10 Blue Team, Aces e le nostre Signore

Transcript

10 Blue Team, Aces e le nostre Signore
IL BLUE TEAM
Il termine viene attribuito spesso a formazioni nazionali italiane che riescono ad eccellere
in competizioni internazionali, ma la sua origine è puramente bridgistica.
Per non parlare poi ad esempio dei Grandi Slam, dal tennis al calcio e così via.
Comunque sia, il primo e vero Blue Team altro non fu che la nostra squadra nazionale,
che dal 1957 al 1972 vinse dieci Campionati del Mondo consecutivamente e tre
Olimpiadi; i suoi componenti furono in tutto otto, Avarelli, Belladonna, Chiaradia,
D’Alelio, Forquet, Garozzo, PabisTicci e Siniscalco.
L’Italia aveva conseguito il primo successo a livello internazionale nel 1951, quando si
aggiudicò il Campionato Europeo, acquisendo il diritto a rappresentare l’Europa
nell’incontro mondiale contro gli Stati Uniti; allora non si parlava di Campionato del
Mondo ma appunto di Sfida Europa-USA.
Comunque sia, gli americani vennero a Napoli e si imposero con autorità.
Carl’AlbertoPerroux, presidente della Federazione Italiana Bridge, decise allora di
selezionare un gruppo di potenziali campioni e di allenarli con costanza per ottenere
coppie di alto livello.
Nel 1955 il gruppo venne suddiviso in due formazioni, l’Azzurra e la Rossa; si impose la
prima, composta da Avarelli, Belladonna, Chiaradia, D’Alelio, Forquet e Siniscalco.
La SQUADRA AZZURRA si impose a sorpresa sui favoriti francesi nel Campionato
Europeo, cosicché nel 1957 ospitarono a New York i nostri alfieri per una sfida tutta a
favore dei padroni di casa.
E invece il Blue Team, come veniva ormai chiamato all’estero, conquistò la Bermuda
Bowl, il trofeo offerto ai vincitori del campionato.
L’avvenimento fece molto scalpore oltreoceano e venne ritenuto eccezionale e
difficilmente ripetibile.
E invece già l’anno seguente l’Italia rivinse l’Europeo a Vienna e rappresentò ancora il
continente nel Campionato del Mondo disputato a Como, in cui partecipò anche
l’Argentina in rappresentanza del Sud America.
239 a 167 all’Argentina e 211 a 174 agli USA, e la seconda ciliegina era servita.
Nel 1960, ’64 e ’68 i mondiali non vennero disputati perché sostituito dall’Olimpiade, in
cui partecipavano anche le altre formazioni nazionali, e il risultato rimase il medesimo.
Passavano gli anni, passavano gli alfieri; nel ’61 Siniscalco dovette dare forfait per motivi
di lavoro e venne sostituito da un giovane di belle ambizioni, Benito Garozzo, e
successivamente Camillo PabisTicci prese il posto di Chiaradia, il padre del Fiori
Napoletano.
Carl’AlbertoPerroux dal canto suo nel 1967 diede le dimissioni da presidente FIB e
quindi anche da CT della nazionale e il suo posto venne preso da Angelo Tracanella e poi
da Umberto Barsotti.
Sia come sia, il Blue Team rimase imbattuto.
LA STORIA DEL BRIDGE
Pagina 1
GLI ACES
Una risposta USA allo strapotere italiano.
Questo lo scopo che spinse il multimilionario Ira Corn a formare la compagine che
avrebbe preso il suggestivo nome di Dallas Aces, gli Assi di Dallas.
Egli analizzò la sterminata serie di sconfitte patite dai suoi connazionali nei confronti
della corazzata azzurra e vide nell’amalgama di squadra e nella preparazione tecnica i
principali punti deboli.
Fino agli anni sessanta gli statunitensi giocavano sistemi che più che naturali avremmo
potuto definire alla buona e spesso i compagni di coppia ruotavano fra loro, a tutto
discapito dell’affiatamento.
Gli italiani, al di fuori della loro comunque indiscussa classe, partivano sempre
avvantaggiati dal pressappochismo degli avversari.
Corn reclutò allora per prima cosa il Colonnello dell’Air Force in pensione Joseph
Musumeci col compito di allenare mentalmente e fisicamente il suo team.
Ingaggiò quindi i sei migliori giocatori in circolazione: James Jacoby, Robert Wolff,
Michael Lawrence, Robert Hamman, Robert Goldman e William Eisenberg.
Sotto la supervisione del colonnello essi vennero alloggiati e spesati in quel di Dallas,
dove sessanta ore alla settimana lavorarono giocando fra loro, impegnandosi a creare ed
assimilare un sistema comune di licita, vivendo controllati come veri atleti.
Per analizzare i dati venne comprato un futuristico per allora computer SDS 940, dal
costo esorbitante di 2.000.000 di dollari.
I primi successi in campo nazionale non si fecero attendere e nel 1970 gli Aces si
qualificarono per rappresentare gli USA nella Bermuda Bowl che si sarebbe tenuta a
Stoccolma.
E vinsero; il sogno si era avverato.
Così anche nel 1971 a Taipei.
Però in queste due edizioni il Blue Team non si era presentato; i nostri campioni
cominciavano ad essere stanchi per gli impegni che da anni mettevano in difficoltà il loro
lavoro quotidiano.
A quei tempi soldi per il bridge ne giravano pochi.
Fu grande quindi l’attesa quando nel 1972, in occasione delle Olimpiadi di Miami,
decisero di tornare in campo Avarelli, Belladonna, D’Alelio, Forquet, Garozzo e
PabisTicci, con capitano Umberto Barsotti.
Per gli Aces una vittoria sarebbe stata la consacrazione definitiva.
Nella finale che tutti si aspettavano avvenne quello che tutti i tifosi di casa temevano:
l’Italia spazzo gli avversari con un distacco di 65 IMP dopo 88 smazzate.
Questa competizione segnò il ridimensionamento per le ambizioni di Corn e il Blue Team
rimase definitivamente irraggiungibile.
LA STORIA DEL BRIDGE
Pagina 2
LE SIGNORE DEL BRIDGE ITALIANO
Nel 1974, in occasione dello svolgimento a Venezia della Bermuda Bowl, la Federazione
Italiana Bridge offerse un trofeo, che prese il nome di VeniceCup, da mettere in palio nel
Campionato del Mondo a Squadre Ladies.
Quell’anno l’evento femminile fu organizzato sotto forma di una sfida tra le italiane in
qualità di campionesse europee e una rappresentativa statunitense.
Le nostre paladine nell’occasione furono Marisa Bianchi ed Anna Valenti, Rina Jabes e
Antonietta Bobaudo, Maria Venturini e Luciana Canessa, capitanate da Giovanni
Pelucchi.
Persero di misura, 297 a 262 dopo la bellezza di 136 board, e l’esito dell’incontro rimase
incerto fino alla fine.
Pelucchi e le sue signore seppero comunque portare i colori italiani ai vertici mondiali nel
corso degli anni settanta, avendo dominato il campo internazionale con una serie
impressionante di vittorie:
-Olimpiadi 1972 e 1976
-Campionati Europei 1970, 1971, 1973, 1974
Ancora nel 1976 le nostre campionesse si imposero nell’Europeo sotto la guida di Guido
Barbone.
LA STORIA DEL BRIDGE
Pagina 3