Scorretto Magazine

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Scorretto
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#3|Settembre2016
DIRETTORE (NON) RESPONSABILE
Fabio Martellini
REDAZIONE
Scorretto Café
HANNO COLLABORATO
Aldo Bagnoni, Aldo GV, Alessandra C.F., Alez, Andrea Vettoretti, Artanis Naanìe, Avenarius XIX, Brett
Sawyer, Edward Dwight Eugene Navarro, Fabio Martellini, gian marco griffi, Gianluca Dario, Keiser
Soze, Mauro Negri, Roberta Pagnoni, Stefano Vannucci, Svetlana Svetla, 浪人
GRAFICA E IMPAGINAZIONE
Lestath87, Raphaëlle Smith
Pubblicazione casuale
scorrettomagazine.wordpress.com
[email protected]
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Indice
Pag. 4 L'editoriale del direttore Martellini
Poesie
Pag. 5 - Haiku di 浪人
Racconti
Pag. 7 - Il gioco dell'orologio
di Svetlana Svetla
Pag. 26 - Se Batman fosse nato a Napoli
Pag. 27 - Non (super)poterne più
di Gianluca Dario
di Aldo Bagnoni
di Edward
Pag. 31 - Tjutcev Olexej Petrovic, un supereroe russo
Dwight Eugene Navarro
Pag. 34 - La solitudine del Varano
Pag. 38 - Edera
di Roberta Pagnoni
di Artanis Naanìe
Pag. 41 - Le avventure dell'uomo invisibile
Pag. 42 - I 5 super-bonobi
di Brett Sawyer
di Avenarius XIX
di Artanis Naanìe
Pag. 44 - Feeling, nothing more than feelings
Pag. 45 - Lettera di dimissioni di un ex Supereroe
Pag. 48 - Critique de la bat-vie quotidienne
di Andrea Vettoretti
di gian marco griffi
Opinioni e documenti
Pag. 6 - Aldo e i supereroi
di Aldo GV
Pag. 8 - Il Polesine e la super-realtà
Pag. 30 - Il Budda col mantello
di Mauro Negri
di Giorgio Magrini
Pag. 33 - Lettera 22 contro FS E.626
di Alez
Pag. 34 - I supereroi non sono tutti buoni
Pag. 37 - I Superfeti
di Mauro Negri
Pag. 44 - Chi cazzo è, Banksy ?
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di Skunk
di Alessandra C.F.
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l'editoriale del direttore
Chi salva il supereroe?
Oggi il supereroe ha il sapore nostalgico, vive in una società “ligia” ai propri doveri e di cui si è persa
la consistenza giorno dopo giorno.
Ha il sapore nostalgico delle gerarchie dei personaggi con una sola mente malvagia e pochi
fuorilegge assoldati: gli altri sono brava gente tutta casa-lavoro.
La dinamica del supereroe del passato, poi, era una routine che dava sicurezza a chi ne sentiva
raccontare le gesta. La bramosia del malvagio coinvolgeva uno o più innocenti che invocavano l'aiuto
del supereroe, il quale, grazie ai super-poteri, riportava la tranquillità.
Oggi è diverso, a cominciare dal Male. Innanzi tutto la bramosia non esiste più: chi apparentemente
sembra si stia arricchendo lo sta facendo a sua insaputa o per generosità altrui o perché è stato
scelto da un disegno di un qualche dio migliaia di anni prima. Quest'aspetto sconcerta per primi i
supereroi che non sanno più con chi prendersela.
Seconda cosa, la società di oggi ha davvero ancora bisogno di supereroi dai super-poteri dopo donne
che fanno paracadutismo nonostante il ciclo, anziani che mettono in scacco ladri grazie all'uso di
adesivi per dentiere e uomini che riescono a stirarsi le camicie da soli?
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Aldo e i supereroi
di Aldo GV
Ciao sono Aldo. Mi hanno detto che parlate di Superoi. A me mi piacciono i Superoi. Mi piacciono quelli
grossi che si menano come Ulk e la Cosa. Anche Tor è fico…..però secondo me senza il martello le prende da
tutti e due. Poi ci stanno anche quelli che non mi piacciono tanto…quelli con i poteri un po da finocchi tipo il
dottore con la mantellina o quello che tira le frecce. Ma che è roba da Superoi quella? Ulk con una manata lo
ribalta al dottore.
Una cosa che non mi piace è quando si fanno tutte quelle menate da sfigati che sembra che gli capitano
tutte a loro... tipo gli Icsmen. Ma cazzo….....io se nascevo con le ali o i raggi dagli occhi me ne andavo tutto
il giorno in giro a menare e a scoparmi le tipe……... mica a piangere perché non mi voliono bene. Che poi
non ho mai capito perché sono così scassacazzo perché tanto le scritte non le leggo……..salto subito alle
parti dove si menano.
Poi mi piacciono anche le Superoe femmine.... anche loro hanno dei poteri un po del cazzo ma hanno tutte
le tettone. Però senza capezzoli. Perché? Neanche Ulk ha i capezzoli ma chissenefrega... ma una tettona
senza capezzoli è come una birra senza rutti. Voglio scriverci una lettera a quelli lì americani che disegnano i
Superoi. che mettano i capezzoli alle tipe.
Poi boh…... ciavevo un sacco di cose da dire sui Superoi ma me le sono dimenticate………. comunque ne ho
letti un sacco perché mio cuggino ciaveva tutte le serie e me li prestava a scrocco. Ciaveva anche le serie di
Albo Bliz...... ma quelli non me li prestava lo stronzo… diceva che ero troppo piccolo per farmi le pippe.
Ma voi l’avete capito poi che minchia di poteri cià Batman?
Photo credit Hrjoe Photography
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Il gioco dell’orologio
di Svetlana Svetla
Siamo tutti in cortile, non solo la mia classe. Tutti in cerchio con grembiule blu e fiocco al collo. Il nostro è
proprio il più bello, con quei quadrettini rossi e bianchi. Ecco, lo sapevo. Un girotondo. Non ci portano certo
in cortile a fare il girotondo per giocare, non siamo nemmeno i più piccoli noi. Il girotondo significa solo una
cosa: il maledetto Gioco dell’orologio. Che gioco stupido, lo odio. A che serve? In cosa è divertente?
Ecco si comincia, giriamo. Ora chiameranno due di noi, battendo sulla schiena e via correre per raggiungere
il posto dell’altro che sta correndo prima di lui. No, ma perché? Non chiamare me, non chiamare me.
Ignorami, passa dritto davanti a me, lascia stare la mia schiena, ne siamo tanti, perché me, vai oltre, no? Ma
perché ridono, cosa c’è di bello? Beati voi che potete correre, non avete pietà per me, però. Mai. Sapete che
non posso correre, saltare e fare gare di questo e quello come voi, ma continuate lo stesso a farlo. Ma forse
non lo sapete davvero, non ve ne accorgete davvero e se ci penso bene è giusto così: quella che non può
farlo sono io, non voi. Solo io, voi potete. Mi piacerebbe tanto giocare con voi calmi e tranquilli, seduti o
anche muovendoci, ma senza correre, vi prego, ma in fondo sono solo io che sono diverso e non posso
bloccare tutti. Non è giusto. Correte, saltate, andate avanti, io vi guardo da qui e vi raggiungo dopo, se vi
trovo ancora, e se volete giochiamo insieme.
Bang! Ecco, ci siamo. Mi hanno colpito sulla schiena: è il segnale, tocca a me. Devo correre più di lui,
prendere il suo posto prima di lui. Dai, corri, anche se poi ti senti male, corri, per una volta non restare
indietro, cerca di farcela. No, non ci riesco, quasi non respiro, ho il fiatone, non posso, devo rallentare, io
proprio non ce la faccio, aiutatemi, ma perché mi fate questo? E perché ridete voi? Era certo che lui sarebbe
arrivato per primo, io non capisco più niente, non so dove devo andare, ogni passo è una tortura, aiutatemi.
Non vedo più niente. Mi ronzano le orecchie. Stavolta è più pesante della altre volte, stavolta non posso, non
ci riesco propr…
Stop. Buio. Reset.
Niente caldo, oggi, aria fresca e sole tiepido. Correre al parco è particolarmente piacevole, niente afa, la
stanchezza si sente meno. Ma in realtà io non la sento da tanto tempo la stanchezza. Me la ricordo, non era
una gran bella cosa, né lei né il fiatone. Ma è un ricordo lontano, vecchio. Non la provo da qual famoso gioco
dell’orologio nel giardino della scuola. Che gioco stupido, lo penso ora come allora, ma adesso potrei fare dei
campionati di stupido gioco dell’orologio. Potrei buttare a terra con un colpo solo quello che dovrei chiamare
per correre più veloce di me e comunque non mi supererebbe. Vinco io. Vinco da allora. Onestamente
l’agonismo non mi interessa. Non mi attrae, non mi piace. Mi piace superare gli altri solo se decido di farlo,
doverlo fare per obbligo e mestiere mi annoia. Non è questo che mi interessa. Non è la gara, non è vincere.
Mi interessa solamente poter fare quello che mai avrei potuto, esattamente come faccio.
Non ho mai capito cosa sia successo davvero quel giorno. Mi ricordo il cortile e poi il dottore, la sua faccia
brutta ma dolce che mi accarezzava le guance e mamma che sorrideva. Li guardavo senza capire, e non
chiedevo nulla quando lei e papà andavano spesso nel suo studio a parlare e io aspettavo di fuori.
Sembravano tutti contenti, ma non capivo perché. Non lo capisco bene tuttora, come non capisco perché da
allora è andato tutto meglio, ma lascio che sia, va bene così. Qualcosa devono avermi fatto per trasformami
in questa nuova versione di me, ma è un pensiero che metto a margine, perché ho paura che l’incantesimo
possa spezzarsi e io non voglio. Ogni tanto penso che se non fossi stato costretto a giocare a quello stupido
gioco quel giorno non sarei mai diventato come sono ora. Perché posso ciò che non potevo e posso più degli
altri, se voglio. Ma non mi interessa. Mi basta quel che ho, questa nuova forza, questo fare quel voglio fare.
È proprio vero allora che volere è potere, ma per me significa super-potere.
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Il Polesine e la super realtà
di Mauro Negri
Il Polesine, area corrispondente alla provincia di Rovigo, è una terra ricca di storia e di lunga tradizione
agricola ed è abitata da un popolo di grandi lavoratori, tenaci e instancabili.
Geologicamente il Polesine odierno è la terra più giovane del nostro Paese con i suoi circa 500 anni di vita, ed
è caratterizzata da condizioni climatiche e morfologiche spesso difficili, che però non spaventano la gente che
vi vive, persone semplici, normalissime che al contempo sanno essere “eroi senza paura”.
Perché, diciamocelo, vivere sotto il costante pericolo di inondazioni e il perenne ricordo delle stesse, non è
cosa per tutti. Le ultime più devastanti, quella del 1951 e quella del 1966, hanno inevitabilmente creato un
flusso migratorio di 160.000 persone su poco più del doppio degli abitanti. Ad oggi questo flusso è cessato, ma
la popolazione continua a diminuire, presumibilmente a causa del calo demografico che investe da qualche
tempo tutta la nazione, ma sarà anche perché il Polesine è un posto dove devi nascerci per restarci.
Ho avuto modo di visitare questa terra nel giugno di quest'anno, in concomitanza col picco di caldo di quel
mese, viaggiando con temperature proibitive per muoversi con una vecchia Ford Taunus del '73, tra paludi e
ponti di barche, e non immaginavo ancora che la ricompensa e la sorpresa più grandi sarebbero state il
conoscere delle persone così ben disposte ed accoglienti da farti rimpiangere la partenza e aver già voglia di
tornare. Loro, i nativi del Polesine, sono i miei supereroi.
Tra le diverse cose che ho appreso sullo stile di vita e la storia di quei luoghi che mi è stata raccontata, vi
parlerò di quello che ho vissuto in prima persona e documentato. Un’esperienza semplice e così intensa da
togliere il fiato in ogni istante, un’esperienza sempre diversa, sempre nuova, sempre vera e genuina, pura: la
raccolta delle vongole. Ogni mattina, che ci sia freddo, che ci sia nebbia, che ci sia pioggia, o che ci sia mare
mosso o meno, che ci sia, insomma, qualsivoglia condizione climatica o ambientale, alle quattro del mattino ci
si sveglia e si esce in barca per recarsi all'”orto” (ovvero la porzione di mare adibita alla coltivazione dei
molluschi) che verrà aperto all'interno del comprensorio di pesca. Orto che si trova nella Sacca di Scardovari,
un'area di 12 ettari di mare data in gestione ad un consorzio di 13 cooperative che conta oltre 1500 pescatori.
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Io ero con gli amici della Cooperativa di Santa Giulia, e ho documentato con le mie foto una loro uscita
quotidiana per la raccolta delle vongole, nelle vari fasi in cui essa si divide. I visi dei pescatori intenti nel
proprio lavoro ci portano lì con loro, con la fatica e il carattere che li rende lavoratori indefessi, i sorrisi delle
donne rendono l'idea di quel loro affrontare la fatica con serenità, che non è rassegnazione o condanna, ma
volontà di essere parte di quel sistema, della loro terra, di essere gente del Polesine.
I colori delle foto sono caldi, il sole che sorge sul mare, sulle barche, sui loro gesti antichi e faticosi, ma fatti e
tramandati col volto sereno, rendono bene l'idea che quella pesca non è solo, lavoro, mestiere, fatica, ma
identità
Ed in cambio della possibilità di fare questa bellissima esperienza che mi hanno dato, ho cercato di raccontare
al meglio quella terra e la tenacia della sua gente con questa testimonianza fotografica che non necessita di
ulteriori parole per presentarla e descriverla, ma solo di un enorme ringraziamento a tutti loro.
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Il Capitano Mauro e la sua Arcadia.
Un particolare ringraziamento alla Prof.ssa Donatella Battista, per il preziosissimo aiuto nella stesura del testo
introduttivo.
M.N.
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Se Batman fosse nato a Napoli
di Gianluca Dario
Se Batman fosse nato a Napoli, invece che a Gotham City, per prima cosa si sarebbe chiamato Batmàn, con
l'accento sull'ultima vocale. Perché da queste parti così si usa. Il suo vero nome non sarebbe stato Bruce
Wayne, sicuramente si sarebbe chiamato Vincenzo Esposito, perché a Napoli, se sei un orfano, quasi
sicuramente ti chiamerai così.
Vincenzo alias Batmàn, non vive in una mega villa super lusso, ma in un basso nel quartiere Sanità, tiene
pure due piani come una villa vera, ma quello di sopra è solo un soppalco. Tiene pure il palo per scendere
velocemente in caso di emergenza, ma con tutta la buona volontà pure se si lancia con il pigiama o con i
vestiti di tutti i giorni, non arriva al piano di sotto con il costume da Batmàn. No, lui no, si deve vestire
velocemente perché nemmeno questo superpotere ha. Vivendo in un basso, ovviamente non ha nemmeno
la bat-caverna dove sta parcheggiata la bat-mobile. Però ha il bat-box, sta a due passi da casa sua e costa
solo trenta euro al mese, un affare di questi tempi. Dentro ci sta parcheggiata la bat-vespa, che con il
traffico e i vicoli stretti è più comoda. L'unica cosa che ha in comune con la bat-mobile è che è truccata.
Batmàn per comunicare con la polizia, quando c'è bisogno di lui, ha un telefono particolare con i superpoteri,
indistruttibile, di chiama Nokia 3310. Lo porta sempre appresso, non lo lascia mai, perché a Napoli ci sta
sempre un problema da risolvere e allora deve essere pronto ad ogni evenienza. Batmàn agisce quasi
sempre di notte, perché le cose brutte succedono quasi sempre in quelle ore. Qualche volta anche di giorno,
ma di giorno Vincenzo deve lavorare, lui non è un milionario e in qualche modo deve campare pure lui, per
guadagnarsi da vivere, di giorno, fa il parcheggiatore abusivo fuori al museo, che da casa sua ci può arrivare
a piedi e non deve prendere la bat-vespa, così non rischia di essere riconosciuto.
Tra i suoi peggiori nemici non ci sono Mister Freezer oppure Joker oppure Mister Pinguino, i suoi nemici sono
più cattivi, più pericolosi e soprattutto meno conosciuti. In realtà tutti sanno come si chiamano, chi sono e
dove stanno, ma fanno veramente paura. Allora non si
possono combattere come i nemici normali, con le batarmi e i bat-gadget che userebbe di solito. Allora,
invece di andare ad attaccare direttamente i propri
nemici, Batmàn, più che altro, cerca di difendere quelli
che sono costretti a sottostare alle regole di questi
cattivi. Purtroppo non è cosa facile, lui ce la mette
tutta, usa tutti i suoi superpoteri, come il coraggio e la
forza di volontà, l'amore e il rispetto per la propria
terra, ma certe volte nemmeno questo basta. Batmàn,
i suoi nemici non li ha ancora sconfitti del tutto, ma
ogni volta sa che li ha indeboliti, ogni volta che
qualcuno dice "no ai cattivi" è una piccola vittoria.
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NON (SUPER)POTERNE PIU'
di Aldo Bagnoni
Concentrò lo sguardo sulla scatoletta di fagioli, e quella s'aprì di colpo.
Soffiò sulle fette di pane, abbrustolendole. Fece lo stesso con gli ortaggi, tagliati sottili.
Mise tutto in un piatto, vi versò sopra dell'olio e del pepe, e si sedette a tavola. Guardò la bottiglia del vino, il
tappo saltò, la fece levitare e si versò del rosso di un color rubino intenso.
Mentre mangiava, squillò il telefono, una cosa che detestava assolutamente. Imprecando, si collegò via onde
mnemoniche alla linea cellulare e rispose. Era sua madre.
"Stai mangiando? E cosa ti sei preparato...?"
"Mamma, lo sai che a quest'ora, se posso, mangio un boccone al volo. Però nessuno dovrebbe
interrompermi, sennò ci metto un sacco e finisce che poi faccio tardi.
"Sempre il solito antipatico! Tuo padre era proprio come te, se ne fregava dell'educazione, di stare a tavola
con me e poi volava al lavoro immediatamente, pur di non parlarmi. Mi ha sempre odiato, più ci penso e più
ne sono certa..."
"Mi hai chiamato per le tue solite fissazioni? Ma ti sembra il caso, per la miseria? Lo sai che ho sempre da
fare tutto il giorno, e che non c'è nessuno che pensa a me!"
"Ma ci sono io, caro! Sei tu che te ne sei voluto andare di casa!"
"Mamma, c'ho 77 anni! Ma ti rendi conto di quello che dici?? Dovevo restare ancora a casa con voi, secondo
te?"
"Sono rimasta da sola! IO non ho nessuno che pensi a me, povera me!!"
"Sei rimasta da sola per il motivo che conosci bene, mamma! Ogni volta che ci sentiamo dobbiamo fare
sempre gli stessi discorsi, accidenti?!? Se non fosse stato per il tuo carattere asfissiante, mio padre sarebbe
ancora qui, e starebbe anche bene in salute, non su di una sedia a rotelle!!! Dài, chiudiamo, che sennò mi
va di traverso non solo il pranzo! Ciao mamma, e nei prossimi giorni ti prego di non cercarmi, avrò molto da
fare e non potrò darti retta. Ti chiamo quando sono più libero, va bene?"
"Sì, sì, certo, lo so bene io come mi chiami sempre, tu... Ti conosco, lascia perdere... sei uguale spiccicato a
tuo padre, altro che storie...! Ciao, ci sentiamo..."
Terminò quel che restava del pranzo, con un senso di amarezza in bocca. Dura la vita del difensore
universale, e questa non era certo la prova più difficile.
Over LU, questo il suo nome, era uno dei 23 sparsi in tutta la Terra. Non esisteva un albo universale,
pertanto non si era mai capito quanti ne esistessero almeno in tutta la Via Lattea. Guadagnava
normalmente, ma la crisi intergalattica si faceva sentire, e per lui era prevista una riduzione progressiva di
impiego, del resto – a parte l'età oramai media cui era giunto - la sua era una professione che man mano
veniva rimpiazzata dalla tecnologia che stava facendosi via via più raffinata, anche nel settore della security
a medio raggio.
Viveva in un attico sull'Himalaya, frutto di una lottizzazione semiabusiva, alla cui concessione avevano
contribuito le sue conoscenze più importanti, amici del padre che lo avevano aiutato, specie dopo l'incidente
e la successiva separazione dei genitori. Era solo: del resto, la sua attività non gli lasciava molto tempo per
una relazione, e tantomeno voglia di averne una stabile. Comunque, mentre sistemava gli ultimi attrezzi
prima di uscire, si procurò un orgasmo in 4 secondi, tanto per rilassarsi un attimo, proiettando al centro
della stanza l'ologramma di R A D in costume da bagno, un'amica che viveva in Cile e gli piaceva molto, di
cui però gradiva solo episodicamente la compagnia (telematica o no), dato il carattere instabile quanto la
sua capacità di fidanzarsi. Pazienza, andava così.
Aprì il portellone blindato e si sistemò nel bozzolo di acciaio plastico, da cui si smaterializzò immediatamente.
Si ricompose in tempo reale in Piazza S. Pietro Hussein, a Roma, dove il papatollah stava finendo di
arringare la vastissima folla di fedeli buddocoranici, che sembrava volessero arrampicarsi sin sul minareto
della pagoda per baciarlo e succhiare le sacre essudazioni del terzo tentacolo che gli spuntava dalla schiena.
Come faceva ogni due giorni, eseguì un rapidissimo screening del pubblico, polverizzando e cristallizzando al
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suolo tre dei soliti terroristi che intendevano attentare alla vita dell'alto prelato, senza che assolutamente
nessuno si accorgesse di nulla. Questo avrebbe continuato a mettere in crisi i vertici dell'organizzazione
eversiva che da un paio di anni cercava di eliminare il papatollah: si stavano oramai convincendo come tutti
gli attentatori decidessero inspiegabilmente di defilarsi, nonostante il corso indottrinante sinaptico di 40 ore,
senza dare comunicazioni, spiegazioni o nemmeno un cenno di saluto, e tutto ciò probabilmente a causa di
una loro scarsa efficacia ideologica nell'educarli. Difatti mr. B H, il boss della Conspiracy Spa, era entrato in
crisi, e già stava decidendo di liquidare il suo intero patrimonio azionario, a prezzi di assoluto realizzo.
Una volta che Over LU si fu accertato che tutto era tranquillo, grazie anche allo scanning di tutti i pensieri
della folla in piazza, comunicò il "missione eseguita" in centrale e quindi si defilò, giungendo dopo 1 ms sulla
Piazza Verde di Beijing. Dopo 4 minuti si sarebbe dovuto trovare nel corso principale di Argul 7, sul satellite
artificiale Mangol, uno dei 22 costruiti negli ultimi 40 anni intorno alla Terra: il rischio era che i robot
gommosi sfuggiti al controllo della centrale violentassero tutti i locomotori intelligenti della zona, provocando
loro serie defaillances psicologiche e bloccando i trasporti su tutto il territorio. E così via, sino a tarda sera.
Un attimo di pausa – letteralmente 1 ms – gli servì per fare il punto: la prospettiva era di almeno altri 48
anni di lavoro, la maggior parte dei quali passati nel fulminare stronzi intergalattici e rispondere alle
chiamate incessanti della madre, anche durante il servizio.
Gli stava anche venendo la pancia, troppi drink e troppo cibo disordinato, l'età era quella che era, del resto,
e le uniche cose di fronte alla quale un supereroe dotato di superpoteri è superimpotente sono la dieta ed il
metabolismo alterato.
Una chiamata: sua madre. Chiuse.
Messaggio vocale, quasi immediatamente: "Richiamami. Tuo padre è il solito odioso, devo dirti subito."
Respirò profondamente. Assunse una dose di pargagnone, che lo sedò immediatamente, ma non riuscì a
cancellare l'angoscia generale che lo aveva colto.
Sul display il countdown al prossimo intervento: Carbul 57, zona desertica, tra 28 sec. intervento sui
cammellieri corazzati ribelli, scioglierli in tempo reale.
Altro messaggio della madre: "Sto malissimo, tuo padre è un animale, non sai cosa mi ha appena detto! Ti
chiamo fra poco."
48 anni così. Ancora.
Provò a chiamare R A D mentre entrava nel bozzolo acciaioplastico, che però si bloccò improvvisamente per
un crash di sistema. Attivò il sistema di recupero dati, ma il marchingegno rimase silente ed oscuro. In
quella fase, niente e nessuno potevano raggiungerlo. Una pausa frustrante, ma insperata. Cercò di
approfittarne, e di rilassarsi: si provocò un sonno di 9 secondi. Risvegliandosi, trovò il display che lo
informava: Carbul 57, Deserto Mantanobi. Uscì sulla sabbia e si guardò attorno.
Vide a distanza, zoomando subito, i cammellieri corazzati in marcia, una lunga colonna sferragliante di
animali digitali ronzanti, e cantavano un inno salubita che celebrava l'impoltigliamento prossimo venturo di
tutti gli infedeli a Sakut Il Supremo. Li liquefece immediatamente, restando a distanza di 322 km astrali – un
km astrale vale 5, 64 volte uno terrestre – e rientrò subito nel bozzolo.
Gli arrivò immediatamente una comunicazione audiovideo di R A D, visibilmente imbarazzata.
"Volevo parlarti direttamente, ma come sempre è impossibile, o non sei raggiungibile, o sei in azione. Ecco,
questo è il punto, facciamola breve: mi sento del tutto abbandonata da te. So che non puoi impegnarti, ma
penso anche che sotto sotto tu non voglia neppure. Sai quanta paura ho io, sono rimasta delusa più di una
volta, e anche da un tuo collega, che era proprio come te. Così mi passa proprio la voglia di provarci,
quando avrei necessità di te tu non ci sei mai. Sono una donna troppo sola, e non reggo questo peso. Sono
otto mesi che non ci incontriamo. Basta, devo dirti la verità: mi vedo con uno. Fa l'impiegato, ha un orario
regolare, guadagna piuttosto bene, è una persona serena, non ha figli, non ha strane idee per la testa e, se
proprio devo dirtelo, è più giovane ed anche... diciamo, più bravo di te, per certe cose. Conta anche quello,
sai? La tua salute che va peggiorando è dovuta pure alle tue famose compresse ocra, di cui secondo me
abusi. Devi fare qualcosa, devi sentire qualcuno bravo, devi prenderti una pausa da tutte le tue cose, non ce
la puoi fare se vai avanti così. E soprattutto, non ce la posso fare nemmeno io. Non serve soffrire in due, e
oramai siamo giunti ad un punto che non ha soluzione possbile. Io sto partendo, devo staccare da tutto
questo, non cercarmi ossessivamente come hai fatto sempre altre volte, sarò con lui e non puoi rovinarmi
questa opportunità di essere finalmente libera e felice. Imposterò il filtro per la proiezione degli ologrammi,
sappi quindi che sarà inutile cercare di apparirmi. Ti auguro di risolvere i tuoi problemi, ma ricordati che devi
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anche mollare tua madre al suo destino, se no non ce la farai. Te lo dico come una sorella, credimi: devi
cambiare proprio tutto. Ciao, comunque ti ho voluto bene."
Over LU uscì inebetito dal bozzolo. Sul display già il prossimo intervento, tra 16 secondi nella banlieue di
Lione, aspirare scarafaggi esplosivi al plutonio inviati dai turboturbanti indosiculi per rivendicare il diritto a
farsi seppellire nel guano di albatro a testa in giù.
48 anni. Tutti così.
Terzo messaggio della madre: "Sei un ragazzo cattivo, infame, senza amore, lo sei sempre stato. Sei il
ritratto digitale di tuo padre. Chiamami, ti devo dire tutto quello che ancora non sai di lui, richiama subito!"
Il Rappresentante di Zona attivò l'audio del terminale, quasi nello stesso momento: "E' accaduta una cosa
molto grave, il Tribunale Interterritoriale Ampiodecidente ha appena emesso la sentenza definitiva, con cui
ordina irrevocabilmente la distruzione nel giro di due giorni galattici – ovvero, sette giorni e mezzo terrestri –
di ogni edificio ricadente nelle lottizzazioni abusive già precedentemente identificate. Quella sull'Himalaya,
come tu già sapevi, è una di quelle. Non c'è più nulla da fare, non c'è più alcun ricorso possbile. Devi andare
via prima che bombardino ad implosione. Purtroppo non c'è nulla che io possa fare in questo caso, ma per
fortuna sono riuscito a dirtelo immediatamente. Buona giornata, LU."
Nuova chiamata: sua madre.
48 anni. Non uno di meno.
Over si sedette. Disattivò l'interruttore bionico del suo corpo. Interruppe la somministrazione sottocutanea di
tutti gli additivi meccanodinamici. Spense le batterie a carboidrati e benzedrina.
Attivò la funzione riflettente sul display di fronte a sé. Comparve il suo volto, e non vi si riconobbe.
Squillò il sollecito per l'intervento a Lione, oramai scaduto da ben 74 secondi, attivando una sirena
potentissima e luci laser penetrantissime: EMERGENZA! EMERGENZA! EMERGENZA!
"No, non riesco più. Questo potere è superiore a me stesso. Non ce l'ho questa forza", si disse.
Afferrò il cristallizzatore, e lo infilò nella narice destra, premendo subito dopo l'interruttore.
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Il Budda col mantello
di Keiser Soze
Tutti i supereroi sono accomunati da una caratteristica: quando si trasformano indossano la maschera, così
l'imbranato Peter Parker diventa l'inafferabile Spiderman, il ricco Bruce Wayne diventa Batman e così via; il
solo che é diverso è Superman, lui é Superman non diventa Superman, si traveste da Clarke Kent per
mischiarsi con gli esseri umani...
Liberamente tratto dal dialogo finale tra Bill (David Carradine) e Beatrix Kiddow (Uma Thurman) in "Kill Bill
Vol II".
Tutto perfetto, tutto anche condivisibile, ho anche sentito questa spiegazione ad un corso buddista, dove
ovviamente Superman erano tutte le persone consapevoli della propria buddità che si vestivano da sfigati
(come Clark Kent) per insegnare agli altri come poter sviluppare e tirare fuori questo immenso potenziale.
Inevitabilmente quando si parla di buddismo si pensa al Dalai Lama e ai monaci tibetani vestiti di arancione,
quindi difficilmente le persone pensano che sia una cosa conciliabile con la vita di tutti i giorni, si pensa che
un buddista sia un ascetico pacifista... Invece, invece anche i buddisti si incazzano, anzi ne ho conosciuti
anche peggiori di chi non pratica nessun tipo di meditazione, ma quindi che diamine è il buddismo? A mio
personale parere: uno strumento. Banalmente e semplicemente uno strumento. A cosa serve? A molte cose
a dire il vero, alcuni credono che serva ad ottenere benefici(macchina, lavoro, fidanzata, casa nuova) ma io
credo che quelle cose le si possa ottenere anche senza dedicare un tempo X a ripetere un mantra davanti ad
un foglio scritto su carta di riso con scritte che non so leggere, io credo che sia uno strumento
semplicemente per sapersi godere la vita, per sapersi ascoltare, per poter dire SÌ quando è sì e NO quando
è no, per riuscire a gallaggiare anche in un mare di merda in tempesta e trasmettere la passione di farlo, il
resto a mio avviso sono menate new-age.
Quindi il Budda è davvero Superman?
Può darsi, ma la straordinarietá del budda sta nel suo comportamento da essere umano, quindi alla fine il
Budda è semplicemente un buon essere umano(e qui si potrebbero aprire infiniti discorsi su cosa significhi
"buon", semplifichiamo a: "una persona che cerca una strada per l'evoluzione).
Mi resta un solo e grande problema: la enorme antipatia che ho per Superman e il fatto che Peter Parker sia
decisamente più simpatico, così come il buon Bruce Banner: impacciato, timido scienziato che si trasforma
nell'invincibile Hulk.
Poi non si può non menzionare il tamarro per antonomasia: Tony Stark, magnate, genio, playboy, filantropo
(come egli stesso si definisce...) e lui potrebbe sparigliare le carte.
In realtà però nessuno può battere lui: Paolino Paperino che sulla sua 313 si sposta e nottetempo diventa
Paperinik, sfigato di giorno, gliene succedono di ogni, ma lui non molla mai.
Quindi alla fine che cos'è un eroe...? È la persona giusta, al posto giusto, al momento giusto. Proprio lì dove
dovrebbe essere. (dal film "The big Lebovsky").
Quindi un eroe moderno in mezzo a tutto questo machismo alpha e allo sventolio di uccelli per vedere a chi
piscia più lontano, resta colui che non perde se stesso, colui che anche se perde un milione di euro trova la
forza per andare avanti, anche se gliene succedono di ogni non diventa un diserbante umano e soprattutto
non piscia sul tappeto altrui.
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Scorretto Magazine
TJUTCEV OLEXEJ PETROVIC,
UN SUPEREROE RUSSO
di Edward Dwight Eugene Navarro
Durante quel fine settimana i cinghiali s’introdussero nuovamente nelle coltivazioni del villaggio, solcarono
l’erba e seminarono il terrore tra le giovani donne appartate, un drappello di ventenni licenziose tra le quali
non mancava Borislava Zarkovskaja, primogenita del sindaco Anatoly Avramov Zarkovskji, sorpresa dalla
carica del branco e costretta a rifugiarsi nuda alla locanda di Yeprèm in compagnia di Andrej Kopko Sokolov,
marito della cugina Vatslava. Il povero Andrej, sbeffeggiato dai concittadini e oltremodo percosso dalle ire
della moglie, accusò i cinghiali per quel malaugurato incidente, giurando vendetta nei confronti degli
affamati bestioni.
Fu così che spedirono Vasilij Ivanovich Chapaev nei boschi, armato di tutto punto, con bisacce e bussole,
salamini e pagnotte, un po’ d’olio e una dozzina di frittelle cucinate dalla moglie Olga e dalla badante
Jesnha. Aggiunsero all’ultimo anche un chilo di cardi e un sacco di aglio e sale. Gli misero insieme Oleg
Fedrojev Kotzky, il tenente Rzevskij e uno di San Pietroburgo famoso per la freddezza e la ferocia con un
fucile in mano (Tjutcev Olexej Petrovic, altrettanto noto a tutti per la macelleria di famiglia, che sorgeva nel
pieno centro della città). C’era da sentirlo, la sera al bar, narrare con la boria stucchevole degli eroi arcaici
del cervo che accoppò con un solo colpo di carabina o del lupo che fece secco con un pugnale ricavato dalla
pietra. Gli promisero la pelle, le interiora, la carne. Gli promisero la gloria, l’immortalità, un banchetto coi
fiocchi e una femmina a scelta tra tutte le giovani russe di sangue puro.
Quella notte partirono, diretti oltre la collina, dove il bosco è fitto tanto da sembrare vergine, fino a
raggiungere i campi di grano appena seminati. Si piazzarono a fumare sul tetto della baracca impiegata per
riporre gli attrezzi, dove si può salire con poco rischio di culo (eppure con gli occhi bene aperti per i possibili
crolli). Per due notti le belve non vennero, tanto che fecero fuori sette bottiglie di vodka e quasi tutte le
frittelle, il salamino e diciotto salmoni. Poi, il giovedì, saettando nella boscaglia affamato, con gli occhi
scimitarrati e i denti scintillanti, videro il branco avanzare grugnendo, colossale, formato dagli animali
selvaggi più grossi che avessero mai visto respirare (il tenente Rzevskij arrivò a sostenere nientemeno che
fossero grossi come buoi, epperò più pelosi, con le zampe di un cavallo e la testa di un toro, le zanne di un
elefante e la ferocia di un leone famelico). Fu in quel momento che cominciò a palpitare, un tremore lo
afferrò costringendolo immobile, Oleg Fedrojev Kotzky provò la fuga scagliandosi giù dal tetto nell’impeto (e
ci rimise un femore). Poi qualcosa successe, quando il più grosso cinghiale del branco scartò per avvicinarsi.
“Sei bello grosso”, disse Tjutcev Olexej Petrovic, sputando la sigaretta e scendendo di sotto nel prato. Per
qualche minuto d’interminabile eccitazione i due si guardarono fissi negli occhi, presagendo forse il destino
che gli ironici dei della steppa avevano tenuto in serbo per loro.
Ciò che avvenne dopo avvenne così rapidamente che né Vasilij Ivanovich Chapaev né Oleg Fedrojev Kotzky
né il tenente Rzevskij fecero in tempo ad accorgersi. Ma ecco come andò. Quando il cinghiale cominciò a
caricare, Tjutcev Olexej Petrovic gli piantò un colpo sotto il grugno, tra il gozzo e lo sterno (ammesso che i
cinghiali ne abbiano uno), e quello, barcollando, quasi maledicendolo, stramazzò. Poi, come direbbero le
cronache ufficiali, se questo fosse un resoconto ufficiale, tutto tacque. Il branco si disperse. Tacquero i corvi
che imbruttivano i già macilenti alberi, tacquero i grilli e le cicale. Tacque il vento, si direbbe se questo fosse
un resoconto ufficiale e poetico, e s’annebbiarono le stelle in cielo.
Comunque la sera dopo, venerdì, si fece una gran festa al podere, con Tjutcev Olexej Petrovic acconciato
con il vello del cinghiale e acclamato a gran voce da dozzine di contadini giunti da Zheleznodorozhnyy,
Komsomolskiy, Promyshlenny, Peregrebnoye. E tutti lo volevano onorare, tutti lo volevano al tavolo per
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Scorretto Magazine
offrirgli un bicchiere della loro vodka, una fetta di bistecca del loro bestiame. E tutti urlavano il suo nome e
narravano la sua impresa ai bambini affinché il suo coraggio potesse infondersi per emanazione a tutti quei
fannulloni russi, mentre lui era già mezzo cotto nel fienile, sbronzo fino ai capelli con le braghe in terra.
Avrebbe voluto morire giovane, Tjutcev Olexej Petrovic, da vero eroe, mentre si scagliava contro quel
cinghiale immenso.
Tuttavia morì molto tempo dopo, all’età di novantatré anni, in un ospizio pubblico, mezzo cieco, paralitico e
malato di prostata, nel ricordo delle sue impareggiabili imprese belliche, e badate bene
non per la vecchiezza, come si confarebbe a un siffatto uomo, ma soffocato nel sonno con un cuscino da tal
Bayan Grigorievič Zamëtov, a cui doveva tre giornate di vendemmia da trentaquattro anni.
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Scorretto Magazine
Lettera 22 contro FS E.626
di Alez
Giorgio non scrive di supereroi, non scrive di poteri speciali, di malefici personaggi venuti chissà da quale
mondo: basta il male del nostro.
Giorgio scrive, e scrive molto. Scrive i generi più disparati, scrive romanzi, scrive racconti, scrive storie.
Tante. Una macchina per scrivere storie, così si definisce egli stesso.
Giorgio scrive di persone comuni, impegnate in lavori comuni, e l'eroismo dei suoi personaggi è proprio
quello: non arrendersi alla grigia condizione umana, la stessa che separa i buoni dai cattivi fin dalla lavagna
alle elementari.
Giorgio scrive di casi risolti, di soluzioni inaspettate, dove non sempre è il bene buono a vincere. A volte un
bene meno buono, ma più attinente all'esistenza umana.
Giorgio quando scrive è anche Valentino o Luciano o Adrian. Svariati alias che riconducono tutti alla stessa
persona, allo stesso animo altruista e attento che gli permette di non esaurire mai l'ispirazione.
“Ho due rubriche di corrispondenza col pubblico su due giornali, da anni. Moltissime lettere sono di persone
sole, senza un compagno, senza un amico, un parente, chiuse in un piccolo paese o in una grande città.
Nessuno immagina quante persone vivano terribilmente sole. Non rispondo alle loro lettere piene di tristezza
per dovere professionale soltanto, ma perchè mi dà sinceramente dolore la loro solitudine, e voglio che
almeno per il tempo che impiegano a leggere la mia risposta non si sentano più sole.” (Il mio hobby, in Ivi,
pp.300-301)
Valentino è dunque uno di quei personaggi che vivono solo un giorno a settimana nelle rubriche dei
rotocalchi femminili, uno di quei personaggi che ha sempre la risposta e la soluzione ad ogni problema.
Valentino è amato dalle donne e già per questo, agli occhi di molti, suscita la stessa ammirazione che si ha
per un supereroe.
Ma Valentino ha fatto quello che un normale uomo non avrebbe mai potuto.
Valentino, segretamente come tutti i supereroi, ha salvato due vite umane.
Una mattina gli viene recapitata la lettera di una vedova disperata che ha progettato il suicidio: gettarsi sotto
il treno col figlioletto.
“Rilessi una quarta volta, non tutta la lettera, ma il punto
principale. Una giovane madre, aveva poco più di vent'anni,
mi scriveva che suo marito era morto. Lo adorava. Il
bambino continuava a chiamare il papà, domandava […] lei
non reggeva più e voleva morire col suo bambino per andare
a raggiungere l'uomo che aveva perduto. In media, una
lettera su cinque delle lettere che la gente scrive ai giornali
contiene l'espressione vorrei morire. In una lettera su mille
questo desiderio di morire è sincero, sentito, ma qualche
parola comprensiva, o un buon pianto che sfibra, rimandano
indietro il desiderio. Ma, forse in una lettera su cinquemila, la
frase vorrei morire è già un atto di volontà, una decisione
presa, che sarà molto difficile fermare (La lettrice suicida, in
Ivi, p.281)
Da qui iniziò una corrispondenza anche privata con la
giovane donna. Lo scambio epistolare durò oltre quattro
anni, fin quando la giovane donna annunciò il suo
fidanzamento.
Giorgio, dismessa la maschera di Valentino e allentato il nodo della cravatta, affonda due cubetti di ghiaccio
in tre dita di Glenmorange. È riuscito a fermare un treno per quattro anni. E come succede a tutti i supereroi
nessuno glielo ha mai riconosciuto.
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Scorretto Magazine
La solitudine del Varano
di Roberta Pagnoni
I ragazzi si divertono a consegnarmi il materiale nel modo più impensato, ormai fanno a gara di originalità
ed io non sono nessuno per rimproverarli -a parte che questo gioco mi diverte, quasi sempre. Oggi
l'atterraggio di un pellicano col becco pieno di diapositive sul tavolo della colazione ha turbato, per un
attimo, l'equilibrio dei cereali nella tazza grande; ma l'impresa vera è stata ritrovare il proiettore, sotto un
cumulo di Alan Ford talmente impolverati che poi, una volta comodo, ci sono voluti due gin-fizz a far passare
il raschìno in gola.
Mentre scorrono le immagini leggo la scheda, anche se mi sono bastate due foto per capire il genere di
super potere, il più inflazionato, di questo tempi. Pressoché inutile, se non si sa come usarlo. Ma ha scarsa
scolarizzazione, genitori sentimentali e fin troppo presenti, è un potenziale ridottissimo e scarno.
Mi stupisco che abbia già acquisito abbastanza consapevolezza da venir notata dai segnalatori, sembra
giovanissima, farei volentieri un giro nella sua testa per scoprire come se lo spiega. E soprattutto come
intenda usarlo. Ma mi limito a dare un giro di rotella sulla manopola « Liceo », prima di mettere tutto nel
raccoglitore giusto, quello verde bottiglia con le rotelle, pronto a seguirmi ovunque. Quello dei non si sa mai.
Sono pochi quelli che arrivano all'onore della valigetta in pelle di varano.
Sono molto di più quelli che finiscono in cantina, dove tra poco dovrò buttar giù un altro muro, sperando non
crolli tutto qua sopra.
Con la coda dell'occhio, vedo l'incartamento sul ragazzo di ieri sera. Si era presentato spontaneamente alla
porta, con una pizza al salame piccante ed una moretti da 66. Stavo per liquidarlo con due buoni pasto ma
lui è entrato e si è seduto sul mio personalissimo angolo del divano, quello sfondato, ha infilato le mie
ciabatte, ed ha iniziato a raccontarmi del suo super potere e dei suoi piani per sviluppare l'idea, trovare il
focus e preparare qualcosa di grandioso.
L'ho ascoltato mangiando in piedi, anche se non avevo fame, poi l'ho accompagnato in cantina. Certe cose si
fanno meglio a stomaco pieno. La moretti è rimasta sul tavolo, la scaldo per il prossimo ospite inatteso.
L'incartamento l'ho preso fuori apposta per bruciarlo nel camino, appena si libera dal messaggero, che ci si è
incastrato e pare trovarcisi bene.
C'è una prassi che ha un suo senso d'essere, non si diventa super eroe senza rispettare le basi. Non si
diventa super eroi quasi mai, in effetti.
Il punto è che non basta avere super poteri, quelli sono relativamente comuni: sapeste quanta super forza
ho visto passare sprecata, la competizione li frega quasi tutti, e se non è la brama di notorietà è l'orgoglio, a
traviarli: ultimamente sono rimaste due supereroine in un esercito sgangherato che è l'ultima difesa
dell'occidente, ma non lo sa nessuno quindi conta poco.
Anche l'invisibilità è difficile, al giorno d'oggi. Arrivano da me che sono adulti, dopo un'infanzia tormentata di
introspezione e solitudine, dannati psicologi. Prima di Freud era un trionfo di Zorro e Primule Rosse, ora li
addestro che sono già troppo ligi alle regole; l'ultimo per fortuna era ancora giovane, ed in fondo si tratta di
urlare sui muri, mica di ammazzare.
Ma ho sempre più bisogno di bere, per sopportare il peso del fallimento che sento incombere. I bei super
poteri di una volta, chiari e quasi luminosi, erano riconoscibili a distanza; alcuni super eroi si fiondavano in
salotto dalle finestre, altri si materializzavano nella doccia, una mi parlò per mesi nella testa prima di
convincermi che aveva una possibilità -ed il fatto che dicesse anche cose molto porche è del tutto una
coincidenza. Solo per lei coniai il temine supereroessa, e vi assicuro che se lo meritava tutto.
Ora, arrivano aeroplanini di fogli protocollo con scritte fitte fitte storie che urlano "ho il superpotere della
scrittura, leggetemi!!", e quando rimando indietro barchette fatte di foglie di fico e rametti contorti, non
capiscono mai, o quasi. Risuonano ad ogni ora gli avvisi degli araldi per il superpotere del sacrificio, pure di
notte, ma se li licenzio si offendono, così abbiamo raggiunto il compromesso che almeno rinunzino alle
trombe. In effetti, l'idea di raddoppiare le giornate e triplicare la notte per star dietro a tutto è stata geniale,
il supereroe del tempo mi ha ben ripagato del lungo lavoro di indirizzamento, guida e goulash con cui l'ho
rimpinzato. Peccato sia venuto fuori un po' lassista, ma non si può avere tutto.
Forse dovrei farmi prendere meno dallo sconforto e concentrarmi sui risultati, sul gin-fizz e sulla prossima
pratica, che la sento arrivare a distanza come i crampi della colite -e spero non arrivi contemporaneamente,
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Scorretto Magazine
stavolta, che per pulire tutto poi ci vogliono giorni.
Lo sento che sarà, dopo anni, un altro super potere come il mio. Mi arriverà un telegramma o un segnale
morse nello sciacquone del bisogno grosso o le letterine dei cereali si comporranno a formare quell'unica
parola che mi ha segnato la vita.
Fiducia. Ed io dovrò trovarmi faccia a faccia con un altro me, chissà a che punto della china.
Un altro a cui basta sorridere per sentirsi dire sì, sì certo, tutto quello che vuoi, anche mia madre, anche me
stesso, tutta la vita: un superpotere così inebriante che porta alla truffa e alla morte in giovane età nella
maggioranza dei casi, e mai dico mai ad un supereroe. Al massimo, ne può uscire uno come me, utile per
avvicinare i potenziali ma con abbastanza disincanto per fare selezione.
Non ne ho mai incontrato uno vivo. Chissà come se la cava col piccone.
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Scorretto Magazine
I supereroi non sono tutti buoni,
alcuni solo appetitosi e palatabili
(Rubrica di benessere e salute alternativamente scorretta)
di Alessandra C.F.
Le caratteristiche di un supereroe sono, solitamente, da ciò che si può osservare insomma, il possedere
ideali di giustizia, difesa dell’umanità a costo di sacrificio anche di se stesso/a, immortalità a volte,
rigenerazione, capacità di trasformarsi e usare pseudonimi, la non appartenenza all’umanità stessa o
qualcosa che comunque lo renda un diverso ma in modo positivo, tipo…OGM.
Oltre, ovviamente, all’essere idolatrato da parte della specie umana, cosa che il supereroe “sente”, ma con
umiltà.
Tutto ciò mi porta direttamente a pensare a Lui, il non nato, creato da altro, con altro, non creato ma
esistente, da sempre visto prima come un Dio, poi come un semi-Dio per altri motivi: Super Zea Mays.
Oggi è anche un valore, oltre all’essere valoroso.
SuperZea ha combattuto in stile Captain America (infatti la sua presunta madre è americana!) per debellare
per sempre il crimine della fame sul Pianeta Terra, sfamando prima la specie umana e poi quella animale.
Per sempre.
Oggi non siamo così creduloni come i Maya, perciò Egli si è camuffato e usa vari nomi in codice, roba che
Clark Kent e Peter Parker gli fanno una pippa: HFCS (High Fructose Corn Syrup), Amido Modificato, Acido
Ascorbico, Destrosio, Acido Lattico, Maltosio, MSG; oppure si traveste anche da donna, con nome
Maltodestrine, Lecitina, Lisina, Gomma Xantana, eccetera. Ormai deve usare sempre più pseudonimi per
sfuggirci. Risultando comunque sempre affascinante, come Cat Woman.
Meno male che noi umani senza superpoteri non esercitiamo neanche certi poteri di serie, cioè, pur essendo
divenuti in buona parte scettici, siamo solo rompiscatole, mica attenti!
SuperZea non esiste in natura (del Pianeta Terra), è probabilmente figlio di una specie spontanea chiamata
“Teosinte”, dalla parola nahuatl che appunto significa “madre del mais”, che molti anni addietro subì una
serie di radicali mutazioni genetiche , con modifica a quattro cromosomi.
SuperZea riuscì a farsi notare dall’ uomo per certi tratti da lui desiderabili, e così avvenne l’alleanza eterna
per la quale l’ essere umano fa rinascere SuperZea (quasi sterile, essendo un ibrido) ogni volta: l’uno non
vivrebbe senza l’altro, insomma…
Più supereroe di così..!
Oltre ad avere un aspetto sempre più imponente, alto e grosso con caratteri genitali femminili grandi e
libidinosi (dette bonariamente “pannocchie”) più del seno di Wonder Woman, ha una prodigiosa variabilità
genetica, e quindi si adattò e si adatta tuttora (e qui fa una boccaccia e un gesto dell’ombrello a Mr.
Fantastic, che risulta comunque meno elastico), alle più svariate condizioni entro le quali prosperare e
operare. Con l’aiuto dell’uomo, si crea anche da sé, le difese chiamate “pesticidi”, annientando così i cattivoni
che tentano di attaccare la sua crescita ed evoluzione.
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Scorretto Magazine
Ovviamente, oramai, SuperZea ha una famiglia ricchissima, a confronto Bruce Wayne appare un semplice
borghese con il banco al mercato di robette tipo “tutto a un euro”.
SuperZea è chiamato affettuosamente Mais o Granturco da chi lo segue e ci è affezionato, e negli anni, a chi
ne è assolutamente devoto, ha anche donato un po’ della sua genetica, perché SuperZea è riconoscente ai
seguaci terrestri.
Come Tony Stark, produce e utilizza materie belliche; in passato utilizzò l’azoto, ad esempio, avanzato dalle
bombe delle guerre. Per trasformarsi in Iron Man non gli serve neanche un’armatura però, ne è già dotato,
essendo la più eclatante super-mutazione-genetica.
Ma veniamo ai superpoteri pratici di SuperZea: è uno dei pochissimi supereroi vegetali che riesce a creare,
durante la fotosintesi, composti con quattro atomi di carbonio (invece di tre, che sarebbe la normalità). Da
questo deriva la sua classificazione, come avviene per gli X-Men, mutanti di categoria 1 o 2 o 3 e così via, in
un piccolissimo (ma super-super!) gruppo, detto C4.
Oggi SuperZea è il supereroe vegetale che mette d’accordo anche il popolo in continua crescita dei Vegani,
risultando quindi il più famoso e conosciuto, il più importante supereroe del mondo.
SuperZea si può OVVIAMENTE trasformare, molto meglio di Mystica, o entrare a far parte (saluta da lontano
anche il Professor X!), in/di tutto: mangime per una sempre più vasta fetta del mondo animale, in qualsiasi
bibita compresa la birra e svariati alcoolici, in whisky, latte in polvere, in creme di formaggio, in brodo,
gelato, in frutta sciroppata, in ketchup, minestre pronte, merendine, in snack, in caramelle, surgelati
impanati, in senape, maionese, hot dog, mortadella, uova, margarina, in pillole vitaminiche, in dentifrici, in
cosmetici, pannolini, sacchi della spazzatura, pile, fiammiferi, detergenti, riviste patinate, cera per la verdura
e le frutta, in pesticidi e in imballaggi…Ed esercita un controllo quasi assoluto sulle menti di tutto il Pianeta
Terra…Insomma, gode quasi di onnipresenza, oltre che di onnipotenza.
Ha fatto anche svariate campagne a favore di, da far impallidire SuperMan o lo zio Sam in America…
Che poi quest’ultimo era supereroe? Non lo so, ma come lo zio Sam fu un po’ lo zio di tutti, anche SuperZea
è un (bel) po’ parte dei nostri geni ormai, e possiamo dirci praticamente tutti suoi figli.
Entra nel nostro quotidiano e ci “protegge” dalla fame facendo i propri interessi senza che la maggior parte
di noi se ne accorga: Magneto dovrebbe prendere esempio come piano strategico per annientare la brutta
razza umana!
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Scorretto Magazine
edera
di Artanis Naanìe
Fan presto, loro, a decidere cosa è bene e cosa è male. Specie egoista e parassita, si credono il centro
dell'universo quando sono solo una caccola spiaccicata della Natura.
Non capiscono nulla, mai, rosi internamente da quel desiderio di immortalità e grandezza che non potranno
mai soddisfare.
Mi chiamano cattiva. Mi chiamano la velenosa. Non comprendono che ciò che faccio lo faccio anche per loro,
per le loro misere esistenze inutili e dannose.
Secoli che si comportano come se fossero i proprietari di questo pianeta e non gli ospiti. Secoli che ci
avvelenano con le loro fabbriche, i loro fuochi, la loro spazzatura; millenni che ci sfruttano, eradicano,
modificano, estinguono, selezionano, come se fossimo noi al loro servizio, come se tutto girasse intorno a
loro. Ci hanno messo millenni a capire che il sole non gira intorno alla terra, quanto ancora ci metteranno a
capire che non sono altro che un errore di programmazione, un simbionte sfuggito al controllo
dell'organismo ospite? Io non faccio altro che cercare di spiegarglielo. Di salvare il salvabile, finché c'è
ancora da salvare, finché non ci avranno distrutte tutte con il loro riscaldamento globale, il loro buco
nell'ozono, le loro deforestazioni selvagge, le loro piantagioni di soia e di palma, i loro maledetti ingegneri
genetici.
Si, li ucciderei tutti. Svuoterei questa terra dalla loro maledetta specie.
Immagina: i rampicanti si ergerebbero lungo le facciate dei più alti grattacieli. A primavera il glicine
invaderebbe ogni palazzo. Le rose si avvolgerebbero intorno ai semafori, ai pali della luce, riempiendo l'aria
di profumi inebrianti e di colori vellutati. Immagina: i platani potrebbero crescere a dismisura, senza nessuna
cesoia a determinarne il corso. Le querce riprenderebbero i loro possedimenti, fratturando l'asfalto con le
loro radici possenti. Rinascerebbe dalle crepe dei marciapiedi il sottobosco, con i suoi cespugli, arbusti, le
primule che macchiano la primavera di verde chiaro. Sulle strade prati di fiori di campo di ogni colore cullati
dal vento sarebbero come onde del mare. Il verde, il verde in ogni sua sfumatura, dal verde profondo dei
muschi umidi al verde intenso delle foglie del mughetto, dal verde scuro degli aghi di pino al verde leggero
del crisantemo. E le mie orchidee, ovunque, meravigliose, a riprendere la loro dimensione di protagonista di
una natura libera.
Ma per tutto questo loro devono andare. Devono restituirci lo spazio, l'aria, l'acqua, le stagioni, l'umidità e la
siccità, devono restituirci tutto e noi, allora, potremo salvare il mondo.
Dott. Pamela Isley
Manifesto per la vegetalizzazione del pianeta Terra
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Scorretto Magazine
I Superfeti
S
di Mauro Negri
Alexandre Nicolas è un artista francese, classe 1970, i suoi ultimi lavori sono sculture un po’ inquietanti che
ritraggono dei superfeti, ovvero delle sculture di supereroi ancora feti
Alexander è uno scultore direttamente affiliato alla cultura pop, egli ha trovato nella resina un materiale
speciale, la forma sintetica del cristallo che rende possibile una sorta di sospensione del tempo. Figure
galleggianti e contemporaneamente intrappolate dalla tecnologia.
Tra umorismo, sarcasmo e un approccio critico, ci mostra uno specchio della nostra società consumistica,
usando i simboli.
Il suo lavoro, con precisione chirurgica, si erge contro ogni forma di discriminazione e invita lo spettatore a
riflettere sui concetti di razza, natura, mutazioni e potenza.
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Scorretto Magazine
Credits to Alexandre Nicolas
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Scorretto Magazine
La voce rompe il silenzio, a sorpresa, da dietro le sue spalle. Bassa, ferma, senza un'esitazione; sente un
alito soffiarle sul collo e due sole parole, che sembrano entrare dentro all'orecchio:
"Non girarti"
Reprime senza sapere come l'istinto di urlare, si permette solo di trasalire: rimane ferma a guardare il
paesaggio, fuori dalla grande vetrata dell'ultimo piano. Sa che dovrebbe essere rimasta sola da ore, non solo
nella sala riunioni della dirigenza, ma nell'intero piano; forse, nell'intero grattacielo, guardie escluse.
Eppure domina la paura, stranamente qualcosa nel tono di quella voce la convince, o forse è solo che sa
riconoscere un ordine: ma non si girerà.
"Bravissima. Lo sapevo che sei brava, ti seguo, ti studio da tempo"
Riesce a sentire il calore del suo corpo, deve essere vicinissimo. Quello che sta ascoltando dovrebbe
spaventarla, invece stranamente la calma.
Non è un estraneo. È lì per lei.
"Vorrei dire che ti ho capito, ma tu non sei una donna da provare a capire. Shhhhh, non rispondermi", ferma
l'abbozzo di replica semplicemente appoggiandole una mano sulla spalla.
Al semplice contatto, sente premere addosso il tessuto stretto del reggiseno, ma obbedisce e tace. Respira a
fondo per dissimulare, e si accorge di non sentire altro odore oltre al proprio e allo stantio artificiale del
climatizzato.
Magari è tutta un delirio, troppe ore di lavoro, le responsabilità, e sta finalmente impazzendo.
Magari è una delle assurde prove che i boss dell'ultimo piano si divertono a fare, ma è troppo strampalata, e
poi quelli puzzano sempre di profumi costosi e sudore, li sente arrivare a piani di distanza
Intanto, la mano è scesa compiendo strani giri, disegna arabeschi, ondeggia tra le scapole ed il sacrale,
facendole inarcare la schiena: sente qualcosa di molto caldo e molto duro appoggiarsi sul sedere e si
accorge di star trattenendo il fiato.
"Vedi che ho ragione, sei fatta così, tu non vai capita. Tu vai solo scopata"
È come se il messaggio le arrivasse dritto al basso ventre, più ancora del contatto col corpo di lui che si fa
sempre più sconvolgente.
Si sente sollevare la gonna ed accarezzare i fianchi, le cosce, con movimenti talmente pieni di legittimo
possesso da dimenticarsi della città di là dal vetro, troppi piani sotto per preoccuparsene.
"E credo proprio che sia arrivato il momento di darti quello che vuoi, che ti meriti, e dartene tanto"
Le mani arrivano finalmente sotto la camicia e si lascia sfuggire un gemito, sa che non c'è scelta, che deve
solo abbandonarsi ai baci che le piovono sul collo, alla lingua nell'orecchio, all'umido che sente salire da in
mezzo alle gambe
Cede, senza neanche averci riflettuto. Vorrebbe girarsi e lui se ne accorge, così la prende per i capelli e la
piega in avanti, schiacciandola contro il vetro
"Ho detto di non voltarti, per piacere"
La gentilezza è spiazzante, visto che l'ha immobilizzata
Le scosta le mutandine, le dita aprono, scoprono, entrano, sembrano sapere esattamente dove andare. Il
vetro si appanna.
Fuori, la luna esce dalle nuvole e si accorge di essere piena e luminosa come non mai
Dentro, le dita si fermano.
"Ora, se vuoi, puoi parlare. Per fermarmi."
Lei guarda il vetro, la notte, la luna; il riflesso dei suoi occhi, della stanza, del lampadario. Nient'altro.
Rimase in silenzio ad accogliere grata, non ha alcun senso preoccuparsi di un'allucinazione.
Le avventure dell'uomo invisibile
di Brett Sawyer
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Scorretto Magazine
I 5 super Bonobi
di Avenarius XIX
Nel mondo mondo esistono tre categorie di Bonobi: i semplici, i super e gli altri. Oggi vi parlerò dei secondi.
All'apparenza sono tutti uguali, ma se osservati bene non noterete nulla di nulla, in quanto l'apparenza
rimane la cosa più immediata ed importante sulla quale basarsi. Allora uno si chiede come fare a
riconoscerli, ma è cosa che non potrò svelare, sia per il solenne giuramento di Tarzan, sia perchè sono
rimasti in 5 e ci tengono molto alla loro riservatezza, e sia perchè ho un debito che non salderò con la
fiamma ossidrica.
Ad ogni buon conto, i Bonobi hanno dei super poteri, diversi tra di loro e intercambiabili, caratteristica che è
essa stessa un superpotere, ma spesso anche un non-supervolere.
Infatti tra i 5 c'è quello che ha la puzza sotto il naso sviluppatissima. Pare riesca a sentire l'odore degli altri
Bonobi a 100 cm di distanza, cosa inaccettabile, un fastidio immenso che nemmeno con l'avvento delle
nuove app iphodroidiane si riesce a mitigare, e ch diventa a tutti gli effetti è un clima temperato, con
tendenza al giallo.
Poi c'è quello che ha il senso del gusto al tamarindo, di cui gli altri quattro ne vanno, inspiegabilmente,
ghiotti. Un aneddoto narra che gli aneddoti non narrano, però dissero che la Tassoni (quella della cedrata)
voleva sintetizzarne le papille gustative per spremerle e farne uno sciroppo, ma non trovando il super
Bonobo portatore usò dello sciroppo di tamarindo ottenendo il medesimo risultato.
La cosa interessante è che i Bonobi non portano gli occhiali, tranne uno, per via della super congiuntivite e
siccome, sempre per il principio di inetrcambiabilità, nessuno lo frequenta più da secoli, questi si è un po'
amareggiato per il non riuscire a passarla a qualcuno; una volta provò a darla ad una suora, ma si ritrovò
sotto casa un esercito di prinz verdi che lo fece desistere.
Non dimentichiamoci di quello con la barba retrattile che non serve assolutamente a niente. La nota positiva
è che quando cresce la ritrae e non deve spendere soldi in lamette. Purtoppo per lui, una volta si
addormentò sotto il sole di marzo e si svegliò, scottato, ad ottobre. Nella sua barba intanto si era sviluppata
una società di grilli ombra e un paio di supermercati. Quando la ritrasse si trovò alle prese con una serie di
rappresaglie che lo costrinsero ad adottare una colonia di rabbini che già ospitavano delle formiche fuchsia.
Ne nacque una guerra intestina che sfociò in mare, inquinando mezza costa dei pantaloni di velluto beige.
Il quinto super Bonobo, si chiama Quinto di nome, ha il dono più bello e non si fa mai vedere da nessuno
perchè è gelosissimo del superpotere di nascondersi, cosa che a tutti gli effetti lo rende introvabile; tranne
durante le notti di luna vuota, dove, in concomitanza con il cielo plumbeo e le stelle nere, risulta visibile al
sig. Nando di Bustrella, che notoriamente lo odia per via di una antica faida originata dalle figurine dei
gladiatori.
La leggenda delle leggende di chi non legge, dice che in quel tempo qualcuno di poco simpatico aveva
deciso di porre fine al mondo mondo. Costui era una persona con mezze idee, e quando le riuniva
diventavano un tutto con il niente di contorno ed era perigliosissimo per i suoi simili, benchè non ne avesse,
ma restava comunque sconsigliabile evocarne il nome.
In quei giorni, il sig. Follia di Sturtò, svegliandosi in pieno pomeriggio e dopo aver mangiato tre yogourt ai
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cetrioli di Follonica, dichiarò che avrebbe chiamato il pericoloso individuo ad altissima e reverendissima voce.
Tutti, preoccupati per il primo aggettivo, corsero in strada per 20 metri e non sapendo dove andare
tornarono alla propria dimora, tutti tranne i 5 super Bonobi, che, essendo Bonobi, si misero a dire di non
nominare quel nome, nominandolo.
Fu la fine della fine.
Fine.
Avenarius XIX
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Feelings,
nothing more than feelings
di Artanis Naanìe
È tutta una questione di sensazioni.
La sensazione di potere, ad esempio. Non quella di detenere il potere, ma quella di poter fare. L'intima
convinzione che sia possibile cambiare le cose e che questa possibilità vada colta.
La sensazione di essere liberi di essere se stessi, in un mondo che ci vorrebbe modellare secondo una sua
idea di noi. In quell'istante il mio io sovrasta ogni maschera che posso aver provato, rivelo ogni particella
della mia essenza, del mio profondo.
La sensazione della forza, la mia, quella della terra, della storia, dell'Universo, del tempo, come se ogni
potenza esistente rallentasse il suo ritmo per permettermi di esprimere la mia, come una virgola del dialogo
della Natura.
Le sensazioni fisiche: i piedi che si ancorano al terreno come se dovessero resistere ad un uragano; i muscoli
della schiena che si tendono come corde di violino, raddrizzandomi come a sovrastare il mondo; il calore
nelle mani che aumenta, aumenta fino ad esplodere in una sorta di orgasmo non sessuale; gli occhi che
vedono ogni cosa, ogni dettaglio anche minimo, sfuggente, con una precisione che a volte turba per
l'intensità dei colori, delle ombre, dei movimenti.
La sensazione di rallentare ogni cosa, in un tempo infinito di concentrazione ed attenzione, e quella di
controllare tutto, come ad essere un dio.
La sensazione di esaurimento che segue l'esplosione, la testa che pulsa, gli occhi velati da scintillii molesti, la
spossatezza dei muscoli come se avessi appena finito una maratona senza allenamento, le gambe che
cedono di essere state troppo dritte, i crampi alle dita, i ronzii nelle orecchie. La fame, la sete.
La sensazione di potenza assoluta che provo tutte le volte che ci ripenso e pagherò il prezzo della debolezza
ogni volta, per avere quell'assaggio di eternità.
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Lettera di Dimissioni di un ex Supereroe
(Spazio ai Medioeroi)
di Andrea Vettoretti
Pensiero primo: Non c’è evoluzione senza cambiamento (Darwin).
Alcuni hanno abilità nel far di conto, altri imparano le lingue senza sforzo. Ci sono medici, panettieri,
meccanici, muratori e petrolieri, ricchi e poveri, Albano e Romina. Alcuni sanno fare molte cose mentre altri
non sanno farne nemmeno una…ma lo fanno bene. Ci sono umani che, nella sventura, si lamentano
all’infinito, in un eterno e noioso mantra. Altri trasformano gli imprevisti in opportunità per cambiare la loro
vita. Ecco. La premessa è questa: 1) non è affatto vero che siamo tutti uguali e 2) mi stanno sul culo i
lagnosi!
Ora che vi ho dato una piccola infarinatura del mio attuale pensiero, sento di potermi confidare. Vi ho mai
detto che essere un Supereroe è una immane rottura di palle? Sapete che certa gente, anziché salvarla,
vorrei passarla per il tritacarne? O vaporizzarla con la vista a raggi gamma? Ecco, adesso ve l’ho detto!
Erano anni che avevo questo rospo da sputare e finalmente ci sono riuscito!
Molti si stupiranno per questa mia presa di posizione, obiettando: tu quoque? L’Eroe che salva il mondo, luce
e speranza per i deboli, roccaforte per gli indifesi, adorato dalle folle, emulato dai bambini! Tu serbi questo
segreto e questo astio nel tuo grande ed acciaioso cuore? Si, ostia, sì. Si perché l’umanità è piena di imbecilli
che mentre guidano l’auto telefonano, svoltano senza mettere la freccia, gettano mozziconi e cartacce dal
finestrino. Automi che sporcano i prati, cagano nei boschi, buttano a mare bottiglie e profilattici. Stronzi,
antipatici, superbi, ipocriti, animati da un unico istinto primordiale: far del male e rompere i coglioni al
prossimo, così…perché è l’unica cosa che gli viene bene. E non crediate…ce n’è anche per i gatti: l’ultimo
gatto che ho salvato, mentre precipitava da un acero giapponese, mi ha ringraziato graffiandomi il naso e
sbregando pure la mia calzamaglia! Vaffanculo, terrestri, mi sono rotto! Sono stufo, stufo, stufo!!! Mi dimetto
con effetto immediato, senza gli otto giorni di preavviso. Nessuna assunzione e formazione per un eventuale
sostituto.
Ora mi prendo un bel periodo di vacanza ed i superpoteri li uso solo ed esclusivamente per me medesimo:
alla mattina mi sveglio alle undici, volo alle Bahamas e alle nove faccio il bagno (vi ricordo che sono un
Supereroe…). Poi mi bevo un secchio di mojito e (alla faccia dell’etilometro…) volo sull’Everest. Scendo con
gli sci dalla parete sud e vado di corsa a farmi una sauna in Finlandia. Alla sera batto tre volte le mani e mi
materializzo a Dublino dove mi tracannerò una autobotte di Guiness aspirandola dal naso (vi ricordo
nuovamente che sono un Supereroe…). Non vi sto a dire cosa andrò a fare a Cuba. E con chi, tanto
c’arrivate da soli. Nel frattempo, umani, vi conviene starvene buoni buoni, perché se vi cacciate nei guai
mentre gioco a saltarella…non verrò più a salvarvi! Se passate col rosso mentre leggete Whatsapp non ci
sarò io per fermare il TIR che vi sta per spalmare. E quando arriverà l’asteroide dei Maya…non lo devierò su
Giove! Ecco…la lezione è questa: non serve più un supereroe per salvarvi. Se veramente tenete a voi stessi…
basta anche ESSERE un Medioeroe e tentare col fai-da-te. Aiutare sé stessi o dimostrare che si ha la volontà
per farlo è già un buon inizio. Statemi bene.
Ed ora via…più veloce della Weizen!
Cordialmente,
Super Vector
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Chi cazzo è, Banksy?
di Skunk
I super eroi, a me, hanno sempre fatto pena. Nel senso che mi é sempre dispiaciuto per loro. Per diventare
quello che sono diventati, hanno sempre dovuto prima superare delle tragedie. Morsi di animali
geneticamente modificati, esperimenti andati male, abbandoni e chi più ne ha più ne metta. C'è uno che per
diventare un super eroe sulla terra, ha perso tutto il pianeta dove è nato. Cazzo, se non è sfiga questa! Poi,
più o meno tutti, vivono la loro condizione più come una maledizione che una fortuna. Vitaccia!
A loro ho sempre preferito personaggi umani che sono diventati grandi grazie alle loro doti, tipo Lupin, per
fare un esempio. Ma comunque si trattava sempre di personaggi di fantasia. Crescendo ho scoperto che,
invece, di supereroi veri, ne è pieno il mondo. Il mio preferito in assoluto è Banksy.
Banksy è un artista, probabilmente il
rappresentante della Street Art più famoso
al mondo insieme a Basquiat, che però
non c'è più. Banksy, invece, è vivissimo e
poco si sa di lui. Si sa che è maschio e che
è inglese di Bristol, basta. Nessuno lo ha
mai visto, nessuno lo ha mai catturato,
nessuno sa chi è ma le sue opere sono
conosciute in tutto il mondo e ha milioni di
fan. La ragazza con il palloncino è
un'icona. Banksy è un super eroe
silenzioso, fa tutto quello che fanno i super
eroi ma non se la tira.
Si arrampica come Spiderman a metri di
altezza per posizionare le sue opere.
Grazie alla tecnica dello stencil è veloce
come Flash e vola, come Superman in
tutto il mondo per lasciare il segno. Pure
sulla porta di Gaza c'era una sua opera che
nvitava il mondo a reagire a tanto orrore,
per dire!
Lui non parla, parlano le sue opere. Come tutti i super eroi, lotta contro i poteri forti, il consumismo
sfrenato, la povertà, le lobby, le guerre, l'emarginazione, la violenza, l'omofobia e lo sfruttamento dei
bambini. Ma non solo, Banksy ci ricorda sempre che in passato ci sono state tragedie che non vanno
dimenticate se vogliamo vivere in un mondo migliore e lo fa sempre senza apparire. Non perché abbia
paura, ma perché i super eroi veri è così che fanno. Ognuno di noi può ritrovare Banksy in qualsiasi persona
che ha incontrato nella sua vita.
Io, per esempio, rivedo Banksy in Gino Strada e in tutti quei medici, anestesisti e operatori sanitari che
vanno a operare persone, bambini, là dove la povertà e la mancanza istruzione li costringe a una vita da
emarginati, sempre se riescono a vivere. Super eroi silenziosi che se ne sbattono altamente degli
avvertimenti dei governi che non possono garantire la loro sicurezza. Loro vanno e basta!
Rivedo Banksy in tutti i volontari delle associazioni che dedicano parte della loro vita ad aiutare persone, che
nemmeno conoscono, a sentirsi meno sole. E lo fanno in silenzio. Anche alle associazioni, Banksy ha
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Scorretto Magazine
dedicato parte del suo lavoro. Nell'ottobre 2013, a New York, un uomo è entrato in un piccolo negozio di
antiquariato gestito da un'associazione che si occupa dei senzatetto della città è ha comprato, per pochi
dollari, un quadro che rappresentava un paesaggio montano. Il giorno dopo Banksy ha annunciato che una
sua opera si trovava proprio all'interno di quel negozietto. Il quadro venduto il giorno prima è stato ritrovato
nello stesso posto con un piccolo particolare: al disegno è stato aggiunto, con la tecnica dello stencil, un
nazista seduto su un panchina a godersi il panorama e in basso a sinistra una firma, Banksy. L'opera si
chiama “La banalità della Banalità del male”, è una delle rarissime opere firmate da Banksy e ha fruttato
all'associazione circa 350.000 dollari interamente usati per i senzatetto. E' anche la mia opera preferita.
Banksy è il mio super eroe preferito e tutto ciò che mi piacerebbe essere. Non so come sarebbe il mondo
senza di lui, probabilmente uguale, forse peggiore, sicuramente non migliore. Il mio sogno è farmi un selfie
con lui che, poi, pubblicherà sul suo sito con il suo commento: "Chi cazzo è, Banksy?"
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CRITIQUE DE LA BAT-VIE QUOTIDIENNE
[kʁitik də la batvi kɔtidjɛn]
di gian marco griffi
[L'ordine capitalistico genera il caos urbano]
[Henri Lefebvre]
Lois aveva bisogno di una frusta da cucina perché una delle sue più grandi ambizioni era mescolare composti
cremosi. Bruce, amore mio, disse Lois, ho insufflato aria in questo composto per renderlo spumoso e leggero
e credo che ora sia pronto.
Bruce stava leggendo il Gotham City Chronicle sul tavolo in cucina, fumando un sigaro.
Lois domandò cosa ne pensi del mio pan di spagna?
Bruce fu chiamato a occuparsi di un tizio che desiderava farsi saltare il cervello a causa di uno scherzetto
ipnotico del Jocker, e uscì lasciando il pan di spagna sulla credenza della loro villetta a schiera, accanto alla
copia stropicciata del Chronicle.
Nel frattempo Lois tentò di preparare panna montata e meringa, meditando sulla sua emancipazione come
donna e come moglie.
Ripensò alla sua vita con Clark, ma fu un pensiero breve e insignificante.
Bruce tornò a casa con una splendida frusta da cucina Inox.
Questa non è una semplice frusta da cucina, disse, questa è la Bat-frusta-da-cucina; ci si può mescolare
composti cremosi e uccidere un criminale, dipende dalla circostanza.
La lampo dei pantaloni di Bruce fece uno zip caratteristico durante le operazioni di abbassamento.
Poi Lois era incinta.
Aveva deciso di rinunciare alla propria emancipazione in cambio di una vita moderatamente agiata.
Durante la gravidanza soffrì di alcune emicranie e rare nausee che la costrinsero a utilizzare sempre meno
frequentemente la Bat-frusta-da-cucina e sempre più i bicchieri da cocktail La Rochere che Bruce portò dal
negozio di un tizio che aveva salvato da una rapina a mano armata.
Molti amici si affollarono nella villa di Bruce e Lois e i balloon o i margarita diventarono una necessità, al pari
di uno splendido esemplare di verre à mélange à bec indispensabile per allestire cocktail più freschi, poiché
nel frattempo era maggio, o giugno, e gli ospiti gradivano qualcosa di fresco.
Mi sento un po’ limitata, disse Lois, in quanto alla preparazione di cocktail, e Bruce tornò dal Centro
Commerciale in cui aveva sventato un avvelenamento di massa organizzato da Poison Ivy con un libro
intitolato i cento migliori cocktail a base di martini.
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Scorretto Magazine
Un bagliore d’eccitazione sconquassò gli occhi di Lois, che infatti preparò immediatamente un Lady Laura,
composto da Martini dry, vodka Sermeq alla pesca e Asti Martini per le sue migliori amiche.
Certo questo prato inglese, disse Lois, avrebbe bisogno di qualcosa.
Non so che cosa, disse Lois, ma di qualcosa avrebbe certamente bisogno. Bruce ebbe un incontro
ravvicinato con Due Facce e appena ebbe un po’ di tempo libero tornò da Gotham con una piscina, o il
progetto di una piscina.
Basta con le piscine classiche rettangolari, disse Lois.
Bruce tornò in città, spazzò via in qualche minuto una ghenga di sudamericani imbarbariti e disse basta con
le piscine classiche rettangolari, voglio qualcosa di più moderno, qualcosa di più coinvolgente.
Si presentò a casa con una splendida oasi rocciosa composta da due vasche irregolari, una pozza per
l’idromassaggio e tre cascate. Questa non è una piscina, disse, questa è una Bat-oasi-rocciosa.
Poi Lois era diventata mamma.
Una splendida mamma, disse Bruce, e Lois sembrò arrossire per la lusinga. Disse Bruce mi piacerebbe
possedere una macchina per il caffè, così potrei preparare il caffè per te e per il piccolo quando sarà un po’
più grande, oppure per i nostri amici quando verranno a trovarci. La moka non andava bene, era troppo
lenta.
Bruce fu costretto a correre in periferia per salvare un tizio da un processo di autocombustione, prese a
pugni Oswald Chesterfield Cobblepot III ed ebbe notevoli problemi con la sua coscienza dopo essere finito a
letto con una stagista australiana.
Lois cuciva le maniche della camicia di Bruce e portava il piccolo nel passeggino lungo i viali alberati del
centro residenziale in collina.
Bruce tornò da una ronda notturna di routine a bordo del Bat-Plano con una Bat-caffettiera Bialetti Deluxe e
un baby chef della Mulinex e chiese sei felice?
Sono felice, rispose Lois, ma avrei bisogno di cucire più in fretta, il piccolo piange sovente e non credo che
riuscirò a consegnarti le camicie con le maniche accorciate prima di mercoledì prossimo.
Bruce cadde nel tranello che Bane e il Dottor Hurt gli avevano teso e tornò con una colf rumena di ventitré
anni; Lois, questa è Sara, disse Bruce, la nostra baby-sitter, al tizio per cui lavorava non serviva più.
Festeggiarono a lungo in stanza da letto, dove Lois aveva fatto installare un impianto di raffreddamento a
muro costituito da elettrodi sensibili al calore esterno.
Poi Lois era di nuovo incinta, e Bruce ebbe numerosi scrupoli prima di portarsi a letto Sara, soprattutto viste
le conseguenze che quel gesto avrebbe potuto avere sull’economia della sua famiglia.
Lois e Bruce si ritrovarono a cena e Lois chiese Bruce mi ami? Bruce disse certo che ti amo, e brindarono
con champagne nelle nuove coppe da champagne che Bruce aveva comprato nel nord della Francia durante
una battuta di caccia a una cellula terroristica.
Poi disse Sara questi sono due biglietti per Honolulu.
Sara disse mi sembra un’idea meravigliosa, Bruce, e partì per Honolulu con la sorella, dove rimase un paio
d’anni a spese di Bruce.
Bruce rimase quasi ucciso in un imboscata del Jocker, ma ciò non gli impedì di tornare a casa con una Singer
e una Necchi e disse eccoti la macchina da cucire amore mio, scegli quella che vuoi.
Sembrava che la Necchi funzionasse meglio con le camicie e la Singer funzionasse meglio con i pantaloni.
La Bat-macchina-da-cucire è ideale per cucire qualsiasi cosa, disse Bruce, ma specialmente per ricucire la
mia tuta da lavoro, che per la natura del mio lavoro rischia di subire ingenti danni, strappi, squarci e
bruciature.
In seguito erano attorno alla Bat-oasi-rocciosa e avevano lasciato il piccolo dai genitori di Lois e si
guardarono lungamente negli occhi.
Ci fu un bel silenzio carico di erotismo.
Bruce telefonò agli amici e disse oggi non venite.
Poi si recò in centro per tentare di impedire che Edward Nigma radesse al suolo il Grattacielo della
Fondazione Wayne, nei pressi del quale incontrò il vecchio amico Robin insieme alla fidanzata Stella;
cenarono insieme mentre Lois nella loro villa si dava da fare per cucire l’orlo dei nuovi pantaloni di Bruce, un
paio di pantaloni con le pence color cachi, o pesca.
A parte un timido tentativo di rapimento a opera di Hush (sventato da Bruce in quattro e quattr’otto), Lois
non ebbe particolari problemi durante la seconda gravidanza, così gli amici tornarono ad affollarsi ai bordi
della Bat-oasi-rocciosa, a chiacchierare e a gustare alcuni splendidi cocktail preparati da André, il barman
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d’occasione che Bruce si era procurato nel quartiere brasiliano della città insieme a Haidi, la nuova babysitter carioca, subito dopo aver sventato un piano per sterminare tutta la popolazione di Porto Alegre.
Robin disse credo che tu abbia qualche problema col rimorso; Bruce disse tutt’altro, nessun problema, e
tornò a casa con una bellissima doccia idromassaggio per quando desiderava fare l’amore con Lois in un
posto diverso dal solito letto a tre piazze extra-king-size acquistato per corrispondenza un mesetto prima a
Louisville, Kentucky.
Un fantastico coro d’opera risuonava dalle casse del loro impianto stereo Bang & Olufsen quando Bruce si
avvicinò al frigorifero per prepararsi un club sandwich ricco di carboidrati e calorie.
Il Nabucco è magnifico, disse Bruce a Lois; tutti dovrebbero poterlo ascoltare mediante le casse di un
BeoSound 9000. Certo pochi possono permetterselo, ma il problema della povertà e della ridistribuzione
della ricchezza andrebbe affrontato da chi se ne intende, e io non me ne intendo. Lois disse credo che il
piccolo abbia bisogno di compagnia. Bruce lucidò il suo fucile da caccia e ripose alcuni libri rari nella
biblioteca di famiglia, contenente dodicimila volumi.
Mi sento un po’ giù, disse Lois, e fece notare a Bruce le smagliature sulla pelle dei suoi glutei.
Bruce fece una scappata a Gotham ed ebbe uno scontro piuttosto rude con il Jocker, ciononostante trovò il
tempo di fare shopping, tornò alla villa con due tessere della palestra e disse non ti preoccupare amore, ho
pensato a tutto io, la palestra è ottima per rilassarsi e ristabilire il tono muscolare, specialmente dopo un
paio di gravidanze.
Così Lois era di nuovo mamma e la piccolina era una splendida bambina. Lois andò in palestra per qualche
tempo ma poi disse mi piacerebbe restare a casa con i piccoli, soprattutto adesso che stiamo vivendo una
fase così importante e delicata della loro crescita.
Bruce stava guardando un programma di automobili sul suo bat-schermo a 132 pollici.
Disse ma certo tesoro, è un tuo diritto, e partì per il golfo del Messico, o la Baia California, dove un cittadino
iraniano addetto alle tecniche di miniaturizzazione dei composti tecnici della lavastoviglie desiderava
utilizzare il proprio know-how per radere al suolo la città di Pasadena.
Già che era lì contribuì a salvare l’equipaggio e i passeggeri della nave da crociera Splendour of the Seas, in
rotta di collisione con una piattaforma petrolifera.
Lois rinunciò alla tessera della palestra e per compensare all’assenza di un allenamento costante e armonico
piazzò un paio di cyclette in soggiorno, accanto a un vaso in porcellana decorato a mano e a un fitness cube
di ultima generazione.
Pensi che possa bastare? Domandò Lois a Haidi. Haidi rispose che no, non poteva bastare, e che per
sfruttare ogni centimetro della stanza occorrevano anche un tapis roulant e un elettrostimolatore.
Bruce tornò dalla palestra Mexico Training (dove debellò un gruppo di neonazisti) con un crosstrainer e una
poltrona zen di origine himalaiana ma di tecnologia giapponese donatagli dai parenti del body builder.
Mi sento davvero fortunata, disse Lois, e baciò Bruce sulla fronte prima di accomodarsi sulla poltrona zen
tenendo la piccola in braccio. Eppure sento che c’è qualcosa che non va, intendo nella nostra vita famigliare,
qualcosa che non so spiegarmi ma che se fosse presente potrebbe migliorare le nostre vite arredando al
contempo la casa. Bruce prenotò una cena per due e Lois dimenticò tutti i problemi, almeno fino al punto in
cui il Jocker fece irruzione nel ristorante e tentò di assassinare la piccola figlia di Lois e Bruce.
Bruce riuscì ad avere la meglio e la cena poté continuare senza ulteriori intoppi.
Sarebbe utile conoscere qualche lingua straniera, disse Lois, specialmente per i piccoli; il francese, forse, o il
tedesco. L’inglese è abusato.
Bruce salvò una spogliarellista del Night Club New New Orleans dalla furia di un pappone diabolico e
sfruttatore e quando tornò stava tenendo in braccio un cucciolo di épagneul nano continentale papillon
bianco con orecchie nere.
Ecco, disse, questo sarà perfetto per i piccoli, ma anche per noi. I piccoli furono entusiasti e per festeggiare
Lois preparò un fantastico pan di spagna utilizzando la Bat-frusta-da-cucina, mentre Bruce si fece cullare
dalla poltrona zen ascoltando la Carmen di Bizet.
E per quanto riguarda lo studio del francese, domandò Lois.
Non credo che possa essermi particolarmente utile imparare il francese, nel mio lavoro, disse Bruce.
E se ti capita un cattivo francese, domandò Lois.
Lo stordisco con i miei Batarangs e lo catturo col Bat-lazo.
Avrei bisogno di altri utensili da cucina, disse Lois a Bruce. Così potrei cucinarvi ogni sera piatti diversi,
invece di affidarmi al solito ricettario scontato.
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Scorretto Magazine
Bruce partì per il medio Oriente, dove c’era sempre parecchio lavoro da sbrigare, e Lois trascorse qualche
giorno di depressione insieme ai piccoli e alle solite amiche, intorno alla Bat-oasi-rocciosa, fumando sigarette
cento’s e bevendo alcune bottiglie di acquavite.
Bruce ebbe numerosi appuntamenti di lavoro con criminali comuni, super-criminali, terroristi, eccetera e fu
costretto ad acquistare il minimo necessario: tornò comunque a casa con un walnussoffener di bigiotteria,
uno chef’s quad-timer professional oltre a numerosi altri utensili quali wok, asparagiera e termometri vari,
per cioccolato, yogurt e a infrarossi.
Noto con dispiacere che non sei riuscito a trovare uno sguscia gamberi, disse Lois, lo sai quanto tempo mi ci
vuole per prepararli.
Bruce utilizzò le Bat-manette per un gioco erotico e zittire Lois.
E a proposito dell’apprendimento del francese? Domandò Lois dopo.
Ordinarono un corso per corrispondenza in francese, utile soprattutto mentre si pedalava sulla cyclette.
Bruce rientrò da una serata libera con gli amici (durante la quale salvò comunque un gatto intrappolato sulla
cima di un albero) e disse Lois, mi pare che la casa sia un po’ in disordine.
Lois sembrò affranta.
Non dico che sia colpa tua, si giustificò Bruce, ma forse sarebbe necessario che tu dedicassi più tempo alle
faccende domestiche, magari prima della lezione di pianoforte del mercoledì pomeriggio.
Non mi pare una grande idea, disse Lois, così richiamò il vecchio direttore famigliare per mandare avanti la
baracca quando Bruce era in viaggio per verificare che la gente fosse sana e salva e al sicuro dagli orrori del
nostro tempo.
E così tornò Alfred, che Lois aveva licenziato dopo anni e anni e anni al servizio della famiglia Wayne.
Qui occorre sviluppare una nuova idea di famiglia, disse Alfred, un’idea paragonabile all’organizzazione di
un’azienda.
Lois era molto annoiata.
Si fece preparare da Alfred un bel programmino settimanale per tenersi occupata oltre alle lezioni di
pianoforte del mercoledì pomeriggio e a quelle di golf del giovedì mattina.
Lunedì! Corso di potatura; martedì! Corso di pasticceria; mercoledì! Corso di intaglio su legno; giovedì! Corso
di francese; venerdì! Corso di pittura; sabato! Corso di autostima, lesse Alfred ad alta voce nel salotto della
villa, proprio accanto al camino in muratura.
Bruce iniziò a studiare francese dopo aver sgominato un serial killer canadese.
Répétez après moi, disse Alfred. Je suis Batmàn, l’homme chauve-souris.
Je suiss Batman, l’homme chauve-souris, disse Bruce.
Je SUIS batmàn, l’homme chauve-souris [ʒə sɥi lə batmɑ,• lɔm ʃovsuʁi], lo corresse Alfred.
Je suis batmàn, l’homme chauve-souris, ripeté Bruce.
Voilà, disse Alfred.
Sono troppo impegnato per queste stronzate, disse Bruce.
Je suis trop occupé pour cette merde, disse Alfred.
Bruce domandò un drink.
En français! Strepitò Alfred.
Faites-moi un cocktail !
S'il vous plaît.
Cosa?
Si dice: s'il vous plaît, faites-moi un cocktail.
S'il vous plaît, faites-moi un cocktail immédiatement!
Alfred preparò un cocktail a Bruce.
Lois sembrò rivitalizzarsi grazie allo studio del francese e quando Bruce tornò da Bangalore, o Singapore,
dove un inerme banchiere era stato appeso per i piedi al pennone di uno dei grattacieli più alti del mondo, si
fece trovare sexy come non mai nella loro stanza da letto finemente arredata dai migliori architetti d’interni
di Gotham City.
Poi protestò, fumando una cento’s, per il fatto che i corsi settimanali le impedivano di vedere i suoi
programmi preferiti alla televisione.
Bruce fu tentato di utilizzare i suoi Bat-dardi, ma l’ideazione del piano fu interrotta da una chiamata della
Centrale di Polizia che lo convocò d’urgenza al porto, dove un gruppetto di estremisti razzisti islamisti stava
tenendo in scacco la produzione.
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Quando finì il lavoro andò al primo negozio, acquistò un antico videoregistratore multifunzione e lo riadattò
nella Bat-caverna modernizzandolo e trasformandolo in un proiettore tridimensionale.
Ecco, disse, questo dovrebbe risolvere buona parte dei tuoi problemi.
Sono estremamente felice, disse Lois, ma ti ho mai parlato della volta in cui andammo in campagna per
comprare quello struzzo e ti dissi di lasciare perdere, che costava troppo e non avremmo avuto tempo di
accudirlo? Bene, disse, mentii. Non so per quale ragione lo feci.
Forse quello era un periodo della mia vita in cui ero più indirizzata a una tipologia di consumo tecnologica
tralasciando i valori e le virtù inequivocabili della natura, ma da qualche giorno mi sono resa conto della mia
vera inclinazione.
Bruce era impegnato con una faccenda col solito Jocker, ma incaricò Alfred di tornare in campagna per
trattare l’acquisto dello struzzo.
Alfred tornò a casa con due struzzi africani subsahariani alti due metri e disse ai piccoli piaceranno
moltissimo, ma bisognerà trovare qualcuno che li curi.
Bruce disse perché, Alfred, non lo puoi fare tu?
Alfred rispose con tutto il rispetto io sono venuto qua per fare il direttore famigliare, non per sporcarmi la
livrea con la merda di uno struzzo. Je suis un directeur familier, pas un vacher.
Trova qualcuno, disse Bruce prima di partire per Stoccolma dove Edward Nigma stava tenendo prigionieri
tutti i candidati al Nobel e i reali di Svezia e raccomandati che sia capace di fare il suo mestiere alla
perfezione.
Inoltre, disse Bruce a Alfred, gradirei che d’ora in avanti misurassi il tuo linguaggio in maniera che sia più
consono a un ambiente domestico e che la piantassi con quel francese del cazzo, ci siamo intesi? Alfred
rispose che sì, si erano intesi.
In Svezia Edward Nigma stava proponendo a tutti i candidati al premio Nobel indovinelli irrisolvibili,
uccidendo uno a uno tutti i candidati al Nobel che non riuscivano a rispondere correttamente. Bruce lo
sconfisse e si trovò a letto con Amanda nel migliore hotel di Stoccolma, senza dubitare che quel fatto
potesse in qualche modo mettere a repentaglio la sua relazione con Lois.
Ad ogni modo cercò di rimuovere il profumo di Amanda dalla sua uniforme acquistando un set di oli e creme
al mango per Lois e un paio di I-pad per i propri figli.
Quando arrivò a casa venne accolto da Alfred il quale disse ho una brutta notizia, uno dei due struzzi è
morto e i piccoli sono disperati.
Com’è potuto succedere, domandò Bruce, ma a questa domanda nessuno seppe rispondere.
Fece venire il veterinario e domandò com’è potuto succedere? Era vecchio, disse il veterinario, almeno
vent’anni, forse più, è naturale che sia successo.
Bruce pretese di conoscere dettagliatamente la causa del decesso. Arresto cardiaco, rispose il veterinario.
Qualunque essere vivente, tranne forse i vegetali, muore per arresto cardiaco, disse Bruce, io voglio sapere
cosa ha causato l’arresto cardiaco.
Vecchiaia, disse il veterinario.
Non mi basta, disse Bruce, non vede quanto sono sconvolti i piccoli?
Esiste una cosa che spesso giunge senza motivo, chiamata morte, disse il veterinario, a cui i piccoli
farebbero bene ad abituarsi.
Bruce disse per la puttana, ho salvato più persone io nell’ultima settimana che Medici senza Frontiere in
quarantacinque anni e lei mi dice che non è riuscito a salvare un fottuto struzzo?
Mi dispiace, disse il veterinario.
Bruce fu tentato di tramortirlo con la Bat-frusta-da-cucina, immpiccarlo con la Bat-fune e torturarlo con la
Bat-sega, ma poi semplicemente lo pagò e lo mandò via.
Non preoccupatevi, piccoli, non accadrà più, disse Bruce. Nessuno morirà mai più, perché ci sono io a
salvare tutti.
Magari mi piacerebbe che morisse quel dannato Jocker, che mi rompe i coglioni da una vita, ma cristo santo,
ha la pelle dura come il cuoio.
Alfred disse Bruce, che linguaggio, con i ragazzi.
Bruce uscì per evitare il crollo di un ponte, tornò a casa con un cucciolo di porcospino e disse a Lois, mi
hanno garantito che questo vivrà più a lungo.
Lois era molto felice e per festeggiare il nuovo arrivo diede un favoloso party invitando tutti gli amici di
Bruce.
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Prima però dobbiamo pensare ai gazebo, disse Lois, altrimenti gli invitati quando si accomoderanno attorno
alla Bat-oasi-rocciosa avranno come la sensazione di trovarsi in un ambiente spoglio, raffazzonato.
Je suis d’accord, disse Alfred, e così Bruce fece portare cinque gazebo di legno con vetrate e doppi ingressi
per gli ospiti del party.
Per primi giunsero gli amici di Bruce, frastornati dalla bellezza della villa, poi le amiche di Lois, vestite di
rosa, volteggiando sulle drammaturgie della gioventù, coi loro pensieri da femmine.
Infine Bruce partì per Bangkok per salvare un gruppo di pescatori da uno tsunami provocato artificialmente
da qualche pazzo scatenato e Lois si rinchiuse nella palestra della villetta per un’ora di yoga in compagnia di
una personal trainer texana.
I piccoli giocavano con lo struzzo superstite, col porcospino, con l’épagneul nano continentale papillon,
finché si stancarono e pretesero qualcosa di più divertente, per esempio un ottovolante o un autoscontro.
Non mi pare fattibile, disse Bruce, a meno che non trasformiamo la nostra Bat-vigna in un Bat-luna-park, e
ciò mi pare fuori discussione, perché la Bat-vigna produce un vino insuperabile.
Andiamo, sono i tuoi figli a chiedertelo, disse Lois.
Inoltre non mi pare che il tuo vino sia tanto buono, mi vergogno perfino di offrirlo alle mie amiche.
Bruce si oppose fermamente e i piccoli caddero in una depressione assoluta, tanto che lo struzzo e il
porcospino, abbandonati, si ammalarono e Bruce fu costretto a restituirli.
Inoltre c’è quella storia del videoregistratore modificato, disse Lois.
Si tratta di tecnologia superata, ormai mi occorre un lettore dvd.
Bruce comprò cinque lettori dvd recorder, uno per ciascuna delle televisioni della villetta, e si accomodò sulla
sua poltrona zen per ascoltare qualcosa.
Ai piccoli serve compagnia, disse Lois.
Bruce li portò al luna park, evitò il solito agguato di un maniaco criminale e quando fu ora di tornare a casa i
piccoli piansero.
Hanno bisogno di compagnia, disse Lois.
Credo tu abbia ragione, rispose Bruce. Poi presero un bambino in affidamento.
Ultimamente mi sembri un po’ distratto, disse Lois a Bruce.
Ci fu un silenzio inquietante, rotto soltanto dall’ingresso del piccolo adottivo, che strillando mostrò un
ginocchio sbucciato.
Bruce partì per il Mali, dove era stato convocato per debellare Boko Haram, col groppo in gola, e quando
tornò si mise seduto nella Bat-caverna, dove conservava alcuni capolavori barocchi e numerosi acquerelli del
primo novecento che aveva ricevuto in dono da un antiquario di New Orleans che aveva salvato
dall’annegamento.
Ho sbagliato qualcosa? Domandò a Alfred. Non faccio altro che salvare vite umane, ammazzare dei supercriminali e nei ritagli cerco di vivere una vita normale, come tutti. Sto anche cercando di imparare quel cazzo
di francese. Non ho ancora capito a cosa mi potrà servire.
Non hai sbagliato niente, rispose Alfred. Adesso smetti di commiserarti e vieni di là, c’è la questione della
nuova sala-giochi da discutere.
Non credo che in questo momento mi vada di occuparmi della sala-giochi, disse Bruce, e si fece un lungo
bagno caldo nella sua Jacuzzi blu mare con vista sui grattacieli di Gotham, tenendo sempre un occhio vigile
per captare se qualcuno avesse bisogno di lui.
Poi Lois si lamentava per l’educazione del nuovo figlio adottivo, così si convinsero a restituirlo.
Non ho mai sentito un bambino piangere così rumorosamente, disse Lois, non lo sopporto.
Se almeno fosse nostro figlio, disse.
In cambio del figlio Bruce portò a casa una statua di cera raffigurante Marlon Brando. È semplicemente
fantastica, disse Lois, sapevi della mia passione per Fronte del Porto.
Poi i piccoli cominciavano a crescere e Lois prese a leggere romanzi in francese dell’800.
Bruce tornò da una ronda notturna con altri utensili da cucina e alcune maschere di legno intagliate a mano
che trovarono posto sopra lo scaffale nordovest della libreria, al fianco di una riproduzione della Dama con
l’Ermellino.
Lois leggeva romanzi e Bruce sostituì il BeoSound 9000 con un BeoSound 5 digitale.
Inoltre, disse Lois, la poltrona zen ultimamente dà qualche problema, la pelle è sdrucita.
Regalarono la poltrona ai vicini di casa e la sostituirono con un bagno turco sagomato a camino di fata che
Bruce portò a casa da Goreme, in Cappadocia, dove si era recato per sedare un colpo di stato.
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Oh Bruce, sembra che tutto proceda meravigliosamente, disse Lois mentre osservava i ragazzi giocare con
un nuovo esemplare di bull terrier, acquistato in sostituzione del vecchio épagneul nano continentale
papillon.
Accarezzare il nostro nuovo gatto Ashera è una cosa molto piacevole, disse, e si spogliò per fare l’amore.
Poi uscì per fare la spesa mentre Bruce lanciò una dozzina di palline fumogene nella sede della Borsa a Wall
Street e consegnò alla giustizia una banda di malviventi al soldo del Dottor Hurt.
Quando tornò andarono a fare una gita in battello sul fiume Hudson seguita da un’escursione in New Jersey.
Non è fantastico il New Jersey? Chiese Lois.
È pieno di coreani, disse Bruce.
Cos’hai contro i coreani? Domandò Lois.
Niente, ma…
In quel momento sentirono una immonda risata risuonare nel cielo coreano del New Jersey.
AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH !
Je vais vous tuer, homme chauve-souris! gridò il Jocker.
Cristo santo, Jocker, disse Bruce, anche tu col francese! Ma questa volta siamo alla resa dei conti!
Je ne comprends pas votre langue, disse il Jocker.
AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH !
Bruce estrasse dalla tasca della giacca un Bat-dizionario Gothamese-Francese.
Ci fu un silenzio imbarazzante.
Nous sommes au rendu! [nu sɔm o ʁɑd
• y!] disse Bruce dopo una breve consultazione.
En garde! disse il Jocker.
Lois accese una sigaretta, entrò in un supermercato coreano e quando ne uscì trovò Bruce e il Jocker che si
scambiavano insulti cattivi in quella fantastica e sensuale lingua romanza parlata a Saint-Maur-des-Fossés,
Courbevoie, Montparnasse.
Le loro solite cose, pensò, niente di più, niente di meno.
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