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Notiziario settimanale n. 498 del 05/09/2014
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Questa versione stampabile del notiziario settimanale contiene, in forma integrale, gli articoli più significativi pubblicati nella
versione on-line, che è consultabile sul sito dell'Accademia Apuana della Pace
Bugie italiane.
Segnalo un articolo assai breve di salvatore settis sull'ultimo numero
dell'espresso.
Al bar si dice: la costituzione è vecchia!!! è identica dal 48!!!. e la
procedura per cambiarla è troppo lenta per un paese moderno!!! bum!.
Precisa settis: la costituzione americana ha 250 anni! e se la tengono
stretta! la nostra costituzione italiana in questi anni ha subito 38
modifiche! quella americana in 250 anni ne ha subite 27!. e per questioni
assai pesanti, tipo l'abolizione della schiavitù o la decisione di rendere
elettivo, dal popolo, il senato. e per introdurre modifiche in costituzione
negli usa la procedura è molto più complessa e difficile di quella italiana!
Ma cosa volete, volete mettere la velocità nostra rispetto a quella
americana?
E poi il professor settis, già rettore della normale di pisa, è un vecchio ,
un nostalgico e un "professorone". buona serata a tutti.
Fabrizio Geloni (post su Facebook)
Indice generale
Editoriale......................................................... 1
La mia preghiera al popolo di Israele: liberate voi stessi liberando la
Palestina (di Desmond Tutu)...................................................................... 1
Evidenza...........................................................3
Fermiamo l'inaudita violenza di chi abusa nel nome di Dio (di Religions
for Peace sezione Italiana)......................................................................... 3
Facciamo insieme un passo di pace............................................................ 3
Giornata ONU 2014: anno internazionale di solidarietà per il popolo
Palestinese................................................................................................. 3
21a Marcia per la Giustizia Agliana - Quarrata: "Urge una nuova
POLITICA: come passione di vita e pratica condivisa" (di Casa della
Solidarietà - Rete Radié Resch di Quarrata (PT), Comuni di Quarrata e di
Agliana (PT), Libera, associazioni, nomi e numeri contro le Mafie)..........3
Approfondimenti.............................................4
Editoriale
La mia preghiera al popolo di Israele: liberate voi
stessi liberando la Palestina (di Desmond Tutu)
L'arcivescovo emerito Desmond Tutu, in un articolo esclusivo per
Haaretz, chiede un boicottaggio globale contro Israele e invita gli
israeliani e i palestinesi a guardare oltre i rispettivi leader per una
soluzione duratura della crisi nella Terra Santa.
Le scorse settimane hanno visto iniziative senza precedenti da parte dei
membri della società civile in tutto il mondo contro l'ingiusta,
sproporzionata e brutale risposta di Israele al lancio di missili dalla
Palestina.
Se si mettessero insieme tutte le persone che lo scorso fine settimana si
sono riunite per chiedere giustizia in Israele e Palestina - a Città del Capo,
a Washington, a New York, a Nuova Delhi, a Londra, a Dublino e a
Sidney e in tutte le altre città - si tratterebbe probabilmente della più
grande protesta attiva da parte di cittadini a favore di una singola causa
che ci sia mai stata nella storia del mondo.
Un quarto di secolo fa, ho partecipato ad alcune manifestazioni molto
affollate contro l'Apartheid. Non avrei mai immaginato che avremmo
rivisto manifestazioni di queste dimensioni, ma lo scorso sabato
l'affluenza a Città del Capo è stata altrettanto se non più grande. I
partecipanti sono stati giovani e vecchi, musulmani, cristiani, ebrei, indù,
buddisti, agnostici, atei, neri, bianchi, rossi e verdi...quanto ci si poteva
aspettare da una nazione vitale, tollerante, multiculturale.
Ho chiesto alla folla di gridare in coro con me:"Siamo contrari
all'ingiustizia dell'illegale occupazione della Palestina. Siamo contrari alle
uccisioni indiscriminate a Gaza. Siamo contrari alle umiliazioni inflitte ai
palestinesi ai checkpoint e ai blocchi stradali. Siamo contrari alla violenza
perpetrata da tutte le parti [in conflitto]. Ma non siamo contro gli ebrei."
All'inizio della settimana, ho chiesto la sospensione di Israele dall'Unione
Internazionale degli Architetti, riunita in Sud Africa.
Da Mare nostrum a Frontex Plus: l'allarme delle associazioni (di Stefano
Femminis).................................................................................................. 4
Uscire dalla scatola della crescita (di Marie-Monique Robin)...................5
Il caos mediorientale da Bush a Obama (di Tommaso Canetta e Silvia
Favasuli).................................................................................................... 7
Umane, ma un po’ meno (di Maria G. Di Rienzo)...................................... 8
Ricordando dom Hélder Camara (di Gerolamo Fazzini)........................... 9
Ho fatto un appello alle sorelle e ai fratelli israeliani presenti alla
conferenza perché si dissociassero attivamente personalmente e
professionalmente dalla progettazione e costruzione di infrastrutture
connesse con la perpetuazione dell'ingiustizia, compreso il Muro di
separazione, i posti di controllo e i checkpoint, e le colonie costruite sulla
terra palestinese occupata.
Notizie dal mondo......................................... 10
"Vi scongiuro di portare a casa questo messaggio: Per favore, fermate la
violenza e l'odio unendovi al movimento non violento per la giustizia a
favore di ogni popolo della regione" ho detto.
Comunicato: "Le aggressione israeliane a Gaza" (di La fiaccola
dell'anarchia (comunità multietnica aperta))............................................ 10
Altre storie da Gaza (di Rete Italiana ISM).............................................. 10
Israele ha rubato il futuro di Gaza e la sua speranza (di Gideon Levy e
Alex Levac).............................................................................................. 11
1
Durante le ultime settimane, più di un milione seicento mila persone in
tutto il pianeta si sono unite a questo movimento con una campagna di
Avaaz che chiede alle imprese che traggono profitto dall'occupazione
israeliana e/o coinvolte negli abusi e nella repressione di ritirarsi. La
campagna ha in particolare preso di mira i fondi pensione olandesi ABP;
la Barklays Bank; il fornitore di sistemi di sicurezza G4S; la compagnia di
trasporti Veolia; la ditta di computer Hewlett-Packard; il produttore di
bulldozer Caterpillar.
Lo scorso messe, 17 governi dell'UE hanno esortato i propri cittadini a
smettere di fare affari con, o a investire nelle, illegali colonie israeliane.
Noi abbiamo anche di recente assistito al ritiro di decine di milioni di euro
del fondo pensione olandese PGGM dalle banche israeliane; il
disinvestimento dalla G4S della fondazione Bill e Melinda Gates; e la
chiesa presbiteriana USA ha disinvestito circa 21 milioni di dollari da HP,
Motorola e Caterpillar.
E' un movimento che sta crescendo.
La violenza crea violenza e odio, che generano solo più violenza e più
odio.
Noi sudafricani ne sappiamo qualcosa. Capiamo la sofferenza di essere i
reietti del mondo; quando sembra che nessuno capisca o non voglia
neppure ascoltare il tuo punto di vista. E' da lì che veniamo.
Noi sappiamo anche i vantaggi che può comportare il dialogo tra i nostri
leader; quando organizzazioni catalogate come "terroristiche" sono state
legalizzate e i loro dirigenti, compreso Nelson Mandela, sono stati liberati
dalle prigioni, dall'essere messi al bando e dall'esilio.
Sappiamo che quando i nostri dirigenti hanno iniziato a parlarsi, le ragioni
della violenza che aveva
distrutto la nostra società si sono dissipate e sono scomparse. Gli atti di
terrorismo perpetrati dopo che i colloqui erano iniziati - come attacchi
contro una chiesa e un pub- sono stati condannati praticamente da tutti, e il
partito considerato responsabile è stato punito dalle urne.
L'eccitazione che ha seguito il fatto di aver votato per la prima volta
insieme non era prerogativa solo dei neri sudafricani. Il vero trionfo della
nostra pacifica riconciliazione è stato che tutti sono stati coinvolti. E più
tardi, quando abbiamo presentato una costituzione così tollerante, solidale
e inclusiva che avrebbe fatto inorgoglire Dio, tutti ci siamo sentiti liberi.
Naturalmente, è stato di aiuto il fatto di avere un nucleo di dirigenti
straordinari.
Ma in ultima istanza quello che ha obbligato questi dirigenti a sedersi
insieme a un tavolo di negoziati è stato l'insieme di efficaci mezzi
nonviolenti che sono stati messi in atto per isolare il Sud Africa
economicamente, a livello accademico, culturale e psicologico.
A un certo punto - il punto di svolta - l'allora governo si rese conto che il
costo del tentativo di conservare il sistema di Apartheid superava i
vantaggi.
Il crollo del commercio con il Sud Africa da parte delle compagnie
multinazionali con un minimo di coscienza negli anni '80 è stato
sostanzialmente una delle leve fondamentali che ha messo in ginocchio,
senza spargimento di sangue, lo Stato dell'Apartheid. Queste grandi
imprese hanno capito che, partecipando all'economia sudafricana, stavano
anche aiutando a mantenere in vita uno status quo ingiusto.
Quelli che continuano a fare affari con Israele, che contribuiscono alla
sensazione di "normalità" nella società israeliana, stanno facendo un
pessimo servizio ai popoli di Israele e della Palestina. Stanno
contribuendo alla perpetuazione di una situazione profondamente ingiusta.
Quelli che contribuiscono al temporaneo isolamento di Israele stanno
dicendo che israeliani e palestinesi hanno ugualmente diritto alla dignità e
alla pace.
Ultimamente, durante lo scorso mese i fatti a Gaza stanno dimostrando chi
crede nel valore degli esseri umani.
Sta diventando sempre più chiaro che i politici e i diplomatici stanno
2
fallendo nell'immaginare risposte, e che la responsabilità di trovare un
accordo per una soluzione accettabile della crisi in Terra Santa spetta alla
società civile e ai popoli di Israele e Palestina.
Oltre alla recente devastazione di Gaza, ovunque gli esseri umani onesti,
compresi molti israeliani, sono profondamente turbati dalle quotidiane
violazioni della dignità umana e della libertà di movimento a cui sono
sottoposti i palestinesi ai checkpoint e ai blocchi stradali. E le politiche di
Israele di occupazione illegale e di costruzione di colonie delle zone di
accesso vietato sui territori occupati aggrava le difficoltà di raggiungere
in futuro un accordo che sia accettabile per tutti.
Lo Stato di Israele si comporta come se non ci fosse futuro. Il suo popolo
non vivrà la vita pacifica e sicura che desidera, e a cui ha diritto, finché i
suoi dirigenti perpetuano le condizioni che alimentano il conflitto.
Ho condannato coloro che in Palestina sono responsabili del lancio di
missili e di razzi contro Israele. Stanno alimentando la fiamma dell'odio.
Sono contrario a qualunque manifestazione di violenza.
Ma dobbiamo essere molto chiari [sul fatto che] il popolo della Palestina
ha tutto il diritto di lottare per la propria dignità e libertà. E' una lotta che
ha avuto il sostegno di molte persone in tutto il mondo.
Nessun problema creato dall'uomo è irrisolvibile quando gli esseri umani
si impegnano a collaborare con il serio proposito di superarlo. Nessuna
pace è impossibile quando la gente è decisa a raggiungerla.
La pace richiede che i popoli di Israele e Palestina riconoscano l'essere
umano che c'è in loro e e nell'altro; che comprendano la loro
interdipendenza.
Missili, bombe e brutali invettive non sono parte della soluzione. Non c'è
una soluzione militare.
E' più probabile che la soluzione arrivi dall'insieme di iniziative
nonviolente che abbiamo messo in atto in Sud Africa negli anni '80 per
convincere il governo della necessità di cambiare la sua politica.
La ragione per cui questi mezzi - boicottaggio, sanzioni e disinvestimento
- ultimamente hanno dimostrato di essere efficaci è stato che hanno avuto
una massa critica che li appoggiava, sia dentro che fuori dal paese, il tipo
di appoggio che abbiamo testimoniato ovunque nel mondo nelle scorse
settimane nei confronti della Palestina.
La mia preghiera al popolo di Israele è che riesca a vedere oltre la
contingenza, a vedere oltre l'odio dovuto al fatto di sentirsi continuamente
sotto assedio, di vedere un mondo in cui Israele e Palestina possano
coesistere, un mondo in cui regnino dignità e rispetto reciproci.
Ci vuole un cambiamento di mentalità. Un cambiamento di mentalità che
riconosca che cercare di perpetuare l'attuale status quo significa
condannare le future generazioni alla violenza e all'insicurezza. Un
cambiamento di mentalità che smetta di vedere le critiche legittime alle
politiche dello Stato come un attacco contro gli ebrei. Un cambiamento di
mentalità che inizia in patria e che si rifletta nelle comunità e nazioni e
regioni, sparse dalla diaspora per il mondo che noi tutti condividiamo.
L'unico mondo che condividiamo.
Le persone unite nel perseguimento di una giusta causa sono inarrestabili.
Dio non interferisce nelle vicende della gente, sperando che noi stessi
cresciamo e impariamo attraverso la soluzione delle nostre difficoltà e
controversie. Ma Dio non dorme. Le scritture ebraiche ci dicono che Dio
sta dalla parte del debole, del diseredato, della vedova, dell'orfano, dello
straniero che libera gli schiavi durante l'esodo verso la Terra Promessa. E'
stato il profeta Amos ad aver detto che dovremmo lasciare scorrere la
rettitudine come un fiume.
Alla fine la bontà prevale. La ricerca della libertà per il popolo della
Palestina dalle umiliazioni e persecuzioni da parte delle politiche di Israele
è una causa giusta. E' una causa che il popolo di Israele dovrebbe
appoggiare.
E' noto che Nelson Mandela ha detto che i sudafricani non si sarebbero
mai sentiti liberi finché i palestinesi non fossero stati liberi.
Avrebbe dovuto aggiungere che la liberazione della Palestina avrebbe
liberato anche Israele.
Pubblicato il 14-08-2014 su "Haaretz"
Traduzione di Amedeo Rossi
Iniziative
Facciamo insieme un passo di pace
Basta guerre! Mai più vittime! Fermiamo le stragi di civili indifesi, a
Gaza, in Palestina e Israele, in Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Ucraina,
Congo
Per Libertà, Diritti, Dignità, Giustizia, Democrazia
Manifestazione Nazionale
Firenze, 21 settembre 2014
Piazzale Michelangelo -Ore 11:00-16:00
Aderisci e partecipa
link: http://www.aadp.it/dmdocuments/doc1817.pdf
link: http://www.aadp.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2122
Evidenza
Fermiamo l'inaudita violenza di chi abusa nel nome
di Dio (di Religions for Peace sezione Italiana)
E’ difficile credere alle notizie terribili che giungono dall’Iraq, dove i
miliziani dell’ISIS/ISIL perseguitano, espellono ed uccidono Cristiani,
Yazidis ed altri che non accettano sottomissione e conversione forzata; la
stessa sorte tocca a quei musulmani che osano contestare tale cieca
violenza.
Questo scenario inimmaginabile rende ancora più inquietante la marea
montante di intolleranza e di odio settario in nome abusivo della religione,
che sta seminando disperazione e morte in Medio Oriente e Nord Africa.
S.E. Sheikh Majid Hafeed, leader religioso musulmano del Kurdistan
Iraqeno e Presidentre Onorario di Religions for Peace International, e Sua
Santità Louis Raphael Sako, Patriarca Caldeo Cristiano di Baghdad e CoPresidente di Religions for Peace International hanno chiesto con forza il
sostegno e la protezione delle comunità perseguitate.
In tutto il mondo leader religiosi e personalità che hanno a cuore la dignità
della persona umana ed il diritto Ir 2fondamentale della libertà religiosa si
sono pronunciati affinché la comunità internazionale, attraverso le sue
istituzioni e tutti i mezzi a sua disposizione, contrasti i massacri ed ogni
altra violenza sulle persone e sui luoghi di vita e di culto.
Numerose iniziative di preghiera continueranno a svolgersi in molti paesi.
La Conferenza Episcopale Italiana ha promosso per il 15 Agosto,
Solennità dedicata all’Assunta, una giornata di preghiera per risvegliare le
coscienze rispetto a tali drammatiche persecuzioni, molto più pesanti,
come ha sottolineato Papa Francesco, rispetto a quelle subite dalle
comunità cristiane dei primi secoli sotto l’Impero Romano.
Noi di RELIGIONS FOR PEACE/ITALIA invitiamo i seguaci di tutte le
tradizioni religiose e le persone di buona volontà ad unirsi in una
preghiera concorde che, pur nella diversità di modi e di linguaggi, salga al
cielo per invocare salvezza per i perseguitati e luce per i persecutori oggi
accecati dall’odio.
(fonte: Interdependence)
link: http://www.aadp.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2135
Giornata ONU 2014: anno internazionale di
solidarietà per il popolo Palestinese
"Lucca 29 Novembre 2014 -Il 1° Marzo di 10 anni fa partiva la Campagna
Ponti non Muri, lanciata da Pax Christi esortata dal grido che veniva da
Betlemme dove cominciavano i lavori per la costruzione del muro sulla
strada per Gerusalemme. Il muro della separazione o della vergogna, a
seconda di che parte lo si guardi. Vi aspettiamo per fare il punto della
situazione Palestinese, attraverso un'analisi critica sul ruolo dell'ONU e
delle varie campagne di sensibilizzazione e di lotta promosse dagli attivisti
internazionali. Perché l'ONU assiste impotente e il mondo vive con
indifferenza? Perché l'inumana occupazione continua e uno stato
Palestinese deve ancora nascere?"
(fonte: Pax Christi Italia)
link: http://www.giornataonu.it/
21a Marcia per la Giustizia Agliana - Quarrata:
"Urge una nuova POLITICA: come passione di vita
e pratica condivisa" (di Casa della Solidarietà - Rete
Radié Resch di Quarrata (PT), Comuni di Quarrata
e di Agliana (PT), Libera, associazioni, nomi e
numeri contro le Mafie)
Sabato 13 settembre 2014 si svolgerà la 21a Marcia per la Giustizia
Agliana - Quarrata. Quest'anno verrà trattato il tema: "Urge una nuova
POLITICA: come passione di vita e pratica condivisa"
Saranno presenti: Antonietta POTENTE, teologa; Cecile Kyenge, deputata
europea PD; Curzio MALTESE, deputato europeo TSIPRAS; don Luigi
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CIOTTI, Gruppo Abele, Libera; Martina ROMANELLO, studentessa
universitaria Napoli, Renato ACCORINTI, sindaco di Messina.
L’ anima umana ha bisogno per un verso di solitudine, per l’altro di vita
sociale. … L’anima umana ha bisogno di partecipazione disciplinata a un
compito condiviso di pubblica utilità, e ha bisogno di iniziativa personale
in questa partecipazione … L’anima ha bisogno sopra ogni altra cosa di
essere radicata in molteplici ambienti naturali e di comunicare tramite loro
con l’universo.” (Simone Weil, Dichiarazione degli obblighi verso l’essere
umano, 2003, 30-31
“La nostra paura più profonda non è quella di essere inadeguati. La nostra
paura più profonda è quella di essere potenti oltre ogni limite. E’ la nostra
luce, non la nostra ombra a spaventarci di più. Ci domandiamo: chi sono
io per essere così brillante, pieno di talento, favoloso? In realtà: chi sei tu
per non esserlo? Il nostro giocare in piccolo, non serve al mondo. Non c’è
nulla di illuminante nello sminuire se stessi, cosicché gli altri non si
sentano insicuri intorno a noi. Siamo tutti nati per risplendere, come fanno
i bambini. Non solo per alcuni di noi, ma in ognuno di noi. Quando
permettiamo alla nostra luce di risplendere, inconsapevolmente diamo agli
altri la possibilità di fare lo stesso. E quando ci liberiamo delle nostre
paure, la nostra presenza, automaticamente, libera gli altri.” (Nelson
Mandela)
La questione politica, a questo punto, è una questione dell’anima.
Ciò che abbiamo perso, o stiamo perdendo non è solo un certo tenore di
vita a cui tutti eravamo abituati; servizi sociali, garanzie economiche,
sicurezze riguardo al nostro futuro. Ciò che stiamo perdendo o abbiamo
perso è una delle dimensioni più reali della vita umana, che ci avrebbe
garantito di non cadere nella superficialità, nella distrazione e nella
prepotenza delle relazioni umane e con tutto l’ecosistema.
La politica non è merce di scambio, fonte di ricchezza privata e nemmeno
pubblica; la politica non è costituire uno stato fantasma supportato da
singoli cittadini senza partecipazione. Non è nemmeno la costituzione di
uno stato separato dalla fatica quotidiana di uomini e donne che hanno
inventato le proprie storie e per questo hanno resistito, oramai da anni,
nonostante le offerte dello stato – perché di offerte si tratta- siano
totalmente insufficienti.
La questione politica parte dall’anima, dalla consapevolezza e dal riscatto
di questa sensibilità interiore che ispira la vita dal di dentro, in cui le cose,
gli esseri umani, l’ecosistema, non si riconoscono solo come merce di
scambio; come fonte di accumulo di quello che prima si chiamava potere e
oggi è totalmente identificato con il denaro.
Ogni crisi dell’umanità, in questo momento storico, è crisi interiore, crisi e
tradimento dell’anima che invece è matrice dei sogni, di quelle sensibilità
ispiratrici dell’umano più bello e dell’umano più capace di vivere
nell’ecosistema; matrice di quei diritti che vengono ancora prima di ogni
legge, anzi, ispirano la creazione di un ordinamento condivisibile, per
tutti.
Chi sostiene di ripartire dall’anima, non è un illuso o illusa, che ha un
visione idilliaca dell’essere umano e del cosmo, ma piuttosto chi si è
stancato o stancata di pensarsi incapace di rifare la storia in un altro modo,
di partecipare alla costruzione di un ambiente in cui la vita si sviluppa e
non viene mortificata da progressivi processi di esclusione.
La politica deve tornare ad essere passione filo-sofica, cioè passioneamore alla sapienza della vita; ricerca di stili di vita che garantiscano la
vita stessa e non una mortificante sopravvivenza. Al contrario: La politica
non può essere passione di denaro; passione di chissà quale frustante
riscatto personale. Sono questi gli aspetti che portano la politica
all’illegalità, alle mafie di ogni genere: politico, sociale e persino
religioso, sia locali che mondiali.
L’antico detto cristiano è chiaro, anche per chi non si ricorda più: “non si
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possono servire due padroni …” perché lasciare che la nostra esistenza
serva contemporaneamente due ispirazioni: il denaro-potere e l’anima
della vita e delle cose, ci romperà dal di dentro; frantumerà la storia in
mille pezzi, polverizzando tutto: passato, presente e un ipotetico futuro.
Siamo stufi di essere trattati come i conquistatori spagnoli nel XV secolo,
trattarono le popolazioni indigene del continente Amerindio, quando con
solennità proclamavano: “questi [gli indigeni] non hanno anima. Noi, così
come rivendicavano gli indigeni, abbiamo un’anima, qualunque essa sia,
in ogni cultura, in ogni storia personale e collettiva, è l’anima della nostra
creatività umana che è partecipazione. Cfr. La canzone di Gaber: Libertà è
partecipazione …
Note organizzative
per le adesioni da parte di associazioni, comunità, parrocchie, enti ecc...
scrivere a: [email protected]
Ritrovo ore 18,00 ad Agliana, Piazza Gramsci - Arrivo a Quarrata - Piazza
Risorgimento ore 21
Per informazioni: Tel. 0573-750539; 339-5910178
E-Mail: [email protected] - [email protected]
Alle ore 17 è prevista la partenza da Quarrata di un autobus per Agliana al
fine di portare i partecipanti che desiderano lasciare la macchina a
Quarrata.
Al termine della Marcia i bus navetta provvederanno a riportare ad
Agliana i partecipanti
Chi è provvisto di sacco a pelo sarà ospitato presso il Palazzetto dello
Sport di Quarrata g.c.
(fonte: Casa della Solidarietà - Rete Radié Resch di Quarrata (PT))
link: http://www.aadp.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2097
Approfondimenti
Immigrazione
Da Mare nostrum a Frontex Plus: l'allarme delle
associazioni (di Stefano Femminis)
Ci sono ancora molte incognite sui dettagli del passaggio dall'operazione
Mare nostrum a Frontex Plus, annunciato all'indomani dell'incontro tra il
nostro ministro degli Interni Angelino Alfano e la Commissaria UE
Cecilia Malmström. Ma con il passare delle ore aumentano lo scetticismo
e la preoccupazione delle associazioni italiane che si occupano in modo
più diretto dei migranti in arrivo dalla sponda Sud del Mediterraneo.
Dopo alcuni primi commenti cauti o addirittura positivi («Un passo in
avanti verso una europeizzazione delle responsabilità di soccorso dei
migranti», ha dichiarato per esempio il portavoce dell'ong Terre des
Hommes), tra ieri e oggi si sono levati non pochi allarmi, anche in ambito
cattolico.
Se il presidente della Fondazione Migrantes, mons. Giancarlo Perego secondo quanto riferisce l'agenzia Redattore Sociale - esprime perplessità
sulla non assicurazione della continuazione degli obiettivi di Mare
nostrum da parte del commissario europeo Malmström e ricorda la
necessità urgente per il nostro Paese di dotarsi di un piano organico e
strutturale di prima e seconda accoglienza, ancora più netto è il giudizio
del Centro Astalli, associazione dei gesuiti italiani che si occupa di
rifugiati e richiedenti asilo.
In un comunicato diffuso oggi, dal titolo «Una sconfitta per il diritto di
asilo», il Centro Astalli ricorda che «insieme all’Unhcr e ai principali enti
di tutela, nelle ultime settimane abbiamo più volte auspicato che
l'operazione Mare Nostrum divenisse un'operazione europea per
consentire un intervento più efficace di salvataggio dei migranti forzati.
Purtroppo al momento l'unico elemento di certezza che si evince a
conclusione del vertice europeo è che “Frontex Plus” è solo una mera
possibilità la cui realizzazione dipenderà molto dall’impegno e dalla
volontà dei singoli Stati europei».
Ma c'è di più e di peggio: «L’azione di soccorso di Frontex Plus prosegue il comunicato - si limiterebbe a interventi di pattugliamento e
soccorso all’interno delle acque territoriali europee (fino a 12 miglia dalla
costa), non spingendosi più nelle acque internazionali, come ha fatto Mare
Nostrum, operando fino a 170 miglia dalle coste italiane. Viene di fatto
cancellata la vera portata di novità rappresentata in questi mesi
dall'operazione Mare Nostrum, grazie alla quale migliaia di persone sono
state tratte in salvo ed è stato possibile garantire l’esercizio del diritto
d’asilo a uomini e donne in fuga da guerre e persecuzioni altrimenti
destinati a morire nel Mediterraneo».
A rafforzare l'allarme lanciato dal Centro Astalli arriva anche un tweet del
suo direttore, il gesuita Giovanni La Manna, inviato poche ore fa: «La
povertà culturale e umana dell'Europa, lo smarrimento in cui versa, si
evince dalla mancanza di giustizia che rappresenta Frontex Plus».
Sulla stessa linea anche il parere dell'Asgi (Associazione studi giuridici
sull'immigrazione), che nel titolo del proprio comunicato stampa definisce
la decisione «un arretramento politico ed etico inaccettabile per la
coscienza democratica europea».
Dopo avere illustrato gli stessi punti critici già sottolineati dal Centro
Astalli, l'Asgi attacca anche chi ha cercato di strumentalizzare la vicenda
di Mare nostrum: «Va evidenziato come proprio nei giorni precedenti il
vertice si sono intensificati gli attacchi a Mare Nostrum, accusato
addirittura di avere aumentato il numero di morti in mare in quanto le
organizzazioni dei trafficanti avrebbero fatto partire imbarcazioni in
condizioni ancora più precarie in ragione della maggiore vicinanza degli
interventi di soccorso. Si tratta di una ipotesi alquanto azzardata, tutta da
dimostrare, e che ha finito per spostare l’attenzione dalle ragioni di fondo
che hanno prodotto l’intensificarsi delle partenze, ovvero il precipitare
delle crisi umanitarie in Siria e in diverse aree del continente africano,
nonché al processo di disgregazione della Libia».
Stefano Femminis
(fonte: Popoli - Webmagazine internazionale dei gesuiti)
link:
http://www.popoli.info/EasyNe2/Primo_piano/Da_Mare_nostrum_a_Frontex_Plus_
l_allarme_delle_associazioni.aspx
Politica e democrazia
Uscire dalla scatola della crescita
Monique Robin)
(di Marie-
Dopo “Il mondo secondo Monsanto”, “Il nostro veleno quotidiano” e “Le
moissons du futur” (la mietitura del futuro), Marie-Monique Robin si
ripresenta nel 2014 con un documentario intitolato, provvisoriamente,
“Sacrèe croissance! (Maledetta crescita!), un film che mostra le crepe di
un sistema che ha raggiunto i suoi limiti e le primizie di un mondo nuovo.
Il sistema basato sulla crescita è folle e al limite. Ma delle alternative
emergono con sempre maggiore vigore e permettono di delineare un
mondo…. dopo la crescita. E’ il doppio tema del prossimo film di MarieMonique Robin, che descrive la linea attuale del movimento ecologista:
allarme- sempre maggiore – e speranza- perché è molto forte e sempre più
giustificato. I nostri amici della “Quarta scimmia” ne hanno discusso con
Marie-Monique Robin e hanno trascritto le sue proposte per Reporterre
Racconta Marie-Monique Robin: Il prossimo film e il libro hanno un titolo
provvisorio, «Maledetta crescita!». Si inserisce nella logica dei film che
ho fatto in passato, con i quali avevo analizzato il sistema agroindustriale
in tutti i suoi aspetti, sia con “Il mondo secondo Monsanto” che con “Il
veleno nel piatto” (titoli con i quali hanno circolato in italiano)… E la
domanda che mi facevano sempre è: “Si può fare qualcosa di diverso?”.
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Ho cominciato a rispondere con “Les Moissons du futur” (La messi, il
raccolto del futuro), che era una inchiesta sull’agroecologia, chiedendomi
se essa poteva nutrire tutto il mondo. E mi sono detta che tutto questo
sistema agroindustriale faceva parte di un sistema molto più globale, un
sistema economico, che è fondato sul dogma della crescita illimitata. Vale
a dire che si può sempre produrre di più, consumare di più, e che questo è
il motore dell’economia.
Tutte le mattine alla radio sentiamo dire che dipende dal fatto che non c’è
la crescita che abbiamo la disoccupazione, che non si possono pagare le
pensioni, ecc. Quando si comincia a riflettere su questi argomenti, si
scopre che c’è qualcosa di bizzarro in questa storia, perché si sa che le
risorse del pianeta sono limitate, che non è nemmeno una scoperta che
faccia notizia. Il petrolio, il gas, tutte le energie fossili, su tutto questo si è
d’accordo: abbiamo superato il picco per il petrolio e il gas. Ciò significa
che a partire da subito le riserve di queste risorse cominceranno a
diminuire, e che soprattutto il prezzo di queste risorse tenderà ad
aumentare, cosa che si può constatare già da circa una dozzina di anni.
Quando ci si immerge nei dossier di docmentazione, si vede anche che i
minerali minacciano di sparire: si annuncia la sparizione della maggior
parte di essi (tranne la bauxite, da cui si trae l’alluminio) tra il 2020 e il
2040. Ciò che dobbiamo capire è che ne resterà un po’, ma molto poco, e
questo significa che i prezzi aumenteranno. E poiché tutta la nostra società
dei consumi è basata sull’energia fossile, o su dei minerali a buon
mercato, è sicuro che a un certo punto la macchina si bloccherà.
Si può continuare a dire ai francesi che è la crescita la soluzione di tutti i
nostri problemi, non sarà piuttosto il contrario? Non è che il problema è
proprio quello della crescita? Ho quindi iniziato a lavorare su questi temi,
e ho subito realizzato che vi è una urgenza estrema. Ho capito, nel corso
dell’ultimo anno, fino a che punto il riscaldamento climatico era
fortemente in marcia, e che questo fenomeno faceva evidentemente parte
delle conseguenze del modello basato sulla crescita illimitata.
Più si ha una crescita economica e più si emettono dei gas che producono
l’effetto serra, perché più si utilizza del petrolio (e su questo aspetto i dati
parlano chiaro). Il riscaldamento climatico non è qualcosa che riguarda i
prossimi duecento anni, non interessa soltanto i miei lontani pronipoti,
siamo già nella tempesta e da qui ai prossimi venti o trenta anni, la
situazione sarà veramente molto, molto dura da affrontare. Tutto ciò è già
in corso. Basta andare nell’Africa a sud del Sahara per vedere che la
desertificazione continua ad avanzare, così come avviene nell’America del
Nord. In California hanno una siccità talmente grande in questo momento
che non sanno nemmeno se riusciranno a salvare i loro alberi da frutta. In
Francia abbiamo delle inondazioni sempre più estese, dei cicloni, ecc.
Quindi esiste già una urgenza! Voglio dirlo con chiarezza, è un vero e
proprio problema urgente!
Mostrare le soluzioni!
Io non faccio che ritrasmettere ciò che mi hanno detto gli esperti che
lavorano in maniera indipendente su questi problemi. Quindi, poiché vi è
molta urgenza, penso che il mio ruolo non è più solamente, come ho fatto
negli ultimi venticinque anni, fare dei film per denunciare delle cose e
permetter ai cittadini di agire in conseguenza. Penso che bisogna mostrare
le alternative e mostrare che si devono fare delle cose in modo diverso e
rapidamente!
Quindi nel mio film non c’è soltanto una critica alla crescita, si mostra
anche che sul campo, ovunque nel mondo, ci sono delle persone che
hanno compreso tutto ciò. E succede qualcosa di veramente magico. Essi
hanno capito che se si vuole uscire dal modello della crescita illimitata, si
deve rilocalizzare la produzione degli alimenti, dell’energia e anche del
denaro. Tre grandi movimenti planetari in questo momento danno delle
risposte.
L’agricoltura urbana
Il primo è l’agricoltura urbana, un grande movimento planetario. Per
questo sono andata a Toronto e in Argentina, perché volevo mostrare delle
esperienze da tempo funzionanti che provano che si può operare in modo
diverso e che funziona!
A Toronto la città sostiene molto attivamente l’agricoltura urbana. Si tratta
in larga misura di una fascia di cittadini con molti titoli di studio che
abbandonano tutto (perfino un anziano broker della Borsa di New York, e
così via) per mettersi a produrre degli alimenti in città, raggruppandosi in
forma di cooperative, perché sono coscienti che l’autonomia alimentare di
Toronto ha pochi giorni di vita. Se verrà a mancare il petrolio è finita, non
si nutrono più sei milioni di abitanti, è un discorso molto semplice.
In Argentina c’è un altro caso significativo. Dopo la grande crisi degli anni
2000, una municipalità molto attiva e con buona volontà ha organizzato un
programma di agricoltura urbana, inteso come mezzo per uscire dalla
povertà, che nel frattempo si era cronicizzata. E ciò permette anche di
resistere al riscaldamento climatico, poiché quanti più sono gli spazi verdi
all’interno delle città, tanto meglio è, e si rende quindi possibile essere più
resistenti.
Le monete locali e le monete sociali
Il secondo settore preso in considerazione è quello delle monete locali e di
quelle sociali, anch’esso un grande movimento planetario. In molti luoghi
si sono create monete locali e sociali, a Parigi, anche la città di Nantes
risulta aver lanciato la moneta che avevano creato, Tolosa ha creato la
sua…. Ovunque nel mondo si creano delle monete. Perché? Perché il
sistema finanziario costituisce un altro grave problema, sappiamo bene
che può crollare in qualunque momento; e anche questo lo dicono gli
esperti.
Perché il sistema è completamente marcio. Quando veniamo a sapere che
solo il 5% delle transazioni finanziarie sono legate all’economia reale…
Ciò vuol dire che tutto il resto è soltanto speculazione. E comprendiamo
che funzionando in questa maniera, in questo modello di crescita, creando
continuamente solo più debiti, per nutrire la bestia, la crescita, un giorno o
l’altro può esplodere.
Vi sono quindi delle persone che hanno capito tutto ciò e che vogliono
ridare al denaro il suo vero valore, quello di mezzo di scambio. In
generale sono delle monete fondative, di base, essenziali, cioè che
perdono il loro valore se non le si usano e quindi che non si possono
tesaurizzare, non possono servire per speculare. Sono veramente legate
all’economia reale, che è concepita per soddisfare dei bisogni umani. Per
vedere tutto ciò sono andata in Brasile e in Germania, due storie
assolutamente straordinarie….
La transizione energetica
E poi vi è la transizione energetica, anch’esso un grande movimento
planetario, diretto a creare delle cooperative che sono in grado di produrre
l’energia che consumano, senza scopi di lucro, e cercando insieme di
consumare meno. Per questo aspetto sono andata in Danimarca e poi nel
Nepal.
Infine sono arrivata fino al Bhutan, perché dietro a tutto ciò c’è la
domanda “Che cos’è la ricchezza?”, come la si misura, di quale ricchezza
stiamo parlando? Significa rimettere in discussione il PIL, il prodotto
interno lordo, anche perché quando si parla di crescita, si tratta sempre di
crescita del PIL.
C è nel film un esperto britannico che racconta una storia, che a me
sembra molto significativa, che è l’esempio di un criceto che raddoppia di
peso ogni settimana fino alla sua sesta settimana di vita e poi si arresta
bruscamente e per fortuna, perché se non si arrestasse (è questa la crescita
illimitata…) alla fine dell’anno peserebbe nove miliardi di tonnellate e
consumerebbe tutta la produzione annuale di granturco del pianeta.
Il mio film dice: come potrebbe essere la società della post-crescita?
Se si avesse il coraggio di dire : “Muoviamoci! Rivediamo il nostro
paradigma” (in effetti esiste attualmente una riflessione mondiale, anche
presso le Nazioni Unite, per definire un nuovo paradigma dello sviluppo),
molta gente si mobiliterebbe, perché esiste una massa di persone che
capiscono che in questo modo non può funzionare. C’è molta gente che
oggi è sul bordo della strada, ci sono otto milioni di francesi che vivono al
di sotto della soglia di povertà, tutti questi attendono solo una cosa: che
qualcuno proponga qualcosa di diverso.
E questa nuova società, finalmente, come si vede chiaramente nel mio
prossimo film, tutta questa gente che ha cambiato il suo stile di vita a
livello personale, individuale, locale, beh, loro già vivono molto meglio,
hanno ricreato dei legami con i loro vicini, hanno ridato un senso alle loro
vite ed evidentemente tutto ciò non passa attraverso una crescita dei beni
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materiali. Ma finalmente si collabora di più, si condivide di più…Saremo
in tutti i casi obbligati a farlo, quindi tanto vale anticiparlo un po’….
Il cambiamento verrà dal basso
Il cambiamento verrà dal basso, dalla gente? E’ evidentemente una
domanda che ho posto a tutti quelli che ho incontrato, sia sul campo che
agli esperti, che hanno tutti scritto dei libri sulla fine della crescita… Io
penso che il cambiamento di sistema di cui c’è necessità, il sistema che
traballa – e io preferirei che si faccia una trattativa tutti insieme per il
cambiamento, piuttosto che lasciare che traballi tutto da solo e che poi
all’improvviso crolli e tutti ne facciano le spese – si potrà sostenere con
tutte queste iniziative che si stanno realizzando in tutto il mondo, che
alimentano quindi questi tre grandi settori, la rilocalizzazione delle tre
cose di cui tutto il mondo ha bisogno per vivere, che sono l’alimentazione,
l’energia e il denaro.
Il cambiamento non si verificherà se non ci sarà un numero sufficiente di
iniziative dappertutto, già praticate sul campo, che mostrano che un altro
percorso è possibile, ma perché tutto ciò diventi un cambiamento di
sistema, è necessario che i governi lo sostengano. Ciò non avverrà se non
ci sarà una volontà politica di accompagnare tutto ciò in tempi molto
stretti.
Spesso l’esempio che mi è stato presentato (alcuni penseranno: “Mio Dio,
è proprio terribile!”) comporta che tutti comprendano che siamo in una
situazione di guerra, e che il nemico è in particolare il cambiamento
climatico, è necessario combattere globalmente contro questo nemico
comune, che abbiamo creato noi stessi.
L’esempio che mi è stato presentato è dunque quello di creare una
economia di guerra, come è stato fatto durante la seconda guerra
mondiale, ed è interessante perché si vede che quando il potere politico
prende coscienza che vi è un pericolo, che il nemico è alle porte, può
mobilitare tutte le sue forze e molto rapidamente, e in una anno è possibile
rilocalizzare la produzione alimentare, come si è visto in Inghilterra e
negli Stati Uniti con gli “Gli Orti della Vittoria”
Ridare un senso agli scambi
Si può dunque fare rapidamente, questa è la buona notizia, se si arriva a
convincere i politici che è necessario fare tutto rapidamente. Tutto ciò può
essere accompagnato da un razionamento, ma il razionamento visto in
termini positivi, che è ciò che si realizza quando si fa un intervento sulle
auto per l’uso in comune.(car pooling e car sharing). Significa condividere
le auto. E’ ormai evidente che non si potrà più avere una, due o tre auto
per famiglia, e che rappresenta un obiettivo nella vita dei paesi dire
“consumate le vostre auto” Condividere è molto meglio, non si deve
vedere ciò da un punto di vista negativo. Invece si ridà valore a tutti i
valori di cooperazione, di condivisione, di scambio che abbiamo perso.
Abbiamo il saper fare un’auto, lo vedrete nel film, ci sono delle esperienze
coronate da successo e che hanno già parecchi anni di vita, e che
funzionano. Io sono andata in Baviera, dove una moneta locale esiste da
anni, è la California dell’Europa, quindi qualunque cosa tranne dei Babas
Cools, e i responsabile delle imprese della zona spiegano che la moneta
locale è estremamente importante, anche per gli imprenditori Bavaresi, nel
genere conservatore non si è ancora prodotto nulla di meglio!
D’altra parte, sono andata in Brasile, dove una moneta locale ha
totalmente trasformata una baraccopoli permettendo la creazione di posti
di lavoro. Le persone di quel posto si incontrano tra loro per dire che:
“dobbiamo riconquistare il denaro e dargli il suo reale valore, e ciò
permetterà di sviluppare la resilienza, la nostra capacità di resistere, la
capacità assorbire le crisi. Quindi questo è un film molto centrato sulla
resilienza, su come ci si prepara ad affrontare le crisi improvvise, ma con
il buon umore e la felicità….
L’urgenza climatica sembra non essere percepita
Poiché la sfida è quanto meno sapere se potremo sopravvivere, a scadenze
più o meno lunghe, a queste crisi che ci attendono; la prima di esse è
evidentemente quella del riscaldamento climatico.
Voi avete visto l’ultimo rapporto IPCC, apparso quindici giorni fa, se non
facciamo nulla, se continuiamo “fare affari come al solito”: 4,8° di
aumento della temperatura, è pazzesco! Ciò vuol dire più di un metro di
innalzamento del livello del mare, ciò vuol dire milioni e milioni di
rifugiati climatici, ciò vuol dire che la produzione alimentare può essere
completamente disintegrata, e ciò vuol dire molte sofferenze umane….
Io sono completamente sconvolta dal vedere che quando l’IPCC pubblica
un rapporto di questo genere, che suona veramente un campanello di
allarme, non si faccia ciò che si è fatto l’11 settembre. Il famoso 11
settembre. Noi stavamo montando un film e improvvisamente tutto si è
fermato,……. Non si è parlato che di questo, l’11 settembre, l’11
settembre, per dei giorni interi. Le platee della televisione, le sfilate degli
esperti, ecc.
E’ questo che si sarebbe dovuto fare dopo l’ultimo rapporto dell’IPCC,
vale a dire prestare attenzione, è una cosa veramente grave, ….. ma no, in
realtà non è accaduto nulla, invece è stato trattato effettivamente come una
piccola notizia di stampa, nella maggior parte dei mezzi di comunicazione.
Nessuna dichiarazione di uomini politici di alto livello, che dicesse,
attenzione questo rapporto è realmente un fatto grave. La negazione.
Abbiamo bisogno di nuovi uomini politici, ormai è chiaro. Al momento, la
classe politica così com’è, è molto bloccata da tante catene, molto
impastoiata in questa concezione dello sviluppo che si è fatta i Trenta Anni
Gloriosi.
Quindi dovremmo veramente cambiare la logica, e io penso che abbiamo
bisogno di una nuova classe politica formata da giovani, che abbiano già
introiettato tutto ciò e che non siano all’interno di questa concezione
ormai totalmente sorpassata.
Un altro rapporto con il lavoro, un altro rapporto con il tempo
E’ una società dove anche la nozione di lavoro sarà diversa, si lavorerà
meno in questa prossima società. Meno lavoro salariato, meno tempo di
lavoro, 20 ore è quello che dicono gli esperti che stanno lavorando su
questi aspetti. Nelle venti ore che si liberano avremo il tempo di piantare i
nostri pomodori se ne abbiamo voglia, di riparare la bicicletta, poiché
chiaramente sarà uno dei mezzi di trasporto del futuro, per scambiare delle
cose con i vicini, o per fare parte di una banca del tempo
Ci sono delle storie assolutamente formidabili. In Giappone, ad esempio,
hanno sviluppato da oltre 15 anni una banca del tempo destinata a persone
anziane. Voi abitate in un quartiere, voi avete in famiglia una persona
anziana che ha bisogno di qualcuno che vada a fare degli acquisti per lui
per esempio, la vicina ci va e guadagna dei buoni la cui unità di conto è il
tempo, cioè valgono una, due o tre ore.
Lei può sia metterli su un conto del tempo (e il vantaggio di avere un
conto del tempo è che un’ora di oggi sarà sempre un ora tra venti anni,
niente inflazione e nessuna speculazione su di essa), sia metterle da parte
dicendosi che quando sarà vecchia, tra venti anni, io potrò utilizzare il
capitale di tempo che ho guadagnato facendo dei servizi alla mia vicina.
Oppure, ella dice a se stessa, guarda un po’, ora le invio al mio vecchio
padre che abita all’altro capo del Giappone, che potrà utilizzarle! “E’
geniale! Una banca del tempo! In ogni parte del mondo c’è qualcuno che
crea tutto ciò, è fantastico! E’ la risposta ad un gran numero di esigenze!
Uscire dalla scatola
Dobbiamo uscire dalla scatola, c’è un esperto che da tempo dice questo,
viviamo rinchiusi dentro una scatola, è ora di guardare fuori! La soluzione
è all’esterno della scatola! E quando riusciamo a farlo troviamo che è una
cosa molto simpatica, finalmente troviamo delle cose che sono molto
motivanti.
Certo, naturalmente ci saranno delle resistenze….Chi ha interesse a
mantenere il sistema? Sono coloro che io conosco benissimo, le grandi
multinazionali, che lavorano in modo miope, a breve termine, perché dalla
crescita come è attualmente ne trae dei profitti soltanto una minoranza
molto limitata, e sempre più ridotta. Esiste un gruppo di interessi privati
che è molto potente, che ha dei mezzi importanti, che ha interesse a che la
situazione attuale sia mantenuta. Tocca a noi ora di convincere in misura
sufficiente i politici e i cittadini che possiamo riuscirci, malgrado esistano
degli interessi privati importanti.
Fonte: Trascrizione di Nicola Casaux della sua intervista a Marie-Monique
Robin, visibile su video su Le 4e singe (la quarta scimmia)
Fonte Agenzia di stampa Internazionale pressenza.com
7
Traduzione per comune info di Alberto Casatgnola
(fonte: Comune-info)
link: http://www.aadp.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2117
Politica internazionale
Il caos mediorientale da Bush a Obama
Tommaso Canetta e Silvia Favasuli)
(di
Mantenere gli Stati Uniti fuori dai conflitti internazionali, riportare a casa
“i ragazzi”. Sembra essere questa la strategia di politica estera perseguita
dal presidente americano Barack Obama. Dopo l’interventismo americano
avviato da Bush junior, nemmeno il disimpegno Usa targato Obama sta
garantendo stabilità e democrazia in Medio Oriente. Lo si vede bene
confrontando la situazione nel 2001 (l’anno dell’attentato alle Torri
Gemelle), nel 2008 (fine del mandato di Bush e inizio di quello di Obama)
e nel 2014 (la fase post Primavere arabe).
Iraq 2001 - 2008 - 2014
Il Paese è guidato da Saddam Hussein, segretario del partito Baath
iracheno (partito arabo di ispirazione socialista), al comando dal 1979. Il
suo è un regime dittatoriale. L’Iraq possiede la terza riserva di petrolio al
mondo, ma sul Paese vige ancora l’embargo introdotto dall’Onu dopo la
guerra del Golfo del 1990/91. Il programma Oil for food, “petrolio in
cambio di cibo”, del 1995, autorizza l’Iraq a esportare solo due miliardi di
dollari di greggio al semestre per l’acquisto di viveri e medicinali. Gli Usa
e la Gran Bretagna ostacolano il programma, ritenendo che serva all’Iraq
per acquistare materiale bellico. Convinti che l’Iraq non stia mantenendo
gli impegni di disarmo sottoscritti con il cessate il fuoco del 1991, nel
febbraio del 2001, 24 bombardieri statunitensi e britannici attaccano
alcune postazioni radar alla periferia di Baghdad.
Subito dopo l’attacco terroristico alle Torri Gemelle, Washington accusa il
regime iracheno di produrre armi di distruzione di massa e di collaborare
con al-Qa-?ida.
Egitto 2001 - 2008 -2014
Il Paese è guidato da Hosni Mubarak, presidente in carica dall’ottobre
1981 e arrivato al quarto mandato. È ancora in vigore la legge marziale,
introdotta come misura di emergenza dopo l’assassinio del presidente
Anwar al-Sadat, nel 1981. Per decisione del Presidente Mubarak,
l’organizzazione islamista dei Fratelli Musulmani (fondata nel 1928) può
partecipare alle elezioni solo in alleanza con i partiti laici di opposizione.
L’Egitto dipende da aiuti economici e militari Usa.
Libia 2001 - 2008 - 2014
Massima autorità è Muhammar Gheddafi, alla guida del Paese dal 1969
con il titolo onorifico di “Guida e comandante della rivoluzione della
Grande Jama-hi-riyya araba libica popolare”. Dal 1993 sulla Libia
pendono le sanzioni introdotte dalle Nazioni unite dopo che il Paese ha
rifiutato di consegnare agli Stati uniti gli agenti dei servizi libici ritenuti
responsabili dell’attacco terroristico sul volo Pan Am 103 nel dicembre
1988 (attentato di Lockerbie).
Iran 2001 - 2008 - 2014
Guida Suprema è Alì Khamenei, succeduto nel 1989 all’Ayatollah
Khomeini. Presidente il riformista Mohammed Khatami, eletto nel 1997.
La questione del nucleare iraniano non è ancora esplosa. Non ci sono
relazioni diplomatiche formali tra Iran e Stati Uniti, bloccate dopo la
rivoluzione iraniana del 1979.
Siria 2001 - 2008 - 2014
Bashar al Assad è succeduto al padre Hafez da un anno, diventando
presidente della Siria nel segno della continuità del regime baathista (il
Baath è un partito arabo di ispirazione socialista), pur con alcune timide
aperture in materia di riforme.
Libano 2001 - 2008 - 2014
Il Paese è ancora occupato dalle forze armate siriane (ufficialmente Forza
araba di dissuasione, o Fad). Primo ministro è, per la seconda volta, Rafiq
Hariri, imprenditore sunnita. Nel Paese è attiva Hezbollah, nata nel 1982
come milizia in risposta all’invasione israeliana del Libano, e impegnata
come partito politico. Anche dopo il ritiro delle truppe delle Forze di
Difesa Israeliane dal sud del Libano, nel 2000, Hezbollah continua a fare
sporadici lanci di razzi contro il nord di Israele.
Turchia 2001 - 2008 - 2014
Reduce dall’intervento dei militari nella politica del 1997, con cui era
stato costretto alle dimissioni il premier filo-islamico Necmettin Erbakan,
il Paese è guidato da un governo di unità nazionale, eletto nel 1999.
Israele – Palestina 2001 - 2008 - 2014
Sta infuriando la seconda Intifada, scoppiata nel 2000 a seguito della
“passeggiata” sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme di Ariel
Sharon, allora capo dell’opposizione al governo guidato da Ehud Barak.
Sharon è ora primo ministro, mentre l’autorità palestinese è ancora guidata
da Yasser Arafat.
Giordania 2001 - 2008 - 2014
Alla guida del regno Hashemita della Giordania c’è Adb Allah II, figlio di
Husayn, morto nel 1999. Il re guida la monarchia costituzionale e detiene
il potere esecutivo insieme al consiglio dei ministri. Può porre il veto alle
leggi del Parlamento. La Giordania riceve aiuti economici dagli Usa fin
dal 1952, anno di nascita del Paese. Gli aiuti comprendono fondi per
progetti di sviluppo, sanità, educazione, accesso all’acqua, prestiti per
acquisto di commodities. Gli Usa forniscono anche supporto militare al
Paese, fatto di materiali e addestramento uomini.
Arabia Saudita 2001 - 2008 - 2014
Re del Paese è Fahd, membro della dinastia del Saud al potere dal 1932.
Nel 1992 Fahd ha approvato una riforma costituzionale per cambiare le
regole della successione al trono: re dell’Arabia saudita diventa “il più
valido dei figli e dei nipoti di Abd al-Aziz Al Saud”, fondatore della
dinastia. Fino a quel momento spettava al figlio più anziano del primo re
saudita. Le relazioni diplomatiche con gli Usa sono piene.
(fonte: Linkiesta)
link: http://www.linkiesta.it/infografica/il-caos-mediorientale-da-bush-obama
Questione di genere
Umane, ma un po’ meno (di Maria G. Di Rienzo)
Mettiamo che, nel giro di due giorni (24 e 25 agosto 2014) e nello stesso
paese, quattro persone che condividono un tratto identitario fondamentale
siano uccise o ferite gravemente da altre quattro persone che condividono
un diverso tratto identitario fondamentale: diciamo, indifferentemente alle
azioni compiute o subite, che siano identificabili come
musulmani/cattolici, "bianchi"/"neri" o persino alti e bassi.
Mettiamo anche che questi quattro episodi non siano che l'apice
concentrato di una situazione che si ripete ogni pochi giorni. I titoli dei
giornali sarebbero pressappoco questi: Mattanza di musulmani, Strage di
cristiani, Emergenza omicidi di bianchi, Orribile catena di assassini di
neri, Violenza contro persone alte incontrollata, Macello delle persone
basse. Politici di tutte le appartenenze si sentirebbero in dovere di
intervenire, quelli al governo assicurerebbero immediata attenzione e
progetterebbero interventi.
In Italia, nel giro di due giorni (24 e 25 agosto 2014), due donne sono state
uccise e due ferite - una è in pericolo di vita, da quattro uomini. L'episodio
più clamoroso è quello di Roma, dove il 35enne Federico Leonelli uccide
a coltellate la 38enne
ucraina Oksana Martseniuk e la decapita con una mannaia, ma nello stesso
giorno a Nuoro Sandro Mula, quarentenne, uccide la moglie Sara Coinu,
36 anni, con tre colpi di pistola e poi rivolge l'arma contro di sé. Il giorno
successivo a Lamezia Terme un uomo quarantenne accoltella
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ripetutamente la moglie (che fortunatamente non è in pericolo di vita) e
fugge; a Santa Maria Capua Vetere un 56enne riduce in poltiglia la
consorte a colpi di mazza da baseball: costei è grave. In questi due ultimi
casi i trafiletti non hanno menzionato nomi e cognomi delle persone
coinvolte.
La prima cosa interessante è che non è accaduto niente di quel che sarebbe
invece accaduto in ambito giornalistico e politico se la situazione fosse
come l'ho descritta in apertura. Nessuno ha notato che in Italia le donne
muoiono o subiscono tentativi di omicidio in un numero che è troppo
allarmante per essere ancora affrontato spezzettando i casi in follia - raptus
- gelosia - crisi familiare - si stavano separando - lei lo aveva respinto, e
cioè in problematiche "singole" che con il clima culturale e sociale della
nazione non avrebbero nulla a che fare. Nessun quotidiano ha prodotto
titoli, occhielli o articoli che riflettano la realtà; nessun politico si è sentito
in dovere di rilasciare dichiarazioni.
La seconda cosa interessante riguarda il caso romano, troppo denso di
dettagli orripilanti per non guadagnare la prima pagina, compreso
l'omicidio dell'aggressore da parte della polizia. Questa è una sequenza di
titoli/occhielli del Corriere della Sera fra il 24 ed il 25 agosto, i corsivi
sono miei:
n. 1 - Decapita la partner con una mannaia. L’assassino ucciso dalla
polizia. Orrore e sangue in un appartamento all’Eur. Al loro arrivo gli
agenti sono stati aggrediti dall’omicida con la stessa arma: hanno dovuto
sparare e lo hanno colpito.
n. 2 - Decapita una donna con una mannaia. L’assassino ucciso dalla
polizia. Orrore in una villa (a) Roma. L’omicida, in divisa paramilitare e il
volto coperto da una maschera antigas, ha aggredito gli agenti, che hanno
dovuto sparare e lo hanno colpito.
n. 3 - L’assassino aveva 35 anni, una relazione sentimentale chiusa da due
anni.
n. 4 - Il ritratto del killer, tra depressione e l’uso di tranquillanti
n. 5 - L'ospite triste diventa killer.
E questa è una sequenza de La Repubblica (stessi giorni, i corsivi sono
sempre miei):
n. 1 - Decapita la compagna poi si scaglia contro gli agenti che sparano:
morto in ospedale . Orrore in una villetta di via Birmania. Un uomo prima
uccide con una mannaia la compagna poi attacca i poliziotti. Ricoverato al
Sant'Eugenio, è deceduto Roma, decapita donna poi si scaglia contro gli
agenti che sparano: morto in ospedale.
n. 2 - Il delitto in una villetta di via Birmania all'Eur. Un uomo, Federico
P. di 35 anni, con indosso una maschera e gli anfibi prima uccide con una
mannaia la domestica ucraina poi attacca i poliziotti. Ricoverato al
Sant'Eugenio, è deceduto.
n. 3 - Nella casa dell'assassino "Era violento" "No, era speciale"
"Sconvolto dalla morte della fidanzata".
Ormai saprete il resto, credo. La vittima lavorava nella villa che era stata
"prestata" all'omicida dai proprietari in vacanza. La vittima aveva allertato
i suoi datori di lavoro: il loro amico maneggiava un gran quantità di
coltelli in un modo che le faceva paura. Gli investigatori ipotizzano che
Oksana Martseniuk sia stata assalita sessualmente (le sue grida, il fatto che
il cadavere fosse senza maglietta) e che l'assassino abbia "reagito" al suo
rifiuto; la decapitazione sarebbe dovuta all'idea di fare a pezzi il cadavere
per potersene sbarazzare più facilmente. Da notare che in prima battuta i
giornali sono convinti che tra i due debba esserci una relazione: se la
morta è "la compagna" il delitto si spiega, è normale, avranno litigato, lei
forse voleva lasciarlo, lei lo aveva tradito ecc. Quando il dato è smentito,
le giustificazioni per l'assassino prendono tutte le direzioni possibili: era
triste e depresso perché una relazione sentimentale durata due anni si era
chiusa (affermazione poi sparita da ogni articolo successivo), oppure
perché la sua fidanzata, con cui aveva avuto una relazione molto lunga, è
morta; faceva uso di psicofarmaci: "informazione" sparata senza verifica
alcuna, sulla base delle dichiarazioni di un vicino di casa: Penso facesse
uso di tranquillanti e smentita da articoli successivi con l'occhiello "Non
prendeva tranquillanti"; inoltre, era una brava persona, anzi una persona
stupenda: la sorella lo definisce "un ragazzo d'oro che si prodigava con i
nipotini e per il custode del palazzo in cui abitava era "un ragazzo
splendido, una persona speciale".
Altre testimonianze, sempre di vicini di casa, menzionano "lunghi litigi"
con la madre (in condizioni fisiche precarie, assistita da una badante) "che
sembravano non finire mai": "Sentivamo sempre urlare" e dicono che
Federico Leonelli avrebbe anche alzato le mani su madre e sorella durante
i litigi suddetti. La "maschera antigas" dei primi flash si riduce ad un paio
di occhiali da giardiniere e la dinamica dell'uccisione di Leonelli da parte
della polizia presenta controversie: forse non ha minacciato gli agenti con
il coltellaccio ma ha tentato di entrare nella propria auto per fuggire.
L'ultima cosa interessante è che Oksana Martseniuk esiste nei media solo
come cadavere decapitato. Non vi è traccia della curiosità e dei patetici
tentativi di "analisi" che invece investono personalità, esperienze e
relazioni del suo assassino. Non sappiamo, e a nessuno interessa sapere,
chi fosse questa donna da viva. Possiamo ragionevolmente supporre che i
suoi colleghi, gli altri domestici che lavoravano nella villa, conoscessero
qualcosa di lei ma nessuno ha chiesto loro niente. Possiamo
ragionevolmente supporre che avesse storie allegre e storie tristi nel suo
passato, che avesse hobby e cose che le piacevano più di altre.
Possiamo ragionevolmente supporre che avesse relazioni, parenti, amici;
possiamo ragionevolmente supporre che qualcuno, nel momento in cui io
scrivo queste parole, sia disperato, incredulo, sotto shock, ferito
irreparabilmente dalla morte di Oksana. Ma non possiamo andare più in là
delle ipotesi ragionevoli. Perché Oksana Martseniuk era una donna, e
quindi infinitamente meno degna di interesse e compassione e meno
umana dell'uomo che l'ha uccisa.
Maria G. Di Rienzo
(fonte: LunaNuvola's Blog - il blog di Maria G. Di Rienzo)
link: http://lunanuvola.wordpress.com/2014/08/25/umane-ma-un-po-meno/
Religioni
Ricordando dom Hélder Camara
Fazzini)
(di Gerolamo
Moriva il 27 agosto di 15 anni fa Hélder Câmara, uno dei vescovi
latinoamericani più amati, grazie alla sua passione per una Chiesa povera
e dei poveri, alla sua attenzione per le persone e alla sua fede incarnata. Il
ritratto di un pastore che può essere certamente considerato un precursore
di papa Francesco.
«Il vescovo rosso Câmara sulla via della beatificazione», strillava Il
Messaggero del 29 maggio scorso. Un titolo che la dice lunga su come una
parte dell’opinione pubblica ha accolto la notizia dell’imminente apertura
del processo canonico che potrebbe portare sugli altari dom Hélder
Câmara, arcivescovo di Olinda-Recife. Tra i protagonisti della storia
recente (non solo ecclesiale) dell’America Latina, Câmara stesso, per tutta
la sua vita, ha dovuto fare i conti con quella pesante etichetta: «Quando do
da mangiare a un povero mi chiamano santo - è una delle sue frasi passate
alla storia -, ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora mi
chiamano comunista».
Curioso: anche papa Francesco, rispondendo alle domande di un gruppo di
giovani belgi, pochi mesi fa aveva chiarito: «Ho sentito che una persona
ha detto: con tutto questo parlare dei poveri, questo Papa è un comunista!
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No, questa è una bandiera del Vangelo, la povertà senza ideologia; i poveri
sono al centro del Vangelo di Gesù».
Ecco: se c’è un motivo per cui valga la pena oggi, a 15 anni esatti dalla
morte, rievocare la figura di dom Hélder - nato nel 1909 e morto il 27
agosto 1999 -, è la sua passione per i poveri, il suo straordinario impegno
per rendere la Chiesa più fedele a quella di Gesù: «Una Chiesa povera per
i poveri». In questo si può affermare, senza tema di smentite, che Câmara
ha anticipato papa Bergoglio.
IL PICCOLO VESCOVO
Ne riceviamo ripetute conferme a Recife. La Igreja das Fronteiras, presso
cui era la residenza di Câmara, è ancora oggi il cuore pulsante della sua
memoria. Sulla piazza antistante una statua del «bispinho» («piccolo
vescovo», com’era soprannominato), ti accoglie a braccia aperte. A lato ha
sede l’Instituto dom Hélder Câmara. Qui incontriamo uno dei membri,
un’anziana ma lucida signora, Bete Barbosa, che cura le pubblicazioni di
Câmara: «In molti atteggiamenti e parole di papa Francesco - dice ritroviamo accenti simili a quelli di dom Hélder. A cominciare dalla
premura per le persone, per i loro bisogni».
Le fa eco Luis Tenderini, 70 anni, italiano di origine, ma in Brasile da
oltre 40 anni. A lungo braccio destro di Câmara in diocesi e fondatore di
Emmaus Recife su incoraggiamento dello stesso dom Hélder, ci fa da
guida preziosa e racconta: «Del primo incontro personale con lui, nel
luglio 1979, quando mi invitò a collaborare nell’attività pastorale,
ricorderò sempre il gesto finale: terminato il colloquio, mi accompagnò al
portone d’uscita, aspettando che girassi l’angolo prima di rientrare. Più
tardi ho scoperto che faceva la stessa cosa con chiunque lo visitasse».
Un altro tratto che accomuna decisamente l’attuale Papa e il «vescovo
rosso» è lo stile di sobrietà estrema e la distanza siderale da quella
mondanità che Bergoglio non smette di indicare come uno dei mali della
Chiesa attuale. Oggi fa colpo la decisione di Francesco di vivere in un
modesto alloggio a Santa Marta, rinunciando al tradizionale appartamento
pontificio. Ma dom Câmara aveva fatto lo stesso, anni prima, decidendo di
prendere dimora in due modesti locali adiacenti alla Igreja das Fronteiras
(vedi sotto).
Anche la tomba di Câmara parla di essenzialità: una semplice lastra di
marmo chiaro, su cui sono incisi solo il nome e le date di nascita e morte,
con una colomba stilizzata. È collocata nella cattedrale di Olinda, antica
città coloniale a pochi chilometri da Recife. Da quella chiesa, oggi meta di
pellegrini e turisti, si gode una vista spettacolare sulla città sottostante e
sull’intera baia.
Ancora. Papa Bergoglio parla dei poveri come della «carne di Cristo».
Câmara, per tutta la sua vita, ha manifestato una premura per gli ultimi
che, prima ancora di assumere i toni della denuncia sociale, si configurava
come attenzione alle persone in gesti semplici. In proposito, ecco una
preziosa testimonianza di Marcelo Barros, abate benedettino e teologo
della liberazione, collaboratore di dom Hélder per 12 anni: «In ogni
fratello e sorella che incontrava lui vedeva la presenza divina - ha scritto
tempo fa su Nigrizia -. Una volta alla settimana ci riunivamo a casa sua.
Mentre parlavamo, molte persone bussavano alla porta. Egli stesso si
alzava e le riceveva. A volte si dilungava nell’ascolto. Diceva: “Ci tengo a
riceverli personalmente, perché non voglio perdere il privilegio di
accogliere il Signore stesso”».
PROTAGONISTA DEL CONCILIO
È interessante osservare come, al pari di Oscar Romero, altro gigante della
Chiesa latinoamericana, anche monsignor Câmara abbia percorso un
cammino personale di «conversione», prima di prendere le posizioni
coraggiose che conosciamo. Nato in una famiglia numerosa, era cresciuto
in un ambiente ecclesiale piuttosto conservatore. Ordinato sacerdote nel
1931, si converte ai poveri quando, nel 1952, diventa ausiliare del
cardinale di Rio de Janeiro: è in quel periodo che il giovane e dinamico
vescovo si conquista sul campo il soprannome di «vescovo delle favelas».
Il carisma di dom Hélder si dilata presto fuori dai confini della città. Nel
1952 è tra i promotori della Conferenza episcopale brasiliana, di cui
diventa segretario per 12 anni. Tre anni dopo, lancia la convocazione a Rio
della prima Conferenza dei vescovi latino-americani, da cui nascerà il
Celam (Consiglio episcopale latinoamericano).
Nel 1964 - anno del golpe che instaura il regime militare in Brasile Câmara viene nominato arcivescovo di Recife, capitale del Pernambuco,
nel Nord-Est, la regione più povera del Paese. Il giorno dell’ingresso
ufficiale, il nuovo arcivescovo non vuole essere accolto dentro la
cattedrale, ma sulla piazza, in mezzo alla gente. Negli anni successivi
l’impegno di dom Hélder a servizio dei più deboli continuerà senza sosta,
con prese di posizione coraggiose che lo renderanno famoso in tutto il
mondo. Una frase riassume efficacemente il senso profondamente
evangelico delle sue battaglie: «La rivoluzione sociale di cui il mondo ha
bisogno non è un colpo di Stato, non è una guerra. È una trasformazione
profonda e radicale che suppone Grazia divina».
Pur senza prendere mai la parola durante le sessioni di lavoro, fu uno dei
protagonisti del Concilio Vaticano II, tra gli ispiratori del famoso «Patto
delle catacombe»; per comprenderne il ruolo cruciale basta leggere le sue
circolari raccolte in Roma, due del mattino (San Paolo 2011). Nel 1970 il
Sunday Times arrivò a definire dom Hélder «l’uomo più influente
dell’America Latina dopo Fidel Castro».
l’organizzazione della classe privilegiata per mantenere soggetta, tramite il
monopolio della forza, la popolazione, per sfruttarla e costringerla a fare
ciò che vuole chi controlla lo Stato. E un nuovo Stato palestinese non
sfuggirebbe a questa logica, come ha dimostrato tutta la storia dell’OLP.
Non solo: i due stati troverebbero la loro ragion d’essere nel
mantenimento di una tensione reciproca, che periodicamente sfocerebbe in
conflitti armati. L’abolizione degli stati è la premessa indispensabile della
pace: lo stato di Israele, con il suo spropositato apparato militare e
repressivo, va quindi abolito, così come l’Autorità Nazionale Palestinese,
e sostituiti entrambi da una federazione di comunità disarmate.
La situazione politica in Palestina non è più quella degli anni ’70 del
secolo scorso, quando la presenza di componenti di sinistra dell’Olp
alimentava la speranza che una vittoria della lotta di liberazione
palestinese potesse portare ad un’evoluzione in senso socialista; oggi
questa evoluzione è possibile solo col rovesciamento della dirigenza
dell’Olp e di Hamas, che può venire solo dalla sconfitta militare, cosi’
come solo la sconfitta militare può portare al rovesciamento dell’attuale
governo israeliano. La situazione del resto è chiara: Hamas e’ sostenuta
dal Qatar, dagli Emirati Arabi Uniti e dalla Turchia, tutti e tre alleati o
membri della NATO; la partita che si sta giocando oggi in Medio Oriente
e’ quindi evidentemente truccata.
Il paradosso è che l’interessato non aveva progettato una «carriera» da
profeta. Anzi, all’età di 34 anni, in un momento di sconforto, aveva scritto:
«Attraverserò la vita senza lasciare nessun segno incisivo. Guarderò da
lontano san Francesco Saverio senza poterlo imitare. Ancor più da lontano
guarderò san Francesco d’Assisi. Al mio funerale qualcuno dirà che non
ho prodotto tutto quello che avrei potuto produrre».
La nostra posizione non è di neutralità o indifferenza tra i due contendenti:
la pace può essere veramente una soluzione, ma per raggiungerla c’è
bisogno di sconfiggere quelle classi dirigenti, palestinesi e israeliane, che
della prosecuzione della guerra fanno la base del proprio potere; il
pacifismo assoluto degli anarchici si accompagna all’internazionalismo
proletario e al disfattismo rivoluzionario, cioè a quella pratica concreta di
azioni in contrasto della guerra, pratica che nasce dal rifiuto di ogni
patriottismo e di ogni gerarchia statale e militare.
Oggi sappiamo bene che non è così: Câmara, infatti, va annoverato fra
coloro che hanno impresso una svolta decisiva alla Chiesa del nostro
tempo. Bastino queste ultime parole a mostrarne l’attualità: «Se Marx
avesse visto intorno a sé una Chiesa incarnata, continuatrice
dell’incarnazione di Cristo; se avesse vissuto con cristiani che amavano, in
modo reale e con i fatti, gli uomini come espressione per eccellenza
dell’amore di Dio, se avesse vissuto nei giorni del Vaticano II, che ha
riassunto tutto ciò che di meglio dice e insegna la teologia circa le realtà
terrene, Marx non avrebbe presentato la religione come l’oppio dei popoli
e la Chiesa come alienata e alienante».
La ricerca di soluzioni per le popolazioni del settore mediorientale e di
altri contesti internazionali tormentati dalle guerre deve comunque
necessariamente tradursi anche in concrete iniziative per la pace da
condurre in Italia, per contrastare in senso antimilitarista ed
internazionalista quelle misure del governo che si inseriscono, come in un
gigantesco puzzle, nel controllo imperialistico del Medio Oriente:
l’operazione “Mare Nostrum”, la base MUOS di Niscemi, l’acquisto degli
F-35, la vendita di armi alle forze armate israeliane sono occasioni per una
lotta concreta contro la guerra e contro l’impegno militare del governo
italiano.
Gerolamo Fazzini
(fonte: Popoli - Webmagazine internazionale dei gesuiti)
link:
http://www.popoli.info/EasyNe2/Primo_piano/Ricordando_dom_Helder_Camara.as
px
Notizie dal mondo
Palestina e Israele
Comunicato: "Le aggressione israeliane a Gaza" (di
La fiaccola dell'anarchia (comunità multietnica
aperta))
Le aggressioni israeliane contro Gaza si concluderanno probabilmente
quando le forze armate israeliane avranno esaurito la scorta di munizioni,
senza un nulla di fatto, perché Hamas continuerà a governare la Striscia, e
il governo israeliano sarà pronto a rispondere con crudeli rappresaglie ad
ogni uscita offensiva dei palestinesi; ci sarà “solo” qualche migliaio di
civili assassinati in più, quelli che le gerarchie militari chiamano “danni
collaterali”.
Quanto è avvenuto in questi anni a Gaza dimostra che la soluzione “ due
popoli, due stati” non elimina la minaccia di guerra. Ogni Stato non è che
10
La fiaccola dell'anarchia (comunità multietnica aperta)
link: http://www.aadp.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2130
Altre storie da Gaza (di Rete Italiana ISM)
Sarah Algherbawi è una cittadina palestinese, nata in Arabia Saudita nel
1991 e ora vive nella Striscia di Gaza. Ha terminato la sua Laurea in
Business Administration presso l’Università islamica di Gaza, e ora lavora
come coordinatore del progetto multimediale.
E ‘estremamente difficile trovare un punto di partenza quando si cerca di
scrivere di martiri. Il bilancio delle vittime fino ad ora è di 1.898 persone,
tra cui 433 bambini, 243 donne e 85 anziani, mentre il numero dei feriti è
9837.
Essi hanno lasciato migliaia di storie, e dolore insanabile, dietro di loro.
Sono Ismaeel Ibrahim Al-Ghoul. Mi puoi trovare nella foto a sinistra. Ho
avuto un fratello gemello. Abbiamo vissuto insieme per nove mesi nel
grembo della mamma e solo dieci giorni fuori.
Ho pensato di condividere la nostra vita, giocare insieme, andare alla
scuola materna, scuola e università insieme, e avere gli stessi amici. Ho
pensato che saremmo stati amici per sempre.
Il mio gemello è stato ucciso prima di poter anche crescere un po e vedere
la vita fuori.
Nulla è lasciato qui, ma la distruzione, dolore, e l’odore senza fine della
morte.
Ho perso la mia altra metà, Mohammed.
Questa è la mia università.
Mio fratello gemello non è stata la mia unica perdita. Ho anche perso mia
madre, mio padre e mio fratello maggiore Wael. Mi dispiace non potrò
mai avere la possibilità di conoscere loro, né le mie due sorelle belle,
Hanady e Asma’a – sono state uccise anche loro.
I miei fratelli e sorelle sono stati mantenuti all’interno di un congelatore.
Li puoi vedere nella foto a destra. Non c’era spazio per altre persone
morte in ospedale.
Non c’è più spazio per il dolore.
Domenica 3 agosto, la famiglia Al-Goul perso 10 membri, tra cui la
famiglia di Ibrahim e cinque membri della famiglia di suo zio.
Sono Ramy Rayan. Ho avuto una mamma e un papà che mi hanno amato
come nessun altro genitore sulla terra ha fatto. Io ero il loro unico figlio.
Mi hanno dato tutto. Ero la loro vita.
Ho anche avuto una bella moglie e quattro figli. Il mio figlio maggiore
aveva solo otto anni quando è stato ucciso. Sono stato ucciso per aver fatto
il mio lavoro. Io non ho una pistola; tutto quello che avevo era la mia
macchina fotografica.
Non hanno rubato solo la mia vita; hanno rubato la vita di un’intera
famiglia. Sono morto solo una volta. Mi chiedo quante volte la mia povera
famiglia morirà ogni giorno, ora che devono vivere senza di me?
Non potranno mai dimenticare. Non sapranno mai perdonare.
Sono Momen Qraiqeh, un foto-giornalista palestinese, di età 27 anni.
Nel 2008, ho perso entrambe le gambe per attacchi di aerei israeliani
mentre stavo facendo il mio lavoro.
Nel 2014, ho perso la mia casa ad opera dello lo stesso nemico.
Nessuno può prevedere cosa altro si può perdere.
Noi tutti condividiamo lo stesso dolore. Noi tutti sappiamo e sentiamo che
cosa significa perdita.
Nessuno di noi può immaginare come il resto della nostra vita, se è anche
giusto chiamare questa vita, sarà dopo questo momento.
Abbiamo perso la luce dei nostri occhi. I nostri bambini innocenti, poveri,
e pure sono stati uccisi senza alcuna colpa.
Amavano la vita, ma non hanno avuto la possibilità di vivere. Era il loro
diritto più semplice, vivere!
Avevamo una casa qui.
Abbiamo avuto una vita, ricordi, gioie e dolori … tutti sono stati
completamente sepolti sotto le macerie. Tutto è andato in un batter
d’occhio.
Ci vuole tempo, salute, e ricchezza per costruire una casa. Ci vuole così
tanto tempo per creare i piccoli dettagli e costruirlo, per rendere ogni
pezzo solido che resista alle avversità!
Molte storie sono ormai prive di significato al di là dei limiti di questo
luogo. Molti sentimenti non si faranno sentire di nuovo, e molti odori ci
mancherà …
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Ho costruito il mio futuro qui, e le mie amicizie. Ho avuto i tempi
migliori. Era la mia porta d’ingresso al mondo.
In questo edificio ho scattato molte foto con i miei amici alla nostra
cerimonia di laurea. Mi è piaciuto tanto quanto io amo i miei amici.
E ‘stato bello, non è vero?
Non ti sembra un posto in cui il terrorismo si può praticare? Suppongo di
sì, il tipo più pericoloso di terrorismo è praticare la costruzione di
conoscenza qui-! Qui abbiamo imparato come affrontare l’occupazione
con l’educazione e la conoscenza, e per rendere il mondo consapevole di
ciò che siamo.
Le mie parole sono le mie armi!
(fonte: Rete Italiana ISM)
link: http://reteitalianaism.it/public_html/index.php/2014/08/12/altre-storie-da-gaza/
Israele ha rubato il futuro di Gaza e la sua speranza
(di Gideon Levy e Alex Levac)
Due dottori norvegesi che hanno lavorato nell’ospedale Shifa di Gaza
offrono uno straziante racconto [in qualità di] testimoni oculari di fatti
[accaduti] lì.
I dati sono scritti in inchiostro sul palmo della sua mano, come se fosse
uno scolaro che copia le informazioni per un compito in classe : 1035
morti [1900 al 5 agosto dei quali 400 bambini. NdT], 6233 feriti alle 14 di
lunedì 28 [al 5 agosto 9000 feriti NdT.]. Ogni giorno cancella i numeri e li
aggiorna.
Questa settimana, il prof. Mads Gilbert ha lasciato l’ospedale Shifa della
Striscia di Gaza per una breve vacanza nella sua terra natia, la Norvegia,
dopo due settimane continue di interventi sulle ferite da guerra. Il suo
collega e compatriota, prof. Erik Fosse doveva sostituire Gilbert a Gaza,
ma, a metà settimana, Israele ancora gli impediva di farlo.Anche Fosse
aveva passato la prima settimana di Margine Protettivo nell’[ospedale]
Shifa e voleva ritornarvi.
Gilbert e Fosse hanno lavorato nell’[ospedale] Shifa anche durante
l’operazione Piombo Fuso nel 2008-09, pubblicando in seguito il loro
scioccante libro “Occhi demtro Gaza” sulle conseguenze [della guerra], un
best seller internazionale. Ora loro ritengono che in termini di danni
[procurati] alla popolazione civile e soprattutto ai bambini, la guerra
attuale contro la Striscia è persino più straziante di quella precedente.
Entrambi sono sulla sessantina. In gioventù ammiravano Israele, ma la
prima guerra del Libano del 1982, durante la quale si sono arruolati per
soccorrere i palestinesi feriti, ha modificato la loro percezione e ha
cambiato per sempre le loro vite. “È stato allora che ho visto per la prima
volta [all'opera] la macchina da guerra israeliana” ricorda Gilbert.
Fosse è il responsabile dell’associazione NORWAC (Comitato di Aiuto
Norvegese), che fornisce assistenza medica ai palestinesi ed è finanziata
dal governo norvegese. Sia Gilbert , che è un volontario indipendente, che
Fosse hanno dedicato gran parte della loro esistenza ad aiutare i
palestinesi, e Gaza è divenuta la loro seconda casa. Nel pomeriggio di
lunedì, abbiamo incontrato a Herzliya [cittadina sulla costa israeliana ndt]
Fosse, un cardiochirurgo, dopo che è tornato dalle sue vacanze in
Norvegia, sulla via del ritorno a Gaza. Abbiamo incontrato Gilbert, un
anestesista, mentre stava uscendo dal valico di Erez per ritornare a casa.
Le immagini descritte dai due dovrebbero pesare molto sulle coscienze di
ogni essere umano onesto.
vergognoso di passare alla storia”.
Durante Piombo Fuso pensavo che fosse la più orribile esperienza della
mia vita” dice Gilbert, “fino a quando sono arrivato a Gaza due settimane
fa- il che è stato perfino più scioccante. I dati ci dicono che vi sono 4,2
palestinesi deceduti all’ora… più di un quarto dei morti sono bambini;
oltre la metà sono donne e bambini. L’esercito israeliano [IDF] ha
ammesso che il 70 % sono civili, l’ONU sostiene che sono l’80%, ma da
quello che ho visto a Shifa oltre il 90 % sono civili. Questo significa che
stiamo parlando del massacro della popolazione civile”.
“Shujaiyeh è stato un vero massacro” egli continua. “ Durante Piombo
Fuso non ho visto questo tipo di attacco alle case private; allora furono
attaccate più strutture pubbliche. La brutalità, la premeditazione nel
colpire i civili e le distruzioni [procurate] sono più terribili di quelle
durante Piombo Fuso. Non non sono rimasto colpito dal fatto che la gente
abbia ricevuto un preavviso di 80 secondi per abbandonare le proprie case.
È inumano. La vista di Sujaiyeh è molto più terribile di qualsiasi altra cosa
che abbiamo visto in Piombo Fuso.
Gilbert, che insegna all’Università della Norvegia settentrionale, è anche
furibondo nel vedere i danni intenzionali dell’esercito contro gli ospedali.
Non rimane nulla dell’ospedale di riabilitazione Al-Wafa; l’ospedale
pediatrico Mohammed al-Dura di Beit Hanun è stato bombardato
dall’esercito, e un bimbo di due anni e mezzo ricoverato lì in un reparto è
rimasto ucciso. Quattro persone sono state ammazzate nell’ospedale AlAqsa. Gilbert ha visitato l’ospedale pediatrico ed è stato testimone oculare
della scena. Nove ambulanze sono state attaccate; il personale medico è
stato ucciso e ferito. Secondo Gilbert, questi fatti costituiscono dei crimini
di guerra.
Il dottore è rimasto particolarmente impressionato dalla determinazione e
dal comportamento degli abitanti, in primo luogo da quello dell’equipe
medica locale. A Shifa , nessun addetto ha ricevuto un salario [negli
ultimi] quattro mesi; negli otto mesi precedenti hanno ricevuto solamente
la metà del loro stipendio. Anche quelli la cui casa è stata distrutta sono
rimasti a lavorare. La loro dedizione al lavoro in queste condizioni lo
hanno meravigliato.
In merito all’affermazione che i dirigenti di Hamas si nascondano
nell’ospedale, i due norvegesi dicono che non hanno visto un singolo
uomo armato o nessun dirigente dell’organizzazione; qualche ministro di
Hamas è venuto a visitare i feriti.
Gilbert dice che pure durante Piombo Fuso l’IDF ha provato a spaventare
l’equipe medica affermando che miliziani armati si nascondevano
nell’ospedale, ma l’ultima persona armata vista dai norvegesi
[nell'ospedale] Shifa è stato un dottore israeliano anni fa al tempo della
prima Intifada. Gilbertafferma di aver detto a quell’uomo che il diritto
internazionale vieta di portare armi negli ospedali
Fosse è più misurato, forse perché ha lavorato solamente fino all’inizio
dell’invasione di terra di Gaza; ha fatto circa dieci interventi al giorno al
Shifa. Elogia la competenza dei medici gazawi con i quali ha lavorato.
Fosse vede la sua missione anche fuori dalla camera operatoria, levando
un grido di allarme al mondo, dopo che Gaza è stata svuotata da Israele di
qualsiasi presenza internazionale. Egli dice che la maggior parte dei feriti
è stata copita da missili teleguidati di precisione, e inoltre è sicuro che le
ferite [procurate] ai bambini e ai civili siano state intenzionali.
Nel loro libro i due norvegesi hanno evidenziato una foto di tiratori scelti
dell’IDF con magliette disegnate con le scritte: “Più piccolo – più
difficile” e “Una pallottola – due ammazzati”. Questa volta sono i missili
intelligenti che uccidono i bambini. Ma secondo Fosse, l’assedio
israeliano di Gaza è persino più duro per i suoi abitanti della guerra.
Questo è il motivo per cui Hamas è ora più aggressivo.
“Per sette anni, tutta la società è collassata. Non vi è nessuna attività
commerciale, non si esporta, e non c’è via di fuga. L’unica attività
remunerativa è il contrabbando, e questo distrugge la società. Distrugge
Gaza come società normale. L’assedio ha creato un sottile strato di
popolazione divenuta ricca grazie al contrabbando- mentre tutti gli altri
sono poveri. Ciò mina la struttura della società, e questo è il maggiore
problema di Gaza.
“Mi ricordo di colloqui con chirurghi palestinesi della mia età. Per anni,
hanno vissuto in una Gaza aperta che [permetteva loro] di avere ottimi
rapporti con dottori israeliani. Hanno sempre sognato di ritornare a quei
tempi. Ora quegli stessi dottori si affollano davanti alla televisione e
manifestano gioia quando un razzo cade su Israele. Ho detto loro: ma
Israele reagirà. E loro mi hanno risposto: Non ce ne importa più nulla.
Moriremo comunque. È meglio morire sotto un bombardamento.
“Hanno perso qualsiasi speranza. È scioccante vedere persone che hanno
perso i loro figli e non gliene importa più nulla. Israele sta perdendo i suoi
soldati ora per preservare una situazione che tutto il mondo contesta.
Questo è un crimine contro una numerosa popolazione civile” aggiunge
Fosse.
“Voi avete distrutto il loro futuro e sono disperati. Hamas non ha un gran
sostegno, ma vi è un grande sentimento che non è rimasto nulla da
perdere. E dall’altra parte vi è una società in Israele che se ne infischia. È
molto triste. Voi che siete passati attraverso l’Olocausto siete diventati
razzisti. Secondo me, questa è una tragedia. Perché state facendo questo?
State oltrepassando ogni limite morale – e alla fine questo distruggerà la
vostra società”.
(traduzione di Carlo Tagliacozzo)
Analogamente egli contesta l’affermazione che Hamas stia usando la
popolazione civile di Gaza come scudo umano, e aggiunge: “Dove si
nascondevano i partigiani anti nazisti in Olanda e in Francia? E dove
nascondevano le loro armi”?
“Non sono un sostenitore di Hamas” dice Gilbert. “ Appoggio i
palestinesi, e anche il loro diritto a sbagliare la scelta della loro classe
dirigente. E chi ha scelto Netanyahu e Lieberman? Loro [i palestinesi]
hanno il diritto di sbagliarsi. Sono stato in visita a Gaza per 17 anni. Più la
bombardano, maggiore sarà il sostegno alla resistenza. Mi pare che il
tentativo di descrivere Hamas uguale a Boko Haram è ridicolo. Boko
Haram è l’IDF, che sta violando il diritto internazionale. Come possono i
suoi comandanti essere orgogliosi di uccidere i civili?
“La storia li giudicherà e penso che l’IDF non ne uscirà con una bella
immagine, visti i fatti accaduti sul terreno. Faccio un appello agli
israeliani: Svegliatevi. Dimostrate di essere coraggiosi. Israele sta andando
in una direzione peggiore di quella del Sud Africa- e sarebbe un modo
12
2/08/ 2014, Haaretz
(fonte: Centro Studi Sereno Regis)
link: http://serenoregis.org/2014/08/07/israele-ha-rubato-il-futuro-di-gaza-e-la-suasperanza-gideon-levy-e-alex-levac/