Uso occasionale e dipendenza da sostanze psicotrope

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Uso occasionale e dipendenza da sostanze psicotrope
5-10-2009
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Cleto Corposanto, dopo aver lavorato presso l’Università di Trento, è attualmente professore straordinario di Sociologia presso l’Università Magna Grecia
di Catanzaro. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche su temi di metodologia della ricerca sociale, dei servizi sociali e sanitari, di sociologia della
salute e della malattia, di pianificazione e di valutazione sociale.
Raffaele Lovaste è direttore del Servizio per le tossicodipendenze
dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento; membro dell’ufficio di
presidenza e del consiglio direttivo nazionale della FeDerSerd, del Gruppo
Interregionale di esperti nel settore delle tossicodipendenze, è referente
nazionale per la Provincia Autonoma di Trento in materia di dipendenze.
I S B N 978-88-568-1493-4
€ 28,00
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Uso occasionale
e dipendenza
da sostanze psicotrope
Pazienti e professionisti
a confronto
a cura di Cleto Corposanto,
Raffaele Lovaste
USO OCCASIONALE E DIPENDENZA
DA SOSTANZE PSICOTROPE
Il volume è il frutto di una ricerca realizzata grazie al finanziamento provinciale sul Fondo Speciale dell’Università degli Studi di Trento che, per ampiezza dei temi trattati e dei servizi coinvolti, non ha precedenti in Italia.
L’indagine si è proposta di ricostruire i punti di vista sul fenomeno droga a
partire dall’interrogazione di soggetti che, con diversi livelli di contiguità e
con ruoli diversi, ne hanno avuto esperienza: gli utenti del Ser.T e delle
Comunità Terapeutiche, gli utenti del Servizio di Alcologia, i segnalati al
Commissariato del Governo per detenzione o uso di sostanze stupefacenti e i
professionisti socio-sanitari della rete che vivono quotidianamente la relazione con i pazienti tossicodipendenti o alcolisti.
La finalità del lavoro è duplice. Da un lato, risponde ad una esigenza di tipo
conoscitivo, che porta ad analizzare le diverse culture della droga e a valutare se – e in che modo – il diverso grado di prossimità alle sostanze da parte
degli intervistati, o il loro ruolo di terapeuti/pazienti, influenzi la vision del
fenomeno. Dall’altro lato, l’indagine ha voluto esplorare l’aspetto qualitativo
dei servizi e la loro capacità di risposta ai bisogni degli utenti, al fine di individuare gli eventuali punti deboli del sistema per riadattarli alle esigenze portate dai fruitori.
L’insieme dei dati forniti dall’indagine costituisce una ricca base empirica
che sostiene la lettura delle recenti evoluzioni del fenomeno, che spingono
verso un progressivo processo di normalizzazione dell’uso e/o della rappresentazione dell’uso di sostanze, seppure con velocità differenti e geometrie
variabili nei diversi attori sociali coinvolti.
1341.2.42 CORPOSANTO, LOVASTE (a cura di)
Uso occasionale e dipendenza da
sostanze psicotrope
RICERCA
SPENDIBILITÀ
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alute e
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FrancoAngeli
Salute e Società
collana diretta da Costantino Cipolla
La Collana Salute e Società si inserisce in una rete di natura più vasta, collegata operativamente
da un logo comune e concettualmente da un Manifesto programmatico (pubblicato sul n. 1, a. I,
2002 della Rivista omonima), che contempla le seguenti iniziative, qui segnalate con i rappresentanti che ne compongono il Consiglio di direzione:
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– Laurea Specialistica in Sociologia, Politiche Sociali e Sanitarie (con curriculum in Sociologia
della Salute): Costantino Cipolla, Università di Bologna;
– Rivista Salute e Società, quadrimestrale edito da FrancoAngeli: Antonio Maturo, Università di
Bologna;
– Delegato SISS (Società Italiana di Sociologia della Salute): Tullia Saccheri, Università di
Salerno;
– Master Universitario di II livello in Valutazione della qualità dei servizi socio-sanitari dal punto
di vista del cittadino: Leonardo Altieri, Università di Bologna;
– Centro di Ricerca Interdipartimentale sui Sistemi Sanitari e le Politiche di Welfare (C.R.I.S.P.):
Guido Giarelli, Università della Magna Graecia (Catanzaro);
– Master Universitario di I livello in Il coordinamento, la progettazione e la gestione dei servizi
di educazione, comunicazione e promozione della salute: Sebastiano Porcu, Università di
Macerata;
– Centro di Studi Avanzati sull’Umanizzazione delle Cure e sulla Salute Sociale (Ce.Um.S):
Francesca Cremonini, Università di Bologna;
– Master Universitario di I livello in Funzioni Specialistiche e Gestione del coordinamento nelle
Professioni Sanitarie: Anna Coluccia, Università di Siena;
– Storico per la Croce Rossa Internazionale: Paolo Vanni, Università di Firenze.
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Attività di Alta Formazione:
– Corso di Alta Formazione in Welfare State e cittadinanza: gay, lesbiche, bisex, trans (Università
di Bologna): Tutor Agnese Accorsi, [email protected].
– Corso di Alta Formazione in Metodologia della ricerca sociale ed epidemiologica applicata
alle sostanze psicoattive (Università di Bologna): Tutor Alessia Bertolazzi, [email protected].
– Corso di Alta Formazione in Sociologia della salute e Medicine non convenzionali (Università
di Bologna): Tutor Veronica Agnoletti, [email protected]
Ognuna delle attività citate fa capo a reti singole e collettive nazionali ed internazionali, accademiche e professionali, sociologiche e di altre discipline che concorrono complessivamente, a vario
titolo, alla presente iniziativa editoriale.
La Collana, che prevede, per ogni testo, la valutazione di almeno due referee anonimi, esperti o
studiosi dello specifico tema, si articola in tre sezioni:
Confronti
In questa sezione sono pubblicati testi che fanno della comparazione geografico-istituzionale, storica, epistemologica il senso della propria elaborazione nell’ottica della tolleranza, del pluralismo
competitivo e delle soluzioni, o decisioni, migliori per la qualità della vita socio-sanitaria dei cittadini. La continuità e la coerenza di tale approccio è garantita dalla Rivista Salute e Società.
Teoria e metodologia
In questa sezione compaiono testi teorici o di riflessione metodologica sulle dimensioni sociali
della medicina di impianto anche interdisciplinare e, comunque, inerenti le scienze umane concepite in senso lato.
Ricerca e spendibilità
In questa sezione sono presentati volumi che riprendono indagini, più o meno ampie, di natura
empirica o che investono in un’ottica applicativa e spendibile sia lungo il percorso culturale e coeducativo della divulgazione e della vasta diffusione, sia nella prospettiva dell’incidenza sulla
realtà socio-sanitaria o, più in generale, dell’influenza sulla salute/malattia.
Responsabile redazionale: Ilaria Iseppato, [email protected]
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
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I lettori che desiderano informarsi sui libri e le riviste da noi pubblicati
possono consultare il nostro sito Internet: www.francoangeli.it e iscriversi nella home page
al servizio “informazioni” per ricevere via e-mail le segnalazioni delle novità
o scrivere, inviando il loro indirizzo, a: “FrancoAngeli, viale Monza 106, 20127 Milano”.
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Uso occasionale
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da sostanze psicotrope
Pazienti e professionisti
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a cura di Cleto Corposanto,
Raffaele Lovaste
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© Edizioni FrancoAngeli, Milano
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Il volume è frutto di un’indagine finanziata dalla Provincia Autonoma di Trento.
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La cura redazionale ed editoriale del volume è stata realizzata da Rose Marie Callà e Lorella
Molteni.
Copyright © 2009 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy.
L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sul diritto d’autore. L’Utente nel momento in
cui effettua il download dell’opera accetta tutte le condizioni qui sotto previste. All’Utente è concessa
una licenza d’uso dell’opera secondo quanto così specificato:
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e non commerciale di detta copia digitale dell’opera. Non è autorizzato ad effettuare stampe dell’opera
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Sono esclusi utilizzi direttamente o indirettamente commerciali dell’opera (o di parti di essa);
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riproduzione digitale o cartacea dell’opera (o parte di essa);
4. è vietata la modificazione, la traduzione, l’adattamento totale o parziale dell’opera e/o il loro utilizzo
per l’inclusione in miscellanee, raccolte, o comunque opere derivate.
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Indice
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Il Ser.T: pazienti e professionisti a confronto, di Lorella
Molteni, Raffaele Lovaste e Roberta Ferrucci
1. Premessa
1.1 La vision dei Ser.T del Trentino
1.2 Valutazione dei risultati
2. L’indagine sugli utenti del servizio
2.1 Le caratteristiche degli intervistati
2.2 Le ipotesi di lavoro
2.3 Le culture della droga
2.4 Il rapporto con la cura e con i servizi
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L’uso di sostanze psicoattive in provincia di Trento. Scenari e rappresentazioni fra utenti e operatori di servizi, di
Cleto Corposanto e Raffaele Lovaste
1. L’ambito di indagine
2. Il consumo di sostanze psicotrope ed i servizi di cura e
riabilitazione dagli anni Sessanta ad oggi
2.1 La vision della tossicodipendenza ed i provvedimenti
legislativi
2.2 Le politiche sulla tossicodipendenza in Trentino
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Introduzione alla vision sulla tossicodipendenza, di Costantino
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Cipolla e Alessia Bertolazzi
1. Le culture della droga fra consumatori ed operatori dei
servizi
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3. L’indagine sugli operatori
4. Riflessioni conclusive
Riferimenti bibliografici
Le comunità terapeutiche: utenti e professionisti a confronto, di Rose Marie Callà e Raffaele Lovaste
1. Premessa
2. I risultati dell’indagine
2.1 La consapevolezza sulle droghe, la percezione del rischio, le conseguenze reali
2.2 Perché lo fai?
2.3 Tossicodipendenza: cosa è?
2.4 Droga: che fare?
2.5 Camminiamo verso la stessa meta? Grado di condivisione sugli obiettivi dei programmi terapeutici tra operatori e utenti
2.6 M’ama, non m’ama? Il grado di soddisfazione degli
utenti rispetto al servizio
2.7 Dimmi come stai e ti dirò chi sei
3. Conclusioni
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Percorsi di chi si rivolge ad Alcologia, di Lorella Molteni,
Roberto Pancheri e Francesca Guarino
1. I Servizi di Alcologia della Provincia Autonoma di Trento
2. I risultati dell’indagine
2.1 Significatività del campione e sua descrizione
2.2 Caratteristiche socio-anagrafiche del gruppo degli eterodiretti
2.3 Caratteristiche socio-anagrafiche del campione degli
“autodiretti”
3. L’alcol come droga
4. Motivazioni del bere, esperienza personale e consapevolezza dei rischi
5. Le proposte di intervento
6. Colloquio motivazionale e percorso di trattamento
7. Riflessioni conclusive
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La percezione della tossicodipendenza degli operatori
preposti alla cura e alla riabilitazione, di Rose Marie Callà
1. Premessa
2. Confronto delle risposte al questionario da parte dei professionisti del Ser.T e delle Comunità Terapeutiche convenzionate
2.1 La percezione del rischio associato al consumo
2.2 La percezione del fenomeno “tossicodipendenza”
2.3 I concetti “consumatore non problematico” e “consumatore problematico” di sostanze psicoattive: un confronto
2.4 La valutazione dei servizi da parte dei professionisti
2.5 Riflessioni conclusive
3. I focus group nel “corpus” della ricerca realizzati con i
professionisti del Ser.T e del Servizio Alcologia
3.1 Il focus group realizzato con i professionisti del Ser.T
3.2 Il focus group realizzato con i professionisti del Servizio Alcologia
3.3 Le differenze significative rilevate nell’ambito dei focus group tra gli operatori del Servizio Alcologia e il
Ser.T
3.4 Una riflessione sulle risposte ai questionari fornite dai
professioni del Servizio Ser.T e sulle informazioni
tratte dal focus group
4. Conclusioni
Riferimenti bibliografici
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6.
Il mondo sommerso dei consumatori di droghe: i segnalati
al NOT, di Alessia Bertolazzi e Nadia Gadotti
1. Il Nucleo Operativo Tossicodipendenze nel quadro normativo italiano
1.1 L’illecito amministrativo
1.2 L’illecito penale
2. Il ruolo complesso del NOT
3. Il fenomeno droga dal punto di vista dei segnalati al NOT
4. Il consumo normalizzato, tra negazione e autocontrollo
Riferimenti bibliografici
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7.
Tossicodipendenza e servizi dal punto di vista degli utenti
di Alcologia, Ser.T e Comunità Terapeutiche, di Alessia
Bertolazzi e Alexandra Ramirez
1. Atteggiamenti verso le droghe: un confronto
1.1 La percezione dei danni alcol e droga-correlati
1.2 Riflessioni su controllo sociale e responsabilità individuale
2. La tossicodipendenza nel vissuto soggettivo degli utenti
2.1 La valutazione del servizio da parte degli utenti
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Conclusioni, di Cleto Corposanto e Raffaele Lovaste
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Appendice metodologica. La lettura integrata del fenomeno
droga nel territorio trentino: il percorso metodologico, di Lorella Molteni
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Appendice documentaria. Il questionario con le percentuali di
frequenza, di Lorella Molteni
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Gli autori
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Introduzione alla vision sulla tossicodipendenza
di Costantino Cipolla e Alessia Bertolazzi1
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L’indagine che è stata descritta analiticamente nel corso dei contributi
che compongono il volume non è semplicemente riconducibile ad una ricerca sulla qualità percepita dagli utenti dei servizi per la cura e riabilitazione delle dipendenze. Lo scopo principale è più ambizioso e consiste nel
riuscire a cogliere i significati attribuiti all’esperienza dell’uso di droghe sia
da parte di coloro che stanno vivendo o hanno vissuto quella determinata
esperienza, sia da parte dei professionisti che operano nei servizi e che devono affrontare tale problema. Sono stati interrogati, quindi, da un lato gli
utenti che afferiscono ai servizi del Ser.T, delle Comunità Terapeutiche e di
Alcologia; dall’altro, gli operatori che vi lavorano e che sono composti da
differenti profili occupazionali (medici, infermieri, psicologi, educatori sociali, ecc.). In particolare, abbiamo voluto approfondire due aspetti: il primo riguarda le attribuzioni di senso rispetto al concetto generale di tossicodipendenza e alle cause e conseguenze che questa condotta comporta; nel
secondo, si è voluto approfondire quale fosse la percezione dei servizi sia
per professionisti che per utenti, esaminando per i primi il grado di adesione alla mission del servizio, per i secondi l’esperienza soggettiva dei trattamenti ricevuti per uso problematico di sostanze.
Gli obiettivi della ricerca rispondono ad un’esigenza comune a tutti i
servizi che operano oggi nel campo delle dipendenze e che si trovano di
fronte ad un fenomeno in continuo mutamento. L’esigenza è quella di cogliere le nuove tendenze nei modelli di consumo e di riadattare il servizio
per rispondere a questi bisogni emergenti.
Abbiamo già esaminato in più luoghi (cui rimandiamo il lettore che voglia approfondire) quelle che si prefigurano come le nuove propensioni del
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La prima parte dell’Introduzione è stata scritta da Costantino Cipolla, il paragrafo 1 da
Alessia Bertolazzi.
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consumo di droghe, affrontando il tema del policonsumo2 e come in esso si
venga a manifestare l’attuale cultura della droga [Cipolla 2007a: 28]; o riflettendo sul processo di normalizzazione che pare coinvolgere l’uso di alcune sostanze, in particolare la cannabis [Cipolla 2008].
Se oggi i Ser.T si trovano a dover affrontare nuove sfide, costituite dalla
diffusione di cocaina e delle cosiddette club drugs, resta pur sempre salda
la realtà che nella maggior parte degli utenti che arrivano ai servizi è ancora
diffusa come sostanza prevalente l’eroina. Quella che si delineava come
un’emergenza sanitaria a cavallo fra gli anni ottanta e novanta resta ad oggi
un fenomeno da tenere sotto stretta osservazione. Questo in relazione a due
elementi: una decrescente percezione del rischio verso tale sostanza (molti
giovani consumatori ritengono che l’eroina inalata o fumata sia meno pericolosa in termini di dipendenza e tossicità, rispetto all’assunzione per via
parenterale) e i nuovi modelli di utilizzo che stanno avanzando tra i giovani
assuntori (ad esempio, l’utilizzo dell’eroina in una modalità di policonsumo, laddove viene specificatamente ricercato un effetto sedante per annullare quello prodotto da sostanze psicostimolanti assunte in precedenza).
Rispetto alla sostanza primaria di utilizzo, l’utenza del Ser.T di Trento
rispecchia una situazione usuale per i servizi, soltanto parzialmente toccata
dalle nuove tendenze del consumo di stupefacenti. Infatti, «l’89%
dell’utenza complessiva risulta in carico per problemi derivanti dall’uso
primario di oppiacei (eroina ed altri oppiacei), il 6% utilizza primariamente
cocaina, il 4% cannabis e il rimanente 1% dichiara un uso primario di altre
sostanze illegali» [Aa.Vv. 2006: 68], anche se risultano in aumento fra i
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Sul policonsumo – fenomeno complesso ed articolato nelle sue manifestazioni – abbiamo avanzato una classificazione:
– a sostanza dominante: si intende un policonsumo “anomalo, mascherato”, che si verifica quando il consumo di una specifica sostanza è prevalente e le altre assolvono a funzioni subordinate (es. controllare gli effetti della prima, o amplificarli);
– complementare e/o a rinforzo incrociato fra più sostanze: è il mix specifico che prevale sulla singola sostanza, che può cambiare per tempo e per luogo e che non vale solo di per
sé;
– a “supermarket” (combinazione variabile e contingente): la combinazione di sostanze perde qualsiasi logica funzionale; a dominare è la ricerca di uno stato alterato della coscienza;
– a successione temporale: non si tratta di un uso simultaneo, ma diacronico; le droghe
vengono assunte una per una nel tempo, come se ogni droga trovi una fase o un contesto
delimitato della vita in cui esprimersi;
– secondo principi razionali di separazione e funzionalità: la differenziazione funzionale del consumo porta ad utilizzare le varie sostanze in situazione ben specifiche;
– contestuale: si organizza in modo contingente, senza che la poliassunzione acquisiti
un valore in sé, ma laddove giocano molteplici fattori nel modello di consumo, come il setting, la disponibilità delle sostanze, le interazioni sociali con altri significativi;
– gestito da condizionamenti strutturali: il policonsumo deve adattarsi a condizioni
strutturali, come prezzo, disponibilità e purezza della sostanza.
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nuovi utenti coloro che accedono al Ser.T per uso problematico di cocaina
(18% sui nuovi utenti per il 2006) e cannabis (17%).
Dagli anni sessanta in poi, il percorso intrapreso dai servizi organizzati
per la cura e riabilitazione dell’uso problematico di droghe è andato in direzione di una medicalizzazione del fenomeno, di un “approccio terapeutico”,
talvolta sfociato nel “terapeutismo”. Il disease model invade gran parte del
discorso sulle dipendenze e forse non è del tutto un caso che si siano diffusi
nel tempo gli episodi di comorbilità psichiatrica.
Sappiamo che per la letteratura scientifica, la tossicodipendenza da eroina costituisce una “malattia cronica recidivante”, per cui oltre a valutare
l’eventuale recidiva, restano in sospeso le problematicità collegate al fatto
che stiamo trattando di una “malattia” cronica specifica, che avrà necessariamente implicazioni socio-sanitarie di lungo termine. Accogliere l’idea
della cronicità del percorso tossicomanico significa non considerare la fuoriuscita dallo stato di addiction dalla sostanza stupefacente come step conclusivo dell’intervento terapeutico, bensì come condizione sufficiente e necessaria per accompagnare l’utente verso un reinserimento sociale adeguato. Tuttavia, proprio su quest’ultimo aspetto da alcuni è stata individuata
una certa debolezza dell’attuale sistema di intervento sulla tossicodipendenza a livello nazionale. Le quote elevate di utenza cronica che si registrano tra i tossicodipendenti in carico costituirebbero l’epifenomeno di una
precisa tendenza: «l’assenza in Italia di un impegno sistematico per il reinserimento socio-lavorativo dei tossicodipendenti (che) rischia di diminuire
l’efficacia e l’impianto delle attività riabilitative svolte» [Segre 2000: 179].
L’insufficiente impegno per il reinserimento lavorativo – in modo particolare – e più in generale per il reinserimento sociale costituirebbe un ostacolo per il completo affrancamento dai problemi di dipendenza, nonché un
«conseguente scoraggiamento e senso di inutilità di molti operatori» [ivi].
Se possiamo accettare l’idea che, giunta alla dipendenza, l’assunzione di
droga debba essere considerata e curata in termini di “patologia”, non possiamo lasciar passare sotto traccia il fatto che essa costituisca una patologia
bio-psico-sociale e come tale va trattata, secondo una logica di integrazione
socio-sanitaria e di alto rigore professionale.
Difatti, occorre precisare che la declinazione del modello di sanità pubblica nelle varie realtà regionali incontra poi applicazioni più mirate e tarate
sui bisogni emergenti dell’utenza. Ad oggi, la multidimensionalità
dell’intervento e la necessità di articolare un progetto di cura extrafarmacologico sono valori piuttosto diffusi nel mondo dei servizi.
L’obiettivo delle terapie è comunque il raggiungimento del massimo livello
di funzionalità psico-fisica del soggetto, vale a dire la sua fuoriuscita da una
condizione di tossicità e di addiction. A tal fine le azioni più spesso intraprese – in alternativa ai percorsi farmacologici, che prevedono la somministrazione controllata e a scalare di farmaci agonisti/antagonisti (metadone,
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buprenorfina, naltrexone) – si riconducono a percorsi terapeutici drug free,
in cui non si ricorre all’intervento di tali farmaci, ma si punta su interventi
psico-sociali di supporto (psicoterapia individuale e familiare, attività di
counselling, gruppi di auto-aiuto…).
Le tipologie di trattamento dell’uso problematico di sostanze psicoattive
oggi implementate in realtà vanno sempre più articolandosi, da interventi di
natura prettamente farmacologica, a programmi psicologici, fino ad interventi di tipo educativo e socio-relazionale. Un programma terapeutico di
recupero e di reinserimento sociale di rado si appoggia ad un solo percorso
terapeutico; più spesso vede il susseguirsi o il ricorso concomitante a differenti terapie (ambulatoriale o residenziale; farmacologica, psicologica, socio-relazionale, ecc.), in una logica di trattamento integrato da adattarsi ai
bisogni e alle specificità dell’utente.
Rispetto agli utenti, occorre uscire da una dimensione concettuale che
intenda il consumatore problematico di sostanze come soggetto limitatamente ricettivo, poco affidabile, con scarsi livelli di compliance e di adesione alle cure in ragione delle peculiarità della condotta tossicomanica
(perdita di autocontrollo e di capacità decisionale, che si manifesterebbero
nel desiderio compulsivo di assumere le sostanze).
Anche una supposta rinuncia all’autonomia di giudizio degli assuntori
problematici di sostanze non può farci desistere dall’impegno di rilevare ed
ascoltarne le opinioni, tendendole nel giusto conto al fine di attivare un
processo di compliance verso le cure erogate. Esistono diversi strumenti di
valutazione della soddisfazione dell’utente tossicodipendente3, che però
spesso presentano il limite di indagare più che altro aspetti relativi a risorse
materiali ed umane afferenti al servizio e risultano carenti nell’indagare la
definizione di situazione del consumatore problematico di sostanze. Le percezioni cognitive elaborate dagli utenti e dagli operatori sulla condizione di
tossicodipendenza sono un elemento certamente interessante per il ricercatore, che può così coglierne i modelli culturali di riferimento, ma costituiscono parimenti un indicatore non trascurabile per i servizi. Le rispettive
attribuzioni di senso, infatti, possono condizionare le motivazioni dei soggetti, da un lato ad aderire alle cure, dall’altro ad erogare un intervento efficace. Sia per i fruitori sia per le professionalità impegnate nel servizio, è
inevitabile la mediazione con i mondi di vita e il contesto sociale di riferimento nella costruzione di tali elaborazioni (cfr. fig. 1).
3
Per una rassegna sugli strumenti di customer satisfaction degli utenti tossicodipendenti, si rimanda al testo curato da Ugolini [2005].
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
Fig. 1 – Un approccio co-relazionale per la ricerca sul consumo di sostanze psicoattive
Mondo della vita
Attribuzione di senso
Soggetto
Sostanza
psicoattiva
Percezione psico-fisica derivata dall’assunzione
Contesto sociale (globalizzato)
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Fonte: Cipolla [2007b: 205]
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La rappresentazione sociale della tossicodipendenza sta progressivamente mutando; o meglio, si profilano più contesti culturali di riferimento,
in cui il consumo di sostanze psicoattive e, ancora più specificatamente, le
diverse tipologie di droghe assumono significati differenti. All’interno di
una cultura generale della droga, si ritagliano micro-culture o sub-culture
drogastiche e le situazioni che si incrociano sono almeno 4 (cfr. tab. 1):
a) il primo caso presenta una concezione sociale della droga come male
in sé e per sé al di là della sostanza in campo;
b) il secondo trasforma questa percezione generale in una questione selettiva o mirata verso uno specifico obiettivo, non di rado ideologico;
c) il terzo ci propone una visione più possibilista, che rimanda a suo
modo ad un deficit sociale, un male da gestire, da ridurre nelle sue conseguenze e comunque da tollerare, prevenire e vagliare nelle difformi contingenze;
d) l’ultimo caso, infine, mette in luce un processo di normalizzazione,
volto a rendere la droga il più normale ed irrilevante possibile, con strategie di affossamento, di dissuasione, di contenimento preventivo, autogestionale e terapeutico del danno prodotto o derivato dalle sostanze psicotrope.
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Tab. 1 – Cultura della droga o culture di ogni specifica droga?
Cultura
della droga
Cultura generale
Sub-cultura generale
a) teoria dei gradini e
dell’accesso. Policonsumo.
Sostanza egemone omologata
al resto
b) ruolo centrale di quella
sostanza e di quella subcultura (con pochi travasi)
c) vale il principio dell’alterazione
del cervello, al di là della sostanza
psicoattiva in gioco (supermarket?)
d) normalizzazione della
droga per regolazione normativa o per emersione sociale. Consumo confinario,
occasionale
Funzione
delle varie droghe
Cultura mirata ed
esclusiva
Cultura allargata
ed aperta
Fonte: Cipolla [2008: 16]
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Si tratta di prospettive che si trovano a coesistere nel mondo dei consumatori e degli operatori del settore. Anticipiamo che questa frammentazione in differenti scenari interpretativi sarà verificata dai dati raccolti nella
presente indagine: lo dimostrano gli atteggiamenti verso l’uso di droga riscontrati nei gruppi di intervistati che non sono espressamente in trattamento per abuso di sostanze (i segnalati al NOT e quelli per guida in stato di
ebbrezza). All’idea di “tossico” come soggetto malato, emarginato, deviante, in cui il legame con la sostanza è rimandato ad un livello esclusivamente
di natura interna al singolo individuo (come patologia mentale o “della volontà”), si apre la prospettiva di un soggetto più riflessivo, di un consumatore consapevole e responsabile della propria condotta, integrato socialmente e in grado di far conciliare il proprio pattern di consumo con gli impegni
di vita e i ruoli sociali in cui è implicato.
Conseguentemente, un processo evolutivo necessario ai servizi per le
sostanze psicotrope è quello verso la differenziazione e l’identificazione
funzionale. Ciò sia in direzione delle singole sostanze d’abuso che separano
l’eroina dal resto, la cocaina dalla cannabis e così via, sia per quanto concerne situazioni sociali specifiche, come, ad esempio, il carcere, i poliassuntori, le donne, gli immigrati, la comorbilità o la cosiddetta “doppia diagnosi” e così via.
1. Le culture della droga fra consumatori ed operatori dei servizi
Un obiettivo specifico della ricerca qui presentata è stato quello di cogliere la definizione di situazione in merito al concetto generale di tossico14
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dipendenza. Detto altrimenti, si è cercato di individuare i tratti principali
della vision espressa dalle diverse tipologie di utenza dei vari servizi e dagli
operatori di Ser.T e Comunità; vision riguardante l’uso di droghe e il ruolo
dei servizi nel tentativo di recupero dalla dipendenza.
Abbiamo già illustrato come le attribuzioni di senso dei soggetti siano
elaborate attraverso la mediazione di livelli sovra-individuali (mondi della
vita e contesto sociale globalizzato; cfr. fig. 1) e dei loro contesti culturali
(costituiti in norme e valori). Questo sistema di norme e di valori influenza
in modo diretto la condotta individuale, incidendo sulla definizione che ogni soggetto elabora sulla realtà. Riprendiamo il concetto di definizione di
situazione da Thomas e Znaniecki. I due autori ci spiegano che l’azione sociale chiama sempre in causa due elementi: a) il valore sociale: «intendiamo ogni dato che abbia un contenuto empirico accessibile ai membri di un
gruppo sociale e un significato in riferimento al quale esso è o può essere
oggetto di attività», per cui rappresentano un valore sia oggetti materiali
come un cibo, una moneta, quanto beni immateriali come un brano di poesia, un mito, una teoria scientifica; b) l’atteggiamento: «per atteggiamento
intendiamo un processo della coscienza individuale che determina l’attività
reale o possibile dell’individuo nel mondo sociale», ovverosia è la contropartita individuale al valore, la fame che spinge a nutrirsi, le idee del poeta,
l’interesse ad applicare una teoria e i modi di pensiero che ne conseguono
[Thomas e Znaniecki 1968: 26]. Thomas e Znaniecki, inoltre, chiariscono
in quale rapporto stanno valore e atteggiamento rispetto all’azione sociale,
formulando un principio regolatore per le scienze sociali: «la causa di un
valore o di un atteggiamento non è mai un atteggiamento o un valore soltanto, ma è sempre una combinazione di un atteggiamento e di un valore»
[ibidem: 43].
La combinazione di valore e atteggiamento permette in ogni momento
di elaborare una definizione di situazione. Con situazione intendiamo
l’insieme di atteggiamenti e valori con cui un individuo o un gruppo si relazionano mentre agiscono e successivamente quando valutano i propri risultati. Più precisamente, la situazione comprende: a) le condizioni oggettive (la totalità dei valori economici, culturali, religiosi); b) gli atteggiamenti
preesistenti all’individuo e al gruppo, che costituiscono il punto di partenza
dell’azione sociale; c) la definizione della situazione, «la concezione più o
meno chiara delle condizioni e la consapevolezza degli atteggiamenti» [ibidem: 61]. Detto altrimenti, l’individuo è teso a ricostruire un’immagine coerente di sé e del mondo che lo circonda, sulla base delle condizioni oggettive in cui si trova, dei significati mediati dal gruppo, dei suoi bisogni e dei
mezzi che possiede per soddisfarli. Mentre agisce, ogni individuo non si
trova mai solo, bensì porta dentro di sé significati pregressi, che influenzano la propria definizione di situazione. Da ciò deriva il celebre aforisma: se
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la gente definisce certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro
conseguenze effettive.
Il concetto di definizione di situazione così inteso può essere un efficace strumento analitico per meglio indagare la vision espressa dai diversi
protagonisti coinvolti nell’indagine; per mettere in relazione il valore (le
varie sostanze psicoattive) e gli atteggiamenti manifestati.
Come già descritto nel paragrafo precedente, non pare esserci
un’univocità di atteggiamenti verso l’uso di droghe, né a livello teorico,
né tanto meno a livello di prassi. Per fare un esempio, rispetto al concetto
di dipendenza, riscontriamo un certo dibattito in letteratura sulla sua definizione. A partire da quella fornita dal DSM-IV4, da più parti si è messo
in evidenza come spesso le definizioni attribuite non tengano nel dovuto
conto tutti i fattori sociali e culturali che le influenzano. A seconda del
diverso sistema di valori di riferimento, si elabora una differente concezione di dipendenza. Ne elenchiamo almeno tre:
1. la dipendenza come devianza: il tossicomane è visto come soggetto
moralmente “corrotto” e socialmente deprivato in ragione dell’assunzione
di droghe e viene relegato ai margini della società. In questa prospettiva,
gli interventi adottati sono di stampo proibizionista, il cui scopo ultimo è
di ottenere una società libera da droghe. Tuttavia, i processi stigmatizzanti che si producono hanno nella maggior parte dei casi effetti controproducenti. Il potere attraverso cui «un’etichetta sociale può intervenire nella
ridefinizione dell’identità del soggetto ha molto a che vedere con i processi
di impotenza appresa, che fanno sì che un individuo non ritenga possibile
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Il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-IV) dell’American
Psychiatric Association indica che si instaura una relazione di dipendenza – come uso patologico di una sostanza che manifesti menomazioni o disagio clinicamente significativo –
quando si verificano per un tempo di almeno dodici mesi tre delle seguenti condizioni:
1. tolleranza, come bisogno di dosi progressivamente maggiori per raggiungere
l’intossicazione o l’effetto desiderato, che non sono ottenuti da un uso continuativo di una
quantità invariata;
2. astinenza, che si manifesta come sindrome caratteristica per ogni sostanza e che viene
attenuata o placata dall’assunzione della sostanza stessa;
3. la sostanza viene assunta in quantità e per periodi di tempo superiori alle intenzioni
originarie del soggetto;
4. vi è un desiderio persistente o tentativi falliti di ridurre o controllare la fruizione della
sostanza;
5. l’individuo dedica una grande quantità di tempo a procurarsi la sostanza, ad utilizzarla
(ad es. fumando una sigaretta dietro l’altra), o a riaversi dai suoi effetti;
6. si verifica una compromissione delle attività sociali, ricreative o lavorative imputabili
all’uso della sostanza;
7. l’uso della sostanza si protrae nel tempo nonostante il soggetto abbia la consapevolezza del problema, di natura fisica o psicologica, verosimilmente causato dalla sostanza [APA
1998: 205].
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un cambiamento nella sua vita […], il cronicizzarsi della esclusione» [Meringolo e Zuffa 2001: 152].
2. La dipendenza come malattia: nell’Editoriale di un numero curato
da R. West della rivista “Addiction”, l’autore è piuttosto chiaro: «la gravità del danno medico, psicologico e sociale che può essere causato
dall’addiction, insieme al fatto che essa viola la libertà di scelta
dell’individuo, indica che è appropriato considerarla come un disordine
psichiatrico: un disordine della motivazione» [West 2001: 3]. Nel testo
The Medicalization of Deviance, Conrad e Schneider [1980] riportano un
dettagliato excursus sui passaggi che hanno caratterizzato il ruolo della
scienza medica rispetto al consumo di oppiacei dal XIX° secolo ad oggi:
si è passati dal non considerare la questione, alla sua definizione come
problema medico, alla sua criminalizzazione, fino ad una nuova rimedicalizzazione (attraverso la diffusione delle terapie metadoniche). Sul
fatto che la dipendenza da sostanze psicoattive abbia a che fare con aspetti patologici, legati alle modificazioni neuro-biologiche indotte dalle sostanze, permangono pochi dubbi. Tuttavia, la dipendenza è un fenomeno
assai complesso, che va oltre il sintomo; il rischio è di considerare la parte per il tutto, di patologizzare il tossicodipendente e considerarlo come
oggetto di trattamento specialistico. Da ciò, «si moltiplicano le figure degli specialisti del trattamento, psichiatrici, medici, psicologi e terapeuti che
vanno a formare un corpus di competenze esperte, ma anche di modi di
percepire il problema che istituzionalizzano e riproducono la concezione
della tossicodipendenza come patologia» [Fazzi, Scaglia 2001: 13].
3. La dipendenza come relazione: «l’addiction può esistere soltanto
nella relazione fra persone (corpo e mente), azioni (attività e sostanze) e
cultura» [Larkin et al. 2006: 213]. La rilevanza del contesto sociale
nell’influenzare i modelli di consumo è stata supportata dagli studi di Robins sui veterani che durante la campagna militare in Vietnam erano diventati assuntori abituali di oppiacei. Al loro ritorno, soltanto un’esigua parte
continuò l’uso della sostanza: allontanati da un contesto altamente stressante, la maggior parte interruppe autonomamente l’assunzione, senza necessità di intraprendere un percorso terapeutico. Altri autori pongono l’accento
sulla necessità di attribuire il giusto rilievo ai processi cognitivi che ogni
soggetto stabilisce in interazione con altri: «le persone possono provare reazioni emotive effetto di credenze sulle proprie disposizioni emotive» [Elster 2001: 115]. Studi in merito sono stati compiuti da Eiser et al. [1978]
sui fumatori di tabacco, indagando soprattutto la categoria dei dissonanti.
Gli autori giunsero alla conclusione che al fine di ridurre la dissonanza cognitiva derivata dal perpetrare una pratica nociva per la propria salute nella
consapevolezza dei rischi, i soggetti si auto-attribuivano una condizione di
dipendenza. E questo, chiaramente, ostacolava in loro un effettivo cambiamento della loro condotta.
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Possiamo considerare l’universo dei consumatori di droga di fatto diviso
in due gruppi: i consumatori conclamati, vale a dire coloro che afferiscono
ai servizi e che esperiscono pertanto una condizione di problematicità riconosciuta soggettivamente ed intersoggettivamente; i consumatori sommersi,
che invece non arrivano ai servizi (se non per via indiretta, ad esempio per
mezzo della segnalazione delle Forze dell’Ordine) e nella maggior parte dei
casi non individuano un’eventuale situazione di problematicità nella loro
condotta (né spesso viene identificata dai gruppi formali od informali con
cui si trovano ad interagire, come la famiglia, il gruppo dei pari, la scuola,
l’ambiente di lavoro, ecc.). Pertanto, paiono profilarsi due orientamenti di
senso tra i consumatori di droghe:
a) la permanenza di una visione di tossicodipendenza come condizione
patologica, che si rivela nell’adesione ai servizi, alle terapie farmacologiche
e ad una definizione di dipendenza “medicalizzata”;
b) l’avanzare di una nuova rappresentazione collettiva di “consumatore
di sostanze”, come soggetto riflessivo, integrato socialmente, che assume
sostanze psicoattive in una logica di normalizzazione di tale pratica sociale
e di negazione del rischio.
Rispetto alla tesi della normalizzazione [Parker e Aldridge 1998; Parker
et al. 2002; Parker 2005], i fattori che hanno indotto alcuni studiosi ad applicare il concetto al campo dell’uso di sostanze soprattutto per le fasce più
giovani della popolazione sono:
1) l’aumento della contiguità e della disponibilità delle sostanze illegali
tra i giovani;
2) il tasso crescente di “sperimentatori” (soggetti che provano la sostanza per la prima volta);
3) il tasso di “utilizzatori” (soggetti che assumono droghe più o meno
abitualmente);
4) un atteggiamento di tolleranza (accomodating) verso il consumo sensato e ricreazionale, rilevato in particolare anche tra chi non ricorre all’uso
di sostanze psicoattive;
5) il livello di adattamento culturale che la società manifesterebbe nei
riguardi del consumo di droghe illegali a scopo ricreazionale.
Ad avviso dello stesso Parker [2005], se la normalizzazione come modello esplicativo resta ancora dubbia per alcune sostanze (dance e club
drug, in particolare ecstasy), per la cannabis essa appare invece confacente;
così almeno sembrano indicare i riscontri empirici raccolti5. A colpire
5
Lo studio di Parker et al. su una coorte di adolescenti monitorati in tre periodi diversi
(1991, 1995, 2000) ha riportato per la cannabis valori piuttosto elevati per quanto riguarda
accesso, disponibilità, numero degli sperimentatori ed utilizzatori. Rispetto alle altre due
dimensioni, che rilevano il grado di “normalizzazione culturale” della pratica del fumare
cannabinoidi, la metà dell’insieme degli astinenti da droghe ha amici che utilizzano cannabis
e oltre i 2/3 ne tollerano l’uso [Parker et al. 2002].
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l’attenzione degli autori è soprattutto il rilievo dato alla diffusione nelle società contemporanee di un atteggiamento sociale di legittimazione del consumo di sostanze illegali secondo modalità accettabili rispetto al bilancio
costi/benefici individuali e collettivi.
Dal punto di vista dei consumatori di droghe, invece, sono diverse le
prospettive esplicative che spiegano la normalizzazione del consumo. La
teoria della negazione del rischio (che riprende la teoria della neutralizzazione di Sykes e Matza) ci spiega come soggetti socialmente integrati e utilizzatori di sostanze possano auto-giustificare il proprio consumo, attraverso adattamenti essenzialmente cognitivi. Nello specifico, adottando tre strategie6 [Peretti-Watel 2003]:
a) il capro espiatorio: si traccia un confine simbolico tra un “noi” (persone sicure) e un “loro” stereotipato (persone a rischio). Il consumatore abituale di sostanze (ad es. il fumatore di cannabis) nega la sua eventuale problematicità, aderendo a stereotipi sociali creati attorno a categorie di consumatori più a rischio (l’eroinomane, il cocainomane…) come giustificazione per la propria condotta;
b) la fiducia in sé: al fine di negare il rischio, le persone tendono a sovrastimare la loro capacità di evitare o saper controllare situazioni rischiose
(“smetto quando voglio”);
c) la comparazione fra rischi: consiste nel comparare la propria condotta rischiosa con altre già accettate dalla maggioranza delle persone e rivela
spesso nelle persone un atteggiamento fatalistico.
Altri autori, invece, mettono l’accento sulla capacità da parte degli assuntori di auto-regolarsi. Zinberg ha compiuto numerosi studi sull’uso controllato di droghe, sostenendo che «la tesi che l’uso intossicante di droghe
dipenda soltanto dalla sostanza o da una personalità disturbata potrebbe apparire attraente a coloro che accettano la condanna morale che la società ha
applicato all’uso di droghe illegali» [Zinberg 1984: 191, testo dell’autore].
La capacità si autocontrollo presuppone tuttavia un soggetto razionale: come sostengono Boys et al., «per molti giovani la decisione di usare una sostanza è basata su un processo valutativo razionale piuttosto che su una reazione passiva al contesto nel quale la sostanza è utilizzabile» [2001: 291].
Si tratta di una condizione difficilmente verificabile, perché implicherebbe
un soggetto pienamente cosciente di tutte le conseguenze derivabili dalle
sue azioni. Più che di razionalità, dovremmo allora forse parlare di riflessività, che consiste nel fatto che «le pratiche sociali vengono costantemente
esaminate e riformate alla luce dei nuovi dati acquisiti in merito a queste
stesse pratiche, alterandone così il carattere in maniera sostanziale» [Giddens 1994: 46-47]. Le società contemporanee, secondo alcuni autori, sono
6
Per approfondimenti, si rimanda al saggio di A. Bertolazzi e N. Gadotti contenuto nel
presente volume.
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percorse da un processo di modernizzazione riflessiva, che se da un lato affranca l’individuo dai vincoli strutturali che ne condizionavano in passato il
percorso biografico, dall’altro è comunque in grado di creare nuove diseguaglianze7.
In questo quadro, è ipotizzabile anche per alcune tipologie di utenti dei
servizi l’avvicinamento ad un atteggiamento di normalizzazione del consumo di droghe. Ciò rimanda direttamente alle nuove sfide che i servizi
preposti alle dipendenze sono chiamati ad affrontare oggi, tra cui segnaliamo: la maggior contiguità e facilità di reperimento di droghe, il progressivo
abbassamento dell’età di accesso alle sostanze, la sempre più frequente
fruizione associata di sostanze psicoattive (poliassunzione), la prolificazione dei setting di consumo e delle funzioni attribuite [Bertolazzi 2008].
Ci troviamo di fronte ad un panorama assai frammentato oggi, per quanto riguarda il consumo di droghe: da un lato si fa sempre più strada un
pattern di consumo “normalizzato”, più spesso rivolto a funzioni espressive
o strumentali e diffuso presso una fascia di popolazione giovanile (ma non
solo), di estrazione socio-culturale medio-alta; dall’altro, restano nicchie di
consumo problematico – di frequente correlato ad altre condotte devianti
(spaccio, vagabondaggio, furti, ecc.) – estese anche ad una popolazione più
adulta, talvolta relegata a condizioni di marginalità. Inoltre, la presenza delle diverse tipologie di droghe (legali ed illegali) appare piuttosto trasversale
nella popolazione, così come differenti sono i pattern di consumo: nel primo caso si tratta di soggetti inseriti in un contesto sociale avvantaggiato da
un punto di vista economico-sociale, in cui il consumo di droghe (di alcune
in particolare) sta perdendo lo stigma sociale e la riprovazione morale collettiva. Per alcuni autori, la fruizione di sostanze psicoattive si delinea come
una delle tante forme di consumo voluttuario cui possono avere facilmente
accesso i giovani. Le sostanze, tuttavia, sono inglobate in un modello di
consumo che permette di adempiere e mantenere il proprio ruolo sociale
all’interno della società. Si tratta di un uso gestito e controllato (almeno dal
punto di vista dei consumatori e di certe ricerche8), che non attenta alla stabilità individuale e all’integrazione sociale dell’attore sociale, che può così
svolgere in modo adeguato i propri ruoli sociali.
Il panorama appena descritto solleva dunque non poche perplessità sulla
possibilità di standardizzare i trattamenti per i consumatori problematici di
7
Come sostiene Lash, a differenza di Beck e Giddens, «le opportunità di vita nella modernità riflessiva sono una questione di posizione ed accesso non al capitale produttivo e alle
strutture di produzione, bensì alle nuove strutture di informazione e comunicazione» [Beck
et al. 1999: 173].
8
Cfr. soprattutto i lavori di P. Cohen, in particolare lo studio sulle abitudini al consumo
di droga di gruppi di fumatori di cannabis nelle città di Amsterdam, San Francisco e Brema:
Cohen P., Kaal H.L. (2001), The Irrelevance of Drug Policy. Patterns and Career of Experienced Cannabis Use in the Population of Amsterdam, San Francisco and Bremen, [disponibile sul sito http://www.cedro-uva.org/lib/cohen.3cities.html].
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sostanze. Universi di assuntori così eterogenei richiedono interventi sempre più selettivi e mirati. In ragione delle rapide trasformazioni in corso e al
fine di riuscire ad intercettare il consumo “normalizzato, ovverosia quella
fascia di potenziali consumatori problematici che restano sommersi, i servizi nel campo delle dipendenze sono sempre più chiamati ad agire secondo
processi produttivi aperti. Con ciò, intendiamo processi che «si basano sostanzialmente sul principio della promozione e attivazione di processi di
comunicazione, interazione e scambio su un plus di interdipendenze e relazioni in modo da coinvolgere le risorse, umane, sociali, economiche e politiche, che hanno senso per affrontare i problemi di interesse per l’agire organizzativo. Un processo produttivo si può dire dunque aperto, quando non
si esaurisce nella prestazione, ma rende la prestazione funzionale a raggiungere un obiettivo organico in una visione complessa e multifattoriale
del benessere e della tutela sociale» [Fazzi, Scaglia 2001: 224].
Un modello di governance efficace dovrà, quindi, contemperare la pari
dignità dei soggetti pubblici e privati e la specializzazione dei servizi con la
libertà di scelta del singolo individuo. Un caso è rappresentato dai servizi
specifici che stanno nascendo in alcune regioni italiane per fronteggiare dipendenze diverse da quella di eroina (in particolare, la cocaina)9, accreditando spesso soggetti appartenenti al mondo del privato sociale.
«Si tratta dunque di riuscire a mobilitare un insieme di risorse capaci di
intercettare le problematiche dell’uso anche al di fuori dell’esito patologico
della dipendenza poiché in caso contrario lo sforzo di affrontare e risolvere
la patologia rischia di restare fine a se stesso e scaricare sull’individuo liberato dal suo ruolo di paziente o cliente tutte le responsabilità del sostenimento e/o della ricostruzione di un progetto di vita socialmente ricco di significato» [Fazzi, Scaglia 2001: 31]. È questa, in conclusione, la sfida più
importante da affrontare per i servizi di domani.
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Si tratta di enti del privato sociale accreditati (come il Servizio multidisciplinare integrato – SMI di Milano, di Brescia e di Lecco o il CEIS di Modena, per citare qualche caso
specifico), che offrono prestazioni ambulatoriali. Vi si rivolgono in prevalenza assuntori di
sostanze diverse dall’eroina (soprattutto cocaina). Va detto che il quadro normativo delle
due regioni citate è molto diverso. La Regione Lombardia, ad esempio, si distingue per aver
previsto la possibilità di accreditare un ente privato come Servizio Multidisciplinare Integrato, equiparandolo per funzioni e competenze al Ser.T.
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Teesson M., Degenhardt L., Hall W. (2006), Le tossicodipendenze, il Mulino, Bologna.
Thomas W.I., Znaniecki F. (1968), Il contadino polacco in Europa e in America,
Edizioni di Comunità, Milano.
Ugolini P. (a cura di) (2005), Qualità e outcome nelle dipendenze, Angeli, Milano.
Ugolini P., Sanza M., Mariani D’Altri A., Buda M. (2007), Il Ser.T di Cesena tra
qualità e soddisfazione. Indagine longitudinale (1998-2005) della soddisfazione dei cittadini-utenti, “Salute e Società”, A. VI, suppl. al n. 2: 207-221.
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Zinberg N.E. (1984), Drug, Set and Setting. The Basis for Controlled Intoxicant
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L’uso di sostanze psicoattive in provincia di Trento.
Scenari e rappresentazioni fra utenti e operatori
dei servizi
di Cleto Corposanto e Raffaele Lovaste1
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L’idea di questo volume, che riporta i dati di una ricerca che ha visto lavorare fianco a fianco un gruppo di accademici e professionisti di settore in
un serrato e costante confronto teorico e metodologico, nasce sostanzialmente per rispondere ad una domanda: qual è oggi la vision delle sostanze e
del loro uso fra i consumatori e i professionisti che lavorano nei servizi?
Che l’idea della “droga”, in generale, sia un concetto in continua evoluzione nella società è fatto certo e documentato [Cipolla 2007]; cambia quindi
la concezione delle diverse sostanze e, conseguentemente, anche quella del
loro uso. Ma questo cambiamento coinvolge nello stesso modo utenti e professionisti? Oppure avviene, come dire, a velocità differenti, e questo causa
problemi nella condivisione dei piani di cura? La ricerca, che nella migliore
tradizione sociologica si è avvalsa di metodologie qualitative e quantitative,
è stata realizzata grazie al finanziamento sul fondo speciale dell’Ateneo da
parte della Provincia Autonoma di Trento – l’anno finanziario è il 2006 –
su un progetto di ricerca che ha avuto nella spendibilità dei risultati il suo
punto di forza. È per questa ragione che ne presentiamo gli esiti, auspicando che possano servire anche a migliorare il funzionamento complessivo
della rete assistenziale.
1. L’ambito di indagine
L’indagine che presentiamo in questa monografia cerca di fornire una
ricostruzione caleidoscopica del fenomeno droga nel territorio trentino a
partire dall’interrogazione di soggetti che, con livelli diversi di contiguità e
con ruoli diversi, hanno avuto esperienza diretta del problema: coloro che
hanno sviluppato un uso problematico o una dipendenza da alcol o sostanze
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Cleto Corposanto ha redatto il paragrafo 1, Raffaele Lovaste il paragrafo 2.
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psicotrope illegali tale da richiedere un trattamento ai servizi socio-sanitari
della rete, coloro che sono stati segnalati alla prefettura per la detenzione o
l’uso di sostanze ma che non hanno maturato contestualmente una domanda
di trattamento, coloro che in qualità di professionisti socio sanitari vivono
quotidianamente il contatto con i pazienti tossicodipendenti o alcolisti.
L’indagine, che per l’eterogeneità dei soggetti coinvolti è unica in Italia2, risponde a molteplici necessità. Quali sono le opinioni e gli atteggiamenti nei confronti delle sostanze e dei rischi associati nei diversi attori
coinvolti nel problema? Quali sono le sostanze che i soggetti identificano
con il termine “droga”? Quali sono le percezioni delle conseguenze sulla
salute o sulla sfera psico-sociale dell’uso di droghe? Quali sono le motivazioni per le quali una persona sperimenta l’uso di droghe? Che cos’è la tossicodipendenza? Quali sono le strategie più efficaci per combattere la diffusione della droga?
Queste le aree tematiche indagate, con il preciso scopo di individuare le
diverse culture della droga e di valutare se e in che modo il diverso grado
di prossimità alle sostanze da parte dei gruppi di intervistati, o il ruolo di
terapeuti/pazienti, influenzi la vision del fenomeno.
È lecito pensare che vi sia uno stretto rapporto tra l’uso continuativo di
una sostanza e il grado di accettazione della stessa, il che chiama in gioco,
oltre all’esperienza soggettiva dell’uso, anche i setting in cui avviene questa
esperienza. La progressiva normalizzazione di una sostanza e la depatologizzazione dei comportamenti connessi al suo uso viene socialmente condizionata da rappresentazioni socio-culturali, stereotipi, relazioni con reti
primarie e secondarie [Zinberg 1984; Gossop 2000].
Allo stesso modo, è lecito pensare che la cultura della droga di un professionista di un servizio, guidata anche dal sapere tecnico/razionale derivante dall’approccio scientifico al problema, possa presentare elementi dissonanti rispetto alla cultura degli utenti. Come evidenzia Cipolla [2002],
esiste una pluralità di prospettive sul modo di intendere la salute che possono sovrapporsi solo parzialmente, poiché si basano su saperi, su codici
simbolici e relazionali, su culture diverse: l’attenzione di una persona malata è rivolta alla propria soggettività, all’esperienza personale della malattia
e alla relazione con i professionisti; lo sguardo del professionista, guidato
dal sapere scientifico, è rivolto alla diagnosi e cura della malattia che viene
oggettivata e astratta dal soggetto malato; l’organizzazione è orientata da
criteri, principi e valori guida legati all’aspetto manageriale e rivolti al conseguimento dell’efficacia e dell’efficienza del servizio. Queste considerazioni sono facilmente applicabili anche al nostro ambito di indagine. Medi2
In letteratura è rinvenibile un’unica indagine, svolta nel territorio italiano, che ha cercato di mettere a confronto i diversi punti di vista sul fenomeno tossicodipendenza, ossia la
ricerca che il Labos ha condotto negli anni Ottanta nel territorio italiano su operatori, utenti
ed ex-utenti dei servizi pubblici e privati [Labos 1986].
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ci, psicologici, assistenti sociali, infermieri, educatori professionali costruiscono il contesto della diagnosi, cura e riabilitazione secondo una determinata vision del servizio, secondo un sapere scientifico derivato dalla propria
formazione professionale, sulla base della propria esperienza personale
nell’ambito delle tossicodipendenze o in generale nel proprio contesto di
vita. Gli utenti di un servizio a loro volta costruiscono la propria cultura
della droga in riferimento ai contesti socio-culturali che esperiscono, alle
valutazioni che danno della propria condizione, agli ambienti di cura con i
quali entrano in contatto.
Questa operazione di confronto tra i diversi punti di vista ci permette da
un lato di rispondere ad una necessità di tipo conoscitivo, ma soprattutto
permette di identificare se esistono punti deboli nei servizi di cura e se sono
in sintonia con un fenomeno che negli anni ha mutato notevolmente fisionomia. Come anche mostrano le tendenze rilevate negli ultimi anni dalle
relazioni annuali sulle tossicodipendenze, il fenomeno ha assunto forme
profondamente diverse. Il tossicodipendente “classico” sta progressivamente lasciando la scena a consumatori di nuove droghe e a nuovi stili di consumo (come le abbuffate del fine settimana o il binge drinking), cresce la
tendenza al policonsumo di sostanze, si abbassa l’età di primo uso, cresce
in maniera problematica tra i giovanissimi l’abuso di alcol e tabacco e diminuisce la percezione del rischio. Il ritratto dei soggetti che richiedono un
trattamento ai Ser.T è, al contrario, composto ancora prevalentemente da
dipendenti da eroina, variamente associata ad altre sostanze.
L’indagine ha voluto anche esplorare l’aspetto qualitativo dei servizi e
la loro capacità di risposta ai bisogni degli utenti: quali sono le aspettative
dei soggetti che afferiscono al Ser.T, alle Comunità Terapeutiche e al Servizio di Alcologia in relazione al trattamento svolto? Come è cambiata la
loro qualità della vita con il percorso terapeutico? Come valutano la qualità
dei servizi offerti, sia in termini di risorse materiali sia nella relazione con i
professionisti sanitari? Anche per questo aspetto la finalità del lavoro è duplice: un’esigenza di tipo conoscitivo e la necessità di individuare gli eventuali punti deboli del sistema per riadattarli alle esigenze portate da chi ne
usufruisce.
2. Il consumo di sostanze psicotrope ed i servizi di cura e riabilitazione
dagli anni Sessanta ad oggi
Nel corso degli ultimi quaranta anni, il “pensiero collettivo” rispetto al
consumo di sostanze psicotrope si è continuamente modificato adattandosi
ai cambiamenti sociali, culturali ed economici della società. Alcune sostanze, in determinati periodi, sono state maggiormente in auge, vuoi per lo
specifico effetto farmacologico, correlato ai bisogni della persona, vuoi per
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il valore simbolico assunto nel contesto socioculturale. Le spinte più importanti, maturate di volta in volta – anche come multiple choices – all’interno
dei singoli individui o dei gruppi di appartenenza e che hanno facilitato lo
sviluppo di una vicinanza culturale con le sostanze sono state: ricerca del
piacere, bisogno di trasgressione, necessità di facilitare le relazioni interpersonali, ricerca di sensazioni forti, bisogno di potenziare la propria performance lavorativa, sessuale o altro, bisogno di un divertimento programmato, estraniazione dal mondo, alterazione e fuga della realtà e autoterapia.
Non sempre i servizi del pubblico e del privato sociale sono stati in grado di cogliere i cambiamenti e di adattarsi rapidamente alle nuove esigenze
che di volta in volta emergevano; il più delle volte si è assistito alla rincorsa
di un fenomeno che cambiava molto più velocemente delle strategie di prevenzione, cura e riabilitazione che la rete assistenziale riusciva a mettere in
atto.
Negli anni Sessanta, l’uso delle sostanze psicotrope nel mondo occidentale era sostanzialmente limitato ad una ristretta cerchia di persone: gli
hyppies e gli studenti dei campus universitari impegnati nella ricerca di una
controcultura e di una opposizione al sistema. Le sostanze che circolavano
erano prevalentemente hashish, marijuana ed LSD, utilizzate per facilitare
la socializzazione, per “stare bene insieme” e per potenziare le esperienze
psicologiche individuali e collettive. L’effetto di alterazione degli stati di
coscienza insito in queste sostanze era ritenuto utile per esplorare mondi
alternativi e per far emergere stati di coscienza sommersi: in definitiva per
espandere l’Io.
L’uso di sostanze era parte integrante del sogno e del desiderio di cambiamento che hanno animato questa generazione: un modello di vita alternativo fondato sull’amore, sulla spontaneità, sul rifiuto della competizione
e della sopraffazione (fate l’amore non fate la guerra). Il pensiero comune
guardava queste persone con un senso di sufficienza e curiosità, l’uso di
droghe psichedeliche veniva percepito alla stregua di una provocazione adolescenziale senza destare particolare apprensione e pericolo. Nessun intervento terapeutico fu attuato dalla rete assistenziale.
Negli anni Settanta, l’uso di sostanze psicotrope si è strutturato, in un
primo momento, prevalentemente all’interno degli ex movimenti studenteschi identificandosi come la manifestazione di un disagio in un contesto socio-culturale che cercava di dare una risposta alla delusione, alla frammentazione del mito, alla perdita della speranza.
Possiamo pensare a questo decennio come ad un periodo caratterizzato
da una sensazione generale di disillusione e di sconfitta rispetto alle aspettative, un pò magiche, maturate negli anni precedenti. Disillusione e senso
di sconfitta rapidamente associate all’istinto di morte o al desiderio di un
viaggio a ritroso nel privato, all’interno della mente. Gli intellettuali e gli
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studenti che si erano ampiamente impegnati nei movimenti politici del ‘68
ora percepivano il senso di esclusione da un sociale che sembrava non aver
più bisogno di loro ed individuarono due strade per uscire dalla sofferenza:
la lotta armata, disperata e distruttiva, o il ritiro dalla scena pubblica e la
ricerca nella psicoanalisi e nel privato di balsami lenitivi delle ferite.
L’hashish, la marijuana e l’LSD sono state allora rapidamente integrate
dall’eroina per la sua capacità di sedare l’ansia ed il dolore psichico.
L’effetto complessivo ricercato era l’autoesclusione da una società vissuta
come nemica, da una società che era stata capace di distruggere gli ideali in
cui avevano tanto creduto. Il pensiero prevalente colloca, in questo periodo,
tutti gli utilizzatori di sostanze, compresi i consumatori occasionali, in un
contenitore unico ed indifferenziato chiamato “tossicodipendenza” e del fenomeno inizia ad occuparsi il mondo del volontariato cattolico senza il
coinvolgimento delle tradizionali professioni d’aiuto. La risposta è aspecifica, centrata sulla relazione affettiva e sulla solidarietà umana, le strategie
d’intervento istituzionali sono assenti o spontaneistiche. Il ritorno nel privato però facilita anche la territorializzazione dell’uso di sostanze che esce
così dai luoghi canonici: le università o i gruppi politici. Il mercato diventa
appetibile per la criminalità organizzata e lo spaccio assume una dimensione più vasta.
Negli anni Ottanta, l’uso di sostanze si diffonde ad altri strati di popolazione, gli emarginati ed il sottoproletariato, e gradualmente si impone la figura del tossicodipendente percepito, a seconda dei punti di vista, come vizioso, delinquente, psicologicamente fragile, vittima dell’ingiustizia sociale
o malato. L’uso di sostanze passa quindi da simbolo di una generazione a
sintomo di un disagio.
Le comunità dei tossicodipendenti occupano le piazze, la condizione di
tossicodipendenza è molto visibile, quasi ostentata, ed il confine fra lecito
ed illecito è ben demarcato. Il pensiero comune elabora sentimenti di paura
e di insicurezza rafforzati dalla comparsa del virus HIV e dai conseguenti
scenari apocalittici di pandemia e morte. Il senso di impotenza che ne deriva fa richiedere a gran voce risposte di contrasto facili, semplici e risolutive. Le proposte terapeutiche si strutturano sulla domanda d’aiuto generata
dalla sofferenza. Il tossicodipendente, si pensa, deve toccare il fondo per
arrivare a sviluppare una reale motivazione al cambiamento e, in attesa di
questo fatidico momento di svolta, è solo un problema di ordine pubblico.
La galera può essere la strada per arrivare a dire basta e iniziare il percorso,
in salita, di riabilitazione sociale.
La comunità terapeutica è assunta, in questa periodo, come risposta elettiva, nello stesso tempo escludente dal contesto sociale e salvifica. La comunità terapeutica si contrappone ad una società malata che sembra dare
solo risposte repressive o una gelida indifferenza alla sofferenza. I percorsi
residenziali si pongono come obiettivo la totale remissione del sintomo, at29
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traverso una fase di dipendenza fisica e psicologica dalla struttura, un passaggio ritenuto indispensabile per permettere alla persona di rielaborare le
esperienze negative legate all’uso di sostanze e risorgere poi a nuova vita. I
“trattamenti”, in alcune comunità, assumono allora le caratteristiche della
“penitenza” che viene assegnata al tossicodipendente da un “terapeuta” carismatico a fronte di un suo peccato: la droga che gli ha fatto abbandonare
la retta via.
L’idea di fondo è che il comportamento tossicomanico è sempre reversibile, basta solo trovare la comunità giusta o l’individuo con la giusta motivazione per la comunità. Completato il percorso, la persona verrà restituita alla famiglia ed alla società: guarita e riabilitata.
Questo decennio, da un punto di vista scientifico, corrisponde ad una fase d’osservazione e studio del fenomeno e dal punto di vista operativo vede
la nascita di realtà sperimentali con concezioni della tossicodipendenza
molto diverse tra loro e modelli d’intervento eterogenei. Sono questi gli anni anche in cui esplodono accesi conflitti ideologici fra gli operatori del settore spesso senza nessuna correlazione con la persona tossicodipendente e
la sua domanda d’aiuto.
L’uso di cocaina, in questo periodo e nel mondo occidentale, rappresenta un’eccezione; è ancora una droga d’élite limitata ad un mondo di ricchi
che vivono una competitività esasperata o sono alla ricerca di momenti di
socializzazione programmata.
Negli anni Novanta prende avvio un lento ma progressivo processo di
“uso compatibile” di sostanze con la vita relazionale, sociale e lavorativa.
Si struttura il concetto, precedentemente solo abbozzato, di tossicodipendenza come malattia cronica ad andamento recidivante da trattare in ambiente specialistico. Decade l’obiettivo generalizzato della guarigione sostituito dalla ricerca, in ogni singolo caso, della massima condizione di benessere possibile (politica della riduzione del danno).
In questi anni si assiste ad una ricca produzione teorica che propone, sul
versante scientifico, diversi modelli interpretativi circa l’eziologia e le possibilità di trattamento della tossicodipendenza mentre, sul versante operativo, si diffondono modelli d’intervento maggiormente centrati sul sintomo,
a forte impronta pragmatica e quindi più standardizzati.
Questi cambiamenti sono stati certamente favoriti da vari fattori: il ciclone AIDS che ha portato i tossicodipendenti sotto il microscopio della ricerca medica; i primi studi di follow-up sugli interventi sperimentati negli
anni precedenti, che mettevano in evidenza il carattere recidivante della
tossicodipendenza pur a fronte dell’impiego di ingenti e diversificate risorse umane e finanziarie; la tendenza alla cronicizzazione della patologia
messa in risalto dal progressivo invecchiamento dell’utenza.
Il volano di queste trasformazioni risiede nelle strutture pubbliche, i
Servizi per le tossicodipendenze (Ser.T) specificamente predisposti dal
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DPR 309/90. Le comunità terapeutiche cominciano ad entrare in crisi, i pazienti accettano più facilmente i trattamenti ambulatoriali e rifiutano percorsi di lunga durata in strutture residenziali.
L’uso compatibile porta anche ad una graduale scomparsa della figura
del tossicodipendente dalle piazze. Assumere sostanze diventa un fatto privato, non è più un rito da fare pubblicamente né un sintomo da ostentare
bensì è la ricerca di un piacere programmato ed autogestito. Si possono assumere più sostanze contemporaneamente o in successione per controllarne
gli effetti e per governare il proprio corpo e la propria psiche. Vengono preferite vie di somministrazione più sicure, si sniffano le sostanze piuttosto
che iniettarle per endovena. Si privilegia l’effetto farmacologico specifico
della sostanza, decadono cioè i significati simbolici precedentemente attribuiti.
Il pensiero collettivo sembra accettare questo tentativo di normalizzazione, perde interesse per il fenomeno tossicodipendenza e la parola “emergenza droga” compare sempre meno sulle pagine dei giornali.
Il mercato della droga percepisce subito i mutamenti e inizia progressivamente a spostare le sostanze da un mercato di nicchia – i dipendenti – ad
un mercato più vasto di consumatori occasionali. La maggiore presenza sul
territorio di varie sostanze e la capillarità della rete dello spaccio fanno sì
che l’uso di sostanze interessi fasce di popolazione precedentemente estranee al fenomeno.
Attualmente è in corso un’ulteriore trasformazione culturale; non si parla più di tossicodipendenza ma di dipendenze patologiche, allargando il
campo di interesse anche ad altre forme di dipendenza non necessariamente
legate all’uso di sostanze legali o illegali. L’eroina non è più la sostanza
principe, le droghe eccitanti quali la cocaina ed i derivati anfetaminici sono
sempre più diffuse e utilizzate in associazione con altre sostanze.
Anche la tipologia dell’utenza è cambiata; oggi chi abusa o è dipendente
da sostanze, nella maggioranza dei casi è una persona che lavora, ha un
buon livello di istruzione ed è sufficientemente integrato nel contesto sociale. Il tossicodipendente classico, “da strada”, tipico degli anni Ottanta, va
scomparendo.
Questo nuovo paziente in definitiva è meno visibile da un punto di vista
sociale, crea meno allarme, utilizza più sostanze contemporaneamente, cerca di controllarne gli effetti ed aspira ad un uso compatibile con la sua vita
sociale e lavorativa. Il pensiero collettivo conserva una percezione di pericolosità e di disapprovazione sociale alta (oltre il 98%) per sostanze quali la
cocaina e l’eroina, mentre per i cannabinoidi la disapprovazione sociale
scende a livelli moto più bassi (fra il 40 e 60%).
Il mercato delle sostanze di abuso ha seguito la stessa evoluzione di tutti
gli altri mercati, passando dal piccolo dettaglio alla grande distribuzione. In
particolare, attorno a questa mutazione, si è sviluppata una modalità di
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spaccio caratterizzata dalla presenza delle droghe in tutti i luoghi di aggregazione per rispondere in tempo reale alle esigenze del cliente. Sono comparse modalità distributive di tipo alternativo – a casa dello spacciatore, a
scuola o nei locali pubblici; si è focalizzato l’interesse più sul consumatore
occasionale che sul tossicomane e, infine, sono ingaggiati spacciatori della
stessa classe sociale, culturale, età e ambito lavorativo del possibile cliente.
Uno scenario distante anni luce dal commercio caratterizzato dalla “piazza”, frequentata da persone che si conoscevano tra loro e che spesso gestivano in proprio anche lo spaccio. Le organizzazioni criminali, oggi, guadagnano di più con i consumatori che i con i dipendenti e la droga è diventata
un bene di consumo per tutti e per tutte le occasioni.
Il nuovo mercato, quindi, non è semplicemente l’evoluzione del vecchio
ma qualcosa di più vasto ed articolato, un sistema progettato in modo che,
nel momento in cui un componente non è in grado di funzionare ne subentra un altro in sostituzione, senza che ci sia una perdita di servizio. Un mercato costruito in modo così plastico diventa particolarmente dinamico ed ha
la necessità di creare volumi di traffico sempre in crescita per generare rapidamente nuova domanda.
Ad una così sofisticata ed efficiente organizzazione da grande distribuzione non è, purtroppo, corrisposta l’evoluzione del sistema di intervento. Il
sistema dei servizi fino ad oggi ha trascurato il consumatore occasionale e
ha rivolto la propria attenzione soprattutto al tossicodipendente da eroina;
obbliga l’utente ad un forte legame territoriale ed è scarsamente presente
nei luoghi e nelle situazioni in cui la presenza di utilizzatori di sostanze è
probabile; spesso richiede al paziente di adattarsi alle esigenze dei servizi;
offre interventi terapeutici poco variegati e scarsamente adattabili ai diversi
target; è poco riservato; la pubblicità sui prodotti erogati è scarsa o addirittura negativa e, non ultimo, ha a disposizione risorse sempre più limitate.
Un ultimo aspetto che sta assumendo sempre più rilevanza è rappresentato dalla contemporanea presenza di significative patologie psichiatriche
associate all’uso, abuso o dipendenza da sostanze, quella che comunemente
viene definita “doppia diagnosi”. È possibile che i servizi siano diventati
più esperti nel riconoscere queste patologie, come è possibile che effettivamente questa tipologia di utenti sia in progressivo aumento.
In questi pazienti è spesso difficile stabilire quanto della sintomatologia
presentata è da correlare alla sostanza assunta e quanto alla patologia psichiatrica e se il disturbo psichiatrico sia antecedente quindi solo slatentizzato dalla sostanza o ne sia la diretta conseguenza. Sono pazienti molto difficili da trattare, richiedono un grande consumo di risorse ed un capillare lavoro di integrazione fra i servizi coinvolti.
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2.1 La vision della tossicodipendenza ed i provvedimenti legislativi
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Le “vision” diverse del problema tossicodipendenza nel corso degli
stessi anni, hanno specularmene prodotto, da un punto di vista legislativo,
disposizioni continuamente oscillanti fra due posizioni estreme: da un lato
il tossicodipendente, visto come un potenziale pericolo, genera
l’accentuazione di tutti gli aspetti repressivi e punitivi; all’estremo opposto
lo stesso, visto come un malato, produce interventi terapeutici prevalentemente medicalizzati.
Costante di tutti i provvedimenti è il tentativo, spesso non esplicitato, di
ottenere il controllo sociale del fenomeno.
La legge 685 del 1975 depenalizza l’uso personale di sostanze stupefacenti e istituisce i Centri Medici e d’Assistenza Sociale assegnando ad essi
compiti di prevenzione, cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza. Questo provvedimento annulla l’approccio repressivo, precedentemente
ampiamente rappresentato, nei confronti del fenomeno e dà l’avvio ad
un’attività istituzionale volta a controllare e a trattare la problematica tossicomanica attraverso gli strumenti dell’assistenza e della cura.
Un secondo evento legislativo importante è rappresentato dalla legge
162 del 1990 e successivo D.P.R. 309/90. Questo provvedimento riconosce
ufficialmente alla tossicodipendenza lo status di patologia ma reintroduce il
concetto di punibilità sia pure in un’accezione diversa rispetto al passato,
traducendolo cioè in termini di obbligatorietà della cura.
Le successive revisioni della normativa (referendum abrogativo) vedono
decadere nuovamente il principio di punibilità, esaltano il mandato di controllo sociale (teoria della riduzione del danno) e danno il via alla riorganizzazione dei servizi pubblici (Ser.T) in senso multispecialistico (D.M.
444 1990).
Il decreto legge del 30 dicembre 2005, successivamente convertito il 21
febbraio 2006 nella legge n. 49, ha nuovamente una forte connotazione punitiva, scompare la distinzione tra droghe leggeri e pesanti, viene introdotto
il concetto di “quantità di principio attivo” per distinguere il consumo personale dallo spaccio, le sanzioni amministrative previste per il consumo
personale diventano più severe e si fornisce l’opportunità alle strutture del
privato sociale di certificare lo stato di tossicodipendenza.
A rendere ancora più variegato l’universo della tossicodipendenza ha
contribuito poi la traduzione pratica delle disposizioni legislative nelle realtà locali. Tutti i piani politici strategici di settore realizzati, anche se sorretti
da quattro pilastri fondamentali – quali la repressione dell’offerta di droga,
la cura e la riabilitazione dei soggetti tossicodipendenti, la prevenzione del
fenomeno, e la riduzione del danno – sono risultati estremamente differenti
in relazione al peso che ciascuna realtà ha dato ai singoli pilastri.
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La quantità di risorse allocate, in relazione al numero di pazienti in trattamento, ha inoltre creato costrizioni importanti nella gestione quotidiana
dei servizi tali da annullare di fatto, in taluni casi, gli stessi obiettivi del
piano politico strategico annunciato.
2.2 Le politiche sulla tossicodipendenza in Trentino
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Le politiche in Trentino sulla tossicodipendenza trovano una prima formulazione ufficiale nelle legge provinciale n. 34 del 29/10/1983. La Giunta
Provinciale, con questa legge, definisce le norme di prevenzione, cura e
riabilitazione degli stati di tossicodipendenza e alcolismo, in armonia con
quanto precedentemente stabilito dalla normativa nazionale con il dispositivo n. 685 del 22/12/1975.
Politicamente, e culturalmente, in questo periodo la tossicodipendenza
viene considerata espressione di emarginazione e disadattamento, e si ritiene che la conoscenza delle cause implicite in questa forma di disagio giovanile sia fattore determinante per la rimozione della stessa. L’obiettivo ultimo degli interventi terapeutici è quindi la completa risoluzione del fenomeno.
La Provincia delega ad una struttura del privato sociale i compiti previsti dalla legislazione nazionale per i servizi pubblici assegnandole anche la
gestione di una comunità terapeutica.
Negli anni successivi si assiste ad una proliferazione delle comunità terapeutiche e delle associazioni del privato sociale che si differenziano nella
modalità di approccio e nel trattamento dei pazienti.
Il DPR 309/90, il successivo referendum abrogativo ed il D.M 444 introducono anche in Trentino alcuni elementi nuovi e significativi nel panorama della tossicodipendenza.
In seguito, la Giunta provinciale, con deliberazione n. 7541 del
14/06/1991, adegua la pianta organica del Centro medico e di assistenza
sociale secondo le indicazioni del D.M. 444 /1990
La successiva deliberazione n. 8250 del 19/05/1992 trasforma il Centro
Medico e di Assistenza Sociale in Ser.T affidandone la gestione alla neo
costituita Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari.
La deliberazione di Giunta n. 10132 del 09/agosto/1996, definisce le linee guida provinciali per il trattamento della dipendenza da oppiacei con
farmaci sostitutivi recependo le disposizioni previste a riguardo dalla 309
/90 e dalla circolare del 30 settembre 1994 n. 20.
Nel gennaio 1999, la Conferenza Permanente per i Rapporti fra lo Stato
e le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano vara l’Accordo
Stato-Regioni per la riorganizzazione del sistema di assistenza ai tossicodipendenti. I principi ispiratori di questo provvedimento, sono diametralmen34
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te opposti a quelli della legge nazionale n. 685 e conseguente legge provinciale n. 34, per cui con la deliberazione n. 1642 del 30/06/2000 la Giunta:
recepisce l’accordo Stato-Regioni e revoca tutte le deliberazioni precedenti
in materia.
La delibera n. 2703 del 19/10/2001 definisce il piano operativo per gli
interventi di promozione della salute, di prevenzione e di cura e riabilitazione in relazione all’uso e all’abuso di sostanze e alla dipendenza patologica da sostanze.
La Provincia con la delibera n. 3063 del 06/12/2002 declina la strutturazione dell’offerta del privato sociale e la sua integrazione nel sistema di assistenza e da mandato all’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di assumere gli atti competenti per l’applicazione delle direttive impartite.
Riferimenti bibliografici
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Il Ser.T: pazienti e professionisti a confronto
di Lorella Molteni, Raffaele Lovaste, Roberta Ferrucci1
1. Premessa
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Il Ser.T è un’organizzazione socio-sanitaria pubblica deputata alla diagnosi, cura e riabilitazione dei pazienti con dipendenze patologiche e delle
persone con problematiche connesse all’uso o all’uso problematico di sostanze psicoattive. Il Ser.T provvede, inoltre, alla strutturazione di interventi di prevenzione ed educazione alla salute finalizzati a contrastare la diffusione del fenomeno tossicodipendenza nel territorio (mission).
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1.1 La vision dei Ser.T del Trentino
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Se la mission del servizio è, in sostanza, calata dall’alto in quanto preordinata dalle strutture territoriali predisposte alla programmazione sanitaria,
la vision, al contrario, è un prodotto interno in quanto esprime come
l’organizzazione si vede e come vuole svilupparsi nel futuro.
La vision prevalente nei Ser.T del Trentino è data dalla risultanza di due
componenti: la cultura degli operatori che vi lavorano e la cultura collettiva
dell’ambiente espressa attraverso i provvedimenti legislativi. Ad oggi la
cultura collettiva fa riferimento all’Accordo Stato Regioni per la Riorganizzazione del sistema di assistenza ai tossicodipendenti del 21 gennaio
1999, che nella parte dedicata ai principi ispiratori delle attività assistenziali
testualmente recita:
«Al centro dell’interesse dei servizi deve esserci la persona quale soggetto
portatore di un bisogno, indipendentemente da un’effettiva richiesta di in1
Pur nel necessario coordinamento tra gli autori e nel vivo scambio di opinioni, Raffaele
Lovaste è autore della premessa e delle riflessioni conclusive, Lorella Molteni è autrice del
paragrafo 2 e Roberta Ferrucci del paragrafo 3.
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tervento terapeutico, ancor meno dalla possibilità di effettuare un trattamento drug-free e dalla disponibilità a recarsi presso la sede del servizio.
L’obiettivo generale è quello di tutelare la salute del soggetto (globalmente
intesa), un compito che comprende una lista di possibili obiettivi specifici,
da quello – più ambizioso e non sempre immediatamente perseguibile – di
una completa riabilitazione a quello più limitato, ma non per questo da trascurare, dell’induzione di uno stile di vita meno rischioso. Ugualmente non
è adeguata la persistenza del concetto di irrecuperabilità: qualunque utente
deve ricevere, ovviamente sotto diverse forme, tutto l’aiuto possibile con un
serio lavoro che gli consenta di raggiungere una condizione di personale
benessere».
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La cultura prevalente dei professionisti del Ser.T si identifica con
l’approccio bio-psico-sociale alle dipendenze patologiche. Secondo questa
impostazione la dipendenza patologica, nettamente separata dall’uso più o
meno problematico, è una malattia cronica ad andamento recidivante (brain
disease) con eziopatogenesi multi-fattoriale nella quale intervengono, con
pesi diversi, fattori di ordine biologico e genetico, fattori di ordine psicologico e/o psicopatologico e fattori di ordine sociale, familiare e culturale.
Da tale impostazione discende la costruzione di percorsi di diagnosi e
cura personalizzati, tarati sulle caratteristiche mediche, psicologiche e sociali di ogni individuo e nei quali la multiassialità della valutazione costituisce la premessa della multidisciplinarietà dell’intervento.
L’end point di ciascun progetto terapeutico è di conseguenza variabile,
poiché per alcuni soggetti è possibile ipotizzare nel breve o medio periodo
un superamento volontario della condizione di tossicodipendenza subordinato al raggiungimento di una condizione di drug-free (pazienti ad alta evolutività), mentre per altri l’induzione nel tempo di una motivazione al cambiamento può essere conseguita attraverso un controllo più o meno completo del sintomo ed il miglioramento delle condizioni generali di vita (pazienti a bassa evolutività). In assenza di condizioni che rendono attuabile un
processo di cambiamento volontario, gli interventi sono finalizzati al controllo sociale del fenomeno, al miglioramento delle condizioni generali di
vita, alla riduzione del rischio di morte per overdose, alla riduzione delle
condizioni che rendono probabili le attività criminali legate al mondo della
tossicodipendenza e, non ultimo, all’aumento dell’attività lavorativa.
Nella pratica quotidiana, i valori espressi dalla cultura collettiva possono
integrarsi o contrastare con i valori propri dei singoli professionisti e con
l’assetto organizzativo della struttura. L’esistenza di una pluralità di soggetti portatori di legittimi interessi ed aspettative, così come il rapido mutare
della tossicodipendenza dal punto di vista fenomenologico, pongono
l’organizzazione di fronte ad una ridefinizione continua del suo modo di
operare e dei suoi valori di riferimento. Tutto ciò comporta una gestione
dell’organizzazione non deterministica, bensì dinamica e flessibile, che co38
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struisce e ridefinisce la propria cultura organizzativa quotidianamente attraverso un processo di co-costruzione di un insieme di significati condivisi
tra i suoi componenti e consente di far emergere in modo sostenibile, tra
tutte quelle possibili, l’evoluzione organizzativa più adatta a soddisfare le
esigenze e le aspettative di tutti gli stakeholders.
L’equipe è il contesto all’interno del quale sono elaborati ed attuati i diversi interventi rivolti ai pazienti che, di norma, si strutturano attraverso tre
fasi strettamente correlate fra loro: l’accoglienza, la valutazione e la presa
in carico.
L’attività d’accoglienza si riferisce a tutte le persone che accedono al
servizio per sé o per gli altri, portando una generica o specifica richiesta
d’aiuto legata alla tossicodipendenza. La persona che si rivolge al servizio
per la prima volta o dopo un periodo d’assenza, è accolta senza tempi
d’attesa. La scelta di accogliere tempestivamente la richiesta d’aiuto è finalizzata a rendere il più agevole possibile il primo contatto e nello stesso
tempo vuole veicolare l’immagine di un servizio ricettivo e facilmente accessibile.
Nello spazio dell’accoglienza si raccolgono e si comunicano informazioni. Nello specifico, gli obiettivi del primo contatto consistono nella raccolta e prima lettura della domanda, nell’acquisizione di alcuni dati preliminari utili per un iniziale e provvisorio inquadramento del problema portato, nell’indicazione degli interventi sia farmacologici sia psico-sociali attivabili fin da subito ed infine nella presentazione delle ulteriori opportunità
che il servizio può offrire. I dati raccolti sono discussi all’interno
dell’equipe multi-disciplinare e, sulla base degli elementi emersi, si stabilisce se e quali interventi attivare ed i possibili tempi d’attuazione degli stessi.
Di norma dopo il primo contatto si apre una fase valutativo-diagnostica
che, a seconda della peculiarità e priorità presentate dalla situazione considerata, può vedere impegnate contemporaneamente, o in tempi diversi, una
o più figure professionali.
La fase della valutazione può essere definita come l’insieme delle attività che consentono una conoscenza più approfondita del caso e che permettono di formulare un’ipotesi di trattamento personalizzato sui bisogni del
singolo utente.
La valutazione psicologica è finalizzata a produrre ipotesi diagnostiche
inerenti l’organizzazione della personalità del paziente, la psico-dinamica
delle sue relazioni familiari ed il significato soggettivo dell’esperienza tossicomanica; è inoltre volta ad individuare le risorse psicologiche mobilitabili ai fini del cambiamento.
La valutazione sociale permette di cogliere il livello d’integrazione, il
grado di conservazione e/o compromissione delle abilità sociali nell’ambito
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dei differenti contesti di vita dei pazienti e gli eventuali problemi giuridici
connessi alla tossicodipendenza.
La valutazione medico-infermieristica permette di formulare una diagnosi di abuso o dipendenza da sostanze, secondo i criteri del DSM IV [American Psychiatric Association 1995], e di avere un quadro sufficientemente chiaro sulla situazione clinica generale e sulla presenza o meno di
una comorbilità psichiatrica.
La fase della presa in carico comporta la definizione e l’avvio di un progetto terapeutico coerente con la valutazione diagnostica e rispondente alla
domanda d’aiuto del soggetto. Il progetto terapeutico è sempre concordato
con l’utente seguendo una norma contrattuale, intendendo con ciò la ricerca
di un attivo coinvolgimento del paziente non solo sul piano del consenso,
ma anche rispetto alla definizione degli obiettivi, dei reciproci impegni e
dei criteri di verifica di risultato.
In questa prospettiva la dimensione temporale assume una valenza terapeutica particolarmente significativa per diversi aspetti. È solo in un arco di
tempo medio lungo che l’iniziale domanda d’aiuto del tossicodipendente,
solitamente urgente, può evolvere in una richiesta più elaborata che consente di attuare progetti terapeutici più articolati. Parallelamente, è solo nel
tempo che è possibile verificare l’efficacia delle scelte terapeutiche adottate
in ogni specifica situazione.
Periodicamente l’equipe multi-disciplinare discute l’evoluzione degli interventi programmati attivando un processo di continua riformulazione degli obiettivi, in relazione all’esito degli interventi messi in atto e delle risorse in quel momento attivabili.
Tutte le informazioni raccolte nel percorso diagnostico terapeutico vengono inserite in una cartella clinica informatizzata “Ippocrate Ser.T”. La
struttura di questa cartella permette a ciascun operatore di inserire le prestazioni fornite, gli interventi d’area effettuati ed i progetti terapeutici complessivi realizzati, con il rispettivo codice identificativo e relativa descrizione. Ciascuna figura professionale ha una parte di competenza sia nella
raccolta delle informazioni generali utili per l’inquadramento diagnostico
del singolo utente, sia nella valutazione prognostica e di risultato specifica.
Il ruolo di integrazione dell’equipe nella definizione del progetto terapeutico personalizzato, composto dai singoli interventi d’area, ha una sua
specifica configurazione nella condivisione del progetto terapeutico complessivo, dei suoi obiettivi e dei conseguenti indicatori di risultato.
Questo software inoltre consente di ricavare, in tempo reale, l’output
delle prestazioni e dei trattamenti e fornire informazioni statistiche significative sulla tipologia di utenza che accede al servizio.
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1.2 Valutazione dei risultati
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In qualsiasi organizzazione la valutazione dell’outcome è intesa come la
determinazione dei risultati conseguiti con una specifica attività, intrapresa
per raggiungere un obiettivo dichiarato, a cui è stato assegnato un determinato valore.
In questa organizzazione, con la valutazione dell’outcome si vuole verificare se gli interventi attuati hanno prodotto i risultati attesi, se hanno soddisfatto gli utenti e come hanno modificato la situazione preesistente.
Nel valutare i progetti terapeutici attuati con i pazienti con dipendenza
patologica, i professionisti impegnati sul caso hanno ben presente che non è
sempre possibile identificare una correlazione di causa-effetto fra il trattamento effettuato ed i risultati documentati, in quanto molto spesso il trattamento in esame si somma a tutta una serie di interventi antecedenti ed è influenzato da molteplici variabili ambientali totalmente indipendenti.
La particolarità di questo settore impone di separare l’esito specifico di
un determinato intervento specialistico – ad esempio una terapia farmacologica o una psicoterapia in cui più evidente può essere il rapporto causaeffetto – dall’esito globale del progetto terapeutico che, aspirando ad un
cambiamento di un comportamento o di uno stile di vita è maggiormente
soggetto ad influenze esterne al progetto non governabili.
La valutazione degli interventi specialistici quindi risponde soprattutto
al rapporto causa-effetto e rende più agevole la definizione degli obiettivi
da raggiungere e gli indicatori di risultato che ne documenteranno l’esito.
La valutazione globale del progetto terapeutico, invece, è intesa come lo
specchio del cambiamento che servizio e utente insieme hanno raggiunto e
deve essere limitata al segmento di percorso considerato dall’intervallo di
date in cui è stato attivo. Pur con questi limiti anche per i progetti terapeutici complessivi sono stati predefiniti gli obiettivi specifici ed i relativi indicatori di risultato.
2. L’indagine sugli utenti del servizio
2.1 Le caratteristiche degli intervistati
L’indagine condotta presso le tre sedi territoriali del Ser.T ha coinvolto,
nel complesso, 297 soggetti, che costituiscono il 43,8% della popolazione
in carico ai servizi nel periodo 1 marzo-30 giugno 20072.
2
Si rimanda all’appendice metodologica in chiusura di questo volume per
l’approfondimento metodologico-statistico relativo all’indagine.
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Prima di analizzare i risultati della lunga intervista svolta per mezzo del
questionario strutturato, in queste pagine introduttive si cercherà di fornire
un’immagine d’insieme del gruppo di pazienti che hanno scelto di partecipare all’indagine sia dal punto di vista delle caratteristiche sociodemografiche sia del rapporto con la sostanza e con il servizio.
Il ritratto dei partecipanti all’indagine è sovrapponibile al profilo di utente in carico presso i servizi, così come viene tratteggiato nelle relazioni
sul fenomeno delle tossicodipendenze che il Ser.T redige annualmente in
collaborazione con il Consiglio Nazionale delle ricerche3.
La maggioranza dei rispondenti è costituita da soggetti rientranti, ossia
da utenti già noti al servizio perché presi in carico in anni precedenti
(92,6%); quasi i due quinti di essi presentano una lunga storia di tossicodipendenza, essendo in carico al servizio da oltre 10 anni, mentre l’utenza
conosciuta da meno di un anno rappresenta il 15,5% (di cui poco meno della metà presi in carico nel corso del 2007).
I rispondenti sono in prevalenza di sesso maschile (78,8%) e di nazionalità italiana (98,3%). Nel complesso, presentano un’età media di circa 36
anni e si concentrano nelle classi d’età comprese tra i 36 e 40 anni (20,2%)
e tra 41 e 45 anni (21,2%). I nuovi utenti sono tendenzialmente più giovani,
in quanto per oltre i due terzi hanno un’età inferiore ai 30 anni (l’età media
è di 29,5 anni).
Dal punto di vista dello status socioculturale, presentano nel complesso
un livello di istruzione basso, in quanto il 64,6% di essi ha conseguito al
massimo il diploma di scuola media inferiore e solo il 3,4% possiede un diploma universitario o la laurea. In generale, risultano sufficientemente integrati nel contesto lavorativo, in quanto hanno tendenzialmente una posizione professionale stabile e alle dipendenze: oltre la metà dei soggetti è operaio (specializzato e non), mentre il 4,5% ha una posizione impiegatizia. I
lavoratori autonomi costituiscono il 13,3%, perlopiù artigiani e liberi professionisti. I soggetti disoccupati sono il 21,2% e poco meno di un decimo
degli intervistati si definisce economicamente inattivo; questi soggetti traggono dalla famiglia o dai sussidi la loro fonte principale di sostentamento.
Rispetto alla condizione economica attuale, ben il 46% degli intervistati si
colloca nella categoria di reddito basso e un ulteriore 26% circa nella categoria medio-basso.
Un dato importante da rilevare è che quasi due quinti degli intervistati
vive, o ha vissuto, in contesti familiari problematici in cui vi sono altri
membri con storie di uso o abuso di sostanze, con disturbi mentali o problemi con la giustizia, suggerendo in tal modo l’appartenenza di queste persone a possibili sottogruppi della popolazione caratterizzati da forme di
3
Nello specifico, ci si riferisce in questa sede alla relazione elaborata nel 2007 sui dati
dell’anno precedente [CNR, Ser.T 2007].
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vulnerabilità, legate alla presenza di difficoltà e disagi già presenti nelle
famiglie di origine.
Lo status socio-economico della famiglia d’origine è tendenzialmente
medio-basso, anche in virtù dell’età non più giovane degli intervistati: oltre
i tre quinti dei soggetti provengono da famiglie in cui i genitori hanno livelli di istruzione bassi e medio-bassi (nei quali cioè i genitori hanno conseguito al massimo il diploma di scuola media inferiore) e più della metà dei
soggetti proviene da famiglie in cui i genitori hanno posizioni lavorative di
status basso 4.
La maggior parte degli intervistati (68%) è celibe o nubile, ha una dimora stabile (94,3%) e non ha figli (70,2%); vive presso la famiglia d’origine
(38,7%), con una nuova famiglia (32,1%) o solo (17,7%), ed è ricorso al
servizio volontariamente (90% circa).
Dal punto di vista delle caratteristiche specificatamente legate al rapporto con le sostanze e con il Ser.T, si rileva la presenza pressoché esclusiva di
soggetti eroinomani con diagnosi di dipendenza secondo i criteri stabiliti
dal DSM IV (95,9%), la cui modalità di assunzione principale è la via endovenosa (73%) o nasale (16,6%). Solo 8 intervistati sono in cura per problematiche relative all’uso / abuso di cannabinoidi e 2 per uso / abuso di
cocaina. Inoltre, il 67,6% degli intervistati è poliassuntore, cioè ha assunto
(o assume) altre sostanze in concomitanza o in sostituzione della primaria
(ossia la sostanza per la quale richiede un trattamento); in particolare, il
60% circa degli intervistati ha come sostanza secondaria l’alcol, il 32% i
cannabinoidi e l’11% circa la cocaina.
È importante evidenziare che quasi i 4/5 dei soggetti hanno avuto il primo contatto con la sostanza in età molto giovane: il 20,6% di essi prima dei
16 anni, il 31,8% dai 17 ai 19 anni, il 27% dei soggetti in un’età compresa
tra 20 e 22 anni e il restante quarto oltre i 22 anni5. Il tempo di latenza, definito come l’arco temporale che intercorre tra il primo contatto con la sostanza e il primo ricorso al servizio per problematiche ad essa connesse, è
variabile: poco meno della metà degli intervistati è ricorso al servizio entro
i tre anni dal primo contatto con la sostanza (dei quali, quasi un decimo entro l’anno), il 24,3% dai 4 ai 6 anni, il 12,5% dai 7 ai 9 anni e il 17,9% oltre
i dieci anni dalla prima assunzione6. Questo dato sembra individuare due
tipologie di pazienti: circa l’80% ha impiegato un tempo relativamente breve, da uno a sei anni, per elaborare la consapevolezza del problema e la
4
Si rimanda all’appendice metodologica per le considerazioni circa le risposte degli intervistati a queste domande.
5
Le misure di sintesi evidenziano ancor meglio come l’età di iniziazione alla sostanza
sia relativamente bassa: il 75% dei soggetti ha iniziato ad usare la sostanza prima dei 22 anni, l’età mediana è pari a 19 anni e l’età media è di 20 anni.
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Il tempo medio di latenza è di 5,6 anni, la mediana della distribuzione è di 4 anni e la
moda è pari a 2 anni.
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conseguente domanda di aiuto, mentre la restante quota ha mantenuto per
circa dieci anni un uso controllato di sostanze compatibile con il suo contesto sociale e lavorativo.
In questi dati si riconferma la tendenza al progressivo invecchiamento
della popolazione degli eroinomani, già evidenziata in letteratura7, a fronte
di un’età media sempre maggiore dei soggetti dipendenti da eroina in carico
ai servizi, di un’età sempre più bassa di primo contatto con la sostanza, di
un tempo di latenza sufficientemente lungo, e di un ricorso meno diffuso tra
le nuove generazioni all’eroina [Piccone Stella 1999].
2.2 Le ipotesi di lavoro
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Le caratteristiche degli utenti del servizio appena descritte e il loro rapporto con le sostanze d’abuso, oltre a chiarire il profilo dei soggetti che
hanno partecipato all’indagine, costituirà la base per verificare se, e in che
modo, la cultura della droga dei tossicodipendenti si differenzi secondo
l’età, il sesso, il titolo di studio, la posizione professionale, il tipo di sostanza utilizzata (ecc…) oppure se, al contrario, vi sia una sostanziale omogeneità di vedute tra gli intervistati.
In particolare, le ipotesi specifiche che si cercherà di verificare empiricamente sono due. Innanzitutto, come anticipato, gli utenti del servizio sono in netta prevalenza soggetti in trattamento per dipendenza da oppiacei,
in larga parte con una lunga storia di presa in carico presso il servizio, e
dunque con una esposizione al servizio molto intensa, intesa in termini di
contatto con gli operatori. È legittimo supporre che il tempo di esposizione
degli utenti al servizio influenzi le diverse vision del fenomeno droga espresse, per cui maggiore è il contatto con il servizio maggiore è l’osmosi
tra la cultura della droga8 degli utenti e quella degli operatori. Una precedente indagine del Labos ha rilevato come per certi aspetti inerenti gli atteggiamenti e le opinioni circa le problematiche connesse all’uso di droga si
verifichi una sorta di razionalizzazione indotta dal contatto con il servizio,
per cui la vision espressa dagli operatori viene progressivamente interiorizzata dagli utenti e risente «quindi in positivo di un processo di autocom7
Si vedano le relazioni annuali sul fenomeno delle tossicodipendenze elaborate a livello
europeo, nazionale, e regionale.
8
Con l’espressione cultura della droga si vuole intendere quel complesso intreccio di
elementi (conoscenze, credenze, immagini del mondo, norme, valori, modelli interpretativi,
definizioni, simboli, modelli di comportamento, tradizioni, ecc…) che orienta, in un determinato contesto e momento storico, l’agire dei soggetti che appartengono ad un gruppo sociale [Bucchi e Neresini 2001]. L’accostamento dei due termini – cultura e droga – si giustifica, come suggerisce Peirone, con l’elevato grado di strutturazione da essa conseguita, la
stabilità strutturale, la capacità funzionale e l’equilibrio dinamico che ne consentono la sopravvivenza [Peirone 1987: 28 e segg.].
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prensione e autocoscienza sollecitato dagli operatori» [Labos 1986: 44].
V’è, inoltre, da evidenziare che la cultura organizzativa e degli operatori
che lavorano in un servizio può contribuire a posizionare il servizio stesso
nell’immaginario collettivo, selezionando in qualche modo a monte la tipologia di utenza che vi accede e che si rispecchia implicitamente in essa.
Accanto a questa ipotesi, un’altra informazione rilevante è costituita dallo stadio del cambiamento volontario in cui il soggetto si trova al momento
dell’intervista; fase che, come si è accennato in apertura, viene definita da
una valutazione della condizione bio-psico-sociale del soggetto, del suo
rapporto con la sostanza d’abuso e dalla presenza o meno della motivazione
al cambiamento. Lo stadio del cambiamento volontario non necessariamente è correlato con il tempo di esposizione al servizio o con la storia tossicomanica pregressa, può concorrere a discriminare le risposte dei soggetti e
può avere un’influenza sugli atteggiamenti e le opinioni elaborate sul fenomeno droga e sul rapporto con i servizi.
Nel Ser.T di Trento viene applicata da qualche anno una classificazione
dell’utenza in Alta e Bassa evolutività, come si è evidenziato in apertura.
L’alta evolutività comprende i soggetti per i quali, completata la valutazione multidisciplinare, è ipotizzabile un superamento volontario della tossicodipendenza attraverso vari stadi di cambiamento quali la stabilizzazione
del sintomo, l’induzione del cambiamento, la gestione del cambiamento e
la gestione delle ricadute. Nella bassa evolutività rientrano invece i soggetti
in fase pre-contemplativa o contemplativa, coloro cioè che non riconoscono
di avere un problema e non intendono affrontarlo, i soggetti che hanno contestualmente problemi psichiatrici significativi e coloro che presentano disturbi di personalità e/o sociali tali da non rendere praticabile un percorso
di cambiamento volontario della tossicodipendenza. La bassa evolutività ha
come obiettivo la riduzione del danno attraverso: l’aumento della qualità
della vita, la riduzione delle attività illegali, la riduzione del rischio di overdose, la riduzione dei comportamenti a rischio e l’aumento dell’attività
lavorativa.
Nelle analisi si sono tenuti distinti i soggetti nella fase di stabilizzazione
del sintomo da coloro che in generale si collocano nell’alta evolutività, data
la consistenza numerica di tale gruppo. Si è prevista, inoltre, una fase valutativa nella quale i soggetti non hanno ancora ricevuto una collocazione
nelle categorie di alta o bassa evolutività.
La tab. 1 riassume le caratteristiche dei soggetti lungo queste due dimensioni di indagine.
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Tab. 1 – Le ipotesi di lavoro
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%
Presa in carico del soggetto
Fino al 1995
Dal 1996 al 2004
Dal 2005 al 2007
99
136
62
33,4
45,7
20,9
Fase del programma terapeutico
Fase valutativa
Stabilizzazione del sintomo
Bassa evolutività
Alta evolutività
56
122
73
46
18,9
41,1
24,5
15,5
2.3 Le culture della droga
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La prima sezione del questionario ha avuto l’obiettivo principale di sondare le opinioni, gli atteggiamenti e i comportamenti degli intervistati in
merito alle diversi concezioni del fenomeno droga, visto dalla prospettiva
particolare di coloro che hanno attraversato un periodo della propria vita in
un rapporto con la sostanza che li ha portati alla dipendenza e al ricorso al
Ser.T.
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2.3.1 Definizione di ciò che è la droga e dei rischi connessi al suo uso
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Innanzitutto si è voluto indagare le rappresentazioni sociali del termine
droga degli intervistati, chiedendo loro quali sostanze tra quelle indicate
considerassero come droga (dom. 1).
Dal punto di vista strettamente scientifico, se ci si attiene alla definizione di droga data dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, si dovrebbero
considerare droghe tutte quelle sostanze di origine vegetale o sintetica che
agendo sul sistema nervoso centrale modificano la psicologia e l’attività
mentale degli esseri umani. Ciò che accomuna le droghe, dunque, è il fatto
di esplicare un'azione farmacologica di tipo psicoattivo, nonostante esse
siano fra loro estremamente diverse dal punto di vista degli effetti che producono, della loro potenziale dannosità, ma anche della diversa considerazione sociale di cui godono. Al di là delle numerose classificazioni esistenti
in letteratura, il termine droga, dunque, comprende sia sostanze legali, come il tabacco, l’alcol e la caffeina, sia alcuni tipi di farmaci (come i tranquillanti e i sedativi, utilizzati anche a scopo medico), sia sostanze illegali,
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che hanno come minimo comune denominatore la loro capacità di alterare
gli stati di coscienza e il sistema nervoso9.
Se ci si sposta, però, da questa definizione di carattere prettamente medico-farmacologico, alla rappresentazione di senso comune, si nota che il
termine viene investito di significati diversi e spesso mantiene una connotazione negativa legata al suo status di sostanza illegale e proibita, da cui
discende quasi naturalmente la corrispondenza illegale = pericoloso e tossico. «È la società, quella società in quel tempo e in quel luogo, che decide
cosa è droga, seppur a partire da sostanze (solide, liquide o aree) che hanno
un influsso sul cervello» [Cipolla 2007a: 13, corsivo nel testo]. Dal punto
di vista semantico, il termine droga rimanda ad una categoria costruita socialmente e definita istituzionalmente, prima che ad una categoria farmacologica, e il suo impiego rinvia alle sostanze il cui uso viene vietato a livello
normativo e considerato pericoloso nelle sue conseguenze mediche e sociali.
La declinazione empirica di questi concetti è mostrata dalla lettura delle
risposte degli intervistati alla domanda del questionario. Le sostanze che
non vengono considerate droghe sono generalmente le sostanze legali, quali
la caffeina, che non è una droga per il 41,4% dei soggetti, la nicotina
(16,2%) e l’alcol (10,5%). Stona, in questo elenco, la presenza dell’hashish
e della marijuana, che non viene considerata droga da una proporzione di
intervistati maggiore a quella dell’alcol, ossia il 14% circa. In questo caso,
sembra esistere uno scollamento tra la considerazione istituzionale-legale
della sostanza, da un lato, e la sua accettazione e normalizzazione
nell’immaginario collettivo, dall’altro10.
Queste sostanze, tra l’altro, raccolgono una proporzione più elevata di
soggetti che rispondono di non sapere come collocarle: per la caffeina, la
percentuale di incerti è pari a quasi un quinto delle risposte, per la nicotina
e i cannabinoidi si aggira intorno al 7% e per l’alcol è pari al 5,7%.
9
In realtà, anche nel mondo scientifico non esiste un criterio univoco e alternativo a
quello legalistico per definire quali sostanze considerare droghe tanto che, come afferma
Fargnoli, «il difficile problema della droga comincia dalla stessa definizione in quanto tutte
quelle fornite appaiono non completamente soddisfacenti» [Fargnoli 1990]. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità propone, come criterio aggiuntivo per giudicare una sostanza come droga, la sua capacità di determinare dipendenza fisica e/o psichica. Per altri,
«possono essere considerate, in via generale, stupefacenti o psicotrope quelle sostanze che:
a) manifestano potenzialità lesive del funzionamento individuale e sociale dell’individuo, b)
sono suscettibili di uso e di abitudine voluttuari al fine di procurarsi effetti psichici di fuga
dalla realtà, c) presentano attuale diffusione o pericolo di diffusione in un determinato contesto sociale» [Di Gennaro 1982].
10
Rimandiamo al saggio di Francesca Guarino [2007] che ben descrive questa dicotomia tra la dimensione normativa/istituzionale e la definizione sociale in merito all’uso di
cannabis, e al recente numero della rivista Salute e società La normalità di una droga. Hashish e marijuana nelle società occidentali [Cipolla 2008a].
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Rispetto alle restanti sostanze indicate nella domanda, gli intervistati
considerano quasi all’unanimità eroina e cocaina come droghe, mentre in
proporzioni leggermente inferiori le cosiddette droghe ricreativosperimentali, ossia ecstasy, LSD e amfetamine (rispettivamente, 93,9%,
93,6% e 92,5%). Nel complesso, poco meno di un terzo dei soggetti intervistati aderisce alla definizione scientifico-legalistica di droga sopra esposta
(31%), considerando tutte le sostanze indicate delle droghe; il 30,6% di essi
ne indica 8, un ulteriore quinto ne indica 7 e un decimo ne indica 6.
Accanto alla definizione di droga, agli intervistati è stato chiesto di indicare quali sono le conseguenze derivate dal consumo delle diverse sostanze,
dal punto di vista dei danni sulla salute, dei problemi familiari, sociali e legali causati dal loro consumo e dalla loro capacità di determinare dipendenza (dom. 3). In generale, anche in questa domanda è possibile evidenziare
una distinzione tra le sostanze il cui consumo è socialmente accettato, le
sostanze ad uso sperimentale-ricreativo e le sostanze proibite (eroina e cocaina). Per queste ultime, con riferimento a tutte e tre le domande proposte,
gli intervistati ne riconoscono la pericolosità ad ogni livello, in quanto oltre
il 90% di essi esprime un elevato livello di accordo con l’affermazione che
le sostanze provocano dipendenza, danni per la salute e nella vita delle persone. Per le droghe ricreative, al contrario, le risposte sono più eterogenee: i
danni sulla salute vengono comunque riconosciuti da una percentuale notevole di soggetti (per le tre sostanze indicate, oltre l’80% di essi si dichiara
molto o moltissimo d’accordo), ma il riconoscimento della dipendenza creata dalle sostanze e le conseguenze nella vita sociale risulta più moderato
(meno del 70% degli intervistati si ritiene molto d’accordo). Infine, per le
droghe socialmente accettate le risposte sono contrastanti. La nicotina è
considerata una sostanza molto dannosa per la salute per quasi i tre quinti
degli intervistati, oltre il 70% di essi ne riconosce la capacità di determinare
dipendenza, mentre poco meno di un decimo dei soggetti ritiene che abbia
conseguenze sociali dannose. La caffeina viene percepita sotto ogni punto
di vista come sostanza non dannosa, poiché una ridotta proporzione di soggetti ritiene che provochi danni alla salute e alla vita sociale e una percentuale più sostanziosa (17,3%) che determini dipendenza.
Alcol e cannabis meritano un discorso a parte: già si è evidenziato sopra
come l’alcol, nonostante il suo status di sostanza legale, venga considerato
droga da una maggiore proporzione di soggetti rispetto all’hashish e alla
marijuana. Anche rispetto alla percezione dei rischi connessi all’uso di tali
sostanze si nota che la seconda viene reputata meno rischiosa, sia rispetto
alle altre sostanze illegali sia rispetto alle sostanze legali (nicotina e alcol):
oltre la metà degli intervistati (51,9%) ritiene che sia poco o per nulla dannosa per la salute e per quasi un terzo di essi lo è abbastanza; il 52,4% ritiene che non provochi dipendenza e un ulteriore 29,7% che le provochi parzialmente; il 55,8% ritiene che non comporti danni dal punto di vista socio48
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familiare o legale. Per l’alcol, al contrario, l’81,4% degli intervistati è consapevole dei danni sulla salute, il 73,3% ritiene che determini dipendenza e
il 74,6% che sia dannosa per la vita sociale.
Questo dato apparentemente dissonante sembra essere, invece, in linea
con quanto già rilevato in letteratura e che ha portato alcuni a definire la
cannabis come una sostanza pacificata [Mori 2004]: la lettura diacronica
dei dati riferiti alla percezione della pericolosità delle sostanze porta alla
luce una tendenza alla non-disapprovazione dell’uso di tale sostanza e al
conseguente mis-conoscimento dei rischi ad esso connessi. Anche il dato
sulla definizione dell’alcol come droga e sull’attribuzione a tale sostanza di
un livello elevato di rischio, pare essere consonante con quanto riconosciuto in letteratura, ossia l’acquisizione di una maggiore conoscenza e consapevolezza delle conseguenze problematiche connesse al suo uso nella popolazione generale, effetto – forse – delle campagne di sensibilizzazione in
merito11.
Infine, se si considerano congiuntamente le due domande sulla considerazione delle sostanze come droghe e sulla percezione delle conseguenze
derivate dal loro consumo, è possibile affermare che esiste una relazione
stretta tra le due variabili. Detto altrimenti, chi definisce la sostanza come
una droga ha una propensione maggiore a riconoscerne gli effetti negativi
sulla salute e sulla vita sociale e a riconoscere che la sostanza determina dipendenza (con l’unica eccezione della caffeina).
Nel complesso, queste considerazioni valgono trasversalmente per tutta
l’utenza in carico, in quanto non si notano differenze di rilievo tra i rispondenti né sulle principali variabili socio-demografiche, né secondo le ipotesi
di lavoro iniziali. Le uniche differenze statisticamente significative si riferiscono alla capacità delle sostanze ricreativo-sperimentali (ecstasy, LSD e
amfetamine) di determinare dipendenza: al crescere dell’età cresce
l’assimilazione di queste nuove droghe alle altre illegali, mentre i soggetti
più giovani tendono a negare che tali droghe possano determinare dipendenza.
11
Si rimanda, a questo proposito, all’interessante lettura sociologica di Rolli e Cottino
[1992] dell’evoluzione dei consumi e dei significati attribuiti all’alcol, nella quale vengono
presentati anche contributi empirici che mostrano tutte le ambiguità di questa classe di sostanze nella cultura italiana. Nello specifico, viene sottolineato come sia quasi unanime il
riconoscimento della pericolosità dell’alcol dal punto di vista delle conseguenze relazionali
e per la salute pubblica determinate dal suo uso.
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2.3.2 Dalle motivazioni alla sperimentazione delle droghe alla condizione
tossicomanica
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Nel questionario presentato agli intervistati, alla dimensione cognitivorazionale della definizione di ciò che è droga e della consapevolezza dei
suoi effetti si affianca la dimensione delle motivazioni che portano i soggetti a sperimentare droghe (dom. 2).
Le droghe esercitano sull’individuo un enorme potere di attrazione poiché sono in grado di fornire risposte concrete e immediate ai bisogni e desideri personali. Ravenna ne indica nove, in particolare: il bisogno di alterare gli stati di coscienza, la ricerca di sensazioni forti, il bisogno di facilitazione sociale, il bisogno di eccitazione in attività di divertimento, il bisogno
di migliorare l’immagine di sé, la ricerca di autonomia e sfida, appartenenza e prestigio, il bisogno di controllo, il bisogno di ridurre il disagio e regolare le emozioni [Ravenna 1997: 115-142] .
L’analisi delle risposte mostra una netta prevalenza delle motivazioni
ludico-edonistiche, volta alla ricerca intenzionale di benessere fisico e psicologico più che alla ricerca di un rifugio dai problemi quotidiani: il 16,6%
dei rispondenti, infatti, ritiene che la ricerca di emozioni sia la motivazione
principale dell’iniziazione alla droga, il 13,9% ne fa una questione di curiosità, il 12% giudica importante la ricerca degli effetti attesi della sostanza e
l’8,4% risponde che i soggetti sperimentano droghe per divertimento. Gli
item che indicano una sorta di risposta adattiva dell’individuo conseguente
all’incapacità di affrontare i propri problemi, e dunque assegnano alle sostanze una funzione di auto-cura e auto-medicazione, hanno un peso minore
nelle risposte degli intervistati: i problemi familiari vengono indicati come
motivazione dal 7,2% dei soggetti, i problemi socio-economici dal 2,8% e i
problemi sul lavoro o a scuola dallo 0,4%. Gli item che indicano una forma
di estraniamento dalla società, ossia la solitudine e la mancanza di forza di
volontà, raccolgono l’una il 12% degli intervistati, l’altra il 5%. Infine, un
peso inferiore nella spinta verso l’uso di droghe viene assegnato alle motivazioni connesse al contesto o al condizionamento dei gruppi sociali: la
compagnia e la necessità di socializzare vengono indicate entrambe da poco
più del 5% di soggetti, mentre più bassa è la proporzione di coloro che ne
enfatizzano le radici culturali/familiari (2,5%), la componente legata
all’abitudine (1,7%) o al fatto che si tratta di un comportamento diffuso
(1,9%).
Le motivazioni sulle quali si notano differenze significative tra gli intervistati riguardano la ricerca degli effetti attesi della sostanza e il divertimento nelle diverse classi di età; tali ragioni vengono indicate, infatti, in
misura maggiore dai soggetti di età inferiore ai 30 anni – il 42,9% per il
primo item, il 33% per il secondo – mentre i soggetti con più di 40 anni le
indicano come ragioni nel 22,5% e nel 13,7% dei casi. Le altre variabili
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non introducono modifiche di rilievo al quadro delineato: l’assunzione di
sostanze psicoattive risulta essere data più da elementi di curiosità e di fuga
dall’ordinario, che da elementi connessi con il disagio e il malessere psichico e ambientale. Vengono poste in primo piano, in queste risposte,
l’impulso alla trasgressione, alla sfida, alla ricerca del piacere e del rischio,
motivazioni più evidenti tra i giovani ma comunque presenti anche nelle
leve di età più avanzate.
Anche la lettura complessiva delle risposte a questa domanda – nella
quale i soggetti potevano indicare fino ad un massimo di 3 ragioni che ritenevano fondamentali nel determinare l’impulso alla sperimentazione di sostanze – conferma questa considerazione: solo il 12,1% degli intervistati
esclude che le persone assumano droghe per motivi edonistici, che equivale
a dire che quasi 9 intervistati su 10 scelgono almeno una di tali motivazioni. Al contrario, il 63,6% degli intervistati non sceglie alcuna delle risposte
riferite alla funzione auto-medicativa delle sostanze e il 31,6% nessuno dei
motivi che denotano un tentativo di estraniamento dalla società, a cui viene
assegnato, dunque, un peso molto inferiore.
Se la spinta verso la sperimentazione di sostanze è data soprattutto dalla
ricerca del piacere e di esperienze che rompano la normalità della vita quotidiana, che cosa significa diventare tossicodipendenti? Il questionario ha
inteso indagare le opinioni degli intervistati circa gli elementi che si accompagnano alla condizione di tossicodipendenza lungo due dimensioni
fondamentali, quella sociale e quella psicologica, lette entrambe nella duplice accezione eziologica ed esperienziale (dom. 6).
Un primo aspetto che emerge è che le affermazioni che raccolgono
maggiori consensi sono quelle legate allo scarso potere di controllo del
soggetto tossicodipendente e alla sofferenza a cui si accompagna tale stato.
Quasi la metà degli intervistati (48,3%) ritiene, infatti, che il soggetto tossicodipendente sia spinto da un desiderio irrefrenabile e al di sopra della propria volontà all’assunzione di sostanze, mentre poco più di un quinto ritiene
che tale caratteristica si associ raramente o mai alla tossicodipendenza.
Allo stesso modo, oltre la metà degli intervistati ritiene che la tossicodipendenza si caratterizzi come una condizione di elevata sofferenza psicologica dell’individuo (51%), mentre il 17,3% di essi che questa componente
non esista o esista in rare situazioni. Queste caratteristiche vanno nella direzione di definire la tossicodipendenza incentrata più sull’individuo e sulla
dimensione intrapsichica che su fattori e condizionamenti di tipo socioambientale e interpersonale, come uno stato di normalità nel quale si innestano elementi di problematicità indotti dall’uso protratto nel tempo di sostanze. Tale ipotesi è suffragata dalla scarsa adesione che viene accordata
dagli intervistati alle affermazioni che delineano il profilo di tossicodipendente come malato: solo il 14,6% di essi ritiene infatti che la tossicodipendenza si associ spesso o sempre ad un disturbo psichiatrico e il 29,7% ad un
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disturbo di personalità. Questi dati non stupiscono, in quanto si può ragionevolmente pensare che nel rispondere a questa domanda gli intervistati si
riferiscano, in modo più o meno elaborato e razionalizzato, alla propria storia e al significato che vi hanno attribuito: per gli intervistati, dunque, la
tossicodipendenza è più un problema individuale che non l’espressione del
contesto macrosociale di riferimento, né l’espressione di una condizione
patologica12. In questo punto pare evidente la distanza che separa la propria
auto-percezione di tossicodipendenza (e tossicodipendente) e la definizione
medico-scientifica che ne viene data, tra disease e illness. Nel mondo medico il concetto di dipendenza patologica come malattia cronica ad andamento recidivante è ormai universalmente accettato (disease), mentre nella
cultura e nel vissuto degli utenti l’accostamento tra patologia e tossicodipendenza non viene riconosciuto (illness)13.
2.3.4 Le proposte di contrasto alla droga
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Una ulteriore linea di approfondimento nell’indagine ha riguardato le
aree di intervento su cui gli intervistati ritengono maggiormente opportuno
agire per far fronte al fenomeno droga (dom. 4). La domanda è stata strutturata in modo tale da prevedere tre orientamenti: il primo comprende una serie di affermazioni che rimandano all’importanza della prevenzione e
dell’informazione sui rischi connessi all’uso di sostanze; la seconda e la
terza delineano due posizioni in contrasto tra di loro, lungo un continuum
che va dall’orientamento repressivo nei confronti del mondo della droga ad
un orientamento più permissivo e centrato sull’autodeterminazione del soggetto e sulla libertà di scelta personale.
Il quadro che emerge dall’analisi dei dati è alquanto variegato ed eterogeneo. L’affermazione che raccoglie il maggior numero di consensi attribuisce alle agenzie di socializzazione, scuola e famiglia, la responsabilità di
educare i giovani sulle droghe: se si considera l’area di accordo (sommando
12
Si leggano, a tal proposito, le interessanti annotazioni circa il concetto di tossicodipendenza di Di Maso, Baciga e Iacopozzi [2002].
13
Le nuove acquisizioni nell’ambito della sociologia della salute hanno messo in evidenza il carattere multidimensionale della salute e della malattia, che si può teoricamente
articolare in tre dimensioni principali, tra loro spesso non coincidenti. Disease è
l’interpretazione della malattia così come viene rappresentata dal modello biomedico, cioè
come una disfunzione organica oggettivamente misurabile. Illness è l’interpretazione soggettiva del proprio stato di malattia, coincide dunque con l’esperienza che il soggetto ha della malattia e il modo in cui la rappresenta. Sickness è l’interpretazione della malattia socialmente condivisa, costituita dalle modalità attraverso le quali la società legge la malattia di
un individuo. Per un approfondimento in tale direzione si rimanda a Maturo [2007], e a Maturo [2008] per l’applicazione di tali concetti alla tossicodipendenza (in particolare,
all’uso/abuso di cannabis).
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coloro che si sono dichiarati molto d’accordo con coloro che si sono espressi come del tutto d’accordo), infatti, si nota che ben il 79,5% degli intervistati si esprime in senso favorevole, mentre solo l’8% circa si dichiara
contrario all’affermazione (molto o abbastanza).
In tutte le altre proposizioni, il livello di accordo è decisamente più basso. Proseguendo nell’ambito della prima linea di indagine, quello connesso
con la prevenzione, si rileva che quasi i due quinti degli intervistati (36,7%)
si esprime in accordo con la necessità di una maggiore informazione sui rischi connessi al consumo di droghe per limitare i problemi di abuso, a fronte di un altro quinto circa (18,9%) che non esprime una posizione netta; parallelamente, una proporzione di poco inferiore (30,3%) si dice d’accordo
con l’origine delle condotte di abuso in ambito familiare, mentre poco più
di un quarto di essi (26,6%) si dichiara né d’accordo né contrario. La prevenzione quindi, ancora fortemente centrata sull’informazione e sulla consapevolezza dei rischi, viene ritenuta importante e viene delegata nella
maggioranza dei casi a soggetti terzi quali la scuola e le varie agenzie di
socializzazione.
Fa da eco, a questi numeri, l’elevata contrarietà dei rispondenti agli item
riferiti agli orientamenti proibizionisti e, insieme, agli orientamenti
all’autodeterminazione personale. Rispetto alla prima linea, l’accordo più
diffuso è verso la necessità di punire severamente le attività di spaccio limitando l’offerta di droghe illegali, in quanto il 29% degli intervistati si dichiara d’accordo con tale affermazione e poco più di un quinto non si esprime (22,2%); l’accordo decresce sull’affermazione che è necessaria una
legge più severa per controllare il consumo di sostanze illegali (17,6%) e
sulla necessità di proibire anche le sostanze legali poiché tutte le sostanze
sono dannose (il 19,2% si ritiene d’accordo con l’affermazione, a fronte del
67% di contrari).
Rispetto alla seconda linea, che denota orientamenti permissivi, nella
lettura delle risposte sono rinvenibili due posizioni. La prima presenta risposte abbastanza diversificate sugli item che richiamano la libera scelta
dei soggetti nell’uso di droghe: quasi la metà degli intervistati è contrario
all’affermazione che se le persone assumono droghe è affar loro (48,2%), il
24,1% si ritiene d’accordo e il 27,6% degli intervistati non si ritiene né
d’accordo né contrario; allo stesso modo, il 42% circa dei soggetti è contrario all’affermazione che ognuno dovrebbe essere lasciato libero di assumere
sostanze se non crea problemi agli altri, a fronte di un 34,3% di soggetti in
accordo e di un 23,6% di neutrali. La seconda posizione presenta un livello
di omogeneità e, insieme, di contrarietà maggiore e si identifica
nell’affermazione che solo le sostanze illegali costituiscono un problema (il
74,8% si ritiene contrario) e con l’item nel quale si afferma che la maggior
parte dei consumatori è in grado di auto-limitare il consumo di droghe (ben
l’81,5% dei soggetti si ritiene in disaccordo).
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Queste osservazioni possono essere arricchite riassumendo le domande
contenute in questa batteria in tre indici sintetici, conformi alle tre linee di
indagine individuate14 (graf. 1).
Graf. 1 – Gli orientamenti espressi dagli intervistati in merito alle possibili soluzioni del
problema droga
Orient. permissivo
Orient. alla prevenzione
Orient. repressivo
0%
10%
20%
30%
40%
moderato
60%
70%
80%
90%
100%
alto
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scarso
50%
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Come si deduce facilmente dal grafico, e in linea con quanto affermato
più sopra, l’orientamento prevalente pone in risalto le necessità di prevenzione, raccogliendo oltre tre quinti degli intervistati nelle categorie alto e
moderato. Per gli altri indici, al contrario, oltre la metà degli intervistati si
colloca nella categoria scarso (52,5% per la repressività, 58,6% per
l’autodeterminazione) e meno di un decimo nella categoria alto (7,7% per il
primo, 3,4% per il secondo). Infine, limitando l’analisi a queste due polarità, repressività vs. permissività, con l’ausilio di un indice statistico sincretico che riassume congiuntamente le risposte date al set di domande riferite a
queste due propensioni, si perviene ad una tipologia che mostra un sostanziale equilibrio tra le diverse posizioni, con una leggera prevalenza di soggetti orientati alla repressività, che rappresentano il 38,4%, contro il 33,3%
di soggetti orientati verso atteggiamenti più permissivi e il 28,3% di soggetti che si collocano in una posizione intermedia (gli incerti).
In questa linea di indagine si conferma la sostanziale omogeneità di vedute degli intervistati, in quanto l’analisi delle diverse variabili sociodemografiche e delle ipotesi enunciate nel paragrafo introduttivo non ha
messo in rilievo differenze significative, riconfermando, anche su questo
gruppo di domande, delle linee di tendenza comuni a tutto l’universo.
14
Si rimanda all’Appendice metodologica per la descrizione della costruzione degli indici sintetici utilizzati nella trattazione del capitolo.
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2.3.5 L’esperienza personale con le sostanze
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Un’ultima area di indagine si riferisce alla dimensione esperienziale del
consumo di sostanze, è cioè orientata a comprendere il grado di lontananza
o vicinanza dei soggetti con alcune situazioni determinate dall’abuso di sostanze psicoattive (dom. 5). Le affermazioni indicate riassumono una serie
di conseguenze nella sfera medico-sanitaria, psicologica, socio-familiare e
legale, e i soggetti sono stati invitati ad esprimere la frequenza con cui hanno esperito tali situazioni su una scala da 1 (mai) a 4 (sempre).
La lettura delle risposte mostra che tutti i soggetti intervistati sono incorsi almeno una volta nelle situazioni indicate in seguito all’abuso di sostanze. Le conseguenze esperite in modo più diffuso dagli intervistati si riferiscono all’ambito familiare: infatti, solo il 6,6% dei rispondenti non è
mai incorso in problematiche familiari, mentre il 67% di essi ammette di
aver avuto tali problemi spesso o sempre. Di minore entità sono le conseguenze sanitarie e sul piano lavorativo: quasi quattro quinti degli intervistati ammette di aver avuto disturbi fisici in seguito all’assunzione congiunta
di più sostanze (il 19,8% dei quali li ha avuti spesso o sempre) ed oltre il
60% ha avuto problemi sul lavoro (il 30,9% spesso o sempre).
È interessante notare la forte correlazione che esiste tra le risposte a
questo gruppo di affermazioni e le dichiarazioni degli intervistati in merito
al senso di colpa esperito in seguito all’assunzione di sostanze, che viene
ammesso da oltre quattro quinti dei rispondenti (il 28,9% indica di averlo
provato qualche volta e il 52,5% spesso o sempre). Infatti, emerge una relazione forte e direttamente proporzionale tra questi tre item e il sentimento
di colpa, che equivale a sostenere che coloro che non hanno mai avuto problemi familiari, lavorativi o fisici, o li hanno avuti solo qualche volta, hanno anche provato con meno frequenza sensi di colpa per l’assunzione di sostanze15 (tab. 2). Dato, questo, che suggerisce l’importanza del contesto sociale nella strutturazione della vision della tossicodipendenza nei soggetti
coinvolti e nel modo in cui essa viene da loro esperita.
Proseguendo con l’analisi delle conseguenze, vediamo come le altre situazioni indicate - che vengono ricollegate nelle relazioni annuali del Ser.T
all’uso problematico di stupefacenti - siano meno frequenti tra gli intervistati: il coinvolgimento in risse riguarda, infatti, poco più di due quinti dei
rispondenti, dei quali una proporzione limitata indica di averle subite spesso o sempre (7,5%); gli incidenti d’auto riguardano il 37,5% dei soggetti (il
5,2% di essi dichiara di esserne stato coinvolto spesso); la necessità di ricorrere ad un medico o ricoverarsi in ospedale ha interessato tre quarti dei
rispondenti (quasi la metà ne indica però una frequenza minima).
15
I test Chi2 sono risultati significativi al livello 0,001; le relazioni risultano essere di
media e forte intensità (valori del coefficiente di contingenza: 0,453 per i problemi familiari,
0,294 per i problemi fisici, 0,326 per i problemi sul lavoro).
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Tab. 2 – Relazione tra il senso di colpa e le problematiche sociali (% di riga)
Sentirsi in colpa per aver assunto sostanze
Qualche
Mai
Spesso Sempre
volta
24,1
36,8
26,1
15
32,5
41,2
46,4
30
9,6
10,5
14,5
40
28,1
15
16,7
20
21,9
34,1
22,9
20
40,6
41,9
31,3
20
9,4
9
29,2
40
66,7
28,9
10,4
10,3
22,2
32,9
35,8
10,3
11,1
30,3
44
44,8
7,9
9,7
34,5
ne
33,7
11,4
13
15
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Avere problemi sul lavoro
Mai
Qualche volta
Spesso
Sempre
Avere disturbi fisici a causa dell'assunzione
di diverse sostanze assieme
Mai
Qualche volta
Spesso
Sempre
Avere problemi con il partner o i propri familiari
Mai
Qualche volta
Spesso
Sempre
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Le domande presentate in questa batteria sono state riassunte in un indice sintetico di esposizione al rischio, dal quale risulta che quasi un quarto
dei soggetti presenta un livello basso di contiguità con esperienze rischiose,
in quanto ha risposto positivamente fino a 3 delle domande presentate; la
maggioranza degli intervistati si colloca nella categoria che definisce un livello intermedio di esperienze negative dell’abuso di sostanze, mentre il
28,7% di essi presenta un livello elevato. La costruzione di tale indice permette di elaborare ulteriori considerazioni qualitative dei dati emersi, riferite in particolare al periodo di presa in carico dei soggetti e alla fase del programma terapeutico in cui si trovavano i soggetti al momento della rilevazione.
La prima relazione significativa riscontrata nei dati attiene al periodo di
presa in carico dei soggetti, nel senso che i soggetti presi in carico negli ultimi due anni presentano livelli di esperienza del rischio molto inferiori rispetto ai soggetti in carico al servizio da oltre 12 anni. Questo dato, a ragione, può essere fatto rientrare nella tendenza progressiva, descritta più
sopra, a rendere compatibili i comportamenti di consumo di sostanze con la
vita quotidiana, per cui chi consuma sostanze «sia che ne faccia un uso sporadico, sia che ne abusi, ha con le sostanze un rapporto maggiormente conflittuale, teso verso l’autogestione e l’autocontrollo nella convinzione che
sia possibile la ricerca di un piacere che eviti però i rischi fisici e sociali
connessi» [ISFOL 2006]. Gli arruolati presso il servizio prima del 1995,
dunque in carico da oltre 12 anni al momento dell’intervista, risultano col56
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locarsi per il 41,7% nel livello di rischio più elevato e per il 47,9% nella categoria intermedia; tale percentuale scende sensibilmente per i soggetti presi in carico nel decennio successivo, dove il 25,7% soggetti presenta bassi
livelli di esposizione al rischio e il 27,2% livelli elevati, e decresce ancora
di più nelle prese in carico recenti successive al 2005, nelle quali ben il
45,9% dei soggetti si colloca nei livelli di rischio bassi e meno di un decimo nei livelli elevati16.
Se non sono evidenziabili differenze rilevanti secondo l’età o il sesso
degli intervistati o le altre caratteristiche sociodemografiche di base,
un’ulteriore variabile influente nello stratificare il gruppo di soggetti è costituita dalla fase del programma terapeutico in atto presso il servizio (graf.
2): si evidenzia, infatti, che i soggetti in fase valutativa presentano livelli
decisamente più bassi di esperienza del rischio in seguito all’abuso di sostanze, mentre all’opposto i soggetti che si trovano nella fase di stabilizzazione del sintomo hanno una maggiore contiguità con il rischio17. Come anticipato precedentemente, la fase valutativa si apre per i pazienti che accedono al servizio con una domanda non ancora ben definita e per i quali è
necessario strutturare un assessment multi-disciplinare: sono compresi in
questa fase i pazienti nuovi (incidenti) o i rientranti in trattamento, in linea
di massima soggetti con una storia di presa in carico recente. Sono inseriti
invece nella fase di stabilizzazione del sintomo i soggetti che oscillano fra
la bassa e l’alta evolutività, e sono generalmente pazienti con una lunga storia di presa in carico e con un’espressione sintomatica della dipendenza da
molti anni.
Infine, accanto alle domande sulla contiguità al rischio, è stato chiesto
agli intervistati di indicare con quale frequenza è capitato loro di sentirsi in
grado di smettere di assumere sostanze in qualsiasi momento, atteggiamento che molti studi fanno risalire soprattutto alle prime fasi del rapporto con
la sostanza nelle quali i soggetti si sentono di poterne controllare l’uso. La
lettura delle risposte mostra come la maggioranza degli intervistati abbia
provato spesso o sempre (16,3%) o qualche volta (48,8%) sentimenti di
questo tipo, mentre il 34,9% di essi dichiara di non essersi mai sentito in
grado di controllare il consumo della sostanza.
16
Il test Chi2 è risultato significativo al livello 0,001; il coefficiente di contingenza mostra una relazione di media intensità, essendo pari a 0, 326.
17
Il test Chi2 è risultato significativo al livello 0,001; il coefficiente di contingenza mostra una relazione di media intensità, essendo pari a 0, 250.
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Graf. 2 – L’esperienza del rischio tra gli utenti Ser.T secondo la fase del programma terapeutico
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
fase valutativa
stabilizzazione del
sintomo
basso
bassa evolutività
medio
alta evolutività
elevato
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2.4 Il rapporto con la cura e con i servizi
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Con la seconda linea di indagine si è proceduto ad un approfondimento
qualitativo dei servizi e della loro capacità di risposta ai bisogni e alle aspettative degli utenti. Il questionario, dunque, ha compreso una serie di
domande sulla condivisione degli obiettivi di trattamento, sul cambiamento
dello stato di benessere dei soggetti nel corso del periodo di contatto con il
servizio e sulla soddisfazione circa i servizi offerti dal Ser.T.
Rispetto al primo punto, il questionario ha previsto una batteria di domande sul grado di condivisione degli intervistati circa la possibilità di raggiungere gli obiettivi con i progetti terapeutici attivati dal servizio, raggruppabili in due orientamenti di fondo: da un lato la riduzione del danno,
dall’altro il superamento volontario della condizione di tossicodipendenza .
A livello teorico, i due orientamenti sottendono delle posizioni antitetiche
circa l’obiettivo del trattamento: la prima posizione sottintende la convinzione dell’equipe curante che lo stato di tossicodipendenza manifestato dal
paziente sia immodificabile, almeno nel breve periodo, per cui gli interventi
terapeutici hanno come obiettivo il miglioramento delle condizioni generali
di vita; la seconda posizione sottintende la possibilità concreta di un superamento volontario, documentata dall’astensione dall’uso di sostanze e da
un processo di ristrutturazione della personalità18.
18
Per un approfondimento in questa direzione si veda il testo curato da Fazzi e Scaglia
[2001], che contiene una revisione articolata e critica delle politiche derivanti dalle due impostazioni.
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La lettura dei dati mostra che, nella realtà, questi orientamenti non si esprimono in modo netto, ma spesso si trovano sovrapposti. I due obiettivi
che vengono maggiormente condivisi dagli utenti, infatti, si ritrovano l’uno
nell’orientamento alla riduzione del danno, l’altro nell’orientamento al superamento della tossicodipendenza: il raggiungimento della riduzione della
sofferenza fisica raccoglie oltre il 70% degli intervistati nelle categorie del
tutto e molto, mentre solo il 6,1% dei soggetti si dichiara per niente o poco
d’accordo; in merito al raggiungimento dell’astensione dall’uso della sostanza, il 46% circa dei soggetti si ritiene del tutto d’accordo, il 20,3% molto d’accordo e solo l’8,1% di essi li condivide poco o per nulla.
All’opposto, gli obiettivi che vengono condivisi meno frequentemente
dagli utenti sono il raggiungimento del miglior benessere possibile anche
senza la completa astinenza – nel quale poco meno di un decimo dei rispondenti dichiara di essere per niente d’accordo, il 13,5% poco d’accordo
e oltre un quarto abbastanza d’accordo – e la riduzione del pericolo di overdose e degli altri rischi sanitari correlati all’uso di sostanze – in cui poco
più di un quarto dei soggetti si ritiene poco o per niente d’accordo e un ulteriore quarto dichiara di condividere abbastanza tale obiettivo.
Attraverso la costruzione di un indice di “aspettativa”, basato sulla
combinazione delle risposte ai 7 item di questa batteria di domande, i rispondenti sono stati raggruppati in tre tipologie secondo l’orientamento
prevalente manifestato. La maggior parte dei soggetti si colloca in una posizione intermedia (38,7%), in cui gli obiettivi di guarigione e di riduzione
del danno sono condivisi con una forza simile; il 32,4% dei soggetti si orienta verso una maggiore condivisione di obiettivi di astinenza assoluta e il
28,9% verso obiettivi di riduzione del danno. Se si confronta la posizione
degli utenti del Ser.T con quella degli operatori e dei soggetti residenti in
comunità terapeutiche, si evidenzia come i primi si collochino in una posizione intermedia tra gli uni e gli altri, in quanto gli utenti delle comunità
sono maggiormente orientati verso il superamento della tossicodipendenza
(46,9%) e gli operatori verso la riduzione del danno (55,4%), in particolare
quelli provenienti dal Ser.T (77,8%).
È importante evidenziare come anche in questa dimensione di indagine
il gruppo di soggetti intervistati sembra essere sufficientemente omogeneo
nelle risposte, se si considerano le principali variabili socio-demografiche e
le ipotesi di lavoro delineate in apertura. Quello che sembra, invece, essere
influente nel definire l’orientamento verso l’una o l’altra polarità della scala
di aspettativa è il livello di benessere relazionale raggiunto con i programmi
di trattamento. Il questionario ha compreso infatti una batteria di domande
(dom. 9) nella quale si è voluto indagare il grado di benessere conseguito
dai soggetti da quando sono in trattamento presso il Ser.T lungo le dimensioni relazionale, personale e psicologica. L’incrocio tra il grado di aspettativa e queste dimensioni ha mostrato delle differenze significative nelle ri59
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sposte dei soggetti solo per la prima di queste dimensioni, mostrando nuovamente come la qualità delle relazioni con le persone significative influenzi l’atteggiamento dei soggetti: maggiore è il grado di benessere relazionale, maggiore è la propensione dei soggetti a cercare un superamento
volontario della propria condizione e dunque, orientarsi verso l’astinenza
completa19.
Proseguendo, dunque, lungo questa dimensione di indagine riguardante i
cambiamenti di alcuni aspetti della vita degli utenti da quando seguono un
programma di trattamento presso il Ser.T, come si è accennato più sopra la
domanda era strutturata in modo tale da comprendere aspetti inerenti le relazioni interpersonali (con la famiglia, gli amici e il partner), la dimensione
intrapsichica dell’autostima, del benessere psicologico e della fiducia nel
futuro, e gli aspetti connessi con la realizzazione di sé nel lavoro, dal punto
di vista economico, della salute e della qualità della vita.
Le risposte degli intervistati sono, nel complesso, omogenee e si orientano verso il miglioramento o, al più, la stabilizzazione degli aspetti indicati, in quanto oltre la metà dei soggetti ammette un loro cambiamento in positivo e meno di un decimo di essi ne individua un peggioramento.
L’aspetto più problematico risulta essere la relazione con il gruppo di amici, in quanto una percentuale più bassa di soggetti ne indica un miglioramento (43,5%) e poco più di un decimo ritiene che sia peggiorata; specularmente, l’aspetto in cui si osserva un deciso miglioramento per gran parte
dei soggetti inerisce le relazioni familiari, ove coloro che indicano un miglioramento costituiscono quasi il 70% dei rispondenti mentre solo il 2,4%
ne indica un peggioramento.
Considerando le tre dimensioni separatamente, è da rilevare come i benefici maggiori riguardino la sfera più materiale, quella cioè dei miglioramenti dal punto di vista delle salute, della condizione economica,
dell’attività lavorativa e della qualità della vita in generale. Se infatti, si
riassumono le risposte in tre indici separati, corrispondenti alle dimensioni
individuate si può facilmente notare che ben l’80% circa dei rispondenti ha
avuto un miglioramento generale di tali aspetti, proporzione che scende al
74% per la dimensione intrapsichica e al 70,1% per la dimensione relazionale. Infine, il benessere complessivo conseguito con il ricorso ai servizi
risulta essere positivo per l’81,3% degli intervistati e negativo per il 10,7%
dei soggetti.
Un dato molto importante da evidenziare riguarda la relazione tra il benessere conseguito con il trattamento e la fase del progetto terapeutico in
cui si collocavano i soggetti al momento dell’intervista. I soggetti in fase
19
La correlazione tra i punteggi grezzi dei due indici è pari a 0,261 ed è significativa al
livello 0,001. Si è utilizzata la procedura di Spearman, pensata per variabili ordinali che non
soddisfano l'assunto di linearità, e il metodo Listwise, che esclude dal calcolo delle correlazione i casi che presentano valori mancanti.
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valutativa dichiarano più frequentemente degli altri il miglioramento degli
aspetti connessi con l’autostima, il benessere psicologico e la fiducia nel
futuro. In merito alle altre dimensioni si rileva che i soggetti in alta evolutività percepiscono i cambiamenti in positivo da quando seguono il trattamento, mentre i soggetti in bassa evolutività ne percepiscono meno frequentemente i benefici, in tutti gli aspetti considerati; e non potrebbe essere
altrimenti, visto che vengono compresi in questa fase i soggetti per cui non
è ipotizzabile, al momento, un cambiamento volontario della condizione
tossicomanica.20.
Tab. 3 – Relazione tra la fase del programma terapeutico e il benessere conseguito con il
trattamento (% di colonna)
Fase valutativa
13,7
12,8
73,5
6
30
64
4,7
18,7
76,6
3,7
20,4
75,9
20,3
11,6
68,1
Totale
6,8
13,6
79,5
11,6
14,4
74,0
16,1
30,6
53,3
2,4
11,9
85,7
7,3
22,6
70,1
7
11,3
81,7
15,9
10,1
73,9
4,9
9,8
85,4
8,2
12,5
79,2
9,6
7,7
82,7
21,3
4,9
73,7
5,1
5,1
89,7
10,7
7,9
81,3
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21,8
78,2
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4,2
14,5
81,3
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Benessere psicologico
Negativo
Invariato
Positivo
Benessere relazionale
Negativo
Invariato
Positivo
Benessere materiale
Negativo
Invariato
Positivo
Benessere complessivo
Negativo
Invariato
Positivo
Fase del Programma terapeutico
Stabilizz. Bassa evo- Alta evolusintomo
lutività
tività
Le successive domande hanno riguardato, più nello specifico, il tema
della qualità dei servizi offerti dal Ser.T così come viene percepita dagli utenti (dom. 10, 11 e 12). Pur nella consapevolezza che la soddisfazione espressa dall’utente non coincide necessariamente con l’effettiva qualità della prestazione21, si è ritenuto comunque importante ascoltare la voce degli
20
Per la dimensione relazionale il test Chi2 è risultato significativo al livello 0,005, con
una forza pari a 0, 266. Per le restanti dimensioni la significatività è al livello 0,01.
21
Per gli approfondimenti relativi a tale tematica si vedano, tra gli altri, i contributi di
Bertin [1995], Altieri [2002], Giarelli [2002]. Se da un lato si può ritenere che i problemi di
ordine metodologico nella somministrazione del questionario siano limitati (cfr. Appendice
metodologica), resta ferma la possibilità che gli utenti non sempre hanno la competenza tecnica per valutare alcuni aspetti della qualità delle prestazioni e che possono essere condizionati nei giudizi dallo stato di subalternità o dipendenza psicologica dal servizio dato dalla
particolare condizione in cui si trovano.
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utenti in merito alla loro percezione dei servizi offerti al fine di valutare eventuali punti critici, pianificare azioni di miglioramento e verificare la
possibilità di stabilire i futuri obiettivi in maniera più mirata alle esigenze
dei propri utenti.
Il set di domande è stato strutturato in modo tale da comprendere, in un
approccio multidimensionale, quattro aree di soddisfazione dell’utenza corrispondenti ad altrettante dimensioni in cui è possibile scomporre il concetto di qualità dei servizi: organizzativa, ambientale, professionale, relazionale [Cipolla 2002]. Rispetto alla prima area, il questionario presentava una
serie di item riguardanti la facilità di contatto con gli operatori,
l’adeguatezza del tempo a disposizione per parlare dei propri problemi,
l’adeguatezza del numero di visite e colloqui proposto dagli operatori e la
soddisfazione circa gli orari di apertura, le informazioni in bacheca, il rispetto della riservatezza e i tempi di attesa. Sulla qualità ambientale sono
stati compresi degli item sulla soddisfazione dell’utenza rispetto ai parcheggi, agli spazi per l’attesa, ai locali, alla pulizia dei servizi igienici, e
sulla valutazione della garanzia dell’anonimato favorita dalla posizione del
servizio. La qualità professionale, costituita dai giudizi sulle competenze
professionali degli operatori e sulla capacità di intervenire nella risoluzione
del problema, ha compreso la valutazione dell’adeguatezza delle terapie rispetto all’abuso di sostanze, della personalizzazione degli interventi secondo le caratteristiche degli utenti e del grado di informazione rispetto alle
decisioni sui trattamenti. Infine, la qualità relazionale ha compreso il giudizio degli utenti sull’adeguatezza dell’accoglienza, sulla possibilità di risoluzione dei problemi di dipendenza da sostanze grazie al servizio e grazie
agli operatori, sulla sensazione di essere seguito nei momenti di difficoltà e
di essere compreso dagli operatori, sulla fiducia riposta in essi, e sulla congruità dell’aiuto ricevuto. A partire da questa suddivisione analitica,
l’analisi dei dati ha previsto inizialmente il calcolo dei valori di sintesi per
ogni singola domanda e per ogni area di soddisfazione, al fine di valutare
sia gli aspetti ritenuti più problematici dai soggetti sia degli indicatori generali di performance. Infine, si è costruito un indice sintetico in grado di riassumere tutte le informazioni ricavate da questa sezione del questionario e
valutare la soddisfazione complessiva degli utenti (tab. 4).
Tab. 4 – Misure di sintesi delle aree di qualità dei servizi
Casi validi
Media
Deviaz. standard
Percentili
25
50
75
Qualità ambientale
257
,64
,16
,55
,65
,75
Qualità professionale
281
,69
,18
,62
,69
,85
Qualità organizzativa
272
,69
,17
,61
,71
,79
Qualità relazionale
280
,71
,18
,60
,71
,86
Soddisf.
complessiva
245
,69
,15
,61
,71
,79
62
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Nel complesso, il livello di soddisfazione degli intervistati circa la qualità dei servizi offerti è buono su tutte le dimensioni individuate. I giudizi più
critici si riferiscono alla qualità ambientale; analizzando i singoli item
compresi in quest’area emerge che l’insoddisfazione maggiore si riferisce
al problema dei parcheggi, per i quali quasi la metà degli intervistati si dichiara molto insoddisfatto (27,7%) o insoddisfatto (18,9%). Questo dato è
influenzato dalla sede territoriale di riferimento22, in quanto gli utenti della
sede di Trento si ritengono molto più insoddisfatti rispetto agli utenti di
Rovereto e Riva del Garda (64,3% vs. 25,5% e 31,9%). A fronte di queste
risposte il dato oggettivo è che nessuna delle tre sedi dispone di parcheggi
rivolti esclusivamente all’utenza; la sede di Trento e di Riva del Garda
hanno nelle vicinanze (circa 200 mt.) parcheggi comunali non a pagamento,
mentre la sede di Rovereto non dispone di significativi parcheggi nelle vicinanze. Analoghe considerazioni possono essere fatte rispetto all’accordo
con l’affermazione “l’attuale posizione del Ser.T garantisce l’anonimato
degli utenti”, per la quale il 16,3% dei soggetti si ritiene in disaccordo: nella sede di Trento il disaccordo riguarda il 22% circa degli intervistati, percentuale che scende al 12% per gli utenti di Riva del Garda e al 10,7% per
gli utenti di Rovereto.
La qualità relazionale, all’opposto, rappresenta la dimensione che mostra le valutazioni migliori, con un valore medio e mediano dell’indice pari
a 0,71. In questa dimensione, l’item che presenta un livello di consensi più
elevato è il grado di fiducia riposto negli operatori (82,4% dei soggetti),
mentre l’affermazione sulla possibilità di risoluzione dei problemi di dipendenza da sostanze grazie al servizio presenta livelli di accordo inferiori
ma pur sempre al di sopra del 60%.
Si collocano in una fascia intermedia i giudizi espressi sulla dimensione
professionale e organizzativa, nelle quali si evidenzia una soddisfazione
maggiore rispetto alla personalizzazione degli interventi (oltre l’80% dei
soggetti ritiene che il Ser.T sia attento alle caratteristiche degli utenti nel
proporre il percorso terapeutico) e l’adeguatezza del numero di colloqui e
visite proposti dagli operatori (l’81,9% è soddisfatto di questo aspetto); gli
elementi, al contrario, più critici sono costituiti dagli orari di apertura e dalle informazioni in bacheca (rispettivamente, il 61% e il 50% circa dei soggetti se ne dichiara soddisfatto e il 16,1% e 36,5% né soddisfatto né insoddisfatto).
Il discorso sulla qualità dei servizi si approfondisce ulteriormente con
una lettura dei dati legata alla componente territoriale. Le tre sedi del Ser.T,
infatti, mostrano delle differenze significative, seppur ridotte, nei giudizi
degli utenti. La sede cittadina mostra delle valutazioni più critiche su tutte
22
Il test Chi2 è risultato significativo al livello 0,001; il coefficiente di contingenza mostra una relazione di media intensità, essendo pari a 0, 426.
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le aree di indagine, arrivando ad un livello di soddisfazione complessivo
inferiore alle due sedi periferiche, ma sempre superiore al 60%23 (tab. 5).
Tab. 5 – Misure di sintesi delle aree di qualità dei servizi distinte per sede
0,58
0,15
75
0,70
Rovereto
87
0,69
0,14
0,65
0,70
0,75
Riva del G.
45
0,71
0,15
0,65
0,70
0,78
Trento
141
0,65
0,19
0,54
0,69
0,77
Rovereto
94
0,74
0,16
0,62
0,77
0,84
Riva del G.
46
0,72
0,16
0,61
0,69
0,85
Trento
132
0,64
0,17
0,51
0,68
0,79
Rovereto
93
0,74
0,15
0,66
0,75
0,82
Riva del G.
47
0,73
0,17
0,64
0,75
0,86
Trento
138
0,68
0,19
0,57
0,71
0,82
Rovereto
94
0,76
0,16
0,68
0,79
0,89
Riva del G.
48
0,72
0,15
0,64
0,71
0,86
Trento
120
0,64
0,16
0,52
0,67
0,75
Rovereto
82
0,73
0,13
0,67
0,73
0,83
Riva del G.
43
0,73
0,13
0,64
0,72
0,83
us
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Soddisfazione
complessiva
125
ne
Q. relazionale
Trento
ns
Q. organizzativa
Quartili
50
0.60
25
0,50
ce
Q. professionale
Deviaz.
standard
re
Q. ambientale
Media
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Casi validi
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Se, infine, sembrano non esistere caratteristiche specifiche dell’utenza
che discriminino le valutazioni circa la qualità dei servizi degli intervistati,
tale potere discriminante è dato invece dal livello di benessere conseguito
dall’inizio del trattamento presso il Ser.T. La relazione è diretta, nel senso
che maggiore è la percezione del miglioramento della propria vita in seguito al ricorso al servizio, maggiore è la soddisfazione complessiva mostrata
dagli utenti (graf. 3) e migliori sono i giudizi circa i diversi aspetti della
qualità dei servizi considerati, ad eccezione delle valutazioni sugli aspetti
strutturali e logistici24.
23
L’analisi della varianza ha mostrato differenze statisticamente significative al livello
0,001 su ognuna delle 4 aree di indagine e sulla soddisfazione complessiva.
24
L’analisi della varianza ha mostrato differenze statisticamente significative (livello
0,001) per la dimensione professionale, relazionale e organizzativa, nelle quali lo scarto nei
giudizi sui servizi tra coloro che non hanno tratto beneficio dai trattamenti e tra coloro che
hanno conseguito un livello positivo di benessere supera i 20 punti percentuali. Per la dimensione ambientale le differenze non sono risultate significative e si attestano al di sotto
dei 10 punti percentuali.
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Graf. 3 – Rappresentazione in box-plot25 della relazione tra soddisfazione complessiva dei
servizi e benessere generale conseguito dai soggetti
1,00
Soddisfazione complessiva
0,80
0,60
234
0,40
218
233
Negativo
ne
0,20
Invariato
Positivo
____
iv
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Benessere generale
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3. L’indagine sugli operatori
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Se quelli descritti precedentemente sono i risultati ottenuti con le interviste ai soggetti che presentano personalmente problematiche connesse con
l’uso e abuso di sostanze psicoattive, l’obiettivo delle pagine che seguono è
quello di descrivere nel dettaglio atteggiamenti, opinioni e percezioni rispetto al mondo droga degli operatori del Ser.T. L’indagine ha, infatti, previsto la somministrazione del questionario anche agli operatori dei servizi
deputati alla diagnosi, cura e riabilitazione dei tossicodipendenti, al fine di
verificare le aree di omogeneità o disomogeneità, di concordanza o discordanza tra i due target di intervistati a livello di interpretazione del fenomeno droga e di valutazione dei servizi.
25
Il box plot è una rappresentazione grafica che consente di raffigurare la distribuzione
di un carattere quantitativo mettendone in evidenza la tendenza centrale, la variabilità e la
forma. Gli elementi in esso contenuti sono il valore mediano, cioè quello che divide in due
parti uguali la distribuzione ordinata di valori (evidenziato dalla riga nera al centro della
“scatola”), e il primo e terzo quartile della distribuzione (gli estremi della scatola). La lunghezza dei baffi indica il range della distribuzione, mentre i valori esterni agli stessi sono gli
outliers. Per maggiori approfondimenti si rimanda a Corposanto [2002].
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Gli operatori del Ser.T che hanno partecipato all’indagine sono 2726, per
oltre i due terzi di sesso femminile (18 operatori); 10 operatori hanno
un’età compresa tra i 31 e i 40 anni, solo 3 operatori hanno un’età inferiore
ai 31 anni, mentre la restante metà dei rispondenti ha più di 41 anni. Il
gruppo di intervistati comprende 6 medici, 6 psicologi, 7 assistenti sociali,
2 infermieri e 6 operatori con ruoli tecnico-amministrativi. La maggior parte di essi ha esperienze professionali nel campo della tossicodipendenza esclusivamente nel settore pubblico (19 operatori), che per oltre i due terzi
degli intervistati è inferiore ai 10 anni; 5 professionisti hanno invece avuto
anche esperienza nell’ambito del privato sociale, per la maggior parte al di
sotto dei 5 anni. Nel complesso, gli operatori si dichiarano né soddisfatti né
insoddisfatti rispetto alla professione svolta (51,9%), mentre sono 2 gli operatori che si ritengono poco soddisfatti e 11 coloro che si dichiarano molto
soddisfatti del proprio lavoro.
Rispetto alla consapevolezza delle sostanze che possono o meno essere
definite droghe, emerge in modo molto più netto ed evidente rispetto al
gruppo di utenti intervistati la dimensione istituzionale/legalistica della definizione di droga: gli operatori, infatti, rispondono all’unanimità che eroina, cocaina, amfetamine, Lsd, ecstasy, hashish/marijuana sono droghe,
mentre per le sostanze legali le risposte sono più eterogenee. La caffeina è
la sostanza che raccoglie una percentuale inferiore di consensi, in quanto i
professionisti che la ritengono una droga sono 9 (pari ad un terzo degli intervistati) mentre 5 si dichiarano incerti e 13 di essi non la ritengono una
droga. Segue la nicotina, considerata droga da 17 operatori, e l’alcol, da 25
di essi.
Rispetto agli utenti, dunque, gli operatori manifestano una maggiore aderenza a quella che è la definizione istituzionale di droga, visibile anche
sul piano del giudizio sulla pericolosità delle sostanze sulla salute e sulla
vita sociale delle persone: anche hashish e marijuana vengono all’unanimità
considerate droga dagli operatori mentre, come si è più sopra evidenziato,
per oltre il 20% degli utenti tale sostanza non va annoverata nell’elenco
delle droghe. Per l’alcol, al contrario, si confermano le osservazioni avanzate per gli utenti: una percentuale maggiore di operatori rispetto agli utenti
attribuisce alla sostanza lo status di droga, nonostante la sua legalità, e oltre
l’80% di essi gli attribuisce la capacità di determinare dipendenza e di avere effetti molto o moltissimo dannosi sulla salute e sulla sfera sociale degli
assuntori, al pari delle altre sostanze illegali.
26
Si rimanda al saggio curato da Rose Marie Callà per ulteriori considerazioni circa il
gruppo di operatori intervistati, che comprende anche gli operatori delle comunità terapeutiche convenzionate con l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento. L’esiguità del
gruppo di professionisti del Ser.T qui considerati, in totale 27 soggetti, invita ad una cauta
lettura dei risultati, soprattutto laddove tali risultati vengono descritti in termini percentuali
per favorire il confronto con altri target di intervistati.
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Proseguendo con l’analisi delle conseguenze dell’assunzione delle sostanze indicate sulla salute e sulla vita sociale delle persone, la caffeina si
conferma come la sostanza più innocua tra quelle indicate, aldilà del suo
potere di determinare dipendenza (riconosciuto da oltre la metà degli intervistati). Per quanto riguarda la nicotina, a fianco del riconoscimento dei
danni fisici (20 operatori ritengono che crei molti problemi sulla salute) e
della dipendenza creata dalla sostanza (21 operatori ritengono che sia in
grado di determinare dipendenza molto e moltissimo), se ne riconosce nel
contempo l’incapacità di creare danni dal punto di vista sociale: 20 operatori ritengono che sia poco dannosa per la sfera sociale, 5 che lo sia abbastanza e 2 molto, al contrario di quanto rilevato invece per l’alcol.
Per le restanti sostanze, a fianco della maggiore omogeneità delle risposte rilevata per le sostanze tradizionalmente intese come droghe pesanti, ossia cocaina ed eroina, per le quali oltre 24 professionisti riconoscono gli effetti in ogni ambito indicato, emerge una maggiore differenziazione delle
risposte per le sostanze ricreativo-sperimentali, ossia amfetamine, ecstasy
ed Lsd, soprattutto in merito alla capacità di determinare dipendenza.
Una dimensione nella quale la concordanza di orientamenti tra utenti e
operatori è notevole è quella riferita alle motivazioni per cui i soggetti iniziano ad usare sostanze stupefacenti. Gli operatori, infatti, hanno ben chiaro
che la spinta principale alla sperimentazione delle sostanze proviene, in
prima istanza, dalla ricerca del piacere e di emozioni, indicata come motivazione nel 17,3% delle risposte (a fronte del 16,6% delle risposte degli utenti); seguono le altre due componenti ludico/edonistiche della curiosità,
indicata nel 14,7% dei casi (vs. 13,9% degli utenti), della ricerca degli effetti attesi della sostanza (13,3% vs. 12% degli utenti) e del divertimento
(6,7% vs. 8,4% degli utenti). Le uniche differenze sostanziali si riscontrano
nell’ambito delle motivazioni riconducibili alla funzione di automedicazione/autocura assolta dalla droga e alla forza del contesto socio-ambientale e
amicale nel condizionare la sperimentare all’uso di sostanze: gli operatori,
infatti, hanno risposto in una quota inferiore agli utenti che l’uso di sostanze è motivato dalla solitudine (4 punti percentuali in meno), mentre viene
esaltata dagli operatori l’esigenza di socializzazione che in realtà gli utenti
non manifestano (16% vs. 5,2%).
Se dalle motivazioni all’accesso al mondo della droga si passa alle definizioni di tossicodipendenza, le distanze tra operatori ed utenti si amplificano. Innanzitutto, il questionario rivolto agli operatori ha previsto esplicitamente una domanda sulla definizione di tossicodipendenza (dom. 5); i
professionisti descrivono la tossicodipendenza prevalentemente come un
fenomeno multicausale (25 operatori su 27), come un problema psicologico
(24 operatori), e come un problema di ordine sociale (24 operatori). Solo 7
operatori si ritengono d’accordo nel definire la tossicodipendenza in chiave
strettamente biologica come una malattia del cervello, e le definizioni che
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caratterizzano la tossicodipendenza come problema di ordine pubblico e
come vizio trovano tra di essi un largo disaccordo.
Nella domanda 6 questa definizione di tossicodipendenza si specifica ulteriormente e viene a distanziarsi nettamente da quella degli utenti. Prevale,
negli operatori, una lettura in chiave di patologia della tossicodipendenza:
l’idea che questa condizione si associ ad un disturbo psichiatrico è presente
in oltre il 60% degli intervistati, e l’idea che si associ a disturbi di personalità è indicata da oltre il 74% degli intervistati. Queste cifre sono ben lontane dai risultati che si sono ottenuti dalle interviste agli utenti, nei quali queste componenti vengono invece negate, raccogliendo nelle classi di accordo
poco meno del 15% per il primo item e il 29% circa per il secondo. Anche
l’associazione della tossicodipendenza con una condizione di elevata sofferenza psicologica o con un desiderio irrefrenabile di assumere sostanze al di
sopra della propria volontà è molto più marcata negli operatori che non negli utenti, in quanto solo 2 di essi ritengono che queste caratteristiche si accompagnino solo a volte alla condizione tossicomanica, mentre 25 dichiarano che questi elementi siano spesso o sempre presenti nei tossicodipendenti. Sostanzialmente sovrapponibili sono le risposte che si rifanno ad
immagini stereotipe di tossicodipendente come criminale o come soggetto
immerso in condizioni di degrado, riconosciute l’una da meno di un quarto
degli intervistati di entrambi i gruppi, l’altra da una percentuale di soggetti
intorno al 40%.
In riferimento alle opinioni circa le strategie di azione nei confronti del
problema della droga e della tossicodipendenza, le aree di omogeneità delle
vision di utenti e operatori si uniscono ad aree di disomogeneità e di disaccordo. Rispetto a quello che più sopra si è definito orientamento alla prevenzione sono fondamentalmente sovrapponibili le opinioni dei due target
di intervistati rispetto alla posizione che le agenzie di socializzazione dovrebbero tenere rispetto alla prevenzione e all’educazione dei giovani e rispetto all’origine in ambito familiare dell’abuso di sostanze. Risultano invece discordanti le posizioni espresse circa la diffusione di informazioni sui
rischi collegati all’uso di droghe: gli operatori risultano molto più scettici
degli utenti circa la possibile correlazione tra aumento dell’informazione
sui rischi connessi all’uso di sostanze e risoluzione dei problemi connessi
con il loro abuso: solo 4 operatori si dichiarano d’accordo con tale affermazione (14,8%) contro il 36,7% degli utenti.
Osservazioni analoghe per l’orientamento alla repressione, sostanzialmente sovrapponibile tra i due target di intervistati, mentre per
l’orientamento permissivista la differenza più evidente è visibile nelle risposte degli intervistati alle domande che denotano la libertà di scelta degli
individui nel rapporto con le sostanze d’abuso: si nota, infatti, una contrarietà molto più elevata tra gli operatori, rispetto agli utenti, circa
l’affermazione che se un individuo assume droghe è affare suo (81% circa
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vs. 42% degli utenti) e che ognuno dovrebbe essere lasciato libero di assumere droga se non crea danno agli altri (70,4% vs. 40,2% degli utenti).
Queste osservazioni si specificano ulteriormente se si considera l’indice
sintetico descritto precedentemente che riassume le posizioni degli intervistati in merito all’antitesi repressivismo/permissivismo, ove si legge una
leggera prevalenza tra gli utenti di orientati all’autodeterminazione personale (33,3% vs. 14,8% degli operatori) e, al contrario, una maggiore tendenza degli operatori ad esprimersi in modo favorevole circa la repressione
del fenomeno (48,1% vs. 38,4% degli utenti) sebbene, come evidenziato in
apertura, il confronto debba essere letto con le dovute cautele.
L’ultima linea di indagine comune ad utenti ed operatori riguarda la
condivisione degli obiettivi dei programmi terapeutici erogati dal Ser.T.
Come si è accennato precedentemente, gli obiettivi indicati nel questionario
somministrato agli intervistati hanno fatto riferimento a due posizioni prevalenti nell’ambito della risoluzione della tossicodipendenza:
l’orientamento al superamento della condizione tossicomanica e
l’orientamento alla riduzione del danno.
L’indice di aspettativa sopra descritto mostra differenze rilevanti tra operatori e utenti: gli operatori, infatti, manifestano un orientamento decisamente mirato alla riduzione del danno, in quanto nessuno degli intervistati
ha espresso un orientamento prevalente verso la remissione completa della
malattia mentre ben 21 di essi (77,8%) si collocano nel polo opposto della
riduzione del danno e 6 operatori presentano un orientamento a cavallo tra
le due polarità. Al contrario, come si è visto più sopra, gli utenti orientati al
superamento della condizione tossicomanica rappresentano il 32,4% degli
intervistati, mentre gli orientati alla riduzione del danno costituiscono poco
più di un quarto dei soggetti.
Caratterizzando la lettura di questo indice con le risposte fornite dagli
intervistati alle singole domande, si nota come una piccola proporzione di
intervistati condividano pienamente l’obiettivo del superamento della tossicodipendenza (14,8%), mentre oltre il 47% di essi lo ritiene un obiettivo
poco o per nulla raggiungibile; questo risultato sembra essere ancora più
importante se viene confrontato con le risposte fornite dagli utenti, che ritengono condivisibile l’obiettivo per oltre il 60% dei casi e non condivisibile per il 16% dei casi. Sul versante opposto, quello della riduzione del danno, la domanda verso cui le differenze tra utenti e operatori si fanno più
marcate riguarda la riduzione dei rischi sanitari correlati all’uso di sostanze,
obiettivo condiviso pienamente da una proporzione maggiore di operatori
(85,1%) rispetto agli utenti (57,1%).
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4. Riflessioni conclusive
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L’ipotesi di partenza di questa ricerca era individuare gli elementi di
dissonanza nella vision della tossicodipendenza fra gli utenti del servizio e i
professionisti del settore con l’obiettivo di migliorare i canali di comunicazione fra questi due soggetti della relazione terapeutica.
L’analisi dei dati illustrati precedentemente nel dettaglio permette le seguenti riflessioni. Nel gruppo degli utenti c’è una sostanziale omogeneità
nella cultura della droga: non sono infatti state evidenziate differenze rilevanti e statisticamente significative né rispetto alle principali variabili socio-demografiche né rispetto allo stadio del cambiamento (alta e bassa evolutività). Il paziente-tipo identifica le droghe con le sostanze illegali con
l’eccezione dell’hashish e della marijuana, che sono viste come sostanze
pacificate” a cui attribuisce un basso grado di pericolosità. Utilizza le droghe per la ricerca del wellness globale: piacere, sensazioni appaganti, esperienze nuove e stimolanti. Considera la tossicodipendenza un problema interno all’individuo senza addossare particolari responsabilità alla società, a
cui richiede però una maggiore presenza nella prevenzione, intesa come informazione sulla pericolosità; è d’accordo nel punire con rigore lo spaccio
ma richiede una legislazione più tollerante verso i consumatori.
Non sono emerse differenze significative fra i pazienti “storici”, in carico cioè da molti anni, ed i pazienti “nuovi”, quelli cioè entrati in trattamento nell’anno. Considerato che il gruppo è costituito nella quasi totalità da
dipendenti da eroina, possiamo dire in conclusione che questa è la vision
prevalente dei pazienti che hanno sviluppato nel tempo una dipendenza patologica primaria da questa sostanza e che hanno scelto di essere seguiti
prevalentemente dal Ser.T. L’ipotesi è che una specifica sostanza possa selezionare nel tempo, in una popolazione di consumatori occasionali, i soggetti maggiormente adattivi, per i quali cioè essa rappresenta “la soluzione”
o una delle soluzioni possibili alle problematiche interiori. La successiva
appartenenza al gruppo dei tossicodipendenti, che si identifica con le specifiche ritualità di frequentazione e consumo, contribuisce nel tempo ad omogeneizzarne le culture della droga.
Altro aspetto interessante è che questi pazienti oggi rappresentano la
quasi totalità dell’utenza che richiede un trattamento al Ser.T pur rappresentando la minoranza della popolazione complessiva che fa uso di sostanze psicotrope27. Probabilmente l’anomalia di questo dato va ricercata nel
posizionamento, nell’immaginario collettivo, che il servizio per le tossicodipendenze ha conquistato nel tempo. Negli anni Ottanta l’emergenza droga era collegata prevalentemente all’eroina e l’allarme sociale ha indotto
27
Si veda, a tal proposito, la relazione sul fenomeno delle tossicodipendenze in Trentino
[CNR, Ser.T 2007].
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l’organizzazione socio-sanitaria a produrre ed immettere sul mercato un
prodotto: la cura della tossicodipendenza, pre-confezionata per rispondere
prevalentemente ai bisogni di sicurezza e controllo sociale ed alla sensazione di impotenza delle famiglie coinvolte nel problema. Il soggetto tossicodipendente è stato visto allora, in questo processo di pianificazione, come il
ricevente passivo di una soluzione normalizzante. Si sono creati i Ser.T ed
è stato dato ampio spazio alle comunità terapeutiche del privato sociale e a
queste due realtà, solo apparentemente in concorrenza, è stato dato il mandato di catturare i clienti e di somministrare una soluzione indifferenziata,
uguale per tutti i pazienti, perché in una cultura organizzativa orientata al
prodotto la differenziazione del cliente è irrilevante.
Il risultato di questo processo di marketing è che oggi, nell’immaginario
collettivo, il Ser.T e la comunità terapeutica rappresentano le strutture di
riferimento solo per la popolazione dei tossicodipendenti da eroina. Questo
modo di procedere, che si potrebbe definire “alla cieca”, ha comportato tuttavia grandi rischi di investimenti sbagliati e frustrazioni sul piano delle energie investite e delle risorse mobilizzate nella comprensione del problema
e nella valutazione dei risultati. Oggi, essendo i servizi più orientati ad analizzare i bisogni consapevoli ed inconsci dei pazienti, è importante contestualizzare i risultati di questa ricerca alla tipologia di riferimento e non
commettere l’errore di estendere la vision evidenziata a tutta la popolazione
dei tossicodipendenti.
Avere peraltro ben presente che un paziente accede ad un servizio non
per consumare il prodotto proposto ma per cercare una soluzione alla percezione che lui ha del suo problema è determinante per la differenziare
l’offerta e per facilitare l’incontro con i sui bisogni.
Il gruppo degli operatori evidenzia qualche discordanza con quanto è
emerso dalle risposte degli utenti; anche i professionisti del Ser.T descrivono la tossicodipendenza prevalentemente come un fenomeno multicausale e
come un problema psicologico interno all’individuo, anche se prevale una
lettura in chiave patologica della tossicodipendenza in quanto viene prevalentemente associata ad un disturbo psichiatrico e/o ad un disturbo di personalità. Nei confronti delle strategie di prevenzione gli operatori risultano
molto più scettici degli utenti circa la possibile correlazione tra aumento
dell’informazione sui rischi connessi all’uso di sostanze e riduzione dei
problemi connessi con il loro uso/abuso.
Per quanto riguarda gli obiettivi dei trattamenti gli operatori, a differenza degli utenti, manifestano un orientamento decisamente mirato alla riduzione del danno ed al miglioramento della qualità della vita, giudizio probabilmente influenzato dalla recidività della patologia e dalla lunga persistenza nel sintomo dei pazienti in trattamento.
In definitiva, però, possiamo dire che non ci sono grossi elementi di dissonanza fra gli utenti ed i professionisti del settore e che la relazione tera71
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peutica che intercorre fra questi due attori ha facilitato un’osmosi bidirezionale e una vision condivisa.
Per concludere, alcune considerazione sulla qualità percepita da parte
dell’utenza. Come detto precedentemente, il concetto di qualità del servizio
è stato scomposto nelle sue componenti: organizzativa, ambientale, professionale e relazionale. Pur con tutti i limiti di un’indagine di questo tipo, in
quanto gli operatori socio sanitari misurano il valore del servizio offerto
raffrontandolo alla sua corretta esecuzione dal punto di vista tecnico professionale, mentre gli utenti lo rapportano alla corrispondenza con le loro
aspettative, l’elemento che emerge è che una sede Ser.T di medie dimensioni, che segue cioè da 100 a 150 pazienti l’anno, riesce con maggior facilità a corrispondere alle esigenze di qualità espresse, mentre una sede che
segue in media più di 400 pazienti all’anno ha maggiori difficoltà in tal
senso. Infatti, pur essendo la struttura organizzativa, la composizione
dell’equipe curante e l’allocazione territoriale sostanzialmente omogenea in
tutte le sedi della provincia, il livello di soddisfazione percepito dall’utenza
si è rivelato più alto per le sedi di Rovereto e Riva del Garda rispetto alla
sede centrale di Trento.
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Le comunità terapeutiche: utenti e professionisti a
confronto
di Rose Marie Callà e Raffaele Lovaste1
1. Premessa
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A Trento, le sostanze stupefacenti fecero la loro comparsa negli anni
Sessanta, quando le prime lotte studentesche cominciavano a scuotere le
basi dell’assetto sociale e della “filosofia di vita” della comunità trentina.
I primi casi di tossicodipendenza conquistano velocemente gli onori della cronaca locale ed evidenziano come le famiglie, la classe politica ed i
servizi socio assistenziali fossero completamente impreparati ad affrontare
questa nuova realtà, anche se il fenomeno era arrivato con un certo ritardo
rispetto ad altre zone limitrofe dell’Italia. Il tessuto sociale del Trentino, in
questo periodo, era ancora fortemente centrato sulla famiglia, la parrocchia,
il lavoro, il volontariato e la montagna. La tossicodipendenza, ostentata nelle piazze da un numero sempre maggiore di ragazzi, genera un diffuso senso di insicurezza nella popolazione e, potremmo dire, una paralisi istituzionale in quanto non erano chiare le motivazioni che spingevano i giovani
verso le sostanze stupefacenti e soprattutto non si sapeva quali soluzioni
intraprendere per arginare un comportamento ritenuto pericoloso.
La risposta fu lasciata al volontariato cattolico.
Un gruppo di volontari fonda, in questo periodo, un’associazione per dare aiuto ai tossicodipendenti e dà il via a quello che successivamente sarà la
prima struttura del privato sociale per il contrasto della tossicodipendenza.
In brevissimo tempo la città e le valli sono investite in modo traumatico
dal problema e le prime morti per overdose da eroina sono vissute come il
simbolo inequivocabile ed allarmistico di un cambiamento generazionale
che aveva contagiato anche i giovani trentini.
Si comincia a parlare di “emergenza droga” e la Giunta Provinciale
commissiona alla facoltà di Sociologia dell’Università di Trento
1
Rose Marie Callà è l’autrice dei paragrafi 2 e 3; Raffaele Lovaste del paragrafo 1.
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un’indagine conoscitiva sui nuovi comportamenti sociali e sulle cause della
crisi nei comportamenti tradizionali giovanili.
Il fenomeno tossicodipendenza comunque fu sottovalutato e visto, in
questo primo periodo, come la generica espressione di un disagio giovanile.
Agli inizi degli anni ‘70 la diffusione delle droghe aveva già assunto
proporzioni allarmanti, il numero dei consumatori abituali era sensibilmente aumentato, l’eroina aveva occupato uno suo spazio, anche mediatico, e si
erano strutturati i canali per lo spaccio.
La sostanza era uscita rapidamente dai confini urbani della città di Trento per colonizzare le valli, soprattutto dove erano maggiormente presenti i
flussi turistici provenienti dalle grandi città.
La crescente diffusione di una criminalità minore, collegata al piccolo
spaccio, produce un forte allarme sociale e la convinzione che l’unica strada praticabile, per porre un argine al dilagare della droga, fosse la repressione.
I volontari, impegnati nel sociale, cercarono un diverso approccio al fenomeno della tossicodipendenza giovanile con l’obiettivo di superare la
semplice risposta repressiva ritenuta non esaustiva e mettere in piedi un
minimo programma assistenziale a favore di queste persone in evidente stato di sofferenza.
Nell’autunno del 1977 nasce la prima comunità terapeutica in trentino
per il recupero di tossicodipendenti.
Nel 1983 con la L.P. n. 34 venivano recepite a livello locale le indicazioni legislative contenute nella legge quadro 685 del 1975. Tale legge, oltre a definire il principio giuridico della non punibilità del consumo personale delle sostanze stupefacenti definiva, per la prima volta, una normativa
di settore e prevedeva l’istituzione dei Centri Medici di Assistenza Sociale
(CMAS) quali strutture deputate al contrasto del fenomeno tossicodipendenza.
La Provincia Autonoma di Trento istituisce il CMAS attribuendo forma
istituzionale ad una associazione del privato sociale, che di fatto dall’aprile
1977 con la deliberazione della Giunta n. 2289, svolgeva i compiti previsti
dalla legge 685.
Il modello di intervento di riferimento è la comunità terapeutica che si
pone come spazio “sano” in contrapposizione alla “società malata” che sta
fuori e che risponde solo con azioni repressive ritenute non adeguate.
La tossicodipendenza quindi, secondo la visione prevalente di quel momento storico, è un problema interno al soggetto, frutto di una crescita psicologica errata in un contesto sociale che non aiuta e può essere superata
attraverso un percorso terapeutico di tipo psicanalitico che prevede una fase
di dipendenza misurata e transitoria dalla comunità terapeutica.
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Dopo questa prima fase vengono aperte numerose comunità terapeutiche
sia su spinta del volontariato trentino sia su spinta di associazioni nazionali
del privato sociale.
Negli anni Ottanta, la diffusione dell’AIDS impone l’apertura di una casa alloggio finalizzata all’assistenza dei malati non autosufficienti,
all’epoca prevalentemente tossicodipendenti.
Negli anni Novanta prende avvio un lento ma progressivo processo di
trasformazione: vengono istituiti i Ser.T; la popolazione dei tossicodipendenti ricerca l’uso compatibile delle sostanze con la vita relazionale, sociale
e lavorativa; si struttura il concetto, precedentemente solo abbozzato, di
tossicodipendenza come malattia cronica ad andamento recidivante da trattare in ambiente specialistico e decade l’obiettivo generalizzato della guarigione sostituito dalla ricerca, in ogni singolo caso, della massima condizione di benessere possibile.
Anche le comunità terapeutiche trentine, in conformità con quanto documentato nel resto dell’Italia, accusano un progressivo calo di utenti per
cui diventa prioritario un ripensamento complessivo della rete assistenziale.
Attualmente il privato sociale in Trentino comprende quattro comunità
terapeutiche convenzionate con l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari
e due strutture iscritte all’albo ma non convenzionate.
L’assetto organizzativo della rete assistenziale convenzionata è regolato
dalla deliberazione della Giunta Provinciale n. 1792 del 25/07/2003 che
classifica le strutture presenti nel territorio sulla base di un duplice criterio:
la specificità rispetto al grado di evolutività dell’utenza e la possibilità o
meno di accogliere pazienti con comorbilità psichiatrica.
Per quanto riguarda il primo criterio si è arrivati alla condivisione fra gli
operatori del settore, di suddividere i pazienti in due categorie distinte:
• ad alta evolutività, per i quali cioè è ipotizzabile, nel breve periodo,
un cambiamento volontario dalla condizione di tossicodipendenza;
• a bassa evolutività, per i quali tale processo non è ipotizzabile nel
breve periodo, a causa di problemi psichiatrici associati, problemi di personalità e/o condizione sociale particolarmente compromessa o a causa della
totale assenza di riconoscimento del problema.
Per i primi l'obiettivo terapeutico è finalizzato al superamento della condizione di tossicodipendenza attraverso gli stadi del cambiamento volontario, ossia la stabilizzazione del sintomo, l'induzione del cambiamento, la
gestione del cambiamento e l'eventuale gestione delle ricadute. Per i secondi i progetti terapeutici sono finalizzati al miglioramento della qualità della
vita, alla riduzione delle attività illegali, alla riduzione del rischio di overdose, alla riduzione dei comportamenti a rischio e, infine, all’aumento dell'attività lavorativa.
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2. I risultati dell’indagine
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Prima di illustrare i dati risultanti dalla somministrazione dei questionari, si forniscono brevemente alcune informazioni socio-demografiche degli
utenti e professionisti delle Comunità Terapeutiche partecipanti
all’indagine2.
Tutti i 50 soggetti ospitati nelle tre comunità convenzionate nel periodo
di somministrazione del questionario (marzo-giugno 2007), hanno partecipato alla ricerca. Dalla Relazione Provinciale sul Fenomeno delle Dipendenze sul Territorio della Provincia Autonoma di Trento del 2006, si evince
che la maggior parte degli utenti coinvolti nell’indagine è stata inviata nelle
strutture da servizi afferenti alla Azienda Sanitaria della provincia di Trento
ed in particolare dal Servizio Ser.T3 [AA.VV 2007b]. La stessa provenienza
dei soggetti rispondenti è provinciale: il 77% infatti risiede in provincia.
Coerentemente con le caratteristiche di diffusione del fenomeno nella
popolazione in generale e con le caratteristiche dell’utenza afferente al
Ser.T, il collettivo di riferimento è per la maggior parte di genere maschile
(80,4%).
L’età media rilevata è pari a 35 anni, con la fascia di età più rappresentata che va dai 26 ai 30 anni. Circa il 72% dei soggetti risulta celibe/nubile,
un 15% divorziato e/o separato, e il 36% circa ha dei figli.
Come rilevato nella Relazione Annuale al Parlamento sulle tossicodipendenze [AA.VV. 2007a], le condizioni socio-economiche dichiarate dai
soggetti in struttura sono prevalentemente disagiate4: circa la metà degli utenti rispondenti ha conseguito un titolo di studio “basso” (46,8)5, e la condizione economica personale percepita risulta essere per la maggiore parte
degli utenti “bassa” (79,5%), come anche quella relativa alla famiglia di origine (circa il 40%).
La sostanza primaria a causa della quale la maggior parte degli utenti ha
richiesto l’inserimento in struttura è l’eroina [AA.VV. 2007a, AA.VV.
2
Se per il gruppo di utenti verranno illustrate le risposte fornite a tutte le domande presenti nel questionario, per il gruppo di operatori si descriveranno solo le risposte fornite a
quelle domande “comuni” a tutti i target di soggetti coinvolti nella ricerca. Si rimanda al
capitolo specifico per l’illustrazione di tutte le altre risposte fornite dai professionisti coinvolti nell’indagine.
3
Nel 2006, la percentuale dei soggetti inviati dai servizi afferenti alla Azienda Sanitaria
della Provincia autonoma di Trento sul totale delle presenze era pari al 88%, di cui il 62%
inviato dal Servizio Ser.T provinciale.
4
Le condizioni socio-economiche disagiate degli utenti presso strutture sono rilevate
anche in altre indagini svolte a livello nazionale [p.es.: Dal Cengio 1991; Bezzan 1997; Guidicini 1997].
5
Il titolo di studio è stato così ri-codificato: “livello di studio basso”: nessuno, elementare, diploma di scuola media; “livello di studio medio”: corso formazione professionale; “livello di studio alto”: diploma di scuola superiore, diploma di laurea, laurea.
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2007b, AA.VV. 2007c]. La quasi totalità dei soggetti ospitati presso le strutture è di nazionalità italiana [AA.VV. 2007b] 6.
Per quanto riguarda gli operatori, sono stati 31 quelli che hanno partecipato all’indagine su un totale di 32 operatori e 4 responsabili, impiegati nelle strutture nel periodo di indagine. In particolare, le figure coinvolte sono
state: 23 operatori di comunità, 2 operatori tecnici, 2 educatori, uno psicologo, un medico e un responsabile. Il 69% degli operatori è donna, di giovane età: il 50%, infatti, ha tra il 20 e i 30 anni e il 61% ha una breve esperienza nel campo (da 1 a 5 anni). Il 90,6% degli operatori non ha avuto alcuna esperienza nell’ambito del servizio pubblico.
Si può ipotizzare una così larga partecipazione all’indagine da parte di
utenti e di operatori in ragione dello stretto, quotidiano rapporto che si instaura nelle strutture residenziali tra queste due figure e della loro reciproca
influenza [Dal Cengio 1991].
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2.1 La consapevolezza sulle droghe, la percezione del rischio, le conseguenze reali
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Si analizzeranno di seguito le risposte fornite dagli utenti e dagli operatori alle domande del questionario tese ad indagare il livello di consapevolezza inerente la tossicità, l’identificazione delle sostanze come droghe e la
percezione del rischio connesso al loro consumo. Percepire una sostanza
come “droga” ed essere in grado di valutare i rischi che corrono a seguito
del loro consumo, rendono il soggetto consapevole e forse maggiormente
predisposto verso il cambiamento e maggiormente vincolato al progetto terapeutico.
Rispetto alla domanda “Le sostanze elencate sono droghe?”, sottolineiamo innanzitutto come la maggiore parte degli utenti rispondenti indichi
“sì è una droga” per tutte le sostanze elencate. Unica eccezione rilevata è
quella relativa alla “caffeina” per la quale “solo” il 40% del collettivo la indica come droga.
Si rilevano differenze di percentuale nelle risposte affermative tra le
droghe cosiddette “pesanti” - che vengono indicate come droghe dalla quasi
totalità dei rispondenti - (eroina: 96%, cocaina: 98%), e le droghe cosiddette “leggere” - per le quali le risposte affermative, pur essendo la maggior
6
Per quanto riguarda il luogo di convivenza e la modalità di convivenza, il collettivo di
utenti ha risposto in modo disomogeneo: alcuni soggetti hanno, infatti, risposto alle domande pensandosi nella situazione “precedente” all’entrata nella Comunità Terapeutica, mentre
altri hanno risposto pensandosi nella situazione “attuale” di ospiti della comunità. Per questo
motivo è stato ritenuto opportuno non esplicitare i risultati dei questionari nel corpo del testo.
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parte, risultano inferiori alle precedenti - (cannabinoidi: 84%) e, in modo
ancor più significativo, con le droghe cosiddette “legali” - con percentuali
di risposta affermative ancora inferiori - (alcol: 74%; nicotina: 60%).
A conferma di quanto appena descritto, si rileva che l’“indice di consapevolezza”7, costruito per verificare le rappresentazioni su ciò che è o non è
considerato droga da parte del gruppo di rispondenti, indica come un terzo
dei soggetti rispondenti (32%, corrispondente a 16 soggetti) consideri “droghe” tutte le sostanze elencate. Solo un quinto dei soggetti, invece, afferma
che alcol, nicotina e caffeina non sono droghe. Netta invece la consapevolezza rispetto alle droghe illegali: 41 soggetti su 50 affermano che tali sostanze sono droghe.
Il gruppo degli operatori a questa domanda risponde con percentuali ancora più elevate per tutte le sostanze: l’eroina, la cocaina e le amfetamine,
Lsd ed ecstasy sono considerate “droghe” dalla totalità dei soggetti, seguono i cannabici con il 97% e l’alcol con il 94%. La nicotina si discosta con
una percentuale pari al 75,8%.
Coerentemente a questo primo livello di consapevolezza rileviamo, sia
per gli utenti delle comunità, sia per gli operatori delle stesse strutture, una
significativa percezione della dannosità delle sostanze elencate con una serie di distinzioni che si riportano sinteticamente di seguito.
Analizzando infatti le risposte degli utenti fornite alla domanda “Secondo Lei, quali sono le conseguenze derivanti dal consumo delle seguenti sostanze? È dannosa per la salute”, sommando le risposte percentuali di “molto” e “moltissimo”, rileviamo un’alta percezione del rischio per quanto riguarda eroina (83%), cocaina (84%), amfetamine (79%), Lsd (91%)8 ed
ecstasy (87%). Risulta di poco inferiore la dannosità percepita per l’alcol
(72%). Si rileva invece una medio-bassa e bassa dannosità percepita per nicotina e cannabici (38,3% la prima e 29,8% la seconda).
Rispetto alla cannabis si sottolinea come circa il 50% dei soggetti afferma che essi sono “poco/per nulla” dannosi per la salute. Il dato appare
ancora più significativo se confrontato con le risposte relative alla percezione di dannosità della nicotina: circa il 40% degli utenti afferma infatti
che tale sostanza è “molto/moltissimo” dannosa. Sostanzialmente, i cannabinoidi risultano essere per molti utenti rispondenti una droga, per il 60% di
essi una droga dannosa, mentre la nicotina risulta essere per pochi rispondenti una droga, ma per molti, tuttavia, una sostanza dannosa per la salute.
Ritroviamo qui l’effetto da un lato della forte campagna di sensibilizzazione anti-fumo e dall’altro quella spaccatura della società di tipo culturale,
7
Indice additivo che somma le sostanze riconosciute come droghe dai rispondenti (dom.
1); il campo di variazione è dunque da 0 a 9.
8
Tra le sostanze elencate Lsd è quella considerata più dannosa, probabilmente perché
percepita come la meno controllabile nei suoi effetti.
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ma anche scientifico e, dunque, giudiziario, rispetto al consumo e alla tossicità dei cannabinoidi.
Anche per gli operatori della comunità, cosi come per gli utenti, la cannabis è considerata meno dannosa della nicotina: 48,5% della cannabis vs
66,6% della nicotina.
Rispetto alla capacità delle sostanze elencate di determinare dipendenza,
sommando le percentuali delle categorie di risposta “molto” e “moltissimo”
rileviamo che l’eroina si attesta al 93,8%, la cocaina al 89,6%, l’ecstasy al
69,6%, l’alcol al 79,2%. I rispondenti associano la dipendenza anche a sostanze che non provocano una vera e propria dipendenza così come definita
dal DSM IV [APA 1994]: la percentuale relativa all’Lsd, per esempio, è pari al 69,6%. L’unica sostanza che non viene associata alla dipendenza in
modo significativo è la cannabis con il 31,9% ottenuto dalla somma delle
risposte “molto” e “moltissimo”.
Anche per questa domanda le percentuali di consenso degli operatori risultano più elevate rispetto a quelle rilevate per gli utenti, sia per quanto riguarda le droghe “pesanti” (per es. eroina 100%, cocaina 100%), sia per
quelle “leggere” (cannabinoidi 51,5%), e sia infine per la nicotina e per
l’alcol (90,9%, 93,7%). Risultano inferiori, invece, per le sostanze allucinogene e la caffeina.
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Alla domanda “Secondo Lei le seguenti sostanze causano problemi nelle
vita delle persone (in famiglia, sul lavoro, legali…)?” si rileva che gli utenti
delle comunità hanno un’alta consapevolezza rispetto alla possibilità di dover affrontare conseguenze problematiche sociali, legali, in seguito all’uso
di sostanze. Sempre sommando le categoria di risposta “molto” e “moltissimo” rileviamo le seguenti percentuali: eroina, 95,6%; 85,5% cocaina,
83% ecstasy, 72,3% alcol.
Per quanto riguarda gli operatori rispetto a questa domanda relativa alla
consapevolezza delle conseguenze derivanti dall’abuso delle sostanze stupefacenti, rileviamo ancora una volta come la percezione sia più marcata su
tutte le sostanze, eccezion fatta per la nicotina e la caffeina per le quali le
percentuali sono inferiori rispetto a quelle rilevate per gli utenti.
Quindi anche su questa dimensione, operatori e utenti viaggiano sulla
stessa lunghezza d’onda, ma a velocità diverse.
Rispetto alle possibili conseguenze legali dovute al consumo di cannabici è bene fare alcune puntualizzazioni. Sulla “sorte giuridica” dei cannabinoidi esiste – a livello nazionale ed internazionale – un vivace dibattito.
Nonostante l’esistenza di approcci giuridici diversi tra gli stati membri in
Europa e nonostante in Europa il numero dei reati collegati a tale sostanza
continui a crescere, è possibile individuare una tendenza generale allo sviluppo di misure punitive alternative alla carcerazione per i casi di detenzione e uso di piccole quantità di cannabis a scopo personale in assenza di ag81
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gravanti (ammenda, cauzioni, libertà vigilata, esenzione pena) [AA.VV.
2007c].
Queste convergenze tra operatori e utenti della comunità anche nella
pseudo trasgressione della valutazione-percezione rispetto ai cannabici, può
avere valenze positive se consideriamo valida l’immagine dell’operatore di
comunità “moderato”, “controllato”, ma anche dotato di una certa aconvenzionalità. Le strutture residenziali con più difficoltà possono costruire e mantenere un setting classico, rigido e formale proprio per quella serie
di momenti informali che utenti e operatori vivono quotidianamente. Per
mantenere una certa autorevolezza, l’operatore della comunità deve comunque essere diverso dalla famiglia, dalla società, dai servizi pubblici per
le tossicodipendenze, percepiti spesso dal soggetto-utente come entità distanti, da cui si è rifiutati o che si rifiuta [Giannantonio e Zanusso 1998].
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Agli utenti è stato chiesto anche se e quanto spesso hanno dovuto affrontare conseguenze problematiche derivanti dal consumo di sostanze. Alla domanda “Si è mai trovato in una delle seguenti situazioni in seguito
all’abuso di sostanze stupefacenti?” il 75% degli utenti riferisce di aver avuto spesso problemi legali e il 62,5% degli utenti è stato spesso coinvolto
in incidenti d’auto. Inoltre, l’83,6% dichiara di aver avuto problemi fisici.
Per quanto riguarda i problemi riscontrati sul lavoro sono stati affrontati
dal 78,7%, mentre per quelli di tipo relazionale (con il partner e con i familiari) il 77,1% dei soggetti dichiara di averli affrontati “spesso” (52,1%) e/o
“sempre” (25%).
Per l’analisi delle risposte è stato costruito un indice additivo che varia
da 0 a 9 per misurare il grado di conseguenze dovuto all’uso di sostanze da
parte dei soggetti appartenenti alla comunità. Si rileva che 11 soggetti
(22%) hanno avuto 8 problemi sui 9 elencati, 9 soggetti (18%) hanno avuto
tutti e 9 i problemi elencati e 1 soggetto (2%) non ne ha subito neanche uno. La media dei problemi è tra il 6,7 (mediana: 7; moda: 8). Quindi, sia
dall’analisi delle frequenze, sia dalla ri-codifica del suddetto indice additivo
possiamo affermare come i soggetti della comunità hanno affrontato un “alto” livello di conseguenze dovute all’abuso di sostanze stupefacenti.
Incrociando queste informazioni con alcune variabili sociodemografiche, rileviamo inoltre come i maschi rispetto alle femmine (65,6
vs 37,5%), coloro che possiedono “titolo di studio basso” rispetto a coloro
che possiedono un “titolo alto” (63,6% vs 57,9%) e coloro che sono più anziani rispetto ai più giovani (66,7% vs 50%) hanno subito maggiori conseguenze negative derivanti dall’uso di droga.
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2.2 Perché lo fai?
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Alla domanda “Perché le persone sperimentano droghe?” gli utenti scelgono con maggiore frequenza le risposte relative alle situazioni problematiche dell’esistere: problemi familiari, problemi lavorativi, la solitudine, ecc.,
che agevolerebbero l’uso di sostanze, in linea con quell’idea di consumo
che risponde ad una esigenza compensativa rispetti a disarmonie affettive,
dove dunque la droga – e in particolare l’eroina – è contenitore delle angosce e sostegno per sopportare-sedare le frustrazioni [Dal Cengio 1991, Bezzan et al. 1997, Guidicini 1996].
Attraverso l’uso della sostanza si sopperisce alla sensazione di inadeguatezza al mondo circostante sempre più incerto e inafferrabile [Bauman
2006] per creare un ambiente protetto e circoscritto definito da regole chiare e (percepite come) controllabili [Galimberti 2007]. Un antidoto a quel
futuro che da “promessa si converte in minaccia” [Schimt 2004].
Prevalgono, inoltre, le motivazioni personali (80,9% delle risposte) piuttosto che le “ragioni sociali” (19,1%), confermando il completo distacco sia
da quel consumo di droga tipico degli anni Settanta che esplicitava un grido
di contestazione verso un sistema sociale, economico e politico percepito
come ingiusto, sia dal consumo degli anni Ottanta, imitativo, modaiolo e
glamour sotto l’effetto pseudo ottundente delle pressioni esercitate dal
gruppo dei pari [Salvini et al. 2002].
Per quanto riguarda gli operatori, rispetto a questa domanda, le motivazioni che invece prevalgono sono quelle strumentali: per la ricerca di emozioni, per gli effetti attesi.
Gli operatori dunque sembrerebbero condividere una interpretazione più
recente delle motivazioni che spingono all’uso di sostanza: ossia la droga
che diviene “bene di consumo”, consumata appunto sulla base di logiche
economico-razionali.
2.3 Tossicodipendenza: cosa è?
L’obiettivo sotteso alla domanda “Secondo Lei la tossicodipendenza è
associata a” era quello di indagare se i due gruppi di soggetti intervistati si
avvicinavano - e quanto - alla definizione di tossicodipendenza enunciata
nel DSM IV, alla definizione dell’OEDT, e alle diverse tipologie di tossicodipendenza formulate da Cancrini.
Il DSM IV definisce la dipendenza da sostanza sulla base della presenza
a) del desiderio e necessità compulsiva di continuare ad assumere la sostanza e ad ottenerla a qualunque mezzo, b) della tendenza ad aumentare la dose, c) dalla dipendenza fisica e psicologica e infine d) dalla azione determinata sull’individuo e sulla società [APA 1994]. L’OEDT definisce invece il
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tossicodipendente “una persona che esperisce problemi sociali, psicologici,
e legali relativi alla intossicazione e/o al consumo eccessivo e regolare e/o
alla dipendenza come una conseguenza di questo suo uso di droghe o sostanze chimiche”.
Le tipologie di tossicodipendenza di Cancrini, infine, corrispondono a
quattro aree fondamentali del disagio psichico e sociale: tipologia traumatica (area delle reazioni e dei disturbi di adattamento), tipologia attuale
(comprendente un disagio dell’area delle nevrosi), tipologia transizione
(presente in individui con un disagio nell’area delle situazioni limite e delle
psicosi), e infine tipologia sociopatica (comprendente le tossicomanie appartenenti all’area delle problematiche sociali e familiari) [Cancrini 1994].
Si sono analizzate e confrontate la somma delle percentuali di risposta
delle categorie “quasi sempre” e “spesso” e la somma delle percentuali di
risposta delle categorie “raramente” e “mai”, sia per gli utenti e sia per gli
operatori (tab. 1).
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Tab. 1 – Distribuzione delle frequenze relative alla domanda “Secondo Lei la tossicodipendenza è associata a” – Soggetti rispondenti: utenti e operatori delle Comunità Terapeutiche
Raramente/
Mai
-
20,9
72,7
-
14,3
21,2
-
27,1
14,6
36,3
-
25,5
16,3
27,1
35,5
14,9
30,6
12,5
12,5
15,2
48,5
18,2
24,3
6,1
3,0
6,0
24,5
12,2
9,1
-
27,7
14,9
9,1
6,0
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Raramente/
Mai
24,4
Operatori
Quasi sempre/
spesso
34,4
41,7
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30,6
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Un desiderio irrefrenabile di
assumere la sostanza
Un elevato grado di sofferenza psicologica
Una difficoltà di mantenere
gli impegni
Una compromissione dei rapporti familiari
Un degrado sociale
Un disturbo psichiatrico
Un disturbo della personalità
Un trauma psicologico nella
storia personale
Una crisi importante nella
relazione genitoriale
Un reato correlato e atti di
devianza
io
Utenti
Quasi sempre/
spesso
34,7
Dalla tab. 1 si evince come la maggiore discordanza tra i due gruppi si
rileva per la risposta “un elevato grado di sofferenza psicologica” dove le
categorie “quasi sempre e spesso” raggiungono il 72,7% per gli operatori a
fronte del 41,7% degli utenti. Sempre per gli utenti su questa affermazione,
si rileva che circa il 21% risponde “raramente, mai”. Da un lato emerge la
percezione da parte degli operatori di una sofferenza che invece non sembra
essere provata o riconosciuta dagli utenti e l’indiretta percezione, contem84
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poraneamente, dell’utilità del lavoro svolto da parte dei professionisti e la
possibilità, invece, di riuscire a cavarsela anche senza questo intervento da
parte degli utenti. Ciò sembrerebbe confermato anche da un 24,4% di utenti
il quale afferma che “raramente e mai” la tossicodipendenza è associata ad
un desiderio irrefrenabile di assumere la sostanza.
L’altra differenza fra i due gruppi degna di nota si rileva
nell’affermazione sulla base della quale la tossicodipendenza è associata ad
“un disturbo psichiatrico” che vede il 48,5% degli operatori favorevoli e un
6,1% sfavorevoli, contro il 16,3% degli utenti favorevoli e un 30,6% sfavorevoli.
Infine rileviamo come la tossicodipendenza venga associata ad “una
compromissione dei rapporti familiari” con il 36% degli operatori favorevoli ad “una crisi importante nella relazione genitoriale” per il 27,1% degli
utenti favorevoli. Ciò mette in evidenza come per entrambi i target, sia per
esperienza personale, sia per formazione professionale, affrontare la questione della tossicodipendenza solo dal punto di vista del soggetto tossicodipendente risulti essere un errore teorico che conduce ad azioni terapeutiche inefficaci [Giannantonio 1998]. La letteratura a questo proposito fornisce ampio spazio, e dunque importanza, all’analisi del sistema familiare nel
quale i soggetti tossicodipendenti sono (stati) coinvolti.
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2.4 Droga: che fare?
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È stato chiesto ai due gruppi di soggetti di esprimere il loro grado di accordo rispetto ad una serie di affermazioni riconducibili a tre orientamenti
attraverso i quali leggere e affrontare la tossicodipendenza. Descriviamo
sinteticamente tali orientamenti:
- un orientamento di tipo “liberale-permissivo” che lascia alla libertà
individuale la scelta di fare o non fare uso di sostanze stupefacenti.
Il consumo, dunque, come componente dell’autonomia personale;
- un atteggiamento di tipo “proibizionista-repressivo” che individua
nelle restrizioni normative la via da percorrere per risolvere il problema “droga”;
- un atteggiamento di tipo “preventivo” che ripone una significativa
importanza sulle dinamiche sociali e familiari nell’eziologia della
tossicodipendenza e che dunque ritiene necessario operare su di esse
per controllare ed eliminare il fenomeno stesso.
Per quanto riguarda l’orientamento preventivo, sommando le risposte
“del tutto” e “molto d’accordo” si rileva che il 68% degli utenti crede che
sia “responsabilità della scuola e della famiglia educare i giovani sulle droghe”, mentre la percentuale degli operatori si attesta sulla stessa affermazione al 97%; sommando le risposte “per niente” e “poco d’accordo” il
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64% degli utenti risulta non essere d’accordo con una visione “autarchica”
del consumo di droghe e dei problemi che da esso ne derivano -“se le persone assumono droghe è affare loro”-, mentre gli operatori raggiungono la
percentuale del 90,9%. Sempre sulla stessa linea rileviamo come l’83,7%
degli utenti non è d’accordo con l’affermazione che “la maggior parte dei
consumatori è in grado di auto-limitare il consumo” e il 52% non è
d’accordo nel dichiarare che “ognuno dovrebbe essere lasciato libero di assumere sostanze purché non crei problemi agli altri”. Le percentuali più elevate raggiunte dagli operatori su queste affermazioni è per la prima affermazione per il 93,9% e raggiunge il 97% per la seconda. Per quanto riguarda il rapporto normativa e sostanze stupefacenti e dunque il grado di
condivisione di un orientamento di tipo preventivo, l’80,8% degli utenti
non è d’accordo rispetto alla affermazione “solo le sostanze illegali costituiscono un problema”, gli operatori ancora una volta raggiungono una percentuale più elevata sulla stessa affermazione raggiungendo il 97%. Infine,
per quanto riguarda l’aspetto cosiddetto repressivo rileviamo come il 56%
degli utenti non sia d’accordo con l’affermazione “tutte le sostanze legali e
illegali sono dannose, perciò occorre proibirne l’uso”, mentre per la stessa
affermazione gli operatori in disaccordo raggiungono il 66%.
Per un ulteriore approfondimento di queste considerazioni sono stati costruiti tre indici additivi facenti capo ai tre orientamenti sopra delineati9, ricodificati in un livello “basso”, “medio” e “alto”.
Per quanto riguarda il primo indice, quello relativo ad un orientamento
di tipo liberista, gli utenti della comunità si posizionano prevalentemente
nel livello “basso” (68%).
Per quanto riguarda l’indice relativo all’orientamento repressivo gli utenti si distribuiscono nel livello basso (43%) o medio (40%). Infine, per
quanto riguarda l’orientamento di tipo preventivo, la maggior parte degli
utenti della comunità si posiziona nel livello medio (48%)-alto(30%).
Operando un rapido confronto tra gli utenti della comunità e gli utenti
del Servizio Ser.T, si evince che l’orientamento prevalente tra i due sia
quello relativo alla prevenzione ed è più alto negli utenti che sono ospitati
presso le strutture residenziali. Anche per quanto riguarda l’orientamento
repressivo è più alto negli utenti delle comunità rispetto agli utenti del
Ser.T, mentre - al contrario - l’orientamento liberista è più elevato nei soggetti Ser.T.
Sembra emergere in questi orientamenti una certa coerenza tra scelta residenziale con l’esigenza di un luogo che riabilita, che accoglie, che protegge, che previene, diversa dunque dalla scelta del Servizio pubblico, coe-
9
Si rimanda all’appendice metodologica per l’approfondimento sulle modalità di costruzione degli indice esposti d’ora in avanti.
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rente con l’esigenza di una struttura con la quale i soggetti instaurano una
relazione più libera ma anche più impersonale e asettica.
Tab. 2 – Valori medi degli orientamenti degli utenti della comunità e degli utenti del Ser.T
Comunità
Ser.T
Repressione
5,78
4,72
Prevenzione
6,78
6,52
Liberismo
5,56
6,08
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ne
Incrociando le diverse tipologie di orientamento con alcune caratteristiche socio-demografiche si rileva che in comunità sono soprattutto coloro
che possiedono un titolo di studio alto (48%), i più giovani (60%) e le donne (56%) che non condividono un orientamento di tipo repressivo, mentre
coloro che accettano in modo significativo l’orientamento liberista sono coloro che possiedono un titolo di studio alto (76%), più giovani (75%) e maschi (77,8%). Infine, sono coloro che possiedono un titolo di studio basso
(59,1%), i più anziani e le donne (52% e 57%) che sono maggiormente orientati verso l’atteggiamento preventivo.
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2.5 Camminiamo verso la stessa meta? Grado di condivisione sugli obiettivi dei programmi terapeutici tra operatori e utenti
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Un altro quesito dell’indagine indagava il grado di condivisione degli
obiettivi dei progetti terapeutici erogati dal servizio-comunità, da parte sia
degli utenti sia dagli operatori.
Alla domanda “Quanto condivide la possibilità di raggiungere i seguenti
obiettivi con i progetti terapeutici erogati dal Servizio da cui è attualmente
seguito?” e sommando le risposte “del tutto d’accordo” e “molto
d’accordo”, rileviamo che il 72% degli utenti rispondenti in comunità si ritrova con l’obiettivo di raggiungere la “completa astensione” (il 60% risponde “del tutto d’accordo” mentre il 12% risponde “molto”). Gli operatori su questa stessa affermazione sono meno convinti: il 36,7% risponde “del
tutto d’accordo”, mentre il 23,3% risponde “molto d’accordo”.
L’obiettivo di “guarigione” ottiene il 70% delle preferenze da parte degli utenti (il 40,3% risponde “del tutto”, mentre il 21,7% risponde “molto”).
Gli operatori, invece, rispetto a questo obiettivo raggiungono il più basso
41,3% (il 24,1% “del tutto”, e il 17,2% “molto”).
All’obiettivo di “riduzione della sofferenza fisica” il 40% degli utenti risponde “del tutto” mentre il 32% risponde “molto”, mentre per quanto riguarda l’obiettivo di “pericolo overdose” il 38% dei soggetti utenti risponde “del tutto” e il 24% risponde “molto”. Gli operatori della comunità rispondono invece nel seguente modo: riduzione della sofferenza fisica per
un totale del 66,7% (26,7% del tutto e 40,0% molto), mentre per quanto ri87
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guarda il pericolo di overdose gli operatori raggiungono il 76% (20% del
tutto e 56% molto).
Sembrerebbe esserci da parte degli utenti una tendenza verso la condivisione degli obiettivi “tradizionali” delle Comunità Terapeutiche [De Dominicis 1997], ossia gli obiettivi di guarigione e astensione. Gli operatori
sembrano invece più orientati verso i più recenti obiettivi riferibili alla logica della riduzione del danno.
Sulla base delle categorie di risposta della domanda “Quanto condivide
la possibilità di raggiungere i seguenti obiettivi con i progetti terapeutici
erogati dal/dai Servizio/i da cui è attualmente seguito” si è dunque costruito
un indice qui chiamato di “aspettativa” su tre livelli:
1) l’orientamento alla “guarigione”;
2) l’orientamento alla “riduzione del danno”.
3) l’orientamento “incerto”, intermedio tra i primi due.
Si rileva che l’orientamento alla guarigione negli utenti della comunità è
quello prevalente con una percentuale pari al 43,5%, di poco inferiore è
l’orientamento incerto con una percentuale pari al 41,3%. Il livello con orientamento alla “riduzione del danno” è quello meno significativo attestandosi al 15,2%.
Come si evince dal quadro sinottico (tab. 3) si rileva una parziale condivisione degli obiettivi tra utenti Ser.T e utenti comunità, anche se questi si
orientano prevalentemente verso risposte di “guarigione”, mentre gli utenti
Ser.T si distribuiscono in modo più omogeneo tra l’orientamento alla guarigione, l’orientamento incerto e l’orientamento alla riduzione del danno.
Più evidente con l’utilizzo degli indici appare un’incerta condivisione
degli obiettivi terapeutici tra utenti e operatori dei rispettivi servizi. Per
quanto riguarda infatti la comunità, si rileva un divario tra gli utenti che si
orientano alla riduzione del danno con il 14,3% e gli operatori della comunità che si attestano al 34%. La situazione appare più stridente se prendiamo in considerazione gli utenti Ser.T che si orientano alla riduzione del
danno: circa il 29% contro il 78% degli operatori.
Tab. 3 – Distribuzione percentuale dell’indice di aspettativa da parte degli utenti delle comunità e del Ser.T, e degli operatori del Ser.T e delle Comunità
Utenti Ser.T
Utenti comunità
Operatori in totale
Operatori Ser.T
Operatori Comunità
Orientamento
alla guarigione
32,4
46,9
16,1
0,0
32,0
Orientamento
incerto
38,7
38,8
28,6
22,2
34,0
Orientamento alla
riduzione del danno
28,9
14,3
55,4
77,7
34,0
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Sempre nell’ambito dei trattamenti, si è domandato ai soggetti rispondenti di indicare se percepiscono, da quando hanno intrapreso un trattamento nella struttura residenziale, un miglioramento o un peggioramento della
loro esistenza. Alla domanda Come ritiene siano cambiati i seguenti aspetti
della sua vita da quando sta seguendo il trattamento?”, la maggior parte
delle situazioni indicate nelle categorie di risposta viene indicata come migliorata: le relazioni familiari con il 72%, il benessere psicofisico con
l’82%, la salute con il 78%. confermando in queste risposte la soddisfazione per la scelta residenziale da parte del target di rispondenti.
Le situazioni che vengono dichiarate prevalentemente come invariate
sono la condizione economica (58%) e il rapporto con il partner (44%).
Mettendo in relazione la tipologia di orientamento prevalente con la
quantità e qualità delle conseguenze negative subite a seguito del consumo
di sostanze stupefacenti, si rileva inoltre che tra coloro che hanno un alto
orientamento al liberismo ed uno scarso orientamento alla repressione si
posizionano coloro che hanno dovuto affrontare maggiori conseguenze negative a seguito del consumo di sostanze, mentre coloro che si posizionano
prevalentemente nell’orientamento preventivo sono coloro che hanno affrontato con minore frequenza delle conseguenze negative.
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2.6 M’ama, non m’ama? Il grado di soddisfazione degli utenti rispetto al
servizio
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Per quanto riguarda il livello di soddisfazione espresso rispetto alla
struttura e ai servizi da essa erogati (“Fra le attività elencate e svolte presso
la Comunità, quali la soddisfano e quali andrebbero migliorate a suo avviso?”) gli utenti delle comunità sono tendenzialmente “soddisfatti”, in particolare per quelle attività relative all’intervento terapeutico: psicoterapia di
gruppo 82,6%, sostegno psicologico 75,6%, sostegno sociale 60,5%, assistenza medica 62,5%, assistenza infermieristica 58,3%.
La soddisfazione rispetto a queste dimensioni è facilmente spiegabile
con la tipologia di interventi che vengono attuati nelle strutture residenziali,
fortemente accentrate sugli aspetti personali e relazionali. Gli utenti della
comunità forse più che ospiti - e ancora meno pazienti – sono o dovrebbero
percepirsi come dei membri della struttura, sviluppando quella motivazione
a divenire successivamente “membri” della Società [De Dominicis 1997].
Le voci indicate come “insoddisfacenti” riguardano l’organizzazione
degli orari per uscite (29,8%), il rispetto della riservatezza (17,4%), gli orari per le visite dei familiari (15,5%).
Inoltre, i soggetti rispondenti dichiarano che andrebbero migliorate tutte
le attività ludiche organizzate all’interno della struttura come l’attività ricreativa (32,6%), le attività espressive (39,6%), le attività sportive (29,8%).
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Gli operatori, chiamati anch’essi a rispondere a questa domanda, si dichiarano soddisfatti delle stesse attività cui si dichiarano soddisfatti gli utenti, ma con maggiore enfasi: psicoterapia di gruppo 86,2%, assistenza
medica con il 75%, sostegno sociale 66,7%. Inoltre, gli operatori si dichiarano non soddisfatti o affermano che andrebbero migliorate – sempre con
maggiore enfasi – quelle stesse attività che trovano il malcontento degli utenti: in particolare tutte le attività ludiche e ricreative (attività espressive
42,9%; attività sportive 34%), ma anche le attività di relazione con
l’esterno, in primis “l’orario per le visite dei familiari”, che trova insoddisfatti gli operatori per circa il 52%.
La percezione dei momenti ludico-ricreativi come “da migliorare” da
parte degli utenti suggerisce come questo gruppo di soggetti abbia reimparato ad usare il tempo libero senza l’utilizzo di sostanze. Gli stessi operatori tuttavia riconoscono l’importanza educativa dell’apprendimento di
nuove forme di svago e del godimento del tempo, strumento essenziali per
il rafforzamento delle dinamiche di gruppo e alla interiorizzazione delle regole [Carulli 1997]. Sembra acquisito il valore della attività di animazione
come pratica sociale per prendere coscienza del proprio sé ma anche per
sviluppare potenzialità represse, per attivare una serie di interazioni positive tra le diverse persone, lo scambio emotivo, la produzione di nuove forme culturali [De Dominicis 1997].
Il questionario somministrato ai due gruppi di riferimento prevedeva inoltre una serie di domande sulla qualità percepita dei servizi erogati sia da
parte della comunità sia da parte del Servizio Ser.T.
Chiedendo agli utenti di esprimere il proprio grado di accordo su “operatori” e “terapie” rispetto all’esperienza in Comunità, si rileva una generale soddisfazione. Le punte di eccellenza sono: “gli operatori sono facilmente contattabili” (74,6%) e “ho ricevuto l’aiuto che speravo” (72,4%).
I punti deboli del servizio percepiti e dichiarati dai soggetti rispondenti
sono: “la possibilità di risoluzione dei problemi” (“non sono d’accordo”:
26,1%) e di “aver ricevuto la terapia adeguata” (“non sono d’accordo”:
26,7%) e in particolare il “numero dei colloqui e delle visite “ (“non sono
d’accordo”: 32,6%).
È inoltre emerso che gli utenti della comunità si dichiarano meno soddisfatti del servizio Ser.T su quasi tutte le voci. In particolare rileviamo tutte
quelle voci – sommando le categorie “per niente d’accordo” e “poco
d’accordo” – che fanno capo alla relazione con gli operatori, punto di forza
invece dell’organizzazione comunitaria: “numero dei colloqui adeguato”:
36%; “non ho avuto abbastanza tempo per un colloquio”: 47%; “i problemi
di dipendenza possono essere risolti dal Ser.T”: 46%; “ho fiducia negli operatori che mi seguono al Ser.T”: 18%; “il Ser.T è attento alle caratteristiche
degli utenti”: 20%.
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Sulla base degli item riferiti alla domanda “Esprimere il proprio grado
di accordo su operatori e terapie rispetto alla esperienza in Comunità” sono
stati utilizzati i seguenti indici relativi a quattro dimensioni sulla base delle
quali è possibile declinare il concetto di qualità dei servizi: qualità ambientale, qualità organizzativa, qualità professionale, qualità relazionale [Cipolla 2002]. Si è costruito, inoltre, un indice di soddisfazione complessiva sui
servizi contenente tutte le informazioni sulla qualità percepita e affermata
da parte dei soggetti rispondenti.
Come si evince dalla tab. 4, che riporta i valori di sintesi relativi agli indici di qualità e di soddisfazione complessiva, come già detto in precedenza
gli utenti della comunità dichiarano da una parte una minore e a volte scarsa qualità percepita del servizio su alcune dimensioni (gli aspetti organizzativi e la qualità ambientale), indici che invece si pongono su livelli più alti
quando i soggetti rispondenti si esprimono sugli stessi aspetti presenti nel
servizio Ser.T. Dall’altra, tuttavia, dichiarano un’ottima qualità su altre dimensioni – ossia gli aspetti relativi agli operatori e ai rapporti con essi -, per
i quali vengono espressi pareri meno soddisfacenti per quanto riguarda il
Ser.T.
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Tab. 4 – Giudizi sulla qualità del Servizio Ser.T e del Servizio Comunità
zo
Soddisfaz.
complessiva
89,2
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Medio-alto
es
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Gli utenti della Comunità dicono del Ser.T …
Qualità
Qualità proQualità orQualità reambientale
fessionale
ganizzativa
lazionale
89,2
80,0
89,9
88,0
pe
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Gli utenti della comunità dicono della Comunità ….
Qualità
Qualità proQualità orQualità reambientale
fessionale
ganizzativa
lazionale
92,8
95,2
-
Mediobasso
Medio-alto
-
86,4
-
93,1
Soddisfaz.
complessiva
97,3
Si sottolinea ancora una volta il legame più stretto che si instaura tra operatori e ospiti della comunità con valenze positive, ma anche negative.
Spesso alcuni operatori diventano il riferimento personale di alcuni utenti
[Starace 2000]. Se questa maggiore vicinanza e confidenza da un lato può
fare crescere la motivazione al cambiamento, nello stesso tempo fa correre
maggiori rischi: nelle situazioni di tensione l’intero onere emotivo è contenuto da uno/pochi operatori, la non omogeneità nell’intervento,
un’eccessiva invasione nella sfera privata dell’operatore stesso.
La maggiore qualità percepita dei servizi erogati dalla comunità da parte
degli utenti della comunità rispetto ai servizi erogati dal servizio Ser.T da
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parte sempre degli utenti della comunità potrebbe essere spiegata sia una
sorta di sudditanza psicologica che l’utente vive nei confronti del servizio
che lo ospita, ma anche dal fatto – lo ripetiamo - che in qualità di attore razionale ha scelto il luogo che maggiormente risponde alle sue esigenze, rifuggendo l’alternativa – in questo caso il servizio pubblico – perché non
totalmente adeguato alle sue istanze e alla sua sensibilità. Inoltre, sembra
esserci una certa obiettività nel valutare le diverse dimensioni relative alla
qualità del servizio perché se osserviamo il successivo quadro sinottico
(tab. 5) si può rilevare che, pur essendo quello relazionale l’indice che riscuote le maggiori preferenze è in entrambi i servizi (0,77 comunità vs 0,71
Ser.T), come per la qualità professionale e per la qualità relazionale – punto
di forza delle strutture comunitarie – gli utenti della comunità siano soddisfatti del servizio che ricevono, mentre gli utenti del Ser.T si ritengono meno soddisfatti proprio su quegli aspetti,
Tab. 5 – Valori medi dei giudizi sulla qualità del Servizio Ser.T da parte degli utenti Ser.T e
del Servizio Comunità da parte degli utenti della comunità
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Gli utenti del Ser.T dicono del Ser.T
Qualità proQualità orQualità relafessionale
ganizzativa
zionale
,69
,69
,71
Medie
Gli utenti della Comunità dicono della comunità
Qualità amQualità proQualità orQualità relabientale
fessionale
ganizzativa
zionale
,62
,96
,66
,77
Soddisfaz.
complessiva
,69
Soddisfaz.
complessiva
,69
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Medie
Qualità ambientale
,64
Se, tuttavia, prendiamo in considerazione solo le medie degli indici teniamo conto dell’indice di soddisfazione complessivo, i due gruppi si equivalgono (0,69) questo a conferma come già sottolineato in precedenza di
come gli individui scelgano il Servizio sulla base di alcune caratteristiche
che tali servizi offrono.
Incrociando le variabili “Titolo di studio”, “Età”, “Sesso”, con gli indici
di qualità ambientale, di qualità organizzativa, di qualità relazionale, di
qualità professionale, di soddisfazione complessiva del servizio, relativamente alle Comunità Terapeutiche, rileviamo che:
- l’indice di qualità ambientale risulta essere per la maggior parte degli
utenti medio-basso, particolarmente per coloro che possiedono un titolo di studio alto, per i più anziani, per le femmine;
- l’indice di qualità organizzativa risulta essere per la maggior parte
degli utenti medio basso (95%), in particolare per i più giovani, le
femmine e coloro che possiedono un titolo di studio alto;
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- l’indice di qualità relazionale risulta essere per la maggior parte medio alto (93,8%) ed in particolare per coloro che possiedono un titolo
di studio alto, i più giovani e i maschi;
- l’indice di qualità professionale risulta essere per la maggior parte
dei rispondenti medio alto, in particolare per coloro che possiedono
un titolo di studio alto, i più giovani e i maschi;
- l’indice di soddisfazione risulta essere per la maggior parte dei rispondenti medio alto (97,2%), in particolare per coloro che possiedono un titolo di studio elevato, i più giovani e per i maschi.
Si conclude affermando, anche se con le dovute cautele, che tendenzialmente gli utenti di genere femminile risultano essere meno soddisfatte rispetto a quelle dimensioni attraverso le quali si è declinato il complesso
concetto di “qualità del servizio”.
2.7 Dimmi come stai e ti dirò chi sei
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Sono stati infine costruiti alcuni indici relativi al benessere dei soggetti,
al fine di valutare la percezione che gli utenti possiedono rispetto
all’efficacia del trattamento seguito. Gli indici sono: indice di benessere
personale, indice di benessere relazionale, indice di costrutto di autoefficacia e un indice di benessere generale.
Facendo un confronto tra gli indici standardizzati di benessere, rileviamo che negli utenti della comunità l’indice che raggiunge il livello più elevato è quello relativo al costrutto di efficacia 0,85, segue l’indice di benessere generale 0,78, l’indice di benessere personale 0,76 e, infine, l’indice di
benessere relazionale 0,75. Se confrontiamo tali indici con quelli relativi al
gruppo di utenti Ser.T, rileviamo che sono più bassi rispetto a quelli degli
utenti delle comunità: benessere generale 0,75, benessere relazionale 0,74 e
costrutto di efficacia che si attesta sullo 0,75. Gli indici di benessere personale si equivalgono.
Tab. 6 – Valori medi degli indici di benessere degli utenti della comunità e degli utenti del
Ser.T
Comunità
Ser.T
Benessere
Personale
0,76
0,76
Benessere relazionale
0,75
0,74
Costrutto autoefficacia
0,85
0,75
Benessere generale
0,78
0,75
È importante fare una breve riflessione sul “costrutto di autoefficacia”,
indice di benessere che risulta più elevato per il gruppo di utenti della co93
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munità. Tale concetto esprime la capacità generativa il cui scopo è quello di
orientare le singole abilità cognitive, sociali, emozionali e comportamentali
in maniera efficiente per assolvere compiti e risolvere problemi.
L’autoefficacia è quell’insieme di credenze dei soggetti rispetto alla loro
efficacia di gestire gli eventi, che influenzano le scelte, le credenze, i livelli
di sforzo e di resilienza, la vulnerabilità allo stress [Bandura 1973].
Percepirsi in grado di risolvere le difficoltà, senza l’ausilio della sostanza, è un passo fondamentale per eliminare una delle principali distorsioni
cognitive vissute del tossicodipendente, strettamente legata alla scarsa autostima [Giannantonio 1998].
Gli utenti della comunità, forse maggiormente influenzati
dall’orientamento alla guarigione da parte degli operatori che lavorano nelle strutture residenziali, sembrano possedere una maggiore fiducia verso se
stessi e verso il futuro, una maggiore energia e forse, banalmente, una maggiore speranza che è comunque parte integrante del concetto di motivazione
al cambiamento, per il superamento della condizione dalla tossicodipendenza.
A conferma di quanto affermato rileviamo come l’orientamento alla
guarigione e l’indice di Benessere siano strettamente connessi. Infatti, incrociando l’indice di benessere generale con l’indice di aspettativa riscontriamo che coloro che si posizionano ad un livello alto o basso di benessere
generale hanno prevalentemente un orientamento alla guarigione (50% per
il primo e il 100% per il secondo).
Coloro che si situano ad un livello medio di benessere generale hanno
prevalentemente un orientamento “incerto”.
Incrociando l’Indice di soddisfazione con l’indice di aspettativa, riscontriamo che coloro che hanno un livello medio e un livello alto di soddisfazione tendono a condividere maggiormente obiettivi di guarigione (50% e
66,7%). Coloro che hanno un livello basso di soddisfazione condividono
obiettivi ad orientamento “incerto”.
In modo più specifico, incrociando le variabili “Titolo di studio”, “Età”,
“sesso” con gli indici di benessere personale, relazionale, self efficacy, benessere generale rileviamo che:
- l’indice di benessere personale risulta essere per la maggior parte
degli utenti alto, particolarmente per coloro che possiedono un titolo
di studio alto, per i più giovani e per i maschi;
- l’indice di benessere relazionale risulta essere per la maggior parte
degli utenti alto, particolarmente per coloro che possiedono un titolo
di studio alto, per i più anziani e per i maschi;
- l’indice di self efficacy risulta essere per la maggior parte degli utenti alto, particolarmente per coloro che possiedono un titolo di
studio alto, per i più anziani e per i maschi;
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l’indice di benessere generale risulta essere per la maggior parte degli utenti alto, particolarmente per coloro che possiedono un titolo di
studio alto, per i più anziani e per i maschi.
Anche rispetto alle caratteristiche socio-demografiche si rileva quanto
già rilevato rispetto al concetto di “qualità del servizio”: i maschi e i soggetti più istruiti sono coloro che dichiarano un maggiore benessere e sono
maggiormente soddisfatti delle prestazioni erogate dalla Comunità Terapeutica.
3. Conclusioni
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Per quanto i due gruppi di soggetti (operatori ed utenti) siano informati
su cosa sia o non sia “droga” e siano inoltre consapevoli delle conseguenze
connesse all’uso di sostanze, negli operatori si rileva tuttavia una maggiore
consapevolezza, una maggiore conoscenza e una maggiore percezione del
rischio che si può correre con l’uso-abuso di sostanze, probabilmente derivanti dal loro percorso di formazione.
Si è rilevato invece un certo scollamento tra le motivazioni all’uso delle
sostanze addotte dagli utenti rispondenti e quelle percepite dagli operatori.
Per i primi sono le situazioni problematiche della vita a spingere gli individui a fare uso di droghe: esse sono dunque adattive rispetto al vuoto esistenziale, alle frustrazioni ed ai problemi psico-relazionali in generale. I secondi, invece, sembrano condividere una visione meno emotiva e maggiormente utilitaristica delle droghe: differenti beni di consumo che rispondono a cangianti aspettative all’uso.
Ancora una diversa visione tra utenti e operatori la riscontriamo nella
percezione di cosa sia la tossicodipendenza e a che cosa sia associabile. Gli
utenti rifiutano con forza l’idea della tossicodipendenza come una malattia
della mente, un disturbo inserito fra le patologie psichiatriche, e tendono a
sminuire o a non riconoscere quella “sofferenza psicologica” che accompagna la loro condizione. Al contrario, gli operatori associano alla condizione
di tossicodipendenza la presenza sia di un elevato grado di sofferenza psicologica e sia di un disturbo psichiatrico.
In questa posizione degli operatori se da un lato c’è il rischio della deriva di onnipotenza, dall’altro c’è il possibile ruolo maieutico che legge nel
paziente qualcosa – un problema, un disagio, una malattia – che il soggetto,
proprio in ragione di quel “qualcosa per cui ha chiesto aiuto”, non riesce a
vedere, sentire, capire.
Si evidenziano qui le due grandi categorie concettuali attraverso le quali
è possibile configurare la dipendenza. Da un lato una “malattia” che si esplicita con una specifica disfunzione psico-fisica dell’individuo, visione
questa che esalta un certo determinismo legato alla plasticità neuronale in95
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dotta dalla sostanza, e dà poco spazio alla responsabilità e creatività del
soggetto dipendente. Dall’altro, la dipendenza come conseguenza naturale
di una serie di fallimenti nella crescita psicologica, come effetto di esperienze negative o condizioni sociali disagiate. Posizione questa più condivisa dai soggetti tossicodipendenti che può scivolare però nel giustificazionismo e nella sopravvalutazione delle risorse personali o ambientali. La dicotomia tra i due gruppi e tra le due visioni è evidente anche se operatori e utenti si ritrovano metaforicamente dialoganti e in condivisione
nell’attribuire significato eziologico ad un “sistema familiare disfunzionale”.
Operando un rapido confronto fra i due gruppi rispetto agli orientamenti
qui analizzati (liberista, repressivo, preventivo), si rilevano le maggiori differenze di opinione in quello che abbiamo definito l’aspetto liberale nel
consumo di droghe: gli utenti risultano essere più possibilisti rispetto ad
una gestione personale della droga e dei problemi derivanti dal consumo
mentre gli operatori sono nettamente contrari. Per quanto riguarda
l’orientamento verso la proibizione dell’uso di tutte le sostanze legali ed
illegali sembra esserci – seppur in modo tenue – un maggiore grado di accordo a tale orientamento da parte degli utenti rispetto agli operatori.
Una differenza consistente di visione tra operatori e utenti della comunità, evidenziata in modo ancora più netto nel confronto operatori / utenti
Ser.T, è quella riscontrata sugli obiettivi del trattamento. Si è rilevato infatti
come una buona parte di utenti – in particolare gli utenti che si attestano sui
livelli più elevati di benessere, di soddisfazione, di self efficacy - si orienti
verso l’obiettivo della guarigione che risulta invece condiviso da una percentuale inferiore di operatori che prediligono gli obiettivi più contenuti di
riduzione del danno e di miglioramento della qualità della vita.
Si può forse ipotizzare che la discrepanza rilevata fra le aspettative sugli
obiettivi del trattamento tra i diversi target di soggetti derivi dal fatto che
gli operatori delle comunità terapeutiche e, in misura maggiore gli operatori
del Ser.T, siano condizionati dalla tipologia dell’utenza che accede ai servizi, quella cioè che per gravità persiste nel sintomo per vari anni o è più
soggetta a recidive tossicomaniche.
Per quanto riguarda in particolare gli operatori di comunità la posizione
intermedia tra orientamento alla riduzione del danno e guarigione mette in
evidenza quel cammino epistemologico che le comunità terapeutiche hanno
percorso dalla loro comparsa ad oggi: da un modello orientato esclusivamente alla astinenza in antitesi ai trattamenti farmacologici ad un modello
di trattamento farmacologico accettato come strumento per la stabilizzazione del sintomo e per la costruzione di un percorso di ristrutturazione psicologica. Sembra che i professionisti operanti nelle comunità non abbiano
(ancora) maturato quelle forme di disincanto che sembrano invece alberga-
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Riferimenti bibliografici
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re con maggiore forza negli operatori del servizio pubblico, riconducibile
almeno in parte alla minore anzianità di servizio attestata nei primi.
La Comunità terapeutica qui indagata sembra essere a metà strada tra la
visione “idealista” dalla quale si è originata – seppure ancora ricercata e
scelta dagli utenti per questa dimensione ancora presente almeno
nell’immaginario collettivo e nell’immaginario degli utenti stessi - e la visione più tecnocratica, efficientistica e orientata al pragmatismo del Servizio pubblico.
Ciò è dovuto alla progressiva apertura della Comunità terapeutiche alla
società esterna, al suo dialogare proprio con il servizio pubblico nell’ottica
di una rete progressivamente integrata avente l’obiettivo di creare e alimentare nuove ed efficaci sinergie.
Una sola percezione della tossicodipendenza forse non solo non è possibile per le diverse esperienze e ruoli in gioco, ma forse non è neppure così
auspicabile. Dall’incontro-scontro delle diverse visioni sulla tossicodipendenza forse può nascere un progetto-contratto condiviso – fattore primo di
maturazione e motivazione del soggetto – e un margine di libertà e autodeterminazione individuale, in una società nella quale ci si illude di essere in
possesso di infinite libertà che in realtà ci rendono succubi di una perenne
incertezza, sinonimo di anomia, male di vivere. Auspicabile dunque non
tanto la condivisione e totale accettazione delle visioni, ma la consapevolezza della diversità. La relazione d’aiuto è innanzitutto uno scambio tra
soggetti diversi. Uno scambio dunque anche di visioni diverse.
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Percorsi di chi si rivolge ai servizi di Alcologia
di Lorella Molteni, Roberto Pancheri e Francesca Guarino1
1. I Servizi di Alcologia della Provincia Autonoma di Trento
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I problemi derivanti dal consumo di alcol nella nostra provincia sono da
sempre fonte di disagi di primaria importanza, sia per le sofferenze umane
che esso comporta, sia per gli alti costi sociali e sanitari che ne derivano. Il
Trentino è sempre stato ai primi posti nelle statistiche nazionali per quanto
riguarda il consumo di alcolici, assieme a Friuli Venezia Giulia e Veneto,
ed è dimostrato (come afferma la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità) che ad elevati consumi corrispondono altrettanto elevati valori percentuali di problemi alcolcorrelati.
La storia dei programmi alcologici pubblici in Trentino è strettamente
legata alla metodologia “ecologico-sociale”, ideata dal professor Vladimir
Hudolin, che ha trovato in un gruppo di operatori sanitari trentini una forte
convinzione circa la validità del metodo proposto. Tale metodologia è considerata un approccio utile alla soluzione dei problemi alcol-correlati più
complessi in quanto fornisce una chiave di lettura innovativa, dunque una
vera e propria filosofia di vita a sua volta combinata ad una tecnica di trattamento. Il suo ideatore, uno psichiatra croato, a partire dagli anni Sessanta
a Zagabria ha indirizzato i primi passi di ciò che verrà inteso come la nuova
metodologia per la prevenzione primaria, secondaria e terziaria dei problemi alcolcorrelati e in cui fondante è la stessa concettualizzazione del problema “alcolismo”. Secondo Hudolin, infatti, la modalità più adeguata non
deve centrare la sua prospettiva sugli “alcolisti”, ma spostare l’ottica di osservazione sullo sviluppo di problemi alcolcorrelati, intesi anche come problemi complessi quando al consumo di alcol siano associate difficoltà dovute all'uso di altre sostanze psicoattive o problematiche di altra natura (ad
1
Roberto Pancheri è autore dei paragrafi 1 e 7, Lorella Molteni dei paragrafi 2.2, 4 e 5,
Francesca Guarino dei paragrafi 2.1, 2.3, 3 e 6.
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es.: disturbi psichici, problemi giudiziari, povertà, ecc.). In questo senso si
parla di nuovo approccio da un punto di vista epistemologico, tale per cui i
problemi alcolcorrelati sono comportamenti che si sviluppano sotto
l’influenza di un gran numero di fattori interni ed esterni, come espressione
dell’omeostasi degli ecosistemi umani. La tecnica di trattamento si basa sui
“club degli alcolisti in trattamento” (CAT), finalizzata al cambiamento culturale generale e della stessa cultura sanitaria delle comunità entro cui trovano spazio, facendo leva principale sulla solidarietà morale e sociale che
si determina tra le parti.
Nel 1984 nasce il primo Servizio pubblico di Alcologia a Cles (chiamato Dispensario di Alcologia) e in seguito, nel giro di pochi mesi, si aprono “Dispensari di Alcologia” in tutte le undici U.S.L. della provincia, attivati sempre da personale medico dipendente o convenzionato che autonomamente aveva maturato una propria sensibilità verso il problema. Parallelamente nascono in tutto il Trentino i Club degli Alcolisti in Trattamento
(associazione privata al pari di A.A.) e si iniziano a porre le basi per una
solida, proficua e duratura collaborazione tra pubblico e privato.
Dalle attività dispensariali si passa in seguito alla costituzione dei Centri
di Alcologia strutturati con modalità dipartimentale (figure professionali
diverse appartenenti a varie Unità Operative collaborano in orario di servizio all’attività di alcologia). I Centri di Alcologia, oltre alla figura di un responsabile medico, si avvalgono della collaborazione di un operatore di rete
che svolge il compito di collegamento tra i vari servizi socio-sanitari e del
privato sociale e si occupa della realizzazione dei vari programmi di prevenzione.
A tutt’oggi in provincia di Trento esiste un Centro o Servizio di Alcologia in ogni distretto ed è proprio nella capillare diffusione territoriale che
possiamo identificare il punto di forza dei programmi alcologici della nostra provincia.
L’obiettivo dichiarato dei Servizi di Alcologia è quello di occuparsi soprattutto di prevenzione e promozione della salute, almeno per un 70% della propria attività. Tale attività si attua attraverso varie iniziative, inserite
all’interno di una strategia globale:
a) progettazione e realizzazione di attività preventive sul territorio con
la comunità in generale e con gruppi specifici di popolazione: parroci, sindaci e amministratori, altre figure significative e carismatiche della comunità, Associazioni presenti sul territorio (es. associazioni sportive, alpini,
pro-loco, ecc..);
b) progettazione e realizzazione di incontri con operatori sociali e sanitari, dell’Azienda o di altri Enti. Questi incontri si propongono di sensibilizzare e informare le figure sanitarie e sociali sui problemi alcolcorrelati e
sulle attività del Servizio di Alcologia e del privato-sociale in materia alcologica, al fine di definire anche possibili canali di collaborazione funzionali
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alla crescita dei programmi alcologici e quindi all’aumento del benessere di
comunità;
c) realizzazione di incontri con i rappresentanti delle forze dell’ordine,
con l’Agenzia del Lavoro, del Tribunale, della Casa circondariale, delle
Comunità terapeutiche e di accoglienza, delle Associazioni e delle Cooperative del privato-sociale;
d) progettazione e realizzazione di interventi nelle scuole, sia con gli
studenti nelle scuole superiori, sia con gli insegnanti nelle scuole materne,
elementari e medie;
e) progetto Scuole Guida: partendo dalla forte presenza di incidentalità
alcolcorrelata tra i giovani si è pensato ad un intervento da realizzare presso
tutte le Scuole Guida della provincia, formando istruttori e insegnanti di
tutte le autoscuole e fornendo materiale didattico (opuscoli e video) da usare nelle lezioni di teoria;
f) progetti di comunità per la riduzione dei consumi: secondo quanto
indicato nel progetto europeo dell’OMS per la riduzione dei consumi, i progetti locali di comunità prevedono interventi capillari su comunità preventivamente individuate (rione e/o comune), allo scopo di sensibilizzare ad
una riduzione dei consumi che viene documentata con una rilevazione dei
consumi stessi.
Accanto alle attività di prevenzione ed educazione alla salute, i Servizi
di Alcologia svolgono attività di diagnosi, cura e riabilitazione. La filosofia
ispiratrice che da sempre ha mosso i servizi è improntata sulla necessità di
andare incontro alle famiglie con disagi dovuti al consumo di alcol e di non
limitarsi ad attenderle seduti alla scrivania. Tale strategia si concretizza con
la realizzazione di vari interventi sulla persona e la famiglia con problemi
alcolcorrelati:
1. colloquio alcologico motivazionale: si pone come scopo principale
quello di delineare la situazione e il disagio della persona e della famiglia,
di approfondire la motivazione al cambiamento, di tracciare insieme le possibili strade risolutive percorribili, di puntare all’inserimento in un programma alcologico di riabilitazione (Club degli Alcolisti in Trattamento,
Gruppi di Alcolisti Anonimi) o, quando necessario, di ricorrere al ricovero
in ospedale - in accordo con il medico curante - nelle situazioni in cui la situazione psico-fisica è seriamente compromessa. Nelle situazioni particolarmente complesse vengono realizzati successivi incontri di verifica e supporto, allo scopo di valutare con la persona e la famiglia l’andamento del
progetto con loro intrapreso, ricorrendo anche all’attivazione di un lavoro
di rete che veda coinvolti, oltre al Servizio di Alcologia, altri Servizi o Associazioni del privato-sociale;
2. visite sul territorio e a domicilio: qualora non sia possibile per il soggetto raggiungere la sede del servizio o lo stesso sia restio a farlo, è importante effettuare il colloquio direttamente a casa della famiglia interessata o
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in altre particolari strutture (casa circondariale, comunità di accoglienza,
casa di riposo, ecc...);
3. colloqui alcologici in ospedale: vengono effettuati con persone ricoverate nei diversi reparti ospedalieri;
4. consulenze varie sul territorio: sono previsti incontri di consulenza,
consiglio, supporto anche a livello informativo sulle procedure e sulle metodologie possibili, con altre figure professionali e della comunità. In situazioni complesse le diverse figure coinvolte si trovano a lavorare in un rapporto di équipe mirato alla realizzazione di un progetto riabilitativo il più
possibile efficace e coerente ai bisogni della persona e della famiglia;
5. ricovero in reparti di riabilitazione alcologia: nelle situazioni più
complesse o nelle quali è particolarmente difficile interrompere il legame
con la sostanza, si programmano ricoveri di tre-quattro settimane in specifici reparti di riabilitazione alcologia;
6. appoggio presso comunità terapeutiche: alcune situazioni necessitano
dell’appoggio di alcuni mesi presso comunità per persone con problemi di
alcol o per persone con doppia diagnosi (ossia, con una diagnosi congiunta
di problemi psichici e problemi derivanti dal consumo di alcol);
7. consulenze per la Commissione Patenti: si tratta di consulenze inserite nel protocollo d’intesa con la Commissione Provinciale Patenti, rivolte a
quelle persone a cui è stata ritirata la patente per problematiche alcolcorrelate. Quando dalla visita medica risultino evidenziati problemi alcolcorrelati il colloquio può diventare l’occasione e lo stimolo per inserire
la persona in un programma riabilitativo. Il protocollo con la Commissione
Provinciale Patenti prevede anche che la persona inviata per guida in stato
di ebbrezza, frequenti un ciclo di tre incontri di un ora e mezzo su “alcol e
guida” che viene realizzato presso il Servizio di Alcologia;
8. contatti e collaborazioni con le Associazioni private: pur nella chiarezza delle diverse competenze del servizio pubblico (Servizi di Alcologia)
e delle associazioni del privato sociale (Club degli Alcolisti in Trattamento
e gruppi di Alcolisti Anonimi) è fondamentale la massima collaborazione,
scambio e confronto fra queste realtà;
9. realizzazione di corsi di disassuefazione dal fumo: constatato che
nessuna altra realtà del pubblico si occupava di tale problema, da diversi
anni i Servizi di Alcologia organizzano anche i corsi per smettere di fumare
in collaborazione con l’Associazione AMA.
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2. I risultati dell’indagine
2.1 Significatività del campione e sua descrizione
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I soggetti che hanno partecipato all’indagine e che saranno oggetto della
seguente interpretazione delle informazioni rilevate, sono nel complesso
342. Questi sono in parte rappresentativi dell’universo variegato che nella
Provincia Autonoma di Trento caratterizza la popolazione presa in carico a
causa di problematiche alcolcorrelate, sebbene questa dicitura decisamente
ampia, rinvii ad attività e ad ottiche tra loro abbastanza diversificate2 che
trovano punto comune nel Servizio di Riferimento per le Attività Alcologiche dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari.
Di questo insieme di riferimento e per quanto riguarda il questionario
somministrato:
- 274 soggetti si sono sottoposti alla visita di consulenza in seguito al ritiro della patente per guida in stato di ebbrezza;
- gli altri 68 soggetti afferiscono al servizio per via di un iniziale “colloquio alcologico motivazionale”.
Prima di entrare nel vivo dell’analisi che le informazioni raccolte concedono di operare, sarà pertanto necessario affrontare subito un chiarimento
relativo al motivo per cui abbiamo tenuto separati i due campioni summenzionati rispetto alle valutazioni sul servizio di Alcologia. Si presumono infatti comportamenti, opinioni e atteggiamenti dichiarati verso l’alcol e verso lo stesso servizio di Alcologia diversi a seconda della motivazione specifica per cui una persona si trova ad avere rapporti con il servizio considerato.
Il servizio di Alcologia per definizione e vocazione ha una particolare
ottica con cui osserva e inquadra il rapporto tra i soggetti e l’alcol. Questa
particolare ottica emerge dal significato che inquadra l’alcol nell’accezione
primaria di sostanza psicotropa, e che pertanto in virtù di questa definizione si interessa al rapporto tra soggetti e sostanza “alcol” in veste problematica, ossia per gli effetti derivanti dal consumo improprio di alcol.
Questa semplificazione iniziale forse un pò grossolana ci consente tuttavia di spiegare con chiarezza come mai abbiamo suddiviso qualitativamente
il nostro universo di riferimento in due sottoinsiemi: diverso, infatti, si presume sia l’approccio verso un servizio che osserva l’alcol sotto una specifica veste problematica mostrato:
a) da chi si trova ad essere stato inviato al servizio per trovare una soluzione alla situazione di ritiro della patente e a seguito di un fermo da parte delle forze dell’ordine dovuta alla presenza significativa di alcol nel sangue (in
2
Si veda, a tal proposito, la premessa esposta in apertura.
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quantità pari o superiore al limite indicato per legge e superiore allo 0,5 di
alcol) – denominati per brevità visita patenti
b) e chi invece si trova al servizio di Alcologia per trovare una soluzione ad
una problematica con l’alcol rilevata specificamente – e inquadrati per comodità come colloqui motivazionali.
Tale differenza può essere meglio precisata, con una piccola forzatura
che richiedono gli schematismi, indicando una distinzione qualitativa tra i
due universi rispetto al rapporto con il servizio di Alcologia tale per cui
possiamo così ridefinire i due sotto-insiemi:
a) gli intervistati a causa della visita patente rappresentano un campione di un universo cooptato e indiretto, ossia costituito da soggetti che si
trovano a confrontarsi con il tema dell’alcol per “un’altra ragione” che non
sia in primo luogo un rapporto problematico con l’alcol nel vissuto della
persona. Il fermo in stato di ubriachezza e conseguente ritiro patente non
risulta infatti immediatamente collegabile ad un problema di alcol nel vissuto della persona, ma rimanda invece ad un consumo improprio della sostanza riscontrato in rapporto alla guida. In realtà dunque il primo criterio
discriminante è legislativo: è stata rilevata una infrazione, dunque è il guidare “pericoloso” la ragione che ha determinato una verifica dello stato alcolemico del soggetto, secondo la normativa vigente che sanziona il guidare avendo ingerito alcol e decreta criteri soglia alle quantità consentite.
b) Gli intervistati a causa del colloquio motivazionale rappresentano
di contro un campione di un universo spontaneo3 e diretto, ovvero di chi si
trova in quel contesto per una ragione di consapevolezza personale o sulla
scia della consapevolezza di qualcun altro accanto a loro, di un problema
con l’alcol nella gestione complessiva della sua vita.
Chiameremo pertanto nel seguito della trattazione e per comodità “eterodiretti” i primi e “autodiretti” i secondi, intendendo con queste due brevi
locuzioni quanto sopra esposto, nell’ipotesi, tutta da confermare, che tra i
due universi considerati siano presenti delle distanze tali per cui risulta utile
descriverli così separati per valutare la bontà complessiva e specifica del
servizio che prende in carico una vasta tipologia di utenza e di disagio relativo.
Dopo aver evidenziato una distinzione qualitativa dei due sotto-universi
del campione che prenderemo in considerazione per osservare la loro ottica
particolare nei confronti del servizio in Alcologia, va ulteriormente sottolineata una distanza quantitativa tra i due sottoinsiemi, distanza che non risulta proporzionale alla reale suddivisione dell’universo che affluisce al
servizio. Se infatti ci atteniamo ai dati raccolti, l’80% dei rispondenti fa
parte dell’universo degli eterodiretti, ovvero dei segnalati per la visita pa3
In realtà la spontaneità può essere più un ideale che una realtà: quando, infatti, sono i
familiari più prossimi a convincere o a spingere il soggetto a farsi “curare” la spontaneità
può essere un elemento non realmente presente.
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tenti, mentre è solo il 20% dei rispondenti che rientra nel sotto-insieme degli autodiretti: questa proporzione, tuttavia, non ricalca in alcun modo quella reale delle due tipologie dei soggetti che afferiscono al Servizio.
Nello specifico, se si osservano ad esempio i dati (e il graf. 1 ne è una
traduzione immediata, utile a comprendere visivamente i termini del confronto) dell’attività svolta dai Servizi di Alcologia nel 2006, essa ha interessato un totale di 6120 soggetti: di questi possiamo notare come una metà
di soggetti rientri nelle consulenze per la Commissione Patenti, ma l’altra
metà sia invece rappresentata da chi ha un problema alcolcorrelato specifico. Nell’insieme costituito da questi ultimi, rientrano poi sia chi si rivolge
direttamente recandosi al servizio (circa 8 soggetti su 10 seguono questa
strada, come i soggetti intervistati nel nostro questionario) e svolgendo il
vero e proprio colloquio motivazionale, ma anche chi ha dovuto effettuare i
colloqui in ospedale o le visite domiciliari. Queste ultime due possibilità
riguardano sempre persone che hanno problematiche alcolcorrelate, ma sviluppate a tal punto che non è stato possibile che raggiungessero una delle
sedi distrettuali del servizio, ma piuttosto che fossero raggiunti o al domicilio, o presso l’ospedale in cui erano ricoverati. In realtà i colloqui domiciliari vengono fatti a casa perché è nulla o scarsa la volontà e motivazione a
recarsi al servizio e affrontare il problema; quando i colloqui si svolgono
presso l’ospedale, tale contesto offre l’occasione per raggiungere persone
che manifestano problemi alcolcorrelati in seguito a ricovero.
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Graf. 1 – Tipologie di soggetti che si rivolgono ai Servizi di Alcologia della Provincia Autonoma di Trento
38%
49%
Colloqui presso la sede del
Servizio
Visite domiciliari e sul
territorio
Colloqui in ospedale
Consulenze per la
Commissione Patenti
9%
4%
Fonte: Elaborazione su dati forniti dal Servizio
Va pertanto messo in evidenza sin da subito che è decisa la differenza
quantitativa tra i due sotto-campioni che abbiamo avuto modo di prendere
in considerazione, di modo che il campione relativo ai rispondenti che frequentano il servizio per via del “colloquio motivazionale”, ossia a causa di
problematiche alcolcorrelate, e che come si è visto dovrebbe essere quanto
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meno di proporzioni simili all’altro, risulta invece essere numericamente
meno consistente del campione individuato tra coloro che sono stati “inviati” al servizio. Questa riduzione numerica, in altre parole, non riflette di fatto la suddivisione dell’universo che afferisce al servizio di Alcologia.
A seguito di questa puntualizzazione, va ancora sottolineato come quel
20% del campione che rappresenta le istanze dei cosiddetti “autodiretti”
verso il servizio stesso, di fatto è costituito da 68 soggetti, il che richiede
che l’analisi che forniremo sia ragguardata di tutte le cautele di generalizzazione che un universo di indagine così esiguo può offrire e che piuttosto
risulterà interessante se guardato come espressione specifica di quel gruppo
di rispondenti, ossia con valore indicativo, ma con scarsa capacità di applicare induttivamente le informazioni emerse.
Dunque, per questo motivo, anche i confronti tra i due universi che abbiamo preso in considerazione risulteranno limitati a quelle situazioni più
eclatanti e tali per cui un sospetto di significatività può essere avanzato,
stante comunque la distinzione sopra evidenziata di natura qualitativa che
distingue i due sotto-campioni e quella quantitativa che, come si è detto,
appartiene nello specifico al campione prodotto per il nostro questionario e
di cui non si può non prenderne debita considerazione.
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2.2 Caratteristiche socio-anagrafiche del gruppo degli eterodiretti
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Il sottogruppo di persone di cui si tratterà in questo paragrafo è costituito dai soggetti fermati dalle Forze dell’Ordine e segnalati alla Commissione
Provinciale Patenti in seguito all’accertamento della guida sotto l’effetto di
sostanze alcoliche che si recano in seguito al Servizio di Alcologia per una
consulenza alcologica. Nel complesso, nel periodo marzo-giugno in cui è
stata effettuata la rilevazione sono transitate presso i vari servizi territoriali
di alcologia 770 persone segnalate per guida in stato di ebbrezza e di queste
274 hanno partecipato all’indagine proposta (poco più del 35% del totale).
Come già si è avuto modo di evidenziare, questo gruppo di soggetti presenta delle caratteristiche differenti rispetto al gruppo di soggetti che si rivolge al servizio per sostenere un colloquio motivazionale relativo a problematiche alcol-correlate. Innanzitutto, manca il carattere di volontarietà
nel ricorso al servizio che può essere, in senso lato, interpretato come una
presa di consapevolezza della problematicità nel rapporto con la sostanza
(autonoma o su pressioni di familiari). In secondo luogo, gli stili di consumo delle bevande alcoliche in questa tipologia di soggetti possono essere
diversificati, andando dal consumo moderato e regolare al consumo occasionale, dal consumo rischioso a consumi altrove definiti globalizzati [Bertelli 2007] e all’alcodipendenza, comprendendo dunque sia persone con un
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tipo di consumo non-problematico, sia soggetti con problematiche croniche
o, al contrario, acute derivanti dal consumo di alcol.4
Anche dal punto di vista sociodemografico, il ritratto dei soggetti ricorsi
al servizio per la visita alcologica in seguito al ritiro della patente differisce
da quello dei soggetti con problematiche alcolcorrelate che effettuano un
colloquio motivazionale. Innanzitutto, questo gruppo è costituito in gran
parte da maschi (oltre il 92%) e da soggetti mediamente più giovani: l’età
media è infatti pari a circa 35 anni e l’età mediana a 32 anni; inoltre, un terzo di essi si colloca nella fascia di età compresa tra i 23 e i 30 anni, il
12,4% ha meno di 23 anni e il 18,7% tra i 31 e 38 anni.
In linea con l’età più giovane, la maggior parte degli intervistati è celibe
o nubile (65,1%) e vive con i genitori (41,7%) o solo (21,9%). Presentano
in prevalenza livelli di istruzione medio-bassi, in quanto il 34,7% ha conseguito il diploma di scuola media superiore, il 17,1% un diploma di formazione professionale e il 34,3% il diploma di scuola media inferiore. Inoltre,
gli intervistati hanno prevalentemente uno status professionale basso, in
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Questa considerazione trova una parziale conferma nell’analisi delle risposte fornite
dagli intervistati al test di Cage (inserito in forma mascherata nel questionario alla dom. 6),
uno strumento molto diffuso in ambito epidemiologico ed alcologico (per fini diagnostici) e
utilizzato per l’identificazione del livello di problematicità nell’uso di alcol. Il test di Cage è
composto da quattro item che indagano sullo stile di vita del soggetto e sul suo senso di colpa rispetto al bere: “ha mai sentito la necessità di diminuire il suo bere?”, “si è sentito infastidito per le osservazioni di qualcuno vicino a lei sul suo modo di bere?”, “le è mai capitato
di sentirsi in colpa per aver bevuto?”, “le capita di bere di mattina appena alzato?”. La soglia
di problematicità nell’uso di alcol è identificata con la risposta positiva ad almeno 2 domande (1 nel caso di soggetti di età inferiore o uguale a 18 anni). La tab. 1 riporta le risposte
fornite separatamente dagli autodiretti e dagli eterodiretti e mostra come entrambi i gruppi,
ma in modo più marcato quello degli intervistati per visite patenti, siano variegati nelle risposte. Rifacendosi però ai valori classificatori sopra esposti risulta che tra gli eterodiretti
quasi la metà degli intervistati è definibile come non a rischio, mentre tra gli autodiretti ben
il 92% degli intervistati è un soggetto a rischio.
Tab. 1. Risposte alle domande del test di Cage
EterodiAutodiretti
retti
N. risposte
0
30,4
4,8
positive
1
17,7
3,2
2
26,2
17,5
3
20,4
39,7
4
5,4
34,9
Questo risultato deve comunque essere considerato con una certa cautela, in quanto non
è accompagnato da ulteriori informazioni sul rapporto personale con la sostanza e su ulteriori valutazioni diagnostiche di laboratorio. Inoltre, è da evidenziare come in letteratura esistano pareri discordanti sull’utilizzo di questo test per stimare la problematicità nel consumo di
alcol nella popolazione, nonostante numerose indagini ne abbiano mostrato la relativa validità ed attendibilità; per approfondimenti si rimanda a Litten R.Z., Allen J. [1992].
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quanto quasi la metà di essi si dichiara operaio (specializzato e non) e poco
più di un decimo è in condizione di inattività (in prevalenza, casalinghe e
studenti); i soggetti in posizioni professionali elevate sono il 12,7% degli
intervistati (dirigenti, liberi professionisti, imprenditori), mentre il 27,1%
presenta un status sociale medio (soprattutto, impiegati per il 12,5%).
Un ultimo aspetto che descrive le caratteristiche dei soggetti intervistati
riguarda le abitudini del loro nucleo familiare rispetto al bere alcolici. Innanzitutto, oltre quattro intervistati su dieci vivono con la propria famiglia
d’origine (con entrambi i genitori o con un solo genitore), mentre il 22%
vive solo e il 34,4% in una nuova famiglia. Dai dati emerge che solo una
piccola minoranza di intervistati vive in famiglie caratterizzate da un consumo regolare e quotidiano di alcolici (5,5%), mentre la maggioranza di essi vive in famiglie in cui si consumano alcolici solo in occasioni speciali
(50,6%) o in famiglie astemie (31,4%).
2.3 Caratteristiche socio-anagrafiche del campione degli “autodiretti”
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A questo punto, descriviamo da un punto di vista socio-anagrafico chi
sono gli “utenti” autodiretti che frequentano il servizio Alcologia della provincia di Trento, così come emerge dalle informazioni a nostra disposizione.
Ciò che desta immediata attenzione, seppur nella già indicata esiguità
dei numeri a disposizione, è il confronto tra i sessi degli intervistati. Come
per tutto il campione in generale, all’interno del campione degli autodiretti
il rapporto tra maschio e femmine è maggiormente rappresentato dai maschi; tuttavia la proporzione per questo universo presenta una caratterizzazione al femminile ben più rilevante di quanto non lo sia rispetto al campione generale (rappresentato da circa 1 femmina su 10 persone intervistate) e che spicca per la sua diversità rispetto al campione degli eterodiretti,
dove la percentuale femminile non arriva a nemmeno un decimo di tutti i
soggetti segnalati per la visite patente, contro un 35% delle femmine (ossia
più della metà degli uomini) che si sono rivolte al servizio per problematiche specifiche.
Questa prima informazione offre terreno per alcune considerazioni imprecise di confronto tra i due universi, da un lato, e dall’altro, per alcune
considerazioni più puntuali e specifiche su questo universo: il fatto che le
femmine rappresentino infatti un numero esiguo del campione degli eterodiretti ci comunica che le femmine forse guidano in maniera più accorta,
che forse associano alla guida uno stile del bere più consono, che forse sono meno soggette ad essere fermate dagli organi di polizia; di certo sappiamo che le problematiche dell’alcoldipendenza sono al giorno d’oggi diffuse in maniera trasversale e secondo una caratterizzazione in cui le fem108
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mine risultano ampiamente coinvolte: questo dato risulta confermato dalla
propensione di genere presente nel campione degli autodiretti.
Per quanto riguarda l’età, decisamente meno giovane dei rappresentanti
dell’universo degli eterodiretti, chi frequenta il centro di Alcologia si colloca in media nella fascia tra i 39 e i 46 anni (la moda del nostro campione è
per chi ha 42 anni, mentre la media è di circa 45 anni), mostrando una percentuale di adesione per età inversamente proporzionale a quella riscontrabile nell’altro universo. Il che, in altre parole, significa che man mano che
cresce l’età diminuiscono i soggetti fermati per guida in stato di ubriachezza, ma aumentano le persone che si rivolgono al servizio per problematiche
legate all’alcol, sino alla soglia dei 50 anni, dopo la quale comunque la
propensione relativa è sempre maggiore tra gli autodiretti che non tra gli
eterodiretti. Questo suggerisce anche che il guidare in stato di ebbrezza risulta più diffuso tra le fasce giovanili che in quelle più adulte.
Di cittadinanza prevalentemente italiana, per quanto riguarda il luogo di
residenza, di solito frequentano il servizio i cittadini residenti nella città di
Trento, con una percentuale leggermente più pronunciata presente tra gli
autodiretti rispetto al campione dei fermati per stato di ubriachezza, anche
se chi abita in provincia è comunque la maggior parte per entrambi i sottocampioni (per quanto riguarda gli autodiretti questa quota è pari a 7 persone
su 10). La popolazione che si rivolge al servizio e che è stata osservata mediante il questionario in oggetto, ricalca in qualche modo i dati di attività
dell’anno 2006: i questionari sono infatti stati somministrati per la maggior
parte nella città di Trento, Valle dei Laghi e nella Vallagarina, quindi nella
Val di Non, nell’Alto Garda e Ledro così come nel 2006 l’attività è stata
svolta prevalentemente presso i Servizi di Alcologia del comprensorio di
Trento e Valle dei Laghi (23,3%) e della Vallagarina (17,1%).
Che tipo di situazione familiare caratterizza gli intervistati che riscontrano problemi nei confronti dell’alcol? Per quanto riguarda lo stato civile e
il contesto abitativo dei soggetti intervistati, oltre un terzo dei rispondenti
risulta attualmente single, ma la stessa proporzione è manifestata da chi ha
costruito una sua famiglia autonoma e un ultimo terzo raccoglie invece situazioni di rottura familiare più o meno conclamata (separazioni o divorzi).
Queste ultime, in particolare, risultano superiori ai numeri testimoniati dagli eterodiretti che, vuoi anche per l’età più giovane, risultano in massima
parte rappresentati da ragazzi che attualmente non hanno ancora formato un
nucleo familiare alternativo a quello della famiglia di origine.
La presenza di figli caratterizza infatti oltre la metà dei rispondenti per
colloquio motivazionale, mentre per le visite patenti sono circa 3 su 10 le
persone che dichiarano di averne.
Questa situazione si riflette sul contesto abitativo specifico: la maggior
parte del campione tende ad essere uscita dal nucleo famigliare di origine e
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vive con il partner e i figli (nel caso ci siano), o solo, o solo con i figli (nel
caso ne abbia).
Chi vive ancora con i genitori rappresenta una quota decisamente molto
meno consistente di quella offerta dai segnalati per guida in stato di ebbrezza e sebbene il confronto come scritto altrove non sia tra i più attendibili, si
può comunque osservare quanto segue:
- i segnalati per stato di ebbrezza alla guida che non sono usciti dal contesto primario famigliare sono oltre un terzo del campione e di questi la maggior parte vive con entrambi i genitori;
- gli utenti del servizio a seguito di colloquio motivazionale che non sono
usciti dal contesto primario sono invece circa 2 su 10, e di questi la metà
proviene da famiglie di separati e dunque vive con l’uno o con l‘altro genitore.
In sintesi possiamo pertanto concludere che la tendenza osservata per il
campione degli autodiretti è quella di offrire “a monte” (la famiglia di origine) e soprattutto “a valle” (la famiglia con cui vivono attualmente) situazioni problematiche, in maniera decisamente superiore a quelli indicati dal
gruppo degli eterodiretti.
Rispetto a quella più giovanile dei segnalati per guida in stato di ebbrezza l’età in media più adulta del gruppo degli autodiretti ci aiuta in parte a
spiegare la maggiore consistenza delle situazioni familiari problematiche
(divorzi, ad es) diffuse in questo campione. Si suppone infatti che, essendo
più grandi, sia più probabile che abbiano avuto più occasioni, proprio in
termini di anni di vita, di formare un nucleo familiare, e poi, forse proprio a
seguito di un rapporto problematico con l’alcol, di rovinarlo. Tuttavia sebbene sia noto che il rapporto con l’alcol si possa riflettere negativamente
nelle relazioni interpersonali del soggetto (rapporto di causazione diretta), e
in particolar modo in quelle famigliari, tale osservazione resta solo una
supposizione che questi dati non ci consentono di confermare. L’età in media diversa tra i due campioni, infatti, rende i due universi poco comparabili
da questo punto di vista: è infatti evidente che essendo i segnalati per guida
in stato di ebbrezza più giovani, la loro situazione familiare sia di fatto
maggiormente legata alla famiglia di origine e ancora, non sia troppo appropriato confrontare la percentuale delle situazioni di rottura in caso di
scelte di vita autonoma come indicatori di problematiche relazionali, perché
ad esempio, questa potrebbe essere una caratteristica di tendenza della nostra società, ovvero, esserci una terza variabile interveniente (una diversa
concezione del matrimonio e delle unioni famigliari) a invalidare
l’associazione.
Sempre rispetto al luogo in cui si vive e con chi, da segnalare ancora,
come avremo modo di vedere anche in seguito, una piccola quota di rispondenti fra gli autodiretti che a causa o in concomitanza diretta del rapporto con l’alcol si trovano ad essere abitanti di contesti specifici e istitu110
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zionali (quali le comunità terapeutiche, ricoveri o carceri) o addirittura senza dimora. Tali voci risultano praticamente assenti tra i fermati per stato di
ubriachezza al volante.
Il titolo di studio che caratterizza principalmente il profilo delle persone
con accesso al servizio per via di un colloquio motivazionale risulta essere
primariamente il diploma di scuola media inferiore, rintracciabile per circa
la metà dei rispondenti. Gli altri si bilanciano tra corsi professionali o diplomi di scuola media superiore, ma risulta raro, per non dire eccezionale,
un livello ulteriore di approfondimento scolastico.
I soggetti che si sono rivolti al servizio di Alcologia in maniera diretta
per problematiche legate all’alcol e spontanea, hanno un profilo lavorativo
principalmente connotato da mansioni semplici e con bassa responsabilità:
la quota più rilevante tra essi è costituita da operai semplici (circa 3 su 10)
seguita da impiegati (circa 2 su 10). Tra i lavori autonomi, decisamente non
influenti in questo quadro di sintesi, va tuttavia menzionato “l’artigiano”,
che invece è abbastanza presente tra le voci indicate. Una persona su 10
svolge questa attività e abbastanza vicina è la proporzione manifestata anche nell’altro insieme: imbianchini, muratori, idraulici, ecc.. sono tutti mestieri che tale etichetta riunisce un pò sommariamente e che comportano
una forte compresenza di attività all’aperto/al chiuso, spesso richiedono
spostamento mediante mezzi di trasporto, un tipo di rischiosità elevata se
rapportata agli incidenti possibili sul luogo di lavoro e, ancora, contesti su
cui l’allerta per i consumi alcolici risulta ben presente e nota in letteratura.
Da annotare, operando un breve confronto con l’altro universo, la decisamente maggiore rappresentanza tra chi fa parte del gruppo degli eterodiretti di figure specializzate (tre volte maggiore rispetto a chi ha problemi di
alcol dichiarati) e di contro, il rapporto 3 volte minore rispetto al tasso di
disoccupazione dichiarato. Il che sembra sottolineare come la presenza di
un’abitudine problematica al consumo di alcol sia un deterrente tutt’altro
che insignificante nella capacità di affermarsi da un punto di vista professionale. Questa percezione sembra rivelarsi con particolare attinenza nelle
dichiarazioni rispetto al proprio tenore economico: chi ha problematiche
con l’alcol tali da ricorrere al servizio di Alcologia, dichiara redditi specularmene inferiori a quelli denunciati dai fermati in condizione di ubriachezza “accidentale”: questi ultimi si collocano infatti per circa la metà nella fascia “reddito medio” di contro agli altri che in media si collocano per un
reddito basso (il valore più rappresentato) o medio basso (queste due voci
assieme rappresentano circa l’80% del campione), mentre dall’altra parte,
con reddito medio alto o alto sono praticamente assenti le testimonianze
che invece, seppur non eccessive, risultano possibilità effettive per il campione preso nella sua totalità.
Osservare la famiglia di provenienza dei soggetti intervistati può forse
aiutarci, in ultima battuta, a definire qualche altra osservazione nella misura
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in cui è possibile rilevare una differenza di propensione tra i due universi
rispetto al titolo di studio, la professione esercitata e il reddito dei loro genitori.
Notiamo infatti una caratteristica abbastanza interessante per quanto riguarda il livello di acculturazione formale dei genitori di chi fa parte del
gruppo degli autodiretti: da un lato, forse anche per l’età decisamente adulta dei rispondenti, si tratta di un profilo di studio piuttosto limitato, in quanto caratterizzato per circa la metà dal titolo di studio elementare per entrambe le figure genitoriali. Accanto a questo dato, forse nemmeno troppo
interessante, si aggiunge però che madri e padri delle persone che frequentano il servizio di Alcologia per problematiche alcoliche mostrano in generale un profilo di studio decisamente inferiore a quello indicato dall’altro
universo, con insistenza manifestata nella figura materna.
Sulla scia di questa conformazione, vediamo le professioni svolte dai
genitori: per quanto riguarda il gruppo degli autodiretti, le professioni e le
mansioni sono di natura abbastanza semplice, di esecuzione (funzionari),
legate in parte alla terra (coltivatori) o alla fabbrica (operai) o alla casa (casalinghe), mentre rari se non insignificanti sono i contesti legati al commercio, all’imprenditoria e in particolar modo per quanto riguarda la figura materna che risulta la meno coinvolta in attività lavorative e in particolar modo di tipo innovativo o autonomo.
La percezione del tenore economico della famiglia di provenienza mostra un divario interessante: il gruppo degli autodiretti dichiara di provenire
da un contesto economicamente povero (reddito basso o medio-basso) per
oltre il 60%. Gli altri, il restante terzo si colloca su un livello medio, pochissimi su un livello medio-alto. Diverso l’andamento dell’altro gruppo
che per circa oltre la metà si colloca in fascia media o medio-alta.
3. L’alcol come droga
Una volta che siano state descritte e verificate alcune differenze tra le
caratteristiche distinguenti i due campioni considerati, cominciamo ad osservare come hanno risposto al questionario – elemento in comune – e per
farlo cominciamo con una primaria considerazione: essi sono qui resi confrontabili per una simile condizione rispetto all’alcol. Almeno da un punto
di vista logistico, infatti, essi si trovano in maniera equivalente all’interno
di un servizio di Alcologia, dunque in un contesto specificamente dedicato
ad una prospettiva particolare sull’alcol. In seconda istanza, ma alla prima
ben correlata, aggiungiamo che quella loro presenza al servizio di Alcologia offre una conseguenza che supponiamo ad essa pertinente, sebbene non
scontata: riteniamo infatti che, al momento della somministrazione del questionario e sebbene per ragioni di fondo abbastanza lontane, entrambi han112
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no dovuto ripensare all’alcol in virtù di un suo consumo problematico. Una
cosa hanno pertanto in comune i due universi, ossia il fatto che le potenzialità espressive dell’alcol, oggetto polisemico per i significati e per i contesti
che ad esso possono associarsi, una volta varcato l’ingresso del servizio di
alcologia, siano indubbiamente semplificati e ridotti.
In questi senso, e consapevoli che non è questa la sede più adatta per altro che un accenno5, dobbiamo fare menzione al fatto che sono possibili
plurime letture dell’alcol, non solo in chiave problematica e medica. Esso si
fa alimento, pur dal dubbio valore nutrizionale, così come manifestato tipicamente nel cosiddetto modello di consumo mediterraneo che caratterizza
paesi come l’Italia, in cui prevalente è la chiave di lettura che tradizionalmente parla di alcol e in particolare di vino, come accompagnamento ai pasti; esiste di contro anche una tradizione, di matrice scandinava o anglosassone, in cui l’alcol (birra e superalcolici) riveste in maniera più esplicita un
ruolo legato alla socializzazione ed allo svago, senza per questo incorrere
necessariamente in fenomeni di consumo problematico. Al di là delle distinzioni tra culture asciutte e bagnate, ancora al vino in particolare sono
legati culturalmente momenti rituali della celebrazione sacra, come accade
nell’esempio religioso cristiano, cattolico o ortodosso, e come pure accadeva, se si vuole risalire indietro nel tempo, nella tradizione pagana grecoromana, laddove per propiziarsi gli dèi si poteva ricorrere alle libagioni che
appunto facevano della sostanza preziosa l’elemento di accompagnamento
alla mistica della propria preghiera. Intorno ad un vino ben diverso da quello dalle mense dei nostri avi, nelle nostre società occidentali di oggi, il sapere enologo ha istruito e fortificato un vero e proprio mercato del gusto,
dalle strade diversificate a seconda dei palati e delle capacità di districarsi,
anche economicamente, tra i vari prodotti esistenti e commercializzati.
Questi solo alcuni esempi, insomma, del fatto che quando si parla di alcol
sono diversi i mondi che ad esso possono essere associati, per cui un’ottica
univoca non è affatto assodata. Da qui forse anche la ragione per cui
nell’opinione pubblica tale sostanza solo di recente può essere associata anche al concetto di droga e, di contro, la facilità con cui ne può essere sottovalutata la capacità di sviluppare problemi di breve e lungo periodo.
Su questa scia, ecco come poco ci sorprenda come i soggetti “autodeterminati” al percorso motivazionale, ovvero coloro che hanno intrapreso
5
Il discorso è infatti ampio e ingiusto portarne in questa sede un tentativo di ritratto, che
pure va menzionato perché non risulti eccessivamente autopoietica la lettura che si vuole
offrire della questione dell’alcol, ovvero conchiusa ai servizi per la cura e il trattamento di
una dipendenza. La bibliografia in merito è molto estesa. Si rimanda necessariamente a
qualche testo e autore, quali Ancel e Gaussot [1998], Cottino e Prina [1998], Douglas
[1990], Room [1989], Rutigliano [2007], Simpura e Karlsson [2001], Voller [2007], che per
la ricchezza di rimandi bibliografici e la volontà esplicita di farsi mediatore o ponte tra possibili percorsi culturali, può approfondire meglio la prospettiva accennata.
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un percorso atto ad interrompere il consumo di alcol ricorrendo all’aiuto di
un servizio specifico e qualificato, lo abbiano definito: la quasi totalità barra infatti la voce droga.
Ora, sebbene la possibilità di includere ad esempio la risposta “nutrimento” non sia presentata dalle alternative indicate nella domanda 1 del
questionario, ci pare tuttavia decisamente significativa la percentuale che ci
informa che circa 9 persone su 10 riconoscono all’alcol questa veste, pur se
in un contesto culturale come quello italiano, in cui il vino in primis ha una
lunga tradizione culturale oltre che alimentare, e di cui va ancora sottolineata anche una tipica tradizione geografica, che comporta normale prossimità, oltre che al vino, a grappe e altri distillati a forte gradazione.
Il fatto che l’alcolismo sia in Trentino un problema diffuso in maniera
considerevolmente superiore che in altre parti di Italia, secondo
l’osservazione di alcuni studi comparativi epidemiologici6, può esserne
parziale spiegazione e giustificare la visibilità espressa di questo modo di
inquadrare l’alcol.
L’informazione colpisce, tuttavia, anche perché una quota simile di persone che hanno indicato come droga l’alcol, ha indicato con la medesima
disposizione anche le anfetamine, dotando di simile concezione due sostanze, che pure rimandano a mondi incommensurabili.
Proseguendo a ragionare sull’immaginario di senso che questa classifica
delle droghe consente di ipotizzare, in particolare notiamo poi nel gruppo
dei rispondenti “motivati” o autodiretti come la “prima” sostanza, indicata
per frequenza come droga sia la tradizionale eroina, ossia quella sostanza
psicoattiva che, nell’immaginario comune, viene connotata come la “regina” tra le droghe, riprendendo le osservazioni sagaci di Cipolla [2007a], e
da cui discenderebbero, per traslazione approssimativa, tutte le letture rispetto alle altre droghe, compiendo un errore di livello di analisi7. Colpisce,
al contrario, che tale sostanza sia indicata da un numero inferiore di “eterodiretti”, seppur comunque consistente, per i quali è invece l’ecstasy ad essere rappresentata come prima per frequenza.
Secondo una osservazione di tendenza che ci suggeriscono i dati, un
maggior tempo di frequentazione con il servizio fornisce una maggiore
consapevolezza nei confronti dell’alcol rispetto alla sua possibilità di essere
inquadrato come “droga”. Probabilmente la consuetudine del trattamento
6
Si veda ad esempio l’osservazione comparativa tra i dati rilevati dal Ministero della
Salute sulle schede di dimissione ospedaliera con diagnosi completamente attribuibili
all’alcol e quelli di dimissione trentina: tra i primi e i secondi uno scarto che suggerisce una
propensione decisamente più bassa all’alcol dell’italiano medio rispetto a quello che vive in
queste zone [OGI 2005].
7
Si deve rimandare alla riflessione sviluppata in merito da Cipolla [2007a], e in particolar modo i “luoghi comuni” che caratterizzano il consumo di droga e che vengono resi poco
realistici una volta che le droghe siano scorporate nella loro specificità e peculiarità, e tale
per cui ognuna di esse rappresenta un mondo a se stante.
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che si segue e il suo oggetto specifico, l’alcol, sembra intervenire sul modo
di inquadrare la sostanza. Vediamo infatti un deciso aumento di percentuale
affermativa rispetto all’alcol come droga tra chi frequenta il servizio da
tempo: chi lo frequenta da oltre un anno lo definisce sicuramente alcoldroga, a differenza del campione più recente che sostiene la stessa cosa con
maggiore cautela. Forse ancora più interessante annotare poi, su questa
scia, come le altre droghe legali (nicotina e caffeina) tendano a cambiare di
segno man mano che si frequenta il servizio: da una considerazione più pacata effettuata dai nuovi ingressi, chi frequenta il servizio da tempo, ha invece connotazioni più severe per le droghe legali e, di contro, allenta i giudizi su sostanze che socialmente godono di una certa normalizzazione del
consumo, in principal modo la cannabis [Guarino 2007; Cipolla 2007a].
Di contro, si può notare una minor connotazione delle altre droghe legali
(nicotina e caffeina) ad essere considerate come tali, con una tendenza che
con cautela, ha comunque una esplicitazione meno evidente negli altri soggetti intervistati. Si osserva pertanto come una maggiore enfasi nella distinzione tra il concetto di legale/illegale influenzi le attribuzioni di patente di
“droga” alle varie sostanze psicoattive fornito dal campione degli autodiretti, che tende a considerare tabacco e nicotina meno “droghe” del campione
degli eterodiretti, e considera invece molto più droghe alcune sostanze illegali. Tra queste l’Lsd che, si pensa per ragioni di visibilità storica, ha capacità di essere nettamente categorizzata come droga sia da generazioni giovani, sia da quelle più datate8 (il campione, come si è visto, è di età multiforme se preso nel suo complesso).
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4. Motivazioni del bere, esperienza personale e consapevolezza dei rischi
Se è vero che «ogni sostanza psicoattiva è segnata socialmente e si presenta sotto fogge morali e normative diverse tra loro» [Cipolla 2007b: 192],
l’analisi delle rappresentazioni sociali e dei comportamenti nei confronti
8
L’LSD è una sostanza psichedelica tornata molto di moda negli ultimi tempi, soprattutto tra i consumatori di ecstasy e i politossicomani. Il suo nome comune è “acido”, quello
scientifico “dietilamide dell’acido d-lisergico”. Venne individuato per caso nel 1938 dal
chimico Albert Hofmann mentre questi cercava di replicare chimicamente le proprietà di
una sostanza vegetale usata nel ‘500 dalle levatrici per le perdite di sangue dopo il parto.
Inizialmente sperimentato in diverse situazioni per cercare di capire le potenzialità della
mente umana, prima che ne fosse decretata la illegalità e la messa al bando, ebbe fortuna in
diversi ambiti: si ricordi l’utilizzo pioniere da parte della CIA come strumento di confessione delle presunte spie, ma anche quello decisamente più liberatorio consigliato da Allen
Ginsberg, che in seguito all’uso scrisse poemi ispirati, o quello sperimentale di Timothy Leary, professore di psicologia ad Harvard, che lo testò sugli studenti e ne galvanizzò gli effetti.
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del consumo di alcol non può prescindere dalla legittimazione sociale di cui
gode e dal radicamento che esso ha nella nostra cultura. Le ambivalenze
insite in questa sostanza e nel suo consumo nelle società mediterranee, altrove evidenziate [Rutigliano 2007], restituiscono all’analisi sociologica un
quadro evidentemente più complesso di quello che può emergere
dall’analisi del consumo di altre sostanze psicoattive socialmente disapprovate. Come si è già avuto modo di evidenziare più sopra, fra le sostanze
psicoattive, l’alcol è quella più diffusa, meglio integrata nel contesto sociale e culturale e il suo consumo è legale (ad eccezione di limitate situazioni).
L’alcol viene raramente vissuto, contrariamente alle droghe illegali, come
sostanza marginalizzante, il senso comune vuole che tale sostanza venga
generalmente considerata come un alimento di cui è bene non abusare e colui che eccede nel consumo non viene accostato al tossicodipendente –
come avviene per le droghe illegali.
Un primo interessante elemento che contraddistingue i due gruppi di intervistati al Servizio di Alcologia e li differenzia rispetto ad altri gruppi di
soggetti intervistati in questa indagine si riferisce alle motivazioni per cui le
persone bevono. Le riflessioni teoriche e le indagini condotte a livello nazionale ed europeo9 mostrano che la persistenza nel contesto italiano di una
radicata tradizione culturale di consumi alcolici moderati, incentrati sul vino e collegati prevalentemente ad occasioni alimentari, è progressivamente
affiancata da nuovi modelli di consumo provenienti da tradizioni nordiche,
in particolare tra i giovani. I valori d’uso delle bevande alcoliche e gli atteggiamenti conseguenti si stanno lentamente modificando: alla modalità di
consumo nutritivo-alimentare10 e socializzante del modello mediterraneo
tradizionale si affianca il valore intossicante circoscritto a precisi contesti e
situazioni tipico del modello nord-europeo.
9
Si vedano, ad esempio, le indagini svolte dall’Osservatorio permanente sui giovani e
l’alcol, sono disponibili al sito internet www.alcol.net, le analisi di Cottino [1997], Cottino e
Prina [1997] e Rolli e Cottino [1992].
10
È evidente che si tratta di una funzione attribuita all’alcol dalle consuetudini sociali,
da miti e credenze popolari socialmente costruite e radicate nella nostra cultura, ma che di
converso non ha fondamenti medico-scientifici, tant’è che la stessa Organizzazione Mondiale della Salute contesta tali proprietà dell’alcol, ritenendolo in tutto e per tutto una droga.
La convinzione che le bevande alcoliche abbiano un valore nutritivo si deve quasi esclusivamente all’alcol etilico; nonostante vino e birra contengano alcuni principi alimentari,
essi sono assolutamente insufficienti per il nostro organismo, e la scarsa quantità di proteine,
vitamine e altri importanti costituenti presenti nelle bevande alcoliche porta inevitabilmente,
in caso di consumo prolungato, ad uno stato carenziale di tali sostanze. L’alcol etilico non
svolge, dal punto di vista nutrizionale, alcuna funzione costruttiva (cioè non fornisce elementi necessari per la costruzione o la riparazione delle strutture cellulari), non ha funzioni
regolatrici o protettive ed energetiche, e viene metabolizzato quasi esclusivamente dalle cellule epatiche producendo metabolici tossici e intossicando rapidamente i tessuti di tutto il
corpo.
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Questa tendenza emergente trova un riscontro nei dati raccolti sulle motivazioni per cui le persone bevono, tanto più se mettiamo direttamente a
confronto le risposte degli eterodiretti, di età tendenzialmente più giovane,
con quelle degli autodiretti. Manteniamo per un momento il focus sul primo dei due gruppi: se il carattere socializzante delle bevande alcoliche non
viene messo in discussione e, anzi, rimane prevalente nel loro immaginario,
al contempo si rivela altrettanto forte la componente edonistica11. Infatti, le
due ragioni che raccolgono una proporzione maggiore di intervistati sono il
bere per la compagnia (43,8%) e il bere per divertimento (37,6%): da un
lato, dunque, le persone bevono perché l’alcol facilita le relazioni sociali, la
comunicazione e condivisione delle esperienze, fa sentire a proprio agio e
favorisce il senso di appartenenza al gruppo, dall’altro l’alcol rompe la
normalità della quotidianità e viene circoscritto a determinati spazi e momenti di vita che denotano situazioni di loisir. Il desiderio di uscita
dall’ordinario attraverso il consumo di bevande alcoliche è anche mostrato
dal fatto che oltre un terzo degli intervistati ritiene che le persone bevano
per la ricerca di emozioni, la ricerca degli effetti attesi della sostanza o la
curiosità.
Se si guardano le ragioni che altri gruppi di partecipanti all’indagine
hanno fornito a questa domanda – rivolta però in generale alla sperimentazione di droghe – si nota come la predominanza della componente edonistica sia una costante; al contrario, osservando le risposte degli autodiretti
queste motivazioni hanno un peso di molto inferiore rispetto, ad esempio,
alla funzione anestetizzante e di autocura degli alcolici. La dimensione edonistica, dunque, sembra caratterizzare una specifica cultura generazionale, qual è quella delle classi di età più giovani, per le quali il consumo di
una sostanza piuttosto che di un’altra ha essenzialmente un valore finalizzato e strumentale12. Considerando tutte le ragioni che si riconducono a questo orientamento, la relazione tra l’età dei soggetti e la ricerca del piacere
attraverso le sostanze è evidente e direttamente proporzionale: i giovanissimi (con età inferiore a 22 anni) indicano in 8 casi su 10 uno o più motivi
compresi in questa classe, e proseguendo con le età la quantità di persone
che li indica decresce fino ad arrivare a 2 casi su 10 degli over 54 anni.
La relazione con l’età, al contrario, è inversa per quanto riguarda la funzione autoterapeutica e di estraniazione del bere, ove le bevande alcoliche
vengono considerate un mezzo per ridurre stati psicologici negativi, combattere la solitudine, superare momenti di crisi dovuti a problemi familiari,
11
Gli intervistati potevano indicare fino a 3 motivazioni principali per cui le persone bevono; il 65% degli eterodiretti ha indicato almeno una ragione riconducibile al valore d’uso
socializzante-conviviale, il 53,6% al valore d’uso edonistico, il 47,8% a quello autoterapeutico e il 32,8% al tradizionale-rituale.
12
Si vedano a tal proposito i contributi di Cipolla [2007a, 2008], che problematizzano le
radici del policonsumo.
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economici, sociali o lavorativi. Le ragioni, indicate nel questionario, riconducibili a questo valore d’uso hanno raccolto nel complesso il 47,8% dei
soggetti, distribuiti soprattutto nei due item riferiti ai problemi in famiglia e
alla solitudine. Se, quindi, i giovanissimi indicano tali ragioni in 3 casi su
10, questa proporzione cresce progressivamente fino a raddoppiare negli
over 47 anni. Infine, un peso minore viene attribuito dagli intervistati alla
funzione rituale-tradizionale delle bevande alcoliche, e questo è un elemento trasversale alle diverse fasce d’età, in quanto poco meno di un terzo degli
intervistati indica la tradizione familiare o sociale e l’abitudine come ragioni del consumo di alcol.
Graf. 2 – Motivazioni edonistiche e anestetizzanti per fasce d’età
oltre 54 anni
da 47 a 54 anni
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da 39 a 46 anni
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da 31 a 38 anni
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da 23 a 30 anni
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fino a 22 anni
Motivazioni anestetizzanti
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Motivazioni Edonistiche
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Un’altra sezione del questionario in cui le differenze tra autodiretti ed
eterodiretti si fanno più sostanziose è quella riferita all’esperienza delle
conseguenze negative associate al consumo di alcol. Il questionario presentava alla domanda 6 una serie di domande inerenti la frequenza con la quale
gli intervistati si sono trovati in determinate situazioni o hanno provato determinati sentimenti in seguito al consumo di alcolici: le dimensioni di riferimento, dunque, sono da un lato l’esperienza degli effetti e dei rischi associati al consumo di alcol sulla sfera fisica, familiare e sociale, dall’altro
l’esperienza emotiva e psicologica connessa al comportamento nei confronti della sostanza.
La sensazione che emerge dai dati è che gli eterodiretti presentino nel
complesso un grado di esperienza delle problematicità connesse alla sostanza decisamente più contenuto rispetto a quanto mostrato dagli autodiretti. Questo dato è compatibile con le osservazioni riportate in apertura
nelle quali, evidenziando la diversità nelle caratteristiche sociodemografiche dei due target di riferimento, si è anche accennato alla volon118
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tarietà nel ricorso al servizio che caratterizza le persone che sostengono un
colloquio motivazionale, evidentemente motivato – anche, ma non solo –
dalle conseguenze negative esperite direttamente in seguito al consumo di
alcol.
Pochi dati sono sufficienti per sostenere questa argomentazione. 9 autodiretti su 10 riportano di aver sperimentato disturbi fisici in seguito al consumo di alcol, 6 su 10 hanno avuto la necessità di ricoverarsi in ospedale o
di ricorrere a un medico e 8 su 10 dichiarano di essere stati coinvolti in un
programma di trattamento specifico legato all’uso di alcol. Gli eterodiretti,
al contrario, affermano in 5 casi su 10 di aver avuto disturbi fisici, in 1 caso
su 10 di essere ricorso ai servizi sanitari a causa del bere, e in 2 casi su 10
di aver intrapreso un programma di trattamento per problematiche alcolcorrelate. Allo stesso modo, per quanto attiene alle conseguenze sociali del
consumo di alcol, gli autodiretti dichiarano in quasi il 90% dei casi di aver
avuto problemi in famiglia contro il 40% degli eterodiretti, mentre i problemi sul lavoro sono ammessi da 7 autodiretti su 10 contro 2 eterodiretti
su 10.
Un ulteriore elemento importante nel delineare il profilo dei partecipanti
all’indagine è costituito dalle conoscenze e dalla consapevolezza dei rischi
connessi all’utilizzo di alcol. Innanzitutto, l’alcol viene considerata una
droga dalla maggioranza degli intervistati ma rimane una quota sostanziosa
di persone che non si esprimono o che non la considerano tale. Rispetto alle
altre sostanze psicoattive indicate nella dom. 1, l’alcol (insieme a caffeina e
nicotina), raccoglie una proporzione di soggetti che la considerano una droga comunque inferiore, testimoniando dunque la permanenza in alcune persone di una definizione istituzionale/legalistica del termine droga.
Considerazioni simili possono essere effettuate circa il livello di consapevolezza delle conseguenze derivanti dal consumo di alcol13 (dom. 3) e nel
grado di conoscenza dei rischi sulla salute (dom. 7).
È ormai unanime il riconoscimento da parte della comunità scientifica
dei rischi sulla salute e delle conseguenze sociali e psicologiche del consumo di alcol, che causa una spesa sociale considerevole in termini di perdita
di produttività e costi per la salute, che si riflette sull’assistenza sociale, sul
sistema dei trasporti e della giustizia e il cui peso è stato stimato in circa il
13
Mettiamo qui in rilievo l’utilizzo dei termini “uso” e “consumo” nelle domande del
questionario rivolto ai soggetti con problematiche alcol-correlate (a differenza della dicotomia uso-abuso utilizzata nei questionari elaborati per gli altri target di soggetti). Questa scelta si uniforma al nuovo approccio sul bere moderato dell’Organizzazione Mondiale della
Salute [1992, 1995], adottato anche dal servizio di Alcologia nel territorio trentino, in cui
scompare la tradizionale distinzione tra uso e abuso di alcolici e il bere diventa un comportamento a basso o alto rischio in funzione di diversi parametri (come la frequenza di assunzione e le quantità) e in ogni ambito di vita dell’uomo – socio-relazionale, medico, psicologico, economico.
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5-6% del Prodotto Nazionale Lordo14. Dal punto di vista sanitario, il consumo di alcol è causa di una parte consistente della morbilità e della mortalità e porta all’utilizzo di una quota significativa di servizi sanitari. I problemi maggiori a carico della salute includono ipertensione, malattia cerebrovascolare, tumori (in particolare, a carico delle vie aeree superiori e del
tratto digestivo) e cirrosi epatica, a cui si aggiungono disturbi psichiatrici e
neurologici a carico del sistema nervoso centrale e periferico, disturbi sessuali e del sonno. Da un punto di vista socio-relazionale, inoltre, non sono
sottovalutabili le ricadute che il consumo di alcolici può avere a livello sociale in termini di effetti sull’incidentalità (stradale, domestica e sul lavoro)
e sull’adozione di condotte violente e devianti.
Con riferimento all’indagine, la lettura dei dati mostra un riconoscimento quasi unanime della dannosità dell’alcol per la salute, semmai le sfumature emergono nella scelta dei singoli di cograduare questa osservazione: 3
persone su 10, infatti, considerano l’alcol una sostanza dannosissima per la
salute e il 33,4% circa molto dannosa, mentre poco meno di un terzo di essi
si colloca nella categoria abbastanza. Le analisi mostrano, inoltre, che tale
consapevolezza è indipendente dalle caratteristiche socio-demografiche degli intervistati, in quanto non esistono particolare differenziazioni nelle risposte in base al sesso, all’età, al titolo di studio, alla professione svolta o
alla situazione familiare. Nonostante, dunque, l’alcol sia una sostanza legale con un uso sociale normalizzato, si può ragionevolmente affermare che
gli intervistati non sottovalutano i rischi che il suo consumo può avere sulla
salute, affermazione che trova un riscontro anche nelle risposte alla dom. 7
in cui essi sono stati invitati ad esprimere un’opinione circa la correlazione
tra il consumo di alcol e alcuni disturbi/patologie sanitarie. Quasi i tre quarti degli intervistati, infatti, mostrano un grado di conoscenza molto elevato,
identificando correttamente almeno 8 disturbi sugli 11 indicati come associati al consumo di alcol; il 16% circa degli intervistati ne indica correttamente da 4 a 7, mentre poco meno di un decimo ne individua meno di 4.
Se dal piano generale si passa alla lettura delle singole risposte, si nota
comunque un livello assai difforme nelle conoscenze degli intervistati. Per
quanto concerne le malattie strettamente connesse alle funzioni biologiche,
i tumori costituiscono la conseguenza che viene dissociata dal consumo di
alcol da una proporzione maggiore di intervistati (quasi 4 su 10). A seguire,
i disturbi cardiocircolatori sono considerati poco o per nulla associati al
consumo di alcol per il 17% circa degli intervistati, mentre i danni al fegato
e i danni al feto in gravidanza15 costituiscono le patologie maggiormente
14
Si veda, a tal proposito, la pubblicazione Economie e diseconomie dell'alcol
dell’Osservatorio Permanente su giovani e alcol, in cui viene riportato il primo studio metodologico sui costi sociali dell'alcol in Italia.
15
Si precisa che, comunque, la domanda riferita ai danni al feto in gravidanza presenta il
più alto numero di dati mancanti (35).
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riconosciute (rispettivamente, solo il 3,7% e l’8,3% le ritiene poco o per
nulla associate al consumo di alcol). Su questo gruppo di domande pare esistere, tra gli intervistati, un livello relativamente omogeneo di conoscenze
dei danni sulla salute dell’alcol, che non presenta differenziazioni di rilievo
tra i due sottogruppi di soggetti (autodiretti ed eterodiretti), né associazioni
significative con lo status socio-culturale, con l’età e le altre principali variabili socio-demografiche.
Analoghe considerazioni possono essere fatte sui due item della batteria
di domande riferiti all’incidentalità sulle strade e sul lavoro. Tra queste due
conseguenze di breve periodo è la seconda ad essere maggiormente sottovalutata come conseguenza del consumo di alcolici, in quanto il 16% circa
degli intervistati la ritiene poco o per nulla associata a tale comportamento
(a differenza del 9% per il primo item).
Rispetto, infine, al gruppo di disturbi correlati con l’interferenza
dell’alcol nella normale attività del sistema nervoso centrale, si nota come
siano i disturbi della sfera sessuale e della memoria ad essere maggiormente dissociati dall’uso di alcol: accade per oltre un terzo degli intervistati, per
il primo item, e per quasi un quarto per il secondo. A seguire, il 15% degli
intervistati nega che l’alcol si correli a disturbi del sistema nervoso centrale
e il 17% alla depressione.
Infine, nella dom. 3 si è proposto agli intervistati di esprimersi circa la
capacità dell’alcol di determinare dipendenza e di causare danni nella vita
delle persone. Rispetto a questo punto, le differenze tra autodiretti ed eterodiretti si fanno più sostanziose, in quanto i primi mostrano un livello di
consapevolezza decisamente superiore ai secondi, segno che l’esperienza
diretta delle conseguenze del proprio rapporto con la sostanza può incidere
in modo significativo sulla dimensione cognitiva.
5. Le proposte di intervento
Un altro argomento estremamente importante ai nostri fini è l’opinione
circa le modalità e gli strumenti attraverso cui possono essere contrastate le
conseguenze negative derivanti dal consumo di alcol e delle sostanze psicoattive illegali (dom. 4).
Nel dibattito scientifico e politico degli ultimi anni sulle soluzioni più
adeguate a fronteggiare l’uso di sostanze psicoattive si sono alternate e sovrapposte diverse posizioni, lungo un continuum che va da un polo proibizionista, per il quale il consumo di alcol non è ammissibile né raccomandabile per l’elevato grado di tossicità della sostanza, ad un polo permissivistapromozionale, in cui l’uso di alcol viene promosso per i suoi effetti protettivi sulla salute (a bassi dosaggi).
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Scorrendo velocemente i numeri del questionario si ha la sensazione che
se da un lato le posizioni che richiamano l’importanza della prevenzione
sono accolte di buon grado da una porzione molto rilevante di intervistati,
dall’altro vengono espresse posizioni contrastanti in merito agli orientamenti che denotano le due polarità repressiva e permissiva, più eterogenee
ma comunque orientate al proibizionismo. Quest’ultima considerazione
trova sostegno nella costruzione di un indice sintetico16 che considera congiuntamente gli item riferiti all’orientamento proibizionista e a quello permissivo, da cui emerge che oltre il 69% dei soggetti manifesta una posizione repressiva e poco più di un quarto un orientamento repressivo, mentre
per poco meno di un decimo degli intervistati le posizioni sono sostanzialmente in equilibrio.
Ma entrando nel dettaglio delle singole domande, si evidenzia che
l’affermazione che raccoglie i pareri più favorevoli rispetto a tutti gli item
compresi in questa batteria di domande si riferisce alla responsabilità delle
agenzie di socializzazione (scuola e famiglia) nell’educare i giovani
sull’alcol, nella quale oltre i tre quarti degli intervistati si esprime nettamente in accordo (il 34,7% del tutto e il 43,8% molto d’accordo) e un 8%
circa ne è in disaccordo. Similmente, ma con una quota di adesioni un pò
inferiore, oltre il 60% degli intervistati ritiene che la diffusione delle informazioni sui rischi collegati al consumo di alcol limiterebbe i problemi ad
esso connessi, e i restanti due quinti si distribuiscono equamente nelle posizioni di contrarietà e neutralità. Si tratta di due affermazioni nelle quali non
esistono differenziazioni di rilievo tra gli intervistati sulla base delle principali caratteristiche sociali e demografiche, o sulla base del livello di problematicità nel consumo di alcol, tant’è che i numeri rilevati per autodiretti
ed eterodiretti sono molto simili. Si scorge, però, un livello di scetticismo
lievemente maggiore sulle possibilità di arginare a monte i problemi derivati dal consumo di alcol nei giovanissimi (al di sotto dei 25 anni), che si ritrovano in disaccordo con queste affermazioni più frequentemente degli anziani.
Proseguendo con l’analisi delle risposte e prima di entrare nel merito
delle differenze rilevate nelle soluzioni repressive/permissive, una considerazione va alla distribuzione di risposte all’affermazione la maggior parte
dei consumatori di alcol è in grado di autolimitare il proprio consumo, uno
dei punti in cui le differenze tra gli intervistati sono più evidenti, soprattutto
in riferimento al livello di problematicità personale percepita nel rapporto
con la sostanza. Se si osservano i dati limitandosi alle risposte fornite da
coloro che loro malgrado si trovano presso il servizio (gli eterodiretti), si
nota comunque una proporzione consistente e pari a poco meno della metà
degli intervistati che si manifesta contrario a questa affermazione, mentre
16
Si rimanda all’appendice metodologica per i dettagli sulla costruzione dell’indice.
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quasi un quarto si ritiene d’accordo e il 28,5% di essi si mantiene neutrale.
Se si mettono però, in relazione questi dati con le risposte fornite dagli autodiretti, che propendono decisamente per quasi il 70% verso la contrarietà
con l’affermazione, si può ragionevolmente affermare che i primi abbiano
un atteggiamento meno disincantato. La discriminante tra i due gruppi di
soggetti, come accennato in apertura, risiede nella volontarietà del ricorso
al servizio e, dunque, nell’acquisizione o meno di consapevolezza della
problematicità del rapporto personale con la sostanza; dunque, pensando
che i soggetti nel rispondere a questa domanda si sono riferiti anche alla
propria esperienza personale, si può affermare che è proprio quest’ultima
ad incidere significativamente sull’opinione circa le capacità di controllare
la sostanza. Infine, da notare in questo gruppo di intervistati la distribuzione
delle risposte secondo l’età. Si nota, infatti, una certa distanza nelle risposte
tra i giovanissimi e i più anziani nel senso che al crescere dell’età aumenta
la percezione che i soggetti siano in grado di controllare il consumo di alcol: oltre la metà degli under 24 è contrario con questa affermazione contro
il 40% degli over 44, mentre il 13% dei primi e il 31% dei secondi se ne dichiarano in accordo. Questo dato può in apparenza sembrare dissonante rispetto a quanto il senso comune porterebbe a pensare, che vedrebbe invece
un rapporto inverso tra età e grado di accordo con questa affermazione, ma
viene comunque sostenuto dalle indagini sociali che mostrano come, generalmente, alla scarsa percezione del rischio tra i giovani si accompagni un
buon livello di informazione sulle sostanze.
L’ultimo punto importante da trattare si riferisce alla già accennata eterogeneità nelle risposte degli intervistati agli item denotanti orientamenti di
tipo repressivo e di tipo permissivo verso la soluzione dei problemi connessi al consumo di alcol. Lungo il primo polo, l’item che trova un accordo
maggiore tra gli intervistati richiama la necessità di una legge più severa
per controllare il consumo di alcol nei giovani; infatti, i tre quinti si esprimono in favore di questa affermazione e i restanti due si distribuiscono
quasi equamente tra neutralità e contrarietà.
Seguono, sempre lungo la linea di intervento proibizionista repressiva,
la necessità di regolamentazione della vendita, nella quale si nota una leggera prevalenza di persone che la ritengono una soluzione al problema
dell’alcol (7 punti percentuali circa), e l’affermazione che la pericolosità
insita in tutte le sostanze, legali e illegali, dovrebbe portare alla loro proibizione, nella quale la prevalenza è al contrario leggermente in favore del disaccordo (7 punti percentuali circa).
Come ci si può aspettare, la propensione a considerare una soluzione al
problema dell’alcol l’inasprimento delle leggi, la regolamentazione della
vendita e la proibizione di tutte le sostanze psicoattive è associata con l’età
degli intervistati, il titolo di studio e la professione, vedendo così per ognuna delle domande considerate una maggiore predisposizione alla repressio123
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ne le persone più anziane, con uno status professionale e un livello di istruzione bassi.
Lungo la linea di intervento orientata al permissivismo, al contrario, non
si notano queste differenziazioni, rimanendo l’accordo sulle affermazioni
ivi comprese generalmente limitato a meno di un quinto dei rispondenti e
non associato alle diverse variabili socio-demografiche: le sole sostanze illegali costituiscono un problema per il 18% degli intervistati,
l’affermazione che se le persone assumono alcol è affar loro trova un accordo di quasi il 19% degli intervistati e l’affermazione che ognuno dovrebbe essere lasciato libero di assumere sostanze se non crea problemi agli
altri è valida per il 21% scarso dei rispondenti.
6. Colloquio motivazionale e percorso di trattamento
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In questo paragrafo sono prese in considerazione le opinioni specifiche
sull’impatto del servizio locali predisposti per la presa in carico di problematiche di disagio legate all’alcol.
Il percorso specifico che queste persone seguono è caratterizzato per la
gran parte dei casi da un programma stabilito e svolto con
l’accompagnamento del Servizio di Alcologia, che pertanto è il soggetto
primario coinvolto nel trattamento delle problematiche alcolcorrelate (8 casi su 10). Esso rappresenta il primo referente territoriale per l’espletamento
delle attività secondo una logica di intervento capillare, svolta per distretto.
I Servizi di Alcologia dislocati nel territorio della provincia autonoma di
Trento risultano essere 11. Tali servizi provvedono alla diagnosi e
all’individuazione del percorso specifico di trattamento che le persone con
problemi legati al consumo di alcol potranno adottare. In questa direzione,
lo strumento principale di cui si serve il Servizio di Alcologia è il “colloquio motivazionale”.
Vediamo di che si tratta: la base teorica di questo strumento di intervento e di indirizzo è offerta dal “modello transteorico degli stati del cambiamento”, elaborato oltre 20 anni fa [Prochaska e Di Clemente 1984]17. I soggetti che hanno problemi nei confronti delle sostanze d’abuso possono gio17
Il modello transteoretico del cambiamento (TTM) è stato sviluppato nella psicologia
della salute e spiega come prefigurare il successo o l’insuccesso di una persona nel mettere a
segno un cambiamento relativo al proprio comportamento, sviluppando ad esempio nuove e
diverse abitudini, e abbandonando le precedenti.
Questo modello attualmente (TTM) è il più popolare utilizzato della psicologia [Horwath 1999], in quanto ha provato in una ampia casistica più o meno complessa di situazioni
in cui era necessario modificare comportamenti scorretti radicati, la capacità di intervenire
per un cambiamento (tra questi, il principale è lo smettere di fumare, ma è stato utilizzato
anche nei regimi alimentari volti alla perdita di peso, in situazioni legate alla cocaina per
smetterne l’uso, nell’uso di preservativi, ecc. [Prochaska et al. 1994].
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varsi di un incremento della motivazione al cambiamento offerto appunto
dal colloquio, durante il quale avviene una primaria e necessaria descrizione degli stadi e del ciclo del cambiamento che produce la dipendenza. Di
conseguenza, stabilire l’alleanza terapeutica tra operatore e paziente rappresenta il punto di forza per contrastare il ritorno al comportamento di dipendenza e al contempo risultare il punto di forza per un cambiamento mirato.
Secondo alcuni studi italiani, quando un soggetto arriva al servizio specialistico per il trattamento di una tossicodipendenza da alcol, il tipo di dipendenza sviluppata risulterebbe più avanzata rispetto ad un’eventuale consulenza richiesta presso il medico di medicina generale: in questo contesto,
dunque, proprio il puntare sull’accrescimento della motivazione può risultare determinante che non in fasi più precoci o meno conclamate
[D’Alessandro et al 1999].
Lo scopo principale del colloquio è quello di descrivere la situazione di
disagio della persona e eventualmente di quelle che a lui ruotano attorno, in
particolare la sua famiglia. Viene in questo ambito approfondita la motivazione che il soggetto deve/vuole rendere base per “cambiare”, e il percorso
per farlo viene condiviso tra operatore e soggetto. In questo modo vengono
anche proposte al soggetto le diverse strade terapeutiche disponibili, ovvero
viene progettata la co-costruzione di un vero e proprio programma alcologico finalizzato alla riabilitazione del soggetto. Possono pertanto essere individuati più incontri con il servizio stesso, per la verifica e per il supporto
del programma stabilito, e spesso avvalendosi della collaborazione di più
soggetti realizzando allo scopo quello che viene definito come “lavoro di
rete”, ad indicare la sinergia di intenti tra più attori. Pertanto, assieme al
Servizio di Alcologia, altri soggetti concorrono nel sostegno del soggetto e
della sua famiglia, soggetti che nascono dal territorio e per vocazione, in
una ormai assestata tradizione di autocura che si radica nel cosiddetto terzo
settore, o meglio co-settore [Cipolla 1999], scegliendo questa terminologia
per sottolineare la logica trasversale e non subordinata con cui tali soggetti
operano. Si parla pertanto di logica di collaborazione tra i servizi specialistici e gruppi di auto-mutuo-aiuto.
Rispetto a quanto emerso dal questionario, vediamo che sono due le realtà di co-settore sviluppate e accreditate sul territorio: i CAT, club degli
alcolisti in trattamento, che offrono sostegno a oltre la metà delle persone
che si rivolgono al centro di Alcologia, mentre gli AA (alcolisti anonimi), o
altre strutture del privato sociale, che ricoprono percentuali decisamente
minori (nell’ordine del 10%).
La più diffusa realtà di co-settore nel territorio provinciale di Trento,
stando alle cifre individuate, è rappresentata dai CAT, ovvero i Club degli
Alcolisti in Trattamento che si basano su un modello psico-medico-sociale
complesso, così come definito da Hudolin, il suo fondatore iniziale [1993].
Tali “club” sul territorio provinciale nel 2006 erano ben 175.
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Tale modello si radica in vere e proprie “comunità multifamiliari”, costituite da almeno due e al massimo dieci famiglie con persone con problemi alcol-correlati. Queste comunità si incontrano settimanalmente con un
operatore appositamente formato al fine di promuovere nella famiglia un
processo di cambiamento negli stili di vita, a partire dall’assunzione di alcol. I singoli CAT poi, sono collegati fra loro in una stretta organizzazione
a livello locale, regionale e nazionale e si occupano anche della gestione
dell’informazione sul territorio variamente correlati alle tematiche
dell’alcoldipendenza.
Svolgono una grande attività, che può essere testimoniata dal fatto che
per il solo 2006, circa 240 famiglie hanno partecipato agli eventi informativi da loro messi a segno. Si tratta di incontri che hanno finalità più ampie
della stretta presa in carico del soggetto con problemi di dipendenza da alcol. Per questa ragione gli incontri dei CAT li possiamo distinguere in:
- incontri/attività di primo modulo: sono incontri in cui si approfondisce
l’informazione delle conseguenze dell’alcol da un punto di vista dei suoi
effetti sull’individuo, la sua famiglia, la comunità, rivolti alle famiglie entrate di recente in un CAT;
- incontri/attività di secondo modulo: sono incontri in cui avviene
l’aggiornamento delle persone interessate e delle loro famiglie, sulla metodologia dei Club e sull’andamento dei programmi a livello provinciale.
Di tradizione più antica e vocazione “spirituale” [Bateson 1976], i
Gruppi di Alcolisti Anonimi – A.A.- mettono in scena una sorta di “terapia
di gruppo”, meglio assimilabile alla socioterapia [Cipolla 1998]. La mancanza di personale specialistico che guidi il percorso, tuttavia, richiede più
attenzione nella definizione. Meglio forse allora inquadrare lo spontaneismo di tali incontri per il portato della confessione pubblica che li caratterizza e per l’effetto catartico che il raccontare di sé, agli altri, può provocare
alle persone, così come la scoperta della simile esperienza altrui che rende
meno alieno il soggetto, anche a fronte della peculiarità delle esperienze
che vengono riportate, accomunate tuttavia dal comune denominatore del
“bere”.
L’elemento caratterizzante è quello di conferire un intenso valore spirituale alla vita dell’alcolista, pur essendo un’organizzazione laica e priva di
dogmi. Sono 12 le tappe che il programma di guarigione prevede, ognuna
delle quali rimanda ad un livello si approfondimento superiore e ad un forte
supporto della rete. Gli A.A. sono infatti affiancati, oltre che dall’insieme
dello stesso gruppo di persone che cercano riparo dall’alcol, o che l’hanno
cercato e trovato in passato e continuano a restare nel gruppo, anche dai
familiari degli alcolisti stessi, che costituiscono il gruppo degli Ala Anon,
con un ruolo di notevole importanza.
Tra gli obiettivi proposti dal progetto terapeutico erogato dal servizio a
cui la persona aderisce, quello prioritario e che emerge con maggiore forza
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di indicazione da parte degli stessi intervistati è l’ “Astinenza”, ossia la riduzione completa del consumo di alcol.
A riguardo va precisato che, sebbene le differenze sopra esposte riguardano CAT e A.A., entrambe le realtà hanno quale presupposto inderogabile
l’astinenza completa dall’alcol. Questo aspetto, come possiamo vedere, è
ben rappresentato dal nostro campione di rispondenti e costituisce uno dei
primi obiettivi che le percorse che intraprendono un trattamento di cura
dall’alcol sembrano concordare.
Obiettivi condivisi. La percentuale tra i soggetti intervistati di chi asserisce l’astinenza quale primario obiettivo condiviso all’interno della strategia
praticata per la soluzione dei propri problemi alcolcorrelati, è decisamente
consistente. Lo sostengono 8 soggetti sui 10 intervistati cosicché la prospettiva della moderazione legata ad un futuro consumo di alcol (che in alcuni
documenti viene intesa quale politica di “riduzione del danno”18), non pare
emergere come idea condivisa da parte dei soggetti che stanno intraprendendo un trattamento specifico. Come è acclarato nell’esperienza di una
lunga tradizione astinenziale che fa capo a tutti gli approcci di natura socioterapeutica, l’ipotesi del poter continuare a bere “ogni tanto”, una volta che
si è stati alcolisti, non risulta sostenibile perché li condurrebbe di nuovo alla perdita di controllo con l’alcol. Questo diventa chiaro anche nelle idee di
chi intraprende e persegue un percorso con i servizi di alcologia. Va tuttavia sottolineato che questo approccio è peculiare e necessario in caso di
soggetti coinvolti in una condizione problematica di consumo alcolico che
si prestano alla fuoriuscita da un precedente stadio di dipendenza alcolica,
come di contro è noto che il bere moderato appartiene ad una gran parte
della popolazione civile del nostro Paese.
Il “non bere”, come limite, può diventare punto di forza, dato dalla sua
consapevole acquisizione. Come si evince dalle dichiarazioni, i soggetti che
intraprendono un trattamento specifico mirano (o comunque si obbligano a
puntare) infatti all’eliminazione totale del consumo di alcol, sapendo forse
che vie intermedie risulterebbero particolarmente ardue da realizzare per
chi è stato alcolista, ossia per chi ha, proprio nella capacità di “moderare” il
controllo della sostanza alcolica il suo primario problema. In questa decisa
affermazione del campione si può riconoscere l’attività dei gruppi di co18
In questa ipotesi di riduzione del danno rientra lo stesso concetto di “bere moderato”
così come paventato in quasi tutti i rapporti ufficiali dell’OMS. L’assunto di base, più o meno condivisibile, si fonda sull’asserzione di impraticabilità circa l’eliminazione totale del
consumo di alcol, che risulterebbe eccessiva o irrealistica secondo quanto alcuni soggetti
evidenzierebbero nei loro percorsi e che sarebbe pertanto la causa di riduzione di opportunità di curarsi da una dipendenza. In questo senso la possibilità di non interrompere completamente, ma di mantenere un rapporto con la sostanza alcolica appare ad alcuni osservatori
un migliore incentivo di natura opportunistica di quello supportato dal concetto di “astinenza” [Heather 1995]. Va qui ancora una volta sottolineato che l’ipotesi è contrastata per efficacia e praticabilità da molti studi autorevoli.
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settore, Cat e A.A., che probabilmente hanno la capacità pervasiva tipica
dei rapporti tra pari, a differenza di quelli asimmetrici che ad esempio si
vengono a caratterizzare con il medico, e grazie a questi riescono a rendere
sentiti come condivisibili i loro obiettivi perché, una volta che la persona
entra a farne parte, egli diventa uno di loro [Sournia 1991: 232].
Più tiepida l’aderenza rispetto agli altri obiettivi, che seppur ben indicati, ci fanno capire che la ragione principale e con essa lo scopo fondante del
ricorso ai servizi sta proprio nell’interruzione di una dipendenza da una sostanza, l’alcol, con cui le persone vorrebbero recidere ogni tipo di legame.
Smettere di bere, in questo senso, sembra essere la conditio sine qua non
saranno possibili altri auspicati obiettivi, come una riduzione dei problemi
famigliari, in primis, poi dei problemi legali o sociali e ovviamente della
sofferenza fisica che tale dipendenza può provocare.
In generale pare che i rispondenti risultino ben predisposti nel valutare il
servizio che stanno ricevendo, sin dall’accoglienza che nell’opinione maggiormente diffusa è stata particolarmente adeguata e tale per cui, anche a
fronte di questa sola esperienza, le persone riescono già ad affermare di aver trovato l’aiuto adatto e capace di contrastare il problema esperito con la
sostanza alcolica. In particolare ad emergere sono le doti umane e di comprensione del gruppo di persone con cui i soggetti hanno a che fare, in
quanto i rilievi sul personale/operatori risultano molto marcati e mai contraddetti nei diversi passaggi in cui si chiede una opinione del cittadino in
merito. Aspetti come la fiducia e la possibilità di trovare comprensione in
termini umani ma anche specifici rispetto alle problematiche che la dipendenza da alcol può sviluppare, risultano infatti ben delineati tanto che si
può sostenere che questo sia il punto di forza che caratterizza il servizio
nell’opinione della popolazione consultata.
Anche l’informazione erogata rispetto al trattamento che la persona sta
seguendo risulta più che esaustiva e sono pochi i soggetti che si sono trovati delusi rispetto al trattamento, mentre di contro, sono decisamente emergenti le opinioni di chi non è per niente d’accordo sul fatto di non aver ricevuto l’aiuto che sperava di ottenere e che dunque si manifesta più che
soddisfatto almeno per quanto riguarda l’andamento del primo colloquio
presso il servizio di Alcologia.
In realtà, tra gli intervistati un terzo di questi non ha avuto modo di frequentare il servizio oltre a questo primo colloquio. I restanti due terzi (che
ai numeri effettivi, tuttavia, si riducono a poco più di 40 soggetti, il che
spiega come mai la trattazione che daremo in seguito sarà assolutamente
per somme questioni e non si addenterà in percentuali o puntualizzazioni
più minute) frequentano invece il servizio da più tempo, da 1 mese sino a
più di un anno (la percentuale più consistente si trova qui, e corrisponde a
circa la metà dei rispondenti).
Il tempo, nello specifico, sembra mantenere se non rafforzare la buona
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opinione che le persone mostrano nei confronti del servizio. La comprensione da parte degli operatori manifestata verso le esigenze di aiuto della
persona, così come di contro l’informazione sul trattamento offerta dal personale al soggetto, risultano nel tempo ben rinsaldate, così come la relazione specifica di aiuto instaurata con gli operatori. Le persone si sentono seguite e comprese e nel caso, sanno anche come rintracciare facilmente gli
operatori utili per il loro sostegno.
A questi soggetti che frequentano da più tempo il servizio è stato poi
chiesto un parere rispetto alle infrastrutture e all’organizzazione del servizio stesso, giacché si presumeva avessero avuto l’occasione di fornirsi di
un’opinione in merito. A riguardo, si può innanzitutto sottolineare come si
tratti di aspetti comunque meno legati al servizio specifico di presa in carico della persona per via del suo problema con l’alcol, e per quanto la soddisfazione mostrata sia presente praticamente verso tutte le voci, non pare sia
questo l’aspetto che entusiasma o che interessa prioritariamente i soggetti,
che in generale su questi aspetti diremmo “collaterali” non si pongono quasi oltre al livello della “soddisfazione” di contro agli item specifici della
presa in carico per cui le voci sono abbondantemente corredate dal massimo della soddisfazione possibile. Nello specifico: parcheggi, orari di apertura spazi per l’attesa, informazioni nella bacheca o nei poster, locali come
uffici o corridoi o infermeria, rispetto della riservatezza, pulizia dei servizi
igienici, tempi di attesa fra la prenotazione e la prestazione sembrano costituire elementi piuttosto neutrali nel caratterizzare il gradimento del soggetto
verso il servizio che riceve. Unica eccezione, il rispetto della riservatezza,
elemento che viene connotato da una grande soddisfazione, forse a confermare ancora una volta che il punto vincente di questo servizio pare essere
decisamente l’apporto umano e la qualità delle relazioni interpersonali. Nel
complesso, per quanto riguarda gli elementi più “freddi” sopramenzionati e
come detto, meno caratterizzanti il servizio di per sé, si possono comunque
annotare i picchi, da un lato in negativo e dall’altro in positivo. Nel primo
caso, l’annotazione sui parcheggi è tale per cui si può sostenere che le persone sembrano essere scarsamente o limitatamente soddisfatte su questo
versante; dall’altro lato, due sono le voci che emergono con particolare annotazione di positività: il grado di pulizia degli ambienti e, ancora, il tempo
di attesa fra prenotazione e prestazione erogata. Un caso raro in sanità, eppure come testimoniato dal questionario, possibile. Del resto, per quanto
concerne le altre voci, le differenze numeriche sono così esigue tra un item
e l’altro che risulta impossibile avanzarne una descrizione più accurata.
Più interessante a questo punto considerare quali sono i cambiamenti
che la frequentazione del centro di Alcologia e comunque di un percorso
terapeutico legato al trattamento delle problematiche alcolcorrelate, ha reso
in qualche modo possibili nella vita del soggetto. In generale non paiono
emergere elementi di peggioramento, per cui è benefico l’effetto
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dell’intervento che sembra influire su tutte le voci menzionate, fatto salvo
la condizione economica che non pare essere particolarmente intaccata, ovvero modificate in positivo.
La salute è il primo aspetto indicato in questo senso, a cui ci si riferisce
sia come benessere psicologico che come variabile organica. Questa positività si riflette anche nel rapporto che l’individuo intrattiene con se stesso:
l’autostima infatti risulta positivamente intaccata dal trattamento in corso e
questo perché probabilmente sono buoni i risultati che si stanno ottenendo
o comunque lungo gli obiettivi proposti, che va ricordato sono principalmente l’eliminazione del comportamento alcolico. Questo benessere ritrovato probabilmente è tale da riflettersi anche nel rapporto che la persona
intrattiene con l’altro da sé più significativo, e in particolare a risultare beneficiato dal trattamento “per riflesso”, sono le relazioni con la propria famiglia, in primo luogo, dunque il rapporto con il partner e con gli amici.
Un’ultima osservazione va per chi ha fatto esperienza in una Comunità.
Si tratta di relativamente pochi soggetti, dunque statisticamente le osservazioni non hanno alcun senso, ma per quanto riguarda i soggetti intervistati
l’opinione in merito è nel complesso più che soddisfacente. Innanzitutto,
l’informazione ricevuta sul trattamento e l’accoglienza, ovvero i primi step
dell’ingresso in comunità terapeutica, non hanno costituito fonte di problematiche, ma sono risultati complessivamente soddisfacenti. Anche qui, tuttavia, l’aspetto rilevato con maggiore enfasi e connotazione di ampia soddisfazione sono le caratteristiche umane e la capacità relazionale instaurata
grazie agli operatori: la fiducia che le persone manifestano nei loro confronti e la convinzione che siano veramente in grado di capire e di aiutare
rispetto al problema di uso di sostanze quali l’alcol risulta in effetti primario. Questa “vicinanza” tra operatore e soggetto rende meno evidenti o attenua altri fattori che così diventano assolutamente di secondo piano, come il
tempo e il numero di visite/colloqui effettuati, che probabilmente si vorrebbe più esteso o più intenso, richiesta che comunque risulta sopperita dalla
più che adeguata qualità della relazione terapeutica, così come viene rilevata.
7. Riflessioni conclusive
Dall’indagine sulla “vision” delle persone afferenti ai Servizi di Alcologia riguardo all’alcol e le problematiche alcolcorrelate emerge che esiste un
discreto livello di informazione generale sia sulla sostanza alcol che sulle
conseguenze che essa può causare.
È importante comunque sottolineare come la maggior parte delle persone, siano esse utenti inviati per la consulenza alcologica a seguito del ritiro
della patente per guida in stato di ebbrezza (eterodiretti), sia persone che si
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rivolgono ai Servizi di Alcologia per problemi alcolcorrelati importanti (autodiretti), ritenga che un’informazione più diffusa ridurrebbe i problemi
collegati al consumo di alcol.
Qualche discrepanza del livello di informazione tra gli utenti eterodiretti
e autodiretti può trovare spiegazione anche nel fatto che alle persone con
problemi alcol correlati che si rivolgono al Servizio di Alcologia per colloqui motivazionali nei primi mesi di frequenza ad un Club degli Alcolisti in
Trattamento viene proposta la frequenza ad un ciclo di sette incontri informativi nel corso dei quali vengono illustrati vari aspetti della sostanza alcol,
il concetto di droga, le conseguenze fisiche, psicologiche, sociali e famigliari del consumo di alcolici.
Dall’indagine emerge, inoltre, un dato estremamente importante circa la
valutazione data dagli utenti del loro contatto con i Servizi di Alcologia e
l’opinione che hanno del Servizio e degli operatori che risulta essere molto
positiva. Infatti, una spiccata maggioranza riferisce fiducia negli operatori,
si è sentita ben accolta, capita, ben informata, ha ricevuto l’aiuto sperato e
si è sentita seguita.
È importante sottolineare come le persone con problemi alcolcorrelati
riferiscono il cambiamento della loro vita dopo essersi rivolti al Servizio di
Alcologia e aver iniziato il percorso di trattamento suggerito. La grande
maggioranza delle persone riferisce un miglioramento delle relazioni famigliari, della salute, del benessere psicologico, dell’autostima, della fiducia
nel futuro e della qualità della vita.
Si può ritenere che queste ultime considerazioni associate alla buona opinione che le persone hanno degli operatori dei Servizi di Alcologia possano essere motivo di soddisfazione per il servizio sanitario provinciale e
motivo a proseguire e migliorare.
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Il mondo sommerso dei consumatori di droghe: i
segnalati al NOT
di Alessia Bertolazzi e Nadia Gadotti1
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L’ambito di studio del presente contributo verte su uno specifico sottocampione di intervistati. Non si tratta di soggetti che afferiscono ai servizi
preposti per la cura delle dipendenze, bensì di persone che vengono segnalate al Nucleo Operativo Tossicodipendenze (NOT) perché in possesso di
sostanze illegali. Quindi – presumibilmente – ci riferiamo a persone consumatrici di sostanze psicoattive, il cui rapporto con le sostanze resta controllato o, quanto meno, non viene riconosciuto come problematico.
Con la somministrazione dei questionari presso gli uffici del NOT, è stato possibile raggiungere quella particolare sotto-popolazione dell’universo
degli assuntori di stupefacenti che resta per lo più sommersa e nascosta ai
servizi; e che, con ragionevolezza, ne costituisce la gran parte.
Prima di procedere con la descrizione e l’interpretazione dei risultati
dell’indagine, è opportuno fare una breve digressione sulle evoluzioni del
quadro normativo italiano in merito ai reati correlati al consumo/spaccio di
sostanze illegali e sul ruolo specifico che in tale sistema ricopre il NOT.
1. Il Nucleo Operativo Tossicodipendenze nel quadro normativo italiano
L’attuale disciplina normativa italiana in materia di stupefacenti è raccolta nel Testo Unico D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, nel quale gli articoli del
precedente sistema legislativo sono stati integrati e modificati dopo
l’emanazione della legge 26 giugno 1990 n. 162 e più recentemente della
legge 21 febbraio 2006 n. 49.
La normativa italiana ha costantemente considerato la produzione ed il
traffico illecito di stupefacenti come reato, adottando misure repressive e
1
I paragrafi 1 e 2 sono stati redatti da Nadia Gadotti; il 3 e il 4 da Alessia Bertolazzi.
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sanzionatorie sempre più incisive, sulla base anche di convenzioni internazionali, mentre ha previsto per il consumo di droghe provvedimenti molto
differenti nel corso degli anni.
La prima legge sulla droga, la l. 396 del 18 febbraio 1923, considerava il
consumo di droga come un “vizio” e la punibilità del consumatore era prevista qualora la sua condotta rappresentasse un pericolo per l’ordine pubblico.
Con la l. n. 1041 del 1954 il consumatore di stupefacenti veniva equiparato al produttore e allo spacciatore in una visione puramente repressiva del
problema.
Con la diffusione della droga in Italia caratterizzatasi negli anni ’60,
emerse sempre più la necessità di un intervento politico che tenesse conto
anche degli aspetti socio-sanitari del fenomeno droga. Con l’emanazione
della l. 22 dicembre 1975 n. 685 si partì dalla consapevolezza che i consumatori di droga avessero necessità di un supporto medico, psicologico e sociale e che, quindi, la tossicodipendenza – considerata come condizione patologica – non costituisse solamente un comportamento antisociale da reprimere. Pur ribadendo l’illiceità della detenzione di droga, la legge contemplava un’ipotesi di non punibilità, caratterizzata da due elementi essenziali: uno soggettivo, legato alla finalità di “uso personale” non terapeutico
della droga; l’altro oggettivo, costituito dalla modica quantità di sostanza
detenuta. Per la prima volta, lo Stato si serviva di una pluralità di organi,
enti ed istituzioni pubbliche e private per una strategia globale di lotta alla
droga. Insieme al controllo repressivo del fenomeno, si svilupparono le attività di prevenzione, cura e riabilitazione.
Durante gli anni ’90 l’Italia, come la maggior parte dei paesi europei,
dovette far fronte all’incremento ed alla diffusione di sostanze illegali.
Nell’intento di combattere la produzione e il commercio di droga, ma anche
di scoraggiare il consumatore attraverso una serie di sanzioni, venne promulgata la l. 162 del 1990.
In particolare, all’interno di un sistema (il precedente) che già sanciva
l’illiceità del consumo di droga, con la riforma del 1990 si sostituì il principio della tolleranza dell’uso di modiche quantità di sostanze stupefacenti
con quello della punibilità in sede amministrativa (non penale) della detenzione per uso personale. Tale scelta da parte del legislatore, pur inserendosi
in un’interpretazione restrittiva del fenomeno, è stata ispirata da motivi sociali e rivolta a promuovere un’importante attività di prevenzione e recupero delle tossicodipendenze.
Entrando nel dettaglio del D.P.R. n. 309 del 9 ottobre 1990, esso prevedeva un sistema sanzionatorio articolato in sanzioni penali e sanzioni amministrative, le prime di competenza della Magistratura e le seconde delle
Prefetture-UTG.
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In base al D.P.R. 309/90 era vietato l’uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope elencate in apposite tabelle; la legge sanzionava penalmente le attività illecite di produzione, importazione e vendita e in via amministrativa la detenzione finalizzata al consumo personale.
Per quanto riguarda le norme che sanzionano la produzione e il traffico
illecito di stupefacenti, esse non si differenziavano in modo sostanziale dalla disciplina precedente alla riforma del 1990.
Per quanto riguarda l’uso personale, il T. U. 309/90 introduce le sanzioni amministrative – ritiro del porto d’armi, del passaporto, della patente di
guida e del permesso di soggiorno in caso di persone straniere – per “tutti
coloro che, per uso personale, illecitamente importino, acquistino o comunque detengano sostanze stupefacenti” (dall’art. 75).
Prima del referendum del 1993, l’uso personale era strettamente legato
al quantitativo della sostanza usata che non doveva oltrepassare la cosiddetta “dose media giornaliera”. Il ricorso all’Autorità Giudiziaria ed alle sanzioni penali avveniva se la condotta illecita era più volte reiterata. Con il
referendum abrogativo del 1993 si reintrodusse il concetto di “modica
quantità”, intesa come il fabbisogno di un consumatore medio.
Il T.U. è stato successivamente modificato dalla legge 21 febbraio 2006
n. 49 che ha rafforzato l’intento repressivo ripristinando il limite quantitativo massimo come criterio di distinzione tra il consumatore e lo spacciatore.
Altra modifica rilevante è quella dell’aver equiparato, inserendole in
un’unica tabella, tutte le sostanze dagli effetti psicoattivi.
Le sanzioni da irrogare sono la riproposizione di quelle già previste
nell’art.75 della precedente normativa variando solo per la maggiore durata
e per l’impossibilità di sospendere le stesse qualora l’interessato accetti di
sottoporsi al programma terapeutico, essendo prevista solo la revoca dei
provvedimenti a conclusione positiva del programma di recupero.
È prevista la possibilità, nei casi di particolare tenuità della violazione e
limitatamente alla prima volta, di invito formale a non fare più uso quando
dal colloquio ricorrano elementi tali da far presumere che la persona si asterrà in futuro dal commettere nuovamente gli illeciti contestatigli.
1.1. L’illecito amministrativo
Il procedimento amministrativo è regolamentato dagli artt. 75 e 75 bis
della normativa. Si afferma che la persona che detiene, importa, esporta o
acquista sostanze stupefacenti, per un uso esclusivamente personale non terapeutico, è soggetta per un periodo che va da 1 a 12 mesi alle seguenti
sanzioni amministrative:
sospensione della patente di guida o divieto di conseguirla;
sospensione della licenza di porto d’armi o divieto di conseguirla;
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sospensione del passaporto e di ogni documento equipollente (come la carta d’identità) e divieto di conseguirli;
sospensione del permesso di soggiorno per motivi di turismo o divieto di conseguirlo se cittadino extracomunitario.
La sanzione amministrativa è inflitta dal prefetto del luogo di residenza
della persona fermata o dal prefetto del luogo di domicilio.
L’accertamento dell’illecita detenzione spetta agli organi di polizia, i
quali hanno l’obbligo di procedere alla contestazione immediata della violazione e di riferire entro 10 giorni, con gli esiti degli esami tossicologici, al
prefetto competente. Le sostanze e gli strumenti trovati (siringhe, fiale, bustine, bilancine, pipe…) vengono sequestrati e inviati alle strutture pubbliche, le quali effettueranno le analisi gascromatografiche sulle sostanze. Le
analisi sono necessarie in quanto permettono di stabilire con esattezza il tipo di droga rinvenuta e la quantità di principio attivo in essa contenuta, verificando l’eventuale superamento del Q.M. e stabilendo il tipo di illecito in
cui incorre la persona fermata.
Se al momento dell’accertamento il soggetto ha nelle immediate vicinanze un veicolo a motore, gli organi di polizia procederanno
all’immediato ritiro della patente; in caso di ciclomotore viene ritirato anche il certificato di idoneità tecnica e il veicolo è sottoposto a fermo amministrativo. In entrambi i casi la durata di tali provvedimenti è di 30 giorni.
Il prefetto, entro quaranta giorni dalla segnalazione effettuata dalle forze
dell’ordine, convoca la persona interessata presso il Nucleo Operativo Tossicodipendenze (NOT) con l’obiettivo di accertare le ragioni della violazione e stabilire la durata delle sanzioni. Se la persona non si presenta al colloquio senza giustificato motivo, le sanzioni vengono irrogate automaticamente.
Nel caso di persone minorenni la convocazione al colloquio viene rivolta anche ai genitori, i quali vengono informati dell’accaduto e delle strutture pubbliche o private presenti sul territorio che possono attuare un programma terapeutico.
1.2. L’illecito penale
È considerato illecito penale l’attività non autorizzata della produzione,
del traffico e della detenzione di sostanze stupefacenti, al di fuori delle
condotte finalizzate al consumo personale. Questo è quanto viene affermato
nell’art. 73, il quale recita: “chiunque, senza autorizzazione, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con la reclusione da 6 a 22 anni e con la multa da Euro 26.000 a Euro
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
300.000”. Per i casi di lieve entità si applicano le pene della reclusione da
uno a sei anni e della multa da Euro 3.000 a Euro 26.000. In tal modo, il
legislatore ha voluto reprimere tutte le forme possibili di diffusione non autorizzata della sostanza stupefacente, giungendo anche a reprimere tutti
quei comportamenti che possono agevolare l’uso della droga. Infatti, viene
punito chiunque adibisca un locale, pubblico o privato, o un veicolo a luogo
di spaccio e consumo di droga; è altresì punito il medico che rilasci prescrizioni di sostanze stupefacenti per uso non terapeutico.
L’art. 86 è invece dedicato alle persone straniere. Qui si afferma che lo
straniero condannato per reati di droga, dopo l’espiazione della pena, deve
essere espulso dallo Stato italiano purché il giudice accerti la sussistenza di
una pericolosità sociale del condannato. Nel caso in cui sia stato colto in
flagranza di reato, viene immediatamente espulso per ordine del prefetto.
2. Il ruolo complesso del NOT
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Il Nucleo Operativo Tossicodipendenze è un ufficio previsto in ogni
Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo – dal D.P.R. 09/10/1990 n.
309 - con il compito primario di affiancare il Prefetto o un suo delegato
nell’espletamento delle attività connesse al procedimento amministrativo
previsto a carico di coloro che vengono segnalati dalle Forze dell’Ordine
perché trovati in possesso di sostanze stupefacenti per uso personale.
Chiunque venga trovato in possesso di droga, destinata al consumo personale, commette un illecito amministrativo e viene chiamato a svolgere un
colloquio in Prefettura. Il colloquio è il momento fondamentale dell’intero
procedimento in quanto aiuta la persona nella comprensione dei significati
legati all’uso di sostanze, nell’attivazione di atteggiamenti critici e nella ricerca di una motivazione per un eventuale cambiamento. I soggetti segnalati sono in prevalenza quei consumatori che non ritenendo di aver sviluppato
una vera e propria dipendenza da sostanze o di non avere un comportamento problematico, non accedono ad alcun servizio di aiuto, pur presentando
talvolta elementi di rischio.
Un’attenta valutazione degli aspetti sociali effettuata nell’ambito del
colloquio, è l’elemento cardine richiesto per gli atti formali previsti dalla
legge a conclusione del procedimento:
formale invito a non fare più uso di sostanze stupefacenti (cosiddetta “ammonizione”). È un provvedimento con funzione strettamente preventiva, che non comporta l’applicazione di sanzioni e che diviene pertanto
uno spazio privilegiato di riflessione intorno ad un comportamento a rischio. È possibile nei casi di tenuità della violazione e nei casi in cui ricorrano elementi tali da far presumere che la persona si asterrà in futuro dal
commetterli nuovamente;
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irrogazione delle sanzioni amministrative di sospensione dei documenti amministrativi (patente di guida, passaporto, porto d’armi e carta
d’identità) da un minimo di un mese a un massimo di 12 mesi. La sanzione
amministrativa è applicata per la mancata presentazione al colloquio e nei
casi in cui non sia possibile applicare il formale invito;
invito, qualora ne sussistano i presupposti, a contattare il Ser.T o altra struttura per la definizione di un programma terapeutico e/o di un sostegno psicologico.
Il colloquio ai sensi dell’art.75 mostra alcune peculiarità che lo contraddistinguono, sia per quanto riguarda il contesto istituzionale in cui è inserito
(il Commissariato del Governo-Prefettura-Ufficio Territoriale di Governo,
ente tradizionalmente con funzioni amministrative e di controllo), sia per la
non volontarietà dell’accesso. La persona, infatti, aderisce ad una convocazione formale (che nel caso sia disattesa prevede come sopra detto sanzioni
amministrative) senza che vi sia una richiesta di aiuto spontanea; anzi
l’interessato è chiamato a rispondere di un comportamento che è di fatto
una violazione della legge.
Al NOT si opera attraverso un intervento di tipo “aiuto e controllo”, dove il polo del controllo è dato dal richiamo ad una regola trasgredita e dalla
sua applicazione, mentre quello dell’aiuto si estrinseca nella fase valutativa
del colloquio. È nella capacità degli operatori del NOT di comprendere la
situazione, che risiede anche la possibilità di trasformare un momento di
controllo in un intervento di aiuto rispetto ad un disagio o a un bisogno non
sempre esplicitato. Si tratta di un’operazione professionale delicata sul piano relazionale, consistente nel coniugare l’affermazione di una regola con
la comprensione delle ragioni individuali che ne hanno determinato la violazione. Ciò significa anche riuscire a leggere più in profondità le ragioni di
determinati comportamenti che dietro un’apparente situazione di “tranquillità e normalità” possono nascondere invece stati d’animo di malessere e
disagio.
La prima condizione per riuscire a coniugare i due aspetti dell’aiuto e
del controllo è quella di instaurare una relazione significativa con la persona che viene a colloquio. Solitamente le persone convocate arrivano al
NOT barricate dietro le loro difese, aspettandosi di essere giudicate e “punite” dall’autorità e con la tendenza a negare e sminuire l’accaduto. A rendere più arduo il compito, contribuisce il fatto che la persona sovente ha a
disposizione un unico colloquio. È indispensabile quindi creare un clima di
buon ascolto e di empatia che consenta all’altro di aprirsi al dialogo e al
confronto. Gli operatori del NOT attraverso il colloquio devono, da una
parte fornire informazioni sulle sostanze, sui rischi dell’uso, sui servizi presenti sul territorio, sulle conseguenze legali, e, dall’altro, promuovere nel
soggetto un’autoanalisi critica della propria situazione che possa diventare
terreno di maturazione personale e di eventuale cambiamento. Anche la
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scelta del provvedimento, pur vincolata dalla norma, deve tener conto del
vissuto della persona, delle sue esperienze con le sostanze e della sua disponibilità a cambiare determinati comportamenti.
Il NOT svolge quindi un’azione di “filtro” rispetto ad un’ampia e variegata categoria di persone al cui interno possono essere rinvenute le situazioni più eterogenee: sono diverse le sostanze stupefacenti impiegate, diverse le modalità di assunzione e le condizioni in cui nasce e si sviluppa il
consumo e soprattutto diverse sono le ragioni e i bisogni che sottostanno a
tale uso.
Al NOT possono essere segnalate varie tipologie di persone:
dall’adolescente alle prime esperienze con le sostanze illegali, al professionista affermato che fa un uso saltuario e ricreativo di sostanze che considera innocue, al consumatore che è noto ai servizi, fino a soggetti che pur
consumando con una certa regolarità sostanze stupefacenti riescono a condurre una vita ancora apparentemente “integrata” e risultano sconosciuti ai
servizi.
Il colloquio con la persona segnalata può quindi avere un’importante
funzione di prevenzione secondaria, con l’obiettivo prioritario di creare un
primo contatto e, in alcuni casi, realizzare un aggancio con i servizi del territorio.
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3. Il fenomeno droga dal punto di vista dei segnalati al NOT
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In una recente relazione del Ministero dell’Interno [AA.VV. 2007] sono
stati elaborati i dati pervenuti dalle Prefetture sulle persone segnalate per
detenzione e spaccio di sostanze illegali, considerando un arco temporale
piuttosto ampio, dal 1991 al 2006. Questa analisi longitudinale ci permette
di capire come stia mutando l’universo dei consumatori di droghe in relazione ad alcuni fattori, come ad esempio il numero di segnalazioni, il tipo
di sostanze assunte, l’età, il genere.
Nel periodo esaminato, il numero di persone segnalate per detenzione di
sostanze stupefacenti per consumo personale (ai sensi dell’ex art. 75 del
D.P.R. 309/1990) è costantemente aumentato: se nel 1991 i segnalati ammontavano a circa 25.000, nel 2004 (anno di picco) sono raddoppiati
(50.141), fino a stabilizzarsi nel 2006 poco al di sotto dei 40.000 casi. Possiamo interpretare questo dato come risultato di due eventi concorrenti: da
un lato la diffusione del consumo di droghe nella popolazione e dall’altro il
rafforzamento dei controlli da parte delle Forze dell’Ordine. L’età media
dei soggetti, invece, è rimasta più stabile nel tempo, aggirandosi intorno ai
24-25 anni, anche se il numero dei minorenni segnalati ha visto una crescita
fino al 2000 e per gli anni seguenti un leggero decremento. Rispetto al ge-
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nere, per oltre il 90% dei casi i segnalati sono maschi; le donne, pur attestandosi su valori molto bassi, fanno registrare un trend in lieve crescita.
Il dato più rilevante, però, riguarda il tipo di sostanza trovata in possesso
dei segnalati: si apre ai nostri occhi uno spaccato piuttosto preciso su quelle
che sono le tendenze manifestate negli ultimi decenni nel mondo dei consumatori di droghe (fig. 1).
Fig. 1 – Segnalati ex-art. 75 del D.P.R. 309/1990 (modificato dalla L. 49/2006) per tipo di
sostanza stupefacente (1991-2006)
90
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70
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40
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eroina
cocaina
amfet./LSD
ecstasy
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cannabinoidi
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Fonte: Rielaborazione da dati del Ministero dell’Interno [Aa. Vv. 2007: 13]
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È decisamente crollata la presenza dell’eroina tra le sostanze sequestrate
ai soggetti segnalati, mentre all’opposto i cannabinoidi sono aumentati e
rappresentano di gran lunga la sostanza più rinvenuta dalle Forze
dell’Ordine.
Il campione di intervistati nella Provincia Autonoma di Trento rispecchia piuttosto fedelmente i tratti sopraccitati: si tratta per lo più di uomini
(91,5%), con un’età media di 24,5 anni (il 63% del campione è sotto i 25
anni). La maggior parte è stata trovata in possesso di cannabinoidi (88%);
seguono a molta distanza cocaina (4,8%), ecstasy (3,6%) ed eroina (3,6%).
Circa sei soggetti su dieci vivono in famiglia; di un certo rilievo il dato riferito a coloro che vivono con un solo genitore: le famiglie monoparentali
rappresentano il 16,2% del totale2. In merito, una ricerca svolta dal NOT
della Prefettura di La Spezia su un campione di 568 soggetti segnalati dalle
Forze dell’Ordine nel territorio provinciale, in quanto detentori di cannabi2
Il tasso di separazioni per il 2005 nella Provincia Autonoma di Trento è stato di 6 casi
ogni 1.000 coppie coniugate, mentre i divorzi 3,7 su 1.000, di poco sopra alla media nazionale, rispettivamente 5,6 e 3,2 casi ogni 1.000 coppie. Istat (2007), Separazioni e divorzi in
Italia. Anno 2005.
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noidi per uso personale, ha messo in evidenza una frequenza decisamente
superiore alla media provinciale di casi di problematiche familiari. In particolare, le analisi condotte sui colloqui sostenuti con i segnalati rimandano a
situazioni di assenza/carenza della figura paterna, dovuta al decesso o alla
difficoltà ad intrattenere un rapporto continuativo a causa di separazioni,
divorzi o per il tipo di professione del padre che lo costringe ad essere spesso assente. Quasi un ragazzo su tre tra coloro che sono inviati al Ser.T al
fine di seguire un programma riabilitativo denuncia questa condizione. Per
quanto riguarda i casi di separazione/divorzio, «i dati indicano per i ragazzi
“ammoniti” una percentuale superiore al 12%, per i ragazzi inviati a programma tale percentuale è superiore al 18% a fronte di un’incidenza del fenomeno sulla popolazione provinciale pari allo 0,28%» [Gallo et al. 2003:
25].
Se confrontiamo la distribuzione dei titoli di studio del campione di intervistati con dati nazionali e regionali, notiamo che in generale il grado di
scolarità risulta più elevato, eccetto che per la categoria delle lauree e dei
diplomi universitari (tab. 1).
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Tab. 1 – Distribuzione dei titoli di studio
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1,1
2,2
47,2
22
24,2
3,3
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Nessuno
Licenza elementare
Scuola media inferiore
Corso di formazione prof.
Scuola media superiore
Laurea/Diploma univers.
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Segnalati al NOT
Trentino Alto Adige
(Censimento
ISTAT 2001)
6,7
26,2
34,2a
26,6
6,3
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Note: a. Nel censimento Istat si accorpano i titoli di “scuola media inferiore” e “avviamento professionale”
Per quanto riguarda la condizione professionale, sono tre le categorie
che prevalgono:
- gli operai: capi-operai, specializzati e operai comuni raggiungono
quasi la metà del campione (48,5%);
- gli studenti: sono circa un quarto del campione (24,7%);
- i “disoccupati o in cerca di occupazione” (6,7% sul totale3).
Osservando, invece, lo status socio-economico della famiglia di origine,
dalle dichiarazioni dei rispondenti notiamo che sia rispetto ai titoli di studio
che alla condizione professionale il livello è mediamente più alto di quello
dei figli. Aumentano, difatti, i laureati, sia tra i padri sia tra le madri (rispet3
Per Trento, la prevalenza di disoccupati sulla popolazione generale si attesta attorno al
2,9%. Fonte: Istat (2008), 100 statistiche per il paese – Mercato del lavoro.
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tivamente 11,5 e 6,9%), anche se la quota di coloro che non hanno nessun
titolo di studio o che hanno al massimo la licenza elementare è più numerosa e maggiormente in linea con i valori Istat sopraccitati4. Tra le professioni
più diffuse, troviamo altresì presso i padri una quota rilevante di operai
(specializzati e comuni raggiungono il 45,5%), pur se affiancati da altre figure di diverso profilo, quali libero-professionisti e lavoratori autonomi (oltre il 15%), impiegati (circa il 9%), imprenditori (circa l’8%) e dirigenti.
Per le madri, invece, l’occupazione prevalente è quella di casalinga: circa 4
su dieci svolgono attività domestiche; tra le occupate, troviamo ancora molta forza-lavoro operaia (25,2%) e impiegate (12,6%), mentre sono meno
rivestiti ruoli dirigenziali o attività di libera professione.
Conseguentemente, la fascia di reddito cui gli intervistati dichiarano di
appartenere è mediamente più bassa rispetto a quella attribuita al proprio
nucleo familiare (fig. 2).
Fig. 2 – Livello di reddito percepito per se stessi e per la famiglia di origine
medio
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medio-basso
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basso
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Segnalati NOT
medio-alto
alto
Famiglia
Per cogliere le caratteristiche del consumo di stupefacenti nel campione
degli intervistati presso il NOT – campione che presumiamo essere composto da assuntori più o meno abituali di sostanze – è stata inserita una domanda sulla frequenza di consumo e sull’età in cui sono state sperimentate
per la prima volta le diverse droghe. È stata utilizzata una scala già adottata
da altre inchieste campionarie5, che articola la frequenza d’uso in una tantum (almeno una volta nella vita), occasionale (almeno una volta
4
La variabile età, chiaramente, incide nel grado di scolarità generale.
Cfr. la Relazione Annuale 2008. Evoluzione del fenomeno della droga in Europa, a cura dell’Osservatorio Europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, e le indagini ISPAD ed
ESPAD, citate nella Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in
Italia – Anno 2007, presentata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
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nell’ultimo anno) e regolare (almeno una volta nell’ultimo mese o
nell’ultima settimana).
I valori dei consumi che sono stati raccolti mostrano piuttosto nitidamente per il campione in esame alcune propensioni: innanzitutto, un uso
marcato di sostanze psicoattive legali, quali alcol e tabacco. Oltre 7 persone
su 10 possono essere considerate “fumatori regolari”; si tratta di un dato
considerevole se raffrontato a quello stimato a livello nazionale, fermo al
26,4% per gli uomini e al 17,9% per le donne6. Anche l’abitudine all’alcol
appare molto diffusa, laddove i bevitori regolari sono di poco inferiori ai
fumatori per numerosità.
Una marcata tendenza alla sperimentazione di droghe illegali, invece,
viene segnalata dall’avvicinamento “una tantum” alle sostanze. Due soggetti su dieci hanno assunto cocaina almeno una volta nella vita e riscontriamo
altresì percentuali elevate per tutte le altre droghe: popper (18,1%), ecstasy
(11,7), amfetamine (8,5) ed eroina (7,4).
La media dell’età di prima assunzione ci restituisce la seguente situazione: le sostanze psicoattive legali (alcol e tabacco) costituiscono le vere vie
di accesso al mondo delle droghe e il loro utilizzo inizia intorno ai 15 anni.
In media a 17 anni, i soggetti intervistati dichiarano di aver sperimentato
cannabinoidi, crack, LSD, popper; a 18, ecstasy, amfetamine, ketamina,
funghi allucinogeni e salvia divinorum; a 19 anni, cocaina e oppio; infine,
intorno ai vent’anni restano eroina e psicofarmaci. In generale, notiamo che
l’età di primo accesso risulta piuttosto bassa per tutte le sostanze elencate.
Comparando i dati ottenuti dal campione di segnalati per detenzione per
uso personale di stupefacenti con quelli rilevati da altre indagini7, notiamo
che la frequenza una tantum è superiore in tutti i casi (in particolare per eroina e cocaina), fuorché per i cannabinoidi, in cui i valori sono pressoché
simili nelle diverse rilevazioni8 (cfr. fig. 4).
6
Fonte: Doxa (2008), Il fumo in Italia, OSSFAD, Istituto Superiore di Sanità. Indagine
condotta attraverso 3.035 interviste ad un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta (più di 15 anni).
7
Cfr. la Relazione Annuale 2008. Evoluzione del fenomeno della droga in Europa, a cura dell’Osservatorio Europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, e le indagini ISPAD ed
ESPAD, citate nella Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in
Italia – Anno 2007, presentata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
8
Non è stato possibile riportare i dati del consumo una tantum di amfetamine ed ecstasy
raccolti nelle indagini ISPAD ed ESPAD Italia, poiché tali sostanze sono accorpate nella
sola categoria “stimolanti”. Per l’eroina, invece, le rilevazioni dell’EMCDDA non segnalano
il consumo lifetime per l’eroina, ma riportano soltanto la stima della prevalenza sulla popolazione.
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Fig. 3 – Frequenze di consumo di sostanze psicoattive
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
regolare
occasionale
una tantum
astenuti
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Fig. 4 – Consumo di sostanze illegali almeno una volta nella vita
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25
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10
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5
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eroina
cannabis
ispad (15-64)
anfetamine
espad (15-19)
ecstasy
europa (15-34)
cocaina
trento
Non possiamo eludere l’evidenza che la realtà dei consumatori che afferisce al Nucleo Operativo Tossicodipendenze sia particolarmente composita, con una spiccata presenza al suo interno di una fascia di consumatori abituali di sostanze con conseguenze talvolta problematiche. Vediamo, infatti, che una quota significativa degli intervistati ha avuto contatti con un servizio del pubblico o del privato sociale che si occupano di dipendenze: il
16,3% con il Ser.T, il 10,9% con il servizio di Alcologia il 5,4% con una
Comunità Terapeutica.
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4. Il consumo normalizzato, tra negazione e autocontrollo
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Tracciati i dati di sfondo, cerchiamo ora di cogliere gli atteggiamenti
che gli intervistati manifestano verso le sostanze, la loro pericolosità e le
funzioni attribuite. Partendo dall’ultimo elemento citato, è stato chiesto al
campione di segnalare le ragioni principali per cui le persone fanno uso di
sostanze stupefacenti. L’accento posto dai rispondenti va in favore di una
funzione ricreazionale delle droghe, slegata da situazioni patologiche o di
disagio sociale: 1 su 5 ritiene che le persone sperimentino le sostanze per
curiosità; secondo il 18%, si cercherebbe invece il puro divertimento o emozioni forti (11%); uno su dieci mette invece in evidenza gli effetti attesi
dalla sostanza.
Tuttavia, risulta piuttosto marcata nel campione la percezione della dannosità per la salute derivata dall’uso di stupefacenti: il giudizio è netto per
eroina, ecstasy, amfetamine e LSD, di poco inferiore per la cocaina. Si
smarcano, invece, i cannabinoidi: in questo caso il campione cambia decisamente opinione in quanto un intervistato su due ritiene che il loro uso sia
poco o per nulla dannoso per la salute, che non necessariamente determini
dipendenza o provochi problemi di vario ordine.
Non è un parere in contraddizione – come potrebbe apparire – quello
espresso dal campione per l’alcol: la percezione del rischio in termini di
danni per la salute, di dipendenza e di problemi socio-relazionali è piuttosto
marcata, soprattutto se comparata con i valori registrati sugli stessi item per
i cannabinoidi (cfr. tab. 2).
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Tab. 2 – Conseguenze dell’uso di droghe: confronto cannabis/alcol
Cannabinoidi
Per
nulla/
Abbast.
Poco
Alcol
Molto/
Per nulla/
Moltiss.
Poco
Abbast.
Molto/
Moltiss.
È dannoso per la salute
Determina dipendenza
45,8
50
30,8
28,7
23,4
21,3
8,5
19,1
20,2
22,3
71,3
58,6
Causa problemi
47,9
24,5
27,6
13,9
17
69,1
Si tratta, infatti, di una situazione già riscontrata in letteratura [PerettiWatel 2003] e interpretata come processo di “negazione del rischio” messo
in atto dai consumatori di droghe illegali che accentuano la percezione del
rischio nei confronti di altre sostanze al fine di auto-giustificare la propria
condotta. Lo studio citato si rivolge in particolare ad assuntori di cannabinoidi e cerca di portare alla luce le tecniche che queste persone adottano per
“neutralizzare” l’etichetta di “condotta rischiosa” che può essere applicata
al consumo di cannabis. Occorre chiamare in causa la teoria della neutraliz147
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zazione di Sykes e Matza [1957], che segna un passaggio netto negli approcci sulla devianza. La considerazione da cui partono i due autori è che le
persone devianti (come colui che assume sostanze illegali) non siano “impermeabili” al sistema di valori dominante. Pur rifiutando di adattarsi a
modelli di comportamenti conformistici, non sono esonerati dai giudizi che
il sistema sociale di riferimento attribuisce a determinati comportamenti.
Secondo i due autori, il deviante riesce ad eludere il controllo sociale attraverso alcune tecniche di neutralizzazione, che costituiscono delle «giustificazioni a deviare ritenute valide dai trasgressori, ma non dal sistema giuridico e dalla società in generale» [ibidem: 666]. Queste tecniche servono al
deviante per liberarsi dai sensi di rimorso o vergogna che potrebbe provare
e al tempo stesso creano nel soggetto le condizioni necessarie affinché possa scegliere di compire un atto deviante.
La teoria della neutralizzazione – come sostenuto da Peretti-Watel – appare difficilmente applicabile alla contemporaneità, poiché sono cambiati i
termini di riferimento. L’autore, infatti, reinterpreta il significato di devianza, alla luce della teoria della società del rischio [Beck 1999; Giddens
1994]; in particolare di un atto deviante specifico: il consumo di cannabis.
La connessione tra rischio e devianza è ormai ineludibile nelle società
moderne: «al giorno d’oggi, i comportamenti rischiosi tendono ad essere
etichettati come comportamenti devianti. Di certo, i comportamenti a rischio implicano spesso una trasgressione della legge (sulla strada: guidare
ad alta velocità, guidare ubriachi…)» [Peretti-Watel 2003: 23]. Poiché il
rischio è considerato una componente ascritta alla società, esso deve essere
il nuovo termine di riferimento per spiegare certe condotte umane. Conseguentemente, le tecniche di neutralizzazione sono state sostitute da tecniche
di negazione del rischio. Sono tre le tipologie che possono manifestarsi:
a) il capro espiatorio: si traccia una sorta di confine simbolico tra un
“noi” (persone sicure) e un “loro” stereotipato (persone a rischio). Il consumatore abituale di sostanze (ad es. il fumatore abituale di cannabis) nega
la sua eventuale problematicità, aderendo a stereotipi sociali su categorie di
consumatori più a rischio (l’eroinomane, il cocainomane) come giustificazione per la propria condotta.
b) la fiducia in sé: al fine di negare il rischio, le persone tendono a sovrastimare la loro capacità di evitare o saper controllare situazioni rischiose. È un modello di comportamento coerente con il processo di individualizzazione che interessa la società del rischio9.
9
I già citati Giddens e Beck pongono l’accento sulla possibilità da parte dell’individuo
di costruire riflessivamente il proprio percorso biografico. In particolare, la modernizzazione
riflessiva ha permesso «una liberazione progressiva dell’agente sociale dalla struttura»
[Beck et al.: 1999: 171]; il rischio, al contempo, è che essa «dissolve i presupposti culturali
delle classi sociali e le sostituisce con delle forme di individualizzazione dell’ineguaglianza
sociale» [ibidem: 50].
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c) la comparazione fra rischi: consiste nel comparare la propria condotta rischiosa con altre già accettate dalla maggioranza delle persone e rivela
spesso nelle persone un atteggiamento fatalistico. È il caso degli assuntori
di cannabis che equiparano i rischi derivati dal suo uso con quelli provocati
da altre sostanze psicoattive.
La negazione del rischio, quindi, passa attraverso questi tentativi di razionalizzazione, che possono essere adottati simultaneamente o susseguirsi
nel tempo. Il campione qui esaminato sembra applicare sia una comparazione fra rischi, accentuando la percezione di pericolosità verso un’altra sostanza (l’alcol), sia un’eccessiva fiducia in se stessi. Sono svariati i segnali
che emergono dalle risposte date dagli intervistati: quando si chiede se i rischi riguardino soltanto le sostanze illegali, 9 persone su dieci si schierano
in disaccordo.
La fiducia in sé, invece, trova conferma nelle opinioni espresse dal
campione di fronte alla possibilità di autocontrollo del consumo: quasi il
75% crede di essere in grado di smettere di assumere sostanze quando lo
desidera; all’opposto, la stessa capacità non viene riconosciuta agli altri: se
chiediamo, infatti, se sia possibile che la maggior parte dei consumatori di
sostanze possa auto-limitare il proprio consumo, soltanto una persona su
dieci è d’accordo.
L’atteggiamento verso il rischio di assunzione di droghe che una larga
parte del campione dei segnalati al NOT sembra svelare ci rimanda ad una
situazione di consumo normalizzato. Possiamo, infatti, considerare la negazione del rischio come un risvolto del processo di normalizzazione che la
letteratura segnala per i consumatori di stupefacenti [Parker e Aldridge
1998; Parker et al. 2002; Parker 2005]. La negazione del rischio giustifica
il comportamento degli assuntori e, al contempo, crea le condizioni perché
esso sia reso possibile e normalizzato.
Consideriamo il consumo normalizzato come un pattern adottato da
soggetti integrati socialmente, in grado di conciliare uso di droghe e impegni della vita quotidiana e che valutano lo stesso uso come attività aproblematica. Rispetto al nostro campione, le esperienze negative correlate
all’abuso di droghe riguardano una parte esigua del campione: circa in nove
casi su dieci, gli intervistati non hanno riscontrato problemi lavorativi o disturbi fisici, né hanno avuto incidenti, risse o bisogno di ricorrere ad un
servizio specifico. I problemi droga-correlati che ci segnalano riguardano
prevalentemente aspetti legali (come intuibile, dato lo status corrente di segnalati dalle Forze dell’Ordine) e aspetti inerenti al vissuto soggettivo: circa la metà del campione rivela di sentirsi in colpa in seguito all’abuso di
stupefacenti. Tale senso di colpa è probabilmente contemperato
dall’applicazione delle tecniche che abbiamo più sopra descritto. È soprattutto la fiducia in sé il principale strumento di auto-giustificazione da parte
dei consumatori: a rivelarlo sono altre indicazioni che il campione ci resti149
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tuisce e che mettono in evidenza la responsabilità individuale della condotta. Circa la metà degli intervistati pensa che se le persone assumono droghe
sia affare loro e che comunque dovrebbero essere lasciate libere di assumerle purché la loro condotta non danneggi gli altri.
Lo stereotipo della tossicodipendenza come situazione inconciliabile
con la vita corrente appare piuttosto avulso dal pattern di consumo normalizzato: lo comprovano le risposte attribuite ai fattori associati allo status di
dipendenza da sostanze. La maggior parte del campione sembra imputare
tale situazione ad una mancanza di volontà, ribadendo ancora una volta la
rilevanza della responsabilità individuale, mentre è meno accettata l’idea
che il consumo sia associabile a stati psico-patologici o a conseguenze negative sul piano socio-relazionale.
Concludendo, il NOT rappresenta senza dubbio un osservatorio privilegiato sul mondo degli utilizzatori di sostanze illegali. Attraverso tale organismo, infatti, è possibile gettare uno sguardo sulla popolazione “reale” dei
consumatori ed ottenere così un riscontro forse più attendibile rispetto agli
studi sulla prevalenza dell’uso di sostanze stupefacenti condotti presso la
popolazione generale. Inoltre, prima della recente modifica legislativa, il
NOT era in grado di creare una sorta di “circolo virtuoso”, assieme alle
strutture territoriali preposte alla cura e riabilitazione della tossicodipendenza. Su richiesta del singolo individuo e tutte le volte che fosse ritenuto
opportuno dal personale, era possibile inviare le persone segnalate ad un
Servizio per le tossicodipendenze per seguire un programma terapeutico,
come misura alternativa alle sanzioni previste. Di conseguenza, se il programma era portato a termine con successo e ne veniva fornita documentazione nella relazione presentata dal Ser.T al Prefetto, quest’ultimo era tenuto ad archiviare il procedimento ed il soggetto segnalato poteva così evitare
l’applicazione delle sanzioni. In caso, invece, di mancato raggiungimento
degli obiettivi previsti dal programma di recupero, il Prefetto disponeva che
venissero irrogate le sanzioni amministrative.
Appare chiaro l’intento di questa disposizione di legge: si trattava di attenuare il più possibile l’azione di natura meramente punitiva, in favore di
un intervento più orientato all’educazione, al recupero e alla responsabilizzazione del soggetto nei confronti della propria condotta deviante. Per di
più, nei casi di consumo problematico non conclamato, persone che normalmente non sarebbero mai state raggiunte dai servizi per le tossicodipendenze potevano in questo modo essere intercettate.
Pur ritenendo che non sia più rinviabile «una maggiore ed effettiva collaborazione e uno scambio di esperienze tra i NOT e i Ser.T al fine di proporre e attivare più incisive pratiche operative» [Gallo et al. 2003: 26],
dall’entrata in vigore della legge 49/2006, tale circolo virtuoso è stato in
sostanza interrotto. Non è più prevista per il NOT l’opportunità di proporre
un programma di recupero e di sospendere le sanzioni amministrative nel
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caso di condotte reiterate, nemmeno in presenza di una situazione problematica di consumo di droghe. Le sanzioni amministrative devono essere
immediatamente irrogate, salvo poi essere revocate soltanto in seconda battuta e soltanto nel caso in cui il programma terapeutico abbia esito positivo.
Ciò ha determinato una minore propensione dei segnalati ad intraprendere
il programma di recupero in quanto esso viene ormai visto come un prolungamento dell’applicazione della sanzione, dati i tempi non brevi dei programmi terapeutici [Aa.Vv. 2007: 68-69]. Considerate le caratteristiche delle casistiche che si relazionano con il NOT che la nostra indagine ha messo
in evidenza, è chiaro che limitare l’azione degli operatori ad una funzione
repressiva e punitiva non può che avere effetti controproducenti e alimentare negli eventuali consumatori problematici meccanismi di negazione del
rischio e normalizzazione.
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La percezione della tossicodipendenza degli
operatori preposti alla cura e alla riabilitazione
di Rose Marie Callà
1. Premessa
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Nel crescere di una società pluralista, con un suo “mondo valoriale sempre più equipollente” [Cipolla 2008a: 25], si rilevano eterogenee definizioni
di cosa sia una droga [Bertolazzi 2008], e di cosa sia la dipendenza [Maturo 2008]. Definizioni queste che si aggiungono a quel vorticare di molteplici sostanze presenti sui mercati mondiali alteranti lo stato psico-fisicomentale, avvicinate dai soggetti assuntori per eterogenei motivi, e che vengono consumate dagli stessi in variegate modalità e in cangianti contesti
socio-relazionali [Cipolla 2007].
Ma (o, forse, coerentemente) molteplici sono anche gli atteggiamenti e i
modi di guardare al fenomeno da parte di chi quotidianamente si relaziona
ad esso per professione. Nell’ottica, dunque, di un confronto tra “sguardi
diversi” che si rivolgono al fenomeno tossicodipendenza, si riflette - in
questo intervento - sulle diverse percezioni che i professionisti coinvolti nei
servizi preposti alla cura e alla riabilitazione, hanno testimoniato
nell’indagine. I professionisti, infatti, potenzialmente hanno un’immagine
del fenomeno, dei consumatori di sostanze e dei tossicodipendenti come
risultante della interconnessione di diversi fattori quali: l’esperienza individuale, l’orientamento prevalente dell’organizzazione nella quale sono inseriti, i “modelli interpretativi” costituitisi prima e durante l’esperienza professionale [Labos 1986, 1994]. Quasi fisiologiche, dunque, differenti percezioni, pur incanalate in possibili macro-categorie, che influenzano atteggiamenti diversi e dunque, comportamenti differenziati nella pratica quotidiana con i soggetti tossicodipendenti. L’importanza di (ri)conoscere e riflettere sulle varianti e variabili percezioni e sui diversi atteggiamenti permette di comprendere in maniera più adeguata i diversi criteri, anche impliciti, che sottendono l’organizzazione dei servizi, che influenzano gli interventi stessi, ma anche i comportamenti che vengono trasferiti agli stessi
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tossicodipendenti e ad altri soggetti che ruotano attorno al servizio e suggeriscono e stimolano (o no) orizzonti di possibilità.
I professionisti coinvolti nell’indagine sono quelli appartenenti al Servizio per le tossicodipendenze dell’Azienda Sanitaria della Provincia Autonoma di Trento, quelli operanti presso le Comunità Terapeutiche convenzionate con l’Azienda Sanitaria territoriale e infine, i professionisti impiegati presso il Servizio Alcologia.
Sono state utilizzate diverse modalità per confrontare le percezioni di
questi tre gruppi di professionisti: da un lato il raffronto dei dati derivanti
dalla somministrazione dei questionari strutturati ai professionisti del Ser.T
e ai professionisti delle Comunità terapeutiche e, dall’altro, un confronto di
quanto emerso da due focus group realizzati rispettivamente con i professionisti del Servizio Ser.T il e con i professionisti del Servizio Alcologia.
2. Confronto delle risposte al questionario da parte dei professionisti
del Ser.T e delle Comunità Terapeutiche convenzionate
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Confrontando le caratteristiche socio-demografiche e lavorative inerenti
i professionisti del Servizio Ser.T e i professionisti delle Comunità, si rilevano alcune differenze. Se prendiamo in considerazione la variabile “età”
riscontriamo come il 37% dei professionisti del Ser.T si situa nella fascia
d’età 31-40 anni, mentre circa il 26% tra i 41 e i 50 anni e, infine, circa il
26% tra i 51-60 anni; i professionisti operanti nelle strutture comunitarie
risultano essere nettamente più giovani: il 50% dei soggetti rispondenti si
situa, infatti, nella fascia 20-30 anni, mentre circa il 27% ha tra i 31 e i 40
anni1.
Coerentemente, se analizziamo “l’anzianità di servizio” rileviamo lo
stesso andamento riscontrato nella variabile età relativamente ai due diversi
servizi: il 61,3% degli operatori di comunità ha un’esperienza nel privato
sociale tra uno e 5 anni, mentre il 22,6% ha un’esperienza lavorativa tra i 6
e i 10 anni. Nell’ambito del Ser.T, invece, si rileva mediamente una maggiore anzianità di servizio: il 20% degli operatori ha, infatti, oltre 15 anni di
esperienza maturati nel servizio pubblico, il 16% da 11 a 15 anni di servizio
e un 40% dai 6 ai 10 anni.
Se si analizza il potenziale passaggio nel corso della carriera professionale da un servizio – quello pubblico – all’altro – quello del privato sociale,
si rileva come circa il 21% degli operatori del Ser.T dichiari di essere stato
1
Nel presente capitolo sono illustrate e descritte le percentuali di risposta dei due gruppi
di professionisti che vanno tuttavia lette e interpretate facendo costante riferimento alla esiguità numerica di entrambi i gruppi: 67 soggetti in totale (su 74 soggetti costituenti la popolazione di riferimento), di cui 40 professionisti delle comunità convenzionate e 27 professionisti del servizio Ser.T.
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impiegato nel passato nel privato sociale, mentre il 90,6% degli operatori
della Comunità dichiara di non aver avuto esperienze lavorative nell’ambito
del servizio pubblico. Questa differenza è strettamente connessa con
l’andamento della variabile età e della variabile anzianità di servizio precedentemente descritte.
Anche per quanto riguarda la natura delle figure professionali coinvolte
nei due diversi servizi rileviamo una certa diversità tra le due realtà.
Nell’ambito del servizio pubblico si osserva infatti una certa eterogenea
presenza di ruoli operativi: circa il 26% di assistenti sociali, il 22,2% di
medici, un altro 22,2% di psicologi e, infine, un 7,4% di infermieri. I professionisti afferenti al privato sociale risultano invece essere per circa
l’83% educatori di comunità, un 10% circa operatori tecnici, un 3,4% di
medici e 3,4% di psicologi.
L’unica caratteristica socio-demografica che rileviamo speculare nelle
due tipologie di servizio è quella relativa alla variabile “genere”; in entrambi i servizi, infatti, rileviamo come la maggior parte dei professionisti coinvolti siano di genere femminile: il 67 % circa presso il Ser.T e il 69% circa
presso le Comunità Terapeutiche, caratteristica questa in linea con la connotazione di genere che si riscontra nelle professioni preposte alla “cura”
[Zanuso 1987; Vicarelli 2003, 2007].2
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2.1 La percezione del rischio associato al consumo
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Come si descriverà nei paragrafi successivi relativi alla percezione del
rischio associato al consumo di sostanze ed alla percezione del fenomeno
tossicodipendenza da parte dei professionisti operanti nel settore pubblico e
nel settore del privato sociale, emerge una maggiore severità ed una maggiore convinzione nelle asserzioni fornite da questo secondo gruppo di soggetti.
2
Gli studi sulla cosiddetta doppia presenza delle donne –cioè la presenza nel lavoro
domestico e nel mercato del lavoro– confermano che i percorsi di studio e le carriere femminili restano nel tempo strettamente legate all’identità di genere e incanalate in specifici
canali occupazionali (di tipo sociale e sanitario), attività che «riflettono, per il contenuto e
per il contesto in cui si svolgono, l'attività femminile non di mercato: lavori, in una parola,
che riflettono e riproducono le rappresentazioni collettive circa l'identità femminile rispetto
a quella maschile» [Zanuso 1987]. Non stupisce, dunque, che il rapporto donne e uomini
nell’ambito della cura e della riabilitazione dei tossicodipendenti sia caratterizzato in senso
femminile in ognuna delle figure professionali considerate, ma in modo molto più evidente
per gli assistenti sociali (in cui il rapporto donne-uomini è 13 a 1) e gli educatori professionali (17:7).
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La prima domanda era tesa a far emergere se per i soggetti rispondenti
le diverse sostanze elencate fossero, o no, percepite come droghe3.
Si rileva una piena condivisione sulla risposta “sì, è una droga” da parte
di entrambi i gruppi di rispondenti su eroina, cocaina, ecstasy e Lsd con una
percentuale pari al 100%. Relativamente all’hashish e all’alcol le percentuali si discostano in modo lieve tra professionisti del Ser.T e professionisti
delle comunità. La prima differenza significativa - e unica per questa domanda - si rileva rispetto alla nicotina: nel servizio Ser.T è infatti il 63%
degli operatori a considerarla “droga”, mentre nella comunità la percentuale
dei “sì” si attesta al 76%.
Interessante, dunque, notare come circa un terzo dei professionisti del
Ser.T non percepisca la nicotina come “una sostanza capace di alterare lo
stato psico-fisico-mentale” [Bertolazzi 2008] al pari delle altre sostanze elencate. Si ipotizza per questi professionisti una certa “vicinanza” con la
sostanza che, al pari, di altri soggetti consumatori di altre sostanze, fa allontanare l’interpretazione negativa dalla sostanza stessa e dal suo consumo4.
La domanda successiva aveva l’obiettivo di misurare il grado di condivisione rispetto ad alcune potenziali ragioni che spingerebbero gli individui
a sperimentare sostanze psicotrope. In letteratura si rileva come nel tempo
le motivazioni all’uso - come d’altronde gli effetti attesi - siano cambiate:
dalla necessità di stare meglio insieme agli altri - tipico degli anni Sessanta
-, ricercando, dunque, un effetto socializzante, per passare alla sindrome
della sconfitta e auto-esclusione dalla società emerso alla fine degli anni
Sessanta fino agli inizi degli anni Ottanta, all’uso di cocaina degli anni
rampanti Ottanta-Novanta per sostenere il gioco della competitività esasperata, fino ad arrivare a quell’uso – soprattutto per le droghe da discoteca –
volta alla fuga dalla realtà solitaria, vuota e anomica, tipico dell’attuale fascia giovanile, in presenza – contemporaneamente – di quell’uso, più tipicamente adulto anche di droghe come eroina e cocaina, nel quale gli assuntori raggiungono con la sostanza una sorta di convivenza, nell’ambito di
una vita “normale” [Rutigliano 2003].
Dalle risposte fornite al questionario si rileva una maggiore enfasi da
parte dei professionisti di comunità attribuita alle motivazioni di natura
problematica (problemi familiari, per solitudine, problemi lavorativi e scolastici, ecc.) che spingerebbero gli individui al consumo-abuso di droghe:
36,8% delle comunità vs 18,6% del Ser.T. I professionisti del Ser.T, al contrario, sembrano essere più favorevoli ad individuare ragioni di tipo edonistico-strumentale (per gli effetti attesi dalla sostanza, per divertimento,
ecc.): 41,3% del Ser.T vs 34,2% delle comunità. Questa differenza tra pro3
Si rimanda per una disamina delle diverse definizioni fornite al concetto di “droga” al
testo di Bertolazzi [2008].
4
Per avere una conferma di questa ipotesi si sarebbe dovuto indagare la relazione tra auto-consumo di nicotina e modalità di risposta.
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fessionisti di comunità e professionisti del Ser.T si potrebbe leggere anche
come una mendace diversità di percezione: l’attribuire cioè un’enfasi maggiore ad un aspetto di uno stesso percorso: la droga come mezzo che consente contemporaneamente di “allontanarsi dalla realtà” problematica (abbracciato maggiormente dagli operatori del privato sociale) e che fornisce
la possibilità di raggiungere una certa “piacevole sicurezza” (preferito dagli
operatori del servizio pubblico) [Labos 1986, 1994].
Si analizzerà di seguito la percezione del rischio associato al consumo di
sostanze. Se negli ultimi anni si è assistito ad un’analisi e ad una riflessione
sui comportamenti a rischio messi in atto da parte dei consumatori di sostanze, ma più in generale sui comportamenti a rischio da parte dei gruppi
giovanili e sulla percezione del rischio in senso lato5, risulta invece più lacunosa l’analisi di tale percezione dei professionisti coinvolti nell’ambito
dei processi di cura e di riabilitazione.
Anche su questo aspetto si rileva una maggiore fermezza e severità –
dunque una maggiore percezione del rischio relativa al consumo di sostanze - da parte dei professionisti delle strutture residenziali.
Alla prima domanda “Secondo Lei le seguenti sostanze sono dannose
per la salute?”, pur rilevando un’alta condivisione delle posizioni tra operatori Ser.T e operatori delle comunità terapeutiche si riscontra, tuttavia, una
maggiore convinzione da parte degli operatori delle comunità su tutte le sostanze: per esempio per l’eroina l’82,5% degli operatori delle comunità rispondono che è dannosa “moltissimo”, mentre gli operatori del Ser.T si distribuiscono tra la riposta “molto” con il 26% e la risposta “moltissimo”
con il 67%. Ma anche dalle risposte fornite dai professionisti operanti nelle
comunità su alcol e cannabinoidi sembra emergere una maggiore percezione del danno rispetto ai professionisti Ser.T. Infatti, sommando le percentuali relative alle risposte “molto e moltissimo” rileviamo per l’alcol una
percentuale pari al 97% e per la cannabis una percentuale pari al 48,5% per
quanto riguarda gli operatori della comunità, mentre per gli operatori del
Ser.T le percentuali si attestano all’85% per l’alcol e al 40,7% per la cannabis.
Tab. 1 – Confronto professionisti Ser.T e professionisti Comunità convenzionate sulla percezione del rischio associato al consumo di alcol e cannabis (frequenze %, categorie molto+moltissimo)
Alcol
Cannabis
Ser.T
85,0
40,7
Comunità
97,0
48,5
5
Si vedano a questo proposito i contributi di Buzzi [2003], di Buzzi, Cavalli, De Lillo
[1997, 2002] e Bertelli [2007].
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Anche per la seconda domanda relativa alla misurazione della percezione del rischio-dannosità delle sostanze (Secondo Lei le seguenti sostanze
determinano dipendenza?), pur rilevando una significativa consapevolezza
rispetto a tutte le sostanze da parte dei due gruppi di professionisti, si riscontra, ancora una volta, una maggiore determinazione da parte degli operatori delle comunità terapeutiche. Per tutte le sostanze, comprese gli allucinogeni per i quali gli operatori della comunità attestano una maggiore
percezione del rischio. Interessante, nuovamente, sottolineare come un
quinto dei soggetti rispondenti Ser.T ritenga che l’alcol non determini dipendenza.
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Comunità
100,0
84,9
51,5
93,7
69,7
69,7
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Cocaina
Anfetamine
Hashish
Alcol
Lsd
Ecstasy
Ser.T
92,0
51,8
37,0
80,8
44,4
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Tab. 2 – Confronto professionisti Ser.T e professionisti Comunità convenzionate sulla possibilità di determinare dipendenza di alcune sostanze psicoattive (frequenze %, categorie
molto e moltissimo)
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L’orientamento più severo, questa maggiore percezione del rischio da
parte dei professionisti operanti nelle strutture residenziali convenzionate si
riscontra anche quando si richiede ai soggetti di riflettere sulle conseguenze
problematiche di natura sociale, legale, economica e psicologica relative al
consumo di sostanze psicotrope, come si evince dalla tab. 3.
Tab. 3 – Confronto professionisti Ser.T e professionisti Comunità convenzionate sulle conseguenze sociali, legali, economiche e psicologiche associate al consumo di alcune sostanze
psicoattive (%, categorie molto e moltissimo)
Eroina
Anfetamine
Cannabis
Alcol
Ser.T
92,6
77,7
48,1
81,5
Comunità
100,0
94,0
56,3
100,0
Dalle diverse domande sopra analizzate, si evidenzia come, tra professionisti Ser.T e professionisti operanti nella comunità ci sia (anche se con
gradazioni differenziate tra i due gruppi), una normalizzazione riferita al
consumo di cannabis, percepita come “…la sostanza che più di tutte le altre
pare accettata o comunque tollerata dai non consumatori” [Mori 2008:
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377], pur ritenendola a tutti gli effetti una “droga”: di accesso all’universo
delle sostanze psicoattive, di passaggio dal mondo delle sostanze ad altre
condizioni negative, di capolinea come tappa finale del consumo di sostanze, di ritorno da droghe cosiddette pesanti a droghe soft o, infine, di natura
autarchica [Cipolla 2008b].
Questa “normalizzazione” esiste, persiste ed è evidente anche se si confronta la cannabis con una sostanza psicoattiva legalizzata come l’alcol.
2.2 La percezione del fenomeno “tossicodipendenza”
L’indagine ha tentato di rendere conto anche delle potenziali diverse
percezioni dei professionisti relativamente alla natura ed essenza della tossicodipendenza. È stato chiesto nel questionario di esprimere il grado di accordo rispetto ad alcune affermazioni per ricondurre i rispondenti ad uno
dei seguenti orientamenti: permissivo, repressivo e preventivo.
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Tab. 4 – Confronto professionisti Ser.T e professionisti Comunità convenzionate sulla percezione del fenomeno tossicodipendenza
Ser.T
Comunità
81,5
77,8
91
94
29,6
18,2
85,2
97,0
29,3
42,5
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Atteggiamento permissivo
Se le persone assumono droghe è affare loro*
La maggior parte dei consumatori è in grado di auto-limitare il
proprio consumo di sostanze illegali*
Atteggiamento repressivo
C’è bisogno di una legge più severa per controllare il consumo
di sostanze illegali
Atteggiamento preventivo
È responsabilità della scuola e/o della famiglia di educare e i
giovani sulle droghe
Eziologia familiare della tossicodipendenza
Chi arriva all’abuso di sostanze ha alle spalle problemi familiari
* sono state sommate le percentuali relative alle categorie di risposta “poco d’accordo e per niente
d’accordo”.
Come si può osservare dalla tab. 4, sommando le percentuali relative alle risposte “molto d’accordo e del tutto d’accordo”, emerge un atteggiamento di tipo permissivo da parte dei professionisti del Ser.T. Per questi
ultimi, infatti sembra prevalere la tendenza a riconoscere nell’individuo la
dimensione della scelta razionale anche nel consumo di sostanze. Il consumo appare come un’azione volta a raggiungere specifici obiettivi e le sostanze, dunque, strumentali e rispondenti a particolari necessità e progressivamente più compatibili con il vivere quotidiano. La stessa evoluzione che
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si osserva in merito al cambiamento della tipologia d’utenza che afferisce ai
servizi, affonda le radici nella crescente compatibilizzazione che
l’assunzione di sostanze ha con la vita quotidiana, o normalizzazione come
viene definita altrove6: «attualmente la situazione di tossicodipendente
sembra molto più fisiologica che patologica in quanto il fenomeno ha assunto tali aspetti di normalità da tutti i punti di vista (nei termini di accettazione sociale, di relazioni della famiglia) da portare a delle difficoltà difficilmente sormontabili» [Vitale 1990].
Da ciò ne deriva che il soggetto-consumatore, oltre ché essere consapevole, è anche responsabile delle sue azioni e dunque punibile per le stesse.
All’atteggiamento più “permissivo” rilevato nei professionisti del Ser.T si
associa dunque anche l’orientamento di natura repressiva, auspicabile per
ostacolare la diffusione e il consumo di sostanze psicoattive.
Diverso sembra invece essere l’atteggiamento degli operatori delle comunità terapeutiche maggiormente orientato verso l’attività di prevenzione.
Orientamento questo che sottende la visione di un individuo che esperisce
un problema di cui sono responsabili, soprattutto, la società e il contesto
familiare letti come lacunosi e disfunzionali nei quali il consumatore di sostanze è calato. Sulla base di questa prospettiva, il tentativo di risoluzione
del problema – o di fuga dal problema - messo in atto da questo individuo,
è il consumo di sostanze [Dal Cengio 1991; Bezzan 1997; Guidicini 1996].
Indagando quella che potrebbe essere definita come l’essenza ultima
della tossicodipendenza, i professionisti del Ser.T e delle comunità si ritrovano significativamente concordi nel considerarlo “molto e del tutto” un
problema psicologico, un problema sociale, e “poco e per niente d’accordo”
un problema di ordine pubblico.
L’unica importante differenza tra i due gruppi di soggetti rispondenti si
rileva sull’idea di tossicodipendenza alla stregua di una malattia del cervello maggiormente gradita dai professionisti del servizio pubblico.
Tab. 5 – Confronto professionisti Ser.T e professionisti Comunità convenzionate sulla percezione del fenomeno tossicodipendenza
Che cosa è la tossicodipendenza da sostanze psico-attive?
Ser.T %
Comunità %
Favorevole
Sfavorevole
Favorevole
Una malattia del cervello
25,9
55,5
3,0
Sfavorevole
75,0
Un fenomeno multicausale
96,2
3,8
78,8
12,1
L’idea della tossicodipendenza come “fenomeno multi causale” sembra
essere accettato sia dai professionisti del Ser.T (in particolare modo con il
6
Per approfondimenti sul concetto di normalizzazione, si vedano, tra gli altri, Cipolla
[2008b], Parker et al. [1998, 2002], Bertolazzi [2008].
160
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
96,2% dei soggetti favorevoli) sia dai professionisti delle Comunità
(78,8%). La tossicodipendenza come fenomeno le cui radici affondano in
ragioni di tipo psicologico, biologico, sociale e culturale sembra raggiungere dunque il massimo gradimento da parte di entrambi i gruppi di professionisti. «Al pari della follia, la tossicodipendenza è percepita come un
problema psicologico di una complessità immensa, che intreccia più aspetti
della dimensione umana e che ha il suo nucleo nel rapporto tra individuo e
realtà come piacere e dolore» [Dozza 2000: 70].
Sempre al fine di individuare l’essenza della tossicità così come percepita dai partecipanti all’indagine si è formulata la seguente domanda: “Secondo Lei la tossicodipendenza è associata a”. L’obiettivo specifico era
quello di indagare se i due gruppi di soggetti intervistati si avvicinavano - e
quanto - alla definizione di tossicodipendenza enunciata nel DSM IV7, alla
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Sulla base del DSM IV la "dipendenza da una sostanza" è caratterizzata dal desiderio
(craving) e necessità compulsiva di continuare ad assumere la sostanza e ad ottenerla con
qualunque mezzo, dalla tendenza ad aumentare la dose (tolleranza-assuefazione), dalla dipendenza psichica e fisica dagli effetti della sostanza (crisi di astinenza) e dall’azione deteriore sull'individuo e sulla società. Il DSM IV ha sviluppato queste indicazioni, qualificando
il disturbo da dipendenza da sostanze come una "malattia cronica recidivante" e definendo la
dipendenza come una "modalità patologica d'uso della sostanza che conduce a menomazione
o a disagio clinicamente significativi". Nel DSM IV vengono descritte alcune condizioni che
permettono di individuare una situazione di dipendenza:
1. Tolleranza, intesa come bisogno di dosi notevolmente più elevate della sostanza per raggiungere l'intossicazione o l'effetto desiderato, come effetto notevolmente diminuito con
l'uso della stessa quantità della sostanza;
2. Astinenza, espressa come assunzione della stessa sostanza (o una strettamente correlata)
per attenuare o evitare i sintomi d'astinenza;
3. Assunzione frequente della sostanza in quantità maggiori o per periodi più prolungati rispetto a quanto previsto dal soggetto;
4. Desiderio persistente o tentativi infruttuosi di ridurre o controllare l'uso della sostanza;
5. Dispendio di una grande quantità di tempo in attività necessarie a procurarsi la sostanza,
ad assumerla, o a riprendersi dai suoi effetti;
6. Interruzione o riduzione di importanti attività sociali, lavorative o ricreative a causa dell'uso della sostanza;
7. Uso continuativo della sostanza nonostante la consapevolezza di avere un problema persistente o ricorrente, di natura fisica o psicologica, verosimilmente causato o esacerbato dalla
sostanza.
Perché il rapporto del soggetto con la sostanza possa chiaramente essere definito di dipendenza devono ricorrere tre (o più) delle condizioni suddette, in un qualunque momento
dello stesso periodo di 12 mesi.
L’abuso di una sostanza viene collegato alla presenza di una (o più) delle seguenti condizioni, ricorrenti entro un periodo di 12 mesi:
- Uso ricorrente della sostanza risultante in una incapacità ad adempiere ai principali compiti in ambito lavorativo, scolastico, o domiciliare/familiare;
- uso ricorrente della sostanza in situazioni fisicamente rischiose;
- ricorrenti problemi legali correlati all'uso della sostanza;
- uso continuativo della sostanza nonostante persistenti o ricorrenti problemi sociali o interpersonali causati o esacerbati dagli effetti della sostanza.
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
definizione dell’OEDT8, e alle diverse tipologie di tossicodipendenza formulate da Cancrini [1994]9, pur consapevoli di come anche a livello istituzionale e scientifico, siano eterogenee le concezioni di dipendenza che vengono enunciate e promosse [Maturo 2008].
I professionisti del Ser.T sembrano attribuire un maggiore peso
all’aspetto medico-psicologico della tossicodipendenza, mentre i professionisti delle comunità attribuiscono maggiore peso all’aspetto sociale del fenomeno. Se si osserva la tab. 6, infatti, è il 59,2% dei rispondenti del servizio Ser.T che indica come lo stato di “craving” sia associato “quasi sempre
e spesso” alla tossicodipendenza, contro il 34,4% dei professionisti della
comunità. Per contro è circa il 61% degli operatori della comunità che afferma che la tossicodipendenza è associata ad un “degrado sociale” “quasi
sempre e spesso” contro il 44% dei professionisti del Ser.T.
Tab. 6 – Confronto professionisti Ser.T e professionisti Comunità convenzionate sulla percezione del fenomeno tossicodipendenza
Quasi sempre/Spesso
Comunità
59,2
59,2
14,8
62,9
44,4
63,0
48,5
34,4
33,3
72,2
60,7
54,6
74,1
40,7
22,2
63,6
63,7
39,4
25,9
51,6
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Un disturbo psichiatrico
Un desiderio irrefrenabile di assumere le sostanze
Una compromissione dei rapporti familiari
Un elevato grado di sofferenza psicologica
Un degrado sociale
Una difficoltà a mantenere gli impegni lavorativi/scolastici
Un disturbo della personalità
Un trauma psicologico nella storia personale
Una crisi importante della relazione genitoriale, separazione e/o divorzi
Un reato correlato e/o atti di devianza nella storia
personale
Ser.T
ne
La tossicodipendenza è associata a:
Si rilevano dunque due approcci emergenti in letteratura: da un lato
quello socio-psicologico che individua nelle relazioni interpersonali e affet8
L’OEDT definisce il tossicodipendente “una persona che esperisce problemi sociali,
psicologici, e legali relativi alla intossicazione e/o al consumo eccessivo e regolare e/o alla
dipendenza come una conseguenza di questo suo uso di droghe o sostanze chimiche”.
9
Le tipologie di tossicodipendenza di Cancrini, infine, corrispondono a quattro aree
fondamentali del disagio psichico e sociale: tipologia traumatica (area delle reazioni e dei
disturbi di adattamento), tipologia attuale (comprendente un disagio dell’area delle nevrosi),
tipologia trazione (presente in individui con un disagio nell’area delle situazioni limite e delle psicosi), e infine tipologia sociopatica (comprendente le tossicomanie appartenenti
all’area delle problematiche sociali e familiari) [Cancrini 1994].
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
tive l’emergenza e i nodi problematici, dall’altro l’approccio tecnicoterapeutico che risponda alla complessità dei bisogni relativi alla condizione di tossicodipendenza come malattia ad andamento cronico recidivante e
che si adagia sul disease model o medicalizzazione della dipendenza che
attualmente riscuote largo credito nella comunità scientifica [Maturo 2008].
2.3 I concetti “consumatore non problematico” e “consumatore problematico” di sostanze psicoattive: un confronto
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Nel questionario si è fornita la possibilità ai rispondenti di riferire – per
le diverse sostanze psicotrope - la loro vicinanza e il loro grado di condivisione rispetto ai concetti di “consumatore problematico” e “consumatore
non problematico”. Per consumatore problematico s’intende colui che secondo la definizione dell’OEDT, esperisce problemi sociali, psicologici e
legali relativi alla intossicazione e/o al consumo di sostanze e/o quando il
consumo di sostanze stupefacenti avviene per via parenterale oppure quando il consumo si riferisce all’assunzione regolare di oppiacei, cocaina e/o
amfetamine. Il “consumatore non problematico”, è colui che la consuma
saltuariamente una sostanza senza (ancora) aver sviluppato la dipendenza, o
che le consuma in maniera regolare ma senza esperire le problematiche e le
modalità descritte sopra per il consumatore problematico; un uso dunque
che non risulta essere in conflitto o di intralcio alle normali attività e alle
relazioni affettive e sociali del soggetto assuntore [Zinberg 1984].
Anticipiamo che, coerentemente alle precedenti osservazioni fatte sulla
percezione del fenomeno e del rischio, si è rilevata anche per queste batterie di domande una interpretazione maggiormente severa relativamente ai
concetti di “consumo problematico” e “non problematico” da parte dei professionisti operanti nelle strutture residenziali.
Se, per esempio, analizziamo le risposte relative all’affermazione “il
consumatore non problematico di alcol è colui che, pur assumendo forti
quantità di alcol bevuto, non presenta problemi fisici, psichici, sociali” –
sommando le percentuali delle risposte “poco e per niente d’accordo” – rileviamo una percentuale pari al 77,8% per i professionisti del Ser.T, e una
percentuale maggiore di disaccordo pari al 90,8% per i professionisti della
comunità terapeutiche. Oppure alla affermazione “il consumatore non problematico di alcol è colui che assume alcol in quantità anche giornaliere a
“basso rischio” – sommando le percentuali delle risposte “del tutto e molto
d’accordo” – rileviamo una percentuale pari al 40,7% per gli operatori del
Ser.T, mentre la percentuale di minore accordo la rileviamo fra gli operatori
della comunità attestandosi al 30,3%.
Come rileva Bertelli, «nella sensibilità comune, gli effetti deleteri
dell’alcol vengono associati piuttosto ai liquori e ai superalcolici in genera163
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
le» [2007: 27]. Rispetto al consumo di tabacco, quello dell’alcol gode addirittura di una maggiore tolleranza e i rischi che comporta vengono tendenzialmente associati al solo abuso. La stigmatizzazione sociale, si concretizza solo di fronte a casi limite di dipendenza palese”.
Tab. 7 – Confronto professionisti Ser.T e professionisti Comunità convenzionate sulla definizione di consumatore non problematico di alcol (% del tutto + molto d’accordo)
Colui che pur assumendo forti quantità di alcol bevuto,
non presenta problemi fisici, psichici, sociali
Colui che assume alcol in quantità anche giornaliere a
“basso rischio”
Ser.T
Comunità
22,2
9,2
40,7
30,3
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Come si potrà osservare dalla tab. 8, l’andamento delle risposte da parte
dei gruppi è simile anche se si analizzano le sostanze illegali. Infatti, alla
domanda “il consumatore non problematico di hashish è” rileviamo come
all’aumentare della frequenza di utilizzo sottesa alle diverse affermazioni
della domanda, gli operatori della comunità risultino essere sempre “meno
d’accordo”. Se per esempio prendiamo l’affermazione “colui che consuma
hashish almeno una volta a settimana” – sommando le percentuali di risposta “del tutto d’accordo e molto” – i professionisti del Ser.T arrivano
all’11,5%, mentre i professionisti della comunità arrivano al 3%.
La severità di interpretazione della definizione “consumatore non problematico” risulta maggiore verso le droghe cosiddette pesanti.
All’affermazione “il consumatore non problematico di eroina è colui
che: consuma eroina almeno una volta al mese” – sommando le percentuali
di risposta “del tutto d’accordo e molto d’accordo”- rileviamo, infatti, come
mentre gli operatori della comunità hanno una percentuale pari a zero, gli
operatori del Ser.T hanno una percentuale pari al 7,8%. Per la cocaina, rispetto alla affermazione “un consumatore non problematico di cocaina è
colui che la consuma almeno una volta alla settimana”, si trovano poco o
per niente d’accordo con una percentuale pari al 100% i professionisti della
comunità e con una percentuale pari al 92,6% i professionisti del Ser.T.
Tab. 8 – Confronto professionisti Ser.T e professionisti Comunità convenzionate sulla definizione di consumatore non problematico di sostanze psicoattive (% del tutto + molto
d’accordo)
Colui che assume hashish almeno una volta alla settimana
Colui che assume eroina almeno una volta al mese
Colui che assume cocaina almeno una volta a settimana
Ser.T
Comunità
11,5
7,8
8,0
3,0
-
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
Passando alle risposte relative alle affermazioni sui “consumatori problematici” rileviamo ancora una volta da parte dei professionisti della comunità una maggiore percezione del rischio ed un minore grado di accordo
rispetto a posizioni liberiste.
Per quanto riguarda la sostanza “alcol”, rispetto alla definizione “alcolista è colui che beve da solo” - sommando “molto e del tutto d’accordo” –
gli operatori del Ser.T raggiungono la percentuale del 34,6% mentre gli operatori della comunità raggiungono il 50%. Ancora: “l’alcolista è colui che
ha problemi sanitari causati dal consumo di alcol”, la percentuale raggiunta
dai professionisti del Ser.T è del 74% e quella raggiunta dai professionisti
della comunità è del 97%
Sempre sulla stessa linea sono le considerazioni che si possono fare osservando la tabella 9, che illustra alcune delle risposte riferite dai due gruppi di professionisti sulle diverse sostanze psicoattive, legali ed illegali, pesanti e leggere.
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Tab. 9 – Confronto professionisti Ser.T e professionisti Comunità convenzionate sulla definizione di consumatore problematico di sostanze psicoattive (% del tutto + molto
d’accordo)
Comunità
70,3
90,6
55,5
84,4
70,0
79,0
89,0
97,0
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Alcol: alcolista è colui che ha problemi familiari e relazionali causati
dal consumo di alcol
Hashish: il consumatore problematico è colui che ha problemi lavorativi/scolastici
Eroina: il consumatore problematico è colui che la consuma per via endovenosa
Cocaina: il consumatore problematico è colui che fa abbuffate di cocaina in breve tempo
Ser.T
Rileviamo, dunque, come all’affermazione “l’alcolista è colui che ha
problemi familiari e relazionali causati dal consumo di alcol”, la percentuale raggiunta dai professionisti Ser.T si attesta al 70,3%, mentre quella dei
professionisti del privato sociale raggiunge il 90,6%.
Per quanto riguarda le definizioni di consumatori problematici di hashish riscontriamo ancora una maggiore severità da parte dei professionisti
della comunità. Per esempio: “il consumatore problematico di hashish è colui che con il passare del tempo aumenta progressivamente la quantità o la
frequenza d’uso”, la percentuale raggiunta dagli operatori Ser.T è dell’
88,8% - sommando molto e del tutto d’accordo – mentre la percentuale
raggiunta dagli operatori della comunità è del 97% o “colui che ha problemi lavorativi/scolastici” lo è per il 55,5% dei professionisti Ser.T mentre lo
è per l’84,4% dei professionisti comunità.
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
Per quanto attiene all’eroina, nell’affermazione “il consumatore problematico è colui che con il passare del tempo aumenta la quantità di eroina
consumata”, la percentuale raggiunta dagli operatori del Ser.T è del 96%
mentre quella degli operatori di comunità è del 100%; o, ancora, “colui che
la consuma per via endovenosa”, la percentuale degli operatori del Ser.T è
del 70% mentre per gli operatori di comunità è del 79%. Concludendo, con
la sostanza “cocaina”, all’affermazione “il consumatore problematico è colui che fa abbuffate di cocaina in breve tempo” la percentuale raggiunta dagli operatori del Ser.T è del 89%, mentre quella raggiunta dagli operatori di
comunità è del 97%.
2.4 La valutazione dei servizi da parte dei professionisti
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Da quando, anche in Italia, si è assistito ad una focalizzazione da parte
della pubblica amministrazione sulla centralità del cittadino, assume progressiva rilevanza il tema della qualità dei servizi socio sanitari e della connessa loro valutazione [Ortigosa 2000].
Una sezione del questionario è stata dunque dedicata all’analisi della valutazione dei servizi operanti per la cura e per la riabilitazione delle tossicodipendenze e alla condivisione delle strategie di recupero dei soggetti che
fanno uso di sostanze.
Interessante è stato, ai fini dell’indagine volta a scoprire la visione e la
percezione della tossicodipendenza e mettere a confronto prospettive (potenzialmente) differenti tra i vari target partecipanti, chiedere ai due gruppi
di professionisti di esprimersi rispetto alle prestazioni erogate dal proprio e
dall’altro servizio.
Per tutte le attività svolte dal Ser.T, gli operatori delle comunità terapeutiche si sono espressi in maniera più critica rispetto a quanto affermato dai
professionisti afferenti al servizio Ser.T. stesso, come si evince dal graf. 1.
Sono soprattutto il sostegno sociale e il sostegno psicologico erogati presso
il servizio Ser.T che lasciano maggiormente insoddisfatti i professionisti
delle comunità: sembrano, tali operatori, più critici ed esigenti verso quelle
attività che ritengono salienti per l’attivazione e il completamento del processo di cambiamento individuale che il paziente tossicodipendente dovrebbe seguire per la fuoriuscita dalla condizione di “dipendenza”, obiettivi
questi “tipicamente comunitari” [Dal Cengio 1991].
Per i professionisti Ser.T è soprattutto il sostegno sociale erogato presso
il loro servizio che andrebbe migliorato. Allo stesso modo, tuttavia, essi
esprimono un grado di soddisfazione inferiore dei professionisti delle comunità rispetto alle prestazioni erogate da queste ultime. Traspare uno scetticismo diffuso sulla qualità del trattamento: andrebbero migliorate, infatti,
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
per i professionisti del Servizio Ser.T, sia quelle attività che sono più attinenti al Servizio Ser.T nell’ottica della cura di una malattia ad andamento
recidivante (attività medica ed infermieristica, dunque) [Lovaste 2009], ma
anche le attività che sono più specifiche della comunità relative alla ristrutturazione identitaria (attività ricreativa, assistenza psicologica, psicoterapia
di gruppo) [Dozza 2000]. Per i professionisti della comunità è l’attività ludico-ricreativa che andrebbe migliorata. Si può dunque rilevare la presenza
di un certo “campanilismo” di servizio da parte di entrambi i gruppi di professionisti che favoriscono una certa dose, peraltro fisiologica, di favoritismo dell’ingroup a scapito dell’outgroup [Tajfel 1978].
Graf. 1 – Confronto professionisti Ser.T e professionisti Comunità convenzionate sulle attività svolte dal Ser.T che necessitano di miglioramento
70
58,1
60
50
41,9
io
ne
38,8
40
11,5
10
7,7
o
11,5
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16,1
20
26,9
ce
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25,8
30
us
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3,8
Psicoterapia con i
familiari
es
Assistenza
infermieristica
Sostegno
psicologico
Sostegno sociale
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Assistenza medica
cl
0
Comunità %
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Ser.T %
Graf. 2 – Confronto professionisti Ser.T e professionisti Comunità convenzionate sulle attività svolte presso le Comunità che necessitano di miglioramento
80
71,4
70
60
57,1
57,1
50
40
42,9
42,9
42,9
34,5
25
30
26,9
20
24,1
25,9
10,3
10
0
Attività
ricreativa
Assistenza
medica
Assistenza
Psicoterapia di
infermieristica
gruppo
Ser.T %
Sostegno
psicologico
Sostegno
sociale
Comunità %
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Nell’indagine si è tentato, inoltre, di approfondire la percezione
dell’utilità, di alcuni trattamenti erogati sia dal Servizio Ser.T (trattamenti
farmacologici brevi e protratti) sia dalle Comunità Terapeutiche (trattamento residenziale) rispetto alla dipendenza da eroina e da cocaina.
Per quanto attiene all’eroina, sia per gli operatori Ser.T sia per gli operatori della comunità, il trattamento ritenuto maggiormente utile è quello “integrato”, quel trattamento cioè che si avvale in contemporanea e/o in successione di interventi terapeutici di area sanitaria e psico-sociale. Sommando, infatti, le percentuali relative alle risposte “del tutto utile” e “molto utile” rileviamo il 96,3% delle risposte fornite dai professionisti del Ser.T e il
96,9% delle risposte dei professionisti delle comunità terapeutiche vanno in
favore del trattamento integrato. Anche il trattamento sociale e quello psicologo riscuotono un significativo gradimento da parte di entrambi i due
gruppi di operatori. Il trattamento residenziale in comunità viene considerato utile dalla maggior parte degli operatori appartenenti ai due gruppi, ma in
particolare da parte dei professionisti della comunità. Sommando le percentuali “del tutto utile e molto utile” rileviamo per il Servizio Ser.T il 77% e il
97% per la comunità.
Per quanto attiene ai trattamenti farmacologici si rileva l’unica differenza sostanziale tra i due gruppi di professionisti: mentre il 69,2% degli operatori del Ser.T ritiene che i trattamenti farmacologi protratti siano “del tutto e molto utili” per la dipendenza da eroina, solo il 21,2% degli operatori
della comunità condivide questa visione.
Un’apparente maggiore condivisione si rileva invece rispetto ai trattamenti farmacologici brevi che vengono ritenuti “del tutto utili e molto utili”
dal 34,6% dei professionisti Ser.T e dal 27,3% degli operatori di comunità.
Risulta apparente questa condivisione nel senso che la condivisione da parte dei professionisti della comunità si può leggere come una sorta di “concessione possibile” rispetto al trattamento farmacologico: “sì ai medicinali
sostituivi delle droghe, ma per un periodo limitato”; mentre per quanto riguarda gli operatori del Ser.T la condivisione si può leggere venata da un
certo scetticismo verso i trattamenti farmacologici a breve: “sì, ma tanto i
trattamenti farmacologici brevi sono poco efficaci”.
Percentuali simili, dunque, che nel graf. 3 rappresentano uno dei tre
punti di congiunzione tra le due rette, ma provenienti tuttavia da letture diverse.
Una certa condivisione si riscontra anche per la percezione di adeguatezza del trattamento sociale per la dipendenza da eroina e, nella punta di
più altra di gradimento da parte di entrambi i gruppi di professionisti, si riscontra il trattamento integrato.
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Graf. 3 – Confronto professionisti Ser.T e professionisti Comunità convenzionate sull’utilità
dei trattamenti per dipendenza da EROINA
120
100
80
60
40
20
0
Trattamento
sociale
Trattamento
psicologico
Trattamento
comunitario
Ser.T %
Trattamento
farmacologico
breve
Trattamento
farmacologico
protratto
Comunità %
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Per quanto riguarda il confronto tra i due gruppi di professionisti relativamente ai trattamenti preposti per i dipendenti da cocaina, invece, il grado
di utilità espresso sia da parte dei professionisti del Servizio Ser.T sia da
parte dei professionisti delle Comunità è connotato da una maggiore condivisione in positivo verso il trattamento integrato e in negativo per i trattamenti farmacologici. La massima distanza tra i due gruppi si rileva nella
percezione di adeguatezza del trattamento residenziale per i dipendenti da
cocaina: alta per i professionisti delle comunità e piuttosto bassa per i professionisti Ser.T.
pe
Graf. 4 – Confronto professionisti Ser.T e professionisti Comunità convenzionate sull’utilità
dei trattamenti per dipendenza da COCAINA
120
100
80
60
40
20
0
Trattamento
sociale
Trattamento
psicologico
Trattamento
comunitario
Ser.T %
Trattamento
farmacologico
protratto
Trattamento
farmacologico
breve
Trattamento
integrato
Comunità %
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Da notare come entrambi i gruppi sono meno propensi a ritenere utili
nella cura della dipendenza da eroina e da cocaina i trattamenti farmacologici brevi e/o protratti.
Per entrambe le sostanze si assiste dunque ad una maggiore enfasi da
parte delle comunità nelle affermazioni espresse – sia in positivo per i trattamenti “tipicamente residenziali”, sia in negativo per i trattamenti “medico-farmacologici” – rispetto ai professionisti Ser.T che rimangono mediamente più contenuti. Si potrebbe affermare, dunque, da un lato di rilevare
una maggiore convinzione e audacia ideale da parte dei professionisti delle
comunità su una certa tipologia di trattamenti socio-psicologici e una tendenza alla negazione dell’utilità dei trattamenti medico-farmacologici;
dall’altro, come sia assolutamente convinzione da parte di entrambi i gruppi
che solo con un trattamento integrato possa dare risposta ad una malattia
che si può definire ad eziologia e sintomatologia multidimensionale [Lovaste 2009].
Gli obiettivi terapeutici attivati dai servizi preposti alla cura e riabilitazione della tossicodipendenza – raggiungibili teoricamente attraverso la realizzazione dei programmi terapeutici – seguono in sostanza due orientamenti: quello della fuoriuscita dalla condizione di tossicodipendenza, denominato in questa sede come “orientamento alla guarigione”, e quello invece del miglioramento delle condizioni di vita, denominato come “orientamento alla riduzione del danno”.10
Ai fini, dunque, dell’analisi della domanda “Quanto condivide la possibilità di raggiungere i seguenti obiettivi con i progetti terapeutici erogati dal
Servizio Ser.T/ Comunità?” è stato costruito un indice sintetico11 – definito
livello di aspettativa – che sintetizza le risposte fornite da professionisti (e
utenti) e identifica 3 livelli:
1) il livello con orientamento alla “guarigione”;
2) il livello con orientamento alla “riduzione del danno”.
3) il livello – intermedio tra i primi due - con orientamento “incerto”.
10
Nell’ambito della organizzazione del Ser.T di Trento sono stati individuati alcuni indicatori per riuscire a definire l’esito del programma terapeutico che avesse come obiettivo o
la riduzione del danno o la fuoriuscita dalla condizione dalla tossicodipendenza: per quanto
attiene al primo sono la riduzione o scomparsa dei problemi legali e atti di devianza, il miglioramento della condizione lavorativo-scolastica, riduzione del pericolo di overdose o di
altri rischi sanitari correlati all’uso di sostanze; riduzione della sofferenza fisica, mentre per
quanto attiene al secondo l’indicatore principale è l’astensione dall’uso della sostanza per la
quale si è richiesto il trattamento, la concomitante risoluzione dei problemi che hanno causato la dipendenza, in una parola, dunque, la guarigione dalla tossicodipendenza.
11
Per la costruzione dell’indice si veda la nota metodologica in calce al volume.
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Come si evince dal graf. 5, nel quale si confrontano gli indici relativi ai
tre diversi orientamenti, gli operatori dei servizi propendono in generale per
l’orientamento alla riduzione del danno ed in minima parte verso
l’orientamento alla guarigione. Se, tuttavia, confrontiamo l’orientamento
prevalente dei professionisti del Ser.T con l’orientamento prevalente dei
professionisti della Comunità Terapeutiche, evidenziamo come questi ultimi si distribuiscano tra i tre diversi orientamenti quasi in modo speculare,
mentre gli operatori del Ser.T si concentrino sull’orientamento della riduzione del danno (77,7%).
Graf. 5 – Distribuzione di frequenza rispetto alla condivisione degli obiettivi di guarigione,
di riduzione del danno e intermedio da parte dei professionisti di comunità e professionisti
del Servizio Ser.T.
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70
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Orientamento incerto
Operatori Ser.T
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Orientamento alla riduzione
del danno
Operatori Comunità
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Operatori in totale
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%
Orientamento alla guarigione
Queste differenze sono sufficientemente convergenti con quelle che sono le diverse filosofie di fondo che animano i due tipi di servizi: da un lato
la prospettiva – a tratti venata da speranza, ma anche illusione e ideologismo - di guarigione e di ristrutturazione della personalità delle Comunità
Terapeutiche e dall’altro la prospettiva di controllo sociale e contenimento
delle conseguenze negative per l’individuo e per la società della malattia
tossicodipendenza – a tratti venata da pragmatismo, ma anche cinismo e disillusione.
2.5 Riflessioni conclusive
Per concludere, sintetizziamo di seguito i punti di divergenza, più o meno spiccati, fra le percezioni da parte dei professionisti del Ser.T e professionisti delle comunità. La percezione del rischio di questi ultimi è più se171
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vera e “preoccupata” rispetto all’uso di sostanze e alle conseguenze negative che derivano da tale uso. Per i professionisti del Ser.T, invece, tale percezione è meno enfatizzata, sembra ci sia una certa impermeabilità o minore sensibilità o, ancora, maggiore disincanto e realismo rispetto al fenomeno “tossicodipendenza”.
Per i professionisti delle comunità, la tossicodipendenza viene associata
alla reazione delle fragilità individuali a fronte di una società disfunzionale,
nella quale spesso i legami familiari sono sfilacciati e sui quali è necessario
operare quindi interventi di prevenzione. I professionisti del Ser.T, al contrario, leggono la tossicodipendenza una conseguenza dell’abuso di sostanze malamente (o per niente) calcolata da parte di soggetti consapevoli, dunque responsabili e dunque punibili per le loro azioni.
I professionisti delle comunità interpretano tutti i trattamenti erogati
come funzionali alla cura della tossicodipendenza, ma puntano soprattutto
su quelli finalizzati alla risocializzazione del soggetto, quelli che avviano
una nuova costruzione identitaria, la riformulazione della concezione e della valutazione del sé [Labos 1986], senza tuttavia essere privi di una certa
dose di pragmatismo che permette loro di porsi e di far coesistere sia gli obiettivi di riduzione del danno, sia gli obiettivi di guarigione.
Per i professionisti del Ser.T, invece, l’orientamento prevalente è quello
medicalizzato e dunque da ciò ne deriva una significativa attribuzione di
importanza verso i trattamenti farmacologici. La conseguenza di questa
propensione influenza anche la tipologia di obiettivi ritenuti prevalenti, ossia quelli attinenti alla riduzione del danno, il contenimento di questa sofferenza o “malattia del cervello”. Non tanto come uno scivolamento verso il
basso, ma piuttosto come una forma di accettazione e convivenza misurata
proprio di quel “danno”. «La pretesa di una “guarigione” del tossicodipendente ha lasciato dunque la coscienza professionale di molti operatori»
[Dozza 2000: 77] », soprattutto di quelli operanti nel Servizio Ser.T.
Certo, non si può escludere che le aspettative negative, ma anche
l’assenza di aspettative, incidano negativamente sulle relazione, e quindi
anche sulla relazione terapeutica nel campo della tossicodipendenza [Dal
Cengio 1991; Gaspari 2002]. Tuttavia, si può riflettere su questo orientamento di “contenimento e di riduzione del danno” adatto ad una “malattia
recidivante”, interpretandolo come uno strumento di salvaguardia sia per il
professionista che così non cade in facili entusiasmi, precursori di significative frustrazioni, sia per l’utente stesso che «..conclusa una terapia per il
suo stato tossicomanico, tende, per un certo periodo, a sviluppare uno stato
di repulsione fobica nei confronti della sostanza, abbassando poi eccessivamente la guardia con notevoli pericoli di ricaduta proprio quando si considera guarito» [Gatti 1996: 31].
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3. I focus group nel “corpus” della ricerca realizzati con i professionisti
del Ser.T e del Servizio Alcologia
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Nell’ambito del disegno della ricerca è stata prevista la realizzazione di
due focus group rivolti agli operatori dei servizi, effettuati in seguito alla
somministrazione dei questionari standardizzati, con l’obiettivo di raccogliere maggiori informazioni sulla diversità delle culture della tossicodipendenza esistenti nelle diverse articolazioni del settore cura e riabilitazione delle dipendenze territoriale12. L’appropriatezza di tale metodologia di
indagine è motivata da un lato dall’esiguità numerica dei rispondenti al
questionario strutturato, dall’altro dalla necessità di comprendere più a fondo le concezioni della tossicodipendenza e le conseguenze operative in
un’occasione, come è quella del focus group, di confronto diretto tra i partecipanti. Nella fase intermedia di un’indagine il focus group è uno strumento congeniale per la raccolta di dati ulteriori che hanno caratteristiche
qualitativamente diverse da quelli raccolti con un precedente strumento
quantitativo e dunque preziosi per una visione maggiormente esaustiva
dell’oggetto della ricerca [Albanesi 2004; Bloor et al. 2002].
La traccia seguita dal conduttore era tesa ad approfondire i seguenti
punti, precedentemente trattati nel questionario:
- le trasformazioni del fenomeno “dipendenza” negli ultimi anni (nuovi
target, nuove sostanze, nuovi stili di consumo);
- le motivazioni che spingono all’uso di sostanze psicotrope;
- l’eziologia del consumo;
- l’adeguatezza e la necessità di categorie delle concettuali quali l’uso,
l’abuso e la dipendenza;
- l’adeguatezza dei trattamenti terapeutici e gli obiettivi dei progetti terapeutici (astensione /uso moderato);
- l’atteggiamento verso politiche di proibizionismo, di legalizzazione
delle sostanze, di prevenzione.
Di seguito si descrivono i risultati emersi dapprima nell’incontro realizzato con gli operatori del Ser.T, poi nell’incontro con i professionisti di Alcologia, mettendo infine in luce dissonanze e armonie tra i diversi punti di
vista.
12
La tecnica dei focus group, come indicato da Morgan [1996], viene frequentemente
utilizzata dai ricercatori sociali in modo integrato, in combinazione cioè con altre metodologie di indagine, soprattutto di carattere qualitativo (come le interviste in profondità).
L’autore identifica quattro diversi modi di combinare la tecnica dei focus con le surveys,
definiti sulla base di quale tra i due metodi riceve una importanza primaria e quale viene
invece utilizzato in funzione supplementare (per guidare i contenuti dell’altro o per interpretarne i risultati a posteriori): nel caso specifico, il focus group ha avuto una funzione supplementare rispetto alla survey, di orientamento a posteriori verso l’interpretazione dei risultati della survey.
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3.1 Il focus group realizzato con i professionisti del Ser.T
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Al focus group realizzato presso il Servizio Ser.T hanno partecipato in
totale dieci professionisti: tre psicologi, tre assistenti sociali, due medici e
due infermieri. Il focus group si è avvalso della presenza di un conduttore e
di un osservatore.
Un’impressione condivisa da tutti i professionisti presenti al focus group
è stata quella riferita rispetto al recente cambiamento dell’utenza accolta
all’interno del servizio. L’immagine che associava il tossicodipendente
all’emarginato sociale non si adatta più alla nuova realtà: «nel tempo è profondamente cambiato il modo di vivere la tossicodipendenza e il rapporto
stesso con la sostanza. Da un rapporto totalmente e quasi immediatamente
coinvolgente, da un vissuto molto visibile, del tutto fuori dai canoni comunemente e socialmente accettati e condivisi, da una condizione generalmente emarginante ed emarginata, si è passati ad un rapporto con le sostanze,
cosiddetto più compatibile, in cui si riesce più a lungo a mantenere un rapporto se non di distacco quanto meno non cosi totalizzante, in cui si riescono a tenere abbastanza in equilibrio i rapporti sociali, affettivi e di lavoro,
in cui si è meno visibili e meno trasgressivi» [Giannotti 2004].
Si recano ai servizi oltre agli storici eroinomani, anche giovanissimi,
spaesati che non sanno dove andare. Gli stessi servizi nelle loro rigidità organizzative non sono capaci di accoglierli e di rispondere in modo adeguato
ai loro bisogni; arrivano immigrati irregolari, portatori di problematiche e
culture completamente diverse dalla nostra; arrivano autoctoni professionisti e benestanti; si ritrovano con maggiore frequenza soggetti con pluridipendenze e comorbilità psichiatriche. E questa sembra essere la tipologia di
utenza più problematica perché costituita da:
“utenti di area “border”, usato non in senso clinico ma fenomenologico […]
un’area dove i soggetti si muovono in un terreno che non è di nessuno, vagano, si muovono e nessuno li prende in carico: la psichiatria non li vuole…il Ser.T non li vuole…l’alcologia neanche. Questi utenti forse ci dicono
che c’è una rigidità nell’organizzazione dei servizi, per cui questa dimensione per fenomenologia di risposte serve… sono più funzionali ai curanti
che non ai pazienti. Questo pone una sfida importante sull’organizzazione
dei servizi”.
Questa situazione pone gli operatori socio-sanitari che operano in questo
settore di fronte ad un indispensabile ripensamento del proprio modo di operare e del modo di strutturare l’offerta dei servizi. Il cambiamento sociale
è di per sé molto veloce nella società attuale, mentre i servizi risentono di
una certa inerzia che impedisce di rispondere in maniera adeguata ai nuovi
bisogni emergenti nel sociale. L’uso sempre più diffuso di sostanze, illegali
e legali, si situa in un contesto di de-stabilizzazione, di frammentazione delle relazioni, di proiezione nel presente, di mancanza di progettualità, in cui
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si innestano vissuti di incertezza e di paura del futuro, oppure di vuoto,
noia, tristezza, oppure di rabbia e di ribellione, di desiderio di sfida ad un
mondo adulto assente, incompetente, incapace di proporre significati e motivazioni a vivere ed operare nel quotidiano. Come la letteratura sociologica
e le indagini empiriche mettono in luce, in linea con le evoluzioni macrostrutturali a livello economico e sociale, stanno emergendo nella popolazione giovanile nuove tendenze che hanno un riflesso determinante nel rapporto con l’adozione di comportamenti a rischio. La proiezione nel presente, l’incapacità di pensarsi nel futuro, l’assenza di punti di riferimento forti,
la reversibilità delle scelte, la rinuncia all’assunzione di responsabilità, la
sfiducia nell’altro, l’imporsi di canali a doppia moralità e la rivalutazione in
positivo del rischio [Buzzi 2003; Buzzi, Cavalli, De Lillo 1997, 2002] costituiscono alcuni dei tratti che definiscono una nuova identità giovanile,
sempre più propensa all’adozione di comportamenti a rischio e all’utilizzo
di sostanze psicoattive per vivere piacevolmente il presente assolutizzato
come unica realtà, come copertura dei problemi evolutivi, come illusoria
soluzione alla crisi adolescenziale, apparente sgancio dalla famiglia e dal
mondo adulto con una scelta di autonomia.
I soggetti coinvolti nel vortice della dipendenza si differenziano, dunque, non solo –e non tanto- per il tipo di sostanza consumata o le modalità
d’uso (eroina, altre droghe e nuove droghe, uso continuato, uso episodico,
ecc.) ma anche per il rapporto con la o le sostanze e per il significato ad esse conferito. Dal soggetto ormai escluso da qualsiasi ambito sociale, per il
quale la sostanza è lo scopo della propria esistenza, al soggetto che fa uso
di droghe salvaguardando aree di “normalità”13 nella propria vita, mantenendo relazioni sociali, lo studio, il lavoro; emergono scelte differenziate,
esigenze diverse che esigono risposte differenziate, per i singoli e per fasce
di utenza specifiche ed omogenee che impongono ai Servizi, ai Ser.T la ricerca di nuovi approcci relazionali, organizzativi ed operativi.
Da ultimo, ma non per importanza, gli utenti oggi sono anche più informati e consapevoli rispetto al passato sui rischi dell’uso di droghe o
dell’assunzione di certi comportamenti, anche in seguito alle campagne di
sensibilizzazione, prevenzione e riduzione del danno messe in atto negli ultimi decenni, e alla diffusa possibilità di accesso alle informazioni fornite
dai mass media14.
13
Si veda “Il processo di (ri)socializzazione del tossicodipendente: un’ipotesi professionale e organizzativa” [AA.VV. 1999].
14
In generale, così come emerge dalle indagini sociologiche in ambito sanitario, il paziente oggigiorno è più informato e competente sui temi riguardanti la propria salute: il livello di istruzione, la possibilità di accesso a molteplici fonti informative (giornali, programmi televisivi, siti web) e il livello di benessere generalizzato sono alcuni dei fattori che
influiscono positivamente sul livello di conoscenza e competenza che le persone possono
raggiungere anche in riferimento alla gestione della propria salute.
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Dal piano esperienziale al piano teoretico: l’esperienza quotidiana con
l’utenza tossicodipendente trova i professionisti sanitari di fronte alle stesse
sfide, tuttavia le diverse professionalità manifestano una condivisione un pò
incerta rispetto alle categorie di “dipendenza”, “abuso” “uso problematico”
così come attualmente definite da parte della comunità scientifica15.
“…Cambiando i modelli di consumo credo che le categorie con cui vediamo il problema, il concetto di dipendenza, il concetto di abuso e di abuso
problematico siano categorie che devono aprirsi ad una nostra riflessione.”
“ …la definizione fornita dal DSM di dipendenza - malattia ad andamento
cronico recidivante – si riferisce ad una certa accezione di dipendenza. Ma
oggi ci sono altre forme di dipendenza che non hanno un’origine biologica e
organica, ma sono piuttosto delle dipendenze che si riflettono sul comportamento. Quanto oggi le categorie esistenti possono interpretare i comportamenti degli utenti? È il caso di rivedere le definizioni attualmente in vigore ..”
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Con la necessità tuttavia di fare delle distinzioni rispetto alle diverse tipologie di consumo e anche alla necessità stessa di avere delle definizioni:
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“ … bisogna avere la capacità di distinguere l’uso non problematico da un
uso problematico (dipendenza e abuso). Rispetto all’uso non problematico
ritengo che sia necessario una certa tolleranza sul piano della legge, sul piano della stigmatizzazione sociale, senza che questo comporti la legalizzazione da parte del mondo degli adulti….”
“…vorrei ritornare sulle categorie e sulle definizioni. L’uso non è abuso e
non è dipendenza. O ci riferiamo a questo o non lo so quali altre definizioni
prendere a riferimento. Ho bisogno di punti di riferimento, avere delle definizioni condivise….”
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Entro tale discorso non poteva che collocarsi il dibattito sui cannabinoidi, sostanza densa di ambivalenza in quanto illegale ma allo stesso tempo
largamente accettata a livello sociale e anche più consumata e diffusa, al
centro di numerose controversie politiche inerenti la sua legalizzazione e
contemporaneamente una mancanza di accordo nella comunità scientifica
rispetto alla sua tossicità16. Tale ambivalenza si riflette anche nei vissuti
degli operatori, tra i quali emergono visioni diverse rispetto al consumo dei
cannabici, come già si è avuto modo di vedere precedentemente
nell’esposizione sulle risposte alla domanda inerente le conseguenze delle
diverse droghe presentata nel questionario. Tra i più tolleranti:
15
L’approccio al problema della tossicodipendenza adottato dal Ser.T, secondo quanto
indicato dalla letteratura internazionale, fa riferimento al concetto di dipendenza da sostanze
definito dall’Organizzazione Mondiale della Salute e alle definizione contenute nel DSM
IV, così come descritte nella precedente nota 7.
16
Si leggano i contributi di Guarino [2007] e degli autori nel testo di Cipolla [2008a].
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“.. penso che ci sia un uso di cannabinoidi che non rappresenta nessun problema da nessun punto di vista (psicologico, sociale..). Credo esista un fisiologico uso di cannabinoidi nella realtà giovanile che nella stragrande
maggioranza dei casi non è un problema..”
“…l’uso problematico facendo riferimento alla definizione data
dall’Osservatorio europeo viene definito come l’utilizzo per via iniettivo o
l’utilizzo continuativo di eroina cocaina e amfetamine. I cannabici rimangono fuori…”17
e i prudenziali:
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“ .. non bisogna trascurare che la cannabis in un certo modo fa sviluppare un
grado di dipendenza..”
“…oggi la cannabis viene alterata e modificata e può raggiungere dei valori
molto alti e diversi, inoltre siamo attrezzati per l’eroina, ma non siamo attrezzati quando il soggetto fa uso di molteplici sostanze e noi non siamo più
in grado di fornire una risposta di aiuto.”
“ …Se teniamo conto dell’aumento del principio attivo nelle sostanze che
vengono vendute il quadro cambia. Non c’è un rischio zero. È chiaro che la
quantità e la frequenza d’uso fa la differenza dei consumatori, oltre ché
l’interazione con altre problematiche, fragilità possono venire fuori quadri
diversi. Al supermercato c’è l’etichetta sui prodotti. Sulle droghe si gioca a
carte nascoste: non si sa cosa si prende.”
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Gli operatori si dividono tra coloro che – da un punto di vista personale
e non da un punto di vista professionale – sono tolleranti rispetto all’uso di
cannabici, anche tenendo conto del mutato contesto sociale che stigmatizza
blandamente tale uso, sottolineando tuttavia che la quantità e la frequenza
del consumo fanno la differenza su tale sostanza. Da una parte c’è la necessità di fare riferimento alle definizioni che in questo caso sono più lassiste –
nella definizione di uso problematico, infatti, fornita dall’OEDT i cannabici
non vengono menzionati – dall’altro è necessario un atteggiamento “realista” che tiene conto del dato di realtà e che in questo caso crede che la sostanza in questione possa essere alterata con incremento notevole del principio attivo divenendo dunque di fatto altamente pericolosa.
Dal punto di vista eziologico gli operatori del Ser.T adottano un approccio alla tossicodipendenza di tipo bio-psico-sociale18, qual è anche
l’approccio più generale che fonda le basi dell’intervento nel servizio, e
17
L’uso problematico viene infatti definito dall’OEDT come “il consumo di sostanze
stupefacenti per via parenterale oppure il consumo a lungo termine/regolare di oppiacei, cocaina e/o amfetamine”
18
L’approccio bio-psico-sociale trae le sue origini dall’affermazione che le condizioni di
salute e malattia sono determinate non esclusivamente da componenti ereditarie e biologiche, ma dall’interazione dinamica tra questi e la sfera sociale e psicologica del soggetto.
L’eziologia della tossicodipendenza, dunque, è multifattoriale in quanto non è possibile identificare univocamente nella sola “disfunzione” organica o nei fattori ereditari la causa del
fenomeno.
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dunque interpretano la dipendenza come un fenomeno multicausale. Gli aspetti culturali che sopra si sono affrontati inerenti l’incapacità di proiettarsi
nel futuro, il vivere nella contingenza, l’incapacità di pensare alle conseguenze delle proprie azioni che si ritengono reversibili, l’assenza di punti di
riferimento e di progetti forniscono un terreno fertile al consumo sperimentale di sostanze e all’instaurarsi della dipendenza. Un altro tratto culturale
importante su cui gli operatori sono concordi si riferisce al fatto che nella
società si è sviluppata progressivamente una cultura del farmaco e una esasperata medicalizzazione della vita. Una cultura del rimedio, che spinge
all’uso delle sostanze per superare un momento, una difficoltà, e che fa emergere la necessità di focalizzarsi sul bisogno strumentale di una sostanza.
“…C’è proprio la cultura di agganciarsi a qualcosa di chimico per superare
un momento. Un’analisi culturale che ci porta quasi a confermare una predisposizione culturale al policonsumo…”
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Ma viene anche puntato il dito sulla famiglia come soggetto fragile della
catena.
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“… sento mancanza di accoglienza e di accudimento da parte dei genitori
rispetto ai figli … una inadeguatezza genitoriale…”
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Nella discussione tra gli operatori vengono enfatizzati questi aspetti sociali della tossicodipendenza, ma non viene comunque trascurata
l’importanza della componente biologica nella genesi della dipendenza e la
necessità di riconoscere che esistono persone con personalità “predisposte
alla dipendenza”.
Per quanto attiene all’aspetto normativo gli operatori sostengono come
il fine della legge sia quello di vietare il consumo delle sostanza psicoattive,
ma nello stesso tempo deve prevedere delle conseguenze di recupero più
che di sola sanzione e di repressione rispetto ai consumatori. Questo perché
l’impronta repressiva porta con sé conseguenze nefaste e colpisce sempre le
persone più fragili.
“io sono per una legge che dica di “no” alle sostanze, un no simbolico alle
sostanze e ai comportamenti, non deve però essere uno strumento di repressione …non devono scattare delle sanzioni, deve essere una legge benevola
…questo assetto normativo che avevano prima (artt. 75 e 121) facevano
partire delle conseguenze non massacranti che favorivano anche
l’attivazione del servizio, con la presa in carico. Con la nuova legge il soggetto viene sanzionato a priori e non viene più incentivato a venire al servizio.”
Non si tratta di creare ex-novo delle leggi diverse, ma di riuscire ad attivare in modo coordinato le risorse che già esistono sul territorio:
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“diamo a questi giovani anche messaggi positivi nei mass media, nella scuola …messaggi che creano piacere, parlare di qualcosa di positivo …il nichilismo si colloca proprio quando i soggetti non hanno interessi, passioni, né
progetti …se tutti i messaggi sono “non fare” …cerchiamo di portare degli
eroi positivi in tutti i contesti …
E questo discorso si ricollega anche con l’attività di prevenzione che i
servizi possono mettere in atto: questa non dovrebbe essere rivolta solo
all’aumento della literacy e della percezione del rischio, ma dovrebbe cercare di trovare le soluzioni più adeguate a sostenere tutte le categorie di
soggetti nelle diverse fasi delicate dell’esistenza, nei momenti di passaggio.
Non ultimo proporre alle nuove generazioni messaggi nuovi ed eroi positivi.
3.2 Il focus group realizzato con i professionisti del Servizio Alcologia
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Al focus group hanno partecipato tredici professionisti del Servizio Alcologia19: tre assistenti sociali, cinque infermieri, quattro educatori professionali, uno psicologo. Il focus è stato condotto da un moderatore e da un
assistente.
Pur essendo diverse le professionalità messe in campo nel Servizio, i diversi soggetti hanno assunto come ruolo quello dell’educatore, presupponendo come stile di fondo quello di contrastare le inclinazioni e gli stili di
vita non buoni, non salutari, dannosi per l’individuo [Canevaro e Chieregatti 1999; Lucchini et al. 1999; Poropat e Lauria 1998]. Anche per questo
motivo il Servizio di Alcologia del Trentino dedica gran parte della sua attività alla realizzazione di progetti di prevenzione, di informazione e di educazione sulle conseguenze negative derivanti dal consumo di sostanze
alcoliche [Bertelli 2007].
Rispetto ai cambiamenti nell’utenza che afferisce al servizio, anche gli
operatori del Servizio di Alcologia, evidenziano delle trasformazioni rilevanti, in parte consonanti con quanto affermato dagli operatori del Ser.T.
L’età dell’utenza si è fortemente abbassata, aumenta la presenza femminile
anche tra le giovanissime, e insieme anche la componente straniera. Inoltre,
i soggetti provengono sempre più spesso da famiglie multiproblematiche e
in essi si rileva una pluralità di dipendenze. Un aspetto positivo a fronte di
questo inasprimento del fenomeno è che nei soggetti si rileva una maggiore
consapevolezza della problematica che stanno vivendo.
Il canale di accesso al servizio più frequente è quello delle visite patenti,
mentre gli accessi volontari sono molto rari: sulla base del Protocollo che il
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Per un approfondimento sul Servizio Alcologia del Trentino si rimanda al saggio relativo in questo volume di Molteni, Pancheri e Guarino e a Bertelli [2007].
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Servizio di Alcologia ha redatto con la Commissione Patenti, i soggetti
fermati per guida in stato di ebbrezza hanno l’obbligo di fare una visita
presso il Servizio, e questa occasione di urgenza è spesso la chiave per introdurre i soggetti ad un percorso riabilitativo che altrimenti non incontrerebbero.
Gli operatori del Servizio Alcologia non distinguono tra uso moderato,
uso problematico, abuso e dipendenza, ma affermano di concentrarsi più
che sulle definizioni sui comportamenti a rischio, sulle problematicità che
bere – tanto o poco – determina nella vita degli individui. Osservano, infatti, come i soggetti che hanno una dipendenza fisica da alcol siano un fetta
piccolissima della popolazione mentre il numero dei soggetti con problemi
alcol correlati è molto ampio20.
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“… Bisogna dire che proprio a partire dalla letteratura ci sono documenti
dell’OMS che mettono in discussione questa distinzione netta tra uso e abuso. L’OMS ci stimola a riflettere su queste categorie e a riflettere piuttosto
su un comportamento a rischio, che può portare all’abuso. L’esperienza ci
porta a dire che non c’è una linea netta di separazione tra un bere non problematico e uno che lo è, tra un uso moderato e un uso che non lo è, ma si
tratta di un continuum, di un percorso che da piccole quantità porta a volte a
grandi consumi, o a consumi non esagerati che però sono causa di problemi.
È il caso dei giovani, dove talvolta il consumo è elevato, ma può anche essere più sporadico, portando lo stesso a problematiche…”
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Anche in letteratura si rilevano effettivamente posizioni diversificate sul
“consumo moderato”. Si passa da posizioni “proibizioniste” che includono
l’alcol tra le sostanze psicotrope il cui utilizzo non è mai ammissibile a posizioni “promozionali” per le quali il consumo è auspicabile perché ritenuto
un fattore protettivo per la salute. Esistono, inoltre, posizioni intermedie,
“preventive” e/o “permissive” che nel primo caso non ammettono soglie di
“bere moderato” in quanto fortemente influenzato dalle caratteristiche individuali dei consumatori, mentre nel secondo caso ammettono un consumo
(a bassi dosaggi) di sostanze alcoliche come espressione di scelta libera e
consapevole [Bertelli 2007].
20
La filosofia del servizio si ispira all’approccio ecologico-sociale di Hudolin, che considera i problemi alcolcorrelati come il risultato di comportamenti che si sviluppano sulla
base di numerosi fattori, sia interni che esterni alla persona, e che sono un’espressione
dell’alterazione dei sistemi umani all’interno dei quali si manifestano. Dunque, non vizio, o
malattia, o colpa, ma stile di vita. Questa impostazione non punta l’accento, dunque, sulla
frequenza di consumo, sulla quantità, piuttosto che sulle distinzioni tra uso, abuso e dipendenza: infatti, nessuno è in grado ancora di stabilire i confini tra quello che è il bere moderato e il bere eccessivo. Allo stesso modo, il bevitore non è considerato un malato da guarire,
ma un soggetto responsabile ed una risorsa per sé e per gli altri. Si rimanda per approfondimenti a Hudolin [1991, 1994],
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Questa logica del concentrarsi sul “rischio” e sui problemi alcolcorrelati
è conseguente anche alla scelta di impostazione operata dal servizio in termini di prevenzione primaria e di promozione alla salute e che riconducono
il Servizio Alcologico Trentino in una posizione di tipo “proibizionista” o
cosiddetta “promozionale”.
“(…) nell’ottica della promozione della salute noi tendiamo a parlare di rischio, ad agire dove il consumo di alcolici può comportare un rischio. Distinguiamo però rischio e danno. Non sempre quando c’è un rischio c’è un
danno.”
I professionisti del Servizio Alcologia sono inoltre concordi
nell’affermare che non esiste un fattore causale universale come spiegazione eziologica dell’alcolismo o delle problematiche derivanti dal consumo di
alcol e che, inoltre, anche spendere energie nella ricerca “della” o “delle”
cause non comporti necessariamente un aiuto al soggetto in questione:
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“A tutt’oggi lo strumento che statisticamente ha più successo e che la letteratura conferma è la realtà dei gruppi di Club di alcolisti in trattamento21.
Essi funzionano non cercando di trovare le cause, ma di agire sul qui ed ora
e soprattutto sul futuro, sulla qualità della vita, sul ricostruire relazioni, motivazioni, amicizie, legami.”
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Anzi: questa ricerca delle cause è il frutto di un bisogno del familiare o
dell’operatore per prendere distanza da un comportamento che potenzialmente potrebbe essere messo in atto da chiunque:
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“ … credo che il capire le cause risponde più a un bisogno nostro, per sentirsi più sicuri. Se io riesco a dire che è più a rischio chi ha un’instabilità di
personalità, piuttosto che chi ha problemi economici, questo mi aiuta a dire
che io non sono a rischio. Questa è una posizione pericolosa, perché proprio
chi non si sente a rischio rischia di non essere attento alle proprie abitudini e
comportamenti legate al bere alcolici.”
I professionisti del Servizio Alcologia rifiutano con forza l’idea della
“riduzione del danno”, dell’uso normalizzato delle sostanze alcoliche o di
educazione ad un uso responsabile delle sostanze. L’orientamento dei professionisti del servizio alcologia è quello di promuovere una messa in discussione dei comportamenti individuali, affermando dunque un modello
riabilitativo-preventivo focalizzato sul cambiamento dello stile di vita:
“… visto che i giovani sempre ne faranno uso, si interviene con la riduzione
del danno. Io non sono d’accordo su questo passaggio. I ragazzi incroceran-
21
Si veda, a tal proposito, Pellegrini e Zorzi [2000].
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no sicuramente l’alcol, ma quello che noi andiamo a promuovere è che si
può fare senza, ci si può divertire anche senza …”
“.. si deve dare un’alternativa … Forse anche un ragazzo può capire che per
divertirsi non è necessario bere.”
“…credo che un educatore debba diffondere un pensiero alternativo. È un
pensiero già di sconfitta dire che i ragazzi incontreranno sicuramente alcol e
droghe e che li useranno. Ma l’alcol si può non usare…”
In maniera compatta, inoltre, gli operatori condividono l’idea che se in
certe situazioni astenersi dal bere possa essere una scelta, in altre situazioni
(guidare, lavorare, ecc.) deve essere un obbligo ben esplicitato anche dal
punto di vista della legislazione, attualmente ondivaga e ambigua22.
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“.. sarebbe bello se passasse il messaggio che in certe situazioni l’astenersi
non è una scelta: quando si guida, quando si assumono farmaci, quando si
allatta, quando si hanno avuto problemi di altre dipendenze…”
“… se contemporaneamente al nostro messaggio, ci fosse un sistema di regolamentazione chiaro, che dà un messaggio coerente alle persone…. Purtroppo ci sono situazioni ancora confuse ... A volte i messaggi sono contraddittori. Se ci fosse una legislazione chiara…”
“ .. ad oggi si pensa che non si può guidare ubriachi. In realtà non si è ancora fatto propria l’idea che quando si guida non si deve proprio aver bevuto,
che è estremamente diverso. E in questo la legislazione, introducendo un
tasso minimo di alcolemia concesso a chi si trova alla guida, non aiuta. Fa
passare l’idea che si può bere non più di un tot...”
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Una normativa maggiormente chiara, coerente e che viene rispettata e
fatta rispettare da tutti i soggetti, fornirebbe un forte impulso al cambiamento degli stili di vita a rischio e consentirebbe un maggiore e tempestivo
aggancio dei soggetti da parte del Servizio.
I professionisti del Servizio alcologia sono concordi nell’affermare che
una legislazione più adeguata vada comunque accompagnata da percorsi di
prevenzione e promozione esplicitati attraverso azioni di sensibilizzazione
e di informazione da costruire e agire insieme a tutta la comunità.
“…una legislazione che va affiancata alla sensibilizzazione, alla motivazione, all’empowerment dell’individuo, allo sviluppo delle capacità di vita.. .”
Da parte dei professionisti del Servizio Alcologia c’è un forte credere
sia nei progetti di prevenzione, rispetto alla loro capacità di fare informazione e di dare risultati - anche se più spesso valutabili nel lungo periodo nell’ottica di una diminuzione dei consumi, sia negli interventi socioriabilitativi di gruppo attuati dai club degli alcolisti anonimi realizzati verso
i soggetti e verso le famiglie con problemi alcolcorrelati.
22
Per un approfondimento sulle molteplici dimensioni di ambiguità relative all’alcol si
veda Rutigliano [2007].
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Sempre in maniera fortemente condivisa, gli operatori rilevano invece
come, al fine di garantire servizi più efficaci, sia necessario migliorare il
lavoro di rete con altri servizi e con altri soggetti, incrementare il lavoro di
sensibilizzazione con i medici di base, ma anche avere a disposizione maggiori risorse in termini di operatori e di tempo.
3.3 Le differenze significative rilevate nell’ambito dei focus group tra gli
operatori del Servizio Alcologia e il Ser.T
Per quanto attiene al confronto fra i focus group realizzati con gli operatori del Servizio Ser.T e del Servizio alcologia si rilevano le seguenti differenze significative da leggersi con una certa cautela dato che tale confronto
viene operato tra servizi che si occupano di dipendenza da sostanze diverse.
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1. Gli operatori del Ser.T, sembrano possedere visioni più eterogenee –
a tratti contraddittorie - sul fenomeno dipendenza di quanto non ne possiedono quelli del Servizio Alcologia che sembrano tutti orientati verso la medesima visione.
2. Inoltre, gli operatori Ser.T su alcune questioni (per esempio il consumo di cannabis), evidenziano una diversità di opinione e di modus operandi tra l’essere attore sociale ed essere un professionista operante in un
servizio preposto alla cura e riabilitazione delle tossicodipendenze. Come
professionisti del Ser.T trasmettono e comunicano infatti una visione più
severa e restrittiva, mentre come attori sociali riflettono anche su alternative
più malleabili e possibiliste. Gli operatori dell’alcologia non sembrano avere sfasature tra il loro essere attori sociali e il loro essere professionisti del
servizio.
3. Sia il Ser.T che il Servizio Alcologia esprimono professionalità diverse, tuttavia mentre ogni professionalità del Ser.T svolge il ruolo per cui
si è formato, nel Servizio Alcologia prevale la tendenza a svolgere la medesima funzione: quella di educatore (alla salute).
4. Gli operatori Ser.T e gli operatori di Alcologia evidenziano le stesse
trasformazioni del fenomeno “dipendenza”: un maggiore numero di minori,
extracomunitari, persone “insospettabili” e borderline.
5. A fronte di questi cambiamenti, tuttavia, si rilevano delle differenze
tra i professionisti dei due servizi. Da una parte gli operatori del Ser.T sentono in modo stringente la necessità di trasformare il servizio, sia in senso
organizattivo-logistico, ma soprattutto in senso contenutistico per meglio
rispondere alle mutate esigenze dei fruitori e potenziali fruitori. Gli operatori del Servizio Alcologia, invece, sentono piuttosto la necessità di maggiori risorse umane, economiche, di rete, e non invece la necessità di un
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cambiamento delle prestazioni erogate che vertono soprattutto sui percorsi
organizzati e condivisi insieme al privato sociale per la riabilitazione
dell’alcolista e per la realizzazione di interventi di prevenzione.
6. I professionisti del Ser.T erogano prestazioni diverse a seconda anche
della “tipologia” di soggetto con il quale devono interagire. I professionisti
del Servizio Alcologia non operano distinzioni tipologiche, ma si concentrano sui problemi che il bere causa ai soggetti.
7. Anche rispetto ai consumi, non esistono – per i professionisti del
Servizio Alcologia – tipologie diverse, significativamente influenzanti le
pratiche quotidiane. Il bere in sé pone il soggetto in pericolo, indipendentemente dalla quantità. Il messaggio che viene dunque diffuso è quello
dell’astenersi dal bere come modo alternativo di pensare e di vivere.
8. Anche dal punto di vista della legislazione emergono differenze significative tra i due gruppi di professionisti: mentre gli operatori del Servizio Alcologia auspicano legislazioni più severe e coerenti con le evidenze
scientifiche, gli operatori Ser.T evidenziano soprattutto le conseguenze negative che si verificano al crescere della rigidità della legislazione in materia di sostanze psicoattive.
9. I professionisti del Servizio Alcologia ritengono inutile e fuorviante
cercare l’eziologia del comportamento dipendente (che comunque, è un fenomeno multicausale). I professionisti del Ser.T – pur essendo consapevoli
della multicausalità – s’interrogano sull’eziologia e, in particolare, trovano
nella frantumazione della famiglia e nella dilagante cultura della sostanza
come “rimedio che risolve il problema, che fornisce un aiuto” una delle
possibili chiavi di lettura dello scenario attuale.
10. Anche rispetto alle definizioni di categorie come “dipendenza”, “uso” e “uso problematico” i due gruppi di professionisti hanno opinioni divergenti. Mentre per i professionisti del Servizio Alcologia queste distinzioni/definizioni non hanno molta pregnanza sull’operare quotidiano che si
concentra invece sui problemi che il bere – indipendentemente dalle quantità e dalle modalità di consumo – procura, i professionisti del Servizio Ser.T
ne sentono la necessità come punti di riferimento, come orientamenti di
massima ai quali riferirsi con la consapevolezza della necessità di
un’analisi e ridefinizione continua di tali categorie per essere coerenti e al
passo delle trasformazioni del fenomeno stesso.
3.4 Una riflessione sulle risposte ai questionari fornite dai professionisti
del Servizio Ser.T e sulle informazioni tratte dal focus group
Confrontando gli orientamenti prevalenti emersi dalle risposte fornite
dai professionisti del Ser.T con le suggestioni che emergono dal focus
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4. Conclusioni
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group realizzato con una parte di questo gruppo di professionisti, si assiste
ad un ridimensionamento delle posizioni rilevate inizialmente.
Infatti, i concetti di scelta consapevole da parte del consumatoreabusatore di sostanze psicotrope volte a raggiungere gli aspetti piacevoli,
ludici e strumentali degli “alleati chimici” e quello di responsabilità delle
proprie azioni è – nell’ambito del focus group – meno enfatizzato. Emerge,
infatti, una riflessione anche sui vissuti di incertezza e di incapacità di
proiettarsi nel futuro, quel senso di vuoto e di noia da colmare e da cui
sfuggire con l’ausilio chimico.
Si rileva anche una minore condivisione, un atteggiamento variegato rispetto alle categorie di uso, abuso e di dipendenza: esse possono essere utili, ma devono essere oggetto di revisione e riflessione costante, stante il
continuo mutamento del fenomeno stesso.
Se nelle risposte fornite al questionario strutturato sembrava esserci una
certa permissività rispetto all’utilizzo della cannabis, nel focus group emerge una maggiore severità e preoccupazione rispetto alle recenti trasformazioni del principio attivo che tale sostanza subisce sul mercato e dunque la
sua potenziale maggiore pericolosità.
Anche la predominanza di un approccio multicausale, declinato in particolare nell’orientamento medico-biologico, risulta sfumato per offrire maggiore spazio all’approccio psicologico e socio-relazionale. Risulta attenuata
anche l’affermazione dell’utilità dell’azione repressiva sia legislativa che
delle forze dell’ordine, per attribuire maggiore significato alle conseguenze
negative che l’azione repressiva può avere sui soggetti fragili, quali possono essere i tossicodipendenti. Da ciò consegue l’attribuire una maggiore attenzione agli interventi di prevenzione.
Concludiamo con una panoramica trasversale ai tre servizi, da leggere
con una certa cautela, sia per i diversi strumenti di rilevazione delle informazioni (questionario strutturato per Servizio Ser.T e Comunità Terapeutica da un lato e focus group per Alcologia e Servizio Ser.T), sia per una oggettiva e significativa diversità organizzativa che contraddistingue tali servizi volti alla cura e riabilitazione per le tossicodipendenze, sia per quelle
diverse caratteristiche socio-demografiche e lavorative riscontrate23 tra i tre
gruppi di professionisti e, non ultimo, per la diversità delle sostanze che
vengono generalmente “trattate”: alcol per il servizio alcologia ed eroina
23
Descritte nel paragrafo 2.1 del presente capitolo (età, anzianità di servizio, formazione
professionale, ecc. ).
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
(in principal modo) per il servizio Ser.T e comunità terapeutiche [AA.VV.
2008b] .
Si sono scelti alcuni punti salienti indagati dall’indagine e si sono messi
sinteticamente a confronto nella tab. 10 per avere, in modo sintetico e veloce, una comprensione della percezione prevalente dei professionisti su tali
punti salienti.
Tab. 10 – Confronto tra le percezioni dei professionisti del Servizio Alcologia, del Servizio
Ser.T e delle Comunità Convenzionate
Risocializzaione,
ricostruzione identitaria
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Trattamento farmacologico
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Per divertimento e
per piacere
Funzionale
perché
disincentivante
Non funzionale
Fondamentali
Funzionale
perché
punisce
una libera
scelta
Abbastanza importanti
Fondamentali
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Multicausale
(approccio
sociopsicologico
prevalente)
Multicausale
(approccio
Biopsicologico
prevalente)
Azioni di
prevenzione
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Club Alcolisti anonimi
Legislazione repressiva
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multicausale
Orientamento
trattamento
Astensione
permanente dalla
sostanza
Astensione
permanente dalla
sostanza e
Riduzione
del danno
Riduzione
del danno
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Non è tanto importante saperle
per sfuggire dalla
realtà problematica
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Ser.T
(questionario24)
Trattamento
adeguato
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Comunità
Terapeutica
(questionario)
Eziologia
della dipendenza
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Alcologia
(focus
group)
Motivazioni all’uso
pe
Vediamo nello specifico i tre servizi.
Si ritiene importante sottolineare, per quanto riguarda il Servizio Ser.T,
un significativo attecchimento verso il polo del contenimento della malattia, forse determinato dalla filosofia di fondo che impernia e conforma
l’organizzazione e il modus operandi dei professionisti in essa coinvolti,
e/o forse influenzato da una maggiore anzianità di servizio. Le risposte del
servizio vengono garantite a tutti e in modo più che tempestivo grazie ad
elevati livelli sia di efficienza nell’erogazione delle prestazioni e sia di preparazione dei professionisti stessi. Tuttavia, una distinzione tra utenza potenzialmente ad alta evolutività (forse recuperabile) e a bassa evolutività
(da sperare di contenere), seppure in parte necessaria per la elaborazione e
realizzazione di progetti socio-sanitari, può divenire una fatale discrimina-
24
Si ricorda che le posizioni dei professionisti Ser.T, nell’ambito del focus group, risultano più sfumate rispetto a quanto emerso dai questionari.
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zione che determina gradi di investimento e di aspettative diversi e dunque
destini fallimentari segnati [Dozza 2000].
Per quanto attiene alle Comunità Terapeutiche convenzionate rileviamo
il tentativo di mantenere contemporaneamente istanze anche estremamente
diverse, facendo emergere una natura da un lato sufficientemente malleabile e pragmatica e nello stesso tempo un’identità ibrida, un’identità di passaggio tra comunità “vecchio stile” e comunità che cercano di adeguarsi alle logiche manageriali e terapeutiche del servizio pubblico e, ancora, comunità ancora non ben definite di un prossimo futuro, quando il ricambio
generazionale da parte di quelli che oggi sono i giovani professionisti in esse operanti sarà totale e pervasivo.
Infine, per quanto riguarda il Servizio Alcologia, focalizziamo
l’attenzione sulla compattezza del gruppo di professionisti-educatori coinvolti: una squadra affiatata sintonizzata sempre sulla stessa frequenza di
percezioni e di atteggiamenti. Se da un lato questo può essere indicatore di
forza ed energia da spendere con tutti i soggetti esterni al Servizio, ed in
particolare con gli utenti, dall’altro l’assenza di sbavature, di voci fuori dal
coro, di varietà e variazione dello sguardo rischiano di rendere a tratti miope l’attività del servizio.
In ragione di questa eterogeneità di percezioni, di questa frantumazione
delle visioni e di atteggiamenti, è forse auspicabile definire progetti di formazione permanenti per i professionisti coinvolti nei diversi servizi preposti alla cura e riabilitazione delle dipendenze. Sembrano essere necessari
luoghi e spazi nei quali, in modo condiviso, ci sia la possibilità di riflettere
sulle pratiche del servizio al quale si appartiene e che possono, dopo lunghi
periodi, divenire legittime e legittimate in maniera auto referenziale pur non
essendo più – o non del tutto - adeguate a fronte di un fenomeno – quelle
dello delle dipendenze da sostanze – in continuo mutamento.
Riflessioni queste che dovrebbero essere non solo interne al servizio,
ma motivo e scusa per un confronto con tutti gli altri soggetti, che in una
logica di rete, si occupano della stessa tematica. A fronte anche della necessità di non lasciare il campo esclusivo all’automatismo a ripetitività sterile
delle pratiche, nè all’improvvisazione, né all’arbitrio di questa o quella ideologia [Dozza 2000]. Compresa quella che professa la guarigione miracolosa e sempre possibile, compresa quella che parla per definizioni e target
perdendo il senso delle specifiche umanità. Compresa anche quella che sottende la negazione e/o la non lettura dei significati storici, sociali, culturali
e antropologici del consumo di sostanze psicoattive.
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Tossicodipendenza e servizi dal punto di vista degli
utenti di Alcologia, Ser.T e Comunità Terapeutiche
di Alessia Bertolazzi e Alexandra Ramirez1
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In questo contributo si cercherà di mettere a confronto le risposte raccolte attraverso i questionari somministrati a tre target di persone afferenti ai
servizi preposti alla cura e alla riabilitazione della dipendenza da sostanze:
gli utenti del Ser.T, delle Comunità Terapeutiche e del servizio di Alcologia.
A partire dalle analisi già condotte nei capitoli che precedono, in questa
sede ci concentreremo in particolare sulle sezioni del questionario comuni a
tutti e tre i gruppi. In questo senso, gli aspetti approfonditi attraverso lo
strumento di rilevazione sono essenzialmente due: in primo luogo, il senso
soggettivo attribuito dai diversi gruppi intervistati alle sostanze psicoattive
legali ed illegali, le motivazioni che spingono al loro uso e le conseguenze
che ne derivano. Si è cercato, inoltre, di cogliere la dimensione individuale
del problema, rilevando la lettura che il singolo soggetto dà della sua condizione di utente in cura presso un servizio e, più in generale, di persona
con un vissuto problematico nei confronti delle droghe. La finalità è quella
di cogliere eventuali differenze tra le vision elaborate nei diversi sottocampioni di soggetti intervistati.
Il secondo aspetto indagato riguarda più specificatamente i servizi: come questi siano percepiti dagli utenti in termini di efficacia, adeguatezza e
risultati ottenuti.
Cercheremo ora di tracciare un primo quadro di sintesi dei principali risultati dell’indagine, descrivendo in modo analitico i diversi gruppi di intervistati sopra menzionati.
1
Il paragrafo 1 è stato scritto da Alexandra Ramirez, con integrazioni di Alessia Bertolazzi; il 2 da Alessia Bertolazzi.
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
1. Atteggiamenti verso le droghe: un confronto
ne
Sono tre i gruppi che esamineremo nel corso del contributo. Il primo è
rappresentato dagli utenti del servizio di Alcologia (342 soggetti in totale),
distinti a loro volta fra utenti effettivamente in carico al servizio – vale a
dire soggetti con problemi alcolcorrelati che si rivolgono al servizio per un
colloquio alcologico motivazionale (68 casi) – e i segnalati per guida in stato di ebbrezza – che si devono recare al servizio per una visita di consulenza in seguito al ritiro della patente (274 casi).
Il secondo gruppo è invece omogeneo, in quanto composto da persone
con problematiche specifiche di dipendenza o uso problematico di sostanze
psicoattive illegali. Si tratta di 297 utenti del Ser.T.
Infine il terzo gruppo, è costituito da 50 persone in cura presso Comunità Terapeutiche.
La domanda che apre il questionario è comune a tutti i target e indaga
quali sostanze siano considerate come droga (o meno), al fine di valutare il
grado di liceità/illiceità percepito per le diverse sostanze psicoattive, legali
e illegali (tab. 1).
ce
ns
io
Tab. 1 – Le sostanze ritenute droghe. Frequenze percentuali
re
Comunità Terapeutiche
38
60
84
74
96
96
96
98
96
us
cl
es
zo
til
iz
ru
39,4
76,8
79,1
83,8
92,5
93,6
93,9
97,3
99,7
pe
Caffeina
Nicotina
Hashish
Alcol
Amfetamine
Lsd
Ecstasy
Cocaina
Eroina
iv
o
Ser.T
Alcologia –
visite alc.
49
81,1
92,3
82,2
83,8
88,2
97,1
95,6
96,7
Alcologia colloqui
38,4
77,6
92,3
82,4
81,6
95,5
98,5
100
98,5
Nel complesso si può notare che ognuna delle sostanze indicate viene
considerata droga da una quota considerevole di soggetti in ognuno dei
target di utenza, sebbene nicotina e caffeina si attestano su valori percentuali di gran lunga più bassi. Le sostanze che quasi all’unanimità vengono
considerate droghe sono l’eroina, la cocaina, l’ecstasy, l’Lsd e le amfetamine; le percentuali più basse riscontrate per gli utenti di alcologia, infatti, sono dovute ad una quota maggiore di soggetti che non sa dare una risposta.
Si posizionano su valori percentualmente più bassi marijuana/hashish, soprattutto per gli utenti che manifestano problematiche di tossicodipendenza
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(Ser.T e comunità), mentre tutti i rispondenti appaiono leggermente più divisi nel reputare o meno l’alcol come droga.
Entrando nel dettaglio non si rilevano differenze significative tra chi si
rivolge al servizio di Alcologia per scelta personale e per chi ha subìto il
ritiro della patente per aver superato il limite previsto dal codice della strada. Riguardo alle persone che si rivolgono al Ser.T o che vivono in Comunità, cocaina, eroina, ecstasy, Lsd e amfetamine rilevano valori oltre il
92%. Da osservare un dato discostante per le amfetamine registrato per gli
utenti del servizio di Alcologia: le ritiene droghe poco più dell’80% di soggetti; in questo caso gli indecisi sono più numerosi tra gli utenti alcoldipendenti che tra i segnalati per guida in stato di ebbrezza.
In sintesi, si può osservare che chi si rivolge al servizio di Alcologia
percepisce meno l’alcol come droga in rapporto all’hashish; al contrario il
giudizio è più marcato per l’alcol, rispetto all’hashish per gli utenti Ser.T.
In altri termini, pare di poter sostenere che la familiarità con la sostanza interessata riduca la soglia di attenzione riguardo alla sua pericolosità.
Si è proposta successivamente una domanda che chiede un giudizio di
accordo su un elenco di motivazioni che potrebbero indurre all’assunzione
di sostanze, l’alcol per gli utenti di alcologia e le droghe illegali per
l’utenza tossicodipendente. Anticipiamo subito che emergono alcune diversità, che si riscontrano non solo tra droghe e alcol, ma anche all’interno di
questi due ambiti. Si rileva, infatti, che tra chi si rivolge volontariamente al
servizio alcologico e chi lo fa a seguito del ritiro della patente il grado di
accordo sulle motivazioni è sostanzialmente diverso. Come sono diverse
quelle che riguardano gli utenti del Ser.T e gli utenti delle Comunità.
Per quello che riguarda gli utenti del servizio di Alcologia che vi si rivolgono a seguito del ritiro della patente, le motivazioni che raccolgono i
consensi più ampi sono principalmente il godere della compagnia e il divertimento. Si distanziano su posizioni intermedie motivi quali la solitudine e i
problemi famigliari. Questo significa che non si tratta necessariamente di
persone dedite ad assunzione problematica di alcolici, ma è probabile che
in molti casi la segnalazione per guida in stato di ebbrezza sia solo la conseguenza di una gestione non responsabile dell’occasione di divertimento.
Diversa è la situazione di chi si rivolge per un colloquio motivazionale.
In questo caso, le cause prevalenti più indicate sono: la solitudine (14,9%),
i problemi familiari (13,3%) e la mancanza della forza di volontà (8,3%),
nonché gli effetti attesi dalla sostanza (7,9%) e la cultura e tradizione familiare (6,2%). Si tratta di motivazioni legate più alla difficoltà del vivere che
alla ricerca di evasioni o del piacere, collegate più ad una situazione di solitudine e di relazioni sociali problematiche che ad una di loisir. È ipotizzabile che i soggetti seguiti dal servizio riflettano nelle risposte il proprio carico
di esperienze personali.
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Passando alle droghe, agli utenti del Ser.T e delle Comunità è stato chiesto quali fossero le ragioni principali per cui le persone sperimentano droghe: spiccano le componenti della ricerca di emozioni e della curiosità, ma
sono segnalati altresì gli effetti attesi dalla sostanza e la solitudine. In questo caso più che motivazioni legate a sofferenze di natura esistenziale siamo
di fronte alla voglia di uscire dalla routine, provare sensazioni diverse e potenziare il proprio io o le proprie capacità.
Per gli utenti della Comunità le motivazioni sono analoghe a quelle espresse dagli utenti del Ser.T, ricerca di emozioni e curiosità principalmente. Seguono le voci “effetti attesi dalla sostanza” e “solitudine” con identica
percentuale (12%).
Occorre dunque sottolineare due elementi: per l’alcol è necessario distinguere tra chi lo assume per divertimento e chi “beve” per vincere la solitudine o sfuggire alla difficoltà della vita. Nel primo caso il problema è
prevalentemente educativo e di sensibilizzazione rispetto ai rischi
dell’eccesso. Nel secondo vanno considerate le situazioni ambientali con le
loro difficoltà e gli aspetti soggettivi che possono richiedere azioni preventive o di sostegno di natura sociale e relazionale.
Anche per le droghe, le diversità che emergono tra chi si rivolge al
Ser.T e chi sta in Comunità rimandano ad approcci diversi. Nel primo caso,
i fattori educativi e di prevenzione prevalgono e richiedono un coinvolgimento di tutte le agenzie educative e di socializzazione, a cominciare da
scuola e famiglia per arrivare al gruppo dei pari e alla funzione dei media
(in particolare internet). Nel secondo caso, le questioni affondano nella esperienza di vita e nella difficoltà di trovare risposte adeguate alle aspirazioni di ciascuno. Questo riguarda i servizi sociali, ma soprattutto pone
l’accento sulla sensibilizzazione del sistema relazionale in cui ciascuno è
inserito. Per le motivazioni legate alla curiosità e alla ricerche di sensazioni
nuove vale quanto già detto per gli utenti del Ser.T.
1.1 La percezione dei danni alcol e droga-correlati
Una serie di domande ha affrontato alcune problematiche correlate al
consumo di alcol e di droghe; in particolare i danni per la salute, la capacità
della sostanza di indurre dipendenza e di causare problemi di natura sociorelazionale.
Gli utenti del Ser.T hanno segnalato l’Lsd come la sostanza più dannosa
per la salute (91,2%2), seguono l’ecstasy (87,3%), la cocaina (84,5%) e
l’eroina (82,9%). Le amfetamine e l’alcol si attestano su un intervallo supe2
Le percentuali indicate (anche di seguito) sommano le risposte attribuite alle modalità
“molto” e “moltissimo”.
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riore al 70%, mentre le sostanze ritenute meno dannose per la salute in ordine decrescente sono nicotina 38,3% e hashish/marijuana (29,8%). Ultima
la caffeina con una percentuale di molto inferiore (10,9%).
Gli utenti delle Comunità mettono la cocaina al primo posto con un
87,2%, seguita da Lsd 87,5% e dall’eroina 87,2%. Amfetamine e alcol ottengono l’81%. È da segnalare per gli utenti Ser.T che la nicotina viene
considerata più dannosa per la salute di quanto lo siano hashish e marijuana, rispettivamente con un 56,3% contro un 15,4%.
Per gli utenti di Alcologia le domande sono state riferite solamente
all’alcol. Si rilevano alcune differenze tra i due sotto-gruppi: per quanto riguarda i danni per la salute i giudizi degli utenti alcolisti sono piuttosto
marcati: il 47% risponde “moltissimo”, contro un 25% circa dei segnalati
per guida in stato di ebbrezza. In generale circa il 60% dei segnalati si distribuisce nelle modalità “molto” e “moltissimo”, mentre per gli utenti alcolisti la percentuale supera il 70%.
Confrontando, invece, le diverse sostanze in base alla capacità di creare
dipendenza nei soggetti assuntori, notiamo come i giudizi dei rispondenti
risultino più frammentati. Per quanto riguarda gli utenti Ser.T, è la cocaina
la sostanza che viene considerata come quella che produce maggiore dipendenza (sommando le risposte alla modalità “molto” e “moltissimo” si
raggiunge l’88,5% del totale), seguita subito dall’eroina (87,2%). È interessante notare che anche le altre droghe elencate raggiungono valori percentuali che superano l’80% per le due modalità più alte della scala proposta: è
così per l’alcol (81,4%), ma anche per sostanze sulle quali non si rinviene
in letteratura un giudizio univoco circa la possibilità di causare dipendenza
(ecstasy, Lsd, amfetamine).
La nicotina, sostanza che fino ad ora aveva ottenuto negli item precedenti valori ridotti, per quanto riguarda la dipendenza va oltre il 50%, superando perfino droghe come l’ecstasy e le amfetamine. Per finire con marijuana e hashish che si localizzano negli ultimi posti dell’elenco (“molto” +
“moltissimo” pari al 15,4%).
Gli utenti delle Comunità individuano un diverso rischio di dipendenza
rispetto ai precedenti. L’eroina si attesta su valori elevati, ma ridimensionati rispetto al dato sopraccitato (risponde “molto” e “moltissimo” il 64%).
Nettamente sottodimensionato anche il rischio di dipendenza percepito per
la cocaina (si ferma ad un 22%) e per l’alcol (30%); mentre per l’hashish i
valori percentuali crescono (56%). Ricordiamo che per le Comunità si fa
riferimento, in questa sede, ad un gruppo costituito in prevalenza da tossicodipendenti da eroina: osservando i dati per la Provincia Autonoma di
Trento riferiti all’universo degli utenti in Comunità, per la sostanza primaria d’abuso si segnala «una netta prevalenza dell’eroina con il 55,7% seguita dall’alcol con il 28,5%» [Aa. Vv. 2006: 140].
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Rispetto all’alcol, i segnalati per guida in stato di ebbrezza sottostimano
l’effetto di dipendenza che può essere provocato dall’assunzione di alcolici,
rispetto ai soggetti con problematiche alcol-correlate (sommando sempre le
modalità “molto” e “moltissimo” otteniamo rispettivamente un 48,2% contro un 62,5%).
Infine l’ultimo aspetto indagato circa le conseguenze derivanti dal consumo di sostanze psicoattive riguarda problematiche di natura relazionale e
socio-economica (familiari, lavorative, legali). L’utenza di Ser.T e Comunità fa registrare valori piuttosto elevati per questo fattore, soprattutto in riferimento all’eroina, che viene individuata come la prima sostanza che crea
problemi nella vita delle persone (87,4% per il Ser.T e 74% per gli utenti
delle Comunità). Più interessante è il risultato della cocaina: l’85% del sotto-campione Ser.T ne riconosce la grande pericolosità in termini sociorelazionali, mentre gli intervistati in Comunità sottostimano decisamente la
questione: quasi la metà (48%) sceglie la modalità di risposta “per nulla”, il
26% “poco”.
Sull’alcol, invece, la dimensione di problematicità correlata è rilevata in
modo spiccato dagli utenti in carico ad Alcologia che si rivolgono per colloqui motivazionali; mentre per i segnalati il rischio percepito è inferiore di
quasi 20 punti percentuali (cfr. tab.2).
Il quadro di sintesi tracciato ci fa intuire come la percezione delle conseguenze negative sia strettamente legata al vissuto esperienziale del soggetto rispondente. A seconda del tipo di servizio fruito – e quindi della diversa natura delle problematiche alcol e/o droga-correlate – le persone tendono a sovrastimare i rischi connessi alla sostanza primaria d’abuso e a sottostimare quelle di altre (anche se la tendenza si individua in particolar modo verso alcune sostanze, come eroina, hashish ed alcol). Rimandiamo al
paragrafo conclusivo l’approfondimento della questione.
Tab. 2 – Conseguenze derivanti dall’uso di alcol per gruppi di utenti (% “moltissimo” +
“molto”)
Alcologia (segnalati)
Alcologia (colloqui)
Ser.T
Comunità Terapeutiche
È dannoso per la
salute
61
71,2
81,4
28
Determina dipendenza
48,2
62,5
73,3
30
Causa problemi
nella vita
62,4
80,3
74,6
42
1.2 Riflessioni su controllo sociale e responsabilità individuale
Abbiamo proposto una serie di item al fine di far emergere gli atteggiamenti degli intervistati nei confronti del fenomeno droga, sia verso il signi196
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ficato attribuito allo status di “tossicodipendente”, sia verso la questione del
controllo sociale/individuale del problema.
Partendo da quest’ultimo aspetto procediamo ad analizzare nel dettaglio
le tendenze espresse all’interno dei diversi gruppi di utenti. In questo ambito è interessante osservare come si comportano i sub-campioni di fronte ad
item che accentuano la responsabilità collettiva del consumo di droga e ad
altri che invece riportano la questione ad un livello di responsabilità individuale.
Partendo dal ruolo e dalla funzione dell’educazione e dell’informazione,
si è chiesto di esprimere un’opinione su aspetti quali: la responsabilità della
scuola e/o della famiglia nell’educare i giovani sulle droghe e la funzione
della diffusione di informazioni su rischi collegati al consumo di alcol e
droghe come fattore deterrente verso il consumo.
In proposito il gruppo dei segnalati per guida in stato di ebbrezza e degli
utenti Ser.T ha fatto registrare valori elevati di accordo verso la prima proposizione (8 persone su 10 sono molto o del tutto d’accordo nell’attribuire a
scuola o famiglia una qualche forma di responsabilità). Analoga situazione,
anche se con percentuali diverse, si è verificata per il gruppo del colloquio
motivazionale, ove le risposte positive interessano 7 persone su 10 (“del
tutto d’accordo”, “molto d’accordo”); va tuttavia segnalato che il numero
degli intervistati che risultano indecisi è salito a quasi un quinto del totale
(18%). Passando agli utenti del Ser.T la percentuale che ritiene importante
scuola ed educazione è molto elevata (79% “del tutto” e “molto
d’accordo”). La percentuale di chi non risponde è del tutto analoga al gruppo visita patente (12,4%). L’importanza attribuita al ruolo
dell’informazione sembra invece piuttosto scarsa (36,7% “del tutto” e
“molto d’accordo”). Da segnalare un valore elevato sia per la categoria di
risposta “per nulla d’accordo” (16,5%) e “poco d’accordo”, che sale al
27,9%. Elevato anche il numero di chi non si esprime: 18,9%. Dello stesso
segno sono anche le risposte degli utenti delle Comunità che ritengono
l’informazione sui rischi collegati alla droga “del tutto” o “molto importante” (35%). Sia per i poco d’accordo che per chi non è né d’accordo, né contrario le percentuali sono simili a quelle espresse dal gruppo Ser.T.
Se sull’utilità dell’educazione e della scuola le percentuali di accordo
sono elevate, sulla diffusione dell’informazione sui rischi correlati al consumo di sostanze le opinioni sono più eterogenee. In particolare, tale affermazione trova un grado di accordo molto più basso per i soggetti tossicodipendenti che per coloro che presentano problematiche alcol-correlate. Questo fa presumere che chi è dedito alla droga è a conoscenza dei rischi che
essa comporta e quindi ritiene più importanti l’educazione e la formazione
rispetto alla diffusione di informazioni. Nel nostro caso, infatti, i rispondenti – per la maggior parte utenti che afferiscono ad un servizio – possono es-
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sere ritenuti un “gruppo esperto” in virtù delle conoscenze acquisite durante
i loro trascorsi di assuntori problematici di sostanze.
Tab. 3 – Grado di accordo sulle forme di controllo sociale/individuale (% “molto
d’accordo” + “del tutto d’accordo”)
Ser.T
Comunità
Alcologia
(segnalati)
Alcologia
(utenti in
carico)
68,8
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
È responsabilità della scuola e/o
79,5
68
80,8
della famiglia educare i giovani
sulle droghe [alcol]a
Se le informazioni sui rischi legati
36,7
35,5
60,9
59,3
al consumo di droghe [alcol] fossero più diffuse, ci sarebbero meno problemi
Ognuno dovrebbe essere lasciato
34,3
22
20,7
20,6
libero di assumere sostanze purché non crei problemi agli altri
Solo le sostanze illegali costitui13,1
12
16,2
25
scono un problema
34,3
30
35,3
30,8
Tutte le sostanze, legali e illegali,
sono dannose, perciò occorre
proibirne l'uso
Se le persone assumono droghe
24,2
18
18,3
20,3
[alcol] è affare loro
C'è bisogno di una legge più seve17,6
32
60,1
66,6
ra per controllare il consumo di
sostanze illegali [alcol tra i giovani]
6
6
23,8
12,5
La maggior parte dei consumatori
di droghe [alcol] è in grado di auto-limitare il proprio consumo
a. Le prime tre affermazioni, che si riferiscono al concetto generale di “sostanze”, sono comuni a tutti i gruppi di intervistati. Per le seguenti, invece, “alcol” sostituisce i termini “droghe” e “sostanze illegali” nei questionari compilati dagli utenti del servizio di Alcologia.
Di un certo interesse anche le posizioni espresse rispetto alle strategie di
controllo sociale che potrebbero essere efficaci per contrastare il fenomeno
droga. Alla proposta “c’è bisogno di una legge più severa per controllare il
consumo di alcol nei giovani”, gli utenti di Alcologia si esprimono in larga
parte a favore (oltre il 60%), senza grandi differenze tra i segnalati per guida in stato di ebbrezza e il gruppo dei colloqui motivazionali. La stessa affermazione è stata proposta agli altri gruppi, riferendola stavolta al consumo di sostanze illegali. Le posizioni sono ribaltate: soltanto il 17,6% degli
utenti Ser.T si ritiene d’accordo, mentre gli utenti delle Comunità si attestano su un livello leggermente più elevato (che non raggiunge comunque
quello di Alcologia) pari al 34%. Possiamo ipotizzare che la percezione sociale della severità dell’attuale legge che regola il consumo di droga si ri198
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fletta nelle risposte del campione di utenti dei servizi per le tossicodipendenze. Situazione che invece non si verifica per l’alcol, dove anche le persone che afferiscono al servizio di Alcologia in ragione dell’applicazione
della normativa vigente (vale a dire, i segnalati per guida in stato di ebbrezza) manifestano comunque un ampio accordo verso la restrizione dell’uso3.
Rispetto all’affermazione per cui solo le sostanze illegali costituirebbero
un problema, la maggior parte dei rispondenti si dichiara poco o per niente
d’accordo – oltre il 70% degli utenti delle Comunità e dei Ser.T e i segnalati per guida in stato di ebbrezza – mentre si distacca leggermente il gruppo
di utenti alcolisti, che mostra un maggiore accordo. L’accresciuta consapevolezza dei rischi associati all’uso di sostanze legali (in particolare, di alcol) traspare, quindi, anche in questo punto; anche se valori così significativi per l’utenza tossicodipendente potrebbero nascondere un atteggiamento
di neutralizzazione/negazione della propria condizione. Detto altrimenti,
l’assuntore di sostanze illegali tende a percepire maggiormente i rischi correlati alle sostanze legali.
Un ulteriore elemento utile per tracciare la vision degli utenti riguarda il
concetto generale di “tossicodipendenza” che gli stessi esprimono4. A tal
fine è stato chiesto al campione di associare lo stato di tossicodipendenza
ad una serie di condizioni che rimandano ad interpretazioni diverse del fenomeno. Nello specifico gli stimoli proposti ai rispondenti rimandano a due
scenari:
- l’associazione tra tossicodipendenza e fattori di natura interna
all’individuo (psico-fisici);
- l’associazione tra tossicodipendenza e fattori di natura esterna
all’individuo (ambientali; socio-relazionali).
I valori percentuali riscontrati sembrano segnalare per i due gruppi alcune tendenze (cfr. tab. 4), in alcuni casi più marcate negli utenti in Comunità
rispetto a quelli del Ser.T. Per questi ultimi i fattori maggiormente associati
alla tossicodipendenza hanno a che fare con problemi di ordine individuale,
in particolar modo di natura psicologica. Vengono segnalate, nel dettaglio,
mancanza di auto-controllo e sofferenza psicologica: probabilmente condizioni più spesso vissute dagli intervistati. Per quanto riguarda, invece, situazioni di patologia psichiatrica più gravi, come disturbi psichiatrici e disturbi di personalità, raccolgono consensi più tra gli utenti di Comunità che
tra quelli del Ser.T; anche questo presumibilmente in ragione di una diversa
esperienza di vita auto ed etero-percepita.
3
Non è trascurabile, inoltre, il fatto che nell’item proposto agli utenti di Alcologia ci sia
un esplicito riferimento ai giovani (“C'è bisogno di una legge più severa per controllare il
consumo di alcol nei giovani”).
4
La domanda è stata sottoposta esclusivamente al gruppo di utenti del Ser.T e delle
Comunità Terapeutiche.
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Allo stesso modo la tossicodipendenza risulta associata a problematiche
di natura socio-relazionale più nelle Comunità che nel Servizio per le tossicodipendenze. Poste in relazione al consumo di sostanze illegali, condizioni
di degrado sociale, di crisi nelle relazioni affettive, di devianza stanno perdendo significatività presso il gruppo di utenti Ser.T. Sembrano reggere invece nella definizione di situazione della tossicodipendenza che emerge per
le persone inserite in Comunità Terapeutiche.
Tab. 4 – Fattori associati alla tossicodipendenza (% di riga)
Ser.T
Raram.
/mai
48,1
22,4
24,5
65,4
Mediamente
44,9
10,2
Raram.
/mai
30,6
24,4
51,1
31,6
17,3
62,5
16,7
20,8
29,5
36,7
33,6
62,5
25
12,5
36,9
36,3
26,8
58,4
29,2
12,4
41,5
38,4
20,1
50
35,4
14,6
39,9
28,4
21,3
40,2
63,8
55,2
21,3
30,6
14,9
14,2
28,9
43,9
27,2
50,1
34,7
12,2
21,9
40,8
37,3
53,2
32
14,8
io
ns
ce
re
o
Un disturbo psichiatrico
Un desiderio irrefrenabile
(al di sopra della volontà)
di assumere le sostanze
Un elevato grado di sofferenza psicologica
Un disturbo della personalità
Un trauma psicologico
nella storia personale
Molto
ne
14,6
48,3
Mediamente
37,3
29,3
Molto
Fattori di natura interna
Comunità Terapeutiche
cl
es
zo
ru
til
iz
38,8
31,4
pe
Una compromissione dei
rapporti familiari
Un degrado sociale
Una difficoltà di mantenere gli impegni lavorativi/scolastici
Una crisi importante nella
relazione genitoriale, separazioni e/o divorzi
Un reato correlato e/o atti
di devianza nella storia
personale
us
iv
Fattori di natura esterna
Accanto allo stereotipo sociale della tossicodipendenza come patologia
eminentemente bio-psichica, che conseguentemente influisce sul piano socio-economico e nelle relazioni affettive, si intravvede nelle risposte di una
parte del campione un profilo diverso. Si tratta dell’assuntore di droghe
normalizzato, un soggetto che pur avendo un rapporto problematico con le
sostanze riesce a preservare il proprio ruolo sociale, mantenendo fede agli
impegni di vita e alle relazioni affettive. Tornando alla ricerca, se in Comunità un utente su due ritiene che la tossicodipendenza comprometta la capa200
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cità di assolvere gli impegni lavorativi o scolastici, il rapporto scende a uno
ogni tre per gli intervistati del Ser.T.
L’associazione tra tossicodipendenza e devianza, in conclusione, non
sembra oggi particolarmente significativa a differenza di quel che accadeva
nei decenni precedenti. Ancora meno considerate sono ragioni riconducibili
a disturbi psichiatrici, quindi a situazioni di carattere patologico. Dalle risposte si può rilevare che per gli utenti delle Comunità, centrale è il rapporto con la sostanza e la perdita di autocontrollo, che occupano il primo posto, mentre la famiglia sembra essere relegata in una posizione del tutto
marginale.
2. La tossicodipendenza nel vissuto soggettivo degli utenti
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us
iv
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Abbiamo appena cercato di descrivere gli atteggiamenti di fondo sul
consumo di sostanze psicoattive, che trapelano dalle risposte dei gruppi di
utenti coinvolti nell’indagine. La seconda parte del questionario proposto,
invece, si concentra sull’esperienza personale del rispondente, sia in veste
di assuntore di sostanze, sia come fruitore di servizi volti alla cura e riabilitazione delle dipendenze.
Al fine di ricostruire l’esperienza personale rispetto all’uso di droghe e
alcol, abbiamo chiesto con quale frequenza si fossero verificate una serie di
situazioni più spesso correlate ad un uso problematico di sostanze. Mettendo a confronto tre gruppi di intervistati – utenti Ser.T, segnalati per guida in
stato di ebbrezza e utenti in carico ad Alcologia – si nota una certa distanza
tra il quadro ricostruito dalle persone effettivamente in carico ai servizi e i
segnalati che si rivolgono al servizio per il ritiro della patente (cfr. tab. 5).
Come sappiamo, quest’ultimo gruppo si distingue per caratteristiche sociodemografiche e soprattutto per il modello di consumo di sostanze psicoattive. Se, infatti, possiamo ritenere senza dubbio che gli utenti di Alcologia e
Ser.T abbiano vissuto esperienze di abuso o di uso problematico di sostanze, il pattern di consumo di alcol dei segnalati resta invece più ambiguo,
forse più vicino ad un modello di consumo “normalizzato” (ricreazionale e
non problematico). Da segnalare, a riprova, che soltanto un soggetto su 5
dichiara di essere stato coinvolto in un programma di trattamento specifico
per l’alcol.
I risultati ci riconsegnano un quadro coerente: situazioni problematiche
di natura relazionale, lavorativa, legale e sanitaria sono decisamente più
frequenti tra gli utenti Ser.T e Alcologia, che tra i segnalati per guida sotto
l’effetto dell’alcol. Scopriamo, inoltre, alcune incongruenze tra l’esperienza
individuale e gli atteggiamenti espressi nei confronti del problema della
tossicodipendenza che abbiamo precedentemente esaminato. Se là gli intervistati correlavano alla tossicodipendenza soprattutto disturbi individuali di
201
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natura bio-psichica, piuttosto che problematiche socio-relazionali, rispetto
al proprio vissuto dinamiche interpersonali ed episodi di devianza acquistano un certo rilievo. Mediamente, 9 intervistati su 10 dichiarano di avere
frequentemente problemi con il partner o con i familiari in conseguenza del
loro uso di droga e di alcol e 7 su 10 problemi lavorativi e legali. Resta elevata la frequenza di disturbi di carattere sanitario (ogni 10 casi, circa 8 riscontrano problemi fisici e 6 sono ricorsi all’intervento di un medico o al
ricovero ospedaliero). I valori sono tutti sensibilmente più bassi presso il
gruppo dei segnalati per guida in stato di ebbrezza (cfr. tab. 5, valori in corsivo), per le ragioni sopradette.
Stringendo, allora, l’obiettivo su soggetti con un profilo simile di uso
problematico di sostanze, illustriamo i risultati emersi da alcune domande
rivolte soltanto agli utenti che avevano in corso un trattamento presso il
servizio Ser.T, Alcologia o nelle Comunità Terapeutiche al momento
dell’indagine.
Tab. 5 – Problemi vissuti dagli utenti in seguito all’abuso di droghe/alcol (% di riga)
io
No
22,3
ce
ns
Sì
77,7
Alcologia
(segnalati)
Sì
No
47,3
52,7
ne
Ser.T
Alcologia
(colloqui)
Sì
No
89,1
10,9
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
re
Avere disturbi fisici a causa
dell’assunzione di diverse sostanze
assiemea
Essere in grado di smettere di assume- 65,1
34,9
39,9
60,1
82,3
17,7
re sostanzeb quando lo si desidera
81,4
18,6
59,8
40,2
84,4
15,6
Sentirsi in colpa per aver assunto sostanzec
Avere problemi con il partner o con i
93,4
6,6
39,9
60,1
87,1
12,9
propri familiari
Avere problemi sul lavoro
70,8
29,2
20,3
79,7
67,2
32,8
Essere coinvolto/a in una rissa
41,2
58,8
19,5
80,5
37,7
62,3
Essere coinvolto/a in un incidente in
37,5
62,5
30,6
69,4
50,8
49,2
auto
Avere problemi legali
74,4
25,6
38
62
50
50
Avere la necessità di ricorrere ad un
60,6
39,4
9,2
90,8
63,4
36,6
medico/ di ricoverarsi all’ospedale
Essere coinvolto/a in un programma di 87,9
12,1
20,5
79,5
78,7
21,3
trattamento specifico correlato
all’abuso di droghed
Si segnalano le seguenti specifiche variazioni per i questionari di Alcologia:
a. L’item è sostituito da “avere disturbi fisici”; b. “…smettere di assumere alcol…”; c.
“…per aver bevuto”; d. “…correlato all’uso di alcol”.
I diversi gruppi di utenti confrontati sulla mission del servizio, vale a dire sugli obiettivi da raggiungere attraverso i progetti terapeutici, hanno di202
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ce
ns
io
ne
mostrato una generale condivisione in merito all’efficacia del trattamento
intrapreso (cfr. tab. 6). La fiducia nella possibilità di raggiungere uno stato
alcol/drug-free è piuttosto diffusa presso gli intervistati.
Osservando nel dettaglio i valori riscontrati, notiamo che sono gli utenti
di Alcologia ad essere più convinti della possibilità di astenersi dalla sostanza. Gli utenti Ser.T, pur accordando una sostanziale fiducia
all’obiettivo di astinenza, sono più cauti verso l’idea di una completa guarigione (“uscita dal tunnel”). Va segnalato che circa tre quarti del campione
ritiene possibile il raggiungimento di un certo benessere anche in assenza di
una completa astinenza dalle droghe. Si tratta di un dato piuttosto significativo, che solleva un interrogativo: la dissonanza cognitiva che trapela dalla
definizione di situazione che ci restituiscono gli utenti Ser.T può minare effettivamente un percorso terapeutico finalizzato alla totale astinenza? Gli
scenari che si profilano vedono la combinazione di almeno tre variabili dicotomiche: il percorso riabilitativo è centrato/non è centrato sull’astinenza;
il soggetto aderisce all’obiettivo/non aderisce all’obiettivo di astinenza; il
soggetto si astiene/non si astiene dalle sostanze. Riteniamo che, a livello
soggettivo, l’intermediazione tra piano cognitivo e piano comportamentale
sia di grande rilevanza in termini di efficacia terapeutica e di adesione al
trattamento.
iv
o
re
Tab. 6 – Condivisione degli obiettivi raggiungibili attraverso il trattamento (% di riga)
Alcologia
cl
us
Ser.T
25,3
Poco/
Per
niente
8,1
Del
tutto/
Molto
81,5
6,2
Poco/
Per
niente
12,3
71,1
22,1
6,8
58,3
30,0
11,7
55,4
23
21,6
62,1
19,0
18,9
49,8
31,3
18,9
51,4
25,2
23,4
-
-
-
61,9
22
16,1
-
-
-
-
-
-
73
20,6
6,4
Abbastanza
pe
ru
Astinenza dall'uso della sostanza
Riduzione/risoluzione della
sofferenza fisica
Riduzione di altri problemi
sociali (lavorativi, legali…)
Riduzione / risoluzione dei
problemi che hanno causato la
dipendenza
Raggiungimento del migliore
benessere possibile anche
senza la completa astinenza
Guarigione dalla tossicodipendenza (uscita dal tunnel)
Riduzione/risoluzione di problemi famigliari
til
iz
zo
es
Del
tutto/
Molto
66,6
Abbastanza
La dipendenza, infatti, non può più essere considerata come condizione
avulsa dalle istanze cognitive che il consumatore di droghe elabora sulla
propria condotta e, più in generale, dalla definizione veicolata al livello del
203
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sistema sociale e dei suoi sotto-sistemi (dal mondo medico, in particolare).
Spesso nelle definizioni applicate allo status di dipendenza, il rilievo attribuito a componenti bio-psichiche va a discapito delle dimensioni culturali e
sociali necessariamente implicate. La questione sarà ripresa ed approfondita
nelle conclusioni del presente volume.
2.1. La valutazione del servizio da parte degli utenti
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
Una parte del questionario somministrato è stata dedicata alla valutazione del servizio e dell’esito del trattamento da parte degli utenti. In particolare, è stato chiesto agli utenti di esprimere un giudizio su tre dimensioni: a)
elementi riferibili propriamente alla struttura e all’organizzazione del servizio; b) aspetti di natura socio-relazionale, verificati soprattutto nel rapporto
che si instaura con le risorse umane; infine c) aspetti riconducibili all’esito
del trattamento in relazione al vissuto soggettivo e al miglioramento/peggioramento delle condizioni di vita degli assuntori di droghe.
In generale, il grado di soddisfazione appare piuttosto elevato per tutte e
tre le dimensioni citate anche se più marcato per il Servizio Tossicodipendenze rispetto alle strutture di Comunità.
Per quanto riguarda i pareri sulla struttura e sull’organizzazione, per il
Ser.T gli utenti lamentano difficoltà per il parcheggio, mentre per altri aspetti emerge un’estesa soddisfazione (fig. 1).
til
iz
zo
es
Fig. 1 – Soddisfazione delle struttura del Ser.T
pe
ru
I tempi di attesa fra la prenotazione e la
prestazione (colloquio, visita)
Pulizia dei servizi igienici
Rispetto della riservatezza
I locali (uffici, corridoi, infermeria)
Le informazioni che si trovano nella
bacheca o nei poster
Gli spazi per l’attesa
Gli orari di apertura
I parcheggi
0%
Insoddisfatti
20% 40% 60% 80% 100%
Né soddisf. né insodd.
Soddisfatti
Per le Comunità Terapeutiche, da un lato i giudizi sul confort alberghiero (pulizia, adeguatezza dei locali e delle camere) si attestano su valori ele204
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
vati; dall’altro, le problematiche segnalate dagli intervistati riguardano soprattutto il rispetto della riservatezza e l’organizzazione degli orari per uscite e visite dei familiari (fig. 2).
Fig. 2 – Soddisfazione per le strutture delle Comunità Terapeutiche
Rispetto della riservatezza
Organizzazione degli orari per le
uscite
Orari per le visite dei famigliari
Orari della distribuzione dei pasti
Orario della sveglia mattutina
Qualità del cibo
Disponibilità di spazi comuni
Pulizia dei servizi igienici
Condizioni igieniche della camera
Confort della camera
40%
60%
80% 100%
ns
20%
né soddisf. né insoddisf.
soddisfatti
cl
us
iv
o
insoddisfatti
re
ce
0%
io
ne
Locali del personale
pe
ru
til
iz
zo
es
Come però rilevato da altre indagine sulla soddisfazione dell’utenza tossicodipendente, un servizio per le dipendenze patologiche «ha come aspetti
fondanti e caratterizzanti, la qualità della relazione e della comunicazione
che si instaura tra operatori ed utenti» [Casalboni e Saponaro 2005: 305]. È
stata così dedicata una domanda specifica sul tema, al fine di valutare la
qualità della relazione fra operatori ed utenti. Anche in questo caso, la soddisfazione appare piuttosto diffusa tra gli intervistati (tab. 7), pur se in misura maggiore per gli utenti Ser.T che per quelli che hanno avuto
un’esperienza di permanenza in Comunità.
205
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Tab. 7 – Livelli di soddisfazione su aspetti relazionali per Ser.T e Comunità Terapeutiche
Ser.T
Molto/
del
tutto
d’accor
do
Per
niente/poco
d’accor
do
Né
d’accor
do né
disaccordo
Molto/
del
tutto
d’accor
do
12,9
23,4
63,7
37,9
31
31,1
9,9
14,0
76,1
35,9
21,8
42,3
13,9
18,2
67,9
32,7
26,3
41
12,5
14,3
73,2
21,9
30,3
47,8
7,3
10,8
81,9
28,9
35,2
35,9
74,5
12,9
12,6
40,6
30,3
29,1
68,9
17,8
13,3
41,2
34,3
24,5
22,6
60,7
32
30,8
37,2
5,6
4,9
82,4
25,2
31,6
43,2
10,5
7,7
71,4
28,8
27,6
43,6
6,4
6,4
77,7
26,3
33,3
40,4
7,4
5,6
80,1
28,6
28,7
42,7
16,3
8,8
64,6
22,7
36,4
40,9
10,7
5,8
77,1
30,8
24,4
44,8
til
iz
cl
zo
es
16,7
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
Né
d’accor
do né
disaccordo
pe
ru
Gli operatori sono in grado
di capire il tipo di aiuto di
cui ho bisogno
Sono ben informato/a sulle
decisioni prese rispetto al
mio trattamento
Nei momenti di difficoltà mi
sento seguito dagli operatori
Gli operatori sono facilmente
contattabili
Il numero di colloqui o visite
che mi propongono gli operatori mi sembra adeguato
Non ho ricevuto l’aiuto che
speravo
Non ho avuto abbastanza
tempo per parlare a fondo
dei miei problemi
I problemi di dipendenza da
sostanze possono essere risolti grazie al servizio
Ho fiducia negli operatori
che mi seguono
Credo che gli operatori possano davvero aiutarmi rispetto al problema di uso di sostanze
Le terapie ricevute sono adeguate rispetto al problema
dell’uso di sostanze
Il servizio è attento alle caratteristiche degli utenti nel
proporre il percorso terapeutico
L’attuale posizione del servizio favorisce l’anonimato
degli utenti
L’accoglienza ricevuta la 1°
volta che mi sono rivolto/a al
servizio è stata adeguata
Comunità Terapeutiche
Per
niente
/poco
d’accor
do
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zo
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
È presumibile che nelle opinioni espresse dal campione la gravità della
condizione di dipendenza vissuta incida nei giudizi formulati. Innanzitutto,
cresce la complessità della casistica di soggetti che necessitano di un inserimento in comunità rispetto all’utenza del Ser.T. Inoltre, possiamo presumere che la necessaria privazione di alcune libertà per i soggetti residenti in
Comunità complichi ulteriormente la relazione con il personale che vi lavora all’interno.
Gli utenti che abbiamo considerato sembrano poco soddisfatti del tempo
avuto a disposizione per parlare dei propri problemi e della capacità da parte degli operatori di capire la situazione specifica e di fornire il tipo di aiuto
adeguato. Il richiamo, quindi, è quello ad una maggiore personalizzazione
della cura fornita e, in particolare, al miglioramento di servizi riabilitativi
di natura socio-relazionale. Tra le attività che dovrebbero essere potenziate,
gli utenti segnalano il sostegno psicologico e sociale, nonché attività di natura propriamente espressiva. La psicoterapia familiare appare invece poco
praticata dai servizi: oltre il 40% non ha mai ricevuto tale prestazione. La
stessa situazione si verifica anche per i Ser.T: qui è il 57,4% a non aver mai
effettuato psicoterapia con i familiari, mentre un soggetto su tre dichiara di
non aver ricevuto sostegno per quanto riguarda interventi più prettamente
sociali.
Occorre precisare che i dati riportati riguardano il sotto-campione degli
utenti Ser.T che hanno risposto riferendosi alla loro ultima esperienza in
Comunità (162 casi). Le interviste condotte sugli utenti attualmente inseriti
in una Comunità Terapeutica non sono stati riportati a causa della scarsa
numerosità del campione (50 casi), così come gli utenti del servizio di Alcologia che hanno avuto un’esperienza in Comunità (16 casi). Va detto, però, che i valori di soddisfazione sono sensibilmente più elevati rispetto a
quelli sopraesposti.
Infine, i giudizi sul miglioramento generale delle condizioni di vita in
seguito al trattamento ricevuto sono piuttosto positivi (figg. 3 e 4). Mediamente per la metà degli utenti interpellati, pressoché tutti gli aspetti elencati
mostrano margini di miglioramento, eccetto che la condizione economica,
sia per Ser.T che per Comunità. Qualche difficoltà in più emerge per i coloro che si rivolgono al Ser.T nel ripristinare i rapporti affettivi ed amicali.
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Fig. 3 – Aspetti di vita migliorati/peggiorati in seguito al trattamento - utenti Ser.T
Lavoro/ studio
Qualità della vita
Fiducia nel futuro
Benessere psicologico
Migliorato
Salute
Uguale
Condizione economica
Peggiorato
Autostima
Rapporto con il /la partner
Relazioni amicali
Relazioni familiari
0%
20%
40%
60%
80%
100%
ns
io
ne
Fig. 4 – Aspetti di vita migliorati/peggiorati in seguito al trattamento - utenti Alcologia
re
ce
Lavoro/ studio
iv
o
Qualità della vita
cl
us
Fiducia nel futuro
es
Benessere psicologico
zo
Migliorato
til
iz
Salute
Uguale
Peggiorato
pe
ru
Condizione economica
Autostima
Rapporto con il /la partner
Relazioni amicali
Relazioni familiari
0%
20%
40%
60%
80%
100%
L’applicazione di tecniche di rilevazione sulla soddisfazione da parte
degli utenti dei servizi preposti alle tossicodipendenze resta un terreno piuttosto inesplorato o, quanto meno, un intervento non sistematico.
L’interesse a valutare la percezione individuale della soddisfazione del
servizio sconta probabilmente un pregiudizio sulla scarsa compliance dimostrata da una tipologia particolare di utenti, quali gli assuntori problematici di droghe. Forse, sul piano simbolico, perdura una certa rappresentazio208
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ne sociale del tossicomane come soggetto afflitto da specifiche patologie
psichiche che ne corrompono l’autonomia di giudizio.
Questa lettura, tuttavia, non appare conforme sul piano della realtà e
conduce ad una sostanziale limitazione del diritto alla salute e al raggiungimento del benessere bio-psico-sociale da parte degli utenti. C’è chi ha
parlato di cittadinanza “debole” o “negata” per i tossicodipendenti, motivata da «una visione pregiudiziale e scientificamente infondata che tende a
legittimare una negazione tout court della soggettività del cittadino tossicodipendente» [Coletti e Gaudio 2005: 288].
La valutazione della soddisfazione degli utenti implica innanzitutto un
riconoscimento degli stessi come soggetti attivi, in grado di contribuire a
migliorare il percorso riabilitativo. Si tratta di uno strumento importante di
partecipazione attiva del paziente, che ne alimenta altresì l’adesione alle
cure, l’autostima e l’auto-efficacia. Una sua adozione sistematica
nell’ambito dei servizi dedicati alle dipendenze provocherebbe senza dubbio una positiva ricaduta in termini di efficacia dell’intervento.
ns
io
ne
Riferimenti bibliografici
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Conclusioni
di Cleto Corposanto e Raffaele Lovaste
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I comportamenti e gli atteggiamenti umani sono, per loro natura, multidimensionali e declinati al plurale, tanto che spesso il compito del sociologo, che consiste nel tentare di darne una spiegazione, si rivela quanto mai
arduo. E lo è in modo particolare quando i fenomeni oggetto di studio si
presentano cosi veloci, dinamici, polimorfi, come nel caso delle rappresentazioni del fenomeno droga e tossicodipendenza, nelle quali la dimensione
dell’esperienza personale si fonde inevitabilmente con la dimensione politica, economica e scientifica, con risultati sempre variabili e difficilmente
impressionabili staticamente in categorie o definizioni. Lo è perché il fenomeno in questione si colloca nell’ambito di quei comportamenti umani di
confine tra normalità e devianza, che esprimono tutta la loro ambivalenza e
talvolta, impenetrabilità alla comprensione. Lo è perché gli stessi mondi
scientifico e politico sono divisi rispetto alla sua connotazione: la tossicodipendenza è vista ora come vizio, ora come malattia, ora come devianza, e
queste interpretazioni spesso convivono e si sovrappongono
nell’immaginario politico, sociale, assistenziale, individuale e massmediatico senza che questa tensione trovi mai un allentamento.
Nei diversi contributi che in questa monografia hanno cercato di ricostruire la vision della tossicodipendenza delle diverse “categorie” di persone interpellate nell’indagine, questa fluidità – o liquidità1– emerge con una
certa forza. L’eterogeneità si rileva sovente, e si manifesta sia confrontando
i diversi target di intervistati tra loro, sia guardando all’interno di ognuno di
essi.
Le ragioni stanno nella premessa, come viene efficacemente evocato da
Cipolla e Bertolazzi in apertura riprendendo da una tradizione sociologica
di stampo comprendente che affonda le sue radici nell’idea di realtà come
costruzione sociale: le interpretazioni del fenomeno sono il risultato
1
Il riferimento va a Bauman; si veda, per gli approfondimenti, del caso la prefazione al
testo Modernità liquida, ed. Laterza, 2007.
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dell’intreccio creativo e sempre in divenire di diversi fattori relativi
all’esperienza dell’individuo con la sostanza, alla percezione di sé, al rapporto dell’individuo con i suoi diversi mondi vitali e con i sistemi culturali
e valoriali.
Da un lato, questi elementi ci portano a rimandare il lettore ai singoli
contributi di questa monografia per cogliere tutte le sfumature emergenti
nel dialogo con i diversi gruppi intervistati, lette attraverso l’occhio critico
di autori accomunati dall’esperienza nell’ambito delle tossicodipendenze,
come studiosi o come professionisti di settore.
Dall’altro lato, mettiamo qui in evidenza quello che, a nostro avviso, si
caratterizza come il leit motiv di tutti i contributi presentati e che costituisce, insieme, l’ipotesi di partenza dell’indagine: la convivenza, tra i consumatori e gli operatori di settore, di diverse culture drogastiche e di modelli
interpretativi di tossicodipendenza (cfr. Introduzione di Cipolla e Bertolazzi) comunque permeati, qua e là, dal processo di normalizzazione dell’uso
e/o della rappresentazione dell’uso di sostanze.
La notevole diffusione delle sostanze sul territorio, dunque l’aumento
della loro disponibilità e possibilità di accesso e la vicinanza culturale dei
soggetti al loro uso, costituiscono senz’altro alcuni degli elementi che progressivamente facilitano l’innestarsi della normalità nella rappresentazione
comune delle sostanze. Ne è una dimostrazione il fatto che i cannabinoidi
emergono nelle diverse indagini su popolazione come sostanze approvate
socialmente (oltre che diffuse a livello di consumo), nonostante cadano sotto l’egida dell’illegalità: se guardiamo agli ultimi dati disponibili (anno
2007), infatti, oltre un terzo della popolazione studentesca e della popolazione generale ne approva il consumo. L’altra parola d’ordine che sembra
farsi strada è quella della compatibilizzazione, ossia di un consumo di sostanze che sia compatibile con la vita quotidiana, con il lavoro, con la scuola, con le relazioni, ecc…, e che contestualmente permetta all’individuo di
governare se stesso secondo le situazioni: il problema non è più se e quali
sostanze assumere, ma come assumerle in modo tale che il loro consumo
non interferisca con la quotidianità. Ne La normalità di una droga. Hashish
e marijuana nelle società occidentali, Cipolla delinea in modo molto puntuale i motivi che permettono di ricollegare il concetto di normalità a tale
sostanza. Rimandando al testo per un suo approfondimento, ora ci possiamo chiedere se questo processo, già presente per alcol, nicotina e psicofarmaci in virtù del loro status di legalità e avviato per i cannabinoidi spesso
definiti come droga leggera, non si stia pian piano estendendo anche ad altre sostanze psicoattive, limitatamente alle fasce giovanili e, forse, a certi
contesti ludico-ricreazionali. Di fatto, le tendenze che sembrano delinearsi
–ed esposte in apertura– sono le seguenti:
- la permanenza di una visione di tossicodipendenza come condizione
patologica e l’adesione ad una definizione “medicalizzata”;
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- il profilarsi di una nuova rappresentazione collettiva di “consumatore
di sostanze”, come soggetto integrato socialmente, che assume sostanze
psicoattive in una logica di normalizzazione di tale pratica sociale e di negazione del rischio.
Se prendiamo in considerazione, ad esempio, le valutazioni dei rispondenti sulle sostanze che possono essere considerate droghe, notiamo che se
le opinioni in merito a droghe quali eroina, cocaina, anfetamine, Lsd appaiono piuttosto omogenee tra i gruppi, altre come alcol e cannabis dividono il campione tra chi mostra una percezione più attenuata dello status di
droga per queste sostanze (soprattutto i segnalati al NOT e gli utenti Ser.T)
e chi invece tende a marcarne la pericolosità (gli operatori). Per questi ultimi, il giudizio risulta piuttosto severo nei confronti dell’alcol: anche dai focus condotti, è emerso che il confine tra uso ricreazionale/socializzante degli alcolici e uso problematico pare piuttosto labile, se non inconsistente per
chi opera all’interno dei servizi mirati.
Possiamo ricavare un ulteriore elemento che mette opportunamente in
luce le differenti attribuzioni di senso degli intervistati dai fattori associati
alla tossicodipendenza (cfr. fig. 1). Il grafico mostra chiaramente due situazioni:
a) ci segnala una certa omogeneità di vision fra operatori e utenti inseriti
in Comunità, da un lato, e utenti Ser.T e segnalati NOT, dall’altro;
b) evidenzia per operatori ed utenti di Comunità l’adesione ad una rappresentazione sociale di tossicodipendenza come patologia bio-psichica,
mentre per i segnalati NOT e (pur se in misura minore) per gli utenti Ser.T
fattori patologici e disintegrazione sociale si correlano in misura minore allo stato tossicomanico.
pe
Fig. 1 – Fattori associati alla tossicodipendenza (% di risposte per le modalità “sempre”,”quasi sempre” e ”spesso”)
devianza
personalità
degrado
operatori
Comunità
psicologico
Ser.T
Segnalati NOT
famigliare
volontà
psichiatrico
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20
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60
80
100
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Se immaginassimo di tracciare un continuum tra la rappresentazione sociale di uso problematico di sostanze psicoattive come disease e come pratica sociale normalizzata potremmo collocare operatori e utenti di Comunità come più vicini alla prima e utenti Ser.T e segnalati come NOT orientati
verso la seconda (fig. 2).
Fig. 2 – La collocazione degli intervistati tra i poli del modello di tossicodipendenza come
malattia e come normalizzazione
DISEASE
MODEL
Utenti
Comunità
Operatori
Utenti
Ser.T
Segnalati NOT
NORMALIZZAZIONE
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Questo schema ci informa, da un lato, che la prospettiva dei segnalati al
NOT appare collimare con l’emersione di un processo sociale di normalizzazione del consumo di droghe, legittimato dalla negazione del rischio. Per
gli utenti del Ser.T, ma soprattutto delle Comunità, l’avvicinamento al modello di tossicodipendenza come malattia può essere frutto, oltre che di una
specifica esperienza individuale di uso problematico di sostanze, anche di
un processo cognitivo di adesione alla vision del servizio; fermo restando
che il modello di “malattia” che anima la filosofia delle comunità terapeutiche la intende più come una patologia di carattere sociale –determinata da
disfunzioni nelle reti sociali primarie– che come brain disease, ossia come
malattia del cervello.
Accanto a questo processo progressivo di normalizzazione dell’uso di
sostanze e della loro compatibilizzazione con la vita quotidiana –gli occupati, tra gli intervistati, costituiscono la maggioranza–, e come suo corollario, segnaliamo anche il nuovo paradigma emergente della poliassunzione
che cambia ulteriormente la fisionomia del fenomeno e frammenta le problematiche che i servizi devono affrontare, come è stato già definito in apertura. E, in contrapposizione con esso, l’emersione di nuove figure disagiate e marginalizzate, opposte all’immagine del tossicodipendente integrato socialmente e più simili, per aspetto e problematiche, al vecchio tossicodipendente di strada dell’immaginario sociale (come gli immigrati).
A fronte di questi spunti di riflessione, la sfide che i servizi per le tossicodipendenze devono affrontare sono molteplici. Vogliamo puntare
l’attenzione in particolare su due punti che emergono con forza, da questa
indagine come dalle recenti acquisizioni scientifiche, l’uno sul fronte
dell’organizzazione dei servizi di diagnosi e cura, l’altro sul fronte della
prevenzione.
Sul fronte dell’organizzazione dei servizi, risulta evidente che lo sforzo
debba andare nella direzione dell’integrazione piuttosto che della specializzazione. I moderni drogati sono poli-dipendenti e poli-consumatori e sono
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portatori di disagi multipli, come disturbi del comportamento alimentare,
disturbi psichiatrici, dipendenze da sostanze legali, come alcol e psicofarmaci. La necessità che si presenta è quella di evitare la frammentazione delle risposte alle diverse problematiche che una stessa persona presenta, in
modo tale da considerare la persona nella sua globalità e migliorare la
compliance ai trattamenti. A tal fine, il progetto della costituzione di un Dipartimento Integrato per le Dipendenze, che prenda in carico la persona e
non le singole problematiche, potrebbe essere la soluzione più adeguata a
questa sfida emergente. Questo certamente richiede un investimento di risorse notevole, poiché sarebbe necessario di riprogettare continuamente i
singoli piani terapeutici in modo selettivo e mirato e secondo le metodologie di intervento più adeguate, rispondendo in modo dinamico a quelle che
sono utenze intrinsecamente e fenomenologicamente differenziate.
La seconda linea di azione, sul fronte della prevenzione, appare più
complessa da attuare, richiedendo l’integrazione di tutte le istituzioni presenti sul territorio, non solo i servizi di cura. L’azione di prevenzione, in
virtù di questo processo di normalizzazione del consumo, si deve giocare in
ognuno dei mondi di vita che la persona incontra quotidianamente; nessuna
istituzione, dalle reti sociali primarie, alla scuola, al lavoro, agli ambienti
ricreativi, può ritenersi esonerato dal compito di promozione della salute e
di controllo.
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Appendice metodologica.
La lettura integrata del fenomeno “droga” nel
territorio trentino: il percorso metodologico
di Lorella Molteni
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Le riflessioni contenute in questo volume si riferiscono ad un’indagine,
finanziata all’interno dei Progetti Speciali della Provincia Autonoma di
Trento e coordinata dall’Università degli Studi di Trento e dal Servizio territoriale per le Tossicodipendenze, che si è proposta di ricostruire i punti di
vista sul fenomeno della droga di diversi attori sociali: consumatori di alcol
e droga in carico presso i servizi del territorio trentino, segnalati per uso o
possesso di sostanze stupefacenti ed operatori dei servizi.
Il quadro fenomenologico e il contesto di riferimento dell’indagine sono
stati ampiamente e puntualmente delineati nei capitoli introduttivi, curati
Cipolla e Bertolazzi –il primo– e da Corposanto e Lovaste – il secondo. Se
ne richiamano brevemente le finalità generali: la necessità di conoscere le
opinioni e gli atteggiamenti nei confronti delle sostanze e dei rischi ad esse
associate dei diversi gruppi di popolazione coinvolti e la necessità di approfondire la dimensione della qualità dei servizi e della loro capacità di risposta ai bisogni degli utenti, così come essi la rappresentano.
In entrambe queste due linee direttrici, le esigenze implicite sono sia di
carattere conoscitivo sia di carattere operativo: da un lato, si approfondisce
come soggetti con diverse esperienze e diversi livelli di contatto con il
mondo delle droghe possiedano anche differenti culture della droga e dei
servizi di diagnosi, cura e riabilitazione; dall’altro, il confronto tra le diverse culture emergenti, in particolare tra quelle dei professionisti sociosanitari e degli utenti dei servizi, permette di identificare gli eventuali elementi dissonanti e i punti deboli dei servizi di cura - che si pongono talvolta
in modo anacronistico rispetto ad un fenomeno che negli anni ha mutato
notevolmente fisionomia.
Date queste premesse, nelle pagine seguenti si offrirà una descrizione
del ciclo metodologico [Cipolla 1998] e statistico [Corposanto 2002]
dell’indagine, ossia del percorso che ha portato all’identificazione dei soggetti da coinvolgere, delle metodologie e degli strumenti da utilizzare e la
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chiave di lettura dei risultati esposti nel testo conseguente a tale percorso.
L’obiettivo finale è quello di portare alla luce i procedimenti e le scelte che
sono state utilizzate per “costruire” i dati su cui si basano le argomentazioni
riportate nella monografia, nella consapevolezza che ogni dato statistico
che ritrae la realtà, o parte di essa, non può essere interpretato come
un’entità oggettiva, reificata ed indipendente, astraibile dal contesto nel
quale è prodotto, ma deve necessariamente essere considerato come l’esito
di un lungo e complesso processo di mediazione di significati in cui sono
coinvolti diversi attori sociali1, presente in ogni singola fase del percorso di
ricerca.
1. I soggetti dell’indagine
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La prima fase del percorso di indagine ha previsto l’individuazione dei
soggetti istituzionali e dei gruppi di popolazione da coinvolgere, in accordo
con le finalità principali precedentemente indicate.
In origine, il progetto prevedeva la partecipazione di utenti e operatori
dei Servizi per le tossicodipendenze del Trentino, coinvolgendo dunque un
gruppo di soggetti con caratteristiche ben precise e circoscritte esclusivamente alla fruizione di droghe illecite (per la maggior parte, eroina) e alle
professionalità coinvolte nella loro cura e riabilitazione. In un secondo
momento, all’interno dell’equipe di ricerca si è deciso di estendere i confini
dell’indagine ad altri soggetti, nell’ipotesi di operare – tra l’altro – un confronto tra le culture della droga tra diversi target di popolazione, con esperienze e livelli di vicinanza al fenomeno differenti.
Accanto ai soggetti con problematiche connesse all’uso, abuso o dipendenza da sostanze stupefacenti, in carico presso il Ser.T, sono stati dunque,
coinvolti i tossicodipendenti e/o alcolisti degenti presso le strutture del privato sociale convenzionate con l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanita-
1
Ogni strumento di cui dispone il ricercatore sociale nella sua cosiddetta cassetta degli
attrezzi, ogni metodologia adottata, sia essa qualitativa o quantitativa, intrusiva o non intrusiva, ogni fase del processo di ricerca sono condizionati dallo specifico sguardo del ricercatore e dalle scelte che egli compie in funzione dei propri obiettivi conoscitivi. Lungi dal riportare alla luce lo storico dibattito tra positivisti e costruttivisti che ha attraversato (o attraversa ancora?) la sociologia contemporanea, si rimanda – tra i tanti contributi esistenti in
letteratura – al prezioso testo curato da Corposanto [2004], attraversato in ogni sua pagina
dalla coscienza dell’imprescindibilità del “co-“ nella ricerca sociale. Si vedano, inoltre, i
contributi di Altieri [1998, 2007] e Giarelli [2002], circoscritti alla tematica delle indagini di
tipo quantitativo svolte tramite questionario strutturato e riferiti allo specifico contesto sanitario.
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ri2, i soggetti afferenti ai centri di Alcologia dislocati nelle 11 sedi territoriali che presentano problematiche connesse al consumo di alcol o che sono
stati segnalati dalla Commissione Patenti per guida in stato di ebbrezza3, i
soggetti segnalati dalle Forze dell’Ordine al Commissariato del Governo
per uso o detenzione di sostanze stupefacenti e gli operatori della rete assistenziale (Ser.T, Comunità Terapeutiche, servizio di Alcologia).
Questo sforzo di coinvolgimento di attori sociali profondamente diversi
tra loro rispetto alle caratteristiche sociodemografiche, al grado di contiguità con il mondo della droga e alle esperienze personali, al problema manifestato al servizio, ai tipi di droghe (legali o illegali) coinvolte, ai comportamenti conseguenti, ai significati attribuiti alle proprie esperienze (…), dà
luogo ad una lettura poliedrica e sfaccettata di un fenomeno che, di per sé,
ontologicamente, è complesso e multidimensionale.
Ognuno di questi target di soggetti offre una diversa prospettiva nel modo di leggere la realtà della droga. I soggetti segnalati presso il Commissariato del Governo per uso o possesso di sostanze stupefacenti e i fermati
dalle forze dell’ordine per guida in stato di ebbrezza (inviati al Servizio di
Alcologia per gli accertamenti del caso) rappresentano, ad esempio, uno
spaccato di popolazione che non necessariamente presenta un problema
cronico di dipendenza da sostanze, come l’utenza classica in carico ai servizi, ma che esprime senz’altro un elevato livello di problematicità nella
contiguità con le sostanze dato dalle conseguenze legali e sociali di tale
comportamento. Ricorrere ai servizi per problematiche correlate all’uso di
alcol, sostanza legale e socialmente tollerata, è poi profondamente differente dall’essere dipendente da sostanze il cui uso viene vietato dalla legge,
non già per le conseguenze medico-sanitarie che una sostanza o l’altra
comportano, quanto per i significati socialmente condivisi
nell’immaginario collettivo relativi a tali sostanze.
La scelta, dunque, di coinvolgere nell’indagine sul fenomeno droga
gruppi di popolazione con caratteristiche anche molto diverse tra loro, riposa sul presupposto che ciascuno di essi può offrire una chiave di lettura del
fenomeno che arricchisce la conoscenza delle diverse culture della droga.
La tab. 1 sintetizza i soggetti istituzionali e le tipologie di utenza coinvolte nell’indagine.
2
La rete assistenziale delle tossicodipendenze in Trentino comprende tre comunità terapeutiche convenzionate con l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari: Voce Amica, Centro Anti-Droga, Centro Trentino Solidarietà, presenti sul territorio con quattro sedi.
3
Nella Provincia Autonoma di Trento, a differenza delle altre regioni italiane, l’attività
di diagnosi, cura e riabilitazione dei soggetti con problemi legati all’uso di alcol è separata
da quella di soggetti con problematiche connesse all’uso di droga, a livello di offerta di servizi.
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Tab. 1 – Istituzioni e gruppi di popolazione coinvolti nel sistema di indagini sul fenomeno
droga
GRUPPI DI POPOLAZIONE
SOGGETTI ISTITUZIONALI
Servizio per le Tossicodipendenze /
Comunità terapeutiche
• Soggetti con problematiche connesse
all’uso/abuso/dipendenza da sostanze psicoattive
Servizio di Alcologia
• Soggetti con problematiche connesse al consumo di alcol
• Soggetti segnalati per guida in stato di ebbrezza
Commissariato del Governo
• Soggetti segnalati per uso o possesso di sostanze
stupefacenti
Ser.T / Comunità terapeutiche / Servizio Alcologia
• Operatori dei servizi per le tossicodipendenze e
le alcoldipendenze
2. I materiali
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In coerenza con questi obiettivi conoscitivi e con le finalità
dell’indagine, lo strumento che è parso più opportuno utilizzare in questo
sistema di indagini è la rilevazione tramite questionario strutturato, che
permette di portare alla luce armonie e dissonanze delle diverse culture sulla droga dei target di popolazione coinvolti, integrando successivamente i
dati raccolti con un approfondimento di tipo qualitativo limitato agli operatori dei servizi4.
Il questionario, costruito attraverso un significativo lavoro di rete tra ricercatori universitari e servizi coinvolti, ha cercato di bilanciare l’esigenza
di individuare aree di confronto tra i diversi gruppi coinvolti con l’esigenza
di preservarne le specificità; sono pertanto, state individuate delle aree tematiche comuni a tutte le tipologie di soggetti, delle aree comuni ad alcuni
di essi e delle aree specifiche5.
Le aree comuni su cui è possibile effettuare un confronto trasversale tra
tutti i target di popolazione sono le seguenti:
- la definizione delle sostanze che si considerano droghe;
- le motivazioni per cui le persone sperimentano sostanze;
- le percezione delle conseguenze (mediche e sociali) dell’uso di sostanze;
4
Gli operatori dei servizi delle tossicodipendenze e delle comunità terapeutiche hanno
partecipato sia all’indagine qualitativa che all’indagine quantitativa, mentre gli operatori dei
servizi di alcologia alla sola indagine qualitativa.
5
Per una lettura specifica dei diversi strumenti utilizzati si rimanda ai questionari con le
percentuali di frequenza riportati in calce al volume.
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- l’accordo circa le soluzioni da adottare per fronteggiare i fenomeni di
uso e dipendenza da sostanze.
A queste si aggiungono aree di confronto tra alcuni dei soggetti coinvolti:
- l’esperienza diretta delle conseguenze derivate dal consumo di sostanze (utenti del Ser.T, dei servizi di alcologia e delle comunità terapeutiche, segnalati NOA);
- la definizione di tossicodipendenza (operatori, utenti Ser.T e comunità, segnalati NOA);
- la valutazione della qualità dei servizi (utenti del Ser.T, dei servizi di
alcologia e delle comunità terapeutiche);
- la condivisione degli obiettivi dei servizi nell’ambito della cura delle
dipendenze (utenti Ser.T, dei servizi di alcologia e delle comunità terapeutiche, operatori).
Infine, le aree specifiche sono le seguenti:
- per i soggetti segnalati al Commissariato del Governo: sperimentazione di sostanze ed età di prima assunzione, esperienza di contatto con i
servizi per le tossicodipendenze o per l’uso di alcol, sostanza di segnalazione;
- per i soggetti con problematiche connesse all’uso di alcol: le abitudini circa il consumo di alcol nel contesto familiare, la consapevolezza dei
danni sulla salute del consumo di alcol; sono state, inoltre, inserite ulteriori
domande sull’esperienza dei rischi connessi ai comportamenti di consumo
dell’alcol derivati da alcuni test diagnostici utilizzati nei servizi per valutare
il livello di rischio/dipendenza verso la sostanza;
- per gli operatori di Ser.T e comunità terapeutiche: sono state inserite
una serie di domande ulteriori per approfondire e caratterizzare la loro idea
di tossicodipendenza e di tossicodipendente.
I diversi questionari elaborati sono stati testati prima dell’inizio effettivo
della rilevazione in ognuno dei servizi coinvolti. L’esito dei pretest è risultato positivo e non ha reso necessaria una modifica sostanziale dei questionari progettati; si è, pertanto, proceduto alla fase di rilevazione vera e propria nel quadrimestre marzo-giugno 2007.
La rilevazione ha carattere di esaustività, nel senso che non ha previsto
una strategia di campionamento delle unità da coinvolgere, ma ha fatto riferimento alla popolazione complessiva seguita dai servizi nel periodo in
questione. La procedura di campionamento è stata considerata inappropriata per alcune caratteristiche fondamentali dei servizi coinvolti e per il tipo
di utenza/soggetti da intervistare.
Innanzitutto, in alcuni servizi il turn-over dell’utenza è solitamente molto consistente, come per il Ser.T e le comunità terapeutiche, fatto che avrebbe potuto comportare difficoltà notevoli nel reperimento dei soggetti a
causa della presenza di liste non aggiornate della popolazione e nella loro
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predisposizione alla partecipazione all’indagine. In altri casi, inoltre, non
erano disponibili le liste complete ed aggiornate dell’utenza: è il caso del
servizio di alcologia nel quale il sistema di gestione informatizzato
dell’utenza non è ancora a pieno regime. Infine, per alcuni casi la popolazione di riferimento era costituita da un numero molto limitato di unità,
come per gli operatori e per le comunità terapeutiche, per cui una ulteriore
selezione dei soggetti da intervistare sarebbe stata ingiustificata ed avrebbe
portato a lavorare su numeri ancora più esigui, con le conseguenze che questo comporta nella fase di analisi dei dati e nel momento della comparazione dei risultati tra i diversi gruppi di popolazione coinvolti.
La modalità scelta per la somministrazione del questionario è stata
l’autocompilazione, strategia che ha risposto da un lato alla necessità di
evitare ogni possibile interferenza nella sincerità delle risposte dei partecipanti all’indagine, dall’altro alla necessità di non sovraccaricare di ulteriore
lavoro gli operatori dei servizi coinvolti, che si sono limitati a proporre il
questionario a tutti gli utenti/soggetti che nel periodo in questione sono
transitati presso la struttura, spiegandone le finalità e le modalità di trattamento dei dati e invitando alla sincerità delle risposte.
L’autocompilazione dei questionari ha sicuramente avuto il vantaggio di
limitare i costi della rilevazione raggiungendo così una quota di soggetti
superiore e, al contempo, il vantaggio di limitare fenomeni di acquiescenza
dovuti alle delicate tematiche affrontate nel questionario. Questa modalità
di rilevazione, però, ha anche manifestato due limiti fondamentali. Il primo
è rinvenibile nell’impossibilità di verificare l’esatta comprensione delle
domande da parte degli intervistati. Una domanda, ad esempio, su cui è stato possibile accertare una cattiva comprensione da parte di una quota considerevole di soggetti in ognuna delle indagini proposte è la richiesta della
professione materna e paterna: la domanda chiedeva esplicitamente di indicare, nel caso di genitori deceduti o pensionati, l’ultima professione svolta.
Gran parte dei rispondenti non si sono attenuti alle consegne e hanno risposto in modo disomogeneo – alcuni non hanno risposto, altri hanno barrato
la categoria “altro” rispondendo che il genitore era pensionato o deceduto –
influendo così in modo determinante sulla qualità del dato finale e sul possibile utilizzo di tale domanda per la valutazione dello status socio-culturale
familiare6.
Un secondo limite è costituito dall’impossibilità, almeno per alcuni servizi, di riscontrare l’esistenza di fattori sistematici di autoselezione dei sog-
6
Nello specifico, per l’utenza Ser.T la percentuale di risposte non-classificabili è del
37% circa per la professione paterna e del 27% per la materna; per l’utenza dei servizi di
alcologia è del 40% e 33%; per i segnalati al Commissariato del Governo per uso e possesso
di sostanze stupefacenti, rispettivamente il 18% e il 7%; per gli utenti delle comunità terapeutiche il 30% e 14%.
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getti che si possono riflettere direttamente sui dati raccolti; di seguito si
tratterà questo problema nello specifico.
Nel complesso, le indagini quantitative effettuate hanno raggiunto 850
soggetti, secondo lo schema illustrato in tab. 2.
Tab. 2 – Questionari pervenuti, popolazione di riferimento e tasso di risposta nelle diverse
indagini effettuate
Questionari pervenuti
e ritenuti validi7
Popolazione di riferimento
8
Tasso di risposta
Segnalati
NOA
Utenti Ser.T
Utenti Comunità
Utenti Alcologia
297
Operatori
(Ser.T e Comunità)
67
94
50
342
99
678
74
50
1419
94,9%
43,8%
90,5%
100%
24,2%
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All’indagine quantitativa si è aggiunto un approfondimento di tipo qualitativo, che ha previsto la conduzione di due focus group con gli operatori
dei servizi, l’uno rivolto ai professionisti che operano nell’ambito della diagnosi e cura delle persone con problemi alcolcorrelati, l’altro rivolto ai professionisti che operano a contatto con tossicodipendenti.
I focus group hanno avuto l’obiettivo di creare una situazione di confronto tra le diverse figure professionali e far emergere le filosofie di lavoro
in contesti di cura, diagnosi e riabilitazione delle dipendenze profondamente diversi tra di loro per l’approccio al problema: il Ser.T, impostato su un
approccio bio-psico-sociale al problema dell’uso e abuso di sostanze illegali che si rifà all’interpretazione della dipendenza come malattia cronica ad
andamento recidivante, individuata secondo i criteri del DSM IV; il servizio di Alcologia, che tratta delle problematiche connesse al consumo di alcolici secondo un approccio ecologico-sociale; le comunità terapeutiche,
orientate alla ricostruzione delle componenti affettive e relazionali dei soggetti che si rifugiano nell’abuso di sostanze per evadere dalla realtà. Le figure coinvolte sono, in ultima analisi, medici, infermieri, psicologi e assistenti sociali (impiegati presso il Ser.T), educatori professionali (impiegati
presso Alcologia e comunità terapeutiche) ed operatori di comunità.
7
Nella tabella vengono presentati i dati relativi ai questionari pervenuti e ritenuti validi
in fase di trattamento dei dati, non già alla totalità dei questionari pervenuti; una parte di essi
(4 per i segnalati NOA e una decina per il Servizio di Alcologia e per il Ser.T), infatti, è stata cestinata per una percentuale troppo elevata di mancate risposte.
8
Il tasso di risposta indica il rapporto, in valori percentuali, tra i soggetti che hanno partecipato all’indagine e la popolazione complessiva di riferimento (ossia l’utenza dei servizi,
il numero di colloqui previsti e condotti dal Commissariato del Governo e gli operatori in
servizio nel quadrimestre in questione).
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I focus group sono stati impostati in seguito ai primi risultati emersi
dall’indagine quantitativa svolta tramite il questionario strutturato e secondo le stesse linee di indagine. Le tematiche affrontate hanno riguardato,
dunque, la distinzione tra uso e abuso di sostanze, l’interpretazione della
dipendenza da sostanze e le sue cause, le motivazioni per cui le persone si
accostano al loro consumo, le risposte dei servizi in termini di trattamenti
erogati e la loro adeguatezza, le ipotesi politico-legislative per affrontare il
problema in termini di proibizionismo/legalizzazione, l’importanza della
prevenzione. Si rimanda, per la lettura più approfondita di tali tematiche, al
capitolo sugli operatori dei servizi curato da Rose Marie Callà.
3. Alcune considerazioni metodologiche
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Di seguito si espongono alcune criticità rilevate nella fase di somministrazione dei questionari, in particolar modo presso il Ser.T e presso i Servizi di Alcologia nei quali la popolazione ipotetica di riferimento è numericamente molto più consistente rispetto agli altri target di utenza, a fronte di
un tasso di risposta sensibilmente inferiore, ponendo cosi in fase di analisi
dei dati maggiori problemi di generalizzabilità dei risultati.
Come si può facilmente dedurre dalla tabella 2 precedentemente riportata, per i soggetti segnalati presso il Commissariato del Governo per consumo o possesso di sostanze psicoattive, gli utenti delle comunità terapeutiche e gli operatori dei servizi, il tasso di risposta è stato di poco inferiore
alla totalità della popolazione ipotetica, proprio in virtù della maggior facilità di raggiungere e coinvolgere un gruppo di soggetti numericamente più
contenuto.
A livello teorico, il gruppo di soggetti per cui si sarebbero potuti verificare maggiori problemi di coinvolgimento è costituito dai segnalati presso
il Commissariato del Governo per uso o possesso di sostanze stupefacenti;
infatti, per questo target di intervistati mancava quel rapporto fiduciario tra
operatori dei servizi e utenti (che può incentivare la partecipazione
all’indagine), mentre era presente un rapporto asimmetrico tra chi giudica e
sanziona e il soggetto segnalato9. Nella realtà, questo problema di copertura
non si è verificato per due ragioni di fondo: i questionari sono stati proposti
dalla stessa persona che materialmente ha condotto i colloqui per la segna-
9
I soggetti che vengono segnalati per uso o possesso di sostanze hanno l’obbligo di presentarsi presso il Nucleo Operativo Antidroga del Commissariato del Governo e di sostenere
un colloquio individuale della durata di circa mezz’ora, nel quale vengono stabilite le eventuali sanzioni previste per legge e in cui viene proposto, all’occorrenza, l’inizio di un percorso terapeutico presso il Ser.T.
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lazione10, e la compilazione dei questionari è avvenuta prima del colloquio.
Il fatto di compilare il questionario prima del colloquio con l’assistente sociale ha permesso di evitare che il suo esito influisse negativamente sulla
partecipazione all’indagine o sui contenuti delle risposte; inoltre, è legittimo supporre che i soggetti siano stati più propensi a partecipare per dare
un’immagine di sé collaborativa e non pregiudicare l’esito del colloquio.
Le comunità terapeutiche hanno avuto l’adesione totale degli utenti degenti nel periodo considerato, in virtù probabilmente della relazione che si
instaura con gli operatori; la somministrazione è avvenuta, nel periodo considerato, in momenti comunitari di riflessione, ove è stata proposta e motivata la partecipazione all’indagine, con la particolare attenzione da parte
degli operatori ad evitare situazioni di compilazione di gruppo dei questionari.
Infine, per gli operatori del Ser.T e delle Comunità Terapeutiche, in cui
è stato compreso anche un gruppo di assistenti sociali operanti presso
l’UEPE11, il tasso di caduta si è verificato soprattutto per la componente infermieristica del Ser.T, che quindi risulta sotto-rappresentata nei questionari, e per alcuni operatori di comunità.
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3.1 La somministrazione dei questionari presso il Ser.T
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Già a partire dal 2000, il Ser.T si è dotato di un sistema informatizzato
di gestione delle cartelle cliniche e del servizio, denominato Ippocrate, nel
quale vengono registrate, per ogni utente che si presenta al servizio, le caratteristiche socio-demografiche, le informazioni sulle sostanze, gli interventi messi in atto e le prestazioni fornite. Il sistema informativo risponde
alla duplice esigenza di seguire il percorso del singolo paziente con maggiore facilità e risparmio di tempo rispetto alla consultazione del cartaceo, e
di monitorare il fenomeno secondo gli standard stabiliti a livello nazionale
(Ministero della Salute) ed europeo (OEDT), fornendo dati comparabili,
affidabili e anonimi sulle persone in trattamento per il consumo di droga.
10
Si ringrazia, a tal proposito, l’assistente sociale Nadia Gadotti, responsabile della conduzione dei colloqui presso il Nucleo Operativo Antidroga del Commissariato del Governo,
per la disponibilità e la professionalità dimostrate in ogni momento dell’indagine.
11
Gli Uffici di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) sono stati istituiti nel 2005 in sostituzione dei tradizionali centri di servizio sociale per adulti dell'amministrazione penitenziaria;
provvedono al reinserimento dei soggetti sottoposti a misure alternative al carcere, prestano
consulenze per favorire il buon esito del trattamento penitenziario, e coadiuvano il magistrato di sorveglianza nella raccolta di informazioni inerenti il trattamento degli internati e dei
condannati. Gli assistenti sociali in sevizio negli UEPE svolgono compiti di vigilanza e/o di
assistenza nei confronti dei soggetti ammessi alle misure alternative alla detenzione nonché
compiti di sostegno e di assistenza nei confronti dei sottoposti alla libertà vigilata.
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L’esistenza di tale sistema informativo ha permesso, nell’indagine in
questione, di adottare alcuni criteri ragionati nella selezione dei soggetti da
coinvolgere nell’indagine. In coerenza con gli obiettivi dell’indagine, si è
scelto di limitare la rilevazione ai soggetti “in carico” al servizio, ossia i residenti nel territorio provinciale che presentano una problematica in atto o
pregressa relativa all’uso di stupefacenti e avviano un trattamento specifico,
siano essi incidenti (cioè, si presentano per la prima volta nell’anno in questione presso il servizio) o rientranti (cioè conosciuti dal servizio perché in
carico, continuativo o meno, da anni precedenti).
Sono pertanto esclusi i soggetti provenienti da altre regioni italiane che
vengono presi in carico solo temporaneamente dal servizio, i soggetti a rischio o non in carico, i segnalati per consumo e possesso di sostanze stupefacenti che non intraprendono un percorso terapeutico, e i soggetti che nel
periodo in questione alloggiano in comunità o in carcere12. Il presupposto
che ha ispirato questa selezione a monte dei soggetti da coinvolgere è da
rinvenire nella necessità di isolare l’utenza che presenta un certo radicamento nel territorio trentino e la cui cultura riflette le tendenze di tale società, che rispetto ad altre realtà italiane presenta alcuni elementi di specificità
[Bertelli et. al. 2003, 2005]; inoltre, si è voluto in tal modo limitare
l’informazione spuria derivante da tutti coloro che hanno un rapporto con il
servizio caratterizzato da un elevato livello di temporaneità, che avrebbe
potuto incidere sui risultati ottenuti soprattutto nella parte relativa alla qualità dei servizi.
12
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Il sistema informativo prevede che venga aperta una cartella clinica per ogni utente
che riceve prestazioni, il cui status viene definito in base a caratteristiche specifiche del soggetto. Gli status cartella riferiti direttamente al soggetto con problematiche in atto o pregresse relative all’uso di sostanze stupefacenti (escludendo dunque i programmi di sostegno rivolti a sostegno di coppie, genitori, famiglie, …) e che in questa sede sono stati esclusi, sono
i seguenti:
a. Cartella aperta per soggetti in appoggio: residenti in province diverse dal Trentino
per cui esiste un’autorizzazione all’appoggio dal Ser.T di provenienza, che mantiene la titolarità del programma terapeutico.
b. Cartella aperta per soggetti in carico temporaneo: residenti in province diverse dal
Trentino ma ivi domiciliati, con forti motivazioni alla permanenza (ad esempio, per ragioni
di lavoro), per cui esiste un’autorizzazione alla presa in carico da parte del Ser.T di provenienza per un periodo non superiore ai 3 mesi.
c. Cartella aperta ma paziente non in carico: comprende le situazioni di incertezza sia
relative al soggetto che chiede il trattamento, sia alla problematica espressa.
d. Cartella aperta per soggetti a rischio: situazioni in cui, sebbene non sia possibile fare
una diagnosi di dipendenza o di abuso secondo i criteri del DSM IV, sono evidenziabili dei
fattori di rischio di possibile evoluzione in tal senso.
e. Cartella aperta per segnalazione NOA: situazioni in cui vi è una segnalazione per
consumo o possesso di sostanze stupefacenti (art. 121, art. 75) senza che il soggetto della
segnalazione si presenti al Servizio o sia già noto.
I casi esclusi, transitati nel quadrimestre di riferimento, sono nel complesso 276.
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Oltre alla possibilità di procedere con una selezione guidata degli utenti
da coinvolgere nell’indagine, la cartella clinica informatizzata ha permesso
da un lato di verificare se il gruppo di soggetti che non ha partecipato
all’indagine presenti caratteristiche diverse rispetto al gruppo di soggetti
rispondenti, dall’altro di arricchire la base dati ottenuta con i questionari
somministrati e restituiti compilati con ulteriori informazioni sulle caratteristiche dei soggetti e sul loro percorso tossicomanico.
Da un punto di vista strettamente metodologico-statistico, rispetto al
primo punto è da rilevare come spesso si trascuri la verifica dei cosiddetti
errori di non-risposta nelle indagini sociali, sottovalutando il fatto che tale
aspetto può distorcere in modo irreversibile i risultati ottenuti. Le riflessioni
sociologiche sui concetti di rappresentatività campionaria e generalizzabilità dei risultati campionari alla popolazione di riferimento invitano, infatti, a
considerare non solo l’incidenza delle cosiddette cadute nelle rilevazioni
campionarie, ma anche e soprattutto ad indagare quale sia la fisionomia di
tali cadute, essendo elevata la probabilità che coloro che scelgono di partecipare ad un’indagine presentino caratteristiche sociali, demografiche, psicologiche diverse da coloro che rifiutano di partecipare, andando in tal modo ad influenzare in modo decisivo i risultati ottenuti: «se le caratteristiche
dei non-rispondenti rispetto all’oggetto dell’indagine fossero le stesse di
quelli che rispondono al questionario, il fenomeno sarebbe di importanza
trascurabile […] in generale la massa dei non-rispondenti si differenzierà
da quella dei rispondenti per abitudini di vita, situazione economica, livello
di istruzione, età, e per altri fattori consimili, ed è poco probabile che questo complesso di fattori non influisca anche sulla distribuzione del carattere
che si intende indagare» [Castellano e Herzel 1971: 302]13.
Queste osservazioni vengono di solito applicate ad indagini di tipo campionario, nelle quali la rappresentatività del campione e la contestuale generalizzabilità dei risultati sono strettamente interconnesse al principio della
selezione casuale delle unità da includere nel campione – e, dunque,
l’eventuale sostituzione di anche 1 sola unità modifica in modo sostanziale
ciò che il caso ha stabilito. Ma tale operazione di confronto si rende oltremodo necessaria nel caso in questione per la modalità di somministrazione
dei questionari utilizzata nell’indagine, ossia l’autocompilazione, che se da
un lato ha presentato il vantaggio di ridurre notevolmente i costi della rilevazione e limitare l’effetto Hawtorne14 e la desiderabilità sociale delle ri-
13
Per un approfondimento in questo senso si vedano Marradi [1989, 1997] e Pitrone
[1997], nei cui contribuiti viene riportata una vasta letteratura in merito.
14
L’effetto Hawtorne si verifica nelle indagini che prevedono un’interazione tra intervistato e intervistatore, per il quale la sola presenza di un soggetto che osserva può portare alla
distorsione (anche inconsapevole da parte degli oggetti studiati) delle risposte. Per un approfondimento metodologico si veda Corposanto [2004].
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sposte15, dall’altro pone la necessità di accertare in quale modo e fino a che
punto i risultati ottenuti da questo segmento di popolazione che ha partecipato all’indagine siano effettivamente estensibili all’intera popolazione degli utenti in carico presso il Ser.T.
Dunque, i soggetti in carico al Ser.T nel periodo marzo-giugno 2007 sono stati 678, e di questi 297 hanno partecipato all’indagine: da un punto di
vista strettamente numerico il gruppo di soggetti che ha partecipato
all’indagine è dunque sostanzioso, costituendo quasi la metà degli utenti in
carico (43,8%)16.
Le verifiche sulle differenze tra rispondenti e non rispondenti sono state
effettuate sia sulle principali variabili socio-demografiche, sia su alcune variabili relative al rapporto con il servizio e alla storia tossicomanica. Le variabili considerate sono le seguenti: sesso, età, cittadinanza, titolo di studio,
professione, condizione abitativa, stato civile, canale di invio e anni di contatto con il servizio, sostanze utilizzate (primaria e secondarie), loro modalità di assunzione ed età di primo contatto con la sostanza, tempo di latenza,
assunzione congiunta di alcolici. Tali verifiche hanno portato alla conclusione che i due gruppi di soggetti non differiscono in modo statisticamente
significativo in riferimento agli aspetti considerati. Le uniche differenze rilevanti che si sono riscontrate tra i due gruppi si riferiscono alla sede di
somministrazione del questionario (tab. 3), ma questo dato non rappresenta
tanto una caratteristica propria dei soggetti che può in qualche modo distorcere i risultati ottenuti, quanto un problema di ordine organizzativo nella
rilevazione. Nella sede di Trento, infatti, il carico di lavoro degli operatori è
stato tale da limitare la possibilità di proporre agli utenti la partecipazione
all’indagine, mentre nelle sedi di Rovereto e Riva del Garda questa situazione non si è verificata grazie al minor numero di utenti in carico.
15
Con il termine desiderabilità sociale si intende la tendenza degli intervistati a distorcere le risposte in modo che esse siano conformi a quanto stabilito dalle norme sociali, implicite o esplicite. È evidente quanto una tematica come il rapporto con le sostanze psicoattive si
presti ad effetti di questo tipo.
16
Corbetta [1999: 340-341] evidenzia che, in generale, nelle indagini sociali il tasso di
risposta può essere altamente condizionato dalle modalità di somministrazione dei questionari. Nonostante le poche informazioni disponibili, data la mancanza di resoconti dettagliati
nei rapporti di ricerca, il tasso di risposta può andare dal 50% all’80%: nelle indagine svolte
tramite l’autocompilazione spesso si scende al di sotto del 50%, come per le indagini IPSAD
sull’uso di sostanze nella popolazione generale nelle quali la partecipazione si attesta intorno
al 40%.
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Tab. 3 – Differenze tra i partecipanti all’indagine e i non-partecipanti secondo la sede del
Ser.T
Rispondente
Non rispondente
Trento
148 (34,9%)
276 (65,1%)
Rovereto
99 (73,9%)
35 (26,1%)
Riva del Garda
50 (41,7%)
70 (58,3%)
Totale
297 (43,8%)
381 (56,2%)
* χ2 significativo al livello 0,001
Totale
424 (100%)
134 (100%)
120 (100%)
678 (100%)
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Si può in conclusione affermare che, almeno con riferimento alle caratteristiche sociodemografiche e ad alcuni aspetti relativi al percorso terapeutico e all’esperienza tossicomanica per cui è stato possibile effettuare le opportune verifiche, i due gruppi di soggetti non presentano differenze tali da
mettere in dubbio la possibilità di generalizzare i risultati ottenuti alla popolazione di riferimento17.
Dal punto di vista della somministrazione dei questionari, al fine di alleggerire il carico di lavoro degli operatori, si è scelto di coinvolgere tutte
le figure professionali (medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali) nella
proposizione e spiegazione agli utenti dell’indagine, che ha puntato in par-
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Generalmente, come nota Marradi, il concetto di rappresentatività viene collegato rigidamente al concetto di casualità dell’estrazione, considerando la prima come conseguenza
diretta del procedimento probabilistico di costruzione del campione. Nel suo saggio intitolato Casuale e rappresentativo: ma cosa vuole dire?, pubblicato nel 1997, Marradi mostra
come nella realtà i due concetti di casualità e rappresentatività (con la conseguente generalizzabilità dei risultati) non siano necessariamente legati, e afferma che il grado di rappresentatività di un campione, non essendo definibile a priori ma essendo l’esito di un procedimento di selezione, dipende da un confronto di distribuzioni [campione/popolazione] «ed è
pertanto completamente indipendente da ogni informazione sulla procedura di estrazione.
Una data distribuzione potrà quindi esser giudicata rappresentativa (o meno) qualunque sia
la procedura con cui è stata ottenuta». La verifica, in questa sede, delle differenze tra le due
distribuzioni del gruppo dei rispondenti e del gruppo dei non rispondenti giustifica, nonostante l’assenza di una procedura di campionamento di tipo probabilistico, la possibilità di
generalizzare, con le dovute cautele, i risultati ottenuti nell’indagine in questione alla popolazione di riferimento. Le cautele sono ovviamente suggerite dalla constatazione che possono comunque esserci delle variabili non conosciute per le quali tali procedimento di verifica
non è stato possibile: ad esempio, è possibile che siano sfuggiti all’indagine gli utenti che
hanno un rapporto più conflittuale o ambivalente con il servizio. Riprendendo una distinzione introdotta da Ferber e Wales [1952] si può affermare che mentre esistono ragionevoli motivazioni che portano ad escludere il selection bias (ossia, l’autoselezione dei soggetti sulla
base di caratteristiche socio-demografiche precise), esiste sempre la possibilità di incorrere
nell’answer bias (l’errore non casuale dovuto alla diversità di opinioni) che rimane ignoto
(in quanto le opinioni sono proprio l’oggetto dell’indagine) e quindi empiricamente non verificabile.
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ticolar modo sulla chiarificazione delle finalità dello studio e delle modalità
di trattamento dei dati forniti.18
3.2 La somministrazione dei questionari presso le sedi territoriali del Servizio di Alcologia
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A differenza del Ser.T, il servizio di Alcologia non disponeva al momento della rilevazione di un sistema informativo dal quale ricavare informazioni circa le caratteristiche dell’utenza coinvolta nei programmi terapeutici19. È stato comunque possibile risalire al dato numerico sul totale
delle visite alcologiche e dei colloqui effettuati in ogni centro nel periodo di
rilevazione, dato che rende possibile la quantificazione delle cadute in ogni
distretto e, soprattutto, la verifica dell’esistenza di meccanismi di autoselezione dei soggetti a partire dal tipo di colloquio sostenuto (anche se tale verifica non viene connotata qualitativamente).
Il servizio di alcologia, infatti, svolge da un lato attività di individuazione e invio al trattamento delle persone e/o famiglie con problemi legati al
consumo di alcol attraverso i colloqui motivazionali, dall’altro fornisce
consulenze a soggetti a cui è stata ritirata la patente per guida in stato di ebbrezza, in accordo con quanto previsto dal protocollo d’intesa con la Commissione Provinciale Patenti. I due target di utenza presentano caratteristiche socio-demografiche e di rapporto con la sostanza sensibilmente diverse:
i soggetti segnalati dalla Commissione Patenti sono persone che non necessariamente presentano un uso problematico di alcol, e possono essere accostati per caratteristiche generali ai segnalati per uso e possesso di sostanze
stupefacenti al Commissariato del Governo; i soggetti che si presentano per
sostenere colloqui motivazionali, al contrario, hanno acquisito consapevolezza (direttamente o indirettamente tramite l’invito di familiari) della problematicità del proprio consumo di alcol.
18
L’operazione di collegamento tra cartella clinica dei soggetti rispondenti e questionario è stata esplicitata agli utenti in sede di proposizione dell’indagine ed è stata ulteriormente
descritta nel questionario. La tutela dell'anonimato è stata inoltre assicurata in ogni fase del
processo di rilevazione grazie alla presenza di 2 ricercatrici che svolgono presso il servizio
Ser.T attività di monitoraggio e gestione del sistema informativo e che sono state inserite
come componenti del gruppo di ricerca. La procedura seguita dalle ricercatrici ha previsto
dapprima la separazione del nome dei soggetti dai questionari compilati, poi il temporaneo
link tra nominativi e questionari in file protetti da password all'interno del sistema informatico aziendale e, infine, la cancellazione definitiva di qualsiasi dato identificativo dei soggetti coinvolti, una volta terminata l'operazione di reperimento di dati ulteriori, ritenuti necessari ai fini dell'indagine.
19
Si precisa che nel periodo in cui è stata effettuata la rilevazione era in atto la fase di
sperimentazione di tale sistema informativo, che però non essendo a regime non ha permesso l’estrazione di dati necessari per il confronto rispondenti/non rispondenti.
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Nella tab. 4 vengono riassunti i dati necessari a valutare se, e in che modo, il gruppo di soggetti che ha risposto può ricalcare o meno le caratteristiche della popolazione afferente al servizio nel periodo in questione.
Il primo dato importante da evidenziare è che sul totale dei 342 questionari restituiti, ben 274 (circa l’80%) sono costituiti da soggetti che si sono
presentati ai servizi per sostenere la visita alcologica per il ritiro della patente. Già questo dato preso singolarmente fa pensare ad un meccanismo
sistematico di autoselezione dei soggetti, in quanto i soggetti con reali problematiche connesse al consumo di alcol sono decisamente sottorappresentati rispetto ai segnalati per guida in stato di ebbrezza (10,6% dei
primi vs. 35,6% dei secondi), e questa situazione si è presentata in tutti i
comprensori del territorio (ad eccezione dei distretti di Fiemme e Fassa).
Tab. 4 – Differenze tra partecipanti e non-partecipanti all’indagine presso il Servizio di Alcologia
Questionari somministrati
% intervistati
Tot.
Visite
Patenti
Colloqui
8
63,2
58,3
100,0
39
41,7
55,6
25,6
46
51
41,2
60,9
23,5
46
36
24,4
37,0
8,3
269
149
120
21,2
29,5
10,8
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166
76
90
20,5
43,4
1,1
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Colloqui
35
8
68
60
35
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45
40
28
12
97
20
17
3
57
44
13
34
33
84
69
15
484
276
208
17,4
25,0
7,2
29
23
6
162
72
90
17,9
31,9
6,7
342
274
68
1412
770
642
24,2
35,6
10,6
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TOTALE
Tot.
Visite
Patenti
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Fiemme e
Fassa
Alto Garda
e Ledro
Valle di
Non
Giudicarie
e Rendena
Vallagarina
Alta Valsugana
Trento e
Valle Laghi
Bassa Valsugana e
Primiero
Tot.
Soggetti visti nel periodo
Visite
Colloqui
patenti
pe
Distretto
In questo caso, dunque, anche se manca la possibilità di verifica empirica, è altamente probabile che ci siano differenze di rilievo tra rispondenti e
non rispondenti, e questo viene sia dall’esperienza pluriennale degli operatori del servizio, sia da un prima lettura delle caratteristiche sociodemografiche che presentano i soggetti che hanno partecipato all’indagine. I soggetti che afferiscono al servizio per problematiche alcol-correlate e che ivi sostengono colloqui motivazionali sono generalmente più anziani rispetto ai
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segnalati, presentano un livello di istruzione inferiore, uno status socioeconomico più basso, e tra di essi vi è una componente maggiore di donne.
La letteratura sociologica segnala come soggetti con caratteristiche di questo tipo tendano a non partecipare alle interviste perché temono di non essere competenti [Converse 1976], perchè percepiscono l’intervista come una
prova a cui non si sentono preparati [Brehm 1993] o perché pensano di non
avere opinioni sugli argomenti; a questo si aggiunge, nell’indagine in questione, il fatto che molte domande indagano argomenti particolarmente sensibili, riferiti al rapporto personale con le sostanze.
Un’altra considerazione che emerge dalla tabella riguarda la diseguale
distribuzione territoriale tra rispondenti e non rispondenti, che suggerisce la
possibilità che oltre a fattori di autoselezione dei soggetti, siano entrati in
gioco nella raccolta dei questionari anche fattori organizzativi. Infatti, si
può rilevare come al crescere della numerosità delle persone accolte dai diversi centri, decresca anche la percentuale di coloro che effettivamente partecipano all’indagine: l’esiguità numerica del personale impiegato nei servizi, accanto alla mancanza di tempi di attesa tra un colloquio e l’altro, ha
sicuramente influito sulla possibilità di proposizione e spiegazione
dell’indagine. Inoltre, il questionario veniva proposto dagli operatori al
termine dell’incontro con gli utenti; questo particolare può aver inciso nel
demotivare gli utenti a partecipare all’indagine, soprattutto per gli utenti
che afferivano al servizio per il colloquio motivazionale, la cui durata è
tendenzialmente più lunga20.
Queste considerazioni sono sufficienti a mettere in discussione la possibilità di generalizzare i risultati alla totalità di soggetti che afferiscono al
servizio per problematiche connesse al consumo di alcol e a trattare i risultati ottenuti con le dovute cautele, ferma restando la loro significatività –
anche se non statistica, in senso stretto.
4. Alcune annotazioni sull’elaborazione dei dati
Le ultime osservazioni che si propongono si riferiscono alla costruzione
di alcuni indici statistici, utilizzati per completare l’analisi delle risposte al
questionario. La costruzione degli indici ha avuto l’obiettivo di riassumere
in un’unica misura sintetica i concetti più complessi, pluridimensionali, difficilmente esprimibili con una sola domanda, arricchendo cosi la comprensione delle tendenze manifestate dai diversi gruppi di intervistati.
20
Si è visto come proprio la proposizione del questionario prima della conduzione del
colloquio sia stata un punto di forza nella rilevazione condotta presso il Commissariato del
Governo; una procedura di questo tipo avrebbe senz’altro favorito una partecipazione maggiore all’indagine dei soggetti fermati per guida in stato di ebbrezza, che per caratteristiche
si avvicinano al ritratto dei segnalati per uso e possesso di sostanze stupefacenti.
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4.1 Lo status socio-culturale della famiglia di origine
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Per tutti i target di utenza coinvolti, nel questionario si è ritenuto importante richiedere agli intervistati quali fossero i titoli di studio dei genitori e
le loro professioni al momento dell’intervista. L’obiettivo principale di tali
domande era quello di pervenire ad una misura sintetica di status socioculturale familiare, per verificare le eventuali associazioni o influenze sulle
diverse vision della tossicodipendenza.
L’indice di status socio-culturale familiare è una misura sintetica che
tiene conto congiuntamente del livello di istruzione dei genitori degli intervistati e della loro posizione lavorativa. La costruzione dell’indice prende
come riferimento esplicito gli studi sulla mobilità di Cobalti e Schizzerotto21, volti a ricostruire il cambiamento sociale a partire dalla posizione sociale e dall’istruzione dei genitori, e si articola in tre fasi:
a) costruzione di una misura di status socio-economico familiare sulla base
delle occupazioni svolte dai genitori;
b) costruzione di una misura di status culturale familiare sulla base
dell’informazione relativa ai titoli di studio dei genitori;
c) loro sintesi in un indice tipologico di status socio-culturale familiare.
Per una descrizione approfondita di questi indici si rimanda agli appositi
riferimenti [Corposanto Molteni 2006: 266-271; Bertolazzi Molteni 2006:
311-314] poiché, come si è avuto modo di evidenziare precedentemente, la
costruzione di un indice di status socio-culturale e il suo impiego come variabile sintetica nelle riflessioni avanzate si sono rese prive di significato a
causa delle diffuse inesattezze nella compilazione delle domande originarie,
in particolare quelle riferite alle professioni.
4.2 Le proposte di contrasto al fenomeno: l’orientamento repressivo, preventivo e permissivo
Il questionario ha previsto una batteria di domande con la quale si sondava
il grado di accordo degli intervistati circa le azioni più efficaci per il contrasto del fenomeno droga e tossicodipendenza. La batteria di domande è stata
strutturata in modo da prevedere tre orientamenti:
1. il primo comprende una serie di affermazioni che rimandano
all’importanza della prevenzione e dell’informazione sui rischi connessi
all’uso di sostanze: è responsabilità della scuola e/o della famiglia educare
i giovani sulle droghe; se le informazioni sui rischi collegati al consumo di
21
A tal fine si vedano: Cobalti [1981]; Cobalti e Schizzerotto [1994]; Cobalti [1995];
Cobalti e Ballarino [2003].
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droghe fossero più diffuse, ci sarebbero meno problemi di abuso; chi abusa
di sostanze ha alle spalle problemi familiari;
2. la seconda comprende una serie di affermazioni che denotano un
orientamento repressivo e proibizionista: il modo migliore per affrontare il
problema delle droghe illegali è agire sullo spaccio limitando l’offerta; c’è
bisogno di una legge più severa per controllare il consumo di sostanze illegali; tutte le sostanze, legali e illegali, sono dannose, perciò occorre proibirne l’uso;
3. la terza delinea una posizione permissiva centrata sull’autodeterminazione del soggetto e sulla libertà di scelta personale: se le persone
assumono droghe è affare loro; solo le sostanze illegali costituiscono un
problema; la maggior parte dei consumatori di droghe è in grado di autolimitare il proprio consumo; ognuno dovrebbe essere lasciato libero di assumere sostanze, purché non crei problemi agli altri.
Per ognuna di queste dimensioni, si è costruito un indice sintetico di tipo
additivo, ottenuto sommando i punteggi ricavati su ogni domanda compresa
in ognuna delle tre dimensioni; i range teorici degli indici sono dunque 012, per l’orientamento repressivo e preventivo, e 0-16 per l’orientamento
permissivo. I punteggi di ogni indice sono stati successivamente riaggregati
in 3 categorie (“scarso”, “medio” e “alto”) tenendo conto dell’eguale ripartizione dei valori della distribuzione teorica.
L’ultima operazione effettuata è stata la costruzione di un ulteriore indice sintetico che si è limitato a considerare le risposte fornite dagli intervistati a queste ultime due polarità, repressivismo vs. permissivismo. L’indice
è stato costruito sottraendo ai punteggi ottenuti dai soggetti sull’indice di
permissivismo, i punteggi ottenuti sull’indice di repressivismo; questi indici sono stati preventivamente standardizzati per evitare che la presenza di
un diverso numero di domande nei due gruppi spostasse i risultati lungo il
polo permissivista. L’indice ottenuto è stato poi ricodificato in tre categorie: i risultati positivi hanno definito i permissivi, i risultati negativi hanno
definito i repressivi, i risultati intermedi hanno definito gli incerti.
4.3 L’esposizione alle conseguenze del consumo di sostanze
L’indice di esposizione al rischio riassume in un’unica misura il numero
delle conseguenze negative sperimentate dagli intervistati in seguito al consumo di sostanze. L’indice è di tipo additivo, conta cioè il numero di risposte positive (qualche volta, spesso, sempre) date ai 7 item di questa batteria
di domande, escludendo il coinvolgimento in trattamenti correlati al consumo di sostanze e i due item riferiti agli stati psicologici derivanti
dall’abuso di sostanze (essere in grado di smettere quando si vuole e sentirsi in colpa per aver assunto sostanze): avere disturbi fisici a causa
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
dell’assunzione di diverse sostanze assieme, essere in grado di smettere di
assumere sostanze quando lo si desidera, avere problemi con il partner o
con i propri familiari, avere problemi sul lavoro, essere coinvolto/a in una
rissa, essere coinvolto/a in un incidente in auto, avere problemi legali, avere la necessità di ricorrere ad un medico/ di ricoverarsi all’ospedale. Il
range teorico dell’indice, dunque, varia da 0 (nessuna conseguenza negativa) a 8 (tutte le esperienze negative indicate).
4.4 La condivisione degli obiettivi terapeutici
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
L’indice di “aspettativa” riassume l’orientamento prevalente degli intervistati circa la condivisione degli obiettivi dei piani terapeutici. La sua costruzione ha seguito due passaggi fondamentali.
Innanzitutto, sono stati costruiti due indici additivi separati, uno per
l’orientamento alla riduzione del danno (nel quale i programmi terapeutici
si pongono l’obiettivo minimo di migliorare le condizioni generali di vita,
in assenza di presupposti che possono far pensare ad un superamento volontario della tossicodipendenza), l’altro per l’orientamento al superamento
volontario della condizione di tossicodipendenza (documentato
dall’astensione dall’uso di sostanze e da un processo di ristrutturazione della personalità).
L’orientamento alla riduzione del danno è definito dai seguenti item: riduzione di altri problemi sociali o legali; raggiungimento del migliore benessere possibile anche senza la completa astinenza; riduzione del pericolo
di overdose o di altri rischi sanitari correlati all’uso di sostanze; riduzione
della sofferenza fisica. L’orientamento al superamento volontario della tossicodipendenza è definito dalla condivisione dei seguenti obiettivi: astensione dall’uso della sostanza per la quale si è richiesto il trattamento; riduzione/risoluzione dei problemi che hanno causato la dipendenza; guarigione dalla tossicodipendenza.
In seguito, i punteggi di questi due indici – standardizzati per evitare
una sovra-rappresentazione di casi nell’orientamento alla riduzione del
danno per effetto della maggiore numerosità degli item coinvolti in questo
gruppo di domande – sono stati combinati nell’indice di aspettativa, sottraendo ai punteggi dell’orientamento al superamento volontario della tossicodipendenza i punteggi dell’orientamento alla guarigione: dunque, i risultati positivi mostrano una prevalenza dell’orientamento alla guarigione, i
risultati negativi una prevalenza dell’orientamento alla riduzione del danno
e i valori prossimi allo zero hanno definito il tipo incerto.
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
4.5 Il benessere conseguito con il trattamento
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
Anche la costruzione dell’indice di benessere generale conseguito con il
trattamento è stata effettuata in due step successivi.
La batteria di domande presentata agli intervistati proponeva diversi
ambiti di vita su cui essi erano chiamati a dare una valutazione di miglioramento o peggioramento in seguito al contatto con il servizio, idealmente
raggruppabili in tre categorie: benessere relazionale, psicologico e materiale. Per ognuna di queste categorie si è costruito un indice sintetico: l’indice
di benessere relazionale riassume le risposte fornite dagli intervistati in merito ai cambiamenti nelle relazioni familiari, amicali e coniugali; l’indice di
benessere psicologico misura il cambiamento nello stato dei soggetti dal
punto di vista del benessere psicologico, dell’autostima e della fiducia nel
futuro; l’indice di benessere materiale fornisce una misura dei riflessi materiali del programma terapeutico seguito dal punto di vista della condizione
economica, della salute, del lavoro o dello studio, e della qualità della vita
in generale. I tre indici sono di tipo additivo, sono ottenuti cioè attraverso la
somma dei punteggi indicati da ogni soggetto per ogni gruppo di domande:
alle risposte indicanti il miglioramento dell’aspetto indicato è stato attribuito il valore +1, il peggioramento è stato graduato con il valore -1 e il valore
0 è stato attribuito agli aspetti rimasti immutati. Gli indici sono poi stati
standardizzati in modo da assumere lo stesso campo di variazione e, quindi,
poter essere confrontati tra loro.
Le modalità di costruzione dell’indice di benessere complessivo sono
analoghe a quelle utilizzate per i tre indici dimensionali, considerando però
congiuntamente tutti gli item compresi nella batteria di domande relativa al
cambiamento nei diversi aspetti della vita in seguito al ricorso ai servizi.
4.6 La valutazione della qualità dei servizi
Come anticipato nel capitolo relativo all’utenza Ser.T, agli intervistati è
stato chiesto di esprimere dei giudizi circa la qualità dei servizi offerti. Le
diverse affermazioni presentate si strutturano secondo quattro dimensioni in
cui è possibile scomporre il concetto di qualità dei servizi: organizzativa,
ambientale, professionale, relazionale.
1. qualità organizzativa: riguarda la facilità di contatto con gli operatori,
l’adeguatezza del tempo a disposizione per parlare dei propri problemi,
l’adeguatezza del numero di visite e colloqui proposto dagli operatori e la
soddisfazione circa gli orari di apertura, le informazioni in bacheca, il rispetto della riservatezza e i tempi di attesa;
2. la qualità ambientale: si riferisce alla soddisfazione dell’utenza rispetto ai parcheggi, agli spazi per l’attesa, ai locali, alla pulizia dei servizi igie236
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
nici, e alla valutazione della garanzia dell’anonimato favorita dalla posizione del servizio;
3. la qualità professionale, costituita dai giudizi sulle competenze professionali degli operatori e sulla capacità di intervenire nella risoluzione del
problema, ha compreso la valutazione dell’adeguatezza delle terapie rispetto all’abuso di sostanze, della personalizzazione degli interventi secondo le
caratteristiche degli utenti e del grado di informazione rispetto alle decisioni sui trattamenti;
4. la qualità relazionale ha compreso il giudizio degli utenti
sull’adeguatezza dell’accoglienza, sulla possibilità di risoluzione dei problemi di dipendenza da sostanze grazie al servizio e grazie agli operatori,
sulla sensazione di essere seguito nei momenti di difficoltà e di essere
compreso dagli operatori, sulla fiducia riposta in essi, e sulla congruità
dell’aiuto ricevuto.
A partire da questa suddivisione analitica, l’analisi dei dati ha previsto
inizialmente il calcolo dei valori di sintesi per ogni singola domanda e per
ogni area di soddisfazione, al fine di valutare gli aspetti ritenuti più problematici dai soggetti e pervenire ad indici generali di performance. Tali indici
sono di tipo additivo e riguardano ognuna delle quattro aree di riferimento;
anche in questo caso si è seguita una procedura di standardizzazione in modo da far assumere agli indici lo stesso campo di variazione (0-1) e da permettere un confronto trasversale.
Infine, si è costruito un indice sintetico in grado di riassumere tutte le informazioni ricavate da questa sezione del questionario e valutare la soddisfazione complessiva degli utenti. L’indice di soddisfazione complessiva è
un indice additivo ottenuto sommando i punteggi attribuiti dai soggetti alle
22 domande presentate; anche in questo caso, l’indice è stato standardizzato
in modo tale da avere un campo di variazione compreso tra 0 e 1.
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pe
ru
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
-
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
Appendice documentaria.
I questionari con le percentuali di frequenza
di Lorella Molteni
L’ordine di presentazione dei questionari con le frequenze percentuali è
il seguente:
ns
io
ne
1. I soggetti con problemi legati all’uso di sostanze psicoattive in cura
presso il Ser.T;
iv
o
re
ce
2. I soggetti con problemi legati all’uso di sostanze psicoattive degenti
presso le comunità terapeutiche convenzionate con l’Azienda Sanitaria;
zo
es
cl
us
3. I soggetti segnalati al Commissariato del Governo per possesso e consumo di sostanze stupefacenti;
pe
ru
til
iz
4. I soggetti con problemi alcolcorrelati e i segnalati per guida in stato di
ebbrezza in trattamento presso il Servizio di Alcologia;
5. Gli operatori del Ser.T e delle Comunità terapeutiche.
Le percentuali esposte nelle tabelle si ritengono calcolate sul totale dei
casi validi, dunque escludendo le mancate risposte; queste ultime vengono
indicate sotto le tabelle stesse, laddove presenti.
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
1. I soggetti con problemi legati all’uso di sostanze psicoattive in cura
presso il Ser.T1
1. Secondo Lei, le seguenti sostanze sono droghe?
Eroina
Nicotina
Caffeina
Cocaina
Amfetamine
Hashish/marijuana
Alcol
Ecstasy
Lsd
Si
No
Non so
99,7
76,8
39,4
97,3
92,5
79,1
83,8
93,9
93,6
16,2
41,4
2,0
2,4
13,8
10,5
3,0
3,0
0,3
7,0
19,2
0,7
5,1
7,1
5,7
3,1
3,4
Dati mancanti: rispettivamente 0, 0, 11, 6, 8, 11, 10, 5, 5
1
ce
ns
io
16,6
13,9
12,0
7,2
0,4
12,0
4,8
8,4
2,8
5,0
1,9
5,2
1,7
1,7
0,8
5,6
re
o
iv
us
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
Per la ricerca di emozioni
Per la curiosità
Per gli effetti attesi della sostanza
Per problemi familiari
Per problemi sul lavoro o a scuola
Per solitudine
Per la pressione esercitata dal gruppo di amici
Per divertimento
Per problemi sociali o economici
Per la mancanza di forza di volontà
Perché così fanno tutti
Per socializzare
Per cultura e/o tradizione familiare
Per abitudine
Perchè si è sempre fatto
Per la compagnia
ne
2. A suo avviso, quali sono le ragioni principali per cui le persone sperimentano le droghe?
Scelga le 3 ragioni che più si avvicinano alla sua opinione.
I soggetti che hanno partecipato all’indagine sono, nel complesso, 297.
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
3. Secondo lei, quali sono le conseguenze derivanti dal consumo delle seguenti sostanze?
a. È dannosa per la salute
per nulla
poco
abbastanza
molto
Eroina
1,4
1,4
10,0
38,4
moltissimo
48,8
Nicotina
Caffeina
Cocaina
Amfetamine
Hashish/marijuana
Alcol
Ecstasy
LSD
0,4
8,2
1,0
0,4
16,4
1,1
1,4
1,7
10,6
55,5
0,7
0,7
35,5
4,9
2,1
2,8
32,7
29,9
9,8
17,3
32,7
12,6
9,4
8,0
41,2
3,9
30,7
32,0
7,0
35,4
28,9
23,2
15,1
2,5
57,8
49,6
8,4
46,0
58,2
64,3
Dati mancanti: rispettivamente 6, 13, 16, 10, 13, 10, 12, 10, 11
b. Determina dipendenza
poco
abbastanza
molto
moltissimo
0,3
0,3
6,9
41,7
3,5
16,7
34,1
5,2
13,6
19,2
2,7
22,1
29,0
14,3
25,7
29,7
19,8
25,4
24,9
19,8
40,1
12,7
31,0
27,2
10,3
35,1
28,7
20,3
76,9
30,9
4,6
51,2
28,6
7,6
38,2
27,3
26,3
io
ns
ce
re
o
us
cl
es
1,8
18,3
1,7
5,0
9,3
iv
12,0
ne
per nulla
zo
Eroina
Nicotina
Caffeina
Cocaina
Amfetamine
Hashish/marijuana
Alcol
Ecstasy
LSD
ru
til
iz
Dati mancanti: rispettivamente 2, 8, 14, 10, 21, 7, 9, 18, 16
pe
c. Causa problemi nella vita delle persone (in famiglia, sul lavoro, legali, …)
Eroina
Nicotina
Caffeina
Cocaina
Amfetamine
Hashish/marijuana
Alcol
Ecstasy
LSD
per nulla
poco
abbastanza
molto
moltissimo
0,6
37,7
65,4
1,1
2,9
16,2
4,6
5,0
6,0
1,4
38,0
25,0
3,9
11,1
39,6
3,2
7,5
8,1
10,6
14,8
4,8
10,0
17,8
24,5
17,6
16,0
14,1
24,6
5,3
1,1
31,6
28,9
8,3
29,9
29,5
27,6
62,8
4,2
3,7
53,4
39,3
11,4
44,7
42,0
44,2
Dati mancanti: rispettivamente 4, 13, 25, 16, 17, 7, 13, 16, 14
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
4. Potrebbe esprimere il suo grado di accordo rispetto alle seguenti affermazioni?
È responsabilità della scuola e/o della
famiglia educare i giovani sulle droghe
2,0
6,1
nè d'accordo nè
contrario
12,4
Il modo migliore per affrontare il problema delle droghe illegali è agire sullo
spaccio limitando l'offerta
Se le persone assumono droghe è affar
loro
25,6
23,2
22,2
17,2
11,8
29,3
18,9
27,6
10,1
14,1
C'è bisogno di una legge più severa per
controllare il consumo di sostanze illegali
Solo le sostanze illegali costituiscono
un problema
44,1
20,5
17,8
11,2
6,4
58,6
16,2
12,1
6,4
6,7
La maggior parte dei consumatori di
droghe è in grado di auto-limitare il
proprio consumo
Se le informazioni sui rischi collegati al
consumo di droghe fossero più diffuse,
ci sarebbero meno problemi di abuso
Tutte le sostanze, legali e illegali, sono
dannose, perciò occorre proibirne l'uso
48,8
32,7
12,5
4,7
1,3
16,5
27,9
18,9
22,6
14,1
43,4
23,6
13,8
9,8
9,4
Ognuno dovrebbe essere lasciato libero
di assumere sostanze, purché non crei
problemi agli altri
Chi abusa di sostanze ha alle spalle
problemi familiari
23,9
18,2
23,6
14,1
20,2
21,2
26,6
20,9
9,4
molto
d'accordo
del tutto
d'accordo
41,8
37,7
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
per niente
poco
d'accordo d'accordo
ru
til
iz
zo
21,9
pe
5. Si è mai trovato/a in una delle seguenti situazioni in seguito all’abuso di sostanze stupefacenti?
mai
Avere disturbi fisici a causa dell’assunzione di diverse sostanze assieme
22,3
qualche
volta
57,9
spesso
sempre
16,4
3,4
Essere in grado di smettere di assumere sostanze quando lo
si desidera
34,9
48,8
14,2
2,1
Sentirsi in colpa per aver assunto sostanze
Avere problemi con il partner o con i propri familiari
Avere problemi sul lavoro
Essere coinvolto/a in una rissa
Essere coinvolto/a in un incidente in auto
Avere problemi legali
Avere la necessità di ricorrere ad un medico/ di ricoverarsi
all’ospedale
18,6
6,6
29,2
58,8
62,5
25,6
39,4
28,9
26,4
39,9
33,6
32,3
47,4
49,1
38,8
46,9
24,0
6,9
5,2
21,8
8,4
13,7
20,1
6,9
0,7
5,2
3,1
242
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
dom. 5: prosegue
mai
qualche
volta
spesso
sempre
-
56,9
28,6
14,5
Essere coinvolto/a in un programma di trattamento specifico correlato all’abuso di droghe
Dati mancanti: rispettivamente 5, 8, 6, 11, 11, 6, 9, 12, 10, 7
spesso
a volte
2,1
7,3
37,3
raramente
32,8
mai
Un desiderio irrefrenabile (al di
sopra della volontà) di assumere
le sostanze
Una compromissione dei rapporti
familiari
Un elevato grado di sofferenza
psicologica
9,7
13,1
25,5
29,3
14,8
7,6
3,5
9,6
28,4
38,4
11,4
8,7
9,0
15,3
26,8
31,6
9,7
7,6
Un degrado sociale
Una difficoltà di mantenere gli
impegni lavorativi/scolastici
Un disturbo della personalità
Un trauma psicologico nella storia personale
Una crisi importante nella relazione genitoriale, separazioni e/o
divorzi
Un reato correlato e/o atti di devianza nella storia personale
4,1
3,1
8,6
9,0
26,1
19,3
39,9
28,4
11,0
27,7
10,3
12,5
3,2
4,2
8,0
8,1
18,4
24,6
36,8
36,3
20,3
16,2
13,3
10,6
3,1
5,6
20,2
43,9
18,8
8,4
4,6
14,8
40,8
22,2
15,1
15,3
zo
es
cl
iv
o
re
ce
ns
io
sempre
ne
Un disturbo psichiatrico
quasi
sempre
5,2
us
6. Secondo Lei, la tossicodipendenza è associata a:
pe
ru
til
iz
2,5
Dati mancanti: rispettivamente 10, 7, 8, 9, 6, 8, 11, 13, 10, 13
7. Indichi i soggetti attualmente coinvolti nel Suo programma terapeutico:
Ser.T
Comunità Terapeutica
Altre strutture del Privato Sociale
Servizio Alcologia
Club Alcolisti in trattamento/Alcolisti Anonimi
Servizio Sociale del Comune
Altro (specificare:____ )
Si
No
100
6,7
3,0
3,4
2,0
7,1
93,3
97,0
96,6
98,0
92,9
243
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
8. Quanto condivide la possibilità di raggiungere i seguenti obiettivi con i progetti terapeutici erogati dal/dai Servizio/i da cui è attualmente seguito?
Del tutto
Molto
Astensione dall’uso della sostanza per la
quale si è richiesto il trattamento (astinenza)
46,3
20,3
Abbastanza
25,3
5,3
Per
niente
2,8
Riduzione della sofferenza fisica
Riduzione / risoluzione dei problemi che
hanno causato la dipendenza
Il raggiungimento del migliore benessere
possibile anche senza la completa astinenza
29,7
19,6
41,4
30,2
22,1
31,3
4,7
14,2
2,1
4,7
23,0
28,4
25,2
13,5
9,9
Riduzione del pericolo di overdose o di altri
rischi sanitari correlati all’uso di sostanze
30,7
26,4
20,4
11,4
11,1
Guarigione dalla tossicodipendenza (uscita
dal tunnel)
40,2
21,7
22,0
11,6
4,5
Riduzione di altri problemi sociali (es. perdita del posto di lavoro) legali (arresto)
27,0
28,4
23,0
13,8
7,8
Poco
io
ne
Dati mancanti: rispettivamente 16, 17, 22, 15, 17, 11, 15
es
cl
69,8
43,5
51,8
61,1
57,3
62,4
64,0
54,1
67,2
55,9
È rimasto
uguale
27,8
zo
til
iz
ru
pe
Le relazioni familiari
Le relazioni con gli amici
Il rapporto con il /la partner
L’autostima
La condizione economica
La salute
Il benessere psicologico
La fiducia nel futuro
La qualità della vita
Il lavoro/lo studio
us
iv
o
È migliorato
re
ce
ns
9. Come ritiene siano cambiati i seguenti aspetti della sua vita da quando sta seguendo il
trattamento?
46,0
40,2
31,6
35,3
31,0
28,7
35,9
25,8
37,5
È peggiorato
2,4
10,5
8,0
7,3
7,4
6,6
7,3
10,0
7,0
6,6
Dati mancanti: rispettivamente 9, 10, 33, 9, 11, 10, 8, 7, 10, 9
244
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
10. Rispetto alla sua esperienza presso il Ser.T e al programma di trattamento che sta ricevendo, potrebbe esprimere il suo grado di accordo rispetto alle seguenti affermazioni?
Poco
d’accordo
Né
d’accordo
né in disac.
Molto
d’accordo
Del tutto
d’accordo
Gli operatori sono in grado di
capire il tipo di aiuto di cui ho
bisogno
3,1
9,8
23,4
46,2
17,5
Sono ben informato/a sulle decisioni prese rispetto al mio trattamento
Nei momenti di difficoltà mi
sento seguito dagli operatori
Gli operatori sono facilmente
contattabili
1,1
8,8
14,0
46,3
29,8
2,1
11,8
18,2
45,5
22,4
3,1
9,4
14,3
44,3
28,9
Il numero di colloqui o visite che
mi propongono gli operatori mi
sembra adeguato
Non ho ricevuto l’aiuto che speravo
1,4
5,9
10,8
47,6
34,3
51,2
23,3
12,9
7,7
4,9
45,5
23,4
17,8
8,7
4,6
5,6
11,1
22,6
39,2
21,5
4,9
12,0
47,2
35,2
2,8
7,7
18,1
43,2
28,2
1, 8
6,4
14,1
46,6
31,1
1,8
5,6
12,5
50,5
29,6
7,5
8,8
19,1
33,2
31,4
4,9
5,8
12,2
44,1
33,0
io
ns
ce
re
o
iv
us
cl
til
iz
zo
es
0,7
pe
ru
Non ho avuto abbastanza tempo
per parlare a fondo dei miei problemi
I problemi di dipendenza da sostanze possono essere risolti
grazie al Ser.T.
Ho fiducia negli operatori che
mi seguono
Credo che gli operatori possano
davvero aiutarmi rispetto al problema di uso di sostanze
Le terapie ricevute sono adeguate rispetto al problema dell’uso
di sostanze
ne
Per niente
d’accordo
Il Ser.T. è attento alle caratteristiche degli utenti nel proporre il
percorso terapeutico
L’attuale posizione del Ser.T.
favorisce l’anonimato degli utenti
L’accoglienza ricevuta la prima
volta che mi sono rivolto/a al
servizio è stata adeguata
Dati mancanti: rispettivamente 11, 12, 11, 10, 11, 10, 11, 9, 13, 10, 14, 10, 14, 9
245
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
11. Esprima il suo livello di soddisfazione rispetto alle strutture e ai servizi del Ser.T:
Molto
insoddisf.
Insoddisf.
Né soddisf. né
insodd.
Soddisfatto
Molto
soddisf.
I parcheggi
27,7
18,9
32,0
18,5
2,9
Gli orari di apertura
Gli spazi per l’attesa
Le informazioni che si trovano nella
bacheca o nei poster
8,4
3,5
5,1
14,4
9,5
8,7
16,1
18,0
36,5
51,6
58,8
39,6
9,5
10,2
10,1
I locali (uffici, corridoi, infermeria)
Rispetto della riservatezza
Pulizia dei servizi igienici
I tempi di attesa fra la prenotazione e
la prestazione (colloquio, visita)
1,0
4,8
2,5
2,4
3,1
7,3
2,8
4,1
15,0
17,0
14,3
16,5
65,9
48,4
53,5
52,9
15,0
22,5
26,9
24,1
Dati mancanti: rispettivamente 22, 12, 13, 9, 10, 8, 11, 6
12. Fra le attività elencate e svolte presso il Ser.T, quali la soddisfano e quali andrebbero
migliorate a suo avviso?
ne
io
ce
77,2
29,1
63,4
52,3
re
82,8
Assistenza infermieristica
Psicoterapia con i familiari
Sostegno psicologico
Sostegno sociale
Altre prestazioni di area sociale (spec)
Non so, non ho mai
ricevuto questa
prestazione
10,0
7,2
9,5
13,5
16,9
16,4
13,3
57,4
19,7
31,3
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
Assistenza medica
Non sono soddisfatto, andrebbe
migliorato
ns
Sono soddisfatto/a
della prestazione
ricevuta
pe
ru
Dati mancanti: rispettivamente 7, 12, 32, 13, 16
13. Ha mai avuto esperienze di Comunità Terapeutica?
Si → (passare alla dom. successiva)
54,5
No → (passare alla dom. 17)
45,5
14. Esprima il suo grado di accordo rispetto alle seguenti affermazioni riferite all’ultima esperienza di comunità
Per niente
d’accordo
Poco
d’accordo
Né
d’accordo
né disacc.
Molto
d’accordo
Del tutto
d’accordo
Gli operatori sono in grado di capire il tipo di aiuto di cui ho bisogno
13,8
24,1
31,0
24,1
7,0
Sono ben informato/a sulle decisioni prese rispetto al mio trattamento
Nei momenti di difficoltà mi sento
seguito dagli operatori
13,5
22,4
21,8
32,7
9,6
9,6
23,1
26,3
29,5
11,5
246
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
dom. 14 prosegue
Poco
d’accordo
Né
d’accordo
né disac.
Molto
d’accordo
Del tutto
d’accordo
Gli operatori sono facilmente contattabili
7,7
14,2
30,3
36,8
11,0
Il numero di colloqui o visite che mi
propongono gli operatori mi sembra
adeguato
Non ho ricevuto l’aiuto che speravo
Non ho avuto abbastanza tempo per
parlare a fondo dei miei problemi
7,7
21,2
35,2
27,6
8,3
23,2
20,6
17,4
20,6
30,3
34,3
16,8
14,8
12,3
9,7
I problemi di dipendenza da sostanze
possono essere risolti grazie alla Comunità terapeutica
Ho fiducia negli operatori che mi seguono
14,7
17,3
30,8
23,7
13,5
9,7
15,5
31,6
29,7
13,5
Credo che gli operatori possano davvero aiutarmi rispetto al problema di
uso di sostanze
Le terapie ricevute sono adeguate rispetto al problema dell’uso di sostanze
9,6
19,2
27,6
30,1
13,5
10,9
15,4
33,3
25,0
15,4
14,0
14,6
28,7
28,7
14,0
14,9
36,4
29,2
11,7
15,4
24,4
31,3
13,5
io
ns
ce
re
o
iv
zo
es
cl
us
7,8
15,4
pe
ru
til
iz
La comunità terapeutica è attenta alle
caratteristiche degli utenti nel proporre il percorso terapeutico
L’attuale posizione della comunità
terapeutica favorisce l’anonimato degli utenti
L’accoglienza ricevuta la prima volta
che mi sono rivolto/a alla Comunità
terapeutica è stata adeguata
ne
Per niente
d’accordo
Non tenuti a rispondere: 135. Dati mancanti: rispettivamente 4, 6, 6, 7, 6, 7, 7, 6, 7, 6, 6, 5, 8, 6
15. Esprima il livello di soddisfazione rispetto alla struttura e ai servizi che le sono stati erogati presso la Comunità:
Locali del personale
Confort della camera
Condizioni igieniche della propria camera
Pulizia dei servizi igienici
Disponibilità di spazi comuni
Qualità del cibo
Orario della sveglia mattutina
Molto
soddisfatto
Soddisfatto
Né soddisfatto né
insodd.
Insoddisf
Molto
insoddisf.
20,9
15,1
19,8
44,7
50,3
57,2
24,3
20,9
16,4
8,1
7,8
2,7
2,0
5,9
3,9
19,1
15,2
20,7
8,7
54,4
41,5
47,3
49,3
18,6
28,9
26,0
24,7
5,3
10,5
2,7
13,3
2,6
3,9
3,3
4,0
247
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
dom. 15: prosegue
Molto
soddisfatto
Soddisfatto
Né soddisfatto né
insodd..
Orari della distribuzione dei pasti
13,5
60,2
20,9
2,0
3,4
Orari per le visite dei famigliari
Organizzazione degli orari per le
uscite
10,7
8,7
34,2
30,0
30,2
31,3
14,8
14,7
10,1
15,3
Rispetto della riservatezza
12,0
37,2
27,4
11,4
12,0
Insoddisf
Molto
insoddisf.
Non tenuti a rispondere: 135. Dati mancanti: rispettivamente 14, 9, 10, 11, 10, 12, 12, 14, 13, 12, 12
16. Fra le attività elencate e svolte presso la Comunità, quali la soddisfano e quali andrebbero migliorate a suo avviso?
Non so, non ho mai
ricevuto questa
prestazione
55,1
42,2
46,3
37,7
47,9
45,6
29,5
57,8
48,3
37,9
30,6
36,7
42,2
36,3
40,5
34,7
28,7
32,7
39,5
38,6
14,3
21,1
11,5
26,0
11,6
19,7
41,8
9,5
12,2
23,5
zo
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
Non sono soddisfatto/a, andrebbe migliorato
til
iz
Attività manuali in laboratorio
Attività ricreative svolte all’esterno
Attività sportive
Attività espressive
Assistenza medica
Assistenza infermieristica
Psicoterapia con i familiari
Psicoterapia di gruppo
Sostegno psicologico
Sostegno sociale
Altre prestazioni di area sociale
Sono soddisfatto/a
della prestazione
ricevuta
pe
ru
Non tenuti a rispondere: 135. Dati mancanti: rispettivamente 15, 15, 15, 16, 16, 15, 16, 15, 15, 17
17. Indichi, per favore, la professione da Lei svolta attualmente:
Lavoro dipendente: Dirigente
Funzionario/a
Insegnante
Impiegato/a
Capo operaio/a, operaio/a specializzato/a
Operaio/a comune
Lavoro autonomo: Imprenditore/imprenditrice
Libero/a professionista
Artigiano/a
Commerciante
Coltivatore/coltivatrice diretto/a
Non lavora:
Disoccupato/a o in cerca di occupazione
Pensionato/a
Invalido
Casalinga
Studente/studentessa
1,0
0,3
4,5
13,8
36,4
2,4
3,8
5,8
1,0
0,3
21,2
0,7
5,1
1,0
2,7
Dati mancanti: 5
248
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
18. Indichi la professione svolta attualmente dai Suoi genitori (se pensionati o deceduti, inserire l’ultima professione svolta)
Lavoro dipendente: Dirigente
Funzionario/a
Insegnante
Impiegato/a
Capo operaio/a, operaio/a specializzato/a
Operaio/a comune
Lavoro autonomo:
Non lavora:
Imprenditore/imprenditrice
Libero/a professionista/lavoratore autonomo
Artigiano/a
Commerciante
Coltivatore/coltivatrice diretto
Disoccupato/a o in cerca di occupazione
Invalido
Casalinga
Altro (specificare: )
Padre
2,8
3,7
2,0
6,1
14,6
20,3
5,3
4,9
5,7
5,3
3,3
0,8
1,6
23,6
Madre
0,8
0,4
4,3
5,5
3,1
14,9
1,6
4,3
0,8
2,0
1,6
1,6
2,3
42,0
14,8
io
ne
Dati mancanti: rispettivamente 51 e 42
re
Padre
us
iv
o
39,7
26,6
13,4
13,0
7,3
cl
es
zo
til
iz
Nessun titolo / Licenza elementare
Diploma di scuola media inferiore
Corso di formazione professionale
Diploma di scuola media superiore
Diploma universitario o laurea
ce
ns
19. Indichi il titolo di studio dei Suoi genitori
Madre
33,6
37,0
11,3
14,3
3,8
pe
ru
Dati mancanti: rispettivamente 35 e 32
20. Rispetto alla Sua condizione economica attuale, a quale categoria ritiene di appartenere?
Reddito basso
Reddito medio-basso
Reddito medio
Reddito medio-alto
Reddito alto
46,1
26,2
22,0
4,6
1,1
Dati mancanti: 15
21. Rispetto alla condizione economica della Sua famiglia di origine, in quale categoria la
collocherebbe?
Reddito basso
Reddito medio-basso
Reddito medio
Reddito medio-alto
Reddito alto
25,1
28,2
33,9
11,0
1,8
249
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
Sesso
Maschio
Femmina
78,8
21,2
Età
sotto i 25 anni
26-30 anni
31-35 anni
36-40 anni
41-45 anni
oltre 45 anni
13,1
17,6
14,8
20,2
21,2
13,1
Età media 36,02 anni (+/- 8,6 anni); età mediana 37 anni; età modale 38
Residenza
Trento
Provincia di Trento
44,4
55,6
Cittadinanza
ne
98,3
1,7
io
Italiana
Straniera
ce
es
cl
us
iv
o
re
68,1
15,8
1,3
9,1
5,7
Figli
ru
29,8
70,2
pe
Sì
No
Dati mancanti: 8
til
iz
zo
Celibe/Nubile
Coniugato/a
Vedovo/a
Separato/a
Divorziato/a
ns
Stato civile
Con chi vive
Genitori
Con mio padre
Con mia madre
Partner
Amici
Solo
Solo con i figli
Con i figli e partner
Altro
24,2
3,2
11,3
22,9
1,7
17,7
2,0
9,2
7,8
250
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
Dove vive
Presso istituzioni
Con fissa dimora
Senza fissa dimora
3,2
94,3
2,5
Titolo di studio
0,3
3,4
60,9
15,5
16,5
3,4
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
Nessuno
Licenza Elementare
Diploma di scuola media inferiore
Corso di formazione professionale
Diploma di scuola media superiore
Laurea/Diploma Universitario
251
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
2. I soggetti con problemi legati all’uso di sostanze psicoattive degenti
presso le Comunità Terapeutiche convenzionate con l’Azienda Sanitaria2
1. Secondo Lei, le seguenti sostanze sono droghe?
Eroina
Nicotina
Caffeina
Cocaina
Amfetamine
Hashish/marijuana
Alcol
Ecstasy
Lsd
Si
No
Non so
96
60
38
98
96
84
74
96
96
4
26
54
2
2
14
18
2
2
14
8
2
2
8
2
2
14,4
Per la curiosità
Per gli effetti attesi della sostanza
Per problemi familiari
Per problemi sul lavoro o a scuola
Per solitudine
Per la pressione esercitata dal gruppo di amici
Per divertimento
Per problemi sociali o economici
Per la mancanza di forza di volontà
Perché così fanno tutti
Per socializzare
Per cultura e/o tradizione familiare
Per abitudine
Perchè si è sempre fatto
Per la compagnia
13,0
7,5
10,3
15,8
4,8
11,0
3,4
4,1
1,4
4,1
1,4
1,4
0,7
6,8
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
Per la ricerca di emozioni
2
ne
2. A suo avviso, quali sono le ragioni principali per cui le persone sperimentano le droghe?
Scelga le 3 ragioni che più si avvicinano alla sua opinione.
I soggetti che hanno partecipato all’indagine sono, nel complesso, 50.
252
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
3. Secondo lei, quali sono le conseguenze derivanti dal consumo delle seguenti sostanze?
a. È dannosa per la salute
per nulla
poco
abbastanza
molto
moltissimo
-
4,3
12,7
29,7
53,2
15,2
2,2
2,1
8,5
-
17,0
47,8
2,2
4,3
38,4
2,1
2,1
2,2
44,8
26,1
11,1
14,9
23,4
25,5
10,6
6,5
25,5
4,3
26,7
34,0
8,5
17,0
29,9
32,6
12,8
6,6
57,8
44,7
21,3
55,4
57,4
58,6
Eroina
Nicotina
Caffeina
Cocaina
Amfetamine
Hashish/marijuana
Alcol
Ecstasy
LSD
-
Dati mancanti: rispettivamente 3, 3, 4, 5, 3, 3, 3, 3, 4
b. Determina dipendenza
poco
abbastanza
molto
moltissimo
6,5
23,9
2
2,2
19
2,1
2,2
4,2
4,3
23,9
8,9
23,4
4,3
10,9
2,1
17,4
28,3
8,3
26,7
25,5
20,8
19,1
17,4
12,5
41,3
15,2
31,3
24,4
17,0
27,1
42,7
32,7
81,3
30,4
8,7
58,3
37,8
14,9
52,1
31,9
37,0
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
per nulla
zo
Eroina
Nicotina
Caffeina
Cocaina
Amfetamine
Hashish/marijuana
Alcol
Ecstasy
LSD
ru
til
iz
Dati mancanti: rispettivamente 2, 4, 4, 2, 5, 3, 2, 3, 4
pe
c. Causa problemi nella vita delle persone (in famiglia, sul lavoro, legali, ….)
Eroina
Nicotina
Caffeina
Cocaina
Amfetamine
Hashish/marijuana
Alcol
Ecstasy
LSD
per nulla
poco
abbastanza
molto
moltissimo
2,2
41,3
53,3
8,7
2,1
2,1
-
37,0
28,9
4,2
11,1
26,1
2,1
6,4
6,5
2,2
13,0
6,7
10,4
13,3
19,6
23,4
8,5
13,0
21,7
6,5
11,1
31,3
35,6
17,4
25,5
38,3
32,6
73,9
2,2
54,2
40,0
28,3
46,8
44,7
47,8
Dati mancanti: rispettivamente 4, 4, 5, 2, 5, 4, 3, 3, 4
253
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
4. Potrebbe esprimere il suo grado di accordo rispetto alle seguenti affermazioni?
poco
d'accordo
10,0
nè d'accordo nè
contrario
16,0
molto
d'accordo
20,0
del tutto
d'accordo
48,0
Il modo migliore per affrontare il problema delle droghe illegali è agire sullo spaccio limitando l'offerta
26,5
24,5
12,2
20,5
16,3
Se le persone assumono droghe è affare
loro
C'è bisogno di una legge più severa per
controllare il consumo di sostanze illegali
44,0
20,0
18,0
10,0
8,0
30,6
24,5
10,2
22,5
12,2
Solo le sostanze illegali costituiscono un
problema
La maggior parte dei consumatori di droghe è in grado di auto-limitare il proprio
consumo
Se le informazioni sui rischi collegati al
consumo di droghe fossero più diffuse, ci
sarebbero meno problemi di abuso
61,7
19,1
6,4
6,4
6,4
65,3
18,4
10,2
4,1
2,0
16,6
37,5
10,4
16,7
18,8
Tutte le sostanze, legali e illegali, sono
dannose, perciò occorre proibirne l'uso
34,0
22,0
14,0
10,0
20,0
Ognuno dovrebbe essere lasciato libero di
assumere sostanze, purché non crei problemi agli altri
30,0
22,0
26,0
8,0
14,0
18,0
22,0
30,0
12,0
io
re
o
iv
us
cl
es
18,0
zo
Chi abusa di sostanze ha alle spalle problemi familiari
ce
ns
È responsabilità della scuola e/o della famiglia educare i giovani sulle droghe
ne
per niente d'accordo
6,0
ru
til
iz
Dati mancanti: rispettivamente 0, 1, 0, 1, 3, 1, 2, 0, 0, 0
pe
5. Si è mai trovato/a in una delle seguenti situazioni in seguito all’abuso di sostanze stupefacenti?
Avere disturbi fisici a causa dell’assunzione di
diverse sostanze assieme
16,3
qualche
volta
55,1
Essere in grado di smettere di assumere sostanze
quando lo si desidera
38,8
42,8
10,2
8,2
Sentirsi in colpa per aver assunto sostanze
Avere problemi con il partner o con i propri familiari
Avere problemi sul lavoro
Essere coinvolto/a in una rissa
Essere coinvolto/a in un incidente in auto
Avere problemi legali
Avere la necessità di ricorrere ad un medico/ di
ricoverarsi all’ospedale
20,4
6,3
22,4
16,6
38,8
52,1
18,4
25,0
21,3
42,6
37,5
25,0
32,7
36,2
31,9
50,0
37,5
36,7
23,4
14,9
10,4
22,9
20,4
19,1
10,6
2,1
14,6
10,2
mai
spesso
sempre
22,5
6,1
254
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
Dom. 5: prosegue
qualche
volta
67,3
mai
-
Essere coinvolto/a in un programma di trattamento
specifico correlato all’abuso di droghe
spesso
sempre
24,5
8,2
6. Secondo Lei, la tossicodipendenza è associata a:
Un disturbo psichiatrico
6,1
quasi
sempre
2,0
16,3
44,9
raramente
18,5
Un desiderio irrefrenabile (al di
sopra della volontà) di assumere le
sostanze
Una compromissione dei rapporti
familiari
Un elevato grado di sofferenza
psicologica
18,4
16,3
30,6
10,2
12,3
12,2
12,5
14,6
22,9
35,4
2,1
12,5
25,0
16,7
20,8
16,6
14,6
6,3
Un degrado sociale
Una difficoltà di mantenere gli
impegni lavorativi/scolastici
Un disturbo della personalità
Un trauma psicologico nella storia
personale
Una crisi importante nella relazione genitoriale, separazioni e/o divorzi
Un reato correlato e/o atti di devianza nella storia personale
14,9
16,3
10,6
14,3
38,3
24,5
21,3
30,6
4,3
6,1
10,6
8,2
18,8
16,6
8,3
18,8
35,4
22,9
25,0
29,2
4,2
4,2
8,3
8,3
18,4
6,1
28,6
34,7
6,1
6,1
25,5
31,9
2,1
12,8
a volte
ce
ns
io
ne
spesso
mai
12,2
es
cl
us
iv
o
re
sempre
12,8
til
iz
zo
14,9
pe
ru
Dati mancanti: rispettivamente 1, 1, 2, 2, 3, 1, 2, 2, 1, 3
7. Indichi i soggetti attualmente coinvolti nel Suo programma terapeutico:
Ser.T
Comunità Terapeutica
Altre strutture del Privato Sociale
Servizio Alcologia
Club Alcolisti in trattamento/Alcolisti Anonimi
Servizio Sociale del Comune
Altro (specificare)
Si
No
68,0
100,0
4,0
28,0
32,0
16,0
84,0
12,0
88,0
-
-
96,0
72,0
255
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
8. Quanto condivide la possibilità di raggiungere i seguenti obiettivi con i progetti terapeutici erogati dal/dai Servizio/i da cui è attualmente seguito?
Del tutto
Molto
Astensione dall’uso della sostanza
per la quale si è richiesto il trattamento (astinenza)
60,0
12,0
Abbastanza
14,0
Riduzione della sofferenza fisica
Riduzione / risoluzione dei problemi che hanno causato la dipendenza
40,0
36,0
32,0
30,0
Il raggiungimento del migliore
benessere possibile anche senza la
completa astinenza
Riduzione del pericolo di overdose o di altri rischi sanitari correlati
all’uso di sostanze
Guarigione dalla tossicodipendenza (uscita dal tunnel)
Riduzione di altri problemi sociali
(es. perdita del posto di lavoro)
legali (arresto)
22,5
Per niente
12,0
2,0
20,0
14,0
4,0
12,0
4,0
8,0
16,3
12,2
20,4
28,6
38,0
24,0
10,0
6,0
22,0
54,0
16,0
18,0
6,0
6,0
44,0
20,0
12,0
18,0
6,0
ns
io
ne
Poco
re
ce
Dati mancanti: rispettivamente 0, 0, 0, 1, 0, 0, 0
es
cl
us
iv
o
9. Come ritiene siano cambiati i seguenti aspetti della sua vita da quando sta seguendo il
trattamento?
til
iz
ru
pe
Le relazioni familiari
Le relazioni con gli amici
Il rapporto con il /la partner
L’autostima
La condizione economica
La salute
Il benessere psicologico
La fiducia nel futuro
La qualità della vita
Il lavoro/lo studio
zo
È migliorato
72
48
50
72
36
78
82
68
68
56
È rimasto
uguale
È peggiorato
24
44
44
24
58
18
16
26
24
36
4
8
6
4
6
4
2
6
8
8
256
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
10. Rispetto alla sua esperienza presso il Ser.T e al programma di trattamento che sta ricevendo, potrebbe esprimere il suo grado di accordo rispetto alle seguenti affermazioni?
Per niente
d’accordo
Poco
d’accordo
Né
d’accordo
né disac.
Molto
d’accordo
Del tutto
d’accordo
Gli operatori sono in grado di capire
il tipo di aiuto di cui ho bisogno
4,0
14,0
38,0
30,0
14,0
Sono ben informato/a sulle decisioni
prese rispetto al mio trattamento
Nei momenti di difficoltà mi sento
seguito dagli operatori
10,0
6,0
20,0
48,0
16,0
4,0
10,0
26,0
42,0
18,0
Gli operatori sono facilmente contattabili
Il numero di colloqui o visite che mi
propongono gli operatori mi sembra
adeguato
4,0
16,0
20,0
42,0
18,0
10,0
26,0
20,0
34,0
10,0
6,0
6,0
4,0
12,0
26,0
34,0
28,0
20,0
36,0
28,0
20,0
26,0
34,0
12,0
8,0
6,0
12,0
20,0
38,0
24,0
10,0
34,0
32,0
18,0
10,0
14,0
34,0
26,0
16,0
6,0
14,0
50,0
20,0
10,0
16,0
12,0
42,0
22,0
8,0
6,0
4,0
34,0
42,0
14,0
ce
zo
es
cl
us
iv
o
6,0
pe
ru
til
iz
Le terapie ricevute sono adeguate
rispetto al problema dell’uso di sostanze
Il Ser.T. è attento alle caratteristiche degli utenti nel proporre il percorso terapeutico
L’attuale posizione del Ser.T. favorisce l’anonimato degli utenti
L’accoglienza ricevuta la prima
volta che mi sono rivolto/a al servizio è stata adeguata
re
Ho fiducia negli operatori che mi
seguono
Credo che gli operatori possano
davvero aiutarmi rispetto al problema di uso di sostanze
ns
io
ne
Non ho ricevuto l’aiuto che speravo
Non ho avuto abbastanza tempo per
parlare a fondo dei miei problemi
I problemi di dipendenza da sostanze possono essere risolti grazie al
Ser.T.
11. Esprima il suo livello di soddisfazione rispetto alle strutture e ai servizi del Ser.T:
Molto
insoddisf.
Insoddisf.
Né soddisf.
né insodd.
Soddisfatto
Molto
soddisf.
I parcheggi
17,5
30,0
Gli orari di apertura
Gli spazi per l’attesa
Le informazioni che si trovano
nella bacheca o nei poster
15,4
7,9
17,9
15,8
42,5
7,5
2,5
41,0
52,6
23,1
23,7
2,6
-
5,1
25,6
51,4
17,9
-
257
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
dom. 11: prosegue
Molto
insoddisf.
Insoddisf.
Né soddisf.
né insodd.
Soddisfatto
Molto
soddisf.
5,3
18,4
47,4
26,3
2,6
10,0
2,5
7,5
10,0
40,0
35,0
30,0
37,5
12,5
15,0
5,1
20,5
30,8
35,9
7,7
I locali (uffici, corridoi, infermeria)
Rispetto della riservatezza
Pulizia dei servizi igienici
I tempi di attesa fra la prenotazione e la prestazione (colloquio,
visita)
Dati mancanti: rispettivamente 10, 11, 12, 11, 12, 10, 10, 11
12. Fra le attività elencate e svolte presso il Ser.T, quali la soddisfano e quali andrebbero
migliorate a suo avviso?
Non sono soddisfatto, andrebbe
migliorato
Non so, non ho mai
ricevuto questa
prestazione
Assistenza medica
56,5
25,6
17,9
Assistenza infermieristica
Psicoterapia con i familiari
Sostegno psicologico
Sostegno sociale
Altre prestazioni di area sociale
51,3
28,2
41,0
26,4
30,8
23,1
35,9
36,8
17,9
48,7
23,1
36,8
iv
us
Dati mancanti: rispettivamente 11, 11, 11, 11, 12
o
re
ce
ns
io
ne
Sono soddisfatto/a
della prestazione
ricevuta
zo
100
-
pe
ru
til
iz
Si → (passare alla dom. successiva)
No → (passare alla dom. 17)
es
cl
13. Ha mai avuto esperienze di Comunità Terapeutica?
14. Esprima il suo grado di accordo rispetto alle seguenti affermazioni riferite all’ultima
esperienza di comunità
Per niente
d’accordo
Poco
d’accordo
Né
d’accordo
né disac.
Molto
d’accordo
Del tutto
d’accordo
Gli operatori sono in grado di capire
il tipo di aiuto di cui ho bisogno
10,6
10,6
21,3
40,5
17,0
Sono ben informato/a sulle decisioni
prese rispetto al mio trattamento
4,3
17,4
17,4
41,3
19,6
Nei momenti di difficoltà mi sento
seguito dagli operatori
Gli operatori sono facilmente contattabili
Il numero di colloqui o visite che mi
propongono gli operatori mi sembra
adeguato
Non ho ricevuto l’aiuto che speravo
6,4
14,9
10,6
46,8
21,3
8,7
4,3
15,2
52,2
19,6
19,6
13,0
28,3
28,2
10,9
-
6,4
21,3
29,7
42,6
258
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
Poco
d’accordo
Né
d’accordo
né disac.
Molto
d’accordo
Del tutto
d’accordo
Non ho avuto abbastanza tempo per
parlare a fondo dei miei problemi
2,1
21,3
14,9
29,8
31,9
I problemi di dipendenza da sostanze possono essere risolti grazie alla
Comunità terapeutica
Ho fiducia negli operatori che mi
seguono
17,4
8,7
15,2
34,8
23,9
6,5
8,7
17,4
45,7
21,7
Credo che gli operatori possano
davvero aiutarmi rispetto al problema di uso di sostanze
Le terapie ricevute sono adeguate
rispetto al problema dell’uso di sostanze
La comunità terapeutica è attenta
alle caratteristiche degli utenti nel
proporre il percorso terapeutico
6,5
10,9
17,4
41,3
23,9
11,1
15,6
15,6
37,7
20,0
4,4
11,1
22,2
37,9
24,4
6,8
11,4
20,5
34,1
27,2
4,4
22,2
35,7
33,3
ns
io
L’attuale posizione della comunità
terapeutica favorisce l’anonimato
degli utenti
L’accoglienza ricevuta la prima
volta che mi sono rivolto/a alla Comunità terapeutica è stata adeguata
ne
Per niente
d’accordo
ce
dom. 14: prosegue
us
iv
o
re
4,4
zo
es
cl
Dati mancanti: rispettivamente 3, 4, 3, 4, 4, 3, 3, 4, 4, 4, 5, 5, 6, 5
ru
til
iz
15. Esprima il livello di soddisfazione rispetto alla struttura e ai servizi che le sono stati erogati presso la Comunità:
Soddisfatto
Né soddisfatto né
insoddisf.
Insoddisf
Molto
insoddisf.
Locali del personale
29,8
51,1
12,7
2,1
4,3
Confort della camera
Condizioni igieniche della propria camera
Pulizia dei servizi igienici
Disponibilità di spazi comuni
Qualità del cibo
Orario della sveglia mattutina
Orari della distribuzione dei pasti
Orari per le visite dei famigliari
Organizzazione orari per le uscite
Rispetto della riservatezza
21,2
32,6
51,1
50,0
17,0
13,0
6,4
2,2
4,3
2,2
31,9
21,3
42,2
13,3
19,5
11,1
11,1
21,7
51,1
46,8
37,8
46,7
58,7
35,6
40,0
41,3
12,8
21,3
17,8
26,7
17,4
37,8
20,0
19,6
2,1
8,5
2,1
2,1
2,2
8,9
2,2
4,4
8,9
6,5
pe
Molto
soddisfatto
4,4
2,2
11,1
20,0
10,9
Dati mancanti: rispettivamente 3, 3, 4, 3, 3, 5, 5, 4, 5, 5, 4
259
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
16. Fra le attività elencate e svolte presso la Comunità, quali la soddisfano e quali andrebbero migliorate a suo avviso?
Sono soddisfatto/a
della prestazione
ricevuta
Non sono soddisfatto/a, andrebbe
migliorato
Non so, non ho
mai ricevuto questa prestazione
54,3
19,6
26,1
45,7
32,6
21,7
59,6
41,6
62,5
58,3
30,4
82,6
75,6
60,5
29,8
39,6
25,0
18,8
21,7
15,2
15,6
16,3
10,6
18,8
12,5
22,9
47,9
2,2
8,8
23,2
Attività manuali in laboratorio
Attività ricreative svolte all’esterno della
Comunità
Attività sportive
Attività espressive
Assistenza medica
Assistenza infermieristica
Psicoterapia con i familiari
Psicoterapia di gruppo
Sostegno psicologico
Sostegno sociale
Altre prestazioni di area sociale (specif.)
ne
Dati mancanti: rispettivamente 4, 4, 3, 2, 2, 2, 4, 4, 5, 7
ce
ns
80,4
19,6
re
Maschio
Femmina
io
17. Sesso
us
iv
o
Dati mancanti: 4
es
zo
ru
til
iz
14,8
27,7
8,5
14,9
12,8
21,3
pe
sotto i 25 anni
26-30 anni
31-35 anni
36-40 anni
41-45 anni
oltre 45 anni
cl
18. Età
Dati mancanti: 3. Età media 35,04 anni (+/- 9,8 anni); età mediana 35 anni; età modale 25
19. Residenza
Trento
Provincia di Trento
Altra Provincia
24,5
53,3
22,2
Dati mancanti: 5
20. Cittadinanza
Italiana
Straniera
97,8
2,2
Dati mancanti: 4
260
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
21. Stato civile
Celibe/Nubile
71,8
Coniugato/a
6,5
Vedovo/a
6,5
Separato/a
6,5
Divorziato/a
8,7
Dati mancanti: 4
22. Figli
Sì
No
35,6
64,4
Dati mancanti: 5
23. Con chi vive
iv
o
re
ce
ns
io
ne
23,2
4,7
4,7
7,0
9,3
46,5
2,3
2,3
us
Genitori
Con mio padre
Con mia madre
Partner
Amici
Solo
Solo con i figli
Con i figli e partner
Altro
zo
es
cl
Dati mancanti: 7
til
iz
24. Dove vive
40
4,4
46,7
6,7
2,2
pe
ru
Abitazione privata
Albergo/pensione
Presso comunità terapeutica, carcere o ricovero
Senza dimora
Altro
Dati mancanti: 5
25. Titolo di studio
Nessuno
Licenza Elementare
Diploma di scuola media inferiore
Corso di formazione professionale
Diploma di scuola media superiore
Laurea/Diploma Universitario
Dati mancanti: 3
2,1
6,4
38,3
25,5
27,7
-
261
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
26. Indichi, per favore, la professione da Lei svolta attualmente:
Lavoro dipendente: Dirigente
Funzionario/a
Insegnante
Impiegato/a
Capo operaio/a, operaio/a specializzato/a
Operaio/a comune
Lavoro autonomo: Imprenditore/imprenditrice
Libero/a professionista
Artigiano/a
Commerciante
Coltivatore/coltivatrice diretto/a
Non lavora:
Disoccupato/a o in cerca di occupazione
Pensionato/a
Invalido
Casalinga
Studente/studentessa
4,7
7,0
18,6
2,3
2,3
51,1
7
7
Dati mancanti: 7
4,3
41,3
26,1
4,3
17,4
6,6
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
Madre
6,7
35,6
28,9
4,4
20
4,4
til
iz
Dati mancanti: rispettivamente 5, 4
Padre
zo
Nessun titolo
Licenza elementare
Diploma di scuola media inferiore
Corso di formazione professionale
Diploma di scuola media superiore
Diploma universitario o laurea
ne
27. Indichi il titolo di studio dei Suoi genitori
pe
ru
28. Indichi la professione svolta attualmente dai Suoi genitori (se pensionati o deceduti, inserire l’ultima professione svolta)
Lavoro dipendente: Dirigente
Funzionario/a
Insegnante
Impiegato/a
Capo operaio/a, operaio/a specializzato/a
Operaio/a comune
Lavoro autonomo: Imprenditore/imprenditrice
Libero/a professionista/lavoratore autonomo
Artigiano/a
Commerciante
Coltivatore/coltivatrice diretto
Non lavora:
Disoccupato/a o in cerca di occupazione
Invalido
Casalinga
Altro (specificare: )
Padre
2,9
2,9
22,9
31,4
2,9
14,3
5,7
2,9
11,4
2,9
-
Madre
7
7
4,7
4,7
2,3
4,7
2,3
4,7
48,8
-
Dati mancanti: rispettivamente 15 e 7
262
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
29. Rispetto alla Sua condizione economica attuale, a quale categoria ritiene di appartenere?
Reddito basso
Reddito medio-basso
Reddito medio
Reddito medio-alto
Reddito alto
79,5
9,1
9,1
2,3
Dati mancanti: 6
30. Rispetto alla condizione economica della Sua famiglia di origine, in quale categoria la
collocherebbe?
Reddito basso
Reddito medio-basso
Reddito medio
Reddito medio-alto
Reddito alto
38,6
20,5
20,5
15,9
4,5
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
Dati mancanti: 6
263
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
3. I soggetti segnalati al Commissariato del Governo per possesso e
consumo di sostanze stupefacenti3
1. Secondo Lei, le seguenti sostanze sono droghe?
Eroina
Nicotina
Caffeina
Cocaina
Amfetamine
Hashish/marijuana
Alcol
Ecstasy
Lsd
Si
No
Non so
100,0
61,7
33,0
100,0
96,8
84,0
70,2
100,0
98,9
33,0
52,1
1,1
12,8
27,7
1,1
5,3
14,9
2,1
3,2
2,1
-
11,3
Per la curiosità
Per gli effetti attesi della sostanza
Per problemi familiari
Per problemi sul lavoro o a scuola
Per solitudine
Per la pressione esercitata dal gruppo di amici
Per divertimento
Per problemi sociali o economici
Per la mancanza di forza di volontà
Perché così fanno tutti
Per socializzare
Per cultura e/o tradizione familiare
Per abitudine
Perchè si è sempre fatto
Per la compagnia
24,0
10,5
4,9
1,1
7,1
5,3
18,0
1,5
3,8
4,9
0,8
0,8
6,0
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
Per la ricerca di emozioni
3
ne
2. A suo avviso, quali sono le ragioni principali per cui le persone sperimentano le droghe?
Scelga le 3 ragioni che più si avvicinano alla sua opinione.
I soggetti che hanno partecipato all’indagine sono, nel complesso, 94.
264
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
3. Secondo lei, quali sono le conseguenze derivanti dal consumo delle seguenti sostanze?
a. È dannosa per la salute
Eroina
Nicotina
Caffeina
Cocaina
Amfetamine
Hashish/marijuana
Alcol
Ecstasy
LSD
per nulla
8,5
9,6
-
poco
16,0
56,4
1,1
36,2
8,5
1,1
abbastanza
1,1
35,0
30,9
7,4
8,5
30,8
20,2
4,3
6,4
molto
17,0
33,0
2,1
26,6
23,4
13,8
42,6
22,3
18,1
moltissimo
81,9
16,0
2,1
64,9
68,1
9,6
28,7
73,4
74,4
moltissimo
b. Determina dipendenza
poco
abbastanza
molto
1,1
-
1,1
13,8
84,0
Nicotina
Caffeina
Cocaina
Amfetamine
Hashish/marijuana
Alcol
Ecstasy
LSD
12,8
1,1
2,1
14,9
8,5
2,1
4,3
5,3
37,2
3,2
12,8
35,1
10,6
11,7
11,7
26,6
36,2
7,4
14,9
28,7
22,3
13,8
16,0
33,0
10,6
24,5
29,8
11,7
30,9
29,8
25,4
35,1
3,2
63,8
40,4
9,6
27,7
42,6
42,6
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
per nulla
Eroina
per nulla
poco
abbastanza
molto
moltissimo
36,2
27,7
2,1
5,3
27,7
9,6
6,4
3,2
3,2
10,6
3,2
9,5
8,5
24,5
17,0
5,3
6,4
11,7
5,3
2,1
27,7
24,5
7,4
22,3
24,5
25,5
84,0
5,3
2,1
59,6
60,6
20,2
46,8
62,7
62,8
1,1
42,6
64,9
1,1
1,1
20,2
4,3
1,1
2,1
pe
Eroina
Nicotina
Caffeina
Cocaina
Amfetamine
Hashish/marijuana
Alcol
Ecstasy
LSD
ru
til
iz
zo
c. Causa problemi nella vita delle persone (in famiglia, sul lavoro, legali, ….)
265
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
4. Hai mai assunto le seguenti sostanze? Se sì a quale età le ha assunte per la prima volta?
mai
Tabacco
Alcol
Hashish/Marijuana
Cocaina
Eroina
Crack
Ecstasy
Amfetamine
Ketamina
LSD
Funghi allucinogeni
Salvia divinorum
Popper
Oppio
Psicofarmaci
8,5
14,9
12,8
63,8
83,1
95,7
80,9
83,0
88,3
81,9
81,9
86,2
76,6
91,5
91,5
una volta
nella vita
4,3
nell'ultimo
anno
10,6
nell'ultimo
mese
5,3
nell'ultima
settimana
71,3
Età media
1° assunz.
14,7
2,1
11,6
19,1
7,4
3,2
11,7
8,5
3,2
8,5
11,7
10,6
18,1
4,3
4,3
14,9
41,5
13,9
7,4
1,1
5,2
6,3
6,4
6,4
5,3
2,1
3,1
3,1
3,1
25,5
9,6
2,1
1,1
1,1
2,1
3,2
1,1
1,1
1,1
1,1
1,1
42,6
24,5
1,1
2,1
1,1
1,1
1,1
-
15,3
17,1
19,6
20,9
17,0
18,6
18,5
18,8
17,2
18,5
18,5
17,3
19,1
20,1
ce
ns
io
ne
Dati mancanti sull’età di prima assunzione della sostanza: rispettivamente 21, 21, 20, 9, 1, 1, 1, 2, 1,
0, 1, 2, 2, 4, 0, 0
mai
qualche
volta
spesso
sempre
85,4
11,2
3,4
-
16,1
9,2
14,9
59,8
51,1
27,2
10,9
10,8
54,3
25,0
10,9
9,8
83,5
89,0
90,1
33,0
11,0
8,8
7,7
61,5
4,4
2,2
2,2
4,4
1,1
1,1
94,5
5,5
-
-
87,8
11,1
1,1
-
es
cl
us
iv
o
re
5. Si è mai trovato/a in una delle seguenti situazioni in seguito all’abuso di sostanze stupefacenti?
til
iz
zo
Avere disturbi fisici a causa dell’assunzione di
diverse sostanze assieme
pe
ru
Essere in grado di smettere di assumere sostanze
quando lo si desidera
Sentirsi in colpa per aver assunto sostanze
Avere problemi con il partner o con i propri familiari
Avere problemi sul lavoro
Essere coinvolto/a in una rissa
Essere coinvolto/a in un incidente in auto
Avere problemi legali
Avere la necessità di ricorrere ad un medico/ di
ricoverarsi all’ospedale
Essere coinvolto/a in un programma di trattamento
specifico correlato all’abuso di droghe
Dati mancanti: rispettivamente 5, 7, 2, 2, 3, 3, 3, 3, 3, 4
266
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
6. Potrebbe esprimere il suo grado di accordo rispetto alle seguenti affermazioni?
poco
d'accordo
nè d'accordo
nè contrario
molto
d'accordo
del tutto
d'accordo
È responsabilità della scuola e/o
della famiglia educare i giovani
sulle droghe
2,1
8,8
16,5
38,5
34,1
Il modo migliore per affrontare il
problema delle droghe illegali è
agire sullo spaccio limitando l'offerta
21,4
11,2
23,6
20,2
23,6
Se le persone assumono droghe è
affare loro
C'è bisogno di una legge più severa
per controllare il consumo di sostanze illegali
13,3
20,0
15,6
17,8
33,3
30,0
15,4
22,3
22,3
10,0
Solo le sostanze illegali costituiscono un problema
La maggior parte dei consumatori
di droghe è in grado di autolimitare il proprio consumo
61,1
18,9
10,0
7,8
2,2
14,4
35,6
33,3
7,8
8,9
Se le informazioni sui rischi collegati al consumo di droghe fossero
più diffuse, ci sarebbero meno problemi di abuso
7,8
22,2
22,2
32,2
15,6
Tutte le sostanze, legali e illegali,
sono dannose, perciò occorre proibirne l'uso
Ognuno dovrebbe essere lasciato
libero di assumere sostanze, purché
non crei problemi agli altri
Chi abusa di sostanze ha alle spalle
problemi familiari
40,7
19,7
19,8
14,3
5,5
12,1
19,8
25,3
12,1
30,7
36,3
25,3
23,1
8,7
6,6
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
per niente
d'accordo
Dati mancanti: rispettivamente 3, 5, 4, 4, 4, 4, 4, 3, 3, 3
7. Secondo Lei, la tossicodipendenza è associata a:
sempre
Un disturbo psichiatrico
1,2
quasi
sempre
3,4
spesso
a volte
46,6
raramente
21,6
10,2
mai
17,0
Un desiderio irrefrenabile (al di sopra della volontà) di assumere le
sostanze
Una compromissione dei rapporti
familiari
10,1
7,8
24,7
37,1
12,4
7,9
3,4
5,8
14,9
49,4
20,8
5,7
Un elevato grado di sofferenza psicologica
Un degrado sociale
5,6
6,7
18,0
46,1
16,9
6,7
3,4
5,5
27,0
41,6
13,5
9,0
267
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
dom. 7 prosegue
sempre
Una difficoltà di mantenere gli impegni lavorativi/scolastici
2,3
quasi
sempre
3,4
spesso
a volte
33,0
raramente
36,4
5,6
mai
19,3
Un disturbo della personalità
Un trauma psicologico nella storia
personale
6,8
3,4
3,4
4,5
11,4
11,2
40,9
44,9
22,7
23,6
14,8
12,4
Una crisi importante nella relazione
genitoriale, separazioni e/o divorzi
Un reato correlato e/o atti di devianza nella storia personale
2,2
3,4
14,6
52,8
19,1
7,9
3,4
2,3
10,2
47,7
27,3
9,1
Dati mancanti: rispettivamente 6, 5, 7, 5, 5, 6, 6, 5, 5, 6
io
ns
No
83,7
94,6
89,1
97,8
100
96,7
95,7
us
iv
o
re
ce
Si
16,3
5,4
10,9
2,2
3,3
4,3
Ser.T
Comunità terapeutica
Servizio Alcologia
Club alcolisti in trattamento
Alcolisti anonimi
Altre strutture privato sociale
Servizio Sociale Comune
Dati mancanti: 2 per ogni risposta
ne
8. Ha mai avuto contatti con i seguenti servizi?
es
cl
9. Di quale sostanza/e era in possesso nel momento in cui è stato fermato dalle Forze
dell’Ordine?
88,0
til
iz
ru
pe
Crack
Ketamina
Oppio
Cocaina
Ecstasy
LSD
Eroina
Amfetamine
Popper
zo
Hashish/Marijuana
4,8
3,6
3,6
-
Dati mancanti: 11
10. Sesso
Maschio
91,5
Femmina
8,5
268
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
11. Età
sotto i 18 anni
21,7
19-22 anni
27,2
23-26 anni
23,9
oltre 27 anni
27,2
Dati mancanti: 2. Età media 24,5 anni (+/- 8,2 anni); età mediana 23 anni; età modale 23
12. Residenza
Trento
17,2
Provincia di Trento
79,6
Altra Provincia (specificare)
3,2
13. Cittadinanza
Italiana
94,7
Straniera
5,3
14. Stato civile
91,5
ns
ce
1,1
us
iv
o
3,2
Divorziato/a
io
4,2
Separato/a
re
Coniugato/a
ne
Celibe/Nubile
es
cl
15. Figli
9,6
90,4
Genitori
Con mio padre
Con mia madre
Partner
Amici
Solo
Solo con i figli
Con i figli e partner
Altro
pe
16. Con chi vive
ru
til
iz
zo
Sì
No
58,1
1,1
15,1
5,4
2,2
9,7
4,3
1,1
3
Dati mancanti: 1
269
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
17. Dove vive
Abitazione privata
96,8
Albergo/pensione
Senza dimora
Altro (spec…… )
1,1
1,1
1,0
18. Titolo di studio
Nessuno
1,1
Licenza Elementare
Diploma di scuola media inferiore
Corso di formazione professionale
Diploma di scuola media superiore
Laurea/Diploma Universitario
2,2
47,2
22,0
24,2
3,3
Dati mancanti: 3
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
Lavoro dipendente: Dirigente
Funzionario/a
Insegnante
Impiegato/a
Capo operaio/a, operaio/a specializzato/a
Operaio/a comune
Lavoro autonomo: Imprenditore/imprenditrice
Libero/a professionista
Artigiano/a
Commerciante
Coltivatore/coltivatrice diretto/a
Non lavora:
Disoccupato/a o in cerca di occupazione
Pensionato/a
Invalido
Casalinga
Studente/studentessa
ne
19. Indichi, per favore, la professione da Lei svolta attualmente
11,2
13,6
34,9
3,4
1,1
2,2
1,1
6,7
1,1
24,7
Dati mancanti: 5
20. Indichi il titolo di studio dei Suoi genitori
Padre
Madre
Nessun titolo
4,6
2,4
Licenza elementare
Diploma di scuola media inferiore
Corso di formazione professionale
Diploma di scuola media superiore
Diploma universitario o laurea
18,4
29,9
13,8
21,8
11,5
19,5
31,0
10,3
29,9
6,9
Dati mancanti: rispettivamente 7, 7
270
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
21. Indichi la professione svolta attualmente dai Suoi genitori (se pensionati o deceduti, inserire l’ultima professione svolta)
Lavoro dipendente: Dirigente
Funzionario/a
Insegnante
Impiegato/a
Capo operaio/a, operaio/a specializzato/a
Operaio/a comune
Lavoro autonomo: Imprenditore/imprenditrice
Libero/a professionista/lavoratore autonomo
Artigiano/a
Commerciante
Coltivatore/coltivatrice diretto
Non lavora:
Disoccupato/a o in cerca di occupazione
Invalido
Casalinga
Studente/studentessa
Altro (specificare: )
Padre
5,2
1,3
2,6
9,1
20,8
24,7
7,8
15,5
6,5
2,6
1,3
2,6
-
Madre
1,1
2,3
12,6
10,3
14,9
3,4
2,3
2,3
4,6
1,1
1,1
2,3
39,4
2,3
ne
Dati mancanti: rispettivamente 17, 7
ce
37,3
20,9
31,9
9,9
-
es
cl
us
iv
o
re
Reddito basso
Reddito medio-basso
Reddito medio
Reddito medio-alto
Reddito alto
ns
io
22. Rispetto alla Sua condizione economica attuale, a quale categoria ritiene di appartenere?
til
iz
zo
Dati mancanti: 3
pe
ru
23. Rispetto alla condizione economica della Sua famiglia di origine, in quale categoria la
collocherebbe?
Reddito basso
Reddito medio-basso
Reddito medio
Reddito medio-alto
Reddito alto
21,1
25,6
41,1
11,1
1,1
Dati mancanti: 4
271
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
4. I soggetti con problemi alcolcorrelati e i segnalati per guida in stato
di ebbrezza in trattamento presso il Servizio di Alcologia4
1. Secondo Lei, le seguenti sostanze sono droghe?
Colloqui
Totale
Si
No
Non so
96,7
2,2
1,1
98,5
1,5
-
97,1
2,0
0,9
Nicotina
Si
No
Non so
81,1
14,7
4,2
77,6
14,8
7,6
80,4
14,8
4,8
Caffeina
Si
No
Non so
49,0
40,9
10,1
38,4
30,8
30,8
46,9
38,9
14,2
95,6
100
96,4
3,3
1,1
-
2,7
0,9
Amfetamine
Si
No
Non so
83,8
4,5
11,7
81,6
1,5
16,9
83,4
3,9
12,7
Hashish/marijuana
Si
No
Non so
92,3
5,9
1,8
Alcol
Si
No
Non so
82,2
14,1
3,7
Ecstasy
Si
No
Non so
Lsd
Si
No
Non so
io
ns
92,3
5,9
1,8
82,4
10,2
7,4
82,2
13,4
4,4
97,1
1,5
1,4
98,5
1,5
97,3
1,2
1,5
88,2
2,6
9,2
95,5
4,5
89,6
2,1
8,3
zo
es
cl
us
iv
o
re
92,3
6,2
1,5
til
iz
ru
pe
Cocaina
ne
Si
No
Non so
ce
Visite alc.
Eroina
Dati mancanti visita alcologiche: rispettivamente 2, 9, 15, 2, 8, 3, 5, 2, 3
Dati mancanti colloqui motivazionali: rispettivamente 1, 1, 3, 3, 3, 3, 0, 2, 2
4
I soggetti che hanno partecipato all’indagine sono 342: di essi, 274 si sono sottoposti
alla visita di consulenza in seguito al ritiro della patente per guida in stato di ebbrezza, mentre 68 soggetti si sono recati al servizio per il colloquio alcologico motivazionale.
272
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
2. A suo avviso, quali sono le ragioni principali per le quali le persone bevono? Scelga le 3
ragioni che più si avvicinano alla sua opinione
Colloqui
Totale
Per la ricerca di emozioni
5,4
3,6
5,0
Per la curiosità
Per gli effetti attesi della sostanza
Per problemi familiari
Per problemi sul lavoro o a scuola
Per solitudine
Per la pressione esercitata dal gruppo di
amici
Per divertimento
Per problemi sociali o economici
Per la mancanza di forza di volontà
Perché così fanno tutti
Per socializzare
Per cultura e/o tradizione familiare
Per abitudine
Perché si è sempre fatto
Per la compagnia
2,2
5,1
9,1
1,6
10,1
0,5
6,6
16,8
3,1
18,9
1,8
5,4
10,7
1,9
11,9
5,4
6,1
5,5
13,8
3,8
3,8
3,1
9,5
4,6
4,8
1,6
16,1
4,6
5,1
8,2
2,0
5,6
5,6
5,1
1,5
6,6
11,9
4,0
4,7
2,9
8,7
4,8
4,9
1,6
14,1
ce
ns
io
ne
Visite
o
re
3. Secondo lei, quali sono le conseguenze derivanti dal consumo di alcol?
us
iv
Visite
Totale
-
1,5
5,9
31,2
35,7
25,3
3,0
25,8
24,2
47,0
5,4
30,1
33,4
29,6
Determina dipendenza
Per nulla
Poco
Abbastanza
Molto
Moltissimo
5,8
12,7
34,2
29,2
18,1
12,5
25,0
26,6
35,9
4,6
12,7
32,4
28,7
21,6
Causa problemi nella vita
delle persone
Per nulla
Poco
Abbastanza
1,2
11,6
24,8
3,0
16,7
0,9
9,9
23,1
Molto
34,9
36,4
35,2
Moltissimo
27,5
43,9
30,9
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
1,9
Poco
Abbastanza
Molto
Moltissimo
È dannoso per la salute
Per nulla
Colloqui
Dati mancanti visite alcologiche: rispettivamente 5, 14, 16
Dati mancanti colloqui motivazionali: rispettivamente 2, 4, 2
273
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
4. Potrebbe esprimere il suo grado di accordo rispetto alle seguenti affermazioni?
Colloqui
Totale
2,6
1,6
2,4
poco d'accordo
nè d'accordo nè contrario
molto d'accordo
del tutto d'accordo
4,1
12,5
45,3
35,5
10,9
18,7
37,5
31,3
5,5
13,6
43,8
34,7
Il modo migliore per affrontare il problema dell'alcol è agire su regolamentazione della vendita
per niente d'accordo
poco d'accordo
nè d'accordo nè contrario
molto d'accordo
del tutto d'accordo
16,0
22,4
19,0
25,5
17,1
14,3
15,9
25,4
31,7
12,7
15,6
21,2
20,2
26,7
16,3
Se le persone assumono
alcol è affare loro
per niente d'accordo
28,4
42,2
31,1
poco d'accordo
nè d'accordo nè contrario
molto d'accordo
del tutto d'accordo
25,7
27,6
8,8
9,5
20,3
17,2
18,7
1,6
24,6
25,5
10,8
8,0
C'è bisogno di una legge
più severa per controllare il
consumo di alcol nei giovani
per niente d'accordo
poco d'accordo
nè d'accordo nè contrario
molto d'accordo
del tutto d'accordo
9,1
10,3
20,5
33,5
26,6
7,9
9,6
15,9
33,3
33,3
8,9
10,2
19,6
33,4
27,9
Solo le sostanze illegali
costituiscono un problema
per niente d'accordo
poco d'accordo
nè d'accordo nè contrario
molto d'accordo
del tutto d'accordo
49,8
22,8
11,2
6,9
9,3
56,2
14,1
4,7
15,6
9,4
51,0
21,1
9,9
8,7
9,3
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
Visite
per niente d'accordo
È responsabilità della scuola e/o della famiglia educare i giovani sull'alcol
per niente d'accordo
14,2
23,4
16,0
poco d'accordo
nè d'accordo nè contrario
molto d'accordo
del tutto d'accordo
33,5
28,5
15,7
8,1
45,3
18,8
12,5
-
35,8
26,5
15,1
6,6
Se le informazioni sui riper niente d'accordo
schi collegati al consumo di poco d'accordo
alcol fossero più diffuse, ci
nè d'accordo nè contrario
sarebbero meno problemi
molto d'accordo
del tutto d'accordo
4,2
15,7
19,2
37,9
23,0
4,7
17,2
18,8
26,6
32,7
4,3
16,0
19,1
35,7
24,9
Tutte le sostanze, legali e
illegali, sono dannose, perciò occorre proibirne l'uso
24,5
17,2
23,0
16,1
19,2
18,4
23,1
27,7
23,1
7,7
23,3
18,4
23,9
17,5
16,9
La maggior parte dei consumatori di alcol è in grado
di auto-limitare il proprio
consumo
per niente d'accordo
poco d'accordo
nè d'accordo nè contrario
molto d'accordo
del tutto d'accordo
274
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
dom. 4. prosegue
Visite
Colloqui
Totale
Ognuno dovrebbe essere
lasciato libero di assumere
sostanze, purché non crei
problemi agli altri
per niente d'accordo
27,5
38,1
29,6
poco d'accordo
nè d'accordo nè contrario
molto d'accordo
del tutto d'accordo
25,7
26,1
11,9
8,8
20,7
20,6
14,3
6,3
24,7
25,0
12,3
8,4
Chi usa di sostanze ha alle
spalle problemi familiari
per niente d'accordo
poco d'accordo
nè d'accordo nè contrario
molto d'accordo
del tutto d'accordo
27,2
24,5
33,7
10,0
4,6
14,1
21,9
25,0
17,2
21,8
24,6
24,0
32,0
11,4
8,0
Dati mancanti visita alcologiche: rispettivamente 9, 11, 13, 11, 15, 14, 13, 13, 13, 13
Dati mancanti colloqui motivazionali: rispettivamente 4, 5, 4, 5, 4, 4, 4, 3, 5, 4
5. Rispetto al bere alcolici la sua famiglia che abitudini ha?
Visite
Colloqui
Totale
31,4
50,6
12,5
5,5
35,5
33,9
16,1
14,5
32,2
47,3
13,2
7,3
re
ce
ns
io
ne
Non si bevono alcolici
Si bevono alcolici raramente, in occasioni speciali
Si bevono alcolici più volte durante la settimana
Si bevono alcolici tutti i giorni
us
iv
o
Dati mancanti visita alcologiche: 19. Dati mancanti colloqui motivazionali: 6
zo
es
cl
6. Le è mai capitato di trovarsi in una o più delle seguenti situazioni o di aver formulato uno
o più dei seguenti pensieri in seguito all’uso dell’alcol?
Colloqui
Totale
Mai
52,7
10,9
44,4
Qualche volta
Spesso
Sempre
39,1
5,9
2,3
48,4
34,4
6,3
41,0
11,5
3,1
Essere in grado di smettere di
assumere alcol quando lo si desidera
Mai
Qualche volta
Spesso
Sempre
18,5
16,1
19,7
45,7
17,7
40,4
24,2
17,7
18,4
20,9
20,6
40,1
Sentirsi in colpa per aver bevuto
Mai
Qualche volta
Spesso
Sempre
40,2
33,7
14,6
11,5
15,6
32,8
34,4
17,2
35,4
33,5
18,5
12,6
Avere problemi con il partner o
con i propri familiari
Mai
60,1
12,8
50,9
Qualche volta
Spesso
Sempre
24,4
11,2
4,3
32,3
33,9
21,0
25,9
15,7
7,5
til
iz
Visite
pe
ru
Avere disturbi fisici
275
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
dom. 6. prosegue
Colloqui
Totale
79,7
32,8
70,8
Qualche volta
Spesso
Sempre
11,5
5,4
3,4
34,4
27,9
4,9
15,9
9,6
3,7
Essere coinvolto/a in una rissa
Mai
Qualche volta
Spesso
Sempre
80,5
14,6
3,8
1,1
62,3
19,7
13,1
4,9
77,0
15,5
5,6
1,9
Essere coinvolto/a in un incidente
in auto
Mai
69,4
49,2
65,5
Qualche volta
Spesso
Sempre
24,8
5,0
0,8
29,5
13,1
8,2
25,7
6,6
2,2
Avere problemi legali
Mai
62,0
50,0
59,7
Qualche volta
Spesso
Sempre
31,4
4,3
2,3
33,9
11,3
4,8
31,9
5,6
2,8
90,8
6,9
2,3
-
36,6
40,0
11,7
11,7
80,7
13,1
4,0
2,2
79,5
21,3
68,3
17,3
2,4
0,8
34,4
19,7
24,6
20,6
5,7
5,4
Le è mai capitato di avere dei vuoti Mai
di memoria dopo aver bevuto in
Qualche volta
forti quantità?
Spesso
Sempre
60,9
15,9
52,2
32,2
4,6
2,3
39,7
31,7
12,7
33,6
9,9
4,3
Ha mai sentito la necessità di diminuire il suo bere?
Mai
Qualche volta
Spesso
Sempre
49,0
32,1
13,4
5,5
10,9
34,4
34,4
20,3
41,3
32,5
17,7
8,5
Si è mai sentito infastidito per le
osservazioni di qualcuno vicino a
lei (partner, genitore, amico…) sul
suo modo di bere?
Mai
61,9
21,3
54,2
Qualche volta
Spesso
Sempre
26,9
8,8
2,4
31,1
32,8
14,8
27,7
13,4
4,7
Le capita di bere di mattina appena Mai
alzato?
Qualche volta
Spesso
Sempre
93,6
50,0
85,5
4,5
0,8
1,1
21,7
18,3
10,0
7,7
4,0
2,8
io
ns
ce
Mai
re
Essere coinvolto/a in un programma di trattamento specifico correlato all’uso di alcol
o
Mai
Qualche volta
Spesso
Sempre
cl
us
iv
Avere la necessità di ricorrere ad
un medico/ di ricoverarsi
all’ospedale
ne
Visite
Mai
Avere problemi sul lavoro
pe
ru
til
iz
zo
es
Qualche volta
Spesso
Sempre
276
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
dom. 6. prosegue
Visite
Colloqui
Totale
Amici e parenti pensano che lei
sia un bevitore moderato?
Mai
44,9
37,9
43,6
Qualche volta
Spesso
Sempre
21,1
11,7
22,3
29,3
19,0
13,8
22,6
13,1
20,7
Le è capitato di trascurare la
famiglia, il lavoro, i suoi impegni, a causa del bere?
Mai
Qualche volta
Spesso
Sempre
81,6
13,0
4,6
0,8
28,6
30,2
36,4
4,8
71,3
16,4
10,8
1,5
Ha mai sentito il desiderio di
smettere di bere?
Mai
50,6
16,1
43,8
Qualche volta
24,3
24,2
24,3
Spesso
14,7
24,2
16,6
Sempre
10,4
35,5
15,3
Dati mancanti visite alcologiche: rispettivamente 16, 20, 13, 16, 13, 13, 16, 16, 12, 20, 13, 21, 14, 10,
27, 13, 23. Dati mancanti colloqui motivazionali: rispettivamente 4, 6, 4, 6, 7, 7, 7, 6, 8, 7, 5, 4, 7, 8,
10, 5, 6
ns
io
ne
7. Secondo lei, le conseguenze per la salute sotto-elencate quanto possono essere correlate
all’uso di alcol?
iv
zo
es
cl
Poco
Abbastanza
Molto
o
Per niente
us
Tumori
re
ce
Visite
Colloqui
Totale
13,5
10,8
12,9
25,8
38,9
21,8
21,5
47,7
20,0
24,9
40,7
21,5
3,1
9,1
4,4
Poco
Abbastanza
Molto
14,4
41,3
41,2
12,1
47,0
31,8
13,9
42,4
39,3
Depressione
Per niente
Poco
Abbastanza
Molto
4,6
13,1
42,1
40,2
3,0
12,2
31,8
53,0
4,3
12,9
40,0
42,8
Dipendenza
Per niente
1,9
1,5
1,9
Poco
Abbastanza
Molto
7,4
43,6
47,1
13,6
27,3
57,6
8,7
40,2
49,2
pe
ru
til
iz
Per niente
Disturbi cardio-circolatori
Incidenti automobilistici
Per niente
3,1
1,6
2,8
Poco
Abbastanza
Molto
5,0
34,6
57,3
12,1
31,8
54,5
6,4
34,1
56,7
277
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
Colloqui
3,8
3,0
3,7
Poco
Abbastanza
Molto
12,3
39,7
44,2
14,9
43,3
38,8
12,8
40,4
43,1
Danni al fegato
Per niente
Poco
Abbastanza
Molto
1,2
2,5
25,9
70,4
3,0
6,1
19,7
71,2
1,5
3,4
24,6
70,5
Disturbi del sistema nervoso
centrale
Per niente
1,6
1,5
1,6
Poco
Abbastanza
Molto
12,8
44,4
41,2
15,9
27,0
55,6
13,4
40,9
44,1
Disturbi sessuali
Per niente
8,5
16,9
10,2
Poco
Abbastanza
25,2
41,5
20,0
30,8
24,1
39,4
Molto
24,8
32,3
26,3
Per niente
5,5
4,5
5,3
19,6
45,1
29,8
15,2
47,0
33,3
18,7
45,5
30,5
3,3
3,1
3,3
Disturbi della memoria
io
Incidenti sul lavoro
ne
Visite
Per niente
ns
dom. 7. prosegue
re
o
iv
cl
us
Per niente
Danni al feto in gravidanza
ce
Poco
Abbastanza
Molto
Totale
pe
ru
til
iz
zo
es
Poco
5,0
6,2
5,2
Abbastanza
27,7
23,0
26,7
Molto
64,0
67,7
64,8
Dati mancanti visite alcologiche: rispettivamente 22, 17, 15, 17, 12, 14, 15, 17, 16, 19, 32. Dati mancanti colloqui motivazionali: rispettivamente 3, 2, 2, 2, 2, 1, 2, 5, 3, 2, 3
8. Viene al Servizio di Alcologia per la Visita alcologica per la patente di guida?
Si → (passare alla dom. 18)
80,1
No → (passare alla dom. 9 successiva)
19,9
9. Indichi i soggetti attualmente coinvolti nel Suo programma di trattamento
Servizio di Alcologia
Comunità terapeutica
Club alcolisti in trattamento
Alcolisti anonimi
Altre strutture privato sociale
Ser.T
Servizi sociali
46,2
5,9
33,6
4,2
1,7
0,8
7,6
Non tenuti a rispondere: 274
278
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
10. Quanto condivide la possibilità di raggiungere i seguenti obiettivi con i progetti terapeutici erogati dal/dai Servizio/i da cui è attualmente seguito?
Astensione dall'uso della sostanza
per la quale si è richiesto il trattamento (astinenza)
Riduzione/risoluzione della sofferenza fisica
Del tutto
50,8
Molto
30,7
Abbastanza
6,2
Poco
7,7
Per niente
4,6
28,3
30,0
30,0
6,7
5,0
34,9
38,1
20,6
3,2
3,2
36,2
25,9
19,0
8,6
10,3
Riduzione / risoluzione dei problemi
famigliari
Riduzione di altri problemi sociali e
legali
Non tenuti a rispondere: 274. Dati mancanti: rispettivamente 3, 8, 5, 10
11. Rispetto al suo primo colloquio presso il Servizio di Alcologia, potrebbe esprimere il suo
grado di accordo rispetto alle seguenti affermazioni?
Molto
d’accordo
Del tutto
d’accordo
9,1
48,5
30,3
17,5
41,2
33,3
4,7
17,9
17,2
12,4
42,2
14,3
29,6
12,5
32,3
22,6
16,1
16,1
12,9
3,1
3,1
14,1
54,7
25,0
3,0
6,1
16,6
47,0
27,3
3,0
1,5
13,6
42,5
39,4
4,5
7,6
3,2
4,8
us
til
iz
zo
es
cl
6,3
42,9
iv
o
re
ce
ns
io
ne
Poco
d’accordo
pe
ru
Gli operatori sono in grado di
capire il tipo di aiuto di cui ho
bisogno
Sono ben informato/a sul mio
progetto di trattamento
Mi sono sentito compreso e capito
Non ho ricevuto l’aiuto che speravo
Non ho avuto abbastanza tempo
per parlare a fondo dei miei problemi
Ho fiducia negli operatori che mi
seguono
Credo che gli operatori possano
davvero aiutarmi rispetto al problema di uso di alcol
L’accoglienza è stata adeguata
Né
d’accordo
né in disac.
Per niente
d’accordo
Non tenuti a rispondere: 274. Dati mancanti: rispettivamente 2, 5, 4, 12, 6, 4, 2, 2
12. Da quanto tempo frequenta il servizio di Alcologia?
è la prima volta → (passare alla dom. 18)
da meno di un mese → (passare alla dom. 13 successiva)
da meno di tre mesi → (passare alla dom. 13 successiva)
da meno di sei mesi → (passare alla dom. 13 successiva)
da meno di 1 anno → (passare alla dom. 13 successiva)
da più di un anno → (passare alla dom. 13 successiva)
29,4
10,2
7,4
7,4
1,5
44,1
Non tenuti a rispondere: 274
279
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
Poco
d’accordo
Né
d’accordo
né disac.
Molto
d’accordo
Del tutto
d’accordo
Gli operatori sono in grado di
capire il tipo di aiuto di cui ho
bisogno
6,4
4,3
10,6
55,3
23,4
Sono ben informato/a sul mio
progetto di trattamento
2,1
6,4
12,8
53,2
25,5
Nei momenti di difficoltà mi sento seguito dagli operatori
4,3
4,3
14,9
57,4
19,1
Gli operatori sono facilmente contattabili
4,3
4,3
12,8
63,7
14,9
Il numero di colloqui o visite che
mi propongono gli operatori mi
sembra adeguato
4,5
6,8
18,2
52,3
18,2
Non ho ricevuto l’aiuto che speravo
56,5
23,9
6,6
8,7
4,3
Non ho avuto abbastanza tempo
per parlare a fondo dei miei problemi
37,0
23,9
23,9
8,7
6,5
Ho fiducia negli operatori che mi
seguono
4,4
-
17,8
57,8
20,0
Credo che gli operatori possano
davvero aiutarmi rispetto al problema di uso di alcol
2,2
6,5
19,6
45,6
26,1
Il Servizio di Alcologia è attento
alle caratteristiche degli utenti nel
proporre il progetto di trattamento
2,2
8,7
17,4
47,8
23,9
8,7
13,0
50,0
26,1
ce
re
iv
us
cl
es
zo
til
iz
ru
pe
L’accoglienza ricevuta la prima
volta che mi sono rivolto/a al servizio è stata adeguata
ns
io
ne
Per niente
d’accordo
o
13. Rispetto alla sua esperienza presso il Servizio di Alcologia e al trattamento che sta ricevendo, esprima il suo grado di accordo rispetto alle seguenti affermazioni?
2,2
Non tenuti a rispondere: 294. Dati mancanti: rispettivamente 1, 1, 1, 1, 4, 2, 1, 2, 2, 2
14. Esprima il suo livello di soddisfazione rispetto alle strutture e ai servizi del Servizio di
Alcologia:
Molto insoddisf.
Insoddisf.
Né soddisf.
né insodd.
Soddisfatto
Molto soddisf.
I parcheggi
13,6
18,2
25,0
38,6
4,6
Gli orari di apertura
6,9
11,6
14,0
60,5
7,0
Gli spazi per l’attesa
7,0
11,6
9,3
67,4
4,7
Le informazioni che si trovano
nella bacheca o nei poster
2,3
4,7
20,9
67,4
4,7
I locali (uffici, corridoi, infermeria)
2,3
6,8
20,5
65,9
4,5
280
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
dom. 14: prosegue
Molto
insoddisf.
Insoddisf.
Né soddisf. né
insodd.
Soddisfatto
Molto
soddisf.
Rispetto della riservatezza
4,5
4,5
11,5
54,5
25,0
Pulizia dei servizi igienici
2,3
2,3
6,8
77,2
11,4
I tempi di attesa fra la prenotazione
e la prestazione (colloquio, visita)
2,3
4,6
4,5
75,0
13,6
Non tenuti a rispondere: 294. Dati mancanti: rispettivamente 4, 5, 5, 5, 4, 4, 4, 4
15. Come ritiene siano cambiati i seguenti aspetti della sua vita da quando sta seguendo il
trattamento?
È rimasto uguale
È peggiorato
71,2
60,0
59,1
65,2
35,6
71,8
73,9
60,0
71,7
48,9
24,4
26,7
31,8
30,4
53,3
23,9
21,7
33,3
21,8
44,4
4,4
13,3
9,1
4,4
11,1
4,3
4,4
6,7
6,5
6,7
re
ce
ns
io
ne
È migliorato
cl
us
iv
o
Le relazioni familiari
Le relazioni con gli amici
Il rapporto con il /la partner
L’autostima
La condizione economica
La salute
Il benessere psicologico
La fiducia nel futuro
La qualità della vita
Il lavoro/lo studio
zo
es
Non tenuti a rispondere: 294. Dati mancanti: rispettivamente 3, 3, 4, 2, 3, 2, 2, 3, 2, 3
til
iz
16. Ha mai avuto esperienze di Comunità Terapeutica?
ru
Si → (passare alla dom. successiva)
pe
33,6
No → (passare alla dom. 18)
66,7
17. Esprima il suo grado di accordo rispetto alle seguenti affermazioni riferite all’ultima
esperienza di comunità
Per niente
d’accordo
Poco
d’accordo
Né
d’accordo
né disac.
Molto
d’accordo
Del tutto
d’accordo
Gli operatori sono in grado di capire
il tipo di aiuto di cui ho bisogno
Sono ben informato/a sulle decisioni
prese rispetto al mio trattamento
Nei momenti di difficoltà mi sento
seguito dagli operatori
18,8
6,3
6,3
56,3
12,3
18,8
12,5
12,5
43,7
12,5
12,5
12,5
25,0
43,8
6,2
Gli operatori sono facilmente contattabili
Non ho ricevuto l’aiuto che speravo
18,8
6,3
24,9
43,7
6,3
56,3
18,7
18,7
-
6,3
281
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
dom. 17 prosegue
Poco
d’accordo
Né
d’accordo
né disac.
Molto
d’accordo
Del tutto
d’accordo
Il numero di colloqui o visite che
mi propongono gli operatori mi
sembra adeguato
25,0
-
18,8
43,8
12,4
Non ho avuto abbastanza tempo per
parlare a fondo dei miei problemi
I problemi di dipendenza da sostanze possono essere risolti grazie
alla Comunità terapeutica
Ho fiducia negli operatori che mi
seguono
Credo che gli operatori possano
davvero aiutarmi rispetto al problema di uso di sostanze
Le terapie ricevute sono adeguate
rispetto al problema dell’uso di
sostanze
37,4
12,5
31,3
12,5
6,3
18,8
12,5
25,0
31,2
12,5
18,8
-
25,0
50,0
6,2
12,4
-
25,0
56,3
6,3
12,5
6,3
18,8
50,0
12,4
La comunità terapeutica è attenta
alle caratteristiche degli utenti nel
proporre il percorso terapeutico
L’attuale posizione della comunità
terapeutica favorisce l’anonimato
degli utenti
L’accoglienza ricevuta la prima
volta che mi sono rivolto/a alla
Comunità terapeutica è stata adeguata
12,5
12,5
18,8
37,4
18,8
12,5
18,8
31,2
25,0
12,5
25,0
31,2
18,8
-
pe
Non tenuti a rispondere: 326
ru
til
iz
zo
es
cl
25,0
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
Per niente
d’accordo
18. Sesso
Visite
Colloqui
Maschio
92,1
65,0
Totale
86,9
Femmina
7,9
35,0
13,1
Dati mancanti visite alcologiche: 22. Dati mancanti colloqui motivazionali: 8
19. Residenza
Visite
Colloqui
Trento
21,0
26,5
Totale
22,1
Provincia di Trento
77,5
72,1
76,4
Altra Provincia (spec.)
1,5
1,4
1,5
Dati mancanti visite alcologiche: 3
282
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
20. Età
fino a 22 anni
da 23 a 30 anni
da 31 a 38 anni
da 39 a 46 anni
da 47 a 54 anni
oltre 54 anni
Visite
Colloqui
Totale
12,4
33,2
18,7
12,9
12,4
10,4
3,6
13,8
10,3
31,0
17,2
24,1
10,7
29,4
17,1
16,4
13,4
13,0
Dati mancanti visite alcologiche: 33; età media 35,68 (+/- 12,8 anni), età mediana 32 anni, età modale 30
anni. Dati mancanti colloqui motivazionali: 10; età media 44,62 (+/- 12,6 anni), età mediana 43,5 anni,
età modale 42 anni
21. Cittadinanza
Italiana
Straniera
Visite
Colloqui
Totale
95,2
4,8
95,3
4,7
95,2
4,8
ne
Dati mancanti visite alcologiche: 25. Dati mancanti colloqui motivazionali: 4
Colloqui
65,1
36,9
Coniugato/a
Separato/a
Divorziato/a
Vedovo/a
23,3
6,4
3,2
2,0
35,4
15,4
9,2
3,1
Totale
ce
Visite
Celibe/Nubile
ns
io
22. Stato civile
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
re
59,2
25,8
8,3
4,5
2,2
pe
23. Figli
ru
Dati mancanti visite alcologiche: 25. Dati mancanti colloqui motivazionali: 3
Visite
32,3
67,7
Sì
No
Colloqui
54,7
45,3
Totale
36,9
63,1
Dati mancanti visite alcologiche: 26. Dati mancanti colloqui motivazionali: 4
24. Dove vive
Abitazione privata
Albergo/pensione
Comunità terap., carcere, ricovero
Senza dimora
Altro (specificare: )
Visite
Colloqui
Totale
97,2
0,8
0,4
1,6
92,3
4,6
1,6
1,5
96,2
0,6
1,0
0,6
1,6
Dati mancanti visite alcologiche: 26. Dati mancanti colloqui motivazionali: 3
283
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
25. Con chi vive
Genitori
Con mio padre
Con mia madre
Partner
Amici
Solo
Solo con i figli
Con i figli e partner
Altro
Visite.
Colloqui
Totale
36,0
1,7
4,0
17,0
2,0
21,9
0,8
16,6
-
10,9
4,7
7,8
21,9
1,6
20,3
6,3
25
1,5
30,9
2,3
4,8
18,0
1,9
21,5
1,9
18,3
0,4
Dati mancanti visite alcologiche: 27. Dati mancanti colloqui motivazionali: 4
26. Titolo di studio
Colloqui
1,6
4,7
45,3
21,8
25,0
1,6
Totale
0,6
7,4
36,7
18,1
32,7
4,5
re
ce
ns
io
ne
Visite
0,4
8,2
34,3
17,1
34,7
5,3
Nessuno
Licenza Elementare
Diploma di scuola media inferiore
Corso di formazione professionale
Diploma di scuola media superiore
Laurea/Diploma Universitario
us
iv
o
Dati mancanti visite alcologiche: 29. Dati mancanti colloquio motivazionali: 4
es
cl
27. Indichi, per favore, la professione da Lei svolta attualmente
pe
ru
til
iz
zo
Lavoro dipendente: Dirigente
Funzionario/a
Insegnante
Impiegato/a
Capo operaio, operaio spec.
Operaio/a comune
Lavoro autonomo: Imprenditore/imprenditrice
Libero/a professionista
Artigiano/a
Commerciante
Coltivatore diretto/a
Non lavora:
Disoccupato, in cerca di occ.
Pensionato/a
Invalido
Casalinga
Studente/studentessa
Visite
2,1
Colloqui
-
0,4
0,8
15,2
21,6
25,9
4,9
5,3
7,8
3,3
0,8
2,9
4,5
0,4
4,1
3,2
17,5
6,3
28,6
1,6
1,6
11,1
3,2
7,8
9,5
3,2
3,2
3,2
Totale
1,6
0,3
1,3
15,7
18,2
26,5
4,2
4,6
8,5
3,3
0,7
3,9
5,6
0,7
1,0
3,9
Dati mancanti visite alcologiche: 31. Dati mancanti colloquio motivazionali: 5
284
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
28. Indichi il titolo di studio dei Suoi genitori
Padre
Madre
Visite
Colloqui
Totale
Visite
Colloqui
Totale
Nessun titolo
Licenza elementare
Diploma di scuola media
inferiore
7,0
33,9
25,7
6,9
46,6
25,9
6,9
36,5
25,7
6,0
29,2
30,9
6,8
50,8
22,0
6,2
33,6
29,1
Corso di formazione
professionale
Diploma di scuola media
superiore
Diploma universitario o
laurea
8,7
5,2
8,0
12,4
6,8
11,3
20,4
13,8
19,1
18,5
11,9
17,1
4,3
1,6
3,8
3,0
1,7
2,7
Dati mancanti visite alcologiche: rispettivamente 44, 41. Dati mancanti colloqui motivazionali: rispettivamente 10, 9
29. Indichi la professione svolta attualmente dai Suoi genitori (se pensionati o deceduti, inserire l’ultima professione svolta)
1,8
7,3
3,6
1,8
io
4,4
1,9
0,5
4,9
Totale
Visite
Colloqui
Totale
3,8
3,1
1,1
4,2
1,0
1,0
5,8
9,7
1,8
3,6
5,4
0,8
1,1
5,3
8,7
ns
Colloqui
14,5
16,5
6,3
3,6
5,7
27,3
20,7
10,1
8,9
9,9
zo
17,0
til
iz
es
cl
us
iv
o
re
ce
Visite
18,9
pe
ru
Lavoro dipendente:
Dirigente
Funzionario/a
Insegnante
Impiegato/a
Capo operaio/a, operaio/a
specializzato/a
Operaio/a comune
Lavoro autonomo:
Imprenditore/imprenditrice
Libero/a professionista/lavoratore autonomo
Artigiano/a
Commerciante
Coltivatore/coltivatrice diretto
Non lavora:
Disoccupato/a o in cerca di
occupazione
Invalido
Casalinga
Studente/studentessa
Altro (specificare: )
Madre
ne
Padre
5,8
-
4,6
2,9
-
2,3
6,8
3,6
6,1
1,4
-
1,1
10,2
5,8
3,4
5,5
1,8
7,3
9,2
5,0
4,2
1,4
3,4
1,9
3,6
1,1
2,7
2,3
-
-
-
-
-
-
0,5
19,9
25,5
0,4
21,1
1,0
41,1
1,4
11,6
1,8
51,8
1,8
17,7
1,1
43,4
1,6
12,9
Dati mancanti visite alcologiche: rispettivamente 68 e 67. Dati mancanti colloqui motivazionali: rispettivamente 13 e 12
285
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
30. Rispetto alla Sua condizione economica attuale, a quale categoria ritiene di appartenere?
Reddito basso
Reddito medio-basso
Reddito medio
Reddito medio-alto
Reddito alto
Visite
Colloqui
Totale
17,1
25,9
46,9
7,9
2,2
38,6
35,1
24,6
1,7
-
21,4
27,7
42,5
6,7
1,7
Dati mancanti visite alcologiche: 46. Dati mancanti colloqui motivazionali: 11
31. Rispetto alla condizione economica della Sua famiglia di origine, in quale categoria la
collocherebbe?
Reddito basso
Reddito medio-basso
Reddito medio
Reddito medio-alto
Reddito alto
Visite
Colloqui
Totale
12,9
26,7
47,1
10,2
3,1
30,4
37,5
23,2
8,9
-
16,4
28,8
42,3
10,0
2,5
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
Dati mancanti visite alcologiche: 49. Dati mancanti colloqui motivazionali: 12
286
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
5. Gli operatori del Ser.T e delle Comunità terapeutiche5
1. Secondo Lei, le seguenti sostanze sono droghe?
Eroina
Nicotina
Caffeina
Cocaina
Amfetamine
Hashish/marijuana
Alcol
Ecstasy
Lsd
Si
No
Non so
100
67,2
40,3
100
100
97
89,6
100
100
28,4
46,3
1,5
7,4
-
4,4
13,4
1,5
3
-
5
ce
ns
io
54,5
21,2
39,4
31,8
1,5
39,4
19,7
13,6
10,6
10,6
4,5
31,8
6,1
re
o
iv
us
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
Per la ricerca di emozioni
Per la curiosità
Per gli effetti attesi della sostanza
Per problemi familiari
Per problemi sul lavoro o a scuola
Per solitudine
Per la pressione esercitata dal gruppo di amici
Per divertimento
Per problemi sociali o economici
Per la mancanza di forza di volontà
Perché così fanno tutti
Per socializzare
Per cultura e/o tradizione familiare
Per abitudine
Perchè si è sempre fatto
Per la compagnia
ne
2. A suo avviso, quali sono le ragioni principali per cui le persone sperimentano le droghe?
Scelga le 3 ragioni che più si avvicinano alla sua opinione.
Gli operatori che hanno partecipato all’indagine sono 67.
287
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
3. Secondo lei, quali sono le conseguenze derivanti dal consumo delle seguenti sostanze?
a. È dannosa per la salute
per nulla
poco
abbastanza
molto
moltissimo
-
1,5
6
16,4
76,1
3
4,5
1,5
-
4,5
56,1
16,4
1,5
26,8
31,8
4,5
4,6
35,8
7,6
4,5
4,5
40,3
9,1
14,9
26,2
29,9
37,9
16,4
14,9
28,4
80,6
69,2
13,4
53
79,1
79,1
Eroina
Nicotina
Caffeina
Cocaina
Amfetamine
Hashish/marijuana
Alcol
Ecstasy
LSD
Dati mancanti: rispettivamente 0, 0, 1, 2, 0, 1, 0, 0
b. Determina dipendenza
poco
abbastanza
molto
moltissimo
7,6
1,5
1,5
1,5
1,5
4,5
30,3
6
16,4
11,9
9
13,6
43,9
3
19,4
37,3
10,8
23,9
23,8
7,5
47
16,7
25,4
29,8
25,4
36,9
28,4
28,4
92,5
39,4
1,5
71,6
43,3
19,4
50,8
34,3
34,3
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
per nulla
zo
Eroina
Nicotina
Caffeina
Cocaina
Amfetamine
Hashish/marijuana
Alcol
Ecstasy
LSD
ru
til
iz
Dati mancanti: rispettivamente 0, 1, 1, 0, 0, 0, 2, 0, 0
pe
c. Causa problemi nella vita delle persone (in famiglia, sul lavoro, legali, ….)
Eroina
Nicotina
Caffeina
Cocaina
Amfetamine
Hashish/marijuana
Alcol
Ecstasy
LSD
per nulla
poco
abbastanza
molto
moltissimo
29,9
64,2
1,5
3
1,5
-
44,7
23,9
3
1,5
21,2
3
3
1,5
3
20,9
7,4
4,4
9
25,8
4,5
11,9
13,4
9
3
3
23,9
29,9
22,7
24,3
23,9
25,4
88
1,5
1,5
68,7
58,1
27,3
66,7
61,2
59,7
Dati mancanti: rispettivamente 0, 0, 0, 0, 0, 1, 1, 0, 0
288
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
4. Potrebbe esprimere il suo grado di accordo rispetto alle seguenti affermazioni?
per niente
d'accordo
poco d'accordo
È responsabilità della scuola e/o
della famiglia educare i giovani
sulle droghe
-
4,5
nè d'accordo nè
contrario
3
Il modo migliore per affrontare il
problema delle droghe illegali è
agire sullo spaccio limitando l'offerta
Se le persone assumono droghe è
affare loro
C'è bisogno di una legge più severa per controllare il consumo di
sostanze illegali
Solo le sostanze illegali costituiscono un problema
La maggior parte dei consumatori
di droghe è in grado di autolimitare il proprio consumo
Se le informazioni sui rischi collegati al consumo di droghe fossero più diffuse, ci sarebbero meno
problemi di abuso
Tutte le sostanze, legali e illegali,
sono dannose, perciò occorre
proibirne l'uso
9
37,2
47,8
59,7
32,8
19,4
25,4
9
38,8
11,9
1,5
-
28,4
41,7
9
14,9
6
68,6
25,4
3
3
-
38,8
47,7
9
4,5
-
14,9
41,8
19,4
19,4
4,5
37,9
16,7
7,6
4,5
41,8
11,9
1,5
3
25,4
34,2
28,4
9
iv
o
re
ce
ns
io
ne
del tutto
d'accordo
zo
es
cl
us
33,3
til
iz
41,8
pe
ru
Ognuno dovrebbe essere lasciato
libero di assumere sostanze, purché non crei problemi agli altri
Chi abusa di sostanze ha alle spalle problemi familiari
molto
d'accordo
3
5. Che cosa è la tossicodipendenza da sostanze psico-attive? Indichi il suo grado di accordo
rispetto alle seguenti affermazioni:
È un problema psicologico
dell’individuo
Del tutto
d’accordo
Molto
d’accordo
Né
d’accordo
né contrario
Poco
D’accordo
Per niente
d’accordo
23,9
59,7
10,4
6
-
9
28,4
22,3
28,4
11,9
È una malattia del cervello
4,5
7,6
21,2
30,3
36,4
È un problema sociale
28,4
61,2
7,4
3
-
È un vizio
7,6
12,1
16,7
30,3
33,3
È un fenomeno multicausale
68,2
18,2
6,1
6,1
1,4
È un problema di ordine pubblico
289
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
6. Secondo Lei, la tossicodipendenza è associata a:
Spesso
A volte
Raramente
Mai
25,8
4,5
19,7
47,7
30,3
43,3
22,7
4,5
1,5
-
3
22,4
47,7
26,9
-
-
31,3
37,3
22,4
9
-
-
3
10,4
16,4
44,8
44,8
43,3
35,8
1,5
-
-
4,5
6
13,4
11,9
50,7
38,8
28,4
37,3
3
4,5
1,5
3
3
23,9
65,6
4,5
-
1,5
3
38,7
46,3
9
1,5
ce
ns
io
ne
Quasi
sempre
re
Un disturbo psichiatrico
Un desiderio irrefrenabile (al
di sopra della volontà) di
assumere le sostanze
Una compromissione dei
rapporti familiari
Un elevato grado di sofferenza psicologica
Un degrado sociale
Una difficoltà di mantenere
gli impegni lavorativi/scolastici
Un disturbo della personalità
Un trauma psicologico nella
storia personale
Una crisi importante della
relazione genitoriale, separazioni e/o divorzi
Un reato correlato e/o atti di
devianza nella storia personale
Sempre
cl
us
iv
o
7. Esprima il suo grado di accordo rispetto alle seguenti affermazioni inerenti il consumo
non problematico di sostanze:
zo
es
a. Il consumatore non problematico di alcool è:
Molto
d’accordo
Abbastanza
d’accordo
Poco
d’accordo
Per niente
d’accordo
25,4
31,3
20,9
19,4
3
3
10,4
29,9
41,8
14,9
9
29,8
17,9
35,8
7,5
-
9
11,9
37,3
41,8
3
9
6
25,3
56,7
ru
til
iz
Del tutto
d’accordo
pe
Colui che beve prevalentemente ai
pasti
Colui che ne fa un “uso sociale”,
anche fuori dai pasti
Colui che assume alcol in quantità
anche giornaliere a “basso rischio”
Colui che, indipendentemente dalle
quantità di alcol bevuto, non presenta problemi fisici, psichici, sociali
Colui che, pur assumendo forti
quantità di alcol in certi contesti
(ricreazionali ad es.), riesce ad autoregolare l’uso nel quotidiano
290
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
b. Il consumatore non problematico di hashish e marijuana è:
Del tutto
d’accordo
Molto
d’accordo
Abbastanza
d’accordo
Poco
d’accordo
Per niente
d’accordo
56,7
20,9
11,9
9
1,5
7,5
20,8
25,4
37,3
9
3,1
6,2
12,3
41,5
36,9
-
1,5
3,1
13,9
81,5
Del tutto
d’accordo
Molto
d’accordo
Abbastanza
d’accordo
Poco
d’accordo
Per niente
d’accordo
16,4
28,4
23,9
20,9
10,4
1,5
1,5
6
29,8
61,2
-
-
1,5
11,9
86,6
-
-
-
3
97
Molto
d’accordo
Abbastanza
d’accordo
Poco
d’accordo
Per niente
d’accordo
19,4
29,9
22,4
20,8
7,5
1,5
3
9
32,8
53,7
-
1,5
4,5
10,4
83,6
-
-
-
3
97
Colui che ha fumato hashish/ marijuana almeno una volta nella vita
Colui che fuma hashish/ marijuana
almeno una volta al mese
Colui che fuma hashish/ marijuana
almeno una volta alla settimana
Colui che fuma hashish/ marijuana
tutti i giorni
Dati mancanti: rispettivamente 0, 0, 2, 2
re
ce
ns
io
Colui che ha consumato eroina almeno una volta nella vita
Colui che consuma eroina almeno
una volta al mese
Colui che consuma eroina almeno
una volta alla settimana
Colui che consuma eroina tutti i
giorni
ne
c. Il consumatore non problematico di eroina è:
us
iv
o
Dati mancanti: rispettivamente 0, 0, 0, 1
es
cl
d. Il consumatore non problematico di cocaina è:
til
iz
zo
Del tutto
d’accordo
pe
ru
Colui che ha consumato cocaina
almeno una volta nella vita
Colui che consuma cocaina almeno
una volta al mese
Colui che consuma cocaina almeno
una volta alla settimana
Colui che consuma cocaina tutti i
giorni
8. Esprima il suo grado di accordo rispetto alle seguenti definizioni:
a. L’alcolista è:
Colui che non riesce a fare a meno
di bere tutti i giorni
Colui che sta male quando non può
consumare alcool
Colui che beve da solo
Per niente
d’accordo
Poco
d’accordo
Abbastanza
d’accordo
Molto
d’accordo
Del tutto
d’accordo
-
7,5
11,9
31,3
49,3
-
-
7,5
26,8
65,7
7,7
24,5
23,1
26,2
18,5
291
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
dom. 8a: prosegue
Per niente
d’accordo
Poco
d’accordo
Abbastanza
d’accordo
Molto
d’accordo
Del tutto
d’accordo
1,5
3
15,2
34,8
45,5
-
6,1
12,1
36,4
45,4
-
1,6
11,8
43,3
43,3
3
9,1
22,7
25,8
39,4
-
-
11,9
41,8
46,3
Abbastanza
d’accordo
Molto
d’accordo
Del tutto
d’accordo
13,7
30,3
54,5
4,6
39,4
51,5
19,7
25,8
21,2
30,3
1,5
3,0
6,1
33,3
56,1
-
7,6
19,7
31,8
40,9
-
4,6
13,8
38,5
43,1
1,5
18,5
15,4
24,6
40,0
1,5
6,1
15,2
37,8
39,4
Colui che con il passare del tempo
aumenta progressivamente la quantità di alcool bevuto
Colui che ha problemi familiari/relazionali causati dal consumo di
alcool
Colui che ha problemi lavorativi/scolastici causati dal consumo di
alcool
Colui che ha problemi legali causati
dal consumo di alcool
Colui che ha problemi sanitari causati dal consumo di alcool
Dati mancanti: rispettivamente 0, 0, 2, 1, 1, 0, 1, 0
b. Il consumatore problematico di hashish e marijuana è:
-
1,5
3,0
1,5
ru
pe
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
Poco
d’accordo
zo
3,0
til
iz
Colui che non riesce a fare a meno
di fumare hashish/marijuana tutti i
giorni
Colui che con il passare del tempo
aumenta progressivamente la quantità di hashish/marijuana o la frequenza d’uso
Colui che fuma hashish/marijuana
spesso da solo
Colui che sta male quando non può
fumare hashish/marijuana
Colui che ha problemi familiari/relazionali causati dall’uso regolare di hashish/marijuana
Colui che ha problemi lavorativi/scolastici causati dal suo consumo
Colui che ha problemi legali derivati
dal suo consumo
Colui che ha problemi sanitari causati dal suo consumo
Per niente
d’accordo
c. Il consumatore problematico/abusatore di eroina è:
Colui che non riesce a fare a meno
di usare eroina tutti i giorni
Colui che con il passare del tempo
aumentato la quantità di consumata
di eroina
Per niente
d’accordo
Poco
d’accordo
Abbastanza
d’accordo
Molto
d’accordo
Del tutto
d’accordo
-
-
6,0
17,9
76,1
1,5
-
1,5
25,4
71,6
292
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
dom. 8c: prosegue
Per niente
d’accordo
Poco
d’accordo
Abbastanza
d’accordo
Molto
d’accordo
Del tutto
d’accordo
-
-
3,0
17,9
79,1
6,0
4,5
11,9
23,9
53,7
-
1,5
11,9
34,4
52,2
-
1,5
6,1
39,4
53,0
1,5
9,1
12,1
28,8
48,5
-
4,5
7,5
34,3
53,7
Colui che sta male quando non può
consumare eroina
Colui che consuma eroina per via
endovenosa
Colui che ha problemi familiari/relazionali causati dal consumo di
eroina
Colui che ha problemi lavorativi/scolastici causati dal consumo di
eroina
Colui che ha problemi legali causati
dal consumo di eroina
Colui che ha problemi sanitari causati dal consumo di eroina
d. Il consumatore problematico/abusatore di cocaina è:
Abbastanza
d’accordo
Molto
d’accordo
Del tutto
d’accordo
-
1,5
7,5
35,8
55,2
-
1,5
34,3
62,7
3,0
4,5
28,3
64,2
7,5
9,0
6,0
20,8
56,7
-
1,5
9,0
38,8
50,7
1,5
3,0
9,0
38,7
47,8
1,5
9,0
17,9
29,9
41,7
-
4,5
9,1
39,4
47,0
ru
pe
ce
ns
io
ne
Poco
d’accordo
cl
zo
es
-
us
iv
o
re
1,5
til
iz
Colui che fa un uso quotidiano, anche per periodi di tempo limitati, di
cocaina
Colui che con il passare del tempo
aumenta progressivamente la quantità di cocaina consumata
Colui che, se ne ha la possibilità, fa
“abbuffate” di cocaina in un breve
arco di tempo
Colui che consuma cocaina per via
endovenosa
Colui che ha problemi familiari/relazionali causati dal consumo di
cocaina
Colui che ha problemi lavorativi/scolastici causati dal consumo di
cocaina
Colui che ha problemi legali causati
dal consumo di cocaina
Colui che ha problemi sanitari causati dal consumo di cocaina
Per niente
d’accordo
293
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
9. Fra le attività elencate e svolte presso il Ser.T, quali la soddisfano e quali andrebbero migliorate a suo avviso?
Sono soddisfatto/a
della prestazione
erogata
Non sono soddisfatto/a, andrebbe
migliorata
Non so
56,1
64,9
45,6
56,1
38,6
56,1
19,3
10,5
26,3
26,4
43,9
19,3
24,6
24,6
28,1
17,5
17,5
24,6
Assistenza medica
Assistenza infermieristica
Psicoterapia con i familiari
Sostegno psicologico
Sostegno sociale
Altre prestazioni di area sociale (spec….)
Non tenuti a rispondere: 7. Dati mancanti: rispettivamente 2, 2, 2, 2, 2
10. Ha mai avuto esperienze professionali all’interno di una Comunità Terapeutica?
Si (→ passare alla dom. 11 successiva)
No (→ passare alla dom. 12 )
56,7
43,3
11. Fra le attività elencate e svolte presso la Comunità Terapeutica, quali la soddisfano e
quali andrebbero migliorate a suo avviso?
Non so
29,7
32,4
13,5
10,8
39,5
45,9
29,7
34,3
52,8
18,4
34,2
30,6
13,2
13,5
2,7
28,6
16,7
5,3
7,9
5,6
ne
Non sono soddisfatto/a, andrebbe migliorato
iv
o
re
ce
56,8
56,8
47,3
40,6
67,6
37,1
30,5
76,3
57,9
63,8
us
cl
es
pe
ru
til
iz
zo
Attività manuali in laboratorio
Attività ricreative svolte all’esterno della
Comunità
Attività sportive
Attività espressive
Assistenza medica
Assistenza infermieristica
Psicoterapia con i familiari
Psicoterapia di gruppo
Sostegno psicologico
Sostegno sociale
Altre prestazioni di area sociale (specif..)
ns
io
Sono soddisfatto/a
della prestazione
erogata
Non tenuti a rispondere: 29. Dati mancanti: rispettivamente 0, 0, 1, 0, 0, 2, 1, 0, 0, 2
12. Quanto condivide la possibilità di raggiungere i seguenti obiettivi con i progetti terapeutici erogati dal Servizio in cui lavora?
Del tutto
Molto
Abbastanza
Poco
Per niente
Astensione dall’uso della sostanza per la
quale si è richiesto il trattamento (astinenza)
-
3,5
40,3
31,6
24,6
Riduzione della sofferenza fisica
-
1,8
29,8
43,8
24,6
3,5
14,0
36,8
28,2
17,5
Riduzione / risoluzione dei problemi che
hanno causato la dipendenza
294
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
dom. 12: prosegue
Del tutto
Molto
Abbastanza
Poco
Per niente
5,3
19,3
26,3
29,8
19,3
1,8
3,5
14,0
50,9
29,8
Guarigione dalla tossicodipendenza
8,9
30,4
32,1
12,5
16,1
Riduzione di altri problemi sociali (es.
perdita del posto di lavoro) legali (arresto)
1,8
3,5
33,3
47,4
14,0
Il raggiungimento del migliore benessere
possibile anche senza la completa astinenza
Riduzione del pericolo di overdose o di
altri rischi sanitari correlati all’uso di sostanze
Non tenuti a rispondere: 7
13. Quanto ritiene utili i seguenti trattamenti, nella dipendenza da eroina?
Molto
utile
Né utile,
né inutile
Poco
utile
Per niente
utile
29,2
60,0
7,7
3,1
-
6,1
22,7
22,7
40,9
7,6
6,1
34,8
25,8
28,8
4,5
Trattamento sociale
21,2
65,2
9,1
3,0
1,5
Trattamento psicologico
34,8
54,6
9,1
1,5
-
Trattamento integrato (farmacologico, psicosociale, residenziale
in successione o paralleli)
67,2
1,5
1,5
-
io
ns
ce
re
o
us
iv
Trattamento in Comunità Terapeutica
Trattamento farmacologico breve
(< 6 mesi)
Trattamento farmacologico protratto (> 6 mesi)
ne
Del tutto
utile
zo
es
cl
29,8
ru
til
iz
Dati mancanti: rispettivamente 3, 2, 2, 2, 2, 1
pe
14. Quanto ritiene utili i seguenti trattamenti, nella dipendenza da cocaina?
Del tutto
utile
Molto
utile
Né utile,
né inutile
Poco
utile
Per niente
utile
29,2
43,1
15,4
12,3
-
6,3
23,4
31,3
34,4
4,6
4,7
21,9
37,4
26,6
9,4
Trattamento sociale
20,0
46,2
16,9
12,3
4,6
Trattamento psicologico
34,8
54,5
9,2
1,5
-
Trattamento integrato (farmacologico, psicosociale, residenziale
in successione o paralleli)
58,2
32,8
9,0
-
-
Trattamento in Comunità Terapeutica
Trattamento farmacologico breve
(< 6 mesi)
Trattamento farmacologico protratto (> 6 mesi)
Dati mancanti: rispettivamente 3, 4, 4, 3, 2, 1
295
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
Sesso
Maschio
Femmina
30,3
69,7
Età
20 – 30 anni
31 – 40 anni
41 – 50 anni
51 – 60 anni
28,1
29,7
23,4
18,8
Posizione professionale all’interno del Ser.T
Amministrativo
Assistente Sociale
Infermiere
Medico
Operatore tecnico
Psicologo
Educatore/operatore di comunità
4,8
22,2
3,2
11,1
9,5
11,1
38,1
io
ne
Anni di esperienza nel settore delle dipendenze patologiche:
re
o
cl
es
zo
ru
pe
nessuna esperienza
da 1 a 5 anni
da 6 a 10 anni
da 11 a 15 anni
Oltre 15 anni
til
iz
Non tenuti a rispondere: 7
b. nel pubblico:
iv
34,5
40,0
12,8
9,1
3,6
us
nessuna esperienza
da 1 a 5 anni
da 6 a 10 anni
da 11 a 15 anni
Oltre 15 anni
ce
ns
a. nel privato sociale:
50,9
14,0
19,3
7,0
8,8
Non tenuti a rispondere: 7
Livello di soddisfazione complessivo del lavoro
Del tutto soddisfatto
Molto soddisfatto
Abbastanza soddisfatto
Né soddisfatto né insoddisfatto
Poco soddisfatto
Per niente soddisfatto
35,9
48,5
7,8
7,8
Dati mancanti: 3
296
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
Gli autori
Costantino Cipolla è professore ordinario di Sociologia della salute presso la Facoltà di Scienze Politiche “R. Ruffilli” dell’Università di Bologna. Dirige il corso
di alta formazione in “Metodologia della ricerca sociale ed epidemiologica applicata alle sostanze psicoattive”. Fra le sue ultime pubblicazioni, per i nostri tipi, ricordiamo: Il consumo di sostanze psicoattive oggi, “Salute e Società”, a. VI, Suppl. al
n. 1, a cura di, 2007; La normalità di una droga. Hashish e marijuana nelle società
occidentali, a cura di, 2008; (con Manuela Martoni), Droghe nella notte. Una ricerca empirica sulla costa romagnola, a cura di, 2009.
ne
Alessia Bertolazzi è docente di Sociologia e Metodologia della ricerca sociale
quantitativa presso l'Università degli studi di Macerata. Per i nostri tipi, ha pubblicato: Sociologia della droga. Un'introduzione, 2008.
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
Lorella Molteni, sociologa, è dottoranda di ricerca in Sociologia presso
l’Università degli Studi di Bologna con una tesi sul consumo di sostanze psicoattive nella popolazione femminile, e collabora in attività di ricerca con il Ser.T
dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento.
pe
ru
til
iz
zo
es
Roberta Ferrucci, laureata in Medicina e Chirurgia, Specialista in Psichiatria, psicoterapeuta ad indirizzo relazionale sistemico con Diploma di Perfezionamento in
Medicina delle Farmacotossicodipendenze, lavora attualmente come specialista
psichiatra presso il Ser.T di Trento, ove è anche Responsabile della Struttura Semplice Dirigenti Medici.
Rose Marie Callà è sociologa e dottore di ricerca in Criminologia. Si occupa di sociologia della devianza e in questo ambito svolge attività di ricerca e di didattica
presso la Facoltà di Sociologia dell'Università degli Studi di Trento e presso il
Ser.T dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento.
Roberto Pancheri è direttore del Servizio di Riferimento per le Attività Alcologiche dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento. Dal 1984 si occupa di
problemi alcolcorrelati, attivando il primo Servizio di Alcologia e i primi Club degli Alcolisti in Trattamento nella Valle dell'Adige. Ha tenuto corsi per la formazione di operatori in Alcologia in Italia e all'estero.
Francesca Guarino, sociologa, collabora con il Dipartimento di Sociologia della
Facoltà di Scienze Politiche presso l’Università degli Studi Bologna dove insegna a
contratto (Laboratorio di Ricerca sociale I-II). Recenti pubblicazioni in ambito socio-sanitario: con Costantino Cipolla (a cura di) (2009), e-Care anziani fragili.
297
© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
Una sperimentazione tra Bologna e Ferrara, FrancoAngeli, Milano; (2008), Dell'incapacità di intendere o di volere nel DSM-IV, per la rivista “Salute e società”,
anno VII, n.3.
Nadia Gadotti, diplomata presso la Scuola Superiore di Servizio Sociale di Trento,
dal 1991 è assistente sociale coordinatore presso il Nucleo Operativo Antidroga
(NOT) del Commissariato del Governo di Trento.
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
Alexandra Ramirez è laureata in Servizio Sociale presso l’Università colombiana
d'Antioquia con una tesi sulla Formulazione della Politica Pubblica di Sicurezza e
Convivenza per la città di Medellìn, che ha meritato una menzione di onore accademica. Ha conseguito in Italia la laurea specialistica in Metodologia e Organizzazione del Servizio Sociale presso l'Università di Trento, per la quale ha svolto diversi lavori di ricerca sociale.
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© Edizioni FrancoAngeli, Milano
(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
1341. Salute e Società, collana diretta da Costantino Cipolla
1341. Confronti
pe
ru
til
iz
zo
es
cl
us
iv
o
re
ce
ns
io
ne
1. Costantino Cipolla, Guido Giarelli (a cura di), Dopo l’aziendalizzazione. Nuove strategie di
governance in sanità
2. Leonardo Altieri (a cura di), Ascolto e partecipazione dei cittadini in sanità
3. Gruppo Cerfe (a cura di), Per una interdipendenza attiva tra Nord e Sud del pianeta
4. Giorgino Enzo, Willem Tousijn (a cura di), Attraversando terre incognite: una sfida per la professione infermieristica
5. Mauro Moruzzi, Antonio Maturo (a cura di), e-Care e Salute
6. Tullia Saccheri (a cura di), Prima che ... Promozione della salute e responsabilità istituzionali
7. Giovanna Vicarelli (a cura di), Il paradigma perduto? Medici nel duemila
8. Cinzia Conti, Giovanni B. Sgritta (a cura di), L’immigrazione e politiche socio-sanitarie. La
salute degli altri
9. Società Italiana di Sociologia della Salute (a cura di), La sociologia della salute in Italia: temi,
approcci, spendibilità
10. Mauro Moruzzi, Costantino Cipolla (a cura di), Telemedicina
11. Paola Maria Fiocco, Luca Mori (a cura di), La disabilità tra costruzione dell’identità e cirradinanza
12. Rosanna Memoli (a cura di), Dimensioni socio-sanitarie dell’ambiente
13. Domenico Secondulfo (a cura di), Medicina Medicine, Le cure “altre” in una società che cambia
14. Guido Giarelli, Siegfried Geyer (a cura di), Prospettive europee sui sistemi sanitari che cambiano
15. Carlo Borzaga, Luca Fazzi (a cura di), Del non profit sociosanitario
16. Raffaele Rauty (a cura di), Le contraddizioni del corpo: presenza e simbologia sociale
17. Sergio Belardinelli, Leonardo Allodi, Ivo Germano (a cura di), Bioetica del dolore
18. Marco Ingrosso (a cura di), Fra reti e relazioni: percorsi nella comunicazione della salute
19. Costantino Cipolla (a cura di), Il consumo di sostanze psicoattive oggi
20. Francesca Guarino, Licia Mignardi (a cura di), Tecnologie a rete per la salute e l’assistenza
21. Cleto Corposanto (a cura di), Sulla valutazione della qualità nei servizi sociali e sanitari
22. Andrea Gardini (a cura di), L’ospedale del XXI secolo
23. Augusto Balloni, Roberta Bisi (a cura di), Processi di vittimizzazione e reti di sostegno alle vittime
24. Nicola Porro, Sergio Raimondo (a cura di), Sport e salute
25. Francesco Maria Battisti (a cura di), Cronicità e dimensioni socio-relazionali
26. Giuseppe Costa, Cesare Cislaghi, Nicola Caranci (a cura di), Disuguaglianze sociali di salute.
Problemi di definizione e di misura
27. Ilaria Iseppato, Simona Rimondini (a cura di), Le reti dell’accesso per la sanità e l’assistenza
1341.1. Teoria e metodologia
1. Costantino Cipolla (a cura di), Un ricordo di Solferino, oggi. Genesi e significato sociale della
Croce Rossa
2. Guido Giarelli, Il malessere della medicina. Un confronto internazionale
3. Costantino Cipolla (a cura di), Manuale di sociologia della salute. I. Teoria
4. Costantino Cipolla (a cura di), Manuale di sociologia della salute. II. Ricerca
5. Costantino Cipolla (a cura di), Manuale di sociologia della salute. III. Spendibilità
6. Paola Maria Fiocco, Teoria sociale della cura. La struttura della identità medica
7. Vincenzo Masini, Medicina narrativa. Comunicazione empatica ed interazione dinamica nella
relazione medico-paziente
8. Guido Giarelli, Medicine non convenzionali e pluralismo sanitario. Prospettive e ambivalenze
della medicina integrata
9. Roberto Vignera, Protagonisti e interpreti della sociologia sanitaria
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(è vietata la riproduzione e la messa a disposizione di terzi)
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10. Marcel Junod, Il Terzo Combattente. Dall’iprite in Abissinia alla bomba atomica di Hiroshima
11. Raffaele Federici, Rosita Garzi, Le prospettive relazionali nella ricerca sociologica della salute
12. Marco Patierno (a cura di), Insegnare la Medicina Generale
13. Antonio Maturo, Sociologia della malattia. Un’introduzione
14. Costantino Cipolla (a cura di), La normalità di una droga. Hashish e marijuana nelle società
occidentali
15. Costantino Cipolla, Antonio Maturo (a cura di), Scienze sociali e salute nel XXI secolo. Nuove
tendenze, vecchi dilemmi?
16. Marco Biocca, Roberto Grilli, Benedetta Riboldi (a cura di), La governance nelle organizzazioni sanitarie
17. Claudio Baraldi, Viola Barbieri, Guido Giarelli, Immigrazione, mediazione culturale e salute
18. Clemente Lanzetti, Linda Lombi, Michele Marzulli, Metodi qualitativi e quantitativi per la ricerca sociale in sanità
19. Tullia Saccheri, Salute e relazione sociale
20. Costantino Cipolla, Paolo Roberti di Sarsina (a cura di), Le peculiarità sociali delle medicine
non convenzionali
21. Gian Luigi Cetto (a cura di), La dignità oltre la cura. Dalla palliazione dei sintomi alla dignità
della persona
22. Leonardo Altieri, Valutazione e partecipazione. Metodologia per una ricerca interattiva e negoziale
23. Guido Giarelli, Eleonora Venneri, Sociologia della salute e della medicina. Manuale per le
professioni mediche, sanitarie e sociali
24. Maria Raffaella Rossin, Maria Pia Bianchi (a cura di), Help line. Lavoro e formazione per rispondere alle richieste di aiuto telefonico
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1341.2. Ricerca e spendibilità
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1. Costantino Cipolla, Giovanna Artioli (a cura di), La professionalità del care infermieristico. Risultati della prima indagine nazionale
2. Costantino Cipolla, Paola Maria Fiocco, Monica Troiani (a cura di), Qualità della vita e qualità della morte. L’esperienza del servizio di assistenza domiciliare oncologica dell’Ulss 20 di
Verona
3. Renata Cinotti, Costantino Cipolla (a cura di), La qualità condivisa fra servizi sanitari e cittadini. Metodi e strumenti
4. Cleto Corposanto, Luca Fazzi, Antonio Scaglia, Costruire Piani di Salute. Una sperimentazione di programmazione sanitaria della Asl 1 di Venosa
5. Costantino Cipolla (a cura di), Il contenzioso socio-sanitario. Una indagine nazionale
6. Costantino Cipolla, Annamaria Perino (a cura di), Oltre la delega. I Servizi sociali nei Comuni
delle Ausl di Rimini e Bologna Nord
7. Cleto Corposanto, Adriano Passerini (a cura di), La costruzione partecipata della Carta dei
servizi in sanità. L’esperienza dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia
Autonoma di Trento
8. Enrico Aitini, Giorni per la vita. Trent’anni di oncologia medica in Italia
9. Clemente Lanzetti, Qualità e modelli di cura, Una verifica sulle riforme in Sanità
10. Emiliana Mangone, Operatori sociali tra innovazione e rassegnazione. La riforma dell’assistenza pubblica a Salerno
11. Guido Giarelli, Byron J. Good, Mary-Jo Del Vecchio Good, Mariella Martini, Corrado Ruozi
(a cura di), Storie di cura. Medicina narrativa e medicina delle evidenze: l’integrazione possibile
12. Gedeone Baraldo, Silvana Bortolami, Costantino Cipolla (a cura di), Le segnalazioni degli
utenti in Sanità. Dalla tutela alla partecipazione: Il circolo virtuoso del reclamo
13. Costantino Cipolla, Fosco Foglietta (a cura di), La mobilità passiva in sanità. Una ricerca nella provincia di Ferrara
14. Marco Biocca (a cura di), Cittadini competenti costruiscono azioni per la salute. I Piani per la
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Salute in Emilia-Romagna 2000-2004
15. Giuseppe Remuzzi, Antonio Maturo, Tra Igea e Panacea. Riflessioni su medicina e società
16. Giuseppe Pasero, Pier Antonio Ravazzi, Per un sistema sanitario centrato sulla persona. La
riforma Bindi e la sua applicazione nella Regione Piemonte
17. Costantino Cipolla, Cleto Corposanto, Willem Tousijn (a cura di), I Medici di medicina generale in Italia
18. Manuela Martoni, Anna Putton (a cura di), Uso di sostanze psicoattive e cultura del rischio.
Una ricerca tra i giovani frequentatori di discoteche
19. Guido Giarelli, Marco Patierno (a cura di), Medici in associazione. Esperienze, problemi e prospettive dell’associazionismo in Medicina Generale
20. Costantino Cipolla, Graziano Pini, Paolo Ugolini (a cura di), Della salute dei giovani. Una ricerca nella provincia di Forlì-Cesena
21. Francesco Maria Battisti, Maurizio Esposito, Medici e nuove tecnologie. La medicina generale
di fronte al cambiamento tecnico e organizzativo della sanità
22. Davide Galesi, Fabiana Gatti, Paola De Luca, L’ascolto digitale. Nuovi media e interventi promozionali per i giovani
23. Maurizio Esposito (a cura di), Malati in carcere. Analisi dello stato di salute delle persone detenute
24. Silvio Scanagatta, Annarita Furlanetto (a cura di), Voce e consenso in Sanità. Soddisfazione e
legittimazione dei cittadini nella Regione Veneto
25. Alberto Zanutto, Innovazione tecnologica e apprendimento organizzativo. La telemedicina e il
sapere medico
26. Clemente Lanzetti, Giovanni Ricci, Milena Piscozzo, La scuola in ospedale. Risultati di una
ricerca
27. Alessia Bertolazzi, Sociologia della droga. Un’introduzione
28. Lubiano Montaguti, Lorena Pinna, Elisa Porcu (a cura di), Formazione e ruolo dell’Operatore
Socio-Sanitario. L’esperienza della Regione Sardegna
29. Angelo Ginestra, Annamaria Venere, Roberto Vignera, Elementi di comunicazione per le professioni sanitarie. Strategie operative per le aree infermieristica, preventiva, riabilitativa e tecnica
30. Sebastiano Porcu, Salute e malattia. Mutamento socio-culturale e trasformazioni organizzative
dei servizi alla persona
31. Costantino Cipolla, Giuseppe Remuzzi (a cura di), Dire, fare, curare. Parole tra medici e malati
32. Giombattista Giangreco, Disabilità psichiatrica e lavoro: un binomio possibile? Politiche sociosanitarie, governance territoriale e inclusione lavorativa
34. Costantino Cipolla, Manuela Martoni (a cura di), Droghe nella notte. Una ricerca empirica
sulla costa romagnola
35. Francesco Panza (a cura di), La professione del sociologo nel Servizio Sanitario Nazionale.
Una risorsa innovativa e strategica per la governance della salute
36. Mauro Niero, Paolo Polettini, La salute dei mantovani. Epidemiologia, percezione e differenze
37. Costantino Cipolla, Francesca Guarino, e-Care e anziani fragili
38. Enrico Aitini, Sandro Barni, Intermezzi di nuvole. Emozioni in oncologia negli scritti di medici
e pazienti
39. Costantino Cipolla, Antonio Maturo, Con gli occhi del paziente. Una ricerca nazionale sui vissuti di cura dei malati oncologici
40. Laura Corradi (a cura di), Movimenti per la salute e associazioni delle persone malate
41. Costantino Cipolla, Luca Mori (a cura di), Le culture e i luoghi delle droghe
42. Cleto Corposanto, Raffaele Lovaste (a cura di), Uso occasionale e dipendenza da sostanze psicotrope. Pazienti e professionisti a confronto
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15-10-2009
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Cleto Corposanto, dopo aver lavorato presso l’Università di Trento, è attualmente professore straordinario di Sociologia presso l’Università Magna Grecia
di Catanzaro. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche su temi di metodologia della ricerca sociale, dei servizi sociali e sanitari, di sociologia della
salute e della malattia, di pianificazione e di valutazione sociale.
Raffaele Lovaste è direttore del Servizio per le tossicodipendenze
dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento; membro dell’ufficio di
presidenza e del consiglio direttivo nazionale della FeDerSerd, del Gruppo
Interregionale di esperti nel settore delle tossicodipendenze, è referente
nazionale per la Provincia Autonoma di Trento in materia di dipendenze.
Uso occasionale
e dipendenza
da sostanze psicotrope
Pazienti e professionisti
a confronto
a cura di Cleto Corposanto,
Raffaele Lovaste
USO OCCASIONALE E DIPENDENZA
DA SOSTANZE PSICOTROPE
Il volume è il frutto di una ricerca realizzata grazie al finanziamento provinciale sul Fondo Speciale dell’Università degli Studi di Trento che, per ampiezza dei temi trattati e dei servizi coinvolti, non ha precedenti in Italia.
L’indagine si è proposta di ricostruire i punti di vista sul fenomeno droga a
partire dall’interrogazione di soggetti che, con diversi livelli di contiguità e
con ruoli diversi, ne hanno avuto esperienza: gli utenti del Ser.T e delle
Comunità Terapeutiche, gli utenti del Servizio di Alcologia, i segnalati al
Commissariato del Governo per detenzione o uso di sostanze stupefacenti e i
professionisti socio-sanitari della rete che vivono quotidianamente la relazione con i pazienti tossicodipendenti o alcolisti.
La finalità del lavoro è duplice. Da un lato, risponde ad una esigenza di tipo
conoscitivo, che porta ad analizzare le diverse culture della droga e a valutare se – e in che modo – il diverso grado di prossimità alle sostanze da parte
degli intervistati, o il loro ruolo di terapeuti/pazienti, influenzi la vision del
fenomeno. Dall’altro lato, l’indagine ha voluto esplorare l’aspetto qualitativo
dei servizi e la loro capacità di risposta ai bisogni degli utenti, al fine di individuare gli eventuali punti deboli del sistema per riadattarli alle esigenze portate dai fruitori.
L’insieme dei dati forniti dall’indagine costituisce una ricca base empirica
che sostiene la lettura delle recenti evoluzioni del fenomeno, che spingono
verso un progressivo processo di normalizzazione dell’uso e/o della rappresentazione dell’uso di sostanze, seppure con velocità differenti e geometrie
variabili nei diversi attori sociali coinvolti.
1341.2.42 CORPOSANTO, LOVASTE (a cura di)
Uso occasionale e dipendenza da
sostanze psicotrope
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