per una definizione del gotico americano
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per una definizione del gotico americano
PER UNA DEFINIZIONE DEL GOTICO AMERICANO La definizione di American Gothic si basa sul presupposto teorico che esistano declinazioni diverse del gotico, inteso non solo come genere letterario, a seconda del contesto geografico, e che si possa parlare di gotico in termini nazionali, con caratteri distinti e distintivi da paese a paese. A partire da uno dei primi studi sull'argomento, il saggio di Richard Chase The American Novel and its Tradition, del 1958, fino ad una delle più recenti riflessioni di Allan Lloyd-Smith, American Gothic Fiction: An Introduction, del 2004, la critica ha pensato al gotico americano in termini contrastivi, sottolineando le differenze tra la letteratura americana e quella europea, soprattutto inglese, e ponendo l'accento in particolare sulle origini della letteratura americana, fortemente radicata sul suolo nazionale, e sulle sue caratteristiche spiccatamente originali e nazionali. Nella sua teoria del romanzo americano, Richard Chase mette a confronto la letteratura americana classica con il romanzo realista inglese di Fielding, Austen, Elliot e afferma che il romanzo americano “is obviously a development from the English tradition”1 ma che le poetiche alla base sono mutate radicalmente una volta attraversato l'Atlantico: mentre il romanzo realista inglese è una forma mimetica di fiction che riflette la visione del mondo dominante, la narrativa classica americana è marcata da “a profound poetry of disorder”2 caratterizzato da forme radicali di alienazione e contraddizione, dominanti nella cultura e nella società americane del XIX secolo. Alla base di questa “poetica del disordine”, Chase pone il mito della storia americana e delle sue origini rivoluzionarie, che trova un riflesso nella mancanza di ordine e di “normative reality” 3 nei personaggi e nelle ambientazioni e in uno spiccata percezione della natura radicalmente immaginativa dell'impresa americana, della conquista e costruzione di una nazione, di un sogno per cui non basta più un'estetica realistica e mimetica come quella europea: l'America ha bisogno di miti, simboli, nella costruzione di un'immagine ancora incompleta di se stessa, fatta di ideali e di incubi. La letteratura si radica fortemente al suolo, “feels free to render reality in less volume and detail”, “tends to prefer action to character, and action will be freer in a romance than in a novel, encountering, as it were, less resistance from reality”; i personaggi sono “ two-dimensional types” di funzioni “ abstract or symbolic” function; gli “astonishing events” hanno “a symbolic or ideological, rather than a realistic, plausibility” 4: insomma, la letteratura americana sceglie il fantastico, preferisce il romance al più realistico novel, mostrando un legame strettissimo con il gotico europeo. Non a caso, come afferma Lloyd-Smith: “because the first substantial American efforts coincided with the great period of British and European Gothicism, American fiction began in a Gothic mode”5. Un anno dopo il saggio di Chase, in The Power of Blackness, Harry Levin accosta la letteratura americana classica alla poesia romantica inglese, definisce gli scrittori americani “visionaries, rather than materialists, rather symbolists than realists”6, che “have distinguished themselves from our popular spokesmen by concentrating upon the dark other half of the situation, and their distinctive attitude has been introspection, dissent, or irony” 7: la letteratura non rappresenta il sogno americano, ma un incubo gotico, non è un semplice rispecchiamento dell'ideologia dominante, dell'utopia del Nuovo Eden o della Nuova Gerusalemme, ma si pone in un rapporto più problematico con la realtà. I creatori del romanzo americano svelano il lato oscuro che si cela dietro la facciata ottimista e rassicurante della realtà, “stressing the opposite side, expressing themselves in paradoxes, and 1 2 3 4 5 6 7 Richard Chase, The American Novel and its Tradition, Baltimore, John Hopkins UP, 1980 Ibidem Ibidem Ibidem Allan Lloyd-Smith, American Gothic Fiction: An Introduction, New York, Continuum, 2004 Harry Levin, The Power of Blackness, London, Faber and Faber, 1958 Ibidem confronting each standard assumption with its dialectical alternative” 8: sono degli outsider, esclusi dalla realtà che osservano e analizzano. Secondo Levin, l'essenza della letteratura americana sta nell'aver trasportato le poetiche del Romanticismo inglese più nero, in particolare di quella poesia più vicina all'universo gotico, nella nuova forma del romance. Le voci di Chase e Levin furono a lungo dominanti all'interno del dibattito critico sulla nascita della letteratura americana. In reazione a questi studi, in Love and Death in the American Novel, Leslie Fiedler afferma provocatoriamente che tutta la letteratura americana è sin dalle sue origini “a gothic fiction, non-realistic and negative, sadist and melodramatic” 9. Certamente “no single sub-genre of the novel was invented in the United States” ma “ the peculiarities of our variants seem more interesting and important than their resemblances to the parent forms”. Fiedler descrive la letteratura americana come “essentially and at its best non-realistic, even anti-realistic; long before Symbolism had been invented in France and exported to America, there was a fully-fledged native tradition of symbolism”, una letteratura “juvenile” basata su personaggi fantastici e simbolici, sulla storia di “a man on the run... anywhere to avoid civilization, which is to say, the confrontation of a man and a woman which leads to the fall, to sex, marriage, and responsibility” 10, un modello totalmente nuovo, insomma: una narrazione psicologica che si distacca nettamente dal romanzo realista inglese, più socialmente orientato, che non esprime la realtà concreta ma offre una visione delle polarità all'interno della dialettica del sogno americano, con una preferenza per il visionario sul realistico, del simbolico sul pragmatico, dell'allegorico sul mimetico; che si configura, in una chiave di lettura propriamente psicoanalitica, come la rappresentazione del conflitto di una giovane nazione per conquistare l'indipendenza dalla “casa paterna”; che mostra chiaramente, quindi, l'influenza del genere popolare e “juvenile” per eccellenza, il gotico, appunto. Un gotico, però, che ha bisogno di essere “symbolically understood, its machinery and décor translated into metaphors for a terror psychological, social, and metaphysical” 11 distanziandolo quindi dal gotico classico europeo. Ogni punto di contatto tra la letteratura classica americana e il romanzo gotico inglese è concepito in termini di trasformazione o cambiamento: dalla dimensione sensibile a quella psicologica, dall'orizzonte sociale a quello metafisico, da una connotazione leggera ad una più seria e problematica, nel tentativo di creare un vero e proprio canone della letteratura americana. Come afferma Donald A. Ringe in American Gothic, del 1982, quando il gotico inglese raggiunge le coste dell'America, smette di essere un semplice mezzo di sensazionalismo ed evasione ma “ became in the hands of the Americans a suitable vehicle for the development of serious themes” 12: la società americana delle origini appare pervasa dall'influenza della filosofia del common sense scozzese, la scuola del razionalismo e dell'utilitarismo contribuiscono a costruire la mentalità della nuova nazione, in cui l'immaginazione perde potere e “a common belief in the primary value of reason, the absurdity of mythology, and the dangers of superstition” contribuisce a far sì che gli americani “dismissed ghosts, goblins, and witches as the relics of a more credulous age and were proud of the fact that American society had been formed when such phenomena were no longer credited and tales of superstition had been relegated to the nursery”13. Il gotico sopravvive nella letteratura americana solo trasformandosi in una forma “alta” di riflessione sul lato oscuro dell'altrimenti luminosa nascita della nazione, delle “magnifiche sorti, e progressive”. In Gothic America: Narrative, History, and Nation del 1997, Teresa Goddu afferma che “when 8 9 10 11 12 Levin, op cit Leslie Fiedler, Love and Death in the American Novel, New York, Delta, 1966 Idem Idem Donald A. Ringe, American Gothic: Imagination and Reason in Nineteenth-Century Fiction, University of Kentucky, 1982 13 Idem modified by American, the gothic loses its usual referent”14, “American authors transformed and hence dislocated British models of the gothic” poiché, “once imported to America, the gothic’s key elements were translated into American terms, and its formulas were also unfixed”, interpretando il gotico americano come il portato di una storia culturale specificamente nazionale e di un carattere genuinamente americano. La letteratura classica americana appare “infiltrated by the popular, the disturbing, and the hauntings of history”15, leggendola, in una prospettiva neostoricista, come una riflessione sulla schiavitù e sull'ideologia repressiva della vita familiare e domestica: il “power of blackness” non denota più il lato oscuro del sogno americano, ma una visione lucidamente critica del contesto storico e sociale della realtà americana. In quest'ottica, i prodotti della letteratura americana risultano essere significativamente differenti da quelli della letteratura inglese “popolare”, pure assai diffusa nell'America della prima metà dell'Ottocento. In un certo senso, è stata proprio questa tendenza critica basata sull'assunto forte di un'intrinseca differenza nazionale, ad aver creato la definizione di gotico americano, interpretato in quasi tutti i casi come un prodotto semplicemente derivativo della tradizione europea, identificata con la letteratura gotica classica della seconda metà del Settecento. In American Gothic: an Introduction, del 2004, Allan Lloyd-Smith afferma, infatti, che “It is frequently assumed that Gothic fiction began as a lurid offshoot from a dominant tradition of largely realist and morally respectable fiction”16 e “Similarly it has been assumed that early American writing should be considered an offshoot of the Great Tradition, as F.R. Leavis called it, a subaltern we might now say, in post-colonialist terms, and largely imitative if eccentric version of the dominant culture” 17: solo in seguito agli studi post-coloniali, dunque, è risultato chiaro che la letteratura americana fosse stata interpretata come subalterna, imitativa e derivativa di una cultura dominante europea, ma che in realtà il gotico americano fosse un'entità a se stante, proprio perché non perfettamente identificabile come un genere letterario. Nel contesto americano il gotico diventa una sorta di filtro per interpretare la realtà, una struttura mentale e una visione del mondo: “Rather than a simple matter of imitation and adaptation, substituting the wilderness and the city for the subterranean rooms and corridors of the monastery, or the remote house for the castle, dark and dangerous woods for the bandit infested mountains of Italy, certain unique cultural pressures led Americans to the Gothic as an expression of their very different conditions. Among these American pressures were the frontier experience, with its inherent solitude and potential violence; the Puritan inheritance; fear of European subversion and anxieties about popular democracy which was then a new experiment; the relative absence of developed society; and very significantly, racial issues concerning both slavery and the Native Americans. That these circumstances invited and even required a Gothic style is shown by the inclusion of Gothic elements within such clearly non-Gothic texts as James Fenimore Cooper's The Spy (1821), or The Prairie (1827). Such texts are not so much working to adapt the Gothic mode; instead the Gothic emerges from the condition they seek to describe.”18 In America il gotico si fa riflessione sul limite, inteso innanzitutto come limite fisico, confine, barriera geografica, nella realtà in espansione di una nazione protesa all'affermazione positiva e progressiva di sé, alla conquista dello spazio naturale che si configura come l'ignoto, l'altro-da-sé da esplorare, occupare, umanizzare e ridurre entro i confini del sé. E una volta conquistata e antropizzata la realtà esterna, l'esplorazione si ripiega sul soggetto stesso, all'interno del soggetto, nelle profondità dei complessi e contraddittori meccanismi della psiche, prospettandosi come esplorazione della profondità, 14 15 16 17 18 Teresa Goddu, Gothic America: Narrative, History, and Nation, New York, Columbia, 1997 Goddu, op cit Allan Lloyd-Smith, op cit Ibidem Idem pag 4 dell'oscurità, del subconscio: “Because of the ongoing confrontation between these opposing forces, the Gothic situates itself in areas of liminality, of transition, at first staged literally in liminal spaces and between opposing individuals, but subsequently appearing more and more as divisions between opposing aspects within the self. Extreme polarities of lightness and darkness, black and white ascriptions of evil and virtue (and, in the American case, of racial assumptions and identifications), both outside and sometimes within the self, are focues upon in the attention to the liminal.”19 In questo spazio liminale, che si fa metafisico e metaforico, vera e propria mise-en-éspace della psiche, cambiano ovviamente gli elementi del décor, scompaiono i tropi della letteratura gotica classica e nasce una nuova “filosofia dell'arredamento”: nel gotico classico l'ambientazione architettonica, che costituisce una delle componenti più rilevanti del genere, è di gusto medievale, con castelli, abbazie, dimore in rovina con archi, corridoi, passaggi segreti, cripte, ritratti parlanti, in un gioco di prospettive labirintico che ricorda le prigioni di Piranesi ed evoca la crudeltà e l'oppressione del potere assoluto, connotato dal silenzio e dal buio, pervaso dal terrore e dal sublime; nel gotico americano tutto si fa metaforico quanto reale, quotidiano, quasi domestico, tanto che basta una semplice casa, una soffitta o una cantina a generare il terrore e il senso del perturbante, di una realtà familiare che si fa improvvisamente inquietante perché carica dei fantasmi della psiche, delle ossessioni, della colpa, ma anche degli orrori reali della storia, portando in primo piano l'oppressione della condizione femminile o infantile, il trauma della razza e della schiavitù. La grande forza del gotico risiede proprio nella capacità di dare voce all'altro-da-sé. Se osserviamo il celebre dipinto American gothic realizzato nel 1930 da Grant Wood per l'Art Institute di Chicago, quasi non riusciamo a capire il senso del titolo, che sembra non avere alcun legame con il soggetto rappresentato, in quanto non presenta alcuna caratteristica riconducibile all'universo della letteratura e dell'immaginario gotico classico. Ma è proprio la connotazione American, che appunto colloca il dipinto nella realtà americana, a risultare come decisiva chiave di lettura dell'immagine: sullo sfondo una piccola abitazione, realizzata nello stile Carpenter Gothic, che mescola il tradizionale stile Carpenter della provincia americana, tipico delle comunità rurali o marine del New England, con una costruzione in legno dipinto di bianco, di dimensioni ridotte, sulla cui facciata si apre una finestra ad ogiva che richiama l'architettura gotica europea. Wood ha ripodotto fedelmente una costruzione reale, realizzata tra il 1881-82 a Eldon, nell'Iowa, per Charles Dibble, in pieno revival neo-gotico della fine dell'Ottocento. Le due figure umane in primo piano, invece, sono ispirate al suo dentista e sua sorella Nan, utilizzati come modelli in fase di realizzazione: a destra l'uomo, in posizione frontale e in primissimo piano, guarda lo spettatore con espressione austera, a sinistra la donna, leggermente arretrata rispetto all'uomo, guarda a destra verso di lui o fuori dal dipinto; entrambi sono vestiti in abiti semplici che richiamano lo stile Americana, esaltazione della storia e del folklore degli Stati Uniti, l'uomo con una giacca su una salopette di jeans, la donna con un grembiule marrone, un cammeo al collo e i capelli pettinati con una riga in mezzo e raccolti sulla nuca. Alle due figure sono associati due oggetti che ne rappresentano lo status e il rapporto tra loro e con l'ambiente: l'uomo tiene in mano un forcone, strumento da lavoro, che ne rappresenta il ruolo di capofamiglia e lavoratore, sulla spalla della donna, invece, appare un vaso di fiori alla finestra che, insieme alla posizione leggermente arretrata, sembra proiettarla verso lo sfondo, verso la casa, collocandola nell'ambiente domestico. Tutti gli elementi richiamano l'immagine della classica provincia americana, semplice e rurale, fondata sull'ideologia della famiglia, sull'etica del lavoro e i valori del puritanesimo delle origini. 19 Lloyd-Smith, op cit In America's Gothic Fiction: The Legacy Of Magnalia Christi Americana 20, Dorothy Z. Baker riconduce la nascita della fiction americana, e in particolare della gothic fiction, proprio all'universo dell'America puritana delle origini, fondata su un incrollabile provvidenzialismo, la fede nella mano di Dio che guida le azioni dei pellegrini e dei coloni nella conquista del Nuovo Mondo: in questo orizzonte, immaginario religioso, allusioni scritturali e citazioni dottrinali diventano le componenti basilari della scrittura americana, innanzitutto storica e politica, e la fede nella divina provvidenza pervade e struttura una delle prime forme narrative del mondo puritano, definita appunto providence tale, narrazione formulare che testimonia l'onnipotenza e l'onnipresenza di Dio nelle vite dei coloni e nell'ambiente circostante, ma anche in eventi eccezionali e inspiegabili, come incubi e profezie, o esemplari per la comunità, come conversioni religiose, confessioni, punizioni di peccatori, morti violente. In queste narrazioni brevi, dimostrative e pedagogiche, emerge una forte tensione morale, quasi una suspence, fino allo sciolgimento finale che riconduce tutto all'ordine, nei confini invalicabili della teologia puritana, che premia i giusti e punisce i peccatori: in questa forma nasce la short story americana. Le più famose raccolte di providence tales sono Illustrious Providences di Increase Mather, del 1684, e il sesto libro dei Magnalia Christi Americana di Cotton Mather, del 1702, che costituiscono un vero e proprio compendio di eventi straordinari che fondano la società americana in costruzione: in particolare l'opera di Cotton Mather, laureato in medicina ad Harvard, pastore protestante e una delle più influenti personalità religiose d'America, documenta la storia dei padri fondatori, delle istituzioni ecclesiastiche del New England, di Harvard, della guerra contro i nativi americani, della caccia alle streghe, costruendo una sorta di “enciclopedia tribale” del Puritanesimo con l'intento di riavvicinare la comunità ai valori originari, già perduti dopo poche generazioni. Mather condivideva le preoccupazioni delle comunità del New England, che credevano di aver occupato le terre del Male, esponendosi all'influsso del Demonio, che si manifestava in eventi prodigiosi e inspiegabili: il capitolo conclusivo del sesto libro documenta appunto l'azione del Demonio sulla comunità descrivendo i casi di stregoneria, e riprende due opere precedenti, Remarkable Providences, con cui nel 1688 aveva dato l'avvio ai processi alle streghe di Salem, e Wonders of the Invisible World, in cui nel 1692 aveva lasciato una testimonianza dettagliata dei fatti, spesso indulgendo anche alla descrizione dei particolari più crudi e realistici. Le opere di Mather contribuirono a fondare e definire l'orizzonte etico del puritanesimo americano e a realizzare l'immaginario che sarà alla base della letteratura gotica, svolgendo un ruolo di guida e modello per le generazioni successive di scrittori, primo fra tutti Nathaniel Hawthorne, non a caso discendente di un giudice coinvolto nei processi di Salem: nelle sue opere, fortemente allegoriche, utilizza le convenzioni della letteratura gotica per restituire un'immagine del Puritanesimo come espressione del potenziale umano di crudeltà e intolleranza ed esplorare le azioni umane e gli effetti del peccato sulla psiche umana. Elementi gotici si ritrovano nel suo romanzo più celebre, The Scarlet Letter, del 1850: l'universo gotico, nel mettere in scena la crudele ed esemplare punizione dell'adultera Hester Prynn, diventa metafora delle ossessioni morali della società puritana e veicolo per l'esplorazione delle ramificazioni storiche, sociali, teologiche ed emotive del peccato, del senso di colpa e della punizione, ma nello stesso tempo, nell'ambientazione e nella descrizione dei meccanismi sociali, crea il primo vero esempio di realismo propriamente americano, che diventerà uno standard per la letteratura successiva. Hawthorne non mira a terrorizzare il lettore, ma a generare inquietudine attraverso l'autopsia dei meccanismi psicologici, una vera e propria analisi clinica delle passioni dei suoi personaggi che diventano casi di studio di un campionario di esperienze morali. Con The House of the Seven Gables, del 1851, costruisce un singolare romanzo gotico, che mescola un'atmosfera “alla Jane Austen” da comedy of manners alla storia di colpa ed espiazione della famiglia Pyncheon, su cui aleggia una maledizione legata ad un passato di violenza e usurpazione, che nel finale di redenzione e ricostituzione dell'ordine appare ancora una volta come un'allegoria del peccato e del 20 Dorothy Z. Baker, America's Gothic Fiction: The Legacy Of Magnalia Christi Americana, Columbus, The Ohio State University, 2007 senso di colpa, che richiama in maniera evidente il significato alla base di The Castle of Otranto. Nella prefazione a The Marble Faun, del 1860, Hawthorne lamenta la “poverty of materials in America by elaborating a catalogue of missing items like no shadow, no mystery, no picturesque and gloomy wrong, nor anything but a commonplace prosperity, in broad and simple light”, riprendendo, ancora una volta nella seconda metà del secolo, l'annosa questione alla base di tutta letteratura americana e che struttura il dibattito teorico novecentesco sul gotico americano: in una nazione che si avvia alla guerra civile, la mancanza di un retroterra storico-culturale consolidato, paragonabile a quello dell'Europa, si traduce in una mancanza di un repertorio di temi e forme cui attingere per creare una letteratura genuinamente americana, ma nello stesso tempo prospetta un mondo di possibilità espressive libere dalle costrizioni dei canoni e dei codici retorici. Lo stesso interrogativo si era presentato agli scrittori americani quasi un secolo prima, nel periodo immediatamente successivo alla rivoluzione, quando si avvertì per la prima volta la necessità di una letteratura nazionale come prova definitiva della grandezza della nazione: i nuovi territori appena conquistati offrivano ricchezza e varietà di soggetti, ma nessuna forma consolidata; l'universo della comunicazione e della cultura era ancora dominato dall'ingombrante presenza della madrepatria, il mercato editoriale ancora monopolizzato dalla letteratura d'oltreoceano, in particolare dalla moda del romanzo gotico inglese. In questo contesto, i primi risultati originali non tardarono a manifestarsi e pochi anni separano The Mysteries of Udolpho di Ann Radcliffe e Caleb William di William Godwin (1794), The Monk di Matthew Gordon Lewis (1796) e i romanzi di Charles Brockden Brown, considerato il padre della letteratura americana: giovane avvocato di Philadelphia proveniente da una famiglia di quaccheri, tra il 1798 e il 1801 scrisse e pubblicò a New York quattro romanzi: Wieland or The transformation, An American tale (1798), Ormond (1799), Arthur Mervyn (in due parti, 1799 e 1800) e Edgar Huntly or Memoirs of a sleepwalker (1801), in cui “greatly improved on his sources”, riuscì a “create the effect of Gothic horror without resorting to the more conventional literary devices” 21 ma, ricorrendo soprattutto alla “vein of explained supernaturalism”22, inventa un universo finzionale spiegabile razionalmente, più adatto alla mentalità americana, utilizzando l'armamentario gotico “for a serious social purpose” 23 sul modello della “magico-political tale”24 di William Godwin, il filosofo radicale padre di Mary Shelley, che aveva concepito il suo quarto romanzo Caleb Williams come uno sviluppo immaginativo e un efficace veicolo di diffusione delle idee politiche alla base del suo visionario trattato filosofico The Enquiry concerning Political Justice, del 1793. Secondo Teresa Goddu25, la prefazione al lettore di Edgar Huntly (1801) contiene la prima compiuta affermazione del processo di trasformazione che il gotico aveva subito attraversando l'Atlantico e una vera e propria dichiarazione di poetica dell'autore sulla sua idea di romanzo americano: “That new springs of action, and new motives to curiosity should operate; that the field of investigation, opened to us by our own country, should differ essentially from those which exist in Europe, may be readily conceived. The sources of amusement to the fancy and instruction to the heart, that are peculiar to ourselves, are equally numerous and inexhaustible. It is the purpose of this work to profit by some of these sources; to exhibit a series of adventures, growing out of the condition of our country, and connected with one of the most common and most wonderful diseases or affections of the human frame. One merit the writer may at least claim; that of calling forth the passions and engaging the sympathy of the reader, by means hitherto unemployed by preceding authors. Puerile superstition and exploded manners; Gothic castles and chimeras, are the material usually employed for this end. The incidents of Indian hostility, and the perils of the western wilderness, are far more suitable; and, for a native of America to overlook these, would 21 22 23 24 25 Ringe op cit pag 44 Lloyd-Smith op cit pag 29 Ringe op cit pag 44 E.J. Clery, The Rise of Supernatural Fiction, 1762-1800, Cambridge University Press, 1995 Goddu op cit pag 4 admit of no apology.”26 Secondo Brown, quindi, una letteratura genuinamente americana deve sorgere dalle condizioni effettive della nazione, in cui, dopo la fine della guerra di indipendenza, lo spettro dell'Europa appare un pericolo sempre più remoto e la questione più rilevante, anche nel dibattito culturale di cui lo scrittore stesso si fa animatore in circoli e riviste, è costituita dalla rapida crescita economica, che appare da subito problematica e contraddittoria, portando in primo piano nuovi interrogativi: la conquista di nuovi territori e il rapporto con i nativi americani, con il selvaggio e inesplorato Far West, con l'ignoto; l'incremento demografico e l'emergere di problemi sociali, come la proprietà, il crimine, la povertà e la malattia. Questioni che configurano una nazione e un'epoca insieme fiduciose e problematiche, un soggetto molto più gotico delle gotiche “chimeras” della letteratura europea: non più un passato oscuro, barbaro, inquietante e carico di colpe, ma la contemporaneità, il presente di una nazione che, nell'energica affermazione di sé, nella potente proiezione verso un futuro di progresso vede già sorgere i primi inquietanti fantasmi. E i romanzi di Brown sono già “infiltrated by the popular, the disturbing, and the hauntings of history”27, configurandosi già a pieno titolo come gotici: nel suo primo romanzo, Wieland or The transformation, che reca il sintomatico titolo di An American tale, la vicenda è ambientata a metà del Settecento, prima della Rivoluzione, ed è strutturata come narrazione in prima persona nella forma dell'epistolario di Clara Wieland. Alla storia di suo padre, fanatico calvinista che, sentendosi investito della missione di evangelizzare gli Indiani d'America, si trasferisce dalla Germania nei dintorni di Philadelphia, dove costruisce una chiesa, nella quale poi muore in seguito a un inspiegabile fenomeno di autocombustione, segue quella del fratello Theodore, il Wieland del titolo, che eredita il fanatismo religioso del padre e guidato da misteriose voci e da apparizioni soprannaturali, uccide la moglie e figli, tenta di uccidere la sorella e alla fine si suicida. Come ha affermato Richard Chase, Brown fu il primo “to use melodrama significantly and he was thus a genuine precursor of the later romance-novelist”28: attraverso il repertorio di tropi della letteratura gotica europea, come le apparizioni soprannaturali, le voci, la follia, la violenza, l'eroina perseguitata, le ambientazioni notturne, riesce a unire in una sintesi coerente lo stile giornalistico di Defoe, la tradizione del romanzo epistolare alla Richardson, il sensismo di Locke, la riflessione filosofico-politica di Godwin, i fermenti materialistici dell'Illuminismo, una sintesi originale e veramente “americana”. Non a caso, Brown ne inviò una copia a Thomas Jefferson, allora vice-presidente degli Stati Uniti, vedendo il suo romanzo come un'opera prevalentemente “politica”, una sorta di discorso ufficiale sugli effetti individuali e umani del contesto americano, uno studio sull'uomo americano, sulla dialettica tra pessimismo puritano e ottimismo illuminista incarnata nella missione repubblicana della nazione. 26 Charles Brockden Brown, Edgar Huntly or Memoirs of a Sleep-Walker, Kent State University Press, 1984 27 Goddu op. cit. pag. 8 28 Chase op. cit. BIBLIOGRAFIA Richard Chase, The American Novel and its Tradition, Baltimore, John Hopkins UP, 1980 Allan Lloyd-Smith, American Gothic Fiction: An Introduction, New York, Continuum, 2004 Harry Levin, The Power of Blackness, Faber and Faber, 1958 Leslie Fiedler, Love and Death in the American Novel, New York, Delta, 1966 Donald A. Ringe, American Gothic: Imagination and Reason in Nineteenth-Century Fiction, University of Kentucky, 1982 Teresa Goddu, Gothic America: Narrative, History, and Nation, New York, Columbia, 1997 Dorothy Z. Baker, America's Gothic Fiction: The Legacy Of Magnalia Christi Americana, Columbus, The Ohio State University, 2007 E.J. Clery, The Rise of Supernatural Fiction, 1762-1800, Cambridge University Press, 1995 Charles Brockden Brown, Wieland, or The Transformation. An American Tale and Memoirs of Carwin the Biloquist, Oxford University Press, 1984 Charles Brockden Brown, Edgar Huntly or Memoirs of a Sleep-Walker, Kent State University Press, 1984