Sandokan in aeroplano. L`ucronia del Cavalier

Transcript

Sandokan in aeroplano. L`ucronia del Cavalier
Sandokan in aeroplano. L’ucronia del Cavalier Emilio Salgari
Diana Thermes
Università della Calabria (Italia)
Riassunto
Del tutto inaspettatamente il Cavalier Emilio Salgari, già celebrato “padre degli eroi”, scrive nel
1903 Le meraviglie del 2000, un romanzo ambientato cento anni dopo la sua scrittura, che si rivela
piuttosto una distopia malgrado il titolo. I due protagonisti, lo scienziato Toby Holker e l‟amico
James Brandok, un giovane ricco affetto da spleen, alter ego di Salgari, viaggiano nel tempo
attraverso la loro ibernazione, per risvegliarsi un secolo dopo grazie al fiore della resurrezione,
un‟antichissima pianta egiziana dalle proprietà prodigiose. Il mondo del 2003 è meraviglioso: i
progressi della scienza e della tecnica hanno regalato agli uomini macchine volanti, treni
velocissimi ad aria compressa, anfibi rompighiacci, città sottomarine, televisori e telescopi
potentissimi; e hanno anche risolto i problemi energetici e alimentari, quelli della
sovrappopolazione, della criminalità e dell‟ordine sociale. Anima del mondo futuro, che in realtà
ha perso l‟anima perché è dominato da fretta, ansia, frenesia, avidità di denaro, aridità spirituale e
sentimentale, alienazione sociale, è l‟elettricità, così potente, però, da far impazzire i due
protagonisti che non hanno avuto il tempo di abituarvisi. E chissà se aumentando la tensione
elettrica, l‟umanità intera, in un tempo più o meno lontano, non finirà per impazzire ...
Parole chiave
Ucronia, Distopia, Scienza
Diana Thermes insegna Storia delle dottrine politiche nell‟Università della Calabria e
nell‟Università Roma Tre. Tra le sue pubblicazioni si ricordano: Ripensare Bodin. Pubblico e
privato nel cittadino premoderno (Philos, 2002); Tocqueville e la Sicilia (Giuffrè, 2008);
Innovazione metodologica e revisionismo storiografico nella Storia delle dottrine politiche
(Rubbettino, 2011); Tocqueville e l‟Occidente (Rubbettino, 2012).
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
Sandokan no aeroplano. A ucronia do Cavaleiro Emilio Salgari
Diana Thermes
Università della Calabria (Italia)
Resumo
De todo inesperadamente, o Cavaleiro Emilio Salgari, há celebrado “pai dos heróis”, escreve em
1903 Le meraviglie del 2000, um romance ambientado cento anos depois de sua escrita, que se
revela mais como uma distopia, apesar do título. Os dois protagonistas, o cientista Toby Holker e o
amigo James Brandok, um jovem rico acometido pelo spleen, alter ego de Salgari, viajam no tempo
através de sua hibernação, para despertarem um século depois graças à flor da ressurreição, uma
antiquíssima planta egípcia de propriedades prodigiosas. O mundo em 2003 é maravilhoso: os
progressos da ciência e da técnica deram aos homens máquinas voadoras, trens velocíssimos
movidos por ar comprimido, anfíbios quebra-gelo, cidades submarinas, televisores e telescópios
potentíssimos; e também
resolveram os problemas energéticos e alimentares, os da
superpopulação, da criminalidade e da ordem social. Alma do mundo futuro, que na realidade
perdeu a alma porque dominado pela pressa, ânsia, frenesi, avidez de dinheiro, aridez espiritual e
sentimental, alienação social, é a eletricidade, tão poderosa, porém, a ponto de enlouquecer os dois
protagonistas que não tiveram tempo de se abituarem. E, talvez, caso se aumente a tensão elétrica, a
humanidade inteira, num tempo relativamente distante, terminará por enlouquecer...
Palavras-chave
Ucronia, distopia, ciência
Diana Thermes ensina História das Doutrinas Políticas junto à Università della Calabria e
Università Roma Tre. Entre suas publicações se destacam: Ripensare Bodin. Pubblico e privato nel
cittadino premoderno (Philos, 2002); Tocqueville e la Sicilia (Giuffrè, 2008); Innovazione
metodologica e revisionismo storiografico nella Storia delle dottrine politiche (Rubbettino, 2011);
Tocqueville e l‟Occidente (Rubbettino, 2012).
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
Sandokan in aeroplano. L’ucronia del Cavalier Emilio Salgari
. Salgari e l‟aeroplano. Sandokan avrebbe potuto andare all‟attacco dei suoi odiati
nemici, i colonizzatori europei, in aeroplano, se solo Salgari l‟avesse voluto.
Perché il Cavalier Emilio, sempre al passo con tutte le invenzioni tecnoscientifiche del suo tempo a cavallo tra Otto e Novecento, avrebbe potuto
modernizzare la Tigre della Malesia dotandola di un vettore via etere, invece di limitarsi ad
attrezzarla di un praho 1 , “un legno” comunque superiore agli incrociatori inglesi per agilità e
velocità. Il Re del Mare, che dà il titolo a un romanzo del 1906 appartenente al Secondo Ciclo indomalese, è una bella e potente nave da guerra, tutta d‟acciaio come quelle corazzate che ormai da
cinquant‟anni battono gli oceani, insidiate dai coevi sottomarini2 celebrati dal cugino d‟Oltralpe
Jules Verne3, nella fattispecie del Nautilus guidato dal Capitano Nemo.
Salgari avrebbe avuto tutto il tempo di imbarcare Sandokan su un aeromobile, prima di
chiudere il Ciclo indo-malese con La rivincita di Yanez (1913), dieci anni dopo che i fratelli Wright
avevano spiccato il primo volo. Tanto più che subito a ridosso dell‟impresa, nel 1904, aveva
pubblicato I figli dell‟aria affidando la sorte dei due protagonisti allo Sparviero, una macchina
volante ad aria liquida pilotata da un misterioso Comandante, presente anche nel seguito Il Re
1
Il praho è l‟imbarcazione a vela tipica del sud-est asiatico, che le Tigri della Malesia avevano dotata di un ponte,
potenziata e adattata alle esigenze di una nave da corsa: “Sandokan e Yanez, che in fatto di cose di mare non avevano di
uguali in tutta la Malesia, avevano modificati tutti i loro velieri onde affrontare vantaggiosamente le navi che
inseguivano. Avevano conservato le immense vele, la cui lunghezza toccava i quaranta metri e così pure gli alberi
grossi ma dotati di una certa elasticità […], avevano dato agli scafi maggiori dimensioni, alla carena forme più svelte e
alla prua una solidità a tutta prova. Avevano inoltre fatto costruire su tutti i legni un ponte, aprire sui fianchi dei fori pei
remi e avevano eliminato uno dei due timoni che portavano i prahos e soppresso il bilanciere, attrezzi che potevano
rendere meno facili gli abbordaggi” (Salgari, 2003, p. 12).
2
La corazzata appare nel 1859, il sommergibile nel 1850. Nel romanzo Al Polo Nord (1898) è protagonista un
sottomarino, che anticipa di dieci anni la conquista del Polo Nord via terra da parte di Cook e di sessanta quella via
mare da parte del sommergibile statunitense Nautilus. Ma nel precedente romanzo Al Polo Australe in velocipede
(1895), la conquista del Polo Sud, anticipata rispetto a quella che sarà fatta da Amudsen nel 1911, protagoniste erano
state tre biciclette.
3
In realtà, nonostante Salgari venisse chiamato “il Verne italiano” per attingere notizie e trarre ispirazione da più opere
dello scrittore francese (Vingt mille lieues sous la mer per Duemila leghe sotto l‟America, Un drame en l‟air per Un
dramma in aria, Cinq semaines en ballon per il Tesoro del Presidente del Paraguay e Attraverso l‟Atlantico in pallone,
La journée d‟un journaliste américain en 2889 per Le meraviglie del duemila, Robur le Conquereur per le sue
macchine volanti, ecc.), non gli è paragonabile per diversità di stile, di impianto narrativo e di sentire. Pur muovendosi
nello stesso terreno dell‟avventuroso fantastico, Verne è la fredda scienza e Salgari l‟appassionata avventura. Il primo si
proietta nel campione, il secondo nell‟eroe. Il primo è “istruttivo” e il secondo è “antieducativo”, e oltretutto pericoloso
perché “scalda la testa”. Riflessivo, distaccato e razionale è il primo, e ricercato è il suo stile. Impulsivo, sanguigno e
romantico è il secondo, e “sciatto” è il suo scrivere (secondo il dictat di Croce). Semmai Salgari è paragonabile a Robert
E. Howard per “lo stesso spirito, lo stesso pathos, la stessa vibrante immaginazione evasiva, e lo stesso grande desiderio
di avventura e di grandi eroi selvaggi, la stessa fantasia lussureggiante e la stessa aggettivazione rutilante e barocca”,
ben distanti dalla tranquilla mentalità “borghese” di Verne, sì che il Conan di Howard sta all‟Italia umbertina come il
Sandokan di Salgari sta a Peaster, il paesino sperduto del Texas di Howard. Il quale pure si suicidò (cf. ArpinoAntonetto, 2010, p. 115 e de Turris, 2002-3, p. 158).
143
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
Diana Thermes
dell‟Aria (1907), alla guida questa volta di un vascello volante, dallo stesso nome che dà il titolo
all‟opera.
Ma Salgari preferisce lasciare Sandokan dov‟è, nel suo mondo ancora puro, non
contaminato dal progresso scientifico e tecnologico, dove i buoni sono buoni e i cattivi sono cattivi,
dove l‟eroe è manifesto, il valore si misura sul coraggio, la vigoria fisica e l‟onore, dove le passioni
vibrano di pathos. Come osserva Claudio Magris: “Salgari è il fondatore di un‟epica, rudimentale e
iperbolica fin che si vuole, ma un‟epica, con il bene e il male ancora suddivisi da un colpo netto di
scimitarra, prima dell‟età delle corrosioni dell‟intelligenza e del dubbio”4.
E allora ci sale lui su un aereo per visitare il mondo del futuro, assumendo le spoglie
dell‟altro suo alter-ego James Brandok, un giovane e ricco americano, irrimediabilmente malato di
spleen, che cerca di distrarsi da tentazioni suicide con un viaggio più avventuroso di tutti quelli già
compiuti per il mondo, dall‟Europa all‟Asia, dall‟Africa all‟Australia, e per mezza America.
“Viaggiai, viaggiai […]. Ho visto il mondo. Sempre in velieri, osservando e fumando
montagne di tabacco”5, racconterà il Capitano Salgari – che Capitano mai lo fu ma sempre come
tale si spacciò tanto da crederci lui stesso e farlo credere agli altri 6 – in un‟intervista rilasciata poco
prima di morire, senza che avesse mai navigato né sopra né sotto il mare, né volato in aeroplano o
in mongolfiera, né traversato la terra su rotaia o su macchine sotterranee, e chissà, senza che avesse
mai percorso più di qualche kilometro in velocipede. Ma con la penna viaggiò e viaggiò: “Scrivere
è viaggiare senza la seccatura dei bagagli” era solito dire, quando i territori da lui esplorati non
travalicavano i confini della Biblioteca Civica Centrale di Torino. Però i viaggi non riusciranno a
salvarlo dallo spleen, nonostante cercasse di soffocarlo con la frenesia di una scrittura febbrile e con
i fumi dell‟alcool e del tabacco7. Né sapranno distrarlo da tentazioni suicide perché il 25 aprile
4
Cit. in Antonetto (2010, p. 14).
Intervista ad Antonio Casulli, “In casa di Emilio Salgari”. Il Don Marzio, 9 gennaio 1910. Salgari era talmente sicuro
di sé e fu talmente convincente, che Casulli vide in lui “il marinaio, l‟antico capitano di velieri, uso a giocare con le
tempeste” (cit. in Arpino-Antonetto, 2010, p. 35).
6
Allo scrittore e linguista Angelo De Gubernatis, che gli aveva richiesto una scheda biografica per il suo Dizionario
biografico degli scrittori contemporanei che stava curando, ritenendolo un autorevole esperto di navigazione, Salgari
rispose: “Ill. Sig. A. De Gubernatis / La prego di scusarmi se rispondo molto, anzi troppo in ritardo al suo gentile invito,
ma non sono tornato che ieri da un viaggio all‟estero. Qui Le unisco tutte le notizie che mi chiede [….]. Con dist. / Cap.
Cav. Emilio Salgari” (2 febbraio 1905, cit. in Fichera, 2011). Capitano Marittimo di Gran Cabotaggio Salgari non riuscì
a diventarlo perché non poté conseguirne il diploma presso il Regio Istituto tecnico e nautico Paolo Sarpi di Venezia.
L‟unico viaggio per mare che fece fu la traversata Venezia-Brindisi via Dalmazia a bordo di “un trabaccolo”, “una di
quelle barche pescherecce che si chiamano topi”. Il trabaccolo-topaia non era certo “la nave fiera” domatrice degli
oceani dei suoi versi poetici, bensì un cargo sgangherato battezzato Italia Una, e la traversata, pure funestata da un
naufragio, durò tre soli mesi del 1880. Ma di quell‟esperienza dirà: “Le avventure di questo primo viaggio non le
dimenticherò mai, e le emozioni che ho provato a bordo di quella topaia non le dimenticherò mai in tutta la mia vita di
marinaio” (cit. in Arpino-Antonetto, 2010, p. 34).
7
Salgari fumava cento sigarette e beveva una bottiglia di marsala al giorno, “per nutrirsi” sosteneva. In ventotto anni di
attività di scrittore e giornalista scrisse 200 opere, di cui 82 romanzi e 118 tra racconti e articoli. All‟amico Giuseppe
5
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
144
Sandokan in aeroplano. L’ucronia del Cavalier Emilio Salgari
1911 si toglierà la vita con un harakiri degno dei personaggi dei suoi migliori romanzi indo-malesi,
con gli occhi rivolti al sol levante (Castronuovo, 2013).
Se il mondo tutt‟intorno non piace al Cavaliere, ancor meno può piacergli il mondo del
futuro, e quando non c‟è speranza nel domani l‟oggi gli diventa insopportabile, fino a morirne 8. Le
meraviglie del futuro che danno il titolo al romanzo – ambientato nel 2003, cento anni dopo la sua
scrittura – sono ammirevoli invenzioni tecnologiche e piacevoli comodità, ma sono anche follia e
morte.
Le meraviglie del Duemila, un romanzo fantascientifico che racchiude un‟ucronia distopica,
più affine di quanto non si pensi a quella huxleyiana che precorre di circa un trentennio, è un‟opera
così dissonante dall‟intera produzione salgariana da suscitare una domanda. Perché un‟ucronia?
II. Perché un‟ucronia? Perché Salgari, “il padre degli eroi”, si cimenta con un genere
letterario che fino al 1903 gli è stato del tutto estraneo? L‟avventura nel futuro non è certo aliena al
suo tempo, segnato da prodigi scientifico-tecnologici che nutrono più filoni letterari e ne ispirano
uno nuovo, la fantascienza, uno spin-off del romanzo fantastico-scientifico, che ha in Jules Verne e
Herbert George Wells i suoi padri indiscussi9. La più chiara metamorfosi del genere fantasticoscientifico nella fantascienza si compie proprio in Paris au XXe siècle (1863) di Verne, preceduto da
Garuti, in arte Gamba, l‟illustratore di molti suoi romanzi, confidò nel 1909: “La professione dello scrittore dovrebbe
essere piena di soddisfazioni morali e materiali, io invece sono inchiodato al mio tavolo per molte ore al giorno e alcune
di notte. Quando riposo sono in biblioteca per ricerche e per documentarmi. Debbo scrivere a tutto vapore cartelle su
cartelle, e subito spedire agli editori, senza aver avuto il tempo di rileggere e correggere” (cit. in Arpino-Antonetto,
2010, p. 67).
8
Nonostante l‟enorme successo di pubblico, i buoni guadagni sia pure erosi dall‟avidità degli editori e il prestigioso
cavalierato insignitogli dalla Regina Margherita di Savoia, Salgari fu costantemente assillato dall‟insufficienza di
denaro, perseguitato dai creditori, estenuato dall‟incessante lavoro e mortificato dalla disistima degli ambienti colti, per
i quali non era che “la Tigre della Magnesia”. “Salgarello” portava in sé il marchio della depressione: suicida era stato il
padre, suicida sarà lui stesso sei giorni dopo che l‟amata moglie Ida-Aida sarà stata rinchiusa in un manicomio
pubblico, suicidi saranno infine i figli Romero, nel 1931, e Oscar, nel 1963. Aveva già tentato il suicidio due anni
addietro, nel 1909, e il secondo tentativo fu premeditato, come testimoniano le tre lettere scritte tre giorni prima di
togliersi la vita. Ai figli scrisse: “Miei cari figli / Sono ormai un vinto. La pazzia di vostra madre mi ha spezzato il
cuore e tutte le energie. Io spero che i milioni dei miei ammiratori che per tanti anni ho divertiti ed istruiti
provvederanno a voi. Non vi lascio che 150 lire, più un credito di 600 lire che incasserete dalla signora Nusshaumer.
[…] Fatemi seppellire per carità essendo completamente rovinato”. Ai suoi editori scrisse: “Ai miei editori / A voi che
vi siete arricchiti colla mia pelle mantenendo me e la mia famiglia in uno stato di semi-miseria od anche di più, chiedo
solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna”. Ai direttori
dei quotidiani torinesi scrisse: “Ai direttori dei quotidiani torinesi, / Vinto dai dispiaceri d‟ogni sorta, ridotto alla
miseria malgrado l‟enorme mole di lavoro, colla moglie pazza all‟ospedale, alla quale non posso pagare la pensione, mi
sopprimo. Conto milioni d‟ammiratori in ogni parte dell‟Europa e anche nell‟America. Li prego, signori direttori, di
aprire una sottoscrizione per togliere dalla miseria i miei quattro figli e poter passare la pensione a mia moglie finché
rimarrà all‟ospedale” (cit. in Arpino-Antonetto, 2010, p. 75-76). “La Stampa” aprì subito la sottoscrizione richiesta ma
la stampa, la critica e l‟accademia letteraria rimasero sostanzialmente asettici di fronte al suicidio di Salgari, mentre
Torino era distratta dall‟euforia per l‟Esposizione Internazionale dell‟Industria e del Lavoro che si sarebbe inaugurata il
29 aprile, giusto tre giorni dopo l‟annuncio della sua morte.
9
Tra la ricca letteratura al riguardo si rinvia a Fortunati (1982), Suvin (1985 e 1988), Jameson (2005) e Jedlowski
(2015).
145
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
Diana Thermes
Le monde tel qu‟il sera (1846) di Émile Souvastre e seguito da La journée d‟un journaliste
américain en 2889 (1889)10 scritta probabilmente ancora da Verne, che a sua volta ispirerà quelle
Meraviglie del Duemila grazie alle quali Salgari si conquisterà il titolo di padre della fantascienza
italiana (Valla, 2000).
L‟esplorazione nel futuro, tra il fantastico e il fantascientifico, ha già in Italia molti cultori.
Non solo i tanti appassionati lettori di Robida e Boussenard11 che vanno a ingrossare la schiera
degli adepti di Verne e Wells, ma anche quel nutrito gruppo di scrittori che include un Ghislanzoni
(1864), un Della Sala Spada (1875), uno Schiaparelli (1895), un Grifoni (1897), per non parlare del
più noto Paolo Mantegazza (1897) che si spinge fino al 3000, e dell‟ancora più noto Yambo che,
folgorato da Salgari12, si dà all‟avventura letteraria tra imitazione e originalità.
L‟ucronia tout court – un futuribile non ancora fantascienza – non è comunque un genere
nuovo, anzi ha ormai maturato più di centotrenta anni dalla sua nascita nella Parigi di Mercier 13 e
circolando per il mondo lungo le vie del sonno è approdata nell‟Amiens di Verne 14 , poi nella
Boston di Bellamy15 e infine nella Londra di Morris16. Lo è invece per Salgari, il quale non trova
altro da proporre all‟editore Bemporad di Firenze che gli richiede “qualcosa di nuovo” se non
ambientare nel futuro una qualche avventura, dopo averne sparse per tutto il globo terrestre e per
tutti i cieli. Nascono così Le meraviglie del duemila, ma essendo Salgari ancora sotto contratto con
10
Il racconto La journée d‟un journaliste américain en 2889, scritto da Jules Verne o dal figlio Michel o dai due in
collaborazione, è stato pubblicato per la prima volta in inglese nel 1889 nella rivista “Forum” con il titolo In the Year
2889. Nel 1890 è stato letto da Jules all‟Académie d‟Amiens e pubblicato nei suoi Mémoirs con il titolo Au XXIXe
siècle.Lajournée d‟un journaliste américain en 2889 e qualche variante rispetto all‟edizione americana. Nel 1891 è
stato nuovamente pubblicato con lo stesso titolo e qualche ulteriore variante nel Supplément illustré de “Le Petit
Journal”.
11
Il “verniano” Albert Robida è noto soprattutto per la sua trilogia fantascientifica: Le vingtième siècle (1884), La
guerre au vingtième siècle (1887) e Le vingtième Siècle. La vie électrique (1890). Il “verniano” Louis-Henri
Boussenard, poi chiamato “le Rider Haggart français”, è autore di più romanzi fantascientifici, tra cui Les Secrets de
Monsieur Synthèse (1888) et Dix mille ans dans un bloc de glace (1890). Pubblicava anche a puntate sul “Giornale
Illustrato dei Viaggi e delle Avventure di Terra e di Mare”, che è una delle principali fonti di Salgari.
12
Racconta Enrico Novelli, in arte Yambo: “Apparvero nelle vetrine dei librai, fra i plumbei volumi di letteratura
romantica slombata e di poesia cachettica, le aggressive copertine multicolori dei racconti di Emilio Salgari. In quelle
copertine erano compendiate […] tutte le aspirazioni e i desideri inconfessati delle anime giovanili […] un succedersi di
cose tremende e magnifiche, una serie di inni all‟impetuosità, alla giovinezza, alla forza, all‟istinto, al desiderio di
conquista, altrettante chiavi d‟argento per aprire le porte degli inesplorati giardini della fantasia” (cit. in A. Fichera,
2011) .
13
Louis-Sébastien Mercier ne L‟an deux mille quatre cent quarante (1770) sogna di svegliarsi nella Parigi del 2440,
una città che ha realizzato il riformismo settecentesco di Voltaire e degli Enciclopedisti, degli urbanisti e dei
fisiocratici, di Beccaria e di Montesquieu.
14
Jules Verne in Une ville idéale (1879) sogna di svegliarsi nell‟Amiens del 2000, una città che ha ulteriormente
sviluppato il progressismo umano e tecnologico della Parigi di Mercier.
15
Edward Bellamy in Looking Backward. 2000-1887 (1888) sogna di svegliarsi nella Boston del 2000, una città che ha
saputo realizzare le promesse del socialismo in pacifica armonia.
16
William Morris in News from Nowhere (1891) sogna di svegliarsi nella Londra del 2000, una città “preraffaellita”,
armonica e gentile, dove la tecnica è rispettosa della natura, il lavoro dell‟uomo e l‟uomo dell‟uomo.
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
146
Sandokan in aeroplano. L’ucronia del Cavalier Emilio Salgari
l‟editore Donath di Genova le firma con uno dei suoi tanti pseudonimi17, Guido Altieri, lo stesso
con il quale ha già firmato una novantina di racconti per lo più per l‟editore di Palermo Salvatore
Biondo. Per la pubblicazione dovrà però attendere il 1907, quando sarà scaduto il contratto con
Donath e Bemporad potrà usare il suo vero nome, nella speranza di ottenere un maggiore successo
di pubblico. Che non ci sarà, troppo dissonante dall‟abituale produzione salgariana essendo il
romanzo e troppo controcorrente rispetto alla cultura progressista del momento. Quindi deludente.
Eppure proprio Salgari diceva che “il segreto della popolarità per uno scrittore è narrare ciò che il
lettore vorrebbe essere” 18 . Ma quale lettore avrebbe mai voluto essere Toby Holker o James
Brandok, entrambi morti dopo essere impazziti senza aver compiuto nulla di eroico che desse un
senso alla loro morte?
Improvvisamente e inaspettatamente, nonostante una precedente incursione nel pessimismo
fantascientifico con due racconti, Alla conquista della luna e La Stella Filante, entrambi segnati dal
fallimento del progresso tecnologico19, Salgari cede alla tentazione della distopia. Le meraviglie del
Duemila sono una vera e propria ucronia distopica. Che suscitano una seconda domanda. Perché
questa sconcertante virata?
III. Perché un‟ucronia distopica? Al di sotto di una spiegazione circostanziale è verosimile
che vi sia una ragione più profonda, legata a una visione critica della realtà in cui Salgari vive. “Il
padre degli eroi”, che divora famelicamente ogni sorta di carta stampata ed è aggiornatissimo su
ogni questione, su ogni esplorazione, su ogni scoperta scientifica e su ogni invenzione tecnologica,
su ogni impresa militare e su ogni conquista coloniale, su ogni rivolta indigena e su ogni
migrazione20, per poi tutto trasfondere in imprese mirabolanti e viaggi fantastici a uso dei lettori
per via di quel “bisogno universale dell‟anima” che è l‟avventura, e che è pure il suo, è anche
l‟Ammiragliador e l‟Emilius, il giornalista di politica estera de “La Nuova Arena” e de “L‟Arena”
di Verona degli anni 1883-85 che deve aver conservato annidato in fondo all‟anima un partecipato
interesse per le vicende politiche, per la società e per l‟umanità, a giudicare dalle sue critiche e dalle
sue riserve sul mondo contemporaneo. Allora lo sprone a scrivere Le meraviglie del Duemila
17
Dei tanti pseudonimi salgariani più noti sono: Ammiragliador, Emilius, “Il piccolo viaggiatore”, A. Peruzzi, E.
Bertolini ed Enrico Bertolini, A. Permini, Romero S., G. Landucci e Guido Landucci, Guido Altieri e Cap. Guido
Altieri. La varietà degli pseudonimi è dovuta alla necessità di aggirare le clausole contrattuali di esclusiva imposte
dall‟editore del momento. Riguardo agli pseudonimi salgariani cf. Pozzo (1997).
18
Cit. in Arpino-Antonetto (2012, p. 110).
19
I due racconti, a firma del Cap. Guido Altieri, erano stati pubblicati tra il 1901 e il 1903 nella “Bibliotechina Aurea
Illustrata” dell‟editore palermitano Salvatore Biondo. Alla conquista della luna terminava senza che la luna venisse
conquistata e La Stella Filante, un‟imponente aeronave, precipitava per un‟avaria.
20
Sulle fonti di Salgari cf. Pozzo (2006).
147
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
Diana Thermes
sarebbe stato un‟autentica tensione morale e non semplicemente, come è stato detto, “il desiderio –
mai presentatosi in passato e che non si ripresenterà più – di esporre le proprie idee sull‟evolversi
della politica e del modo di vivere dell‟uomo” (De Turris, 2002-3).
Come già Verne, la nuova temperie utopica, che si sta evolvendo in direzione ucronica e in
senso distopico, contagia Salgari. Nel 1863, infatti, Verne aveva presentato all‟editore Hetzel un
romanzo ambientato nella Parigi del ventesimo secolo, che tanto è progredita sul piano materiale
quanto è regredita su quello morale e spirituale: “Gli uomini del 1960 non si stupivano più alla
vista di quelle meraviglie; ne usufruivano tranquillamente, senza gioia [...] poiché si intuiva che il
demone della prosperità li spingeva avanti senza posa e senza quartiere”. Le meraviglie sono treni e
metropolitane ad alta velocità ad aria compressa, autovetture a idrogeno, grattacieli di vetro,
calcolatori elettronici, fotocopiatrici, televisori, sistemi di climatizzazione, reti di telegrafia
mondiali, ecc., ma gli uomini sono “macchinizzzati”, costretti a lavorare in uffici “kafkiani”,
sorvegliati da robot-guardiani-giudici, spinti unicamente dal Profitto: “Tutti si arricchiscono,
eccetto lo spirito umano”. E il protagonista Michel, un giovane e valente poeta in latino che risulta
del tutto inutile a una società dominata dalla Scienza e dal Denaro, che ha sepolto le lingue
classiche soppiantando la cultura umanistica con quella scientifica ed economica ed è insensibile a
ogni forma d‟arte, non potrà che soccombere, abbandonandosi allo svenimento ormai sfinito,
affamato e semi-assiderato nel Cimitero del Père-Lachaise, mentre tutt‟intorno Parigi pulsa di vita
frenetica grazie ai prodigi dell‟Elettricità, mito-simbolo della Modernità, trasportata da fili elettrici
che come “un‟immane ragnatela” inviluppano il cielo della città. Helzel aveva rifiutato lo scritto,
ritenendolo sia troppo pessimistico, e quindi pericoloso per la carriera appena nascente dell‟autore,
sia inverosimile – “oggi non crederanno alla sua profezia”, aveva appuntato sul manoscritto. E
aveva consigliato a Verne di ripresentarlo dopo vent‟anni: “Consideri un disastro per il suo nome la
pubblicazione di quest‟opera. […] Lei non è maturo per questo libro, lo rifaccia tra vent‟anni” 21 .
Così il manoscritto era stato riposto nella cassaforte del figlio Michel e lì dimenticato, e non
sarebbe stato ritrovato che per puro caso nel 1989 dal pronipote Jean (figlio di Jean-Jules, figlio di
Michel), per essere infine pubblicato in edizione critica a cura di Piero Gondolo della Riva nel
1994.
Salgari non può perciò essere a conoscenza dell‟opera verniana, ma l‟elettricità di cui era
carica “è nell‟aria”. È infatti protagonista de La journée d‟un journaliste américain en 2889, dove
la rete elettrica ricopre le città e le campagne come “un‟immensa tela di ragno”, assicurando
l‟energia necessaria ai fototelefoti e ai fonotelefoti (apparecchi per le video-conferenze), ai telefoni,
21
Cit. in de Turris (2007, p. 155).
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
148
Sandokan in aeroplano. L’ucronia del Cavalier Emilio Salgari
ai totalizzatori (calcolatrici), alle aereo-automobili, agli aero-treni, agli aero-omnibus, ai tubi
pneumatici sottomarini, anche alle esecuzioni capitali e, ovviamente, alla produzione agricola e a
quella industriale che si è centuplicata dal giorno in cui
James Jackson ha inventato gli
accumulatori e i trasformatori di energia. Peccato che tra tante “raffinatezze” della civilizzazione
del XXIX secolo l‟ibernazione non sia stata ancora messa a punto sufficientemente per consentire il
ritorno in vita. L‟elettricità è protagonista anche della contemporanea La vie éléctrique di Robida,
strumento di progresso scientifico e di invenzioni tecnologiche (tra cui il telefonoscopio, un
apparecchio che combina insieme televisione, registratore e webcam), tanto potente quanto esposto
alle incontrollabili forze dalla natura.
Perché di fatto l‟elettricità è la Musa del Dio Progresso, i cui sacerdoti sono la Scienza e la
Tecnica. Questo vuole raccontare il Ballo Excelsior22 attraverso la lotta tra la Luce, portatrice di
Civiltà, contro le Tenebre, nemiche del Progresso, destinata a concludersi con la vittoria della
prima grazie alla realizzazione delle grandiose opere
e delle importanti invenzioni del XIX
23
secolo . Tra cui: il canale di Suez e il traforo del Moncenisio (Fréjus), la pila, la lampadina, il
telegrafo, il battello a vapore, il piroscafo. Viene rappresentato per la prima volta al Teatro della
Scala di Milano l‟11 gennaio 1881 ed è un successo. Scriverà il “Corriere della Sera” del giorno
successivo: “È il paradiso, il trionfo dell‟umanità incivilita, una festa del pensiero”. Ma il successo
non si arresta lì, perché il Ballo gira per tutto il mondo e il 1900 approda all‟Expo di Parigi, la
stessa città che ha dedicato l‟Expo del 1881 proprio all‟elettricità.
Piace il progresso all‟Italia colta, positivista e inventrice. “Epocali” sono le invenzioni
italiane, numerose le case cinematografiche che spuntano tra Roma e Torino, vivace e brillante è la
vita che si svolge tra i tanti caffè, salotti e Circoli d‟ogni genere. Il 1° luglio 1899 nasce la Fiat.
Pullulano le Riviste e i Giornali illustrati 24. Esploratori, colonizzatori e missionari testimoniano
22
Il Ballo Excelsior è un balletto mimico di Luigi Manzotti su musica di Romualdo Marenco, denominato “azione
coreografica, storica allegorica in 6 parti e 11 quadri”.
23
Le maggiori invenzioni del XIX secolo: la pila (Volta, 1800), la dinamo (1869), la lampadina (Edison, 1880),
l‟elettricità (1881), l‟illuminazione (1887); la locomotiva (1804), il piroscafo (1807), il sommergibile (1850), il
dirigibile (1850), la corazzata (1859), l‟automobile a vapore (1876), l‟automobile a benzina (1884-94), la
metropolitana (1900), l‟aeroplano (1903); il telegrafo (Morse, 1844), il telegrafo senza fili (Marconi, 1896), il telefono
(Meucci, 1871 e Bell,1876), la radio (Marconi, 1896); la fotografia (Nièpce, 1816 e Daguerre, 1839); il cinema (fratelli
Lumière, 1895).
24
Tra i tanti periodici di viaggio si ricordano i più “salgariani”: “Giornale Illustrato dei Viaggi e delle Avventure di
Terra e di Mare”, pubblicato da Sonzogno a partire dal 1879, inizialmente la traduzione del francese “Journal des
Voyages”, capostipite di tutte le pubblicazioni di viaggio; “La Valigia – Giornale Illustrato di Viaggi”, edito da
Sonzogno dal 1879, che nel 1883 ospitò il primo racconto di Salgari, I selvaggi della Paupasia; “Per Terra e per Mare –
Giornale di Avventure e di Viaggi diretto dal Capitano Cavaliere Emilio Salgari”, fondato e diretto da Salgari stesso,
pubblicato da Donath ma di breve vita (1904-1906).
149
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
Diana Thermes
l‟eroismo italico celebrato da D‟Annunzio. Corre l‟Italia sulle ali del Futurismo 25 .
Mentre
industrializzazione fa rima con colonizzazione, industrialismo con imperialismo, scientismo con
razzismo, tutto sotto l‟egida del Progresso.
Piace il progresso all‟“Italietta” giolittiana perché riscatta dal grigiore del quotidiano, esalta
l‟italianità e fa sognare. Perché distrae dai gravi problemi del Paese: la questione meridionale e la
questione sociale, l‟arretratezza economica e industriale, lo smacco coloniale, l‟instabilità politica.
1896: l‟Italia subisce un‟umiliante sconfitta ad Adua. 1898: il generale Bava-Beccaris cannoneggia
i milanesi che manifestano a favore degli operai. 1900: l‟anarchico Bresci uccide re Umberto I.
Scioperi, agitazioni contadine e repressioni poliziesche battono il tempo. 1861-1910: tredici milioni
di Italiani emigrano in cerca di una migliore sorte.
Nella Belle Époque della “Belle Europe”, che si avvia ballando incosciente verso il baratro
della guerra al passo del trasgressivo can can ai piedi della Tour Eiffel, riverito totem della
Modernità, e ai ritmi dell‟immaginifico Ballo Excelsior e del licenzioso walzer di un‟Austria tanto
felix quanto ignara del suo potenziale esplosivo disgregante, l‟Italia si esalta con D‟Annunzio,
piange con De Amicis, si tacita la coscienza con Collodi, sogna con Salgari.
L‟Italia ama Salgari perché ama i suoi personaggi, li vive in una sorta di transfert freudiano.
Ma non si accorge che “il costruttore di sogni”26 qui e là lancia un grido. Sotto il clamore delle
scimitarre, il fragore delle cannonate, le grida delle battaglie e il rombo dei motori non avverte la
sua voce più sincera che si unisce al coro dei vinti. Che sono i popoli colonizzati, gli indigeni
oppressi, gli schiavi, i pellerossa, gli operai sfruttati, i migranti affamati. Perché Salgari non sta solo
con Melville e Conrad, con London e Stevenson, con Aimard e Mayne Reid, lui sta anche con i
mohicani di Cooper, con i miserabili di Hugo e i diseredati di Zola, sta con i Malavoglia di Verga e
con i suicidi di Nievo. Il quale potrebbe insidiare a Verne il titolo di precorritore dell‟ucronia
distopica salgariana, con il suo catastrofismo tecnologico e antropologico dell‟anno 222227.
25
Il Futurismo nasce ufficialmente nel 1909 con la pubblicazione del Manifesto Futurista di Filippo Tommaso
Marinetti su vari giornali italiani, tra cui “L‟Arena“ di Verona, e su “Le Figaro“. Le parole-chiave sono: Progresso,
Industria, Tecnica, Automobile, Aeroplano, Dinamismo, Velocità, Temerarietà, Guerra. Proclama Marinetti: “Abbiate
fiducia nel progresso, che ha sempre ragione, anche quando ha torto, perché è il movimento, la vita, la lotta, la
speranza” (Teoria e invenzione futurista, 1966).
26
Cf. Gallo (2011) e Frigerio (2013).
27
Nel 1860 Ippolito Nievo pubblicò la Storia filosofica dei secoli futuri, un racconto del futuro dell‟Italia ambientato in
un arco di tempo che si estende dal 1860 al 2222. Articolato in cinque epoche, il racconto si conclude con la fine del
mondo a causa dell‟estinzione dell‟uomo. Nell‟ultima epoca, ovvero “il periodo dell‟apatia”, gli uomini prendono a
suicidarsi, dando inizio alla fine della specie umana. La causa è la noia, susseguita all‟estinzione del lavoro con
l‟invenzione di robot, “omuncoli detti anche uomini di seconda mano, o ausiliari”, che sopperiscono a ogni necessità.
Cf. Campa (2012).
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
150
Sandokan in aeroplano. L’ucronia del Cavalier Emilio Salgari
IV. Il Duemila delle meraviglie. Non sono in fondo tanto meravigliose le meraviglie del
Duemila salgariano. Nulla che non sia già stato inventato, o che stia sul punto di esserlo. Nulla che
non sia stato già ipotizzato da altri scrittori. Nulla che non sia moderato. Si susseguono
ritmicamente radiosveglie, giornali radio, televisori, eofoni (una sorta di radar acustici) e telegrafi;
aerei potentissimi, capaci di comunicare con i martiani; treni sotterranei ad aria compressa ad alta
velocità (che raggiungono i 300 km orari); battelli-tramvai-rompighiacci a elica e ruote (che
viaggiano a 160 metri al secondo), piroscafi d‟acciaio a elica e a ruote, affusolati come sigari (che
camminano come squali e raggiungono le 60 miglia orarie) e giganteschi pescherecci (che in pochi
giorni fanno il lavoro di tutta la stagione); Condor, velivoli con ali battenti per il trasporto urbano
(che volano alla “velocità fulminea” di 150 km orari e a un‟altezza di 150 metri), e Centauri,
vascelli volanti a due piani con un albero centrale, quattro eliche mostruose, dieci ali e due timoni,
di lunga distanza (che volano quasi alla stessa velocità degli albatros, ossia a 150 km orari e a 200
metri d‟altezza); gallerie sotterranee che collegano il Polo Nord; colonie polari di confino e città
sottomarine di detenzione; palazzi altissimi (di 25 piani); telescopi giganteschi (che avvicinano la
luna a un metro di distanza, un‟invenzione inedita); selfservice automatici e fast-food, mobili di
alluminio e abiti vegetali; riserve naturali per animali in via d‟estinzione. Si avvicendano la posta
pneumatica e la raccolta automatica dei rifiuti; la robotizzazione e la meccanizzazione del lavoro
industriale; l‟illuminazione e il riscaldamento con lampade a radium, “il fuoco eterno”, entrambi
gratuiti; l‟estrazione dell‟acqua potabile dal mare, l‟alimentazione in pillole per i poveri e la dieta
ittico-vegetariana per gli abbienti; il turismo d‟élite per i ricchi (allo Spitzbergen, non troppo
lontano dalle “riserve” anarchiche); l‟ibernazione; la silurite, “un esplosivo potentissimo, inventato
di recente, che vi polverizza una casa di venti piani, come se fosse un semplice castello di carta”28,
più formidabile ancora della dinamite; la produzione di elettricità da cascate e fiumi grazie a
centrali elettriche e dal Gulf-Stream grazie a mulini-isole d‟acciaio galleggianti, resistenti a ogni
tempesta (un‟anticipazione delle piattaforme marine usate per l‟estrazione del petrolio).
Insomma, nulla di veramente avveniristico. Anche se il Canale di Panama è stato completato
da 85 anni, l‟istmo di Corinto29 è stato tagliato e il grande deserto del Sahara sta per diventare un
mare navigabile. Anche se “spaventevole e nel medesimo tempo sublime” è lo spettacolo della
grande officina elettrica degli Stati Uniti che si trova ai piedi delle cascate del Niagara, dove la
potenza della natura si sposa con la sapienza della tecnica:
28
Salgari (2011, p. 208). La dinamite era stata inventata in un ormai lontano 1867 da Alfred Nobel. Salgari non prevede
il nucleare.
29
I lavori del Canale di Panama sarebbero iniziati nel 1907 per concludersi nel 1914. Ma il progetto risaliva al 1879.
L‟istmo di Corinto era stato tagliato già nel 1893.
151
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
Diana Thermes
“L‟immensa massa d‟acqua si rovesciava nel fiume sottostante, con un fragore
assordante, mettendo in moto un numero infinito di ruote gigantesche, costruite
tutte in acciaio, destinate a trasmettere la forza a tutte le macchine elettriche della
Federazione Americana. […] Un numero infinito di grossi fili d‟acciaio, destinati a
portare a grandi distanze e suddividere la forza della cascata, si diramavano in tutte
le direzioni” (idem, p. 84).
La trama è essenziale. L‟impianto del racconto non è intricato. L‟avventura scorre piana,
senza grandi colpi scena. L‟espediente narrativo del viaggio vale a illustrare le meraviglie di un
mondo futuro quale sarà forgiato dalla scienza e dalla tecnica secondo Salgari. Ma non solo. Il
viaggio vale anche ad esporre la visione sociale e politica di Salgari e a denunciare gli effetti
negativi della scienza e della tecnica sulla società, sull‟uomo e sulla natura.
La storia prende l‟avvio dallo scampato suicidio di James Brandok, bello, giovane e ricco,
irrimediabilmente malato di spleen e terribilmente annoiato, che si lascia convincere dall‟amico
scienziato Toby Holker ad accompagnarlo in un‟avventura fantastica: un viaggio nell‟America del
2003 da compiersi grazie al risveglio da una lunga ibernazione di cento anni – una misteriosa pianta
antichissima scoperta in una tomba egiziana, nel seno di una sacerdotessa, la pianta della
resurrezione, li avrebbe ridestati. Risvegliati infatti dopo cento anni dal Signor Holker, un nipote di
Toby dal nome proprio indefinito, come da istruzioni lasciate a un notaio e depositate presso il
Comune di Nantucket, i due protagonisti, seguiti dal Signor Holker, iniziano il loro viaggio a bordo
del Condor, “una specie di macchina volante, fornita di quattro ali gigantesche e di eliche
grandissime, collocate al di sopra di una piattaforma di metallo, lunga e stretta, difesa all‟intorno da
una balaustra” (idem, p. 38). Il Condor, che “funziona perfettamente [ed è] dotato d‟una velocità
straordinaria, tale da poter gareggiare colle rondini e i colombi viaggiatori” (idem, p. 60), ha
soppiantato i palloni dirigibili a idrogeno, troppo pericolosi. Ve ne sono di tutte le dimensioni e per
tutti gli usi. Tantissimi, e il cielo ne è troppo affollato. Ogni tanto si scontrano, ma gli incidenti non
commuovono nessuno.
Durante il viaggio, inizialmente programmato da Nantucket a Londra via Polo Nord ma che
per sopravvenuti incidenti prenderà altre direzioni, James e Toby hanno modo di venire a
conoscenza delle trasformazioni prodotte dai progressi della scienza durante i cento anni trascorsi.
Le città di tutto il mondo sono diventate delle megalopoli e la popolazione è enormemente
cresciuta, raggiungendo i due miliardi e quattrocento milioni di persone, di cui la metà gialle, tanto
da costituire uno dei problemi più gravi, la cui soluzione sembra essere la colonizzazione di Marte,
scarsamente abitata e ricca di terre incolte, da attuarsi con il lancio di “qualche bomba mostruosa
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
152
Sandokan in aeroplano. L’ucronia del Cavalier Emilio Salgari
piena di abitanti terrestri”. E per quanto l‟impresa sembri al momento difficile, prima o poi sarà
realizzabile, perché “ormai non vi è più nulla d‟impossibile” (idem, p. 74-75) per la scienza, che
nel frattempo ha permesso di comunicare con i martiani (i quali sono degli anfibi che assomigliano
alle foche, ma avendo una testa quattro volte più grande di quella degli uomini non sono loro
inferiori in fatto di civiltà e di scienza).
I cavalli sono scomparsi perché sono diventati inutili da quando le terre da pascolo sono
state convertite in terre da produzione agricola per sfamare la popolazione del globo, da quando
l‟agricoltura è stata affidata alle macchine e da quando la guerra è stata abolita per sempre. “La
guerra ha ucciso la guerra” con i terribili e spaventevoli massacri che ha provocato. Ed è diventata
impossibile per il suo potenziale distruttivo: “una guerra, al giorno d‟oggi, segnerebbe la fine
dell‟umanità” (idem, p. 52-53).
Con i cavalli sono scomparsi gli eserciti. Restano i pompieri, impegnati nella repressione dei
tumulti causati dagli anarchici. Si servono di un‟arma letale: getti d‟acqua elettrizzata a corrente
altissima, che fulmina all‟istante. Il mezzo è brutale e disumano, ma è risolutivo e necessario a
conservare il mondo ordinato e tranquillo: “Il mondo ha diritto di vivere e di lavorare
tranquillamente senza essere disturbato. Chi secca gli altri, si manda nel regno delle tenebre”30. È
una sorta di “giustizia turca”, ma nessuno ci piange sopra. Gli scampati ai getti d‟acqua vengono
confinati in una colonia polare, dove la temperatura a 45°C sotto zero raffredda il loro gusto delle
bombe, degli incendi e delle stragi, dove la caccia e la pesca a cui sono incessantemente costretti
toglie loro il tempo di occuparsi di pericolose teorie, e dove i getti d‟acqua elettrizzati sempre pronti
li dissuadono da ogni azione riottosa. I figli vengono poi inviati in Europa e in America perché
siano convertiti in “cittadini operosi”.
Sono scomparsi anche gli operai, anch‟essi risultati inutili da quando le macchine hanno
preso il loro posto. Non restano che dei meccanici per dirigere le macchine: “L‟elettricità ha ucciso
il lavoratore” (idem, p. 65). Gli operai si sono trasformati in agricoltori e pescatori. Ed è scomparso
anche il socialismo, del quale si prediceva invece “un grande avvenire”: “[È] scomparso dopo una
serie di esperimenti che hanno scontentato tutti e contentato nessuno. Era una bella utopia che in
pratica non poteva dare alcun risultato, risolvendosi infine in una specie di schiavitù” (idem, p. 66).
Non resta che qualche colonia tedesca e russa di vecchi socialisti che coltivano in comune alcune
plaghe della Patagonia e della Terra del Fuoco, e sono in via di sparizione nel disinteresse generale.
Il capitalismo ha dunque vinto e il mondo è tornato al suo stato naturale, perfettamente disuguale:
“Così siamo tornati all‟antico, e oggidì vi sono poveri e ricchi, padroni e dipendenti come era
30
Idem, p. 97. Sul punto cf. Frigerio (2011).
153
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
Diana Thermes
migliaia d‟anni prima, e come è sempre stato dacché il mondo cominciò a popolarsi” (ibidem). Un
mondo ordinato e diviso: tra Stati ricchissimi, come l‟America e, in minor misura, l‟Europa e Stati
poverissimi, come l‟India, dove “muoiono di fame a milioni”.
Il capitalismo borghese ha vinto, ma il colonialismo ha perso: l‟Inghilterra non ha più
colonie! – come se il colonialismo concernesse solo il paese-simbolo per eccellenza del fenomeno,
perché nulla viene detto in proposito riguardo alla Francia, né all‟Olanda, né al Portogallo, né alla
Spagna, né tantomeno all‟Italia.
Gli Imperi si sono sgretolati: dell‟Austro-Ungarico non resta che l‟Austria, dopo che
l‟Ungheria si è resa indipendente e gli arciducati tedeschi sono passati alla Germania;
dell‟Ottomano non rimane in Europa che Costantinopoli, dopo che tutti i Turchi sono stati
definitivamente respinti in Arabia e nell‟Asia Minore; del Britannico, dopo la perdita delle colonie,
che si sono staccate una a una e si sono rese indipendenti, non sopravvive che “una piccola
Inghilterra, ma sempre ricca e industriosissima”; del Cinese non restano che i Cinesi emigrati in
tutto il mondo, dopo lo smembramento del territorio da parte delle potenze europee per evitare che
invadesse l‟Occidente. La Siberia si è incivilita da quando non accoglie più deportati, dopo che è
diventata indipendente. La Russia si è dotata di una Camera e un Senato come gli altri Stati. E con
le province polacche dell‟Austria, della Russia e della Germania è stato formato un nuovo Stato, la
Polonia, per evitare una guerra tra i tre Stati. L‟Italia non è più l‟“Italietta” di un tempo, ma “la più
potente delle nazioni latine”, avendo riavuto i suoi antichi territori, ossia l‟Istria, il Trentino, le
colonie veneziane della Dalmazia, la Corsica, Nizza e Malta. Un grande Congresso tenutosi
all‟Aja, sede dell‟arbitrato mondiale, ha ratificato il nuovo assetto geopolitico, e “ora una pace
assoluta regna da dieci lustri nel vecchio continente europeo” 31 , garantita appunto dalla Corte
arbitrale dell‟Aja, riconosciuta ormai da tutti gli Stati del mondo.
Tanti gli Stati ma poche le razze, sia umane che animali. Le razze umane sono ridotte a tre,
la bianca, la gialla e la negra, con una fortissima e pericolosissima predominanza della gialla, dopo
la scomparsa di tutte le altre – e poiché la razza bianca ha sempre dominato il mondo si profila una
lotta di razza, dopo che quella di classe è tramontata. I pellerossa, una volta decimati, si sono
completamente “fusi” con gli Americani e sono quindi scomparsi, essendone stati “assorbiti”. I
Malesi si sono estinti. Anche gli Esquimesi si sono pressoché estinti, ma per fame, a seguito della
quasi totale sparizione delle balene e delle foche di cui si nutrivano. La causa? Le feroci distruzioni
compiute da avidi cacciatori americani, norvegesi e russi. I pochi superstiti finiranno comunque per
31
Idem, p. 157. In realtà già esisteva una Corte arbitrale dell‟Aja, creata nel 1899 a seguito della Conferenza sul
disarmo convocata dallo zar Nicola II.
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
154
Sandokan in aeroplano. L’ucronia del Cavalier Emilio Salgari
scomparire del tutto poiché appartengono a una razza incapace di “civilizzarsi”, ossia di fondersi
con la razza bianca. Anche le razze animali sono assai depauperate. Buoi e montoni sono stati tutti
divorati dagli uomini, e presto lo saranno sia le renne che i caribù. Pure gli orsi sono spariti e le
poche specie sopravvissute sono state rinchiuse in riserve naturali nelle Canarie, dove la vita umana
era diventata impossibile a seguito dell‟eruzione del vulcano Tenerifa.
Il Panoptikon del terzo millennio è una città sottomarina. Ogni Stato ne possiede una al
largo delle coste. L‟impiego di denaro è stato enorme ma il sacrificio economico iniziale è stato
ripagato dai benefici della sicurezza, del risparmio delle spese detentive e dalla diminuzione dei
reati per timore della reclusione subacquea. La società è stata definitivamente sbarazzata da tutti gli
“esseri pericolosi che ne turbano la pace […], la feccia della società, i ladri impenitenti, gli
anarchici più pericolosi, gli omicidi più sanguinari” (idem, p. 158). I galeotti si autogovernano e
provvedono al proprio sostentamento. E si autocontrollano per paura di venire annegati con la
sommersione immediata della città a seguito di aggressioni, disordini, rivolte. Anche questa “una
misura un po‟ inumana”, ma che “tiene a freno”.
La città sottomarina di Escario, che i tre viaggiatori chiedono di visitare, approfittando di
una deviazione dalla rotta prevista verso il Portogallo, imposta dalla necessità di riparare al più
presto i gravi danni che un ciclone ha apportato al Centauro, è anch‟essa inaffondabile, a prova di
ogni cataclisma immaginabile. Poggia su un‟isola a 15 metri di profondità, cui è assicurata da grossi
cavi d‟acciaio. E nel caso che questi dovessero cedere sotto la pressione di forze inaudite, la città,
pur tutta d‟acciaio, è progettata in modo da poter galleggiare.
Insomma, nel 2003 la calma regna sovrana, grazie ad assimilazione, omologazione,
indottrinamento, eliminazione, repressione e segregazione praticati con metodi disumani e brutali
da “giustizia turca”. Organizzazione scientifica, strumentazione tecnologica, violenza e paura
garantiscono ordine e tranquillità.
La scienza ha provveduto a tutto, provvede a tutto e provvederà a tutto. Riuscirà anche ad
evitare che l‟eccessivo accumulo di giaccio al Polo Sud provochi un secondo diluvio universale pari
al primo di venticinquemila anni addietro. La catastrofe è annunciata, “eppure i nostri scienziati –
assicura Holker – riusciranno a mantenere in equilibrio il pianeta e a salvare l‟umanità” (idem, p.
127). “Più nulla sarà impossibile agli scienziati del Duemila” (idem, p. 165), gli fa eco Toby,
convinto che un giorno la scienza riuscirà a imbavagliare definitivamente la natura, che sembra al
momento non aver ancora perso nulla della sua violenza brutale.
In questa insolita storia salgariana non ci sono eroi. Ovvero ce n‟è uno: la Natura, che si
ribella al dominio della Scienza e della Tecnica e riconquista con le sue “tigri” il trono da cui è stata
155
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
Diana Thermes
spodestata. La Natura-Sandokan si vendica con la liberazione della forza irresistibile del vento e
del mare, con la ritorsione dell‟elettricità sotto forma di lampi di straordinario bagliore e durata, con
lo sfrenamento delle passioni umane, con lo scatenamento di belve feroci.
Dopo un “ruggito” premonitore (un ciclone a sud della Scozia che trascina il Centauro in
direzione delle Canarie, allontanandolo dall‟Inghilterra, e ne frantuma le ali e le eliche), un uragano
da levante, dalla furia imprevedibile, sgancia Escario dall‟ancoraggio, nell‟impazzare della furia
orgiastica e suicida dei galeotti in preda all‟alcool (in un rinvio reciproco di furie, l‟umana e la
naturale), e la incastra del Mar dei Sargassi. Un secondo uragano, questa volta da ponente, la libera
dalle alghe e la catapulta, fracassandola, sull‟isola di Tenerifa, “l‟impero delle belve feroci”. Salvati
in extremis dall‟assalto di un branco di leoni, tigri e giaguari da un vascello-aereo, James, Toby e
Holker sbarcano finalmente a Lisbona.
Al momento sono salvi ma chi ha vinto è la Natura: ha dimostrato che nessuna Scienza può
resistere alla sua forza quando vuole farne uso. Ha distrutto ogni artificio umano e ha conservato
l‟uomo nella sua condizione primigenia, preservandolo dalla “civilizzazione”. Come prova il
comportamento dei galeotti, che in preda all‟alcool sono arrivati al punto di uccidersi
selvaggiamente tra di loro: “Il galeotto di cent‟anni fa mi pare che sia rimasto uguale – commenta
Brandock –. La scienza tutto ha perfezionato fuorché la razza, e l‟uomo malvagio è rimasto
malvagio. Passeranno secoli e secoli, ma, levato lo strato di vernice datogli dalla civiltà, sotto si
troverà sempre l‟uomo primitivo dagli istinti sanguinari” (idem, p. 199).
E quando l‟uomo sforza troppo la sua “natura umana”, sottoponendola a un eccessivo stress
artificiale, questa reagisce ritorcendogli contro lo strumento dello stress. Come accade a James e
Toby, che non sopportando la tensione dell‟elettricità cui sono esposti, impazziscono. Lapidaria è
la diagnosi del medico che li visita a Parigi: “Né io, né altri potranno salvarli. Sia l‟elettricità
intensa a cui non erano abituati o l‟emozione prodotta dalle nostre meravigliose opere, il loro
cervello ha subito una scossa tale da non guarire mai più” (idem, p. 219). Moriranno in un sanatorio
sperduto tra le montagne dell‟Alvernia, senza che l‟aria vivificante delle vette francesi abbia
prodotto il miracolo sperato della loro guarigione. James e Toby soccombono, ma non il Signor
Holker, che triste e solo fa ritorno in America: l‟uomo del XX secolo è ancora “naturale” e non
sopporta il carico di quell‟elettricità che pervade ogni cosa, non avendo potuto abituarvisi poco a
poco; l‟uomo del XXI secolo è oramai “elettrificato”, la sua metamorfosi ha avuto il tempo di
compiersi.
La malattia di James e Toby è infatti immediata, progressiva e inarrestabile. Non appena
risvegliati: [Toby] “Mi sembra che i muscoli ballino sotto la mia pelle” (idem, p. 57). A New York:
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
156
Sandokan in aeroplano. L’ucronia del Cavalier Emilio Salgari
[Toby] “Mi riprende il fremito dei muscoli. […] Ciò mi preoccupa, amico James, non te lo
nascondo. […] Non so se potremo farci l‟abitudine” (idem, p. 74). Alle cascate del Niagara: “Una
viva eccitazione si era impadronita di Toby e Brandock. I loro muscoli sussultavano, le loro
membra tremavano e, lisciandosi i capelli, facevano sprigionare delle scintille elettriche”. [Toby]
“Quanta elettricità regna qui. […] L‟aria ne è satura. […] Non saprei resistere a lungo a questa
tensione che mi fa scattare” (idem, p. 83). Alla stazione ferroviaria per il Polo Nord: [Toby] “Mi
trovavo meglio cent‟anni fa col mio spleen. Provo sempre un‟agitazione strana” (idem, p. 90). Nella
città sottomarina: [Brandock] “Non so da che cosa possa derivare, ma da qualche tempo mi trovo
spesso spossato e provo anche degli strani perturbamenti al cervello. Quando la mattina mi sveglio,
i miei nervi vibrano tutti come se ricevessero delle scariche elettriche” (idem, p. 165). Sull‟isola di
Tenerifa: [Brandock] “Io non so che cosa mi prenda: le mie membra tremano tutte ed i miei
muscoli sussultano come se ricevessero delle continue scosse elettriche. È la seconda volta che mi
succede questo”. [Toby] “Ed io provo i medesimi effetti. […] Questa intensa elettricità che ha
ormai saturato l‟aria del globo e alla quale noi non siamo abituati, temo che ci sia fatale. Noi siamo
uomini d‟altri tempi”(idem, p. 209-210). Sul vascello volante: [Brandock] “Provo un tremito strano
ed un turbamento inesplicabile. […] Si direbbe che il mio cervello riceva delle continue scosse”
(idem, p. 218). A Lisbona: “Sembrava che una continua preoccupazione turbasse i loro cervelli, ed
alla più piccola emozione il tremito ed i sussulti dei muscoli li riprendevano” (idem, p. 219). A
Parigi: “L‟aria della grande capitale, satura di elettricità a causa del numero infinito delle sue
macchine elettriche non fece che aggravare le condizioni di Toby e Brandock. Furono condotti in
un albergo in preda al delirio” (ibidem). Quindi il responso del medico: “Pazzi, e per di più pazzi
inguaribili” (idem).
Com‟è l‟uomo “elettrificato” del Duemila? Non può che essere affetto da tutte le
caratteristiche dell‟elettricità, prime fra tutte la velocità e l‟agitazione. Infatti è nervoso, affrettato,
frettoloso, agitato, ansioso. Non ha tempo: non ha tempo per il piacere della tavola (mangia in piedi
al fastfood, per lo più pillole), non ha tempo per godere delle bellezze della natura (dove sono i
paesaggi, i fiori, i cieli stellati, le albe, i tramonti, ecc.? la luna si studia ma non si ammira), non ha
tempo per intrattenere rapporti sociali (dove sono gli amici, i colleghi di lavoro, gli stessi
familiari?), non ha tempo per i piaceri intellettuali e spirituali (dove sono i libri, le biblioteche,
l‟arte, la cultura, gli spettacoli?), non ha tempo per gli affetti (si procrea, e troppo, ma dov‟è il
sentimento?). L‟uomo del Duemila corre, tutti corrono, anche le donne corrono: “Sembra che
quegli uomini abbiano il fuoco addosso. Vanno e vengono quasi correndo. E anche la gente che si
157
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
Diana Thermes
affolla nelle vie vicine pare che cammini sui tizzoni […], perfino le signore marciano a passo di
corsa, come se avessero paura di perdere il treno”32.
Sopravviverà l‟uomo “elettrificato”? “Io mi domando – si dice Holker, concludendo la storia
– se aumentando la tensione elettrica, l‟umanità intera, in un tempo più o meno lontano, non finirà
per impazzire. Ecco un grande problema che dovrebbe preoccupare le menti dei nostri scienziati”
(idem, p. 219-220).
Epilogo futuro. Un giorno imprecisato, nella Infinita Regione dello Spazio-Tempo il pilota
della nave spaziale Discovery One, David Bowman, atterrò sull‟Asteroide 27094 Salgari 33 . Il
Governatore dell‟Asteroide, il Capitano Guido Altieri, gli chiese notizie della Terra: “Cosa è
accaduto laggiù dopo che HAL 900034 ha preso il potere? L‟umanità sta meglio? O sta peggio?”. E
Bowman iniziò a raccontare: “C‟era una volta …”35.
V. Un eroe tra gli eroi. Qui più che altrove risalta l‟“incorrect” di Salgari rispetto alla
cultura ufficiale del tempo. Nell‟era della celebrazione del Progresso-Scienza-Tecnica, lui denuncia
la dis-umanizzazione dell‟uomo moderno, la nevrosi di massa e l‟accelerazione dei ritmi di vita. E
fa di Sandokan l‟incarnazione della forza primordiale, delle passioni e dei sentimenti: Sandokan è il
coraggio, l‟audacia, il furore, il tormento, la ferocia, l‟odio, l‟onore, la lealtà, l‟amore, l‟amicizia, la
solidarietà, il spirito di gruppo, l‟affettività familiare.
Nell‟era dell‟esaltazione dell‟Imperialismo-Colonialismo-Razzismo-Nazionalismo, lui fa
l‟antinazionalista (Casalegno, 1981), l‟anticolonialista, l‟antirazzista e il terzomondista 36 . E si
schiera indistintamente dalla parte dei “vinti”, contro ogni genere di vincitore. Contro gli
Americani, in difesa dei pellerossa:
“Non fu un combattimento: fu un massacro. Gli indiani, sorpresi, caddero quasi
senza combattere. Le donne furono sventrate, i fanciulli uccisi senza misericordia,
schiacciando loro il capo contro le pietre. Sand-Creek è rimasto tristemente
celebre, e si chiama anche oggidì Chivington-massacre, perché laggiù, fra le sabbie
del ruscello, il sanguinario [il colonnello Chivington] ha perduto il suo onore”
(Salgari, 1908, p. 236-237).
32
Idem, p. 64-65. Cf. al riguardo A. Fattori (2011).
L‟asteroide 1998 UC23, scoperto il 25 ottobre 1998 da Ulisse Munari e Flavio Castellani, il 10 settembre 2003 è
stato dedicato a Salgari con il nome 27094 Salgari.
34
HAL 9000 è il monolite nero che simboleggia l‟intelligenza artificiale in 2001: Odissea nello spazio (1968) di Arthur
Clarke.
35
L‟Epilogo futuro è dello scrivente.
36
Non tutti sono concordi sul terzomondismo di Salgari. Tra i fautori, cf. Palermo (1980, p. 35) e Arpino-Antonetto
(2010, p. 106).
33
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
158
Sandokan in aeroplano. L’ucronia del Cavalier Emilio Salgari
Contro gli Inglesi, in difesa degli Indiani: “Sì, erano gli inglesi che, tramutati in ladri e
assassini, facevano irruzione nella città, saccheggiando e massacrando la popolazione che fuggiva,
e davano un bel triste saggio della civiltà europea […] – Povera Dehli! Quanto sangue! Qui
l‟esercito inglese lascerà il suo onore” (Salgari, 1904, p. 349 e 351). Contro i Francesi, allora alla
conquista dell‟Indocina, come recita il sottotitolo di Tay See: Storia d‟amore ardente e di guerra
feroce, laggiù in quei fantastici e ricchi paesi dove ora i francesi cercano di portare la civiltà a
colpi di cannone (Salgari, 1883). Quanto agli Italiani, impegnati a conquistarsi il loro “posto al
sole” in Africa, Salgari tace. Come dice Casalegno, la sua reticenza non è affatto casuale, ma
imputabile a un grave caso di coscienza: egli avrebbe dovuto scegliere tra la patria e le sue
convinzioni, e “non se la sentiva né di schierarsi con Menelik, né di approvare la conquista
coloniale” (Casalegno, 1975, p. 2011).
Nell‟era dell‟accreditamento dell‟antisemitismo, tra pogrom e dreyfusianismi, ne I predoni
del Sahara (Salgari, 1903) il marchese di Sartena rischia la vita per salvare il ricco ebreo Ben
Nartico e la sua bella figlia Esther, che poi sposerà e condurrà in Europa.
Nell‟era del trionfo del “Capitalismo onnivoro” e del “Mercantilismo predatorio” (cf.
Ferrero, 2011, p. XIV), che divorano natura, animali, uomini e paesi, lui smaschera gli ipocriti
speculatori, quali sono gli Americani impegnati nella guerra d‟indipendenza cubana contro la
Spagna:
“– Andiamo, donna Dolores: credete voi che gli yankee abbiano intrapreso la
guerra per spirito umanitario, per concedere la libertà agli insorti, come hanno
strombazzato per tanto tempo?... L‟autonomia dei cubani!... Cosa importa a quegli
egoisti mercanti? – Qual è dunque il motivo che li ha decisi a proclamare la
guerra? – L‟attività insaziabile di quegli speculatori. – Si tratta dunque di un
semplice affare? – Sì, donna Dolores. […] Aspettate, se vi riuscirà, che Cuba sia
libera e vedrete quegli egoisti proclamare l‟indipendenza dell‟isola a loro
beneficio, aggiungendo un‟altra stella alla loro bandiera” (Salgari, 1899, p. 28).
Nell‟era del culto del Denaro e dell‟Opulenza, lui ricorda i diseredati, come i migranti
italiani: “Avrete sentito parlare di quei poveri contadini che, non trovando da guadagnarsi il pane
nei loro paesetti, vanno a cercar fortuna nella lontana America” (Salgari, 1895).
Salgari-Sandokan37 “si vendica” allora dell‟uomo bianco:
37
L‟immedesimazione di Salgari in Sandokan è comprovata da due frasi scritte da Salgari sul retro di un foglio di
appunti per la stesura de Le Tigri di Mompracem: “Avevo 23 anni quando caddi prigioniero del pirata Sandokan”; e “Io
sono schiavo e compagno di Sandokan” (cit. in Arpino-Antonetto, 2010, p. 35).
159
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
Diana Thermes
“[Sandokan] Di chi la colpa? Forse che gli uomini di razza bianca non sono stati
inesorabili con me? Forse che non mi hanno detronizzato col pretesto che io
diventavo troppo potente? Forse che non hanno assassinato mia madre, i miei
fratelli e le mie sorelle per distruggere la mia discendenza? Quale male avevo io
fatto a costoro? La razza bianca non aveva mai avuto da dolersi di me, eppure mi
volle schiacciare. Ora io l‟odio, siano spagnuoli, od olandesi, o inglesi o
portoghesi, io li esecro e mi vendicherò terribilmente di loro” (Salgari, 2003, p. 7).
Ma non è solo desiderio di vendetta, peraltro funzionale alla dinamica del racconto. È anche
amore della libertà e della giustizia. Non è quindi un caso che Casalegno abbia riconosciuto
Salgari come suo “Maestro di libertà”, avendogli fatto provare per la prima volta “il disgusto della
tirannide” (cf. Casalegno, 1975, p. 2011). Che il Comandante Che Guevara abbia letto in giovane
età sessantadue sue opere e che Paco Ignacio Taibo II abbia voluto dare seguito al Ciclo indomalese con il romanzo El retorno de los tigres de la Malasia38.
E forse non esagera chi interpreta il harakiri di Salgari come un suicidio “contro” (Ferrero,
2011, p. vii), contro quella Torino “elettrica” dell‟Expo che lo ignora e l‟umilia, che assurge a
simbolo universale dell‟indifferenza ai deboli e dell‟arroganza dei forti, che inneggia al nuovo
mondo delle macchine e ripone il vecchio mondo degli uomini. Contrariamente alla vulgata della
sua indifferenza sociale e politica o del suo conservatorismo39, “il padre degli eroi” è lui stesso un
eroe tra gli eroi, un eroico Don Chisciotte contro i mulini a vento d‟acciaio.
Riferimenti bibliografici
ANTONETTO Roberto. Vita, tempeste, sciagure di Emilio Salgari il padre degli eroi. Nota
introduttiva a G. Arpino e R. Antonetto. Torino: Andrea Viglongo & C. Editori, 2010.
ARPINO Giovanni e ANTONETTO Roberto. Vita, tempeste, sciagure di Emilio Salgari il padre
degli eroi. Torino: Andrea Viglongo & C. Editori, 2010 (1a ed. Milano: Rizzoli, 1982).
CAMPA Riccardo. “La Storia filosofica dei secoli futuri di Ippolito Nievo come caso esemplare di
letteratura dell‟immaginario sociale”, AdVersuS, IX, dic. 2012, n. 23, p. 13-30.
CASALEGNO Carlo. “Contemporaneo di Kipling, rifiuta il nazionalismo”. Almanacco Piemontese,
1981.
CASALEGNO Carlo. “Salgari come maestro”. Il Racconto, dic. 1975, ora in La Stampa Cultura, 8
magg. 2011, col titolo “Con gli eroi di Salgari ho imparato la giustizia”.
38
39
Il romanzo è del 2010, la trad. it.: Ritornano le tigri della Malesia. Tropea: Fuorionda, 2011.
Cf. tra i tanti Traversetti (1989, p. 9-10, 49-52) e Fichera (2011).
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
160
Sandokan in aeroplano. L’ucronia del Cavalier Emilio Salgari
CASTRONUOVO Antonio. “Harakiri all‟italiana: Sulla fine di Emilio Salgari”, in P.L. Bernardini
and A. Virga (eds.). Voglio morire! Suicide in Italian Literature, Culture, and Society 17891919. Cambridge Scholars Publishing.
DELLA SALA SPADA Agostino. Nel 2073! Sogni d‟uno stravagante. Casale: Tipografia del
giornale Il Monferrato, 1874.
DE TURRIS Gianfranco. “Gli incubi del Duemila. Salgari e Verne di fronte al futuro”, in L. Villa
(a cura di), Emilio Salgari e la grande tradizione del romanzo d‟avventura. Genova: Ecig,
2007.
DE TURRIS Gianfranco. “Salgari Duemila”. Liberal, dic 2002-genn 2003, n. 15, p. 158-165.
FATTORI Adolfo. “I Fear The Body Electric: lo spleen, l‟elettricità e il „nervosismo sociale‟”.
Quaderni d‟Altri Tempi, VII, 2011, n. 31: Al di fuori l‟uragano, e qua io, Salgari!
FERRERO Ernesto. Prefazione (“Salgari delle meraviglie”), in E. Salgari, Le meraviglie del
Duemila. Massa: Transeuropa Edizioni, 2011, p. VI-XV.
FICHERA Antonio. Il grande revival del „Capitano‟ Salgari, in Treccani
2011, “Il
Libro
dell'Anno 2011”.
FORTUNATI Vita. “Dall‟utopia alla fantascienza: le metamorfosi di un genere letterario”, in L.
Firpo (a cura di), L‟utopia e le sue forme. Bologna: il Mulino, 1982, p. 255-269.
FRIGERIO Vittorio. “L‟anarchia tra i ghiacci: Le meraviglie del duemila e le amarezze
dell‟avvenire”, in D. Lombello (a cura di), La Tigre è arrivata. Emilio Salgari a cento anni
dalla sua scomparsa. Lecce: Pensa Multimedia, 2011, p. 219-230.
FRIGERIO Vittorio. “Il più prolifico e fervido creatore di sogni fra Otto e Novecento”, in A.
Brambilla, Il mammut in automobile. Corpi macchine e scritture in Emilio Salgari. Verona:
Delmiglio Editore, 2013, p. 9-13.
GALLO Claudio e BONOMI Giuseppe. Emilio Salgari. La macchina dei sogni, Presentazione di N.
Milani. Milano: Rizzoli, 2011.
GHISLANZONI Antonio. Abrakadabra. Storia dell‟avvenire. Milano: A. Brignola & C., 1884.
GRIFONI Ulisse. Dalla Terra alle stelle.Viaggio meraviglioso di due italiani e un francese.
Firenze: Tipografia editrice di Luigi Nicolai, 1897.
JAMESON Fredrik. Archaeologies of the Future: The Desire Called Utopia and Other Science
Fictions. London & New York: Verso, 2005.
JEDLOWSKI Paolo. “Futuri possibili. Immaginario, fantascienza, utopia”. Quaderni di Teoria
Sociale, XV, 2015, n. 2, p. 11-32.
MANTEGAZZA Paolo. L‟anno 3000. Sogno. Milano: F.lli Treves, 1897.
161
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
Diana Thermes
NIEVO Ippolito. Storia filosofica dei secoli futuri: fino all‟anno dell‟E.V. 2222 ovvero fino alla
vigilia in circa della fine del mondo. Milano: Strenna dell‟Uomo di Pietra, genn.1860.
PALERMO Antonio. La giungla e il mare, in Scrivere l‟avventura: Emilio Salgari. Atti del
Convegno Nazionale di Torino (20-22 marzo, 1980). Torino: Quaderni dell‟Assessorato per
la Cultura, 1980, p. 35.
POZZO Felice. Nella giungla degli pseudonimi salgariani. Bari: Dedalo, 1997.
POZZO Felice. L‟officina segreta di Emilio Salgari. Vercelli: Mercurio, 2006.
POZZO Felice. “L‟uomo che volle farsi capitano”. Anglistica Pisana, Laura Giovannelli, XI, 2014,
n. 1, p. 53-63.
SALGARI Emilio. La Capitana dell‟Yucatan. Genova: Donath, 1899.
SALGARI Emilio. Le due tigri. Genova: Donath, 1904.
SALGARI Emilio. “Gli emigranti”. L‟Innocenza, 1895.
SALGARI Emilio. Le meraviglie del Duemila, Prefazione di E. Ferrero. Massa: Transeuropa
Edizioni, 2011.
SALGARI Emilio. I predoni del Sahara. Genova: Donath, 1903.
SALGARI Emilio. Sulle frontiere del Far-West. Firenze: Bemporad, 1908.
SALGARI Emilio. “Tay-See”. La Nuova Arena, 15 sett.-12 ott., 1883.
SALGARI Emilio. Le Tigri di Mompracem. (Genova: Donath, 1900) Torino: Einaudi, 2003.
SCHIAPARELLI Giovanni Virginio. La vita sul pianeta Marte. Milano: F. Vallardi, 1895.
SUVIN Darko. Metamorphoses of Science Fiction: On the Poetics and History of a Literary Genre.
New Haven and London: Yale University Press, 1979, trad. it. 1985.
SUVIN Darko. Positions and Presuppositions in Science Fiction. Kent/OH: Kent State University
Press, 1988.
TRAVERSETTI Bruno. Introduzione a Salgari. Roma-Bari: Laterza, 1989.
VALLA Roberto. La fantascienza italiana - II, 15 aprile 2000 (www.fantascienza.com/ 803/lafantascienza -italiana-ii.).
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
162