Thérèse Hargot - Prospettiva Persona

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Thérèse Hargot - Prospettiva Persona
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pensiero & persona: il corpo umano venduto e svenduto
Se l’ora di educazione sessuale diventa filosofia
Thérèse Hargot: una sessuologa personalista
Giovanni Marcotullio
bbiamo recentemente assistito allo sconcertante spettacolo del Fertility Day voluto dal
ministro della Salute Beatrice Lorenzin: è stata istituita una giornata annuale per sensibilizzare riguardo al tema della fertilità e della “salute riproduttiva” in genere. Fiumi di denaro sono stati versati per
ricordare agli italiani che “la fertilità è un bene comune”, o che “la bellezza non ha età, la fertilità sì”1 .
Fatto sta che le reazioni sono state delle più scomposte: da Roberto Saviano che si straccia napoletanamente le vesti (anche perché il Fertility Day cadeva il giorno del suo compleanno) ai soliti fuori corso dei centri sociali che vanno a gonfiare preservativi
per protesta (?). In mezzo, però – ed è quello che qui
interessa – una pletora di femministe irrancidite nelle loro conserve sessantottine: «Il corpo è mio e lo
gestisco io», «Un figlio se voglio, quando voglio».
Pareva che avessero riproposto striscioni e articoli di
giornale degli anni Settanta.
A
L’insensibilità al dato demografico
Ora, lungi da noi l’intento di canonizzare l’evento
in sé2 o le campagne che lo hanno promosso3 : sta di
fatto, però, che i dati dell’inoltrato inverno demografico in cui il nostro Paese si trova (dati che minacciano concretamente il nostro Welfare State) sembrano
cadere nell’indifferenza collettiva.
598.364 morti nel 2014 contro 494.550 nati non
hanno bisogno di spiegazioni, e anche tralasciando
che i centomila italiani mancanti sono finiti nei cassonetti delle cliniche abortiste (100.342, per la precisio-
ne, nel 20134 ), resta il dato allarmante della crescita
zero: incapaci di analisi che rendano ragione dei fatti5 , i membri dell’intelligencijanostrana additano a
responsabile della situazione la perdurante crisi economica e la fragilità dei mercati. Senza minimizzare
l’incidenza di questi fattori, che però sembrano storicamente smentiti dai dati, bisogna pure osservare
che la qualità del consumo di beni commerciali denota piuttosto un profilo culturale non interessato
a far posto per dei nuovi nati. Anzi, a giudicare dalle
dichiarazioni raccolte, un profilo ostile. E di questo
cercheremo di rendere conto più avanti.
PP
Le ricadute del nichilismo
nella vita sessuale di
adolescenti e giovanissimi
Negli stessi giorni del Fertility Day veniva alle cronache nazionali la vicenda di Tiziana Cantone, trentenne napoletana morta suicida in seguito a massicce
dosi di pubblico e telematico ludibrio: la disgraziata
aveva inviato a degli “amici” un video hard che la raffigurava mentre performava prestazioni sessuali con
un tipo (impegnato appunto a riprenderla) al fine di
documentare al proprio fidanzato il tradimento perpetrato. La violenza della donna ha eccitato e innescato quella degli “amici”, i quali hanno divulgato il
video nel web, dove è diventato tanto virale da dare il
via a un’interminabile serie di produzioni grafiche satiriche (dette “meme”) che le si è ritorta contro. Le risate e gli insulti si confondono e si esaltano a vicenda,
in simili fenomeni: Tiziana Cantone è diventata pub-
1. La campagna, la prima, sfiorava anche temi più delicati, come la diffusione dell’infertilità maschile e le sue connessioni col
tabagismo; allo stesso tempo cercava di alleggerire con un umoristico “Datevi da fare, non aspettate la cicogna!”.
2. Evento che all’ultimo ha preso una piega ben diversa dall’intuizione originaria: probabilmente per pressioni politiche, gli
stand che avrebbero dovuto punteggiare le piazze di tutta Italia (e che guarda caso erano stati affidati a piccole associazioni, quasi
tutte dedite all’informazione e alla sensibilizzazione sui “metodi naturali”), e così l’evento è risultato alla fine un clamoroso spot
alla fecondazione assistita, con le dichiarazioni del ministro che – per blandire chi insensatamente l’attaccava – insensatamente
dichiarava di essere «a favore anche dell’eterologa». E in effetti la fecondazione eterologa è stata incredibilmente inserita nei
Lea, a dispetto di alcune cure ontologiche che ne restano fuori. Per maggiori informazioni su questi aspetti, cf. Maria Dolores
Agostini, «Come il Fertility Day è stato mutilato della sua parte migliore», La Croce quotidiano (2016).
3. Specialmente l’ultima – quella con due persone di colore a rappresentare “le cattive compagnie” – lascia basiti per
inopportunità e grossolanità.
4. Dati Istat, tutti reperibili su www.istat.it.
5. I picchi di natalità nella storia statistica d’Italia sono nel 1919 e nel 1946.
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blico bersaglio anche dalla gogna mediatica di Radio
Dee Jay, in assoluto una delle più ascoltate in Italia.
Il risultato è che una mattina la giovane napoletana
è stata trovata appesa a un foulard in casa sua.
Il fenomeno è noto come “sexting”, ovvero i soProspettivA
ciologi
lo studiano come l’attività di condividere (sopersona
•
•
litamente
col partner attuale6 ) registrazioni video o
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fotografiche della propria intimità sessuale. Effetto
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del combinato disposto di tecnologie sempre più sofisticate, rete mobile veloce e potente, social network
in piena espansione, il sexting indica una prova di fiducia tra amanti che la donna concede generalmente
per attirare il consenso e l’approvazione del partner,
mentre l’uomo da parte sua richiede e/o riceve per
rassicurarsi nella propria virilità (e non di rado per
mostrare ai compagni la prova della propria capacità
di sottomettere una donna).
Generalmente l’analisi di queste crescenti problematiche verte sul fatto che non pare esserci modo
di impedire a due persone di scambiarsi simili contenuti espliciti, e nemmeno pare esserci una via per
assicurarsi che questo comportamento non sia praticato anche tra minori. Cosa che invece accade, e
non in misure marginali – anzi. I responsabili dell’educazione dei giovani, dal ministero per l’Istruzione alle associazioni civili, sembrano concentrati sull’inculcare nei ragazzi la sola e semplice idea del “safe
sex”7 come panacea definitiva. Così si moltiplicano
nelle scuole dell’obbligo del sedicente “mondo libero” corsi di srotolamento di preservativi su zucchine, informative sull’accesso all’aborto præter parentum consensum, ipersessualizzazione precoce e incoraggiamento alla promiscuità. E non ci si riesce a spiegare come mai i ragazzi, nonostante tutto, continuino ad avere rapporti sessuali “a rischio” (e le ragazze
a restare incinte). Le stesse famiglie non sanno che
pesci pigliare, anche le “migliori” mandano spesso
messaggi contraddittori: da una parte invitano al rispetto del corpo proprio e altrui, dall’altro supplicano i figli, se questi volessero proprio avere rapporti,
di “proteggersi”.
PP
Un malinteso fondamentale
La contraddizione che sussiste nel sintagma “sesso sicuro” è emblematica di un malpensiero radice
del malcostume. Gustave Thibon la spiegava così,
chiosando Nietzsche:
«Non è il vostro peccato, è la vostra avarizia nel
peccato a gridare vendetta verso il cielo» – Quel
che più mi ripugna nella nostra epoca è questa
nauseabonda mescolanza di licenza e circospezione. Tutto è permesso a condizione che nulla faccia
male o comporti una responsabilità. Libertà sessuale, ma provvista di preservativo, pillola, aborto.
La profilassi che fa le veci della morale, il peccato
reso asettico…8
Oltre a essere nauseabonda, detta mescolanza è
pure incredibilmente irriflessiva: le analisi, le diagnosi e le prognosi dei comportamenti vengono presi
sulla base di dogmi sociali dichiarati intoccabili e irrevocabili, salvo che poi – dopo che si è affermata la
libertà di disporre del proprio corpo – non si sa motivare né sostanziare questa stessa libertà se non (tautologicamente) in forza di sé stessa. E così, come si è
visto in occasione degli attentati islamisti di Parigi e
Nizza, la “liberté” si riduce al “diritto all’aperitivo”.
Il paralogismo del consenso
Tutto ciò viene esemplificato con crudo realismo
dalle cronache quotidiane:
«È consenziente, eh! Non la costringe nessuno, è
lei che lo vuole». I ragazzi fanno passaparola. Nei
bagni della scuola media, una ragazza pratica sesso
orale durante le ricreazioni. I bidelli, scoperta la cosa, hanno tentato di spiegarle che non si fa così e
che quello certamente non è il luogo, ma si disperano: «Che puoi dire a una ragazzina che proprio
non vede il problema?». Tra ragazze, le discussioni volano come frecce: «E tu lo faresti?», e poi arrivano all’irrefutabile conclusione: «Ad ogni modo, del suo corpo lei fa quello che vuole. Se le piace,
è suo diritto, non c’è niente da dirle».
Essere liberi sessualmente, nel XXI secolo, è quindi avere il diritto di prenderlo in bocca a quattordici anni. Un sogno d’infanzia che può finalmente realizzarsi! Essere liberi è anche avere il diritto di farselo prendere in bocca da una ragazza di
6. Dalla liquidità dei rapporti consegue spesso il Nebenprodukt del cosiddetto “revenge porn”, ossia l’ultimo male che l’amante
abbandonato può arrecare all’amante che abbandona – pubblicare quei contenuti sul web.
7. La formula è l’aggiornamento del “free sex”, che negli anni Novanta è stato rilasciato nel mainstream per via dell’impennata
dell’aids e delle altre malattie sessualmente trasmissibili.
8. Gustave Thibon, L’illusion féconde, fr., Fayard, Paris 1995, p. 91.
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quattordici anni che-è-lei-che-lo-vuole nell’impunità più totale. Certo non li si rimprovererà perché
soddisfano i loro bisogni sessuali, sono pur sempre dei ragazzi! E poi resta la questione dell’educazione: «Bambini, a scuola, questo non si fa!» E
attenzione, signore e signori, i presidi non scherzano con la regola. Soprattutto in privato, li senti
un pelo più tesi. Sarà per paura della loro reputazione? Questo non fa che eludere il problema, ma
non lo affronta. «Sembra che in alcune scuole medie – comprese quelle dei quartieri chic della capitale – delle adolescenti si facciano pagare in cambio di un rapporto orale», mi racconta un giornalista al lavoro per un’inchiesta sull’argomento:
«Lei ne ha già incontrate?» A dire il vero, non
direttamente, o almeno non fino a oggi. Ma non
sono affatto stupita da queste pratiche imparentate con la prostituzione in ambiente scolastico o
studentesco9 .
Une jeunesse sexuellement libérée (ou presque) 10 è
il secondo libro di Thérèse Hargot, sessuologa belga
naturalizzata francese, nonché il primo a essere tradotto in Italia. La cosa che nella sua lettura ha colpito chi scrive – al punto da spingerlo a proporre il
testo per una traduzione italiana – è il suo fragoroso
disattendere il cliché del sessuologo tipo (o almeno di
quello da salotto televisivo): fondamentalmente un
laureato in psicologia dedito ad argomenti pruriginosi e incline alla facile fatica di demolire i tabù. La
Hargot si segnala immediatamente per una ben diversa formazione – è difatti passata per la fucina della
facoltà di filosofia della Sorbonne, e la sua inclinazione personalista è evidente da passaggi come la conclusione del terzo capitolo, dedicato alla questione
omoessuale:
dato forma alla nostra concezione della sessualità,
che straripa ben al di là della questione gay. Gli
effetti perniciosi dello scontro politico e delle tattiche che sono state messe in opera per il riconoscimento sociale degli individui che vivono la loro omosessualità devono servire di lezione per l’insieme dei comportamenti sessuali attualmente riprovati. Ne assumo a prova questi messaggi, che
ricevo regolarmente: «Buongiorno, le scrivo perché mi domando se sono omosessuale e pedofilo,
perché ho sedici anni e sono attirato dai ragazzini». O ancora: «Credo di essere zoofilo, perché
non la pianto mai di immaginare degli scenari sessuali con degli animali, questa cosa mi ossessiona e
vorrei passare all’atto pratico per sapere se lo sono
veramente», mi confidava questa ragazza quindicenne, come molte altre di cui ho ricevuto le testimonianze in questi ultimi anni. Se lo sono, perché
giudicare le loro pratiche? Perché frapporre divieti
morali e giuridici, fintanto che la loro vita sessuale
è liberamente scelta, fintanto che essa viene esercitata nel mutuo consenso? «Ma questo non ha
niente a che vedere col discorso di prima: è scandaloso parlare dell’omosessualità e terminare con
la pedofilia e la zoofilia!», si offenderà qualcuno.
Ma io non vi ho parlato di omosessualità, di fatto. Io mi allarmo solo del fatto che la ricerca esistenziale riposi sulle esperienze sessuali. Mi allarmo del fatto che i desideri e i comportamenti sessuali si esprimano con il verbo “essere” e vengano
dichiarati come un’identità. Io mi allarmo del fatto che la sessualità sia divenuta un campo chiuso
e ansiogeno per gli adolescenti di oggi; io mi allarmo del fatto che la nostra società non sia capace di
ospitare un vero dibattito sulle differenti pratiche
sessuali, messa all’angolo dalla sua incapacità filosofica a distinguere la persona dai propri atti. La
chiave non è altrove.
PP
Ogni volta che un individuo è ridotto alle sue tendenze sessuali, è alla sua dignità di persona umana
che si attenta. Ogni volta che si semplifica l’espeDunque da una parte la distinzione tra persona e
rienza della sessualità, si cade nell’ideologia, che atto – vecchio e fondamentale utensile dell’etica percozza violentemente con la realtà. L’ideologia do- sonalista11 –, da un’altra la questione del consenso:
minante all’origine delle lotte per l’uguaglianza ha su questi fuochi s’incardina l’ellittica riflessione della
9. Il libro comparirà in italiano a gennaio 2017, per i tipi di Sonzogno. La traduzione sarà curata da chi scrive e, salvo modifiche
inessenziali, corrisponde a quella che andrà in libreria. Il lessico esprime talvolta coloriture crude: l’autrice né dà ragione in un’avvertenza: «Quello che mi viene quotidianamente confidato è in realtà molto più crudo e, spesso, sordido, ma ho volutamente
conservato un certo ritegno, per non versare nell’impudicizia o scioccare i miei lettori.
La generazione che faccio parlare in queste poche pagine viene fuori dalla classe media o agiata di Parigi, Bruxelles e New York,
le grandi città in cui ho abitato. Si tratta di persone che sono nate e cresciute nella nostra società occidentale.»
10. Thérèse Hargot, Une jeunesse sexuellement libérée (ou presque), fr., 1a ed., Albin Michel, Paris 2016.
11. Avrei volentieri scritto “dell’etica cristiana”, ma me lo ha impedito il fatto che l’autrice non si professi né cristiana né
altrimenti credente. Cura filologica esige, del resto, che si ricordi come il concetto stesso di persona sia di fatto un prezioso dono
dell’elaborazione filosofica primitiva dei cristiani al già scricchiolante Occidente antico.
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ProspettivA
• persona •
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Hargot, che trova a metà del libro, proprio nel quingli adolescenti.
to capitolo12 , la sua articolazione più compiuta (nell’economia dell’opera). L’autrice ha infatti imparato
Come ci si può op-porre
da Ricœur, come tutti noi:
senza essere capaci di porsi?
La stranezza connessa alla nozione primitiva di
persona – o meglio, che consente che la nozione
di persona sia primitiva – consiste nel fatto che la
persona è “la stessa [same] cosa” a cui si attribuiscono due specie di predicati, i predicati fisici che
la persona ha in comune con i corpi, e i predicati
psichici che la distinguono dai corpi13 .
E chiosava contestualmente lo stesso Ricœur,
progettando la fondazione di un’etica personalistica:
PP
Il compito sarà […] quello di preservare il vincolo iniziale di pensare lo psichico come assegnabile
a ciascuno, dunque di rispettare anche la forza logica del ciascuno, anche quando si farà appello all’opposizione tra “io” e “tu” per accordare tutta la
sua forza all’opposizione tra sé e altro da sé14 .
Questo ci aiuta a meglio comprendere perché davanti al semplice asserto del “consenso” sembri cadere ogni obiezione a qualsivoglia degenerazione dei
comportamenti sessuali, specie (ma non esclusivamente) tra i giovanissimi: non è sbagliato enfatizzare l’evento del consenso come momento di progettazione della persona; è però inconcepibile farlo senza
un previo momento analitico di cosa l’atto di porre il
consenso postuli. Scrive pertanto la Hargot al centro
del suo libro:
Si ritrova, nelle pagine della Hargot, la traccia di
quella tensione tipicamente ricœuriana che non ha
mai separato il consenso dalla resistenza – tensione che ha saputo dire “no” perché sapeva dire “sì”
(e viceversa) – come si leggeva in Philosophie de la
volonté:
[…] la negazione è la risposta della libertà e come la
dichiarazione stessa della libertà alla necessità: no!
La libertà vuole essere totale, trasparente, autonoma. La coscienza è rifiuto. Il “no” è prefigurato in
ogni indietreggiare rispetto a sé stesso; la libertà è
la possibilità di non accettarmi. […] Non c’è scelta che non sia una esclusione, né sforzo che non
dica no al disordine dell’emozione e all’inerzia dell’abitudine. La volontà è volontà, perché essa nasce esiliandosi. È il messaggio di Cartesio e di Kierkegaard, vale a dire delle due facce della filosofia
che noi cerchiamo di riconciliare: il primo atto di
libertà per il pensatore classico è di sospetto: è un
dubbio, e questo dubbio è un atto di esilio; il cogito si ritira dalla trappola del corpo e del mondo;
si esalta sfidando il genio maligno. Allo stesso modo la libertà, secondo il pensatore esistenziale, trema al pensiero di costituire la crisi dell’essere, essa
si angoscia per lo spazio vuoto che crea mediante
la possibilità, si angoscia per la negazione che inagura fra la pienezza dell’essere anteriore. A partire
dal suo proprio infinito, essa è la possibilità permanente della dismisura, essa si percepisce tentazione a sé stessa, tentazione di esaltarsi infinitamente, così come sente il mondo e il proprio corpo come tentazione, tentazione di inghiottirsi e di perdersi nell’oggetto. Così la libertà scioglie il patto e,
sciogliendo il patto, essa scioglie il paradosso della
libertà-necessità15 .
Acconsentire postula che si sappia a cosa. E allora
come si può supporre che possa esserci un consenso in questi giochi sessuali da parte di una bambina e di un giovane adolescente, dal momento che
il loro statuto di minori designa bene il fatto che
sono ancora immaturi? È per questa ragione che la
legge presuppone che al di sotto di una certa età –
variabile a seconda dei Paesi – una persona non sia
capace di porre il proprio consenso; l’atto sessuale è sistematicamente considerato un abuso, poco
Si parva licet magnis comparare, ora, l’autrice deimporta l’amore che possono portarsi i bambini o clina questa stessa tensione tra consenso e rifiuto
12. Il mio corpo appartiene a me, ma anche a voi è titolo che rivela apertamente un’estrazione personalista della miglior
schiatta.
13. Paul Ricœur, Sé come un altro, cur. e trad. in it. da Daniella Iannotta, Di fronte e attraverso, 325, Jaca Book, Milano 1993,
p. 424; orig. fr. Soi-même comme un autre, Seuil, Paris 1990, p. 113.
14. Ivi, p. 117.
15. Paul Ricœur, Philosophie de la volonté. Le volontaire et l’involontaire, fr., 1a ed., Aubier-Montaigne, Paris 1949, vol. 1,
pp. 418-419.
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nel vissuto dei giovanissimi parigini (e bruxellesi e
newyorkesi…) da lei incontrati e ascoltati:
a rispettare se stessi? Come avere una buona stima
del proprio corpo se lo si misconosce? Ancora, come approvare una cosa di cui non si ha la minima
idea? Ecco perché la comprensione del funzionamento del corpo è indispensabile. Essa suscita il
meravigliarsi: il mio corpo non è una cosa oscura,
possiede una logica interna che mi interroga sulla
maniera più appropriata di accordarmici. A partire da questa prima tappa, bambini e adolescenti
comprendono perfettamente che condividere una
intimità sessuale con qualcun altro non è un gesto anodino, è invece una questione molto seria.
Può generare la vita, può provocare la malattia. Il
corpo non è un involucro di cui ci si può disfare
un giorno, per fare la muta. È con lo stesso e medesimo corpo che si vive, un corpo che le diverse
esperienze sessuali che costellano la vita di una persona hanno segnato positivamente, per un tot, e
negativamente per un tot.
«Bisogna saper dire no!», dicono gli educatori in
guisa di prevenzione contro gli abusi sessuali. «Il
vostro corpo vi appartiene. Nessuno può toccarlo senza il vostro permesso». Pur piene di buone
intenzioni, queste campagne di sensibilizzazione
propagano insidiosamente la morale del consenso
a bambini e adolescenti la cui immaturità impedisce loro di essere in condizione di porlo. Come si
può sapere quello che si vuole quando la propria
persona è ancora in costruzione? Come si fa a dire
di no quando si cerca proprio di rispondere all’immagine che gli altri hanno di noi al fine di sentirsi
amabili? Come non sentirsi responsabili, dal momento che uno non ha saputo “dire di no”? Tante sono le questioni lasciate senza risposta da adulti altrettanto inetti, nella propria vita, quanto ai
mezzi cui bisogna ricorrere per essere capaci di acconsentire. Ci piacerebbe molto che nostro figlio
La seconda tappa individuata è il consolidare
fosse capace, già da giovanissimo, di poter esprime- la capacità, ovvero l’abilità consueta, di enunciare
re ciò che vuole, di non lasciarsi eteronormare. Co- chiaramente la propria volontà all’altro:
me se niente fosse, si assiste a un trasferimento di
La seconda tappa richiesta per acconsentire è di saruolo: i genitori delegano al figlio la responsabilità
per enunciare chiaramente la propria volontà aldi proteggersi. Ora, durante questi periodi di svil’altro. Bisogna dunque essere capaci di riconosceluppo che sono l’infanzia e l’adolescenza, gli adulti,
re, nominare ed esprimere le emozioni che ci abitagenitori ed educatori, sono incaricati di proteggere i bambini, vale a dire di evitare che il bambino si
no; di dare una forma a delle impressioni confuse;
di esternare la propria interiorità. Il compito non
trovi a confronto con situazioni a cui non saprebè evidente: quanti adulti lo adempiono? Pochi, ne
be far fronte. Non si lascia il proprio bambino nelconverrete. «Non ci hanno mai insegnato a esprile mani di chicchessia, neanche per un momento.
mere le nostre emozioni», dicono. «È una novità
Tra il panico e l’ingenuità irresponsabile esiste la
assoluta, chiedere a un bambino come si sente!».
prudenza. È una virtù. I genitori sono invitati a
E questo è tanto più vero in Francia dove, contraesercitarla per vegliare sui loro bambini. I bambini
e gli adolescenti non hanno bisogno di un discorriamente ai Paesi anglosassoni, andiamo al traino
in materia di apprendimento dell’affermazione di
so su cosa conviene o non conviene fare. La morasé, tanto in famiglia quanto a scuola. Tutto ciò
le dev’essere secondaria, essa richiede una maturità
è colpa di Cartesio, col suo famoso “cogito, ergo
affettiva per poter essere integrata dall’individuo.
sum”. Ci ha trascinati in un pensiero sconnesso dai
Altrimenti è solo un discorso che pesa sulle spalle
sensi e dai sentimenti per paura che ci ingannino.
e induce dissesti interiori causati dal dislivello tra
Ci si fida quindi più del proprio pensiero che delle
ciò che bisognerebbe fare e ciò che si fa.
proprie emozioni; più di quello che conviene fare
che di quello che si vuole fare. Eppure, le emozioLa dimensione etica della persona umana, quinni sono foriere di un messaggio che fa eco a una
di, non si forgia con un discorso morale (per quanto
situazione data. Tutto sta nel saggiare le proprie
ragionevole possa essere), ma costruendo la capacità
emozioni mediante la propria intelligenza per essedi porre un vero consenso, e quindi di negarlo con
re capaci di decodificarle, di gestirle e di utilizzarle
piena e libera padronanza del sé. La Hargot indiviper lumeggiare il proprio discernimento e guidadua quindi tre tappe. La prima è la conoscenza della
re la propria maniera di agire. Bisogna imparare
realtà del corpo sessuato, proprio e altrui:
a integrarle, invece che denigrarle o sopravvalutarCome farsi rispettare dagli altri se non si comincia
le. Le nostre emozioni ci ragguagliano sui nostri
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desideri più profondi.
La polemica con Cartesio e col suo dualismo viene
qui esplicitata: è paradossale ma pienamente ragionevole, nonché abbondantemente dimostrato, che
ProspettivA
persona
•
• ogni materialismo, nella storia, abbia inquietanti
97-98 (2016/3-4), punti di contatto con astratti spiritualismi (e/o intellettualismi). Così capita che mentre si considera
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esauriente e completa un’“educazione sessuale” che
si prefigga di illustrare come si srotolano alcuni centimetri di lattice su cilindri di vario calibro, d’altro canto si considera irrilevante che un bambino sia incoraggiato a esprimere il proprio pensiero e quel principio incoativo di volontà che fin dai due anni manifesta. Salvo poi pretendere che “ponga il consenso”. E che sappia “dire di no” (formula inversa della
prima).
La terza tappa consiste nel far emergere un “io”
dalla posizione degli atti volitivi:
PP
Come può esserci consenso se la persona non è autonoma? Perché la parola data sia valevole, bisogna che essa sia quella di un “io” forte. La missione dell’educatore consiste precisamente nello sviluppare questa autonomia personale nel bambino perché diventi adulto, cioè, in altre parole, libero. Certamente non considerandolo per quello
che non è, cioè aspettandosi da lui che si comporti
da adulto quando non è che un bambino. L’affermazione di sé necessita di un accompagnamento,
di esercizi concreti e calibrati per esercitare la capacità di dirsi e di fare ciò nell’immediatezza: essere
capaci di reagire sul momento stesso, non dopo il
colpo, in modo da essere compresi dagli altri.
Secondo la lezione di Ricœur, il consenso va letto come uno dei tre momenti del dispiego del volere umano, insieme con la decisione e con l’azione (la
quale a sua volta è inseparabile dal movimento, dalla
“mozione” e quindi dall’emozione. Sembra dunque
auspicabile che questo rinnovamento etico sia sostenuto, dal versante politico, con una rinnovata distinzione delle rispettive prerogative di etica e diritto.
Come ha ben detto Roger Gil,
è certamente una sollecitazione etica a ispirare il di-
ritto, ma il modello giuridico – quando l’etica si è
trasformata in legge – conduce a far dipendere il
rispetto della persona dal rispetto dei testi regolamentari, leggendo in essi anche un codice morale:
questo può portare a schivare ogni deliberazione
morale assimilando le prescrizioni giuridiche a precetti morali che basta seguire “per essere in regola
con la legge” […]16 .
È l’ennesimo paradosso di società libertine e giustizialiste insieme, in cui i paladini della laicità e del
libero pensiero diventano i più terribili inquisitori e
i più infallibili pontefici17 .
Conclusioni
Come si vede, la questione del consenso e delle
sue condizioni non è una prerogativa delle giovani
generazioni, come se il trascorrere del tempo operasse da sé il prodigio: si tratta piuttosto dello sviluppo solido della persona. Accade quindi che i disordini morali dei giovanissimi costituiscano una spia dell’incompiutezza etica delle due-tre generazioni che li
hanno preceduti, e che proprio nell’incapacità degli
“adulti” anche solo di svolgere un’analisi complessiva
si trovi la conferma all’ipotesi.
Le antropologie deboli che hanno infestato il panorama filosofico della seconda metà del Novecento
– a loro volta figlie delle “fortissime” ideologie nazionaliste e razziali, orribilmente fuse con i vaticinî dei
“maestri del sospetto” – hanno lasciato generazioni
di orfani e naufraghi, turbe di apolidi dell’esistenza.
Il panorama è tanto scomposto e desolante quanto
è stimolante e ambizioso il compito della ricostruzione. Il saggio divulgativo proposto dalla Hargot
ha qualche possibilità – riteniamo – di incidere nell’inveterata mancanza di pensiero per cui gli uomini
soffrono. O come dice l’autrice in conclusione al suo
lavoro:
Con la mia formazione in sessuologia, mi sono lanciata nell’educazione sessuale e affettiva: visto che
si parlava di sesso, tanto valeva parlarne bene! E in
modo altrettanto naturale ho aperto uno studio:
poiché la gente fa del proprio benessere sessuale e
16. Roger Gil, Le consentement. Entre raison et emotion, entre autonomie et bienfaisance, 2012, http : / / www . espace ethique - poitoucharentes . org / obj / original _ 151704 - le - consentement - entre - raison - et - emotion entre-autonomie-et-bienfaisance.pdf.
17. Si pensi, visto che lo si è menzionato prima, a Roberto Saviano e a opinionisti della sua risma. Oppure si pensi, in politica,
all’opzione del Movimento 5 Stelle, che ha raccolto le preferenze di un numero inaudito di cittadini col solo voto di protesta,
senza sostanziare in alcun modo concreto la dichiarazione programmatica iscritta nel grido, tutto formale, “onestà onestà”.
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“”Prospettiva Persona 97_PP”” — 2016/11/21 — 8:16 — page 43 — #43
i
i
pensiero & persona: il corpo umano venduto e svenduto
affettivo una condizione della propria felicità, tanto vale raggiungerla nella sua esperienza. Mi sono
però accorta, molto rapidamente, che al di là del discorso e delle situazioni amorose e sessuali c’è un
interrogarsi profondo, esistenziale, che sorge: chi
sono? Sono amabile? Sono capace? Qual è il senso
della mia vita? Torno dunque ai miei primi amori,
la filosofia. Nella nostra società ultrasessualizzata,
in cui il sesso è utilizzato tanto per far vendere uno
yogurt quanto come risposta alle nostre questioni
esistenziali, questa è un’eccellente porta d’ingresso per toccare il cuore di ogni persona. Osare stare
di fronte a queste vere questioni espresse dai bambini e dagli adolescenti significa accettare di porle
anzitutto a se stessi e di rispondervi. È giocoforza
constatare che la generazione precedente ha fatto
tutto il possibile per evitarlo. I nostri predecessori
hanno voluto fuggire l’argomento fondamentale
dell’identità rifugiandosi in un discorso igienistico sulla sessualità. Siamo cresciuti in una cultura
del pericolo – quella che consiste nel mantenerci
in un clima di paura brandendo le malattie sessualmente trasmissibili e il bambino non-desiderato
come una minaccia al nostro benessere. Ma nel
profondo questa è stata una strategia di fuga. Dun-
que noi non abbiamo ereditato che angosce, dai
nostri genitori: incapaci di accettare i limiti dell’esistenza. La nostra generazione non ha alcun bisogno di ricevere altre informazioni sessuali: siamo
arrivati a saturazione. Il discorso moralizzatore al
quale ha fatto seguito un discorso igienista è sfilato accanto all’essenziale, mancando il bersaglio.
Quando si è adolescenti, la questione non è sapere se l’aborto sia una fortuna o un male, o come si
mette un preservativo. […] L’educazione alla vita
affettiva, relazionale e sessuale dev’essere anzitutto un’educazione delle persone mediante mostre
e convegni che costruiscono la loro personalità. Si
tratta di conoscere il proprio corpo, di comprendere le proprie emozioni, di imparare a gestirle; di
sviluppare la propria autostima, la fiducia in sé, di
imparare ad affermarsi, a comunicare con gli altri;
di riconoscere e di distanziare il patrimonio famigliare; di allenarsi a discernere, per sviluppare alfine i propri talenti, scoprire la propria missione
di vita, la propria vocazione (vale a dire «per cosa sono fatto? Come voglio partecipare al bene comune al fine di conferire un senso alla mia vita?»)
Insomma, di diventare se stessi per essere capaci di
entrare in relazione con gli altri.
PP
Thérèse
Hargot
una gioventù
sessualmente
liberata
(o quasi)
Figura 1: Copertine del libro di Thérèse Hargot per Albin Michel e per la versione italiana edita da
Sonzogno
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