Punto e a Capo 06 aprile 2012
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Punto e a Capo 06 aprile 2012
N° 6 del 05.04.2012 BIMESTRALE DI INTRATTENIMENTO DELLA CASA CIRCONDARIALE DI PESCARA A CURA DEI DETENUTI DEL LABORATORIO DI SCRITTURA - DOCENTI LORENA DI SERAFINO - FRANCESCO CASTAGNA COMUNQUE PADRI L'essere padre è una condizione che implica anche il concetto di vicinanza, dato imprescindibile per svolgere al meglio tale ruolo. Vi sono però situazioni particolari che mettono nell'impossibilità di vivere accanto ai propri figli. È, questo, uno dei tanti problemi che un « padre - detenuto » deve affrontare. In questo numero del giornale trattiamo questo delicato argomento, cercando di dare risposte positive. Si può essere dei buoni papà, anche vivendo in stato di detenzione? A nostro avviso, pur prendendo atto delle ovvie limitazioni, questo è possibile; di certo con tempi, modi ed atteggiamenti diversi. Un rapporto tra padre e figli è fatto anche di intuizioni e di sane complicità, che possono comunque esserci anche in mancanza di costante contatto. Un padre detenuto può ricercare altre forme di rapporto, tesaurizzando fino in fondo l'uso della corrispondenza e le occasioni di incontro date dai colloqui ciclici; l'importante è far sentire ai figli che viviamo i loro problemi, che siamo pronti a sostenerli con l'affetto illimitato che può colmare una grave lacuna quale è la P. Picasso - “Famiglia di Acrobati” 1905 lontananza. Spesso, molto spesso, nelle famiglie si avvertono seri disagi, nonostante la quotidiana frequentazione; non è raro sentire i ragazzi accusare i genitori di essere distratti, lontani, estranei pur vivendo sotto lo stesso tetto; ed allora diciamo pure che, non sempre, la presenza fisica di un genitore è garanzia di effettivo esercizio genitoriale. Questo vuol dire che si può essere un buon padre pur stando materialmente distanti, privilegiando la qualità in mancanza della quantità temporale. Persino l'attenzione verso problematiche delicatissime (leggi uso di stupefacenti) può risultare determinante, perché anche qui un genitore può accorgersi di una eventuale dipendenza del figlio ed intervenire in termini di efficace dissuasione. In altra parte del giornale, trattiamo un argomento rilevante e lo facciamo in modo quasi provocatorio: la restrizione, ovvero il regime carcerario, è negatività a tutto tondo o ci sono alcune opportunità? A nostro avviso, se si vuole, anche dietro le sbarre si possono cogliere e vivere momenti positivi, basta cercarli e farsi coinvolgere. L'attività scolastica e formativa, i vari corsi, la rivisitazione di se stessi con la possibilità di riflessione e di pentimento, il rapporto con gli operatori interni ed esterni: questi, od altre occasioni, offrono valide alternative a chi vive questa realtà che è pur sempre suscettibile di miglioramenti. LA REDAZIONE LETTERA PER UN FIGLIO Figliolo, è papà che ti scrive. Ancora una volta voglio avvicinarti con il mio pensiero e sfogarmi scrivendoti. Ancora una volta, come in un sogno, vedo la tua splendida figura, mentre legge questa lettera. Voglio dirti che mi manchi, e sono sicuro che ti manco anch'io, ma il nostro rapporto non può essere interrotto dalla distanza che ci separa. Alcune cose girano nell'abisso della mia mente, da tanto tempo, sono i consigli di un padre che ama (solo Dio e tu sapete quanto) per un figlio che pazientemente aspetta. Figliolo, ascolta i consigli che ti do. Non sono miei, ma li ho ricevuti anch'io da mio padre, senza essere però capace di seguirli; pregando lo spero per te. Se qualche volta vedrai un'ingiustizia non devi rimanere in silenzio, ma devi perlomeno parlare, aiutando e difendendo la persona che l'ha subita, senza preoccuparti per le conseguenze che porterà quel tuo gesto. Cerca di non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te; non creare dolore e non ti sarà creato. Paga tutti i tuoi debiti fino all'ultimo centesimo, anche se questo vuol dire rimanere affamato; ricordati, solo così potrai camminare a testa alta. Dai ascolto e rispetto massimo alle persone più grandi di te; anche se ti diranno soltanto “Buongiorno”, potrai imparare un altro modo di dirlo. L'unico vero compagno del cammino della tua vita, dopo Dio, é la sapienza; “comprala”, quando e quanta ne trovi, ti servirà sicuramente, la troverai ovunque, basta aprire gli occhi. Studia per aprire e riempire la tua mente, e non per farmi felice; a me basta che tu lo sia. Per qualsiasi problema che avrai… parla, io e tua madre saremo sempre disponibili ad ascoltarti; ricordati che un male condiviso fa meno male. Ci sono tante altre cose che vorrei condividere con te, ma avremo tempo. Però, come più grande consiglio, ti dico: impara dai miei errori, così non dovrai anche tu un giorno scrivere una lettera del genere a tuo figlio. Ricordati sempre che vali per me più della mia stessa vita e che ti amerò sempre. Vasileios Chatzianastasiou -1- All'interno della C.C. di Pescara opera un insieme di figure professionali, che realmente lavora per il recupero e il reinserimento del detenuto, nel rispetto della dignità dell'uomo e della umanizzazione della pena. E in tale ottica, sotto l'occhio vigile e professionale della Polizia Penitenziaria, vengono organizzate tutta una serie di attività. Di seguito ne illustriamo alcune. Molto attiva è la collaborazione fra la C.C. e il Telefono Azzurro e qualche tempo fa è stato presentato il progetto della CASETTA AZZURRA, una simpatica costruzione all'interno dell'Istituto, che permette al ristretto con minori di incontrarli in un ambiente diverso, ludico, alternativo alla fredda sala colloqui. La sincera attenzione alla genitorialità dei detenuti, ha portato la direttrice Dott.ssa Avvantaggiato, insieme ai suoi collaboratori, ad organizzare mercoledì 18 gennaio la “Festa del Bambino”, nel tentativo di restituire, sia pure nel breve momento della festa, una gioiosa quotidianità al rapporto padre-figlio. A testimoniare la viva presenza del mondo del volontariato, che opera all'interno dell'Istituto, l'animazione è stata curata dagli artisti del Circo della Luna e dell'Associazione Willclown di Pescara. Alla festa c'era anche l'amatissima figlia di Davide, a cui lui ha dedicato la poesia che segue: perché ne hai il diritto. Ma resti lì a guardarmi con quei tuoi occhi dolci. Forse non vuoi ferirmi, non vuoi rovinare quei pochi attimi di tempo che abbiamo a disposizione per vederci, e così rimani nella tua incertezza. Ti chiedo umilmente scusa per tutte le sofferenze che ti ho causato e spero con tutto il cuore che un giorno riuscirai veramente a perdonarmi. Sono consapevole che ormai un pezzo della tua vita l'ho perduto, ma ti prometto che da “domani” sarò sempre al tuo fianco. Sappi che tutto quello che non ho potuto insegnarti fino ad oggi, lo hai insegnato tu a me, senza neanche saperlo. Ti voglio un bene dell'anima e ti amo più della mia vita. Un giorno ti racconterò tutta la verità. Con eterno amore, a presto, il tuo papà. Davide Pecoraro Il giorno 27 febbraio scorso, nel teatro della C.C. è stato presentato l'opuscolo “Non lavartene le mani”, destinato a chi vive la prima detenzione. L'opuscolo è il frutto dell'adesione dell'Istituto ad un progetto sulla salute della ASL di Pescara ed è stato realizzato in collaborazione con la Caritas di Pescara e il Comitato Lotta Emarginazione e Droga. Ecco una breve sintesi dell'incontro. VORREI DIRTI CHE! Sono ancora tanti i rimorsi che porto nel mio cuore e so che, purtroppo, non li potrò mai più dimenticare. Dove c'è un senso di colpa, c'è una paura, c'è un vuoto, c'è un silenzio, c'è la solitudine. Quando mi sei venuta incontro giù in teatro e stringendomi forte sei scoppiata in lacrime, ho avuto un tuffo al cuore. Ci sono mancato per troppo tempo nella tua vita. Mi sono perso tanti momenti belli di te. Momenti importanti, unici, fondamentali. Sei cresciuta troppo in fretta senza di me. E io quando ti guardo, così alta, così bella, così dolce mi rendo conto del tempo che è passato. Purtroppo questo tempo ormai perduto non lo potrò mai più recuperare. Ci penso ogni momento, e ancora oggi non riesco a farmene una ragione. Io so che tu vorresti dirmi tante cose rispetto a questo. Vorresti, ma non lo fai! Vorresti chiedermi il perché di tutto questo, per sapere, per capire, Il giorno 27 febbraio e stata realizzata da alcuni detenuti di questo istituto una breve rappresentazione teatrale, che illustrava il risultato finale di un progetto realizzato all'interno realizzato all’interno della Casa Circondariale. La tematica, che i detenuti di Pescara hanno condiviso con le detenute di Teramo, è quella delle problematiche igienico-sanitarie nelle carceri! I ragazzi di Pescara, nello specifico nove detenuti provenienti dalle sezioni II e III, hanno drammatizzato l'ingresso di un “nuovo giunto” alla prima detenzione e a cui hanno consegnato un opuscolo ideato, disegnato e scritto da loro stessi, denominato “Non lavartene le mani”. Ognuno ha spiegato l'importanza dell'igiene quando si vive insieme e gli spazi sono molto ristretti, specie nello stato di sovraffollamento delle carceri, che oramai dura da anni! Quando si fa ingresso per la prima volta in istituto e -2- si è privi di esperienza, bisogna imparare subito il comportamento giusto da tenere, in modo da evitare qualsiasi possibile diverbio con gli altri, con riferimento soprattutto all'igiene personale, a come usare i prodotti, i disinfettanti, dove fumare, nel rispetto dei compagni non fumatori, come vestirsi, come sistemare gli oggetti personali, quale letto, armadio occupare... In carcere, più che altrove, è fondamentale il rispetto delle regole! Il progetto, condotto con la modalità della peer education (educazione fra pari) è stata l'occasione per il singolo e per il gruppo per confrontarsi e sviluppare positivi momenti di libero scambio. Il progetto ha riscosso consensi positivi sia tra i detenuti, che hanno partecipato numerosi alla presentazione dell'opuscolo, che tra le istituzioni tutte, che si desidera ringraziare, per l'impegno e l'oculatezza mostrati nel promuovere progetti di senso pratico e attento all'umanità del detenuto. Il gruppo, condotto dall'educatrice Dott.ssa Olivieri e dalle operatrici Dott.ssa Roberta e Lucia, ha saputo far aprire i partecipanti, nonostante non fossero alla prima esperienza detentiva, facendo loro scoprire inimmaginabili lati della personalità. Un complimento vivissimo va alle ragazze della Casa Circondariale di Teramo, che hanno creato l'opuscolo “Il mio domani” e che hanno affrontato il disagio della situazione, attraverso un'ironia molto forte, riuscendo a cogliere il nocciolo del problema in modo originale e sentito. Davide Pecoraro, Giovanni Caltagirone, Dario Guarnieri IL CARCERE PUÒ RAFFORZARTI O SPEZZARTI Sono tantissime le considerazioni e le argomentazioni spendibili sulla lotta alla droga; si è scritto tanto, anche cose inutili, ma non si è mai parlato del perché molto spesso, dopo tanto dolore desideriamo il carcere. La droga non è mai la causa, ma un effetto. E' la traccia di un malessere profondo più serio. Come la pioggia cade sempre sul bagnato, così l'eroina, l'alcool, il carcere sopraggiungono quando già sono presenti dei vuoti o dei fantasmi dai quali si cerca di scappare, di evadere... L'assunzione di droghe, che è anche fuga dalla realtà, si trasforma in seguito in una pericolosa trappola, il carcere. Il carcere può RAFFORZARTI, ma può anche SPEZZARTI. Può rafforzarti perché spesso per noi tossicodipendenti è una liberazione; lo desideriamo e lo desideriamo perché è un altro tentativo e non ha importanza se è l'ennesimo, non importa se è il più forte, il più sofferto. L'importante è non darla vinta alla droga, l'importante è che vinca la voglia di vivere. E così deve essere, se più di un ragazzo è “dentro”, perché denunciato dalla propria famiglia che, dilaniata dal dolore, ha visto nel carcere una difesa alla grande paura di ogni genitore: vedere il figlio allungato in qualche vicolo buio. Come si dice a Napoli: “megl' suon e cancell ca suon e cambàn” (meglio il rumore del cancello, che il suono delle campane). Può spezzarti perché non è semplice la promiscuità con perfetti sconosciuti, la condivisione di spazi destinati a pochi ed occupati da molti, il passare buona parte della giornata sdraiati su scomodissime brande, nell'attesa di una chiamata... pensando, ripensando. Sono passati sei mesi da quando io, tossicodipendente alla mia prima detenzione, ho fatto ingresso in carcere e, al contrario dei primi giorni in cui pensavo potesse distruggere quello che di buono è rimasto in me, sono arrivato alla conclusione, frutto importante di questa esperienza detentiva che, chi cede alla droga, lo deve quasi sempre alla propria debolezza, ma che niente c'impone di continuare ad essere l'eterna vittima di qualcuno o qualcosa. Marco P. Sulla bacheca della scuola - cartellone rosso a fianco della sala regia - sono presenti numerosi concorsi di poesia e di narrativa a cui è possibile partecipare. Per informazioni rivolgersi alla maestra Lorena Come naturale evoluzione del lavoro, questo laboratorio di scrittura si occuperà, con l'aiuto dei detenuti, di produrre una traduzione dell'opuscolo nelle principali lingue. -3- In estate la scuola e le altre attività di volontariato si fermano per la pausa estiva. Una sola figura, instancabile come un'ape operaia, continua a muoversi fra le sezioni aiutando, soccorrendo, confortando. È Suor Livia della Caritas di Pescara che, accanto al soccorso spirituale, aiuta materialmente i detenuti in stato di bisogno, perché non hanno più nulla o vengono dalla strada o perché non fanno colloqui con le famiglie. Inoltre Suor Livia si è "inventata" un riuscitissimo laboratorio creativo. IL LABORATORIO DI SUOR LIVIA È IMPORTANTE L'iniziativa di scrivere un articolo sul laboratorio creativo è partita dalla richiesta di alcuni ragazzi, che lamentavano di non avere alcuna testimonianza dei momenti passati in gruppo a creare e, cosa su cui riflettere, lamentavano la mancanza di una foto da spedire alla mamma, a dimostrazione della capacità di saper lavorare, cosa per alcuni sconosciuta, perché vissuti in famiglie dedite esclusivamente a delinquere. Il laboratorio di Suor Livia, aperto il martedì e il mercoledì pomeriggio, è un punto fermo nella vita carceraria perché, qualunque le capacità del detenuto, a turno si viene reclutati ed impegnati nel lavoro. Il laboratorio è una tappa importantissima del percorso trattamentale attivo nell'Istituto; non si guarda il colore della pelle o il Dio che uno prega, l'obiettivo primario è quello di instaurare un clima di convivenza civile tra i partecipanti, che possa alleviare i dolori, i drammi, le ferite di cui sono portatori tutti i detenuti e la pesante quotidianità carceraria, che sembra peggiorare ogni giorno, come dimostrano gli ultimi dati. Per noi tossicodipendenti il laboratorio è una delle prime possibilità, che si incontrano in carcere, di occupare la mente, distogliendola dal pensiero della droga; per altri è la motivazione a non restare rannicchiati sulla branda, nella costante attesa di qualcosa; per altri ancora è l'occasione per uscire per qualche ora dal perimetro risicato della cella. Ma soprattutto è l'occasione giusta per cercare di cambiare la percezione che uno ha di sé e la prospettiva con cui l'esterno guarda il detenuto e la realtà carceraria. Insieme a Suor Livia operano con grande capacità dei volontari che, spesso, passano il tempo a disposizione ascoltando i nostri sfoghi e cercando di colmare i nostri vuoti con la loro umanità. Grazie Suor Livia! Marco P. Ideazione grafica e realizzazione Prof. Teodoro Pace Si ringraziano la Direzione di questa C.C., la Polizia Penitenziaria e la Dirigenza dell'Istituto Comprensivo di Pescara 1° -4-