Il cinema norvegese

Transcript

Il cinema norvegese
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Il cin
BEAUTIFUL COUNTRY
e
Giovane
ELLING
sovrumani che contraddistinguono le
attuali migrazioni di popoli. Eppure si
tratta di una metafora – una metafora
sul desiderio di riconciliazione dopo
la guerra del Vietnam. Un bambino, di
padre americano e madre vietnamita,
viene adottato, ma dopo aver
abbandonato il villaggio dove vive,
torna a Saigon per trovare la sua vera
madre. Finisce per imbarcarsi a bordo
No, i cineasti norvegesi si sono aperti
di una delle tanti navi di disperati
al mondo. Infatti che dire di un regista
che cercano di raggiungere gli Stati
norvegese che insieme al suo produttore, Uniti. Tim Roth interpreta la figura del
si lancia in un’avventura firmata dalla
capitano, chiuso e indifferente al dolore
leggenda Terrence Malick (Badlands,
altrui. Dopo il purgatorio vissuto sulla
The Thin Red Line). Di Norvegia non
nave, l’America si mostrerà tutt’altro
si parla mai, tanto meno dell’animo
che un paradiso per questi rifugiati.
norvegese: la storia si svolge in Vietnam E la figura paterna sarà molto diversa
e negli USA. Vengono ingaggiati attori
da quella immaginata dal figlio. Nick
del calibro di Nick Nolte, Tim Roth e
Nolte mostra la sua bravura di attore,
Bai Ling. E Beautiful Country partecipa soprattutto nel finale, che riesce a essere
al Festival di Berlino del 2004.
privo di inutili isterie. Beautiful Country
si trasforma a poco a poco in un’odissea
Hans Petter Moland si era già messo in
che coinvolge lo spettatore con i diversi
evidenza con Zero Kelvin (Kjærlighetens destini dei protagonisti e la sua attualità.
kjøtere) e Aberdeen, due studi
Un film coraggioso e impegnato, che
sull’autoimmagine maschile. Beautiful
però a Berlino non ottenne nessun
Country parla dei pericoli e degli sforzi premio.
Non più isolata lassù nel profondo Nord
tra ghiacci e venti freddi, la cinematografia
norvegese si è fatta di colpo
internazionale. Questo nuovo appello alla
globalità non scaturisce soltanto dal suo
ancorarsi all’elemento locale o dal potersi
pacificamente esprimere e sviluppare in
una specie di idillio, ben oliato e protetto
dai soldi ricavati dal petrolio.
a
Insolito
Il cinema norvegese gode di un’insolita
popolarità, non soltanto durante le
settimane ad esso dedicate o ai vari
festival all’estero, ma anche nella stessa
Norvegia. Il piccolo miracolo iniziò
nel 2001 e si può dire che il cambio di
millennio portò a una vera e propria
metamorfosi. La commedia Elling
(Petter Næss) venne nominata all’Oscar.
E il documentario Cool & Crazy (Heftig
& begeistret, Knut Erik Jensen) ebbe un
enorme successo di pubblico e di critica
sia in Norvegia che all’estero.
Ma la vera apoteosi giunse nel 2003.
Le produzioni norvegesi furono così
numerose da battere ogni record
precedente e vennero prese in seria
considerazione da un pubblico che
finora si era accontentato del modello
patinato promosso da Hollywood. Oggi
è impossibile partecipare alla vita di
società senza aver visto l’ultimo film
norvegese e il numero di spettatori
è il più alto degli ultimi venti anni,
rappresentando il 22% del mercato.
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Tradra
Nel 2004 il regista di Elling, Petter
Næss, girò una commedia dal taglio
ancora più americano, all’ American Pie.
Solo Bea (Bare Bea) affronta il periodo
del debutto sessuale delle sedicenni.
Næss non ha dato vita a una cinica
commedia da liceo: mette invece in luce
l’obbligo al conformismo e gli ideali più
o meno discutibili a cui si aggrappano
i giovani. E come si addice a una
commedia: senza un attimo di noia.
Il 2004 fu l’anno in cui vennero girate
opere ancora più multiformi di quelle
realizzate nel 2003. L’anno culminò in
una vivace produzione di cortometraggi
e documentari che esercitarono e
svilupparono nuovi talenti come mai
prima d’ora. Nella storia del film
norvegese il documentario è un genere
cinematografico che gode di illustri
predecessori, soprattutto quello che tiene
conto di una certa sobrietà ed esigenza
al realismo. Negli ultimi anni Sigve
Endresen ha firmato numerose pellicole
che affrontano tematiche delicate e
che turbano anche la società norvegese
contemporanea: la tossicodipendenza,
il cancro, l’isteria da dieta. Endresen ha
creato una propria scuola che mostra
una grande capacità di compenetrare
la vita del singolo essere umano, senza
sfruttarlo. Altro nome da citare è quello
di Karoline Frogner, che ha dato volto
ai tormenti dei nomadi e degli zingari
in Tradra (Tradra – i går ble jeg tater).
Ma spetta a Knut Erik Jensen con i suoi
film sulla contea più settentrionale della
Norvegia, quella di Finnmark, a spingere
all’estremo il genere documentaristico,
COOL & CRAZY
ottenendo un grande successo di critica
e di pubblico.
Il cortometraggio non viene trattato
soltanto alla stregua di una palestra
per i futuri registi di lungometraggi,
tanto è vero che conta un proprio
Festival a Grimstad. E quando i
cortometraggi norvegesi raggiungono
il mondo, vincono spesso dei premi.
A questo proposito va ricordato il
Festival di Cannes del 2003 con ben tre
riconoscimenti.
Arriva il successo
Il 2003, che rappresentò l’anno
della consacrazione per una nuova
generazione di registi e attori,
fu comunque contrassegnato da
grandi dibattiti e controversie, pur
dividendosi tra la compiacente
benevolenza dei critici e il forte
magnetismo sugli spettatori. Si diceva
che i film di quell’anno non fossero
altro che produzioni fatte su misura
per evocare comode sensazioni di
benessere che storpiavano la realtà e
che scodinzolavano senza dignità per
compiacere il suo sempre maggiore
pubblico. In modo alquanto arbitrario si
diceva che quella fosse una generazione
“immersa nella bambagia”, fatta di
giovani uomini abituati al sostegno
incondizionato di genitori e scuola,
che non hanno mai dovuto lottare
per ottenere qualcosa né hanno mai
affrontato nessuna difficoltà e che
non hanno nessuna intenzione di
abbandonare la propria fase puberale
che secondo alcuni durerebbe fino
ai quarant’anni prima di passare
bruscamente alla dura età adulta. Non
vogliono staccarsi dal nido caldo e
protettivo della famiglia, non vogliono
fare le scelte necessarie per crearsi una
vita indipendente. E per concludere:
non vogliono assumersi responsabilità.
Ai confini delle commedie, perché di
questo si tratta, troviamo alcune giovani
donne che aspettano pazientemente
che i maschi si decidano prima di
passare al contrattacco. Commedie di
questo tipo sono prive di contenuto, si
dice. Ma nello specchio magico della
commedia colgono una mentalità che
sa trasformarsi in tragicomico. I film
norvegesi centrano i toni attuali di una
generazione. I giovani norvegesi di oggi
non vivono nessuna epoca eroica. Gli
scorsi decenni sono stati tirannizzati da
troppi tentativi di ironie di superficie,
ergo è naturale scegliere la forma più
protettiva e disarmante della commedia
quando bisogna parlare nuovamente di
cose serie, dove le domande vengono
poste in modo piacevole, privo di ironia,
la forma mira alla conciliazione.
Il film sull’amicizia Buddy di Morten
Tyldum è caratteristico di questa
evoluzione. I maschi si consumano tra
due ragazze o scappano davanti alle
proprie responsabilità per una paternità
indesiderata o mostrano pesanti sintomi
di depressione giovanile. Devono
adeguarsi poi a un mercato che di colpo
non vuole più giovani altamente istruiti.
Qualcosa di più leggero viene
rappresentato in United di Magnus
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BUDDY
Martens e Johnny Vang di Jens Lien,
mentre le particolarità di generazioni
appena più vecchie sono affrontate in La
mamma di Elling (Mors Elling) di Eva
Isaksen, dove si raccontano con animo
cupo e intelligente gli antefatti alla base
del film Elling che venne a suo tempo
nominato all’Oscar. Per finire arrivò un
terzo film con la regia di Petter Næss
che aveva trascorso un periodo di tempo
a Hollywood.
I film norvegesi non sono più cosiddetti
film d’autore, caratterizzati da una
scrittura personale, ma seguono
fedelmente regole e convenzioni del
genere di appartenenza. Viene girato
un film dell’orrore, Landa selvaggia
(Villmark) di Pål Øie, uno che oscilla
tra paura e fiaba e che pone l’accento
sulla pressione esercitata sulle ragazzine
di essere belle, La signorina Norvegia
(Lille frk. Norge) di Hilde Heier, un
cartone animato sul pirata norvegese
Capitan Dente a Sciabola (Kaptein
Sabeltann) di Stig Bergqvist, una
commedia romantica con La donna
della mia vita (Kvinnen I mitt liv) di
Alexander Eik. Per nominarne alcuni del
2003.
Kitchen Stories (Salmer fra
kjøkkenen)
Il miglior film norvegese del periodo
si contraddistingue per la sua carica
critica nei confronti di quella cosiddetta
razionalizzazione degli obiettivi
tipica degli anni Cinquanta, quando
la socialdemocrazia avrebbe risolto al
Kitchen Stories
cui Eggs aveva concorso a suo tempo.
Kitchen Stories (Salmer fra kjøkkenen)
è eccentrico e burlesco. Strizzando
l’occhiolino a Jacques Tati, chiede a
Impettiti osservatori svedesi attraversano tutti coloro che vogliono migliorare il
il confine della nazione limitrofa
mondo di lasciare in pace la brava gente.
per avventurarsi nella Norvegia più
L’intelligenza di Hamer è generosa e
sgangherata. Dopo essersi appollaiati
di buon cuore, ma alquanto acuta. La
su seggioloni che ricordano quelli usati
scenografia, la regia e il resto fecero
sui campi da tennis dai giudici di gara e sì che questo film vincesse numerosi
che sono stati discretamente posizionati premi ed ottenne numerose e meritate
in un angolo della cucina, essi riportano recensioni positive all’estero come in
graficamente tutti i movimenti compiuti patria. Esse confermano l’impressione
sotto di loro dagli scapoli norvegesi allo che i cineasti norvegesi hanno il pieno
scopo di raggiungere con questi grafici
controllo del proprio medium e che
un uso più razionale possibile della
questa è la forma espressiva naturale di
cucina. Ma questo non assomiglia anche questa generazione. Senza dimenticare
alle abitudini di pensiero del liberalismo attori e attrici che senza remore seguono
di mercato?
e incarnano queste idee e questi pensieri.
meglio i problemi di ognuno con la sua
pianificazione sociale triste, priva di
fantasia e a fin di bene.
Bent Hamer è l’uomo che covò Eggs
nel 1996, il suo debutto cinematografico,
dove seguiamo la vita di due fratelli in
pensione che vivevano in uno stereotipo
di villaggio norvegese. I critici ricorsero
a nomi come Samuel Beckett, Harold
Pinter e Buster Keaton per ricercare lo
spirito che alimentava questa commedia
a basso costo, che venne mandata a
Cannes e che ha ottenuto numerosi
premi in tutto il mondo. Il gioco
tragicomico su cui è imperniato il film
non diventa mai pretenzioso, anzi riveste
connotazioni universali, grazie anche
alla straordinaria interpretazione delle
due figure di vecchi clown.
Nel 2003 Hamer vinse il premio per la
miglior regia al Festival di Cannes, a
Il nuovo millennio
Torniamo al passaggio al nuovo
millennio, quando tutto cominciò
per davvero. Sfidando la neve e il
vento e con il Mare del Nord che
mugghia spumeggiando dietro le
loro spalle curve, svetta nelle lande
più settentrionali del paese un coro
maschile, i cui volti si coprono sempre
più di neve e ghiaccio sotto i berretti
bianchi.
Il coro di Berlevåg, un piccolo paese
di pescatori nella contea del Finnmark
ha anche storie ed esperienze di vita
tempestose che vengono ritratte in un
film documentario unico nel suo genere:
Cool & Crazy (Heftig og begeistret).
Luce e buio, gelo e solitudine, calore
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Kristin LavransDATTER
e visioni, paura e bellezza prendono
forma e scaturiscono negli scenari
ghiacciati, nelle ambientazioni delicate
e nel caldo degli interni, mentre un
umorismo sapido e carico di spirito
di contraddizione svela un contatto
alquanto terreno con la realtà.
ILL TELEGRAFISTA
affermare un’immagine tradizionale
della Norvegia. Ma Jensen ha un ottimo
contatto con la cultura del paese vicino,
quella russa. L’estetica, la tematica
e la poetica di Andrei Tarkovskij
riecheggiano in sottofondo nei tre
lungometraggi girati da Jensen, una
comprensione insondabile della realtà
Come tutte le altre piccole comunità
dai tratti simbolici e spesso espressa
dislocate nella Norvegia periferica,
attraverso tecniche modernistiche.
Berlevåg è esposto e a rischio. Il
I titoli sono Stella Polaris, (1993),
regista Knut Erik Jensen è un tenero
Bruciato dal gelo (Brent av frost, 1996)
poeta, a sua volta originario di questi
e Quando il buio non c’è più (Når
villaggi sperduti tra neve e gelo. Questo mørket er forbi, 2000). Lo scrittore,
capolavoro ha attratto in Norvegia
nonché eccellente giornalista Alf R.
un pubblico da record e si è fatto
Jacobsen è l’autore dei testi da cui sono
conoscere anche a livello internazionale. stati ricavate le sceneggiature dei tre
Perfino negli Stati Uniti. A questo film
film di Jensen. Il cinema norvegese
documentario Jensen ne fece seguire
sarebbe stato impensabile senza scrittori
un secondo Cool & Crazy On the
e case editrici: ci sarebbero stati meno
Road (Heftig og begeistret- På sangen
film, molti di meno. Più della metà
vinger), basato sulla tournèe compiuta
dei progetti cinematografici norvegesi
dal coro tra gli americani di origine
fanno riferimento ed esistono grazie
norvegese. Non ebbe il successo del
alla letteratura che, oltre a essere fonte
primo, portandosi inoltre con sé l’ombra di ispirazione, fa da sprono a nuove
dell’11 settembre.
interpretazioni visive.
Nel 2004 Jensen girò con la sua solita
audacia un terzo documentario, che
descriveva questa volta una compagnia
di rivista del Finnamark. Arctic Cabaret
(På hau i havet) appartiene alla
tradizione burlesca del carnevale come
la conosciamo dall’Europa continentale.
Lo spirito popolare si oppone
all’autorità, ma neanche questa forma di
comunanza ebbe grande seguito.
I documentari sono il tentativo di
seguito il film conquistò vittoriosamente
l’Europa sotto forma di pièce teatrale.
Insieme a un amico, Elling viene
costretto a liberarsi delle sue nevrosi
di natura fobica e della sua angoscia
al contatto sociale. Elling sprizza di
inibizioni da tutti i pori e ricorre a tutta
la sua fantasia disperata e a uno stile
estremamente personale per sfuggire
a tutte le diverse e stressanti sfide a
cui viene sottoposto. Il suo compagno
d’avventura è pesante e terreno, con il
suo modo ingenuo di fare. Un’eccellente
interpretazione degli attori fa sì che
l’ansia e la paura siano ritratti con
sentimento, azione e delicata umanità.
Lo scrittore Ingvar Ambjørnsen è uno
dei migliori produttori di materiale
grezzo del cinema norvegese, un uomo
in grado di trasformare in parole il suo
tempo.
Il cinema norvegese sarebbe stato
impensabile senza gli scrittori letterari.
Componente a cui si ricorre spesso
anche come fattore alla moda. Un tempo
L’elastico Elling
era il taciturno simbolista della contea
Nello strano anno cinematografico
di Telemark, Tarjei Vesaas, a creare
2001 uscì Elling, sulla scia di una
materiale narrativo fiabesco. Per passare
popolarissima serie di romanzi e di
poi al più nervosamente urbano Knut
un’analoga drammatizzazione per il
Faldbakken. Poi fu la volta di Lars
teatro. Su una popolazione di 4,5 milioni Saabye Christensen, che non si limitò a
di abitanti più di 70.000 abbandonarono poetare su Knut Hamsun per la mensa
i comodi divani televisivi per vedere
cinematografica, ma che la imbandì
questa commedia. Oltre mezzo milione
anche con i propri romanzi incentrati
di tedeschi la videro al cinema. Dopo
su come si diventa grandi nella parte
la candidatura all’Oscar, fu un enorme
occidentale di Oslo. Il drammaturgo Jon
successo al Festival di Bombay. In
Fosse viene rappresentato sulle scene di
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HERMAN
tutto il mondo, alla stregua di un novello
Henrik Ibsen. Fosse sa come lanciare
la sfida, cosa che il Festival di Berlino
2004 ebbe modo di sperimentare con la
versione tedesca di Canzoni notturne
(Natta syng sine songar) di Romuald
Karmakar, la cui forma stringata e il
voluto raffreddamento dei sentimenti
seppero evocare molto temperamento.
Il cinema norvegese ha saputo fare
propria la triade di connazionali che
furono insigniti del Premio Nobel per
la Letteratura - triade che stranamente
non include il nome di Henrik Ibsen.
Quando l’epos nazionale norvegese
del Medioevo, espresso da Kristin
Lavransdatter della scrittrice e Nobel
per la Letteratura nel 1928 Sigrid
Undset, fu trasformato in film, se
ne incaricò l’unico nome a livello
internazionale della cinematografia
norvegese, Liv Ullmann. La Ullmann
volle al suo fianco il maestro della
fotografia caro a Ingmar Bergman, lo
svedese Sven Nykvist, e una lunga serie
di validi attori norvegesi in quella che
divenne la sua lunga interpretazione di
tre ore del primo volume della trilogia
della Undset.
Un’atmosfera da età dell’oro
Kristin Lavransdatter è attualmente
il film più costoso e discusso della
Norvegia. Seconda la stessa Ullmann,
si trattò del processo di lavoro più
duro della sua vita. Ma il film spazzò
via ogni tipo di opposizione quando
apparve sugli schermi delle sale
ANGELI DELLA DOMENICA
cinematografiche del paese, creando
un’atmosfera da età dell’oro. I norvegesi
si precipitarono a vedere il poema epico
incentrato sulla forte e decisa Kristin e
sul suo incontro con un amore non del
tutto privo di complicazioni sotto un
cielo cattolico. Il film viene mostrato
all’estero in una versione ridotta.
Un altro dei Nobel norvegesi per la
Letteratura che alletta la maggior parte
dei cineasti, anche dal punto di vista
biografico, è Knut Hamsun. Il 1996 offrì
la prima visione di un lungometraggio
di carattere biografico, per essere precisi
di una serie televisiva, sulla vita di
Hamsun, interpretato da tre diversi attori
a seconda dell’età del protagonista.
L’enigma Knut Hamsun (Gåten Knut
Hamsun) porta la firma di Bentein
Baardson e rappresenta un progetto
totalmente norvegese di comprendere
questo scrittore così versatile. Il
film prende spunto dalla biografia
dell’inglese Robert Ferguson.
Il primo a trasformare in film il
dibattutissimo libro documentario del
danese Thorkild Hansen Il processo
contro Hamsun (Prosessen mot
Hamsun) fu lo svedese Jan Troel, con lo
svedese Max von Sydow nel ruolo del
protagonista e la danese Ghita Norby nei
panni della moglie Marie.
di occupazione. Finita la guerra, ci fu
un processo che voleva anche essere
una specie dei resa dei conti nei
confronti del norvegese che era già
allora famosissimo in tutto il mondo.
L’ormai anziano scrittore fu dichiarato
non pienamente in possesso delle
proprie facoltà mentali, sentenza che
Hamsun contraddisse scrivendo poco
dopo il romanzo estremamente lucido
di uno scrittore perfettamente sano di
mente, Per i sentieri ricoperti d’erba(På
gjengrodde stier).
Il processo fu penoso e imbarazzante
per tutte le parti coinvolte, nonché
estremamente carico di componenti
emotive. Per questo ci voleva un regista
che non fosse norvegese. Superiore
a ogni genere di controversie, von
Sydow interpreta Hamsun con grande
dignità, come un uomo che ha vissuto
sì nel proprio mondo, ma che esige un
processo per quanto ha compiuto in
qualità di uomo. Al di là di ogni forma
di giurisprudenza o politica, il film è
innanzitutto una tragica e commovente
storia d’amore.
Hamsun è lo scrittore norvegese da
cui sono stati tratti il maggior numero
di film. Soltanto i drammi di Ibsen
sono stati maggiormente rivistati per
il grande schermo. Il primo tentativo
risale al 1921 quando il danese Gunnar
Hamsun, che aveva appoggiato Hitler
Sommerfeldt girò Germogli della
durante la Seconda Guerra Mondiale,
terra (Markets grøde), romanzo per
volle intercedere a favore dei condannati cui Hamsun vinse il Premio Nobel. Il
a morte norvegesi di fronte alle forze
film fu girato nelle zone più suggestive
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NOVE VITE
della Norvegia Settentrionale e per
molti anni non se ne ebbe più traccia
fino a quando venne ritrovato negli
Stati Uniti e restaurato in Olanda a cura
dell’Istituto Cinematografico Norvegese.
Considerato una vivida trasposizione
visiva del romanzo, viene mostrato
spesso con l’accompagnamento delle
musiche originali composte ad hoc
dal direttore d’orchestra e violinista
Leif Halvorsen. All’epoca del film
muto esse venivano inviate alle sale
cinematografiche sotto forma di spartiti.
Nel 1922, l’anno dopo, fu girato il
primo film completamente norvegese,
Pan – Cinque atti e un epilogo (Pan
– fem akter og en epilog). Vale la
pena di ricordare che il grande genio
cinematografico danese Carl Th.
Dreyer girò due volte in Norvegia
La sposa della valle di Glomdal
(Glomdalsbruden), l’espressione più
marcata del nazional-romanticismo:
l’agiato fattore vuole che la figlia si
sposi con un uomo ricco, ma lei ama un
altro. In questo film Dreyer mostrò di
muoversi con mano sicura verso quella
che sarebbe stata la realizzazione del
capolavoro successivo Jeanne d’Arc.
Il danese Henning Carlsen girò
quella che a suo tempo può essere
considerata la miglior interpretazione
cinematografica del romanzo di
Hamsun, Sult (Fame), con lo svedese
Per Oscarsson in una superba
interpretazione del protagonista. Dieci
anni fa Carlsen girò Pan, ma senza
raggiungere i livelli del primo film. Ciò
dimostra comunque quale attrazione
continui a esercitare il virtuoso della
lingua Hamsun sui registi non solo:
norvegesi. I migliori film sono a detta
dei registi stessi quelli che si basano su
opere minori di Hamsun, ad esempio
Il telegrafista (Telegrafisten) tratto dal
romanzo breve Sognatori (Sværmere).
Il film di Erik Gustavson fu selezionato
per il Festival di Berlino del 1993. La
prima volta dopo diciannove anni che
un film norvegese ricevesse l’onore
di partecipare a uno dei festival
cinematografici di maggior importanza
internazionale.
Il telegrafista non è un film
particolarmente originale, ma ci
troviamo sulla splendida costa
settentrionale della Norvegia e sull’isola
di Kjerringøy, cara a Hamsun, una
fiaba in sé. Con il suo stile sicuro,
è evidente che Erik Gustavson si
trovi perfettamente a suo agio con
il protagonista del film, il visionario
amante delle donne Rolandsen.
L’irresistibile telegrafista di Hamsun
fa un’invenzione che sconvolge la sua
vita e quella del fertile ambiente che
lo circonda. La fotografia di Philip
Øgaard riesce a non diventare troppo
estetizzante, malgrado il paesaggio da
fiaba di questa parte della Norvegia, con
le sue cime che svettano direttamente
dal mare e che sembrano invogliare
all’esagerazione pittorica. Troviamo
comunque l’accenno a una forma di
idilliaco dipinto dalle tinte pastello di
una Norvegia del Nord estremamente
estiva, lontana dal gelo e dai venti
freddi che rappresentano il quotidiano
di queste zone geografiche dalle avverse
condizioni climatiche.
Ispirazione internazionale
Il cinema norvegese è giustamente
affascinato dalla Norvegia
Settentrionale. Nel 2002 abbiamo
la rivisitazione cinematografica del
romanzo Dina, signora di Reinsnes
(Dinas bok). della scrittrice della
Norvegia del Nord Herbjørg Waasmo.
Il film, che ha come titolo Io sono Dina
(Jeg er Dina ) vede Gerard Dépardieu
in uno dei ruoli principali, la svedesenorvegese Marie Bonnevie interpretare
Dina, mentre il danese Ole Bornedal (Il
guardiano notturno - Nattevakten) si
occupa della regia in una coproduzione
nordica che è costata più di 100 milioni
di corone e che viene girata nella terra
d’origine di Hamsun.
Ma il cinema norvegese si lancia anche
verso l’esterno: non esistono quasi più
produzioni che non si siano realizzate
grazie a una collaborazione a livello
nordico e i collegamenti con molte
produzioni europee stanno diventando
sempre più stretti.
Erik Gustavson appartiene alla
categoria dei registi norvegesi che si
è aperto nuove strade. Nel suo primo
film, Blackout, imitò i cupi film noir
americani degli anni Quaranta. Nel
suo elenco di opere troviamo poi una
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FANT
FLAKLYPA Grand Prix
commedia Herman, un film carico
di intenso fascino malinconico e dal
messaggio universale. Gustavson
racconta la storia di un’infanzia a Oslo,
ispirandosi all’omonimo romanzo dello
scrittore Lars Saabye Christensen.
Herman parla di un bambino di dieci
anni che perde i capelli. Il film ci
permette anche di sottolineare che
quasi la metà dei lungometraggi
norvegesi riguarda bambini e giovani.
Analogamente al resto dei paesi
scandinavi la Norvegia dà molta
importanza al compito di “essere al
servizio” dei gruppi più giovani d’età,
ma con film che però sanno coinvolgere
tutta la famiglia.
Su e per i giovani
Il miglior di tutti venne selezionato per
il Festival di Berlino e vinse “L’Angelo
blu” nel 1995. Fu il primo di una
lunga serie di riconoscimenti attribuiti
all’allora debuttante Marius Holst e al
suo cupo dramma, Dieci coltelli nel
cuore (Ti kniver i hjertet). Anche questo
film, scritto da Lars Saabye Christensen,
ritrae l’infanzia e la gioventù a Oslo
e mostra la comparsa del male in una
giornata norvegese qualunque.
Gustavson ha anche girato una serie
televisiva di tutto rispetto - con
una versione più breve per le sale
cinematografiche - tratta dal bestseller
Il mondo di Sofia (Sofies verden), che ha
messo in luce la sua bravura di regista
e ha introdotto i giovani spettatori ai
contenuti filosofici del romanzo.
MOGLI
Molto popolari sono stati i film sui due
giovani investigatori Pelle e Proffen.
Il primo, Morte alla Stazione Centrale
di Oslo (Døden på Oslo S) girato nel
1990 da Eva Isaksen, ebbe un enorme
successo di pubblico grazie alla sua
capacità di ritrarre in modo fresco
e genuino i giovani provenienti da
ambienti difficili, dove i conflitti con
i genitori e la droga erano ingredienti
quotidiani. Ad esso seguì Menzogne
letali (Giftige løgner) che porta i
due investigatori a proseguire e ad
approfondire le loro conoscenze sul
campo: anche questo film ebbe grande
fortuna. Il terzo lungometraggio della
serie si intitolava I lupi blu (De blå
ulver). Tutti questi film sono opera della
penna inesauribile dello scrittore Ingvar
Ambjørnsen.
Ma il film che più ha conquistato
tutti è Frida – con il cuore in mano
(Frida – med hjertet i hånden). Questo
personaggio apparve per la prima
volta in una serie televisiva apparsa
sulla televisione di stato norvegese,
NRK. Parla di una ragazzina, che vive
con la sorella e la madre, all’inizio
della pubertà e di come Frida affronti
questo periodo della vita sia a livello
fisico che nell’uso del linguaggio e
dei gesti. Frida venne interpretata con
inimitabile precisione dalla giovane
Maria Kvalheim, che di colpo divenne
una celebrità in Norvegia e in molti
festival internazionali, dove il film di
Berit Nesheim riscosse molti premi,
soprattutto quelli del pubblico. In
Norvegia il film raccolse intere famiglie
nelle sale cinematografiche.
La Nesheim fu candidata all’Oscar,
la terza nomination norvegese, con
Angeli della domenica (Søndagsengler),
ennesima dimostrazione agrodolce della
sua profonda conoscenza dell’animo
giovanile.
L’autrice di Frida si chiama Torun
Lian e ha alle sue spalle un pacato
debutto come regista del suo stesso libro
Soltanto le nuvole muovono le stelle
(Bare skyer beveger stjernene) del 1998.
È la storia dell’undicenne Maria che
dopo la morte per tumore del fratellino
vede la madre regredire sempre più nella
depressione. Il film è un “anti-action”,
elaborato con sentimento e intelligenza.
Vinse numerosi premi all’estero, tra cui
il Premio Ingmar Bergman. Il film non
ha paura di affrontare la gravità della
vita sia con serietà che con umorismo in
una mescolanza davvero liberatoria. La
Lian uscirà presto con il suo nuovo film
Il colore del latte (Ikke naken).
Dalla contea di Finnmark
Circa 20 anni fa emerse dalla contea
più a nord della Norvegia, quella di
Finnmark un grande talento: Nils Gaup,
sami. Numerosi sono i suoi film anche
se il migliore rimane quello del debutto.
Attualmente è impegnato in un’opera
che parla della ribellione avvenuta nel
1852 del popolo sami contro le autorità
norvegesi.
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L’arciere di ghiaccio
Il debutto di Gaup avvenne con il film
L’arciere di ghiaccio (Veiviseren), che fu
lanciato nel formato di 70 millimetri mai
usato prima nel Nord Europa. Il film,
che si basa su una leggenda del 1200
ed è in lingua lappone, fu nominato
all’Oscar e rappresentò un investimento
audace in cui pochi credevano.
Fu invece un successo a livello
internazionale, e che godette di un
numero insolitamente alto di spettatori
per essere un film norvegese. Anche i
critici ne furono entusiasti. La stessa
“Buena Vista” di proprietà della Walt
Disney mostrò il proprio interesse per
Gaup, partecipando alla sua produzione
successiva Håkon Håkonsen.
Questa volta non si trattava più di una
leggenda sami su come un ragazzo
dotato di cervello riesce ad arrestare
l’avanzata degli invasori, con duelli
del calibro dei vecchi film degli indiani
di Hollywood , le poche volte in cui
gli indiani avevano il sopravvento.
Si trattava ora di evocare l’esotismo
contenuto in un libro per ragazzi vecchio
di cent’anni in cui un Robinson Crusoe
norvegese compie il giro del mondo su
una piccola imbarcazione giungendo nei
mari del Sud. Gaup ha anche girato un
film di briganti ambientato nei dintorni
di Oslo che ricorda il Klondyke ai tempi
delle miniere d’oro, Tashunga, e una più
sobria rappresentazione cinematografica
della giovane vita dello scrittore Aksel
Sandemose, Misery Harbour.
La natura come fonte d’ispirazione
Altopiani e mari sono una componente
frequente di molti film norvegesi,
come ad esempio in quelli di Gaup.
La storia del cinema norvegese prese
avvio proprio da un dramma legato
al mare. Nel 1907 un peschereccio fu
portato nelle acque pressoché immobili
di una baia di Oslo. Il risultato fu
comunque carico di tensione e tempesta
in I pericoli nella vita dei pescatori
(Fiskerlivets farer), che descriveva le
dure condizioni di vita a cui la furia
degli elementi ha da sempre abituato
i norvegesi. Se paragonato agli effetti
raggiunti dalla cinepresa dell’Arciere di
ghiaccio e proiettati su uno schermo a
tutta parete, questo esordio appare molto
segnato dal tempo, ma la scelta del
soggetto rimane tuttora molto azzeccato.
cercano ovunque essa sia. L’armonia
esistente tra paesaggio e animo umano
è grande e tangibile, persino quando il
paesaggio non è così dolce e l’animo
ne viene influenzato in modo così
opprimente da rinchiudersi quasi in se
stesso. O sfoderando l’eroismo della
battaglia contro il tempo e il maltempo,
la pesca sfumata e le scarne congiunture.
Candidature all’Oscar,
ma senza premi
Sotto il profilo internazionale i film
norvegesi si sono messi meglio in
evidenza quando avevano un’aurea di
avventura, il riflesso di grandi ricercatori
polari del calibro di Roald Amundsen e
Fridtjof Nansen. È caratteristico il fatto
che l’unica statuetta vinta da un film
Si può dire che il cinema norvegese
abbia ricevuto la natura pressoché gratis, norvegese sia per il film riguardante la
traversata dell’Oceano pacifico compiuta
come se fosse stata procuratagli da un
a bordo dell’imbarcazione fatta di balsa,
munifico scenografo dotato di senso
il Kon-Tiki. Thor Heyerdahl navigò
drammatico per le linee morbide e i
in un certo senso sulla scia di Nansen,
picchi più arditi. Nell’Europa del Nord
ricercatore perennemente impegnato
esiste da tempo una solida tradizione
in viaggi di scoperta, mentre il mare si
alla paesaggistica eseguita attraverso la
macchina da presa. I fotografi norvegesi abbatteva sull’imbarcazione come se si
trovasse nei fondali ricchi di pesce del
che lavorano nel cinema e che oggi
Mare del Nord. Sei anni dopo, nel 1957,
sono a livello mondiale, hanno usato la
natura in modo più commerciale dei loro ci fu un’altra nomination all’Oscar con
Arne Skouen e il suo Nove vite (Ni liv),
colleghi svedesi. I norvegesi godono
che però fu sconfitto dal grande Fellini.
di un’empatia quasi magica con la
natura, quella che si immagina semplice, Anche questo film rappresenta la lotta
per la sopravvivenza contro gli elementi.
genuina, esposta alle bizze del clima.
Ambientato durante l’occupazione
La cosa più curiosa della Norvegia è il
tedesca, il film racconta la storia di
pellegrinaggio pasquale dei norvegesi
un soldato che sbarcato sulla costa
verso la montagna. Quando la neve
della Norvegia settentrionale riesce a
finalmente comincia a scomparire,
raggiungere la neutra Svezia tra mare,
i norvegesi ne vogliono di più e la
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INSONNIA
IL PORTALETTERE
Ibsen, che ci mostra come la Norvegia
non è tanto il paese del gioco quanto
quello dei seri propositi, appare
evidente che i cineasti si siano sentiti
Fu ancora una volta la parte più
appartenere alla retroguardia culturale.
settentrionale della Norvegia – e la sua
popolazione autoctona – a creare le basi Va comunque ricordato che il nipote
di Ibsen, che aveva anche come nonno
per una nuova candidatura all’Oscar
il drammaturgo, poeta e polemista
che avvenne trent’anni dopo. L’arciere
Bjørnstjerne Bjørnson, diede un
di ghiaccio è ricco di azione e di scene
spettacolari, ma soprattutto di una carica contributo nuovo e attivo al cinema.
Tancred Ibsen, che per ovvie ragioni
umana caparbia e quasi eroica, per non
dimenticare le riprese cariche di empatia veniva chiamato il “doppio nipote” per
via dei suoi celebri nonni – e subendo in
sulla forza degli elementi naturali.
parte il peso di questa eredità - lavorò
Gli angeli della domenica di Berit
a molti generi per quasi quaranta anni,
Nesheim, nominato nel 1997, è invece
oscillando tra il popolare e l’impegnato.
caratterizzato da paesaggi interiori a
brandelli. Nel 2002 fu la volta di Elling.
Secondo molti il film di Ibsen
Due generazioni
sull’allegro Robin Hood norvegese
La Norvegia è sempre stata una
della montagna Gjest Baardsen rimane
poetocrazia dove i poeti hanno
tuttora il più riuscito lungometraggio
declamato a gran voce il proprio verbo. norvegese, anche se venne girato nel
In ogni baia ed insenatura di questo
lontano 1939. Questo non soltanto per
paese si eleva una specie di vate che
via delle caratteristiche ultranorvegesi
contribuisce a formulare l’ordine
che si agitano come sottofondo
del giorno della vita spirituale o a
– come la lotta del libero individuo
riplasmare con zelo la società secondo
contro le autorità e la burocrazia – ma
la propria testa. Il cinema norvegese non anche l’impressione gioiosa di vita
ne ha creati così tanti e dal momento che che evocano le dolci giornate estive
ha apparentemente preferito mantenersi rinfrescate dal vento di montagna. Con
fedele alle forme di racconto popolare,
il permesso di Ibsen, l’Associazione
è stato per questo disprezzato, anche
dei Critici Cinematografi Norvegese ha
se la ricerca in campo cinematografico
scelto di chiamare il premio che viene
sta dimostrando che si tratta di una
assegnato al miglior film – norvegese
palese ingiustizia. Ma quando esistono
o straniero – al Festival del Cinema di
stelle della letteratura come il Premio
Haugesund, sulla costa occidentale del
Nobel Knut Hamsun, il più vivace
paese, Premio Gjest Baardsen. E non a
prosatore che si possa immaginare,
caso.
o il più serioso drammaturgo Henrik
neve e monti. Grazie anche all’aiuto che
riceve durante la sua odissea.
QUANDO LE NOTTI DIVENTANO LUNGHE
L’anno prima Ibsen aveva filmato lo
scrittore Gabriel Scott ambientando
il suo film nel paradiso estivo del
Sørlandet, la zona meridionale del
paese. Ma Vagabondo (Fant) del 1937
non parlava solo di nomadi, di gente
itinerante che si spingeva di villaggio
in villaggio con le proprie piccole
imbarcazioni, portandosi dietro la fama
di persone che non sapeva sempre
distinguere tra ciò che era loro e quello
che non lo era. L’agile e temprato Alfred
Maurstad, che interpretò anche il ruolo
di Gjest Baardsen, riuscì ancora una
volta a ritrarre la figura di un uomo agile
e temprato, scaltro e coriaceo. Un pezzo
di storia sociale norvegese che viene
raccontata attraverso una buona trama.
Se ci si deve soffermare davanti al nome
di un altro grande pioniere, bisogna
citare l’acuto e implacabile giornalista
del quotidiano liberale Dagbladet,
Arne Skouen, che nell’arco di 20 anni
a partire dal 1948 girò diciassette film
. Oltre a Nove vite e ad altri drammi di
guerra, si mise particolarmente in luce
per i suoi lungometraggi che fanno
da spunto al dibattito su argomenti di
attualità sotto forma di documentario.
Un intelletto perspicace, un’equilibrata
dinamica narrativa. Con Skouen non
si è mai stati in dubbio sul suo intento
polemico – e neanche sulla sua sicurezza
formale del tutto insolita, come ad
esempio in Tracce fredde (Kalde spor)
del 1962, dove un uomo appartenente
alla Resistenza nella Seconda Guerra
Mondiale giunge a una disperata resa
NORWEGIANFILMINSTITUTE
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LIBELLULE
film degli ultimi 25 anni Flåklypa
Grand Prix, che unisce il sottile senso
dell’umorismo norvegese di paese con
il più raffinato uso dell’animazione
culminando in un capolavoro
cinematografico che continua a
godere di un enorme pubblico. Questo
film d’animazione è stato tradotto e
Skouen concluse la sua carriera nel 1969 presentato in sedici lingue diverse,
cosa mai successa per una produzione
con il suo primo film a colori – con la
norvegese. Caprino ha anche realizzato
fotografia di Sven Nykvist. Basato su
brevi adattamenti delle fiabe popolari
un romanzo di Johan Falkberget, esso
norvegesi che risultano inossidabili
descrive con delicatezza le condizioni
di vita della gente che viveva e lavorava come Flåklypa. Il norvegese dal nome
italiano è un narratore di fiabe che vivrà
nelle miniere intorno a Røros. Si tratta,
a lungo sugli schermi cinematografici e
in un mondo intirizzito di freddo e
stremato dalla fame, allora come adesso, televisivi norvegesi.
di creare calore e di proteggersi a
vicenda. An-Magrit venne interpretata
Nel 1998 venne girato un
da Liv Ullmannn, la guidatrice di
lungometraggio a cartoni animati di
carbone che energica e forte, non
ispirazione più disneyiana, intitolato
permette a nessuno di essere trattata
Ludvig, Solan e Gurin con la coda di
come una creatura priva di anima: il
volpe (Ludvig, Solan og Gurin med
miglior ruolo che la Ullmannn abbia
reverompa) per la regia di Nille Tystad
avuto in un film norvegese.
e John M. Jacobsen. Come per Flåklypa
il cartone si ispira alle barocche figure
Animazione
paesane capaci di vivere al pieno la vita,
I film per bambini costituiscono un
disegnate dall’umorista Kjell Aukrust.
ambito importante, che annovera nel
Anche questo film riscosse molto
corso degli anni numerosi produzioni di successo di pubblico, anche se non ha
qualità. Se il genio dell’animazione Ivo lo stesso peso artistico di Flåklypa.
Caprino abbia veramente prodotto film
È stata poi la volta di Karlsson sul
per bambini, è discutibile, comunque
tetto (Karlsson på taket), anch’essa
si occupò principalmente di motivi
una produzione di John M. Jacobsen
tratti dalle fiabe popolari norvegesi,
e tratto dai libri di Astrid Lindgren, e
creando un proprio mondo di pupazzi.
di Capitan Dente a Sciabola (Kaptein
Questa versatile risposta norvegese a
Sabeltann), che rappresenta la versione
Walt Disney si concentrò nel miglior
dei conti con il tradimento d’amore, un
fatale errore di giudizio nella Norvegia
montuosa e coperta di neve che costò la
vita a 12 rifugiati di guerra. Un esempio
illuminante del realismo etico che
caratterizza le opere consapevolmente di
qualità di Skouen.
a cartoni animati delle avventure del
popolarissimo pirata norvegese.
Il dopoguerra
Nel 1949 la prima regista norvegese
Edith Carlmar fece il suo clamoroso
debutto con La morte è una carezza
(Døden er et kjærtegn), un raffinato film
noir sulla passione oscura che nasce
nella più dolce quotidianità e nella celata
pazzia della divisione fra classi. Il film
ha avuto una specie di rinascimento
negli anni successivi, sia in Francia che
in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. La
Carlmar si fece notare anche in seguito
con le sue fresche commedie, spesso
ricche di battute pungenti di carattere
sociale.
L’unico vero modernista
cinematografico norvegese, Erik
Løchen, era già in azione nel 1959 con
La caccia (Jakten), proprio nel momento
in cui prese piede la nuova ondata
francese. Con occhio attento fantastica
nel tempo e nello spazio, nel sogno e
nella realtà, abbandonando l’elemento
cronologico e causale che ha sempre
legato mani e piedi anche al cinema
norvegese. Løchen girò in seguito film
che seguivano le indicazioni di Jean-Luc
Godard sull’importanza che un’opera
abbia un inizio, un centro e una fine,
ma non per questo necessariamente in
questo ordine. Løchen ha detto che il
suo Obiezione (Motforestilling), che
consiste di cinque pellicole della durata
ognuna di venti minuti, può essere
NORWEGIANFILMINSTITUTE
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proiettato seguendo un ordine qualsiasi,
cosa che crea 15750 diverse versioni.
le condizioni delle donne norvegesi
nel corso dei vari decenni. La Breien
partecipò al Festival di Cannes del 1979
Per offrire spazio sia a Løchen che ad
con la commedia L’eredità (Arven), che
artisti cinematografici meno desiderosi
si ispirava in parte alla musica della
di sperimentazioni così estreme, vennero Gazza ladra di Rossini, ma anche all’
create delle nuove forme di sovvenzioni avidità norvegese di quegli anni – e con
pubbliche, che sono del resto necessarie qualche accenno velato a Ibsen. Vinse
in un mercato del film così piccolo:
dei premi al Festival di Venezia nel
infatti senza di esse sarebbe stato
1982 con Persecuzione (Forfølgensen),
impossibile sviluppare in Norvegia una
ispirato a Dreyer, che ci riporta alla
cinematografia che tenesse conto della
Norvegia montuosa del tardo Medioevo
forma come espressione artistica.
e che vede la donna come vittima. Nel
1990 la Breien girò Il ladro di gioielli
Il cambio generazionale
(Smykketyven), un dramma d’amore con
Ispirata dalle nuove tendenze del film
la figura di Don Giovanni a Oslo.
francese e da altri influssi spumeggianti
e vitali che come un’ondata spazzarono Gli anni Ottanta
il mondo cinematografico degli anni
I multiformi anni Ottanta – raramente
Sessanta, nacque una generazione nuova sono successe così tante svolte
che non andava al cinema soltanto
improvvise nel mondo cinematografico
per conoscere le ultime novità, ma
norvegese – si lasciano dividere a volo
che le elaborava nel proprio pensiero
d’uccello in due parti. La prima metà
e che arrivò a trasferirsi all’estero per
di questo decennio si può riassumere
crearsi un’istruzione cinematografica.
con l’espressione: prima le donne e i
Tra questi, la più rappresentativa è
bambini, quasi una fase trionfante del
Anja Breien, che concilia spontaneità
femminismo. Oltre alla Breien, troviamo
e sentimento con un giusto equilibrio
Laila Mikkelsen in forma smagliante,
accademico formale. Voleva diventare
soprattutto grazie a Piccola Ida (Liten
fisico nucleare, invece frequentò una
Ida) del 1981, la storia di una bambina
scuola di cinema a Parigi.
nata dalla relazione della madre con
un tedesco durante l’occupazione
Il primo successo risale alla metà degli
nazista. Anche questo film riscosse
anni Settanta, anche se aveva già messo ampio consenso internazionale, anche
in luce il suo grande talento con il
se minore rispetto a quello di Mogli di
film La giovane della valle di Jostedal
qualche anno prima.
(Jostedalsrypa), che narra la storia di
una ragazza che fu l’unica sopravvissuta Ma la figura di spicco fu la fotomodella,
di un piccolo e pittoresco villaggio nella attrice, sceneggiatrice e regista Vibeke
zona occidentale della Norvegia dopo
Løkkeberg. La persona più fotogenica
la peste del 1350. Mogli (Hustruer) del
della Norvegia mise in luce un talento
1975 segnò l’avvento della componente cinematografico bello e selvaggio con
femminista nel cinema norvegese:
Il tradimento (Løperjenten) del 1981,
si tratta di una commedia brillante e
neorealismo norvegese dai colori vividi
che descrive la Bergen povera degli
disinvolta su tre vecchie compagne di
anni del dopoguerra , dove tutto viene
scuola che si ritrovano a una festa di
ingrandito e deformato dagli occhi dei
ritrovo della classe e durante la quale
bambini. La stessa prospettiva infantile
si scambiano risate ed esperienze. Nel
viene in un certo senso ripresa anche
1985 uscì Mogli – dieci anni dopo
nel dramma dell’incesto Pelle (Hud) del
(Hustruer – ti år etter) dove i toni si
fanno più cupi, più disillusi, ma dove la 1986, che fu selezionato al Festival di
spontaneità continua a esistere, pur con
Cannes, analogamente a Il tradimento.
Si tratta di una specie di canto popolare
maggiore cautela.
filmatizzato che davanti alla macchina
La Breien continuò a documentare
da presa si è gonfiato fino a raggiungere
gli stati d’animo e la vita delle tre
i toni disperatamente enfatici di
moschettiere con Mogli III (Hustruer
un’opera di Wagner ambientata nella
parte occidentale della Norvegia.
III) del 1996, quando le tre amiche
stanno per compiere cinquanta anni.
Sul finire degli anni Ottanta fu la volta
È il meno riuscito dei film, ma questa
serie è destinata a creare una forma
di un’altra promettente opera di debutto.
unica di fiction nella storia mondiale
Anche se il successo internazionale
non fu così netto come per L’arciere di
del cinema perché mostra la vita e
ghiaccio di Nils Gaup, Martin Asphaug
vinse il Premio Nordico per Opera
Prima del Festival di Göteborg per
Una manciata di tempo (En håndfull
tid, 1989), dove si fondono realismo
etico, simbolismo e surrealismo creando
quello che possiamo definire realismo
magico. Quando si è mai visto un film
norvegese così affamato di fantasia da
servirsi degli arcangeli? Questo oscillare
filmico e linguistico tra tempo e spazio
ha probabilmente sortito un effetto
liberatorio sulle ambizioni artistiche
di molti registi. I film successivi di
Asphaug, che non raggiungono lo stesso
livello qualitativo del primo, riguardano
opere per bambini e giovani come
il popolare Menzogne letali (Giftige
løgner) e l’incredibilmente fantasioso
e dal forte impatto visivo Svampe.
Scomparso poi in Svezia dove ha girato
serie televisive cariche di atmosfere,
Asphaug è tornato recentemente alla
ribalta con il film d’azione Il destino di
Andrea (Andreaskorset).
L’epopea dei maschi
Svend Wam e Petter Vennerød hanno
girato una lunga serie di film ribelli che
hanno fatto la guerra ai critici e hanno
riscosso grandi consensi di pubblico.
Autodefinendosi anarchici, si sono
scagliati duramente contro il grigiore
e la tristezza socialdemocratica che
secondo molti hanno caratterizzato
gli anni Settanta e Ottanta. Tra i loro
film migliori troviamo Loro e noi
(Lasse og Geir, 1976) e la trilogia sulla
generazione del Sessantotto, Futuro
aperto (Åpen fremtid, 1983), Addio
solidarietà (Adjø solidaritet, 1985) e
Castelli in aria (Drømmeslottet, 1986).
A metà degli anni Ottanta arrivò
l’epoca dei maschi, con forza e vigore.
L’antitesi al femminismo fu Il cerchio
di Orione (Orions belte), un muscoloso
film d’azione che si svolgeva nei
paesaggi artici, dai sottotoni politici e
dall’enfasi musicale. A questo dramma
della sopravvivenza ne seguirono molti
dello stesso genere. Allo stesso tempo
nacquero le società in accomandita: lo
scopo era quella di creare una nuova
Hollywood nella Norvegia del boom
petrolifero. Dal mondo anglofono
giunsero cineasti con progetti che non
trovavano finanziamenti in patria, cosa
di certo non casuale. Invece in Norvegia
sì. La conseguenza fu che alla fine le
cose andarono male, anche se senza
dubbio la nuova situazione fornì ai
lettori di quotidiani un nuovo tipo di
NORWEGIANFILMINSTITUTE
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intrattenimento. La svolta commerciale
portò anche a un migliore contatto con
il pubblico e a un numero crescente di
spettatori sia ai film norvegesi che nelle
sale cinematografiche in generale.
Ma in tutti questi giochi tipici del
periodo, dove si provava ogni sorta di
generi, superfici, fronzoli, fragmenti,
l’ambizione artistica è andata quasi
persa. Molti cominciarono a chiedersi
perché i contribuenti dovessero
finanziare questa specie di giochi
d’azzardo muniti di macchina da presa.
O perché bisognava concorrere con
Hollywood partendo dalle premesse
strapotenti di questa mecca del cinema.
Ce la fece soltanto L’arciere di ghiaccio.
Sfruttando la sua componente sami e
mantenendo le proprie radici nella terra
ghiacciata.
Ma un’opera dallo strano titolo X,
preannunziò una sintesi tra il principio
maschile e quello femminile. Il creatore
e regista di documentari Oddvar
Einarson diede (in un misto di colore e
bianco e nero) la sensazione di trovarsi
sul pianeta sbagliato. Oslo venne
ritratta come un paesaggio lunare. Il suo
linguaggio poetico visivo si ispirava in
parte alla percezione del grande russo
Tarkovskij di descrivere il mondo dopo
la catastrofe in uno stato desertico e
spiritualmente sfinito. Vinse il Premio
speciale del prestigioso Festival di
Venezia per questa opera che offre anche
una musica rock quasi priva di suono
nelle sue tentennanti allusioni a un
possibile amore tra giovani non ancora
rovinati dalla desolazione dell’ambiente
circostante.
intime (Fortrolige samtaler) e
soprattutto L’infedele (Troløs) hanno
qualità elevate e insolite. Quest’ultimo
era favorito per la Palma d’Oro durante
il Festival di Cannes del 2000, ma venne
battuto sul finale. In seguito ha ottenuto
grandi riconoscimenti all’estero, ma non
in maniera incondizionata in Norvegia.
Nel 1997 ben due debuttanti
norvegesi sono stati selezionati per la
Settimana dei Critici Cinematografici
al Festival di Cannes su un totale di
sette partecipanti da tutto il mondo.
Insonnia (Insomnia –den som synder
sover ikke) di Erik Skjoldbjærg, che
occupa un posto centrale in quel che
è stata chiamata la Norwave, è un
vero e proprio film noir all’insegna
del sole di mezzanotte e dove la città
della Norvegia Settentrionale, Tromsø,
assume connotazioni internazionali. Il
thriller rappresentava anche lo studio
caratteriale di un investigatore di polizia
che non dorme mai e che vede la propria
vita concludersi nel caos dopo aver
commesso un errore fatale. Un film
dove impera l’insicurezza morale. In
modo elegante e ambiguo. Hollywood
ha realizzato in seguito una nuova
versione dell’Insonnia di Skjoldbjærg
con Al Pacino nel ruolo del protagonista,
ambientata però in Alaska.
film di Mona Hoel Quando le notti
diventano lunghe (Når nettene blir
lange) si svolge in una baita a Natale,
con una famiglia itinerante di suoceri e
famigliari polacchi. Natale si trasforma
in un vero e proprio inferno spontaneo
dove gli scheletri cadono dagli armadi
più velocemente che in Ibsen. La Hoel
è fedele allo stile e al contenuto cari
all’estetica di Dogma, proponendo un
esempio vitale di dramma privo di veli
e alla ricerca della verità che viene colto
nell’immediatezza del momento da una
cinepresa tenuta in mano.
Marius Holst è ritornato alla ribalta con
un pezzo teatrale da camera all’aria
aperta, Libellule (Øyenstikker), che
imperniato sull’eterno triangolo, ha
spinto molti a pensare al grandissimo
Ingmar Bergman e dove non mancano
l’intensità e la comprensione di una
crudele lotta per il potere. Il film ha
tratto molto combustibile anche da
Dogma ’95.
La Norvegia possiede molti abili registi,
più di quanto si pensi. E adesso si punta
molto su quelli più giovani - forse
con troppa enfasi. Tenuto conto delle
condizioni, l’ambiente cinematografico
norvegese può contare su molti
eccellenti fotografi e scenografi, su molti
artigiani assai consapevoli del proprio
lavoro a tutti i livelli e su attori che vale
Pål Sletaune ha vinto il Premio della
la pena di mettere in mostra. I copioni e
Critica a Cannes per Il portalettere
le scenografie migliorano sempre più. La
(Budbringeren), riscuotendo come
Skjoldbjærg, un successo internazionale. vita cinematografica norvegese è come
il clima – tempestoso o coperto di neve,
Il portalettere è una commedia thriller
grigio o illuminato dalla luce del sole,
trash ambientata nella Oslo più misera.
carico di livore etico – come Brand di
Il portalettere è un postino indolente,
Ibsen – o giocosamente irresponsabile
sciatto e immorale, a cui nelle vesti di
– come Peer Gynt di Ibsen. Il cinema
antieroe che vive in un mondo saturo
Norwave
di tristezza è rimasto ancora un briciolo norvegese, quando è al meglio, ha in
Il filone Tarkovskij viene portato avanti di malsana curiosità resa attraverso uno sé la forza di raggiungere un pubblico
da Unni Straume con A uno sconosciuto stile basso e monotono. Il volto narrante che non è soltanto quello proprio.
(Til en ukjent), un’opera onirica dai
Soprattutto dopo il passaggio al nuovo
di Sletaune offre pieghe e grinze
toni russi e dall’ebbrezza di immagini.
millennio, il clima è stato dolce e mite,
laconiche caratterizzato da un secco
La Straume venne invitata al Festival
con una ventata estiva di rinnovamento,
umorismo: la ventata di freschezza
di Cannes con la sua rivisitazione del
sia artistico che di approccio al
di un alito cattivo. Sletaune girò poi I
Sogno (Drømspel) di Strindberg, un
pubblico. Cool & crazy, insomma. Ma
dilettanti (Amatørene), una commedia
esperimento ambizioso. E per la prima
anche giovane e
maliziosa e birichina con meccanismi
volta dal 1969 Liv Ullmannn comparve da farsa e variazioni sul tema che si
come attrice in un film norvegese, un
ingranano come i denti ben oliati di una Il cinema norvegese ha finalmente
ripristinato un contatto serio con
segno delle tante possibilità sprecate
ruota, con criminali mancati e perdenti
il proprio pubblico e al contempo
dall’arte cinematografica del Nord.
scoraggiati. Il tutto visto attraverso un
ha prodotto una serie di film che
Dopo Kristin Lavransdatter la regista
prisma che rasenta l’assurdo.
hanno destato interesse nei festival
Ullmannn ha lasciato la Norvegia per
cinematografici internazionali. Il
Dogma
girare film e serie televisive in Svezia
lungometraggio Lønsj (Pranzo) che
Anche il movimento danese Dogma
partendo da sceneggiature di Ingmar
rappresenta il debutto della regista
Anche il movimento danese Dogma
Bergman. A quanto pare non è facile
Eva Sørhaug, è una pellicola per palati
’95 ha contribuito ad apportare al
trovare una propria collocazione nel
sofisticati. Selezionato ai Festival di
cinema norvegese, ma sia Conversazioni cinema norvegese nuovi impulsi. Il
Venezia, Toronto e Londra, Lønsj è
NORWEGIANFILMINSTITUTE
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un film minimalista, leggero, arioso e
ricco di sostanza, caratterizzato da una
ricchezza di ingredienti che evocano la
raffinata cucina filmica francese. Qui
seguiamo i destini quasi silenziosi di un
gruppo di personaggi che vivono nella
grande Oslo e devono trovare il coraggio
di fare delle scelte, indipendentemente
dalla situazione e dall’età. Su questo
sfondo discreto, momenti noir si
intrecciano a dosi massicce di costante
umorismo.
Mannen som elsker Yngve (L’uomo che
ama Yngve) descrive come si cresceva
negli anni Ottanta a Stavanger, una
cittadina dalle dimensioni decisamente
più ridotte della capitale. Questo film
si è mostrato un vero catalizzatore di
premi grazie alla sua vulnerabilità e al
suo umorismo indulgente, nonché per
la sua carica di immedesimazione e
riconoscibilità.
La pellicola più innovativa si è rivelata
De Usynlige (Gli invisibili) di Erik
Poppe, che analogamente al suo film
anelante al paradiso Hawaii, Oslo,
costituisce un’apertura vincente
di orizzonti per la cinematografia
norvegese, una costruzione audace e
ricca di talento che si basa su pensieri e
impulsi che non sono soltanto di moda.
In questo lungometraggio il ricorso al
simbolismo cristiano e all’ambiente
ecclesiastico si fa ancora più diretto,
senza paura di contatto né caricature di
preti.
Era dai tempi di Flåklypa Grand Prix
che un film norvegese non attirava così
tanti spettatori come è accaduto con
Max Manus, il più audace sabotatore
norvegese della Seconda Guerra
Mondiale. Mai prima d’ora sono state
presentate in una pellicola norvegese di
guerra scene d’azione girate in modo
così altamente professionale e corretto
oltre a una scenografia decisamente
corposa. Per non parlare poi degli
effetti speciali. I due registi Rønning
e Sandberg sono bravi ad acuire,
aumentare e diminuire la temperatura
delle scene più drammatiche. Il tutto con
un linguaggio conciso, stringato. Il film
assume una connotazione di rumorosa
fanciullaggine al maschile, come spesso
avviene quando gli uomini, ovverossia
i maschi, sono sotto pressione. Aksel
Hennie, nei panni del protagonista
che dà il titolo al film, mostra ancora
una volta un talento che lo rende
probabilmente il migliore degli attori
della sua generazione: lo sguardo aperto
ed espressivo, la capacità di suscitare
curiosità con la sua interpretazione di un
uomo deciso e dai riflessi pronti, quasi
iperattivo, che si accolla all’occorrenza
grandi rischi e responsabilità.
Un altro aspetto però è che il film non
si abbandona a un revisionismo storico
né cinematografico, ma è stato scelto
un approccio più tradizionale e privo
di frizioni che racconta gli avvenimenti
in modo leggermente impersonale e
che risulta più conforme alle tendenze
prevalenti. Di originale c’è poco sia
Due sono le storie che si intrecciano
dal punto di vista della visione che
l’una nell’altra. Una madre ha perso
della forma, ma la mancata volontà di
il proprio figlioletto. Il colpevole,
rischiare in un film che di fatto parla di
condannato per il crimine commesso,
un personaggio che ha sempre vissuto
viene rilasciato dopo otto anni di carcere rischiando, non ha avuto nessuna
e diventa il sostituto dell’organista di
importanza: con la sua grande affluenza
una parrocchia. Entrando nella chiesa, la il pubblico norvegese ha mostrato di
madre del bambino ucciso lo scopre
gradire molto questa costosa e accurata
ricostruzione di una storia che stava per
In situazioni così estreme è possibile
finire nel dimenticatoio. Max Manus ha
parlare di perdono e riconciliazione?
contribuito più di tutti gli altri al fatto
Queste problematiche vengono
che i film norvegesi siano ritornati ad
esposte in modo tagliente e insistente,
attrarre il grande pubblico.
sono formulate in modo spietato in
scene che ne portano magistralmente
il peso grazie anche a un insieme
carico di compenetrazione raffinata
e di intensa volontà espressiva. De
Usynlige riecheggia Dostoevskij e
altre reminescenze artistiche, anche
provenienti dal cinema internazionale,
come Bergman e i fratelli Dardenne.
Scavando fino a raggiungere lo
Critico cinematografico del quotidiano
norvegese Aftenposten
zoccolo duro dell’esistenza, scaturisce
un’immagine temporale e urbana
Traduzione dal norvegese di
Margherita
che, pullulando di un intelletto e di
Podestà Heir
un animo non ancora dissodati, viene
elevata alle più alte sfere del linguaggio
cinematografico: dal tragico e irredento
a ciò che rimane eternamente valido.
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