11 La Bermuda Bowl
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11 La Bermuda Bowl
LA BERMUDA BOWL Corre l’anno 1935 quando per la prima volta viene organizzato un Campionato del Mondo tra una formazione Europea e una Americana. L’evento ebbe luogo due volte prima che la seconda Guerra Mondiale ne interrompesse lo svolgimento. Nel 1950 Norman Bach, che era stato capitano della formazione inglese negli incontri internazionali pre bellici, e che si era trasferito alle Bermuda, decise di organizzare nuovamente un Campionato del Mondo da disputarsi tra la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e la formazione Campione d’Europa, che quell’anno era rappresentata dalla Svezia in unione all’Islanda. E per l’occasione offerse ai vincitori un trofeo che prese appunto il nome di Bermuda Bowl, che restava in possesso della nazionale vincitrice sino al campionato successivo; un po’ come la vecchia coppa Rimet per i Mondiali di calcio. Gli Stati Uniti vinsero agevolmente sia contro i Britannici che contro l’Europa, in virtù di una superiore abilità da parte dei propri componenti; allora il concetto di coppie affiatate non era ancora sviluppato e gli americani ruotarono gli accoppiamenti senza problemi. E senza problemi schiantarono l’anno successivo gli italiani, tra i quali si distinse solo un giovane Pietro Forquet. L’America vinse ancora nel ’53 contro la Svezia e nel ’54 contro la Francia, che schierava due rinforzi di grosso calibro, lo svizzero Besse e l’austriaco Schneider. Gli americani giocavano senza coppie fisse ruotando fra loro e in un turno fecero scendere in campo anche il capitano. Sembrava non esserci partita ma a partire dal 1955 l’egemonia venne spezzata; la Gran Bretagna di Reese portò il trofeo in Europa battendo gli USA per 5420 punti; allora non vi erano ancora i match points, che vennero introdotti l’anno successivo. Nel 1956 fu la volta dello squadrone francese, con Jais, Trezel, Ghestem, Bacherich, Lattes e Romanet, che prevalsero per 54 IMPs. E i francesi erano i grandi favoriti anche all’Europeo di Stoccolma, dove si vociferava di un nuovo “Blue Team” italiano, con due coppie che giocavano il Fiori Napoletano del profeta Chiaradia e due nuovi arrivati, Belladonna e Avarelli alle prese con uno sconosciuto sino ad allora Fiori Romano. Il destino! Gli Italiani e i Francesi si incontrarono all’ultimo turno in testa a pari merito e pari finì l’incontro; ma l’Italia prevalse per differenza m.p. globale e oltre al titolo Europeo acquisì il diritto a combattere per la Bermuda Bowl del 1957. Con i favori del pronostico contrari il Blue Team andò a New York e schiantò gli Americani con un margine di 10.150 punti. Era iniziata l’era; l’anno successivo a Como per la prima volta in un Campionato del Mondo venne utilizzato con grande successo il Bridge Rama per permettere agli spettatori di seguire in diretta i loro idoli. LA STORIA DEL BRIDGE Pagina 1 Tale ritrovato non era una novità, i primi esempi risalgono addirittura ai primi anni trenta, ma le difficoltà organizzative ne avevano sino ad allora limitato lo sviluppo. Bridge Rama 1933 Un curioso anche se forse non troppo edificante episodio tratto da questo Campionato prese il nome di Colpo di Campione. Era il settimo giorno di gara e ci si era spostati a giocare nella vicina Campione d’Italia per giocare un turno nei locali del Casinò Municipale. Per farla breve, successe questo; Italia contro USA, Forquet aprì di 1 SA, CONTRO di Stone, PASSO di Siniscalco, “QUADRI” disse Crawford, ricordate che a quei tempi non c’erano i Bidding Boxes, e la licita tornò a Siniscalco che decise di contrare. Le carte non sono importanti, fatto sta che la difesa incassò sette prese ma Crawford sostenne di essere andato sotto solo di una perché egli aveva detto “QUADRI” intendendo 1 QUADRI e non “2 QUADRI” e il PASSO di Forquet aveva sanato la licita insufficiente. L’Arbitro dovette suo malgrado dar ragione all’americano. E tanto alla fine vinse ancora una volta l’Italia. La forza dei nostri alfieri consisteva nel disporre di coppie affiatate, mentre gli americani, soprattutto nei primi anni, giocavano in coppie a rotazione, nel disporre di un sistema di licita innovativo per quei tempi, nel valore individuale dei singoli, e non ultimo in uno spirito di squadra che sapeva ovviare ad ogni avversità. Qualunque errore o rovescio non veniva mai criticato e nemmeno commentato al tavolo e questo aveva un effetto fortificante per i nostri e deterrente per gli avversari, che mai vedevano una breccia tra le fortificazioni azzurre. Un esempio su tutti risale al Campionato 1963. Prima delle ultime 32 mani l’America era avanti di 20 MP; il loro capitano, John Gerber, decise mescolare le coppie facendo giocare insieme compagni non affiatati fra loro; l’Italia macinò punti su punti e si stava ormai approssimando all’aggancio quando comparve la seguente smazzata: LA STORIA DEL BRIDGE Pagina 2 ♠ AF763 ♥ 10742 ♦ R972 ♣/ ♠ D1085 ♠ R942 ♥F ♥ R9 ♦ A93 ♦ DF1064 ♣ AF972 ♣ 85 ♠/ ♥ AD8653 ♦5 ♣ RD10643 In sala chiusa gli americani si spinsero fino a 6 ♥, cadendo di una presa; in aperta la licita degli italiani si chiuse abbastanza velocemente a 4 ♥, giocate da Chiaradia in SUD. Nail, che era passato primo di mano in OVEST, decise per ragioni sue di contrare, su cui Forquet non si lasciò scappare il SURCONTRO. In Rama gli spettatori di tifo italiano esultarono, era la smazzata del sorpasso assicurato. Eppure. Nail, attaccò di ASSO di QUADRI e proseguì nel colore; Chiaradia prese e incassò l’ASSO di PICCHE, scartando FIORI. Ora tre tagli in croce a PICCHE e a FIORI, ma sull’ultimo Jacoby, in EST surtagliò per rinviare QUADRI. La situazione era chiara: Nail era passato e aveva già mostrato la DAMA di PICCHE e i due ASSI nei minori, per cui il RE di CUORI era sicuramente in EST e dopo il surtaglio sarebbe caduto sull’ASSO. Chiaradia, tradito forse dalla stanchezza, perse lucidità e finì un down surcontrato nella mano che sembrava decisiva a favore della propria squadra. Ebbene, Forquet non mosse nemmeno un sopracciglio in segno di rimprovero e la corazzata riprese la sua rincorsa finendo avanti di 19 MP. Una lezione da non dimenticare. Nel 1964 l’Italia si aggiudicò il primo titolo olimpico, bissato poi nel ’68. In quanto ai Mondiali la striscia vincente rimase inarrestabile fino al 1969. Nel 1970 il Blue Team diede forfait, allora il professionismo non esisteva e i campionissimi cominciavano ad avere problemi di budget con i continui spostamenti per gli eventi internazionali; si imposero gli Aces di Dallas, uno squadrone appositamente assemblato da un miliardario texano in cui i componenti vivevano insieme, si allenavano costantemente e giocavano in coppie fisse sistemi simili. Il lavoro diede i suoi frutti, perché per due anni, il ’70 e il ’71, gli Aces si imposero nei due mondiali e nelle principali competizioni internazionali. LA STORIA DEL BRIDGE Pagina 3 Ovviamente il quesito verteva su quel che sarebbe successo se di fronte si fossero trovati gli invincibili italiani. La risposta venne nel 1972, quando il Blue Team annunciò il ritorno in campo in occasione delle Olimpiadi. Forquet, Belladonna, Garozzo, Avarelli, D’Alelio e PabisTicci chiarirono le gerarchie andando ad imporsi nella finale contro appunto gli USA. E nel 1973 la disfatta degli Aces fu ancora più sanguinosa, dal momento che persero per ben 128 MP; in effetti nell’occasione l’impressione fu quella di vittime sacrificali che giocarono ben al di sotto del proprio standard, quasi in soggezione. Dopo che il Blue Team si impose a Venezia nel 1974, arriviamo all’edizione 1975, una delle più affascinanti e tormentate. La sede di gara del venticinquesimo anniversario fu doverosamente quella delle Isole Bermuda. I nostri alfieri si ritrovarono a doversi confrontare con un’accusa di comportamento illecito da parte di una nostra coppia ma stante l’assenza di prove evidenti proseguirono la competizione senza sanzioni. Nella scontata finale Italia – USA la situazione si volse subito a favore degli americani, che si ritrovarono in vantaggio per 99 a 53 dopo 32 boards e addirittura 138 a 65 dopo 48, a metà incontro. La supremazia azzurra sembrava al capolinea. Da quel momento in poi gli italiani giocarono in formazione fissa, Belladonna con Garozzo e Franco con Pittalà, e iniziò la grande rimonta. 109 a 156 al board 64 e 158 a 183 all’inizio degli ultimi 16. 20 m.p. nei primi 3 boards e sorpasso, 184 a 183, alla mano 86. Alla 88 3 SA +2 in una sala e 3 SA -1 nell’altra, 195 a 183; gli americani non hanno ancora segnato un singolo punto nel turno. Ed ecco, dopo tre mani piatte, la mano del destino, la n° 92: ♠ AR109 ♥/ ♦ A97 ♣ F98632 ♠ 43 ♠ 7652 ♥ D1087 ♥ R432 ♦ D1064 ♦ F53 ♣ 754 ♣ R10 ♠ DF8 ♥ AF965 ♦ R82 ♣ AD In chiusa Hamman e Wolff hanno dichiarato 6 SA, fatte 7, 1470. LA STORIA DEL BRIDGE Pagina 4 In aperta 700 spettatori assistono attoniti alla licita in aperta: OVEST NORD EST SUD Eisemberg Belladonna Kantar Garozzo PASSO 2 ♣* PASSO 2 ♦** PASSO 2♠ PASSO 3♥ PASSO 3 SA PASSO 4♣ PASSO 4♦ PASSO 4 SA PASSO 5♦ PASSO 5♥ CONTRO surCONTRO PASSO 5♠ CONTRO 5 SA PASSO 7♣ FINE * apertura con FIORI lunghe ** chiede da 4 ♦ in su sono tutte cue bids. Una serie di incomprensioni avevano portato i due campioni ad un fuori campo miracoloso che sarebbe costato il titolo 87 volte su 100. Alla vista del morto Belladonna impallidì e cominciò ad esclamare a bassa voce “oh mio Dio, oh mio Dio”. Quando poi si decise a muovere FIORI e vide il 10 di Kantar e la DONNA del morto far presa e quando sull’ASSO cadde il RE fu la volta dell’americano esclamare “ma allora è vero che Dio è italiano!”. A posteriori i tecnici affermarono che forse Dio non era davvero italiano perché se Kantar avesse avuto la prontezza di passare al primo giro a FIORI il RE condannato simulando che fosse secco, Belladonna avrebbe avuto a disposizione una linea di gioco atta a mangiare il 10 quarto alla sua destra e sarebbe finito un down; ma al tavolo, con tutta la tensione del momento, tale colpo di genio era praticamente impossibile. E così alla fine un altro titolo in bacheca; ma la sorte era stata benigna per l’ultima volta e la striscia vincente era ormai destinata a concludersi. Un po’ di sfortuna e un po’ di ruggine bagnarono negli anni successivi le polveri degli italiani e delle imprese dei nostri si parlò con nostalgia fino agli anni novanta, quando il nuovo Blue Team dei vari Bocchi, Duboin, Versace, Lauria, Fantoni, Nunese compagni tornarono a dominare in lungo e in largo. Dal 1995 abbiamo dominato il Campionato Europeo a Squadre Open con una serie di a sette vittorie consecutive. Poi è arrivata anche la consacrazione mondiale, con i trionfi nelle Olimpiadi in Olanda nel 2000 e Turchia nel 2004, e finalmente anche nella Bermuda Bowl in Portogallo nel 2005. “Italians do itbetter.”. LA STORIA DEL BRIDGE Pagina 5