasse (è questa la crescita illimitata…) alla fine dell’anno peserebbe nove miliardi di tonnellate e consumerebbe tutta la produzione annuale di granturco del pianeta. Il mio film dice: come potrebbe essere la società della post-crescita? Se si avesse il coraggio di dire : “Muoviamoci! Rivediamo il nostro paradigma” (in effetti esiste attualmente una riflessione mondiale, anche presso le Nazioni Unite, per definire un nuovo paradigma dello sviluppo), molta gente si mobiliterebbe, perché esiste una massa di persone che capiscono che in questo modo non può funzionare. C’è molta gente che oggi è sul bordo della strada, ci sono otto milioni di francesi che vivono al di sotto della soglia di povertà, tutti questi attendono solo una cosa: che qualcuno proponga qualcosa di diverso. E questa nuova società, finalmente, come si vede chiaramente nel mio prossimo film, tutta questa gente che ha cambiato il suo stile di vita a livello personale, individuale, locale, beh, loro già vivono molto meglio, hanno ricreato dei legami con i loro vicini, hanno ridato un senso alle loro vite ed evidentemente tutto ciò non passa attraverso una crescita dei beni 6 materiali. Ma finalmente si collabora di più, si condivide di più…Saremo in tutti i casi obbligati a farlo, quindi tanto vale anticiparlo un po’…. Il cambiamento verrà dal basso Il cambiamento verrà dal basso, dalla gente? E’ evidentemente una domanda che ho posto a tutti quelli che ho incontrato, sia sul campo che agli esperti, che hanno tutti scritto dei libri sulla fine della crescita… Io penso che il cambiamento di sistema di cui c’è necessità, il sistema che traballa – e io preferirei che si faccia una trattativa tutti insieme per il cambiamento, piuttosto che lasciare che traballi tutto da solo e che poi all’improvviso crolli e tutti ne facciano le spese – si potrà sostenere con tutte queste iniziative che si stanno realizzando in tutto il mondo, che alimentano quindi questi tre grandi settori, la rilocalizzazione delle tre cose di cui tutto il mondo ha bisogno per vivere, che sono l’alimentazione, l’energia e il denaro. Il cambiamento non si verificherà se non ci sarà un numero sufficiente di iniziative dappertutto, già praticate sul campo, che mostrano che un altro percorso è possibile, ma perché tutto ciò diventi un cambiamento di sistema, è necessario che i governi lo sostengano. Ciò non avverrà se non ci sarà una volontà politica di accompagnare tutto ciò in tempi molto stretti. Spesso l’esempio che mi è stato presentato (alcuni penseranno: “Mio Dio, è proprio terribile!”) comporta che tutti comprendano che siamo in una situazione di guerra, e che il nemico è in particolare il cambiamento climatico, è necessario combattere globalmente contro questo nemico comune, che abbiamo creato noi stessi. L’esempio che mi è stato presentato è dunque quello di creare una economia di guerra, come è stato fatto durante la seconda guerra mondiale, ed è interessante perché si vede che quando il potere politico prende coscienza che vi è un pericolo, che il nemico è alle porte, può mobilitare tutte le sue forze e molto rapidamente, e in una anno è possibile rilocalizzare la produzione alimentare, come si è visto in Inghilterra e negli Stati Uniti con gli “Gli Orti della Vittoria” Ridare un senso agli scambi Si può dunque fare rapidamente, questa è la buona notizia, se si arriva a convincere i politici che è necessario fare tutto rapidamente. Tutto ciò può essere accompagnato da un razionamento, ma il razionamento visto in termini positivi, che è ciò che si realizza quando si fa un intervento sulle auto per l’uso in comune.(car pooling e car sharing). Significa condividere le auto. E’ ormai evidente che non si potrà più avere una, due o tre auto per famiglia, e che rappresenta un obiettivo nella vita dei paesi dire “consumate le vostre auto” Condividere è molto meglio, non si deve vedere ciò da un punto di vista negativo. Invece si ridà valore a tutti i valori di cooperazione, di condivisione, di scambio che abbiamo perso. Abbiamo il saper fare un’auto, lo vedrete nel film, ci sono delle esperienze coronate da successo e che hanno già parecchi anni di vita, e che funzionano. Io sono andata in Baviera, dove una moneta locale esiste da anni, è la California dell’Europa, quindi qualunque cosa tranne dei Babas Cools, e i responsabile delle imprese della zona spiegano che la moneta locale è estremamente importante, anche per gli imprenditori Bavaresi, nel genere conservatore non si è ancora prodotto nulla di meglio! D’altra parte, sono andata in Brasile, dove una moneta locale ha totalmente trasformata una baraccopoli permettendo la creazione di posti di lavoro. Le persone di quel posto si incontrano tra loro per dire che: “dobbiamo riconquistare il denaro e dargli il suo reale valore, e ciò permetterà di sviluppare la resilienza, la nostra capacità di resistere, la capacità assorbire le crisi. Quindi questo è un film molto centrato sulla resilienza, su come ci si prepara ad affrontare le crisi improvvise, ma con il buon umore e la felicità…. L’urgenza climatica sembra non essere percepita Poiché la sfida è quanto meno sapere se potremo sopravvivere, a scadenze più o meno lunghe, a queste crisi che ci attendono; la prima di esse è evidentemente quella del riscaldamento climatico. Voi avete visto l’ultimo rapporto IPCC, apparso quindici giorni fa, se non facciamo nulla, se continuiamo “fare affari come al solito”: 4,8° di aumento della temperatura, è pazzesco! Ciò vuol dire più di un metro di innalzamento del livello del mare, ciò vuol dire milioni e milioni di rifugiati climatici, ciò vuol dire che la produzione alimentare può essere completamente disintegrata, e ciò vuol dire molte sofferenze umane…. Io sono completamente sconvolta dal vedere che quando l’IPCC pubblica un rapporto di questo genere, che suona veramente un campanello di allarme, non si faccia ciò che si è fatto l’11 settembre. Il famoso 11 settembre. Noi stavamo montando un film e improvvisamente tutto si è fermato,……. Non si è parlato che di questo, l’11 settembre, l’11 settembre, per dei giorni interi. Le platee della televisione, le sfilate degli esperti, ecc. E’ questo che si sarebbe dovuto fare dopo l’ultimo rapporto dell’IPCC, vale a dire prestare attenzione, è una cosa veramente grave, ….. ma no, in realtà non è accaduto nulla, invece è stato trattato effettivamente come una piccola notizia di stampa, nella maggior parte dei mezzi di comunicazione. Nessuna dichiarazione di uomini politici di alto livello, che dicesse, attenzione questo rapporto è realmente un fatto grave. La negazione. Abbiamo bisogno di nuovi uomini politici, ormai è chiaro. Al momento, la classe politica così com’è, è molto bloccata da tante catene, molto impastoiata in questa concezione dello sviluppo che si è fatta i Trenta Anni Gloriosi. Quindi dovremmo veramente cambiare la logica, e io penso che abbiamo bisogno di una nuova classe politica formata da giovani, che abbiano già introiettato tutto ciò e che non siano all’interno di questa concezione ormai totalmente sorpassata. Un altro rapporto con il lavoro, un altro rapporto con il tempo E’ una società dove anche la nozione di lavoro sarà diversa, si lavorerà meno in questa prossima società. Meno lavoro salariato, meno tempo di lavoro, 20 ore è quello che dicono gli esperti che stanno lavorando su questi aspetti. Nelle venti ore che si liberano avremo il tempo di piantare i nostri pomodori se ne abbiamo voglia, di riparare la bicicletta, poiché chiaramente sarà uno dei mezzi di trasporto del futuro, per scambiare delle cose con i vicini, o per fare parte di una banca del tempo Ci sono delle storie assolutamente formidabili. In Giappone, ad esempio, hanno sviluppato da oltre 15 anni una banca del tempo destinata a persone anziane. Voi abitate in un quartiere, voi avete in famiglia una persona anziana che ha bisogno di qualcuno che vada a fare degli acquisti per lui per esempio, la vicina ci va e guadagna dei buoni la cui unità di conto è il tempo, cioè valgono una, due o tre ore. Lei può sia metterli su un conto del tempo (e il vantaggio di avere un conto del tempo è che un’ora di oggi sarà sempre un ora tra venti anni, niente inflazione e nessuna speculazione su di essa), sia metterle da parte dicendosi che quando sarà vecchia, tra venti anni, io potrò utilizzare il capitale di tempo che ho guadagnato facendo dei servizi alla mia vicina. Oppure, ella dice a se stessa, guarda un po’, ora le invio al mio vecchio padre che abita all’altro capo del Giappone, che potrà utilizzarle! “E’ geniale! Una banca del tempo! In ogni parte del mondo c’è qualcuno che crea tutto ciò, è fantastico! E’ la risposta ad un gran numero di esigenze! Uscire dalla scatola Dobbiamo uscire dalla scatola, c’è un esperto che da tempo dice questo, viviamo rinchiusi dentro una scatola, è ora di guardare fuori! La soluzione è all’esterno della scatola! E quando riusciamo a farlo troviamo che è una cosa molto simpatica, finalmente troviamo delle cose che sono molto motivanti. Certo, naturalmente ci saranno delle resistenze….Chi ha interesse a mantenere il sistema? Sono coloro che io conosco benissimo, le grandi multinazionali, che lavorano in modo miope, a breve termine, perché dalla crescita come è attualmente ne trae dei profitti soltanto una minoranza molto limitata, e sempre più ridotta. Esiste un gruppo di interessi privati che è molto potente, che ha dei mezzi importanti, che ha interesse a che la situazione attuale sia mantenuta. Tocca a noi ora di convincere in misura sufficiente i politici e i cittadini che possiamo riuscirci, malgrado esistano degli interessi privati importanti. Fonte: Trascrizione di Nicola Casaux della sua intervista a Marie-Monique Robin, visibile su video su Le 4e singe (la quarta scimmia) Fonte Agenzia di stampa Internazionale pressenza.com 7 Traduzione per comune info di Alberto Casatgnola (fonte: Comune-info) link: http://www.aadp.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2117 Politica internazionale Il caos mediorientale da Bush a Obama Tommaso Canetta e Silvia Favasuli) (di Mantenere gli Stati Uniti fuori dai conflitti internazionali, riportare a casa “i ragazzi”. Sembra essere questa la strategia di politica estera perseguita dal presidente americano Barack Obama. Dopo l’interventismo americano avviato da Bush junior, nemmeno il disimpegno Usa targato Obama sta garantendo stabilità e democrazia in Medio Oriente. Lo si vede bene confrontando la situazione nel 2001 (l’anno dell’attentato alle Torri Gemelle), nel 2008 (fine del mandato di Bush e inizio di quello di Obama) e nel 2014 (la fase post Primavere arabe). Iraq 2001 - 2008 - 2014 Il Paese è guidato da Saddam Hussein, segretario del partito Baath iracheno (partito arabo di ispirazione socialista), al comando dal 1979. Il suo è un regime dittatoriale. L’Iraq possiede la terza riserva di petrolio al mondo, ma sul Paese vige ancora l’embargo introdotto dall’Onu dopo la guerra del Golfo del 1990/91. Il programma Oil for food, “petrolio in cambio di cibo”, del 1995, autorizza l’Iraq a esportare solo due miliardi di dollari di greggio al semestre per l’acquisto di viveri e medicinali. Gli Usa e la Gran Bretagna ostacolano il programma, ritenendo che serva all’Iraq per acquistare materiale bellico. Convinti che l’Iraq non stia mantenendo gli impegni di disarmo sottoscritti con il cessate il fuoco del 1991, nel febbraio del 2001, 24 bombardieri statunitensi e britannici attaccano alcune postazioni radar alla periferia di Baghdad. Subito dopo l’attacco terroristico alle Torri Gemelle, Washington accusa il regime iracheno di produrre armi di distruzione di massa e di collaborare con al-Qa-?ida. Egitto 2001 - 2008 -2014 Il Paese è guidato da Hosni Mubarak, presidente in carica dall’ottobre 1981 e arrivato al quarto mandato. È ancora in vigore la legge marziale, introdotta come misura di emergenza dopo l’assassinio del presidente Anwar al-Sadat, nel 1981. Per decisione del Presidente Mubarak, l’organizzazione islamista dei Fratelli Musulmani (fondata nel 1928) può partecipare alle elezioni solo in alleanza con i partiti laici di opposizione. L’Egitto dipende da aiuti economici e militari Usa. Libia 2001 - 2008 - 2014 Massima autorità è Muhammar Gheddafi, alla guida del Paese dal 1969 con il titolo onorifico di “Guida e comandante della rivoluzione della Grande Jama-hi-riyya araba libica popolare”. Dal 1993 sulla Libia pendono le sanzioni introdotte dalle Nazioni unite dopo che il Paese ha rifiutato di consegnare agli Stati uniti gli agenti dei servizi libici ritenuti responsabili dell’attacco terroristico sul volo Pan Am 103 nel dicembre 1988 (attentato di Lockerbie). Iran 2001 - 2008 - 2014 Guida Suprema è Alì Khamenei, succeduto nel 1989 all’Ayatollah Khomeini. Presidente il riformista Mohammed Khatami, eletto nel 1997. La questione del nucleare iraniano non è ancora esplosa. Non ci sono relazioni diplomatiche formali tra Iran e Stati Uniti, bloccate dopo la rivoluzione iraniana del 1979. Siria 2001 - 2008 - 2014 Bashar al Assad è succeduto al padre Hafez da un anno, diventando presidente della Siria nel segno della continuità del regime baathista (il Baath è un partito arabo di ispirazione socialista), pur con alcune timide aperture in materia di riforme. Libano 2001 - 2008 - 2014 Il Paese è ancora occupato dalle forze armate siriane (ufficialmente Forza araba di dissuasione, o Fad). Primo ministro è, per la seconda volta, Rafiq Hariri, imprenditore sunnita. Nel Paese è attiva Hezbollah, nata nel 1982 come milizia in risposta all’invasione israeliana del Libano, e impegnata come partito politico. Anche dopo il ritiro delle truppe delle Forze di Difesa Israeliane dal sud del Libano, nel 2000, Hezbollah continua a fare sporadici lanci di razzi contro il nord di Israele. Turchia 2001 - 2008 - 2014 Reduce dall’intervento dei militari nella politica del 1997, con cui era stato costretto alle dimissioni il premier filo-islamico Necmettin Erbakan, il Paese è guidato da un governo di unità nazionale, eletto nel 1999. Israele – Palestina 2001 - 2008 - 2014 Sta infuriando la seconda Intifada, scoppiata nel 2000 a seguito della “passeggiata” sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme di Ariel Sharon, allora capo dell’opposizione al governo guidato da Ehud Barak. Sharon è ora primo ministro, mentre l’autorità palestinese è ancora guidata da Yasser Arafat. Giordania 2001 - 2008 - 2014 Alla guida del regno Hashemita della Giordania c’è Adb Allah II, figlio di Husayn, morto nel 1999. Il re guida la monarchia costituzionale e detiene il potere esecutivo insieme al consiglio dei ministri. Può porre il veto alle leggi del Parlamento. La Giordania riceve aiuti economici dagli Usa fin dal 1952, anno di nascita del Paese. Gli aiuti comprendono fondi per progetti di sviluppo, sanità, educazione, accesso all’acqua, prestiti per acquisto di commodities. Gli Usa forniscono anche supporto militare al Paese, fatto di materiali e addestramento uomini. Arabia Saudita 2001 - 2008 - 2014 Re del Paese è Fahd, membro della dinastia del Saud al potere dal 1932. Nel 1992 Fahd ha approvato una riforma costituzionale per cambiare le regole della successione al trono: re dell’Arabia saudita diventa “il più valido dei figli e dei nipoti di Abd al-Aziz Al Saud”, fondatore della dinastia. Fino a quel momento spettava al figlio più anziano del primo re saudita. Le relazioni diplomatiche con gli Usa sono piene. (fonte: Linkiesta) link: http://www.linkiesta.it/infografica/il-caos-mediorientale-da-bush-obama Questione di genere Umane, ma un po’ meno (di Maria G. Di Rienzo) Mettiamo che, nel giro di due giorni (24 e 25 agosto 2014) e nello stesso paese, quattro persone che condividono un tratto identitario fondamentale siano uccise o ferite gravemente da altre quattro persone che condividono un diverso tratto identitario fondamentale: diciamo, indifferentemente alle azioni compiute o subite, che siano identificabili come musulmani/cattolici, "bianchi"/"neri" o persino alti e bassi. Mettiamo anche che questi quattro episodi non siano che l'apice concentrato di una situazione che si ripete ogni pochi giorni. I titoli dei giornali sarebbero pressappoco questi: Mattanza di musulmani, Strage di cristiani, Emergenza omicidi di bianchi, Orribile catena di assassini di neri, Violenza contro persone alte incontrollata, Macello delle persone basse. Politici di tutte le appartenenze si sentirebbero in dovere di intervenire, quelli al governo assicurerebbero immediata attenzione e progetterebbero interventi. In Italia, nel giro di due giorni (24 e 25 agosto 2014), due donne sono state uccise e due ferite - una è in pericolo di vita, da quattro uomini. L'episodio più clamoroso è quello di Roma, dove il 35enne Federico Leonelli uccide a coltellate la 38enne ucraina Oksana Martseniuk e la decapita con una mannaia, ma nello stesso giorno a Nuoro Sandro Mula, quarentenne, uccide la moglie Sara Coinu, 36 anni, con tre colpi di pistola e poi rivolge l'arma contro di sé. Il giorno successivo a Lamezia Terme un uomo quarantenne accoltella 8 ripetutamente la moglie (che fortunatamente non è in pericolo di vita) e fugge; a Santa Maria Capua Vetere un 56enne riduce in poltiglia la consorte a colpi di mazza da baseball: costei è grave. In questi due ultimi casi i trafiletti non hanno menzionato nomi e cognomi delle persone coinvolte. La prima cosa interessante è che non è accaduto niente di quel che sarebbe invece accaduto in ambito giornalistico e politico se la situazione fosse come l'ho descritta in apertura. Nessuno ha notato che in Italia le donne muoiono o subiscono tentativi di omicidio in un numero che è troppo allarmante per essere ancora affrontato spezzettando i casi in follia - raptus - gelosia - crisi familiare - si stavano separando - lei lo aveva respinto, e cioè in problematiche "singole" che con il clima culturale e sociale della nazione non avrebbero nulla a che fare. Nessun quotidiano ha prodotto titoli, occhielli o articoli che riflettano la realtà; nessun politico si è sentito in dovere di rilasciare dichiarazioni. La seconda cosa interessante riguarda il caso romano, troppo denso di dettagli orripilanti per non guadagnare la prima pagina, compreso l'omicidio dell'aggressore da parte della polizia. Questa è una sequenza di titoli/occhielli del Corriere della Sera fra il 24 ed il 25 agosto, i corsivi sono miei: n. 1 - Decapita la partner con una mannaia. L’assassino ucciso dalla polizia. Orrore e sangue in un appartamento all’Eur. Al loro arrivo gli agenti sono stati aggrediti dall’omicida con la stessa arma: hanno dovuto sparare e lo hanno colpito. n. 2 - Decapita una donna con una mannaia. L’assassino ucciso dalla polizia. Orrore in una villa (a) Roma. L’omicida, in divisa paramilitare e il volto coperto da una maschera antigas, ha aggredito gli agenti, che hanno dovuto sparare e lo hanno colpito. n. 3 - L’assassino aveva 35 anni, una relazione sentimentale chiusa da due anni. n. 4 - Il ritratto del killer, tra depressione e l’uso di tranquillanti n. 5 - L'ospite triste diventa killer. E questa è una sequenza de La Repubblica (stessi giorni, i corsivi sono sempre miei): n. 1 - Decapita la compagna poi si scaglia contro gli agenti che sparano: morto in ospedale . Orrore in una villetta di via Birmania. Un uomo prima uccide con una mannaia la compagna poi attacca i poliziotti. Ricoverato al Sant'Eugenio, è deceduto Roma, decapita donna poi si scaglia contro gli agenti che sparano: morto in ospedale. n. 2 - Il delitto in una villetta di via Birmania all'Eur. Un uomo, Federico P. di 35 anni, con indosso una maschera e gli anfibi prima uccide con una mannaia la domestica ucraina poi attacca i poliziotti. Ricoverato al Sant'Eugenio, è deceduto. n. 3 - Nella casa dell'assassino "Era violento" "No, era speciale" "Sconvolto dalla morte della fidanzata". Ormai saprete il resto, credo. La vittima lavorava nella villa che era stata "prestata" all'omicida dai proprietari in vacanza. La vittima aveva allertato i suoi datori di lavoro: il loro amico maneggiava un gran quantità di coltelli in un modo che le faceva paura. Gli investigatori ipotizzano che Oksana Martseniuk sia stata assalita sessualmente (le sue grida, il fatto che il cadavere fosse senza maglietta) e che l'assassino abbia "reagito" al suo rifiuto; la decapitazione sarebbe dovuta all'idea di fare a pezzi il cadavere per potersene sbarazzare più facilmente. Da notare che in prima battuta i giornali sono convinti che tra i due debba esserci una relazione: se la morta è "la compagna" il delitto si spiega, è normale, avranno litigato, lei forse voleva lasciarlo, lei lo aveva tradito ecc. Quando il dato è smentito, le giustificazioni per l'assassino prendono tutte le direzioni possibili: era triste e depresso perché una relazione sentimentale durata due anni si era chiusa (affermazione poi sparita da ogni articolo successivo), oppure perché la sua fidanzata, con cui aveva avuto una relazione molto lunga, è morta; faceva uso di psicofarmaci: "informazione" sparata senza verifica alcuna, sulla base delle dichiarazioni di un vicino di casa: Penso facesse uso di tranquillanti e smentita da articoli successivi con l'occhiello "Non prendeva tranquillanti"; inoltre, era una brava persona, anzi una persona stupenda: la sorella lo definisce "un ragazzo d'oro che si prodigava con i nipotini e per il custode del palazzo in cui abitava era "un ragazzo splendido, una persona speciale". Altre testimonianze, sempre di vicini di casa, menzionano "lunghi litigi" con la madre (in condizioni fisiche precarie, assistita da una badante) "che sembravano non finire mai": "Sentivamo sempre urlare" e dicono che Federico Leonelli avrebbe anche alzato le mani su madre e sorella durante i litigi suddetti. La "maschera antigas" dei primi flash si riduce ad un paio di occhiali da giardiniere e la dinamica dell'uccisione di Leonelli da parte della polizia presenta controversie: forse non ha minacciato gli agenti con il coltellaccio ma ha tentato di entrare nella propria auto per fuggire. L'ultima cosa interessante è che Oksana Martseniuk esiste nei media solo come cadavere decapitato. Non vi è traccia della curiosità e dei patetici tentativi di "analisi" che invece investono personalità, esperienze e relazioni del suo assassino. Non sappiamo, e a nessuno interessa sapere, chi fosse questa donna da viva. Possiamo ragionevolmente supporre che i suoi colleghi, gli altri domestici che lavoravano nella villa, conoscessero qualcosa di lei ma nessuno ha chiesto loro niente. Possiamo ragionevolmente supporre che avesse storie allegre e storie tristi nel suo passato, che avesse hobby e cose che le piacevano più di altre. Possiamo ragionevolmente supporre che avesse relazioni, parenti, amici; possiamo ragionevolmente supporre che qualcuno, nel momento in cui io scrivo queste parole, sia disperato, incredulo, sotto shock, ferito irreparabilmente dalla morte di Oksana. Ma non possiamo andare più in là delle ipotesi ragionevoli. Perché Oksana Martseniuk era una donna, e quindi infinitamente meno degna di interesse e compassione e meno umana dell'uomo che l'ha uccisa. Maria G. Di Rienzo (fonte: LunaNuvola's Blog - il blog di Maria G. Di Rienzo) link: http://lunanuvola.wordpress.com/2014/08/25/umane-ma-un-po-meno/ Religioni Ricordando dom Hélder Camara Fazzini) (di Gerolamo Moriva il 27 agosto di 15 anni fa Hélder Câmara, uno dei vescovi latinoamericani più amati, grazie alla sua passione per una Chiesa povera e dei poveri, alla sua attenzione per le persone e alla sua fede incarnata. Il ritratto di un pastore che può essere certamente considerato un precursore di papa Francesco. «Il vescovo rosso Câmara sulla via della beatificazione», strillava Il Messaggero del 29 maggio scorso. Un titolo che la dice lunga su come una parte dell’opinione pubblica ha accolto la notizia dell’imminente apertura del processo canonico che potrebbe portare sugli altari dom Hélder Câmara, arcivescovo di Olinda-Recife. Tra i protagonisti della storia recente (non solo ecclesiale) dell’America Latina, Câmara stesso, per tutta la sua vita, ha dovuto fare i conti con quella pesante etichetta: «Quando do da mangiare a un povero mi chiamano santo - è una delle sue frasi passate alla storia -, ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora mi chiamano comunista». Curioso: anche papa Francesco, rispondendo alle domande di un gruppo di giovani belgi, pochi mesi fa aveva chiarito: «Ho sentito che una persona ha detto: con tutto questo parlare dei poveri, questo Papa è un comunista! 9 No, questa è una bandiera del Vangelo, la povertà senza ideologia; i poveri sono al centro del Vangelo di Gesù». Ecco: se c’è un motivo per cui valga la pena oggi, a 15 anni esatti dalla morte, rievocare la figura di dom Hélder - nato nel 1909 e morto il 27 agosto 1999 -, è la sua passione per i poveri, il suo straordinario impegno per rendere la Chiesa più fedele a quella di Gesù: «Una Chiesa povera per i poveri». In questo si può affermare, senza tema di smentite, che Câmara ha anticipato papa Bergoglio. IL PICCOLO VESCOVO Ne riceviamo ripetute conferme a Recife. La Igreja das Fronteiras, presso cui era la residenza di Câmara, è ancora oggi il cuore pulsante della sua memoria. Sulla piazza antistante una statua del «bispinho» («piccolo vescovo», com’era soprannominato), ti accoglie a braccia aperte. A lato ha sede l’Instituto dom Hélder Câmara. Qui incontriamo uno dei membri, un’anziana ma lucida signora, Bete Barbosa, che cura le pubblicazioni di Câmara: «In molti atteggiamenti e parole di papa Francesco - dice ritroviamo accenti simili a quelli di dom Hélder. A cominciare dalla premura per le persone, per i loro bisogni». Le fa eco Luis Tenderini, 70 anni, italiano di origine, ma in Brasile da oltre 40 anni. A lungo braccio destro di Câmara in diocesi e fondatore di Emmaus Recife su incoraggiamento dello stesso dom Hélder, ci fa da guida preziosa e racconta: «Del primo incontro personale con lui, nel luglio 1979, quando mi invitò a collaborare nell’attività pastorale, ricorderò sempre il gesto finale: terminato il colloquio, mi accompagnò al portone d’uscita, aspettando che girassi l’angolo prima di rientrare. Più tardi ho scoperto che faceva la stessa cosa con chiunque lo visitasse». Un altro tratto che accomuna decisamente l’attuale Papa e il «vescovo rosso» è lo stile di sobrietà estrema e la distanza siderale da quella mondanità che Bergoglio non smette di indicare come uno dei mali della Chiesa attuale. Oggi fa colpo la decisione di Francesco di vivere in un modesto alloggio a Santa Marta, rinunciando al tradizionale appartamento pontificio. Ma dom Câmara aveva fatto lo stesso, anni prima, decidendo di prendere dimora in due modesti locali adiacenti alla Igreja das Fronteiras (vedi sotto). Anche la tomba di Câmara parla di essenzialità: una semplice lastra di marmo chiaro, su cui sono incisi solo il nome e le date di nascita e morte, con una colomba stilizzata. È collocata nella cattedrale di Olinda, antica città coloniale a pochi chilometri da Recife. Da quella chiesa, oggi meta di pellegrini e turisti, si gode una vista spettacolare sulla città sottostante e sull’intera baia. Ancora. Papa Bergoglio parla dei poveri come della «carne di Cristo». Câmara, per tutta la sua vita, ha manifestato una premura per gli ultimi che, prima ancora di assumere i toni della denuncia sociale, si configurava come attenzione alle persone in gesti semplici. In proposito, ecco una preziosa testimonianza di Marcelo Barros, abate benedettino e teologo della liberazione, collaboratore di dom Hélder per 12 anni: «In ogni fratello e sorella che incontrava lui vedeva la presenza divina - ha scritto tempo fa su Nigrizia -. Una volta alla settimana ci riunivamo a casa sua. Mentre parlavamo, molte persone bussavano alla porta. Egli stesso si alzava e le riceveva. A volte si dilungava nell’ascolto. Diceva: “Ci tengo a riceverli personalmente, perché non voglio perdere il privilegio di accogliere il Signore stesso”». PROTAGONISTA DEL CONCILIO È interessante osservare come, al pari di Oscar Romero, altro gigante della Chiesa latinoamericana, anche monsignor Câmara abbia percorso un cammino personale di «conversione», prima di prendere le posizioni coraggiose che conosciamo. Nato in una famiglia numerosa, era cresciuto in un ambiente ecclesiale piuttosto conservatore. Ordinato sacerdote nel 1931, si converte ai poveri quando, nel 1952, diventa ausiliare del cardinale di Rio de Janeiro: è in quel periodo che il giovane e dinamico vescovo si conquista sul campo il soprannome di «vescovo delle favelas». Il carisma di dom Hélder si dilata presto fuori dai confini della città. Nel 1952 è tra i promotori della Conferenza episcopale brasiliana, di cui diventa segretario per 12 anni. Tre anni dopo, lancia la convocazione a Rio della prima Conferenza dei vescovi latino-americani, da cui nascerà il Celam (Consiglio episcopale latinoamericano). Nel 1964 - anno del golpe che instaura il regime militare in Brasile Câmara viene nominato arcivescovo di Recife, capitale del Pernambuco, nel Nord-Est, la regione più povera del Paese. Il giorno dell’ingresso ufficiale, il nuovo arcivescovo non vuole essere accolto dentro la cattedrale, ma sulla piazza, in mezzo alla gente. Negli anni successivi l’impegno di dom Hélder a servizio dei più deboli continuerà senza sosta, con prese di posizione coraggiose che lo renderanno famoso in tutto il mondo. Una frase riassume efficacemente il senso profondamente evangelico delle sue battaglie: «La rivoluzione sociale di cui il mondo ha bisogno non è un colpo di Stato, non è una guerra. È una trasformazione profonda e radicale che suppone Grazia divina». Pur senza prendere mai la parola durante le sessioni di lavoro, fu uno dei protagonisti del Concilio Vaticano II, tra gli ispiratori del famoso «Patto delle catacombe»; per comprenderne il ruolo cruciale basta leggere le sue circolari raccolte in Roma, due del mattino (San Paolo 2011). Nel 1970 il Sunday Times arrivò a definire dom Hélder «l’uomo più influente dell’America Latina dopo Fidel Castro». l’organizzazione della classe privilegiata per mantenere soggetta, tramite il monopolio della forza, la popolazione, per sfruttarla e costringerla a fare ciò che vuole chi controlla lo Stato. E un nuovo Stato palestinese non sfuggirebbe a questa logica, come ha dimostrato tutta la storia dell’OLP. Non solo: i due stati troverebbero la loro ragion d’essere nel mantenimento di una tensione reciproca, che periodicamente sfocerebbe in conflitti armati. L’abolizione degli stati è la premessa indispensabile della pace: lo stato di Israele, con il suo spropositato apparato militare e repressivo, va quindi abolito, così come l’Autorità Nazionale Palestinese, e sostituiti entrambi da una federazione di comunità disarmate. La situazione politica in Palestina non è più quella degli anni ’70 del secolo scorso, quando la presenza di componenti di sinistra dell’Olp alimentava la speranza che una vittoria della lotta di liberazione palestinese potesse portare ad un’evoluzione in senso socialista; oggi questa evoluzione è possibile solo col rovesciamento della dirigenza dell’Olp e di Hamas, che può venire solo dalla sconfitta militare, cosi’ come solo la sconfitta militare può portare al rovesciamento dell’attuale governo israeliano. La situazione del resto è chiara: Hamas e’ sostenuta dal Qatar, dagli Emirati Arabi Uniti e dalla Turchia, tutti e tre alleati o membri della NATO; la partita che si sta giocando oggi in Medio Oriente e’ quindi evidentemente truccata. Il paradosso è che l’interessato non aveva progettato una «carriera» da profeta. Anzi, all’età di 34 anni, in un momento di sconforto, aveva scritto: «Attraverserò la vita senza lasciare nessun segno incisivo. Guarderò da lontano san Francesco Saverio senza poterlo imitare. Ancor più da lontano guarderò san Francesco d’Assisi. Al mio funerale qualcuno dirà che non ho prodotto tutto quello che avrei potuto produrre». La nostra posizione non è di neutralità o indifferenza tra i due contendenti: la pace può essere veramente una soluzione, ma per raggiungerla c’è bisogno di sconfiggere quelle classi dirigenti, palestinesi e israeliane, che della prosecuzione della guerra fanno la base del proprio potere; il pacifismo assoluto degli anarchici si accompagna all’internazionalismo proletario e al disfattismo rivoluzionario, cioè a quella pratica concreta di azioni in contrasto della guerra, pratica che nasce dal rifiuto di ogni patriottismo e di ogni gerarchia statale e militare. Oggi sappiamo bene che non è così: Câmara, infatti, va annoverato fra coloro che hanno impresso una svolta decisiva alla Chiesa del nostro tempo. Bastino queste ultime parole a mostrarne l’attualità: «Se Marx avesse visto intorno a sé una Chiesa incarnata, continuatrice dell’incarnazione di Cristo; se avesse vissuto con cristiani che amavano, in modo reale e con i fatti, gli uomini come espressione per eccellenza dell’amore di Dio, se avesse vissuto nei giorni del Vaticano II, che ha riassunto tutto ciò che di meglio dice e insegna la teologia circa le realtà terrene, Marx non avrebbe presentato la religione come l’oppio dei popoli e la Chiesa come alienata e alienante». La ricerca di soluzioni per le popolazioni del settore mediorientale e di altri contesti internazionali tormentati dalle guerre deve comunque necessariamente tradursi anche in concrete iniziative per la pace da condurre in Italia, per contrastare in senso antimilitarista ed internazionalista quelle misure del governo che si inseriscono, come in un gigantesco puzzle, nel controllo imperialistico del Medio Oriente: l’operazione “Mare Nostrum”, la base MUOS di Niscemi, l’acquisto degli F-35, la vendita di armi alle forze armate israeliane sono occasioni per una lotta concreta contro la guerra e contro l’impegno militare del governo italiano. Gerolamo Fazzini (fonte: Popoli - Webmagazine internazionale dei gesuiti) link: http://www.popoli.info/EasyNe2/Primo_piano/Ricordando_dom_Helder_Camara.as px Notizie dal mondo Palestina e Israele Comunicato: "Le aggressione israeliane a Gaza" (di La fiaccola dell'anarchia (comunità multietnica aperta)) Le aggressioni israeliane contro Gaza si concluderanno probabilmente quando le forze armate israeliane avranno esaurito la scorta di munizioni, senza un nulla di fatto, perché Hamas continuerà a governare la Striscia, e il governo israeliano sarà pronto a rispondere con crudeli rappresaglie ad ogni uscita offensiva dei palestinesi; ci sarà “solo” qualche migliaio di civili assassinati in più, quelli che le gerarchie militari chiamano “danni collaterali”. Quanto è avvenuto in questi anni a Gaza dimostra che la soluzione “ due popoli, due stati” non elimina la minaccia di guerra. Ogni Stato non è che 10 La fiaccola dell'anarchia (comunità multietnica aperta) link: http://www.aadp.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2130 Altre storie da Gaza (di Rete Italiana ISM) Sarah Algherbawi è una cittadina palestinese, nata in Arabia Saudita nel 1991 e ora vive nella Striscia di Gaza. Ha terminato la sua Laurea in Business Administration presso l’Università islamica di Gaza, e ora lavora come coordinatore del progetto multimediale. E ‘estremamente difficile trovare un punto di partenza quando si cerca di scrivere di martiri. Il bilancio delle vittime fino ad ora è di 1.898 persone, tra cui 433 bambini, 243 donne e 85 anziani, mentre il numero dei feriti è 9837. Essi hanno lasciato migliaia di storie, e dolore insanabile, dietro di loro. Sono Ismaeel Ibrahim Al-Ghoul. Mi puoi trovare nella foto a sinistra. Ho avuto un fratello gemello. Abbiamo vissuto insieme per nove mesi nel grembo della mamma e solo dieci giorni fuori. Ho pensato di condividere la nostra vita, giocare insieme, andare alla scuola materna, scuola e università insieme, e avere gli stessi amici. Ho pensato che saremmo stati amici per sempre. Il mio gemello è stato ucciso prima di poter anche crescere un po e vedere la vita fuori. Nulla è lasciato qui, ma la distruzione, dolore, e l’odore senza fine della morte. Ho perso la mia altra metà, Mohammed. Questa è la mia università. Mio fratello gemello non è stata la mia unica perdita. Ho anche perso mia madre, mio padre e mio fratello maggiore Wael. Mi dispiace non potrò mai avere la possibilità di conoscere loro, né le mie due sorelle belle, Hanady e Asma’a – sono state uccise anche loro. I miei fratelli e sorelle sono stati mantenuti all’interno di un congelatore. Li puoi vedere nella foto a destra. Non c’era spazio per altre persone morte in ospedale. Non c’è più spazio per il dolore. Domenica 3 agosto, la famiglia Al-Goul perso 10 membri, tra cui la famiglia di Ibrahim e cinque membri della famiglia di suo zio. Sono Ramy Rayan. Ho avuto una mamma e un papà che mi hanno amato come nessun altro genitore sulla terra ha fatto. Io ero il loro unico figlio. Mi hanno dato tutto. Ero la loro vita. Ho anche avuto una bella moglie e quattro figli. Il mio figlio maggiore aveva solo otto anni quando è stato ucciso. Sono stato ucciso per aver fatto il mio lavoro. Io non ho una pistola; tutto quello che avevo era la mia macchina fotografica. Non hanno rubato solo la mia vita; hanno rubato la vita di un’intera famiglia. Sono morto solo una volta. Mi chiedo quante volte la mia povera famiglia morirà ogni giorno, ora che devono vivere senza di me? Non potranno mai dimenticare. Non sapranno mai perdonare. Sono Momen Qraiqeh, un foto-giornalista palestinese, di età 27 anni. Nel 2008, ho perso entrambe le gambe per attacchi di aerei israeliani mentre stavo facendo il mio lavoro. Nel 2014, ho perso la mia casa ad opera dello lo stesso nemico. Nessuno può prevedere cosa altro si può perdere. Noi tutti condividiamo lo stesso dolore. Noi tutti sappiamo e sentiamo che cosa significa perdita. Nessuno di noi può immaginare come il resto della nostra vita, se è anche giusto chiamare questa vita, sarà dopo questo momento. Abbiamo perso la luce dei nostri occhi. I nostri bambini innocenti, poveri, e pure sono stati uccisi senza alcuna colpa. Amavano la vita, ma non hanno avuto la possibilità di vivere. Era il loro diritto più semplice, vivere! Avevamo una casa qui. Abbiamo avuto una vita, ricordi, gioie e dolori … tutti sono stati completamente sepolti sotto le macerie. Tutto è andato in un batter d’occhio. Ci vuole tempo, salute, e ricchezza per costruire una casa. Ci vuole così tanto tempo per creare i piccoli dettagli e costruirlo, per rendere ogni pezzo solido che resista alle avversità! Molte storie sono ormai prive di significato al di là dei limiti di questo luogo. Molti sentimenti non si faranno sentire di nuovo, e molti odori ci mancherà … 11 Ho costruito il mio futuro qui, e le mie amicizie. Ho avuto i tempi migliori. Era la mia porta d’ingresso al mondo. In questo edificio ho scattato molte foto con i miei amici alla nostra cerimonia di laurea. Mi è piaciuto tanto quanto io amo i miei amici. E ‘stato bello, non è vero? Non ti sembra un posto in cui il terrorismo si può praticare? Suppongo di sì, il tipo più pericoloso di terrorismo è praticare la costruzione di conoscenza qui-! Qui abbiamo imparato come affrontare l’occupazione con l’educazione e la conoscenza, e per rendere il mondo consapevole di ciò che siamo. Le mie parole sono le mie armi! (fonte: Rete Italiana ISM) link: http://reteitalianaism.it/public_html/index.php/2014/08/12/altre-storie-da-gaza/ Israele ha rubato il futuro di Gaza e la sua speranza (di Gideon Levy e Alex Levac) Due dottori norvegesi che hanno lavorato nell’ospedale Shifa di Gaza offrono uno straziante racconto [in qualità di] testimoni oculari di fatti [accaduti] lì. I dati sono scritti in inchiostro sul palmo della sua mano, come se fosse uno scolaro che copia le informazioni per un compito in classe : 1035 morti [1900 al 5 agosto dei quali 400 bambini. NdT], 6233 feriti alle 14 di lunedì 28 [al 5 agosto 9000 feriti NdT.]. Ogni giorno cancella i numeri e li aggiorna. Questa settimana, il prof. Mads Gilbert ha lasciato l’ospedale Shifa della Striscia di Gaza per una breve vacanza nella sua terra natia, la Norvegia, dopo due settimane continue di interventi sulle ferite da guerra. Il suo collega e compatriota, prof. Erik Fosse doveva sostituire Gilbert a Gaza, ma, a metà settimana, Israele ancora gli impediva di farlo.Anche Fosse aveva passato la prima settimana di Margine Protettivo nell’[ospedale] Shifa e voleva ritornarvi. Gilbert e Fosse hanno lavorato nell’[ospedale] Shifa anche durante l’operazione Piombo Fuso nel 2008-09, pubblicando in seguito il loro scioccante libro “Occhi demtro Gaza” sulle conseguenze [della guerra], un best seller internazionale. Ora loro ritengono che in termini di danni [procurati] alla popolazione civile e soprattutto ai bambini, la guerra attuale contro la Striscia è persino più straziante di quella precedente. Entrambi sono sulla sessantina. In gioventù ammiravano Israele, ma la prima guerra del Libano del 1982, durante la quale si sono arruolati per soccorrere i palestinesi feriti, ha modificato la loro percezione e ha cambiato per sempre le loro vite. “È stato allora che ho visto per la prima volta [all'opera] la macchina da guerra israeliana” ricorda Gilbert. Fosse è il responsabile dell’associazione NORWAC (Comitato di Aiuto Norvegese), che fornisce assistenza medica ai palestinesi ed è finanziata dal governo norvegese. Sia Gilbert , che è un volontario indipendente, che Fosse hanno dedicato gran parte della loro esistenza ad aiutare i palestinesi, e Gaza è divenuta la loro seconda casa. Nel pomeriggio di lunedì, abbiamo incontrato a Herzliya [cittadina sulla costa israeliana ndt] Fosse, un cardiochirurgo, dopo che è tornato dalle sue vacanze in Norvegia, sulla via del ritorno a Gaza. Abbiamo incontrato Gilbert, un anestesista, mentre stava uscendo dal valico di Erez per ritornare a casa. Le immagini descritte dai due dovrebbero pesare molto sulle coscienze di ogni essere umano onesto. vergognoso di passare alla storia”. Durante Piombo Fuso pensavo che fosse la più orribile esperienza della mia vita” dice Gilbert, “fino a quando sono arrivato a Gaza due settimane fa- il che è stato perfino più scioccante. I dati ci dicono che vi sono 4,2 palestinesi deceduti all’ora… più di un quarto dei morti sono bambini; oltre la metà sono donne e bambini. L’esercito israeliano [IDF] ha ammesso che il 70 % sono civili, l’ONU sostiene che sono l’80%, ma da quello che ho visto a Shifa oltre il 90 % sono civili. Questo significa che stiamo parlando del massacro della popolazione civile”. “Shujaiyeh è stato un vero massacro” egli continua. “ Durante Piombo Fuso non ho visto questo tipo di attacco alle case private; allora furono attaccate più strutture pubbliche. La brutalità, la premeditazione nel colpire i civili e le distruzioni [procurate] sono più terribili di quelle durante Piombo Fuso. Non non sono rimasto colpito dal fatto che la gente abbia ricevuto un preavviso di 80 secondi per abbandonare le proprie case. È inumano. La vista di Sujaiyeh è molto più terribile di qualsiasi altra cosa che abbiamo visto in Piombo Fuso. Gilbert, che insegna all’Università della Norvegia settentrionale, è anche furibondo nel vedere i danni intenzionali dell’esercito contro gli ospedali. Non rimane nulla dell’ospedale di riabilitazione Al-Wafa; l’ospedale pediatrico Mohammed al-Dura di Beit Hanun è stato bombardato dall’esercito, e un bimbo di due anni e mezzo ricoverato lì in un reparto è rimasto ucciso. Quattro persone sono state ammazzate nell’ospedale AlAqsa. Gilbert ha visitato l’ospedale pediatrico ed è stato testimone oculare della scena. Nove ambulanze sono state attaccate; il personale medico è stato ucciso e ferito. Secondo Gilbert, questi fatti costituiscono dei crimini di guerra. Il dottore è rimasto particolarmente impressionato dalla determinazione e dal comportamento degli abitanti, in primo luogo da quello dell’equipe medica locale. A Shifa , nessun addetto ha ricevuto un salario [negli ultimi] quattro mesi; negli otto mesi precedenti hanno ricevuto solamente la metà del loro stipendio. Anche quelli la cui casa è stata distrutta sono rimasti a lavorare. La loro dedizione al lavoro in queste condizioni lo hanno meravigliato. In merito all’affermazione che i dirigenti di Hamas si nascondano nell’ospedale, i due norvegesi dicono che non hanno visto un singolo uomo armato o nessun dirigente dell’organizzazione; qualche ministro di Hamas è venuto a visitare i feriti. Gilbert dice che pure durante Piombo Fuso l’IDF ha provato a spaventare l’equipe medica affermando che miliziani armati si nascondevano nell’ospedale, ma l’ultima persona armata vista dai norvegesi [nell'ospedale] Shifa è stato un dottore israeliano anni fa al tempo della prima Intifada. Gilbertafferma di aver detto a quell’uomo che il diritto internazionale vieta di portare armi negli ospedali Fosse è più misurato, forse perché ha lavorato solamente fino all’inizio dell’invasione di terra di Gaza; ha fatto circa dieci interventi al giorno al Shifa. Elogia la competenza dei medici gazawi con i quali ha lavorato. Fosse vede la sua missione anche fuori dalla camera operatoria, levando un grido di allarme al mondo, dopo che Gaza è stata svuotata da Israele di qualsiasi presenza internazionale. Egli dice che la maggior parte dei feriti è stata copita da missili teleguidati di precisione, e inoltre è sicuro che le ferite [procurate] ai bambini e ai civili siano state intenzionali. Nel loro libro i due norvegesi hanno evidenziato una foto di tiratori scelti dell’IDF con magliette disegnate con le scritte: “Più piccolo – più difficile” e “Una pallottola – due ammazzati”. Questa volta sono i missili intelligenti che uccidono i bambini. Ma secondo Fosse, l’assedio israeliano di Gaza è persino più duro per i suoi abitanti della guerra. Questo è il motivo per cui Hamas è ora più aggressivo. “Per sette anni, tutta la società è collassata. Non vi è nessuna attività commerciale, non si esporta, e non c’è via di fuga. L’unica attività remunerativa è il contrabbando, e questo distrugge la società. Distrugge Gaza come società normale. L’assedio ha creato un sottile strato di popolazione divenuta ricca grazie al contrabbando- mentre tutti gli altri sono poveri. Ciò mina la struttura della società, e questo è il maggiore problema di Gaza. “Mi ricordo di colloqui con chirurghi palestinesi della mia età. Per anni, hanno vissuto in una Gaza aperta che [permetteva loro] di avere ottimi rapporti con dottori israeliani. Hanno sempre sognato di ritornare a quei tempi. Ora quegli stessi dottori si affollano davanti alla televisione e manifestano gioia quando un razzo cade su Israele. Ho detto loro: ma Israele reagirà. E loro mi hanno risposto: Non ce ne importa più nulla. Moriremo comunque. È meglio morire sotto un bombardamento. “Hanno perso qualsiasi speranza. È scioccante vedere persone che hanno perso i loro figli e non gliene importa più nulla. Israele sta perdendo i suoi soldati ora per preservare una situazione che tutto il mondo contesta. Questo è un crimine contro una numerosa popolazione civile” aggiunge Fosse. “Voi avete distrutto il loro futuro e sono disperati. Hamas non ha un gran sostegno, ma vi è un grande sentimento che non è rimasto nulla da perdere. E dall’altra parte vi è una società in Israele che se ne infischia. È molto triste. Voi che siete passati attraverso l’Olocausto siete diventati razzisti. Secondo me, questa è una tragedia. Perché state facendo questo? State oltrepassando ogni limite morale – e alla fine questo distruggerà la vostra società”. (traduzione di Carlo Tagliacozzo) Analogamente egli contesta l’affermazione che Hamas stia usando la popolazione civile di Gaza come scudo umano, e aggiunge: “Dove si nascondevano i partigiani anti nazisti in Olanda e in Francia? E dove nascondevano le loro armi”? “Non sono un sostenitore di Hamas” dice Gilbert. “ Appoggio i palestinesi, e anche il loro diritto a sbagliare la scelta della loro classe dirigente. E chi ha scelto Netanyahu e Lieberman? Loro [i palestinesi] hanno il diritto di sbagliarsi. Sono stato in visita a Gaza per 17 anni. Più la bombardano, maggiore sarà il sostegno alla resistenza. Mi pare che il tentativo di descrivere Hamas uguale a Boko Haram è ridicolo. Boko Haram è l’IDF, che sta violando il diritto internazionale. Come possono i suoi comandanti essere orgogliosi di uccidere i civili? “La storia li giudicherà e penso che l’IDF non ne uscirà con una bella immagine, visti i fatti accaduti sul terreno. Faccio un appello agli israeliani: Svegliatevi. Dimostrate di essere coraggiosi. Israele sta andando in una direzione peggiore di quella del Sud Africa- e sarebbe un modo 12 2/08/ 2014, Haaretz (fonte: Centro Studi Sereno Regis) link: http://serenoregis.org/2014/08/07/israele-ha-rubato-il-futuro-di-gaza-e-la-suasperanza-gideon-levy-e-alex-levac/