progetto “mamme in-forma” un esempio di

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progetto “mamme in-forma” un esempio di
Città di Alessandria
Assessorato Pari Opportunità
PROGETTO “MAMME IN-FORMA”
UN ESEMPIO DI BUONE PRASSI PER LA CONCILIAZIONE DEI TEMPI DI VITA
E DI LAVORO PER LE DIPENDENTI DEL COMUNE DI ALESSANDRIA
PROGETTO “MAMME IN-FORMA”
Un esempio di buone prassi per la conciliazione
dei tempi di vita e di lavoro per le dipendenti
del Comune di Alessandria
La presente pubblicazione nasce dalla reciproca conoscenza delle colleghe mamme, beneficiarie del progetto, impegnate ad apprendere
dall’esperienza del loro essere madri, donne, lavoratrici e vuole essere
un contributo rivolto a loro come sintesi dell’intera esperienza vissuta:
riscrivere i principali momenti in cui si è articolato il percorso progettuale, significa ripensare al suo significato attraverso un lavoro di sintesi
delle metodologie utilizzate, delle azioni messe in campo, dei contenuti
emersi ed elaborati insieme.
Un grazie all’Amministrazione e alla beneficiarie.
Dott.ssa Orietta Bocchio e lo staff del progetto
Progetto Mamme in Forma
Finanziato dalla Regione Piemonte nell’ambito del Bando 2011 a valere sul Fondo
ministeriale “Conciliazione dei tempi di Vita e di Lavoro” nell’ambito della Convenzione sottoscritta tra il Dipartimento per le Pari Opportunità.
Soggetto Promotore:
Città di Alessandria
Piazza Libertà, 1 - 15121 Alessandria
Direzione del progetto:
Orietta Bocchio
Referente/Coordinamento scientifico:
Mara Guanti
Coordinamento Amministrativo:
Franca Milano,
Cristina Palmeri,
Luciano Picco,
Paola Rampi
Tutor aziendali:
Piera Bruno
Salvatora Demuru
Cooperativa Azimut:
Attività di formazione esterna delle beneficiarie e
dei tutor aziendali
Psicologa:
Sarah Sclauzero
Formatrice:
Francesca Brancato
INDICE
IL PROGETTO MAMME IN COMUNE MAMME IN.FORMA
5
Le azioni del progetto
5
Il counseling psicologico
6
I FOCUS
La dimensione psichica della gravidanza e gli aspetti psicologici
al rientro sul lavoro dopo la maternità.
7
II FOCUS
L'origine della vita affettiva del bambino
13
III FOCUS
Attaccamento, ansia da separazione, inserimento asilo nido
21
LA FORMAZIONE IN GRUPPO
31
Il monitoraggio Mamme in Comune Mamme in Forma
37
LA FORMAZIONE ON-LINE
39
I CONVEGNI APERTI AL PUBBLICO
41
RIFLESSIONI CONCLUSIVE
45
Bibliografia
IL PROGETTO MAMME IN COMUNE MAMME IN.FORMA
Il Comune di Alessandria attraverso il progetto "Mamme in ComuneMamme In-forma" finanziato dalla Regione Piemonte con le risorse previste dalla DGR N.36-396 del 26.07.2010 nell’ambito della Convenzione sottoscritta con il Dipartimento per le Pari Opportunità a valere sul Fondo ministeriale “Conciliazione dei tempi di Vita e di Lavoro”- Bando 2011, ha inteso potenziare e ampliare, in un’ottica di continuità, l’esperienza del progetto “Mamme in Comune”, promosso dalla amministrazione comunale nel
2006 e finalizzato alla conciliazione dei tempi di lavoro e maternità delle
dipendenti dell'Ente.
Le azioni del progetto
Il progetto “Mamme in.forma” ha avuto come destinatarie le dipendenti
del Comune di Alessandria in congedo per maternità o appena rientrate al
lavoro dopo la nascita del figlio, con l’intenzione di valorizzare la lavoratrice
madre, innescando un processo di “accompagnamento”, articolato su diversi piani.
Il progetto ha offerto momenti di formazione tradizionale in aula, su tematiche specifiche e/o trasversali; sono stati organizzati alcuni incontri pubblici su argomenti legati alla maternità e alla conciliazione dei tempi di vita e
di lavoro.
Il progetto ha inoltre previsto l’organizzazione di alcuni focus all’interno dei
quali le dipendenti madri, accomunate dalla condivisione delle stesse condizioni, hanno potuto confrontarsi, scambiarsi esperienze e sensazioni sulle
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tematiche che vivono e condividono nel loro doppio ruolo, materno e professionale.
E’ stata attivata una piattaforma E-learning, per consentire un aggiornamento costante, individuando delle figure “ponte” i tutor in grado di favorire uno scambio di informazioni/comunicazioni relative al proprio contesto lavorativo.
Si è strutturato un servizio di counselling psicologico, come intervento di
supporto individuale per meglio focalizzare problemi legati alla cura di sé,
alla relazione madre/figlio ed a tutte le problematiche legate al doppio
carico di lavoro casa/famiglia.
Il counseling psicologico
Il counseling psicologico, è stato pensato oltre che nella sua forma tradizionale, di reciproca interazione entro una cornice di spazio e di tempo
che ne segna il limite, anche in una particolare forma di “ascolto” a distanza, on-line.
Durante gli incontri “vis a vis” le colleghe mamme/ lavoratrici sono state
sollecitate in un processo di osservazione ed auto osservazione in grado di
migliorare il livello di consapevolezza rispetto ad eventuali criticità nella
cura dei figli, nella conciliazione del doppio ruolo di madre e lavoratrice.
La modalità di consulenza on line, ha d’altronde permesso di ripensare alle
problematiche emerse, rielaborando tematiche “comuni” anche da un
punto di vista teorico, più generale, e proprio per questo trasferibili ad un
maggior numero di mamme/donne/lavoratrici.
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I FOCUS 17 DICEMBRE 2012
La dimensione psichica della gravidanza e gli
aspetti psicologici al rientro sul lavoro dopo
la maternità.
A cura di Mara Guanti
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La gravidanza, soprattutto se la prima, rappresenta un momento di svolta
irreversibile nella vita di una donna. L'avvio di questo evento è preceduto
da due importanti aspetti: il desiderio di gravidanza che induce la donna a
cercare prevalentemente delle conferme narcisistiche rispetto alla propria
capacità corporea di generare e il desiderio di maternità che è legato all'identità della donna e al significato che ha per lei divenire madre. Ciò distingue ogni donna nel suo disegno procreativo, dove ognuna porta con sé il
proprio vissuto, il proprio istinto e l'esperienza personale che la contraddistingue dalle altre, rendendo questo evento unico e irripetibile, anche se ha
già avuto altre gravidanze. Per questo la gravidanza diventa un'importante
conferma del proprio sentimento di identità.
Un altro fattore importante riguarda le trasformazioni del corpo che la gravidanza implica. Esse richiedono una ristrutturazione dell'immagine corporea di sé, sia nella "rappresentazione mentale" (le rappresentazioni del proprio corpo nella mente, delle persone significative della propria vita, le rappresentazioni che rispecchiano i modelli socioculturali dominanti) sia nella
sua "dimensione percettiva".
La gravidanza non rappresenta solo una conferma della propria identità,
ma richiede anche l'identificazione in un nuovo ruolo che permette la scoperta di potenzialità individuali e nuove relazioni affettive. Durante la gravidanza la donna mette in atto un processo di riorganizzazione, non solo degli
spazi esterni ma soprattutto di quelli interni per permettere il crearsi di
un'immagine mentale del proprio bambino e di sé come genitore capace di
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accoglierlo nel momento in cui farà il suo ingresso nel mondo reale al momento della nascita. Gli eventi legati alla maternità sono di una tale rilevanza che incidono su tutte le relazioni che la donna vive: con sé stessa,
con il partner, ma anche su quelle attinenti alla famiglia, alle amicizie, al
lavoro.
Il momento del parto segna poi una separazione netta dal punto di vista
fisico, non mentale: coincide infatti con il periodo della fusione, la cosiddetta “preoccupazione materna primaria” (Winnicott), una sorta di regressione sana che dura il tempo necessario per dare continuità alla vita intrauterina del bambino e alla madre di riconoscere tutti i bisogni del bambino. La separazione biologica rappresenta un vero e proprio punto critico,
che implica un nuovo assetto della persona: l’apertura al nuovo ruolo – dal
bambino immaginato al bambino reale - il dover far fronte al vuoto che si
è venuto a creare e il suo cercare di colmarlo con reciproche soddisfazioni.
Il rientro al lavoro corrisponde dunque ad un periodo di estrema fragilità e
delicatezza per la donna che si trova a vivere un’altra separazione dal proprio bambino con tutte le preoccupazioni, i sensi di colpa, le paure di inadeguatezza che ciò comporta.
Anche per quelle madri che hanno la fortuna di poter contare su
un’importante rete di supporto costituita da genitori, parenti e amici pronti a prestare aiuto, spesso il momento del rientro è vissuto in maniera ansiogena: il bambino tanto atteso è arrivato e con lui si accumulano tanti
interrogativi e tante nuove mansioni relative al nuovo ruolo, per cui le co-
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se che sembravano le più semplici e naturali all’improvviso possono venire
percepite come una montagna da scalare.
Per la maggior parte delle donne infatti il periodo successivo al parto è una
fase della vita molto difficile, l’amore per il figlio spesso non è disgiunto da
un sentimento di rabbia perché ogni figlio si nutre, soprattutto nei primi
mesi, del sacrificio della madre: sacrificio del suo corpo, del suo tempo, del
suo spazio, del sonno, delle relazioni affettive, del suo lavoro.
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II FOCUS 28 FEBBRAIO 2013
L'origine della vita affettiva del bambino.
A cura di Mara Guanti
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All'inizio della vita ogni essere umano esiste solo in quanto parte di una relazione (Winnicott).
Le sue possibilità di vivere e svilupparsi dipendono totalmente dal soddisfacimento del bisogno primario di attaccamento e appartenenza ad un Altro (la
madre/caregiver) che si prenda cura di lui e gli dia quel senso di sicurezza e di
intimità che sono le basi per una crescita sana. Dalla qualità affettiva di questa
relazione primaria, da quanto la figura di attaccamento sarà disponibile, protettiva, affidabile, costante, capace di un contatto profondo, caldo e rassicurante, di un buon holding e di una sintonizzazione empatica, dipenderà lo sviluppo sano della personalità, del Sé.
Diversi sono gli orientamenti esplicativi, gli approcci teorici che descrivono e
spiegano lo sviluppo del bambino e i mutamenti evolutivi; è comunque ormai
acquisito che le prime esperienze evolutive infantili giocano il ruolo più importante nel processo di sviluppo della personalità. Per la maggior parte degli
studiosi, l'evoluzione di tutta la vita psichica e relazionale futura, dipende da
come procedono le primissime fasi di sviluppo del bambino dal punto di vista
affettivo.
La psicoanalisi da Freud ad oggi ha dato via ad innumerevoli modelli che vengono definiti psicodinamici.
Per questo è spesso difficile trovare un punto di incontro tra approcci che utilizzano terminologie diverse: parlare dunque alla luce di un unico modello
potrebbe sembrare riduttivo.
Tratteremo il formarsi della personalità del bambino attraverso le precoci esperienze intra ed interpersonali con le figure di riferimento significative, conPagina 15
sapevoli che la conoscenza di ciò che definiamo personalità e la psicologia che
se ne occupa, è dinamica nel senso proprio che è qualcosa soggetto a integrazioni continue, non vi è una teoria che dal punto conoscitivo possa esaurire
ogni interrogativo.
Da Freud in avanti, l'osservazione diretta del bambino ne/le sequenze di maturazione, considerate sia come processi a sé stanti, che visti nella loro evoluzione nell'ambito della situazione diadica del rapporto bambino-madre (quale è
stata più particolarmente considerata dagli psicanalisti) ha creato possibilità di
confronto e integrazione tra tecniche di indagine ed elaborazioni teoretiche
che tendevano un tempo a rimanere isolate. Nella nostra trattazione dei problemi del primo sviluppo psichico ci sforzeremo perciò di seguire
un’impostazione generale che tenga conto sia del reale (osservazione diretta
del bambino) che del vissuto (spiegare ciò che appare attraverso ciò che non
appare all’osservazione diretta) allo scopo di arrivare ad una visione di insieme
dei diversi aspetti della ricerca sullo sviluppo infantile.
Volendo valutare la validità dei vari contributi, in base alle diverse impostazioni
metodologiche, rivolte ad esplorare il mondo originario del bambino, possiamo distinguerle in impostazioni che cercano di descriverlo quale esso appare
"al di fuori" e in impostazioni che invece cercano di penetrare in esso come in
una coscienza originaria descrivendolo "dal di dentro" nei termini più o meno
espliciti di una originaria soggettività, che fin dall'infanzia sperimenta esperienze di piacere e di dispiacere. Se prendiamo come esemplificazione tematica il
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pianto del neonato, quale tipica espressione originaria della vita del bambino,
accade spesso che visto dal di fuori, venga considerato come una pura espressione vegetativa, priva di rilevanza psichica e di intenzionalità: come un semplice riflesso respiratorio dovuto alla combinazione della espirazione con la contrazione della lingua: mentre considerato dal di dentro, l'esperienza primitiva del
pianto si anima di originarie presenze psichiche che impregnano intimamente di
intenzionalità il rapporto tra il bambino e la madre.
E' un fatto che la madre dà un senso specifico a! pianto del bambino. Essa reagisce al vagito del proprio bambino attraverso modalità affettive che vengono
rese possibili attraverso un fondamentale processo di identificazione.
Un tale processo di identificazione implica che nell'inconscio, la madre stessa
regredisca a livello neonatale. Questa regressione viene testimoniata dal fatto
che durante la gravidanza la madre sogna in modo tipico la propria nascita. Il
fatto che la madre viva nel proprio inconscio in prima persona la propria nascita
parallelamente alla nascita del bambino che deve far nascere, oltre a costituire
la base del processo di identificazione, conduce la madre a stabilire un rapporto
profondo con la propria vita originaria, sotto forma di rapporto con il "sé neonatale".
Il rapporto con il sé neonatale diventa allora la condizione privilegiata per il crearsi di uno strumento specifico di conoscenza (co-nascere: nelle lingue indoeuropee la radice significante conoscere è omonima a quella significante nascere)
che di fatto è indispensabile per la comprensione della condizione neonatale del
proprio bambino. Tramite il processo di identificazione proiettiva, attraverso il
quale la propria condizione neonatale viene messa nel proprio bambino neonaPagina 17
to, la regressione parziale dell'Io della madre a livello neonatale diventa lo strumento prezioso e insostituibile della comunicazione madre-bambino.
Essa permette alla madre di capire il significato della vita originaria "dal di dentro" del bambino.
Citando un’espressione di Winnicott, la conoscenza del significato della vita
originaria del bambino, (che dal punto di vista scientifico è opera degli ultimi
decenni) è depositata in ciò che si chiama “disponibilità materna” la quale costituisce forse il patrimonio ereditario più prezioso agli effetti della sopravvivenza della specie umana.
Questa originaria donazione di senso che la madre attua nei riguardi del comportamento del bambino, sfugge all'osservazione oggettivistica (dal di fuori) del
bambino.
Per certi suoi aspetti di ineffabilità si colloca negli strati più profondi e preverbali della disponibilità affettiva umana.
Per quanto non se ne possa dare una definizione rigorosa, essa sembra essere
rigorosamente decisa dal rapporto che la madre ha avuto, da bambina, con la
propria madre.
Per il suo carattere di ineffabilità essa è prescientifica, ma la comprensione dei
processi fondamentali attraverso i quali essa si esplica negli scambi bambinomadre costituiscono il problema centrale di tutto lo sviluppo della vita psichica
del bambino.
Per quanto prescientifica, essa costituisce il modello della conoscenza scientifica del rapporto interumano autentico, che nella psicanalisi si è andato configu-
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rando nella fenomenologia e nella problematica del transfert e del controtransfert: una conoscenza scientifica cioè che, nello stesso tempo in cui si pone come neutrale, si riconosce anche come partecipazione intima, come risonanza
empatica: che riconosce nella identificazione con ciò che viene osservato un
passaggio obbligato per dare alla conoscenza interumana un carattere di autenticità.
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III FOCUS 30 APRILE 2013
Attaccamento, ansia da separazione, inserimento
asilo nido
A cura di Mara Guanti
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L'arrivo di un bambino determina nella vita dei genitori, cambiamenti a volte
tanto radicali da determinare eccessi. In taluni casi l'ansia per il benessere del
piccolo è così forte che, chi lo ha in cura, non riesce ad interessarsi di altro. Questo atteggiamento provoca inevitabilmente l'emergere di sensi di colpa ogni volta che il bambino protesta in caso di allontanamento temporaneo (anche solo
per qualche ora), della madre o del padre. Due osservazioni a riguardo:
•
Nei primi 24 mesi di vita ed a partire (circa) dai due mesi d'età, il bambino
ha la tendenza a rivolgersi a determinate persone e non altre per soddisfare i suoi bisogni o per sentirsi al sicuro (Harlow).
•
Nei primi due anni di vita, a seconda del comportamento educativo di chi
è il riferimento principale, si delinea anche la maggiore o minore possibilità di estendere l'ambito "sicurezza" ad un gruppo invece che ad un individuo.
Le posizioni degli studiosi su questo problema sono diverse e a volte divergenti.
Bowlby (1969) ritiene che, nella genesi dell'attaccamento, assume grande importanza la prossemica cioè “la ricerca attiva della minor distanza fisica possibile tra
sé e la fonte del proprio conforto”. In altri termini i comportamenti del bambino
e della madre hanno come obiettivo quello di restare fisicamente vicini.
Altri autori pensano, invece, che 'l'attaccamento viene suscitato non dalla percezione della distanza fisica ma dallo stress, qualsiasi ne sia la causa. La differenza è
radicale: per Bowlby la separazione fisica è la causa della ricerca di attaccamento,
gli altri autori invece danno maggior importanza allo spirito di indipendenza del
bambino che cerca il contatto solo in caso di necessità. Il bambino tende ad allar-
gare il suo campo di esplorazione se l'ambiente lo rende sicuro e torna ad
"attaccarsi " alla madre solo quando questa sicurezza viene meno o avverte
una situazione di supposto o reale "pericolo".
All'osservazione, il bambino, dal sesto mese in poi, stabilisce in sé un'idea di
"protezione" non relativa ad una sola figura (la madre) ma, più in generale, alla
figura di tutti gli adulti che si prendono cura di lui (oggetti di attaccamento) in
modo da differenziarli dagli estranei. Entro i primi 6-8 mesi il bambino costruisce schemi relativi agli oggetti ed alle persone familiari e diviene suscettibile alla
paura quando si trova in situazioni differenti da questi schemi.
Si è osservato, inoltre, che stimolando il bambino con altri volti che siano diversi
da quello materno l'ansia da estranei tende ad attenuarsi. Se un bambino viene
abituato a ricevere sicurezza da "adulti conosciuti" e non solo dalla madre, avrà
sicuramente meno problemi al momento dell'eventuale "scomparsa" della
figura materna.
Le osservazioni precedenti trovano ulteriore conferma nella genesi della cosiddetta "angoscia da separazione" (il pianto del bambino "quando non vede più
sua madre, anche se per breve tempo o addirittura se è semplicemente dietro
una porta"). Questa angoscia, si manifesta non in relazione "alla scomparsa" in
sé" ma alla maggiore o minore familiarità dell'ambiente in cui avviene la
"scomparsa". Ad esempio, il bambino non piange se vede la madre "sparire"
dietro la porta del bagno (dove è abituato a vederla dirigersi spesso e dal quale
la vede regolarmente tornare) ma piange se tale scomparsa avviene, nella stessa casa, in una stanza dove non è abituarlo a vederla andare di frequente. Na-
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turalmente l'ansia si attenua con la ripetizione degli "eventi scomparsa" con
successive "ricomparse", in situazioni differenti ed in diversi ambienti.
L'ansia da separazione, inoltre, insorge più facilmente se il bambino trascorre la
maggior parte della giornata con la madre e quindi si accorge subito della sua
assenza (Ainsworth). Se, invece si trova spesso con un'altra persona familiare, la
scomparsa della madre non suscita ansia o la determina in modo poco marcato.
Alla situazione di disagio di solito il bambino reagisce col pianto che dipende
essenzialmente dal livello di "comprensione" della situazione. L'età in cui il
bambino riesce a stabilire la differenza "mamma-si" e "mamma-no" si colloca
intorno agli 8-10 mesi e la durata del pianto dipende prevalentemente dalla
capacità di cogliere il carattere temporaneo e non definitivo del distacco.
In altre parole non è la scomparsa in sé che genera il pianto ma l'impossibilità di
darsi una risposta sul "quando torna". Inoltre, l'angoscia determinata dalla separazione non dipende dall'intensità del rapporto che il bambino stringe con la
madre ma è piuttosto riferibile alla sicurezza che egli riceve anche dal contatto
con tutte le figure anche sostitutive di quella materna (padre, nonni, zii, ecc.). In
pratica, secondo alcuni autori l'ansia da separazione è collegata più col livello di
sviluppo cognitivo del bambino (le esperienze) che con la forza del legame contratto con le persone di riferimento. Osservazioni sperimentali hanno mostrato
che la percentuale di bambini che manifestano ansia da separazione con il pianto è il 50-60% del totale, indipendentemente dal tipo di contatto che essi hanno con la madre. Ciò chiama in causa un altro elemento: il temperamento del
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singolo bambino. Nella genesi dell'ansia si possono dunque individuare tre
fattori essenziali:
1.
La capacità del bambino di comprendere la situazione;
2.
Il temperamento del singolo bambino;
3.
La maggiore o minore capacità di darsi risposte e spiegazioni.
Sul primo e terzo elemento ha grande importanza l'esperienza, cioè l'abitudine a vivere determinate situazioni nelle quali il bambino impara a distinguere una sequenza più o meno regolare di eventi. Questo processo può
ottenere risultati positivi solo se, nell'assenza dei genitori, sì prendono cura
del piccolo figure di riferimento, intercambiabili tra loro, ma che facciano
comunque parte del suo mondo affettivo, e il bambino si trovi in ambienti a
lui familiari.
Alcuni autori hanno notato che se il bambino viene precocemente integrato
in un ambiente allargato e sta con piacere insieme a chi si prende cura di lui
scatta un processo di generalizzazione della figura rassicurante per cui il
piccolo riesce a reagire positivamente anche ad altri volti umani estranei al
gruppo di riferimento. Ne consegue che una madre che abitua il figlio all'intercambiabilità delle figure di riferimento ed alla reversibilità costante della
sua assenza, contribuisce notevolmente alla maturazione dei processi cognitivi, logici ed affettivi del bambino.
Gli studiosi hanno poi insistito molto sul problema del distacco. Così
Bowlby, sottolinea che il distacco può essere estremamente doloroso e
lasciare profonde tracce se non è compensato dall'affidamento a figure
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note al bambino ed inserite nel suo mondo affettivo. Allo stesso modo si osserva come siano importanti nel "temporaneo abbandono" da parte della madre,
altre figure di riferimento fìsse che si prendano cura di lui e le rassicurazioni da
parte della madre, prima del distacco e al termine di esso.
L'asilo nido rappresenta l'ingresso in "comunità" del bambino ed è un passo
molto importante della vita sia per i genitori che per il piccolo. Per quanto abbia
svolto vita "sociale" prima d'allora, il bambino si trova infatti, una volta inserito,
a permanere molte ore a stretto contatto con altri bambini provenienti da altre
realtà e da altre famiglie e contemporaneamente è costretto a doversi separare dalle sue figure familiari di riferimento dovendo trovarne altre nel nuovo
ambiente.
A partire dalla fine del primo anno di vita i bambini iniziano a manifestare spontaneamente una nuova varietà di comportamenti sociali alla cui radice sta il
rendersi conto del "non sé" e l'interesse per le altrui intenzioni (di gioco, di vita,
di azione).
I bambini di questa età sono in grado di formarsi aspettative nei confronti degli
altri ed iniziano a relazionarsi con loro in modo differenziato. Il rendersi conto
del mondo esterno e le susseguenti risposte ad esso è tanto più rapido quanto
più precoce è stata la differenziazione tra il "sé" (in particolare il proprio corpo)
e quel che è "altro da sé". Già a partire dal ll-lll mese infatti il bambino inizia ad
imparare dall'interazione con gli altri (con la madre in modo specifico) la condivisione dell'esperienza (intersoggettività).
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Tra la nascita e l'anno e mezzo avvengono quindi tre fenomeni volti alla socializzazione:
•
Lo sviluppo del sè,
•
Lo sviluppo del senso di reciprocità con gli altri;
•
Lo sviluppo del senso di partecipazione e collaborazione sociale.
Queste tappe dovrebbero essere, nell'attuale strutturazione della società,
lasciate alla loro evoluzione in modo fisiologico, mediante l'ampliamento del
range di azione dei bambini. L'interazione intrafamiliare, anche se molto armonica e ricca di affetto, non sarà mai, in definitiva, così ricca, stimolante ed
educativa come quella che può verificarsi con i "pari età" e con persone di
riferimento che il bambino stesso ricercherà tra adulti diversi dai suoi genitori.
L'asilo nido, quindi, in una società come l'attuale (famiglie nucleari e con prole
ridotta), diviene particolarmente utile per armonizzare la crescita individuale
e renderla congrua con il futuro inserimento nella società. In poche parole ha
la funzione di sopperire a ciò che, in tempi passati, avveniva nei piccoli centri
urbani e rurali dove i bambini, fin da età tenerissime, erano riuniti in gruppi
numerosi e talora affidati ad altri bambini (di poco più grandi), creando le basi
di una sinergia educativa (il piccolo impara dal grande ed il grande è responsabile del piccolo).
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L'educazione dei figli presuppone, oggi molto più di ieri, un'attenzione ed una
cura estremamente accentuate e non sempre disgiunte da forti sensi di inadeguatezza e di colpa nell’approcciare la prole o nel separarsi da essa. Inoltre molti
aspetti dell'attuale concetto di "attaccamento" travalicano la fisiologia per sfociare in vero e proprio tenace desiderio inconscio di perenne unione col proprio
figlio sebbene, a parole, la voglia di vederlo autonomizzarsi, sia grande. Infine,
sull'onda di recenti teorie educative e di comunicazione finalizzata al rapporto
genitori/figli, in numerosissimi casi il rapporto genitori/figli è condito da perenni
timori di generare danni psicologici permanenti ad ogni cambiamento di contingenze e ad ogni manifestazione "insoddisfatta" di disagio infantile.
Tutto questo si traduce in uno stress all'atto dell'inserimento in asilo, sia che la
cosa avvenga per il nido (e quindi ad età molto tenere) sia per la materna. Lo
stress parentale (alimentato dall'ansia e da più o meno evidenti sensi di colpa) è
talora molto forte e rappresenta la conclusione di un rapporto madre/figlio pervaso da sentimenti di attaccamento estremamente vivi. In taluni casi questi sentimenti hanno avuto origine con la nascita stessa del bambino ed hanno permeato in modo costante il rapporto con i figli, tanto da dare origine a dipendenze
figlio/madre visibili ad occhio nudo. In tal senso, quindi, si comprende per quale
ragione lo stress all'atto del "distacco" riguardi sia la madre sia il bambino che
deve essere inserito. L'inserimento all'asilo nido può essere dunque in molti casi
psicologicamente faticoso ed affettivamente gravoso sia per i genitori che per i
figli.
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A conforto di quanto sopra detto in relazione ai rapporti madre/figlio nella genesi dello stress psicologico (che differisce dallo stress fisico inteso come semplice risposta dell'organismo ad ogni richiesta di modificazione effettuata su di
esso), quest'ultimo presuppone il riconoscimento di un "allarme" o comunque di un cambiamento prima dell'attivazione dei meccanismi di compenso. In
parole povere un bambino potrà subire uno "stress" più o meno accentuato in
relazione a:
1.
Entità dello stimolo;
2.
Struttura genetica personale e temperamento innato;
3.
Esperienze precedenti analoghe od omologhe.
L'attivazione emozionale è la risultante dell'azione di questi tre elementi alla
quale segue, eventualmente, lo stress che poi si traduce in adattamenti
(mediante strategie fisiologiche, fisiche e comportamentali). La reazione di adattamento quindi è dipendente anche da fattori esterni al bambino e cioè le
esperienze precedenti (nel caso dell'inserimento all'asilo si tratterà di prendere
in considerazione i rapporti madre/figlio, le eventuali interazioni con altri bambini in presenza od in assenza dei genitori, la maggiore o minore autonomizzazione ottenuta), lasciando al bambino la facoltà di sentirsi rassicurato da un
ambiente più che da singole e specifiche persone e dall’entità dello stimolo (ad
esempio la gradualità con cui lo si inserisce, la maggiore o minore simpatia e
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disponibilità delle maestre, la maggiore o minore compatibilità con eventuali
altri bambini di differente temperamento, ecc.).
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LA FORMAZIONE IN GRUPPO
A cura di Sarah Sclauzero e Francesca Brancato
Coop. Soc. Azimut
La narrazione autobiografica1 è stata la scelta metodologica, perché
consente di porre particolare attenzione alla storia della persona, fa
della storia di vita una possibilità di recupero della propria identità, sperimentandone la narrazione di sé e dei significati che ciascuno attribuisce al proprio vivere e alla propria vita.
L’ipotesi da cui siamo partite per impostare il lavoro nei forum fonda
sul riconoscimento di un bisogno che noi crediamo esistente ma forse
in alcuni momenti di vita latente, che potrebbe emergere durante il
quotidiano stare, nella vicinanza con le beneficiarie, in cui le storie di
vita, che qui si declinano con l’esperienza della maternità e del ruolo di
donne lavoratrici, parlano e enunciano l’esigenza di essere narrate ed
ascoltate con cura2. Si prende ad assunto che non solo l’ascolto attento
è già in sé una forma di cura, ma che la narrazione di sé agisce nel profondo instillando un processo di auto-formazione, un’auto-cura. La narrazione di sé consente a chi si narra di attivare il ricordo, di recuperare
nella sua memoria3 parti ed eventi connessi all’essere madre e del vivere ciò nel quotidiano, di risvegliare aspetti nuovi o riscoperti che nel
1
Una formatrice coinvolta si è formata presso la Scuola Feyles di Torino, Formatrice Tiziana Ciampolini,
Corso di tecniche di autobiografia come cura di sé e degli altri.
2
Sangiovanni B., Piccolo Lessico per l’ascolto. Rimettere al centro l’ascolto per generare cambiamento.
EGA Editore, Torino, 2009
3
Demetrio, D., Raccontarsi, L’autobiografia come cura di sé, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1996.
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momento in cui si ripresentano fanno vivere l’esperienza di essere, di essere
in una storia completa, intensa, individuale, ricca. Recuperare, in un contesto dedicato, la propria storia in qualità di madri, o di figlie, crea la possibilità di riscoprire una individualità nuova, ricordare oggi guardare a ieri, fa si
che la persona possa scegliere momenti significativi per sé e per la propria
esistenza oppure possa decidere di chiudere, di celare, di non far emergere
momenti di sfondo o di fatica.
L’obbiettivo che ci siamo poste è stato quello di costruire un contesto per
una nuova possibilità per le beneficiarie di sperimentare una forma
d’ascolto pedagogica incentrata sulla cura della persona, volta ad un cambiamento, anche minimo, ma un cambiamento che porta con sé la novità di
sguardi altri su di sé. Il cambiamento di cui parliamo è quello che si definisce
come possibilità di guardare le cose da un altro punto di vista, di lato, illuminando maggiormente gli aspetti di valore e le risorse personali, amplificando e ridisegnando significati e sensi riscoperti e rinati dalla propria storia.
Le beneficiarie attraverso questo tipo di ascolto diverranno attrici in modo
nuovo, in modo più libero e generativo, riacquistando la possibilità di dire di
sé cose nuove, forse mai ascoltate, non vincolate al pregiudizio di chi già
conosce la loro storia, e di questa conoscenza essere in grado di farne un
nuovo modo di vedere le cose, o meglio un modo di fare nuove le cose.
I forum si sono svolti nell’arco di due mesi con una cadenza quindicinale,
hanno visto coinvolte le beneficiarie inserite nel progetto e le due formatrici
della Cooperativa sociale Azimut, una psicologa ed una esperta di processi
formativi.
Scegliamo di descrivere il percorso sperimentato attraverso tre parole chiave che hanno caratterizzato il processo di formazione nel gruppo: il clima,
la condivisione, la restituzione.
IL CLIMA
Molta attenzione è stata posta nella cura del clima, la possibilità di stabilire
una relazione di fiducia e di apertura tra le partecipanti al fine di rendere gli
appuntamenti del forum, momenti costruttivi non solo su un piano formale
o di contenuti informativi in merito alla condizione di madri al lavoro.
Si sono utilizzati alcuni dispositivi formativi proposti con l’obbiettivo di sollecitare la reciproca conoscenza e stimolare il racconto di sé e delle propria
esperienza. Alcune delle beneficiare hanno verbalizzato, nell’ultimo incontro, il proprio cambiamento nella partecipazione agli incontri, da prima formale in ultimo desiderato e atteso.
LA CONDIVISIONE
Strumento utilizzato e ben riuscito è stato il presupposto della condivisione
come modalità di approccio formativo e nello stesso tempo obbiettivo raggiunto nel gruppo. Pensando che i contesti specifici di incontro tra le beneficiarie potessero avere un valore di condivisione delle esperienza di maternità si è orientato nel corso del tempo un lavoro che potesse favorire lo
scambio reciproco e la narrazione degli eventi e dei vissuti relativi all’essere
madre, sia nel rapporto di coppia che nel rapporto con i colleghi all’interno
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del contesto lavorativo.
Le beneficiarie hanno saputo cogliere questa occasione “portando”
all’interno del gruppo le loro esperienze e le loro riflessioni sperimentando
una libertà arricchente e formativa capace di attivare posizioni di crescita e
di auto-formazione profonda. Attraverso la narrazione di sé è stato possibile
mettere a fuoco fragilità su cui poter riconoscere il bisogno di cambiamento
e di rinforzo, ma anche individuare i punti di forza, le caratteristiche specifiche di ognuna che diventano punti cardine su cui fondare la propria capacità
di cambiamento.
LA RESTITUZIONE
Con restituzione intendiamo tutte quelle azioni volte a restituire, a “donare”
all’altro ciò che abbiamo raccolto o ascoltato dal suo racconto di sé. Alla fine
del primo incontro abbiamo potuto raccogliere delle pepite preziose, come
attraverso ad un setaccio, parole dette e narrate dalle beneficiare in tema di
maternità, che abbiamo composto in una poesia.
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PAROLE PER DIRE MATERNITA’
Maternità è isolamento
È separazione,
è paura.
Maternità sono le molte lacrime.
Maternità è tutta quanta la responsabilità,
è quel potere che senti fragile nelle tue mani,
e quasi c’è d’aver paura.
Ma la maternità è anche
saper ascoltare,
aver voglia di giocare,
ritrovare un piacere.
È assaporare la leggerezza.
E’ il tuo cuore che cura,
il tuo sentirti “insieme”.
È fare un bel sogno, rinnovare un rito, accettare un bel dono.
La maternità è una parola uguale a generatività,
è uguale a creatività,
è una danza di energie,
è raccogliere un frutto capace di nutrire.
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Abbiamo così sperimentato quanta ricchezza emerge dalla narrazione della
propria esperienza, visualizzare il proprio racconto consente di rendere più
concreta la propria riflessività sulla maternità.
Anche le immagini sono state una strumento formativo importante, un gioco di ruolo proposto ha stimolato la capacità di riconoscersi nel doppio ruolo di madre e lavoratrice recuperando le caratteristiche specifiche e confrontandole con quelle che hanno saputo contaminare i due diversi aspetti
dell’ identità di donna.
Ascoltare i loro racconti ha stimolato una raccolta di immagini nuove associate a frammenti di storie che è stato possibile ritrovare e ascoltare da ciascuna di loro, donando alle beneficiarie le immagini in una breve presentazione di power point abbiamo sottolineato i frammenti e le parole che sono
state vissute come elementi di possibile contaminazione tra i due ruoli: stare in equilibrio, respirare insieme, tornare a giocare, ascoltare per cambiare,
accogliere il mistero.
Nel forum conclusivo, come ultimo gioco formativo è stato proposto di
scambiarsi dei doni, simbolici, come ringraziamento dell’esperienza fatta
insieme, le beneficiarie hanno espresso il bisogno e il desiderio di continuare a condividere momenti di scambio e di riflessività. Verbalizzano
l’importanza scoperta di poter vivere, soprattutto in un contesto lavorativo,
la possibilità di parlare di sé, di accrescere la reciproca conoscenza, di manPagina 36
tenere vivo un atteggiamento capace di confrontarsi.
Il percorso attivato ha reso possibile fornire uno spazio in grado di abbassare il senso di solitudine, creando una dimensione relazionale che ha
fatto da specchio reciproco rafforzando le competenze di autoanalisi e la
capacità di riscoprire un nuovo equilibrio tra gli ambiti assai complessi
dell’esperienza della maternità e della vita lavorativa.
Il monitoraggio Mamme in Comune Mamme in Forma
Al fine di monitorare le azioni del progetto Mamme in Comune Mamme
in Forma, è stato somministrato un questionario alle destinatarie del progetto (beneficiarie e tutor) ex ante ed ex post, che consentisse di misurare la conoscenza del progetto e degli obiettivi che lo stesso intendeva
perseguire, le aspettative che ognuna aveva nei confronti del progetto e
il raggiungimento delle aspettative (si allega copia dei due questionari).
Le destinatarie sono quindi state invitate a compilare, in forma anonima,
il questionario prima di iniziare le varie attività, ovvero il percorso di
counselling individuale, la formazione di gruppo e la partecipazione ai
convegni del progetto.
Dall’analisi dei questionari compilati è emerso che:
La conoscenza preliminare del progetto era condivisa già
all’inizio delle azioni, anche se non in modo approfondito, e la
partecipazione alle varie azioni ha consentito ad ognuna delle
partecipanti di aumentare il grado di conoscenza e la consapevoPagina 37
lezza degli obiettivi che man mano si sono raggiunti;
Le aspettative sono state ampiamente attese, infatti le destinatarie si aspettavano di giovare di occasioni di confronto e di riflessione, in particolare di poter condividere l’esperienza della maternità
con altre colleghe, tutte attese che i percorsi individuali e di gruppo hanno consentito di perseguire e raggiungere. Inoltre tra le
aspettative iniziali era emerso il desiderio di ricevere informazioni
utili dagli esperti incaricati dal progetto, anche queste soddisfatte,
in particolare:
La conoscenza circa le normative che tutelano il conge
do parentale è stata migliorata;
La partecipazione al progetto ha consentito di migliora
re ampiamente la conoscenza in merito a strategie per
superare le difficoltà a cui va incontro una neomamma.
Nel complesso dunque la partecipazione al progetto è stata considerata
utile, costruttiva e piacevole all’unanimità e le partecipanti stesse auspicano di poter aderire in futuro ad altri progetti analoghi.
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LA FORMAZIONE ON-LINE
Nell’ambito del progetto sono stati attivati i seguenti corsi di aggiornamento
on-line in relazione alle esigenze formative espresse dalle beneficiarie.
•
"Corso di Formazione multimediale in materia dell’Amministrazione
digitale CAD": che aveva come oggetto le tematiche relative al Dlgs
82/2005 e le successive modifiche ed integrazioni riportate nel Dlgs
30 Dicembre 2010 n.235, (codice dell'Amministrazione Digitale), fornito da ANCITEL;
•
“Scrivere e gestire un progetto europeo” destinato anche agli enti
pubblici interessati alla progettazione comunitaria, realizzato
dall’Istituto Europeo di Pubblica Amministrazione (EIPA) nell’ambito
di un accordo con il Dipartimento Politiche Europee della Presidenza
del Consiglio dei Ministri;
•
“Corso di formazione e aggiornamento on-line sui contratti pubblici
e le procedure di gara”, erogato da ANCITEL .
Tutti i contenuti dei corsi sono riportati nella apposita sezione delle piattaforma e-learning dedicata al progetto "Mamme in Comune mamme
In.forma" sul sito web del Comune di Alessandria, all’indirizzo: http://
www.comune.alessandria.it/moodle/
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I CONVEGNI APERTI AL PUBBLICO
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È possibile trovare tutto il materiale relativo agli eventi nell’apposita sezione
delle piattaforma e-learning dedicata al progetto "Mamme in Comune
mamme In.forma" sul sito web del Comune di Alessandria, all’indirizzo:
http://www.comune.alessandria.it/moodle/
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UNA BREVE RIFLESSIONE CONCLUSIVA
Alle mamme che hanno partecipato al progetto:
Michela, Erica, Sara, Letizia, Viviana, Paola, Laura.
“Desidero ricordare una affermazione di Jung “gli influssi più forti che agiscono sui bambini non provengono affatto dall’atteggiamento cosciente
dei genitori, bensì dal loro sfondo inconscio”, da cui parte questa breve riflessione circa la permeabilità delle relazioni interpersonali.
Penso che la spontaneità vissuta anche nelle relazioni di lavoro si possa e si
debba sapientemente connotare come una qualità della vita affettiva a cui
spesso non ricorriamo e che invece sembra essere così essenziale e naturale
quando viviamo la relazione con il bambino.
La nostra attenzione verso le colleghe mamme e la loro verso di noi
“esperte, tutor formatrici” si è espressa proprio attraverso un dialogo affettivo e una conoscenza legata ad una naturale risonanza, guidata non tanto
da saperi e teorie ma da uno spontaneo atteggiamento di reciproca fiducia.”
Mara Guanti
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Bibliografia
BION W.R., Apprendere dall’esperienza, Armando Editore, Roma, 1972
BOWLBY J., Attaccamento e perdita, Boringhieri ,Torino, 1972
BOWLBY J., Una base sicura : Applicazioni cliniche della teoria dell'attaccamento , Raffaello Cortina, Milano, 1989
CONFORTI M. Sulla soglia: l’archetipo degli inizi, MaGi Edizioni, Roma, 2009
FREUD S., Tre saggi sulla teoria sessuale: 1905, in OPERE, Boringhieri, Torino
1973, 4 vol.
JUNG C.G., Prefazione a WICKES F.G., Il mondo psichico dell’infanzia in Lo sviluppo della personalità, OPERE, vol. 17, Bollati Boringhieri, 1991
LAPLANCHE J., PONTALIS J.B., Enciclopedia della psicanalisi, Laterza, Bari, 1987
MAHLER M., La nascita psicologica del bambino, Boringhieri, Torino, 1978
MONTECCHI F., I simboli dell'infanzia : dal pensiero di Jung al lavoro clinico con i
bambini , La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1995
SPITZ R., Il primo anno di vita del bambino. Genesi delle prime relazioni oggettuali, Universitaria Barbera, Firenze , 1953
STERN D., Il mondo interpersonale del bambino, Bollati Boringhieri, Torino,
1987
STERN D., La costellazione materna, Bollati Boringhieri, Torino, 1995
WINNICOTT D.W., Gioco e realtà, Armando, Roma, 1974
WINNICOTT D.W., La famiglia e lo sviluppo dell'individuo, Armando, Roma,
1996