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ISABELLA REALE “SOPRA IL SIG.R PAOLO PAOLETI, INSIGNE PITTORE DI FIORI, E FRUTI” Tre nature morte di Paolo Paoletti C A PAOLO PAOLETTI Tre nature morteOPETTI COPETTI ANTIQUARI NTIQUARI1 “Industre emulator della Natura Paolo, che fai mille prodigi in uno Col tuo pennel, la Primavera, e Autuno D’ogni staggion per te verdeggia, e dura; Flora, e Pomona i frutti, e i fior matura Cerere, e Bacco, Pampino e Verzure, Le spiche, l’uve il pomo, il fico il pruno La rosa, e il vago April è tua fattura Imbandita à colori un’ampia mensa Di marini quadrupedi, e volanti, Su le tue telle ognor ci si dispensa. S’anco de vegetabili, e Animanti Tutta è tua man operatrice immersa La tua Arte vince di Natura i vanti” COPETTI ANTIQUARI Via Paolo Sarpi, 25 - 33100 Udine - Tel. 0432 502784 - [email protected] ISABELLA REALE “SOPRA IL SIG.R PAOLO PAOLETI, INSIGNE PITTORE DI FIORI, E FRUTI” Tre nature morte di Paolo Paoletti Anche se con i toni leggeri di un sonetto scritto per puro diletto, il verseggiatore goriziano don Domenico Baratti coglie con sensibilità tutta settecentesca attraverso una sequenza di suggestioni immaginifiche e pittoresche l’essenza dell’arte di Paolo Paoletti, il suo naturalismo volto a cantare i frutti della terra, a eternare sulla tela l’abbondanza del raccolto e la bellezza del creato (1). La sua specializzazione, la natura morta, composta per lo più da frutta e fiori, tra cui si mescolano ortaggi di fresca raccolta, qualche cappone e qualche pesce, spesso ambientata all’interno di rustiche cucine, su tavoli e mensole, o più spesso all’aperto, sullo sfondo di un paesaggio verdeggiante dove si profilano in lontananza montagne azzurrine o, in omaggio al gusto del tempo, ruderi architettonici, è una versione molto domestica, intima, del genere. Non vi troviamo particolari virtuosismi e bizzarrie, non moniti alla caducità della vita secondo i canoni della Vanitas, quali candele spente o teschi, nemmeno l’esibizione di piante rare da esotici giardini, ne’ trofei di caccia, ne’ preziose stoviglie adibite a lussuosi banchetti: tutto il repertorio tematico che dai primi esempi olandesi attraversa con i suoi simboli ben codificati l’età del barocco, perviene nella pittura di Paoletti a una versione decantata da ogni metafisica, da ogni recondito significato, una pittura nata semplicemente per decorare, per allietare le stanze della nobiltà friulana, a cavallo tra Sei e Settecento, una nobiltà saldamente attaccata alle proprie rendite agricole, con radici profonde dunque nella propria terra e nella vita contadina. E’ infatti il momento in cui la civiltà della villa, saldamente unita alla cura dei possedimenti, diviene uno dei tratti fondamentali della nobiltà: fulcro delle rendite del patriziato sono le estese aziende agricole che circondato le ville e supportano anche il lusso dei palazzi cittadini. Ed è in una di queste famiglie patrizie che Paoletti trova i 4 COPETTI ANTIQUARI PAOLO PAOLETTI Tre nature morte suoi mecenati, e con loro una tranquilla e operosa attività che ne vede diffondere le opere all’interno delle dimore più prestigiose, tra Veneto e Friuli. Tra i primi a celebrare l’arte di Paoletti, poco dopo la metà del Settecento, è il padre della storiografia artistica delle “Belle Arti friulane”, Federico Altan di Salvarolo, che lo elegge tra la schiera dei più gloriosi pittori friulani in quanto venuto giovanissimo dalla natia Padova. Secondo la sua testimonianza le migliori opere dell’artista,”le più belle, e studiate si custodiscono da’ signori Caiselli, che molti anni in casa loro con generosità lo mantennero”, paragonando i “suoi fiori e frutti” eseguiti “con tanto nobile, graziosa, e natural maniera” ai lavori di Daniel Seghers di Anversa(2). A ricostruire l’intero corpus dell’ opera di Paoletti accompagnandola con puntuali ricerche d’archivio, è nel 1952 lo studioso e collezionista Tito Miotti, che nella sua storica- e ancora unica- monografia dedicata all’artista precisa alcuni dati biografici quali la morte, avvenuta il 17 dicembre 1735 come dai dati emersi dall’Archivio della Chiesa di S. Cristoforo a Udine, all’età di circa sessantaquattro anni, fissando il suo trasferimento in Friuli intorno al 1690. Di fatto, dal catalogo redatto da Miotti in qualità di proprietari di dipinti di Paoletti emergono i ranghi dell’aristocrazia friulana che chiamarono l’artista ad arricchire le loro collezioni con le sue nature morte, quali i Florio, i de’ Concina, i d’Attimis Maniago, i Valentinis, ma certo la sequenza di maggior rilievo si annovera tra le opere destinate alle pareti di palazzo Caiselli a Udine. Qui, grazie al mecenatismo che da sempre contrassegnerà la tradizione di famiglia, dopo aver ospitato per almeno due decenni il pittore Antonio Carneo, certo fino al 1690, le porte del palazzo si aprirono a Paoletti, e più tardi, come noto, toccherà anche allo straordinario ciclo decorativo di Giovan Battista Tiepolo. E dunque all’insegna di una committenza che lasciava olio su tela 86,5 x 136,5 cm l’artista libero di concepire la sua opera, possiamo immaginare Paoletti ospite felice, e conteso tra gli amici dei Caiselli, dedicarsi a diffondere il gusto per un genere al tempo ritenuto certo minore e con funzioni meramente decorative, ma nel quale in loco non aveva certo rivali. Come dunque ricorda nel 1798 Girolamo de’ Renaldis nella sua ampia disanima della pittura in Friuli, nella casa dei Conti Caiselli in borgo San Cristoforo, accanto a una camera ornata di ritratti e figure di Antonio e del figlio Giacomo Carneo, faceva bella mostra di se “una stanza fra le altre tutta abbellita col suo leggiadro pennello”( 4 ). Quanto alla sua formazione e in merito alla sua precisa scelta tematica, gli studi di Aldo Rizzi in particolare in occasione della Biennale d’Arte Antica del 1968, quando due importanti dipinti dell’artista entrarono ad arricchire le collezioni della Pinacoteca dei Musei Civici di Udine, ne orientano gli esordi presumibilmente nell’orbita del genovese Giovanni Agostino Cassana, iscritto alla Fraglia del Pittori veneziani dal 1687 al 1703, e attivo nell’ambito proprio di tale specializzazione come noto di derivazione nordica e peculiare in Italia della scuola napoletana e appunto genovese (5). Un gusto per la natura morta che a Venezia si deve anche alla presenza di un altro protagonista, Jacob van de Kerckhoven, detto Giacomo da Castello, morto a Venezia intorno al 1712 e allievo di Jan Fyt, che orientò il collezionismo locale alla predilezione per un ostentato naturalismo. A parte la sua specializzazione in nature morte dove trionfano bottini di caccia e animali vivi di rara perizia descrittiva, tipici dell’arte fiamminga, certe commistioni di frutta e ortaggi, l’impaginazione compositiva che ricorre anche all’ovale, nonché il chiaroscuro teatrale e certi toni bruni ravvivati da rossi accesi, denotano alcune affinità con l’arte di Paoletti (6). Di fatto la penetrazione del genere inizialmente peculiare degli artisti fiamminghi e olandesi nella seconda metà del Seicento tra le principali raccolte veneziane favorì in loco la formazione di una cerchia di autori veneti attivi in questo tipo di figurazione, e anche in seguito una felice ripercussione sull’arte veneziana del pieno Settecento, basta pensare ai Fiori guardeschi: e tra questa prima cerchia dunque va annoverato anche Paoletti do- PAOLO PAOLETTI Tre nature morte COPETTI ANTIQUARI 5 olio su tela 56,5 x 96,5 cm cumentato tra gli iscritti alla Fraglia dei pittori veneziani tra il 1708 e il 1715 che certo italianizza e “aggiusta”, sull’onda della richiesta e del gusto locale, certe peculiarità e tipicità più spiccatamente nordiche della natura morta con fiori e frutta (7). A proposito della diffusione in Friuli dell’opera di Paoletti, già Miotti supponeva che alcune fossero rimaste nascoste in qualche villa patrizia “insensibile ai richiami della moda”: ebbene alle quarantatrè tele individuate dagli studi pionieristici e appassionati da lui condotti e alle ulteriori aggiunte che assommano a poco più di una cinquantina di opere, si aggiungono qui tre importanti dipinti, due dei quali effettivamente provenienti da un’antica dimora patrizia, quella dei conti di Zoppola, il Castello tutt’oggi di famiglia nei pressi di Pordenone, e precisamente, come attesta anche una scritta sul retro dei due pendant, “dalla camera del conte Carlo”, una scritta che ci rimanda a una memoria tardo ottocentesca (8). Di fatto le tre opere si legano tra loro per contiguità tematica nella presentazione dei frutti copiosi di un’estate avanzata, e per l’ambientazione all’aperto: nei pendant si passa dal trionfo con le tre melagrane centrali, aperte a mostrare i loro semi, tra un profluvio di ciliegie, pere, 6 COPETTI ANTIQUARI PAOLO PAOLETTI Tre nature morte meloni, al paniere con i fichi nel dipinto gemello, accanto alle mele e ancora alle ciliegie e ai fiori del melagrano. La presenza di questo frutto, collocato bene in vista, spaccato a mostrare i suoi dolci semi colorati, non è certo casuale, in quanto si tratta di un antichissimo simbolo di fecondità, così come del resto, nel pendant, la presenza del frutto del fico rappresenta l’abbondanza, e anch’esso mostra, nelle sottili fenditure, tutta la ricchezza della sua polpa. Al raccolto generoso allude anche la terza composizione, di maggiori dimensioni, un vero e proprio trionfo di frutta e fiori che si apre al centro verso un paesaggio delimitato dai profili azzurrini delle colline lontane che ci ambientano nel Friuli pedemontano: due ceste si offrono ricolme di mele e uva, attorniate da pere, limoni aperti, nespole, e in primo piano, qualche fiore sparso di rosa e tulipano, omaggio alla fortuna tutta secentesca di questo bulbo d’importazione olandese. Al sapore agro del limone si contrappone dunque la dolcezza dell’uva e dei fichi, e pare di sentire il lieve profumo evanescente della rosa sbocciata. In questa ampia tela, lo spazio occupato dalla frutta è come un palcoscenico tra due quinte laterali arboree, e oltre l’ombra che avvolge il primo piano, fungendo da repoussoir, una luce dall’alto illumina in olio su tela 56,5 x 96,5 cm modo palesemente artificioso la scena, gettando bagliori sulla parte centrale della natura morta, mentre il resto duella con l’ombra. In tutte e tre le composizioni, l’impostazione chiaroscurale, ravvivata però dal rosseggiare dei frutti, dall’abile regia delle luci e da intense ombre colorate, la cura per il dettaglio, nonché la disposizione stessa, paratattica, degli elementi figurativi, ci rimandano alla migliore produzione autografa della prima maturità dell’artista, a cavallo tra Sei e primo Settecento, qui esplicata in tutta la sua appagante valenza decorativa. Ai nostri occhi si offrono dunque in queste nature morte i simboli ben auguranti dell’ abbondanza, il ricordo e la speranza di una stagione trascorsa in campagna, di una mensa rallegrata dai frutti appena colti: sapori di agro, di dolce, profumi, tutto si mescola in una vera e propria esperienza sensoriale, di vista, gusto e olfatto, in una sorta di esorcismo per lo spettro della fame, della tristezza, della malinconia del lungo inverno friulano. Di fronte al pennello di Paoletti tornano ancora a echeggiare le rime del poeta settecentesco, in un totale rispecchiamento e abbandono panico, ieri come oggi, nella bellezza ed eterna rigenerazione della Natura: Col tuo pennel, la Primavera, e Autunno, D’ogni staggion per te verdeggia, e dura. Isabella Reale. Lestans, 11 maggio 2008 1 D. Baratti, Scritta di satire Romane, e Sonetti Diversi, Copiata in Gorizia, l’Anno 1751, Tomo Primo, tratto da R. M. Cossar, Storia dell’arte e dell’artigianato in Gorizia, Pordenone 1948, p. 219. 2 Federico Altan di Salvarolo, Del Vario Stato della Pittura in Friuli, dalla caduta del Romano Impero fino a’ tempi nostri. Ragionamento (…), Venezia 1772, p. 28 3 Girolamo de’ Renaldis, Della pittura friulana, Udine 1798 (II ed.), p. 88. 4 T. Miotti, Le nature morte di Paolo Paoletti, Doretti ed. Udine, 1952. 5 A. Rizzi, Pittura veneta del Seicento in Friuli, cat. d. mostra, Udine 1968, pp. 114-123. 6 C. Limentani Virdis D. Banzato, Fiamminghi. Arte fiamminga e olandese del Seicento nella Repubblica Veneta, cat. d. mostra, Electa Milano 1990, pp.126-133. 7 E. Favaro, L’arte dei pittori in Venezia e i suoi statuti, Firenze 1975, pp. 157,223. 8 Tra gli aggiornamenti al catalogo dell’opera di Paolo Paoletti ricordiamo in particolare i contributi di Tito Miotti “Due nature morte inedite di Paolo Paoletti”, in Cultura in Friuli, a cura di G.C. Menis, Udine 1988, pp. 597-660. “Altri dipinti inediti di Paolo Paoletti”, in Sot la Nape, Dicembre 1995, Udine, pp. 55-58; si veda inoltre S. Aloisi, “Paolo Paoletti: pittore della natura morta”, in La Panarie, Udine, Settembre 2001, pp. 87-89. PAOLO PAOLETTI Tre nature morte COPETTI ANTIQUARI 7 8 Copetti COPETTI PAOLO naturedi morte Stampato per Antiquari ANTIQUARI nel mese di maggio/giugno 2008 da:PAOLETTI La Tipografica srl.Tre Basaldella Campoformido (Ud)