Now - Domenico Scilipoti isgró
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Domenico Scilipoti Isgrò OLISMO IL NUOVO PARADIGMA DEL TERZO MILLENNIO Ambiente, Alimentazione e Qualità della Vita crisi ed inversione di tendenza Laruffa Editore Revisione del testo: Avvocato Angela Violi © Copyright Diritto d’autore. Tutti i diritti riservati. È proibito riprodurre, totalmente o parzialmente, questo libro, in qualunque forma o con qualunque mezzo elettronico, meccanico, incluso il processo di fotocopie, senza il permesso dell’autore. In copertina: Federico Barocci, Enea fugge mentre Troia brucia (1598) Galleria Borghese, Roma A.D. 2016 Laruffa Editore s.r.l. Via dei Tre Mulini, 14 89124 Reggio Calabria Tel.: 0965.814954 (due linee)/fax: 0965.311745 www.laruffaeditore.it - [email protected] ISBN 978-88-7221-804-4 “Il destino delle Nazioni dipende dal modo in cui si nutrono” Anthelme Brillant - Savarin “Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Down Jones, nè i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo. Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria” Robert Kennedy “Il destino di un popolo dipende anche dall’aria che respira” Domenico Scilipoti Isgrò A mia madre Prefazione La sensibilità dell’opinione pubblica verso le problematiche ambientali ha subito, in questi ultimi anni, un’importante crescita, principalmente legata alla comprensione che il pianeta sul quale viviamo, la “nostra casa”, non sarà più in grado di garantirci, se continuiamo ad abusarne in termini di sfruttamento incondizionato e “senza regole” delle risorse, condizioni di vita accettabili. I processi di produzione e gli effetti legati agli insediamenti antropici sono le due principali cause dell’inquinamento i cui effetti in termini di impatti ambientali e climatici sono ormai sotto gli occhi di tutti. I verbi progettare e produrre dovranno sempre più coniugarsi con i verbi rispettare, recuperare e riutilizzare. Solo attraverso questo paradigma sarà possibile continuare a mantenere condizioni di vita, quali quelle alle quali sia ormai abituati e nel contempo contribuire alla crescita economica e sociale di quelle popolazioni per quali avere acqua, cibo ed energia ancora rappresenta un problema. Parlare di ambiente se da una parte può oggi sembrare semplice, dall’altra il rischio di cadere in facili affermazioni e luoghi comuni è molto alto. Oggi siamo letteralmente sommersi dalle informazioni, disponiamo di mezzi formidabili attraverso i quali possiamo, praticamente in tempo reale, aggiornarci su ciò che accade nelle più remote aree del nostro pianeta, sui progressi della scienza e della tecnologia. Questi strumenti però, proprio per la grande quantità di dati che sono in grado di fornirci, spesso generano nell’opinione pubblica confusione circa problemi, approcci di studio e possibili soluzioni. I temi ambientali affrontati in questo volume in modo chiaro, semplice e di facile lettura, sempre nel rigoroso rispetto scientifico degli argomenti e delle tematiche trattate, coprendo di fatto gli aspetti più importanti oggi oggetto di analisi e di discussione in campo ambientale, aiutano di fatto a fare chiarezza. Particolarmente importanti, e di sicuro interesse per il lettore, sono i riferimenti che il Senatore Domenico Sci- 9 lipoti Isgrò fa alle leggi esistenti ed alle proposte di modifica presentate, approccio questo che contribuisce a fare meglio comprendere al lettore l’importanza della politica e delle Istituzioni democratiche, soli strumenti attraverso i quali, può essere assicurato, nel caso specifico, il pieno rispetto dell’ambiente ed una migliore vita per l’uomo. Gli argomenti trattati nel volume spaziano dalle problematiche di inquinamento ambientale a quelle della salute, del corretto sfruttamento delle risorse, della riduzione dei rischi alimentari, fino ad affrontare quelle legate alla gestione dello spazio fuori dell’atmosfera terrestre. In tutti i capitoli emerge in modo chiaro l’approccio olistico. L’essere umano, in quanto tale, è influenzato e condizionato dall’insieme delle interrelazioni con la realtà ordinaria e con il mondo sovrasensibile e per questa ragione il suo benessere non può prescindere dalla qualità di ciò che lo circonda: l’ambiente, ambiente del quale dobbiamo e dovremo sempre più aver cura e che questo libro da un prezioso contributo a farci meglio capire come. Prof. Giuseppe Bonifazi Ordinario di Ingegneria delle Materie Prime Università degli Studi di Roma “La Sapienza” 10 Introduzione “È responsabilità dell’uomo limitare i rischi per il creato, mediante una particolare attenzione all’ambiente naturale, interventi appropriati e sistemi di protezione ideati anzitutto nell’ottica del bene comune”. Ho aperto questa prefazione allografa riportando uno stralcio del discorso di San Giovanni Paolo II fatto alla Pontificia Accademia delle Scienze il 12 marzo 1999 poiché credo che Domenico Scilipoti Isgrò, cristiano, medico, accademico e parlamentare, affidando alle stampe questo volume abbia dato un notevole contributo per la formazione dell’uomo alla cultura della responsabilità ambientale. È un fatto ormai evidente che ambiente, alimentazione e salute sono tre vagoni di un convoglio e se uno di questi vagoni si inceppa tutto il convoglio si ferma. La liberalizzazione del mercato agro-alimentare, la meccanizzazione dei processi di trasformazione e produzione, l’applicazione delle biotecnologie dell’ingegneria genetica, la concentrazione industriale, la distribuzione di massa, il confezionamento, la vendita e la pubblicità hanno profondamente trasformato l’antico rapporto esistente con il cibo: tipologie diverse di comportamenti di consumo si sono venute consolidando, esprimendo nella loro molteplicità le lacerazioni prodotte dalle innovazioni del sistema da un lato, e il desiderio di ricercare nuove simbologie da attribuire al cibo e al suo consumo dall’altro. L’obiettivo di questa trattazione è di mostrare una certa prospettiva di approccio a problemi propri della gestione quale quella del rischio da OGM che tenga conto di fattori quali la percezione della mancanza di controllo di questo tipo di rischio da parte del cittadino. La differenza, ad esempio, tra gli OGM e il fumo sta nel fatto che il fumo viene vissuto come un rischio di tipo volontario. Allo stato attuale la gente percepisce il rischio OGM come non controllabile perché occulto e imposto contro le volontà individuali. Al contrario, oggi, la decisione nel campo della gestione del rischio è del tipo “a negoziazione distribu- 11 ita”, in quanto coinvolge gruppi eterogenei di attori che rappresentano interessi e axiologie conflittuali, come pure competizioni sulle conoscenze e sui dati e che, quindi, richiede un nuovo tipo di sforzo scientifico. Nel volume che ci regala oggi a compendio di decenni di esperienza, Domenico Scilipoti Isgrò si conferma non solo competente e rigoroso, ma anche autorevole custode e divulgatore di un sapere millenario di cui la scienza riconosce finalmente la rilevanza. La ricchezza e la meticolosità della “narrazione” che si sgrana pagina dopo pagina, fonte non solo di informazione ma anche di sorpresa continua per il profano come per l’addetto ai lavori, sgombra il campo da pregiudizi e luoghi comuni. La sua è un’opera di divulgazione di valore, fra i cui meriti va riconosciuta la perentorietà del tacito avvertimento e monito ai contemporanei affinché si presti la debita attenzione non solo a quel patrimonio ambientale cui possiamo affidare con fiducia rinnovata la chiave della nostra salute ma anche, e non da ultimo, alle istanze ecologiche, determinanti per evitare la rapina sconsiderata del preziosissimo tesoro che la natura ci offre generosamente. Avv. Paride Martella Presidente emerito della Provincia di Latina Cavaliere della Repubblica Italiana 12 Presentazione Parlare e scrivere, oggi, nell’anno 2016 di ambiente evidenzia grande sensibilità verso i temi della vita, valori fondamentali non negoziabili che hanno bisogno, ora più che mai, di essere difesi da una paradossale minaccia: l’uomo. Si potrebbe affermare che l’essere umano cerca di difendersi da se stesso e se da un lato si invita alla riflessione sul rispetto dei beni e delle risorse concesse e necessarie per la vita, dall’altro si continua a distruggere il pianeta. La sete smodata di danaro, l’economia sfrenata e senza regole, così come il senso di eternità terrena, inducono l’uomo a progettare un presente che rischia di cancellare il futuro regalando al passato il marchio di un tempo fortemente penalizzato da chi pensa di possedere una grande intelligenza. Se un giorno qualcuno scriverà la storia dell’umanità amaramente, dovrà affermare che il secolo a cavallo tra il 1800 e il 1900 è stato il peggiore; popolato da uomini “strani” presuntuosi e pieni di sé, incapaci di controllarsi e di controllare l’istinto sfrenato volto ad accumulare ricchezza destinata, comunque, a restare ferma sul pianeta dove è stata prodotta. Scriveranno che la terra nata 4,6 miliardi di anni fa si è mantenuta in equilibrio fino alla rivoluzione industriale iniziata nel 1780 e culminata nel 1870 quando è stata introdotta l’elettricità, i prodotti chimici e il petrolio. Verrà spiegato come in soli circa 150 anni l’uomo ha distrutto il pianeta causando il buco dell’ozono, lo scioglimento dei ghiacciai, l’aumento della temperatura, l’incremento di gas serra, l’inquinamento dei prodotti alimentari, l’alterazione della qualità naturale dei cibi, l’ottenimento di prodotti cancerogeni, l’alterazione della qualità dell’aria, dell’acqua e di ogni altra risorsa a causa della presenza di sostanze inquinanti prodotte dall’attività antropica dell’uomo. Basterebbe pensare ai pesticidi, nel caso più semplice e alle scorie radioattive e nucleari, disseminati a mare e a 13 terra come doni speciali per l’intera umanità, nel caso più grave. Si parlerà del “mondo del paradosso” poiché mentre a Tokyo si firmavano trattati per ridurre la quantità di CO2 presente nel mondo, promuovendo nei diversi anni incontri e tavoli tecnici di riflessione e di indirizzo, in Italia, e in altri luoghi, si concedevano autorizzazioni per la costruzione di impianti inquinanti o di centrali a carbone; esempio la centrale di Saline di Montebello Jonico - Italia. Scriveranno di un uomo che sapeva usare molto bene una “scatola di plastica”, provvista di circuiti elettrici denominata computer ma poco la propria intelligenza; evidenzieranno come in laboratorio, questi uomini, riuscivano a costruire veri e propri mostri spostando “pezzi” di materiale genetico da un punto all’altro ed ancora scriveranno di come qualcuno più “ingegnoso” sia riuscito a “costruire” la vita in provetta contro ogni regola morale, congelando embrioni e quindi vite umane come fossero semplici surgelati. Scriveranno che questi bambini non hanno mai visto il mondo pur essendo collocati nel mondo dall’egoismo di una mamma che, a tutti i costi, pretendeva un figlio. Verrà narrato ancora di un popolo “strano” che mentre da un lato firmava trattati di pace, dall’altro permetteva la costruzione di armi. Così se alcune nazioni smantellavano gli arsenali di “difesa” chimica, in altre, “scienziati” cercavano la composizione letale per distruggere i popoli. I posteri si chiederanno chi fossero questi uomini e perché mai si comportassero in tal modo. Forse estrapoleranno codici genetici dai corpi per comprendere cosa vi fosse di tanto “strano” nell’uomo del paradosso al fine di rispondere con dati certi ai posteri. Si parlerà di una intelligenza perduta che era quella degli antichi Greci, degli Assiri, dei Babilonesi, degli Egiziani e di tanti altri popoli che, senza strumento alcuno, hanno costruito i pilastri dell’umanità. Verrà evidenziato anche come l’uomo moderno ha solo vissuto di rendita aggiungendo alla scienza antica che porta la firma di matematici, fisici e chimici di un tempo, solo qualche programma informatico. Chi era Pitagora (Samo, 570 a.C. circa – Metaponto, 495 a.C. circa), capace di dimostrare teoremi matematici, chi era Eratostene di Cirene che nel III secolo a.C. riuscì, con una proporzione, a definire la circon- 14 ferenza della terra. Chi Niels Bohr che nel 1913 ha proposto il modello atomico considerato importante applicazione della quantizzazione dell’energia tanto che, insieme all’equazione di Schrödinger e alle spiegazioni teoriche sulla radiazione di corpo nero sull’effetto fotoelettrico e sullo scattering Compton, sono la base della meccanica quantistica. Che dire poi di Dmitrij Ivanovič Mendeleev, chimico russo vissuto a cavallo tra il 1800 e i primi del 1900 capace di inventare la tavola periodica degli elementi chimici dove è riscontrabile il numero atomico, la massa atomica e molte altre indicazioni sul comportamento del singolo elemento. Guglielmo Giovanni Maria Marconi (Bologna 25 aprile 1874 – Roma, 20 luglio 1937) è stato un fisico e inventore capace di esternare la propria intelligenza in un mondo distante da quello odierno caratterizzato da sofisticatissimi programmi informatici. Nonostante ciò Marconi ha sviluppato il primo modello efficace di comunicazione con telegrafia senza fili, via onde radio o radiotelegrafo dalla cui evoluzione si sono ottenuti i moderni sistemi di radiocomunicazione. Chi ha “scoperto” la corrente elettrica e chi ha ideato la costruzione di una lampadina non aveva certamente i mezzi della modernità, eppure è riuscito a raggiungere l’obiettivo. Bisognerebbe soffermarsi anche su James Dewey Watson, Francis Crick e Maurice Wilkins che insieme hanno scoperto il DNA, ossia il codice genetico presente nel nucleo delle cellule entrando nel merito della struttura molecolare degli acidi nucleici e nel meccanismo di trasferimento dell’informazione negli organismi viventi. Che dire poi di Socrate, Platone, Aristotele, Tolomeo, Copernico, Galileo ed ancora di Campanella e di tutte quelle menti che hanno dato lustro all’umanità. Pur non mancando oggi scienziati di grande fama, donne e uomini impegnati per costruire pezzi di storia all’avanguardia, come commentare le opere d’arte e di ingegno presenti nel mondo e le scoperte scientifiche definite, un tempo, in piccoli ambienti per niente riconducibili al modernismo di un laboratorio odierno. Pochi sono certamente i nomi degli scienziati, qui evidenziati, che si sono distinti nell’umanità per aver dato alla stessa un grande contributo 15 poiché ce ne sono molti altri ma i riferimenti qui indicati dovrebbero portare l’uomo moderno ad una vera riflessione sul proprio essere e sulla necessità di riscoprire le potenzialità e le capacità in esso presenti. In questo contesto il libro dell’onorevole dott. Domenico Scilipoti Isgrò, che entra nel merito di molte problematiche connesse all’ambiente, bene si colloca al fianco di chi deve riflettere e meditare sulle responsabilità connesse alla propria azione di cittadino e uomo del mondo a cui Dio ha regalato le meraviglie presenti in questo pianeta. Il libro di Scilipoti Isgrò impone vere e profonde riflessioni, trattando molti argomenti e temi riconducibili ad un unico filo conduttore: il rispetto dell’uomo e della vita intesa quale dono di Dio che non può e non deve essere esposta a pericoli da chi intende solo vivere di speculazioni economiche e di azioni tese ad ottenere il massimo profitto. Scilipoti Isgrò, uomo impegnato in politica sui temi forti della vita, intende dare con coerenza e chiarezza, anche attraverso questo libro, un contributo tangibile non solo della sua azione parlamentare bensì del suo impegno teso ad invitare l’uomo a sapersi e volersi esporre per dare ai propri simili il meglio di sé. L’intensa attività parlamentare del senatore Scilipoti Isgrò e le espressioni raccolte all’interno di questo suo lavoro editoriale fanno ancora una volta emergere l’uomo Scilipoti e in particolare l’altruismo e l’amore che egli nutre verso gli altri. Scrivere, infatti, un libro che parla di ambiente e di rispetto ambientale, allo scopo di sensibilizzare l’uomo su temi così forti permette, ancora una volta, di apprezzare lo slancio di chi intende non essere spettatore ma protagonista al sol fine di portare sul palcoscenico le problematiche che interessano la collettività. L’augurio è che nel futuro nessuno debba più scrivere di ambiente al fine di sensibilizzare i propri simili al rispetto dello stesso e che l’essere umano riesca a staccarsi dal considerarsi “macchina produttiva” riuscendo così ad invertire la rotta e ad agire solo e soltanto per il bene comune e mai per l’egoismo personale comprendendo che l’uomo non è uno spirito posto dentro un corpo bensì un corpo posto nello spirito. Ed è proprio a causa dell’annullamento o del ridimensionamento dell’aspetto spirituale su quello materiale che, oggi più che mai, si vive 16 nell’apatia generale, immersi tra i non valori e il materialismo puro senza mai considerare la limitatezza della vita terrena e l’incapacità di poter trasferire altrove ogni bene accumulato. L’inversione di rotta e la consapevolezza critica degli errori potranno salvare l’umanità da questo percorso in declino che porta l’uomo all’abbandono totale di sé. Da qui solo la riscoperta dello spirito e dei valori interiori potranno conferire all’uomo il giusto equilibrio per comprendere bene il senso vero della vita e dei tanti doni che Dio, attraverso la Creazione, ha regalato all’umanità. Vincenzo Malacrinò Professore di Scienze – Giornalista – Università degli Studi di Ferrara Esperto in Comunicazione Istituzionale della Scienza 17 Nota introduttiva Ho voluto fortemente che questo mio libro avesse come titolo la parola “Olismo”, termine poco conosciuto oggi e completamente ignorato nel passato. Oggi più che mai rimane viva e forte dentro di me la convinzione che questa parola, Olismo, non sia un termine astratto o avulso dalla realtà, bensì racchiuda in se la svolta decisiva ed inevitabile per il nostro futuro, quello che io chiamo Nuovo Paradigma del Terzo Millennio. È arrivato il momento di mettersi in gioco e di affrontare aspetti cruciali della nostra società (alimentazione, ambiente, sicurezza alimentare, ecologia, Ogm) con un approccio nuovo: la visione Olistica. L’espressione “Sicurezza Ambientale” abbraccia molteplici ambiti che, pur essendo connessi alla tematica ambientale, riguardano nello specifico: sicurezza alimentare identificabile negli additivi che sono tutte quelle sostanze che vengono utilizzate ed aggiunte nei nostri alimenti e negli ftalati, ovvero sostanze ed agenti chimici che vengono adoperati ed aggiunti nella produzione dei vari contenitori di plastica che serviranno a conservare cibi e bevande; sicurezza terrestre a sua volta suddivisa in sicurezza dell’acqua la cui composizione deve essere purissima considerando che anche il nostro corpo è composto al 80/85% di acqua e la sua gestione, dal punto di vista sociale e politico, deve rimanere pubblica e non privata considerato che la sua assenza e scarsità colpisce ad oggi nel mondo oltre un miliardo di persone, mentre il diritto di uso libero dovrebbe essere garantito a tutti; sicurezza dell’aria che, con il rispetto da parte degli uomini delle regole che impediscono l’immissione incontrollata di agenti inquinanti, consentirebbe di fatto un sensibile miglioramento della qualità dell’aria e della salute della popolazione. Si pensi, ad esempio, al caso Ilva di Taranto (Italia), i MUOS di Niscemi (Italia), la centrale a carbone di Saline Joniche (Italia); sicurezza agro-alimentare ed ambientale, tema ampio che va dalla ricerca, agli investimenti alla salute dei cittadini. Sulla sicurezza agro-alimentare dovremmo puntare ad investimenti nella ricerca di microrganismi utili in agricoltura, con particolare riferimento alle tecni- 19 che di garanzia per la tutela della salute e mirate alla lotta contro l’abuso di fertilizzanti chimici di cui già si conoscono gli effetti nocivi. Quando si parla di sicurezza alimentare, dovremmo, altresì, porre la nostra attenzione sulla genuinità dei prodotti spesso minata dall’impiego sempre più massiccio, nel settore agricolo di stampo industriale, di organismi geneticamente modificati, i cosiddetti OGM, soprattutto attraverso l’utilizzo di erbicidi e pesticidi (già altamente dannosi nell’agricoltura tradizionale). Attualmente non si conoscono i potenziali effetti collaterali degli OGM, tanto che il loro impiego è consentito in alcuni paesi europei, ma potrebbero rivelarsi altamente dannosi per la salute umana anche in considerazione del fatto che sono organismi sterili e anche privi dell’ormone della vita, la melatonina; sicurezza ambientale-spaziale ovvero tutte quelle applicazioni ed attività spaziali che vengono definite essenziali e cruciali per la crescita e il progresso della nostra società perché, seppure è vero che il progresso e la crescita della nostra economia sono legati allo spazio, è altrettanto vero che satelliti, sonde e missioni spaziali, quando non più utilizzati, rappresentano per l’ambiente spaziale una enorme fonte di detriti ed è necessario, pertanto, l’adozione di misure idonee alla loro rimozione, proprio per evitare i rischi che possono verificarsi dal cosiddetto inquinamento spaziale, quindi la necessità di adottare una politica spaziale attenta alla salute dell’ambiente; sicurezza-integrità sociale ovvero tutti quei fattori che rientrano nel buon funzionamento della nostra società e che allo stesso tempo formano e rappresentano il tessuto della stessa come, ad esempio, il fattore economico-organizzativo del nostro Stato; ridisegnare il concetto di Capitalismo, facendo nostra la strada indicata nella Dottrina Sociale della Chiesa, in cui le priorità vengono ribaltate e si consolida come punto focale l’Uomo, l’essere umano quale “Valore assoluto” anche nel concetto di mercato, di produttività e di impresa. Per comprendere appieno tali aspetti si susseguono quattro capitoli, in ognuno dei quali vengono approfondite le peculiarità della tematica sopra trattata. Completeranno poi il libro i capitoli cinque e sei, nei quali si proverà ad individuare alcune soluzioni per il miglioramento del nostro pianeta Terra richiamandosi ai fondamenti del principio olistico. Tutto ciò che ci circonda ed il buon funzionamento del nostro sistema–vita, influenza e condiziona ogni aspetto della nostra esistenza e 20 quindi è fondamentale comprendere l’importanza del legame tra le diverse fasi alle quali è sottoposto un prodotto alimentare, dalla nascita dello stesso alla coltivazione, dalla conservazione al consumo, e non per ultimo è necessario soffermarsi sull’aspetto “qualità della vita”. Considerata, inoltre, l’importanza di ogni fase per la tutela della nostra salute, è opportuno rispettare adeguatamente i protocolli stabiliti affinché vengano ridotti i pericoli ai quali potremmo essere esposti. Nel pieno rispetto del valore “vita-salute” è imprescindibile, pertanto, prestare particolare attenzione al tipo di alimentazione da seguire, privilegiando una dieta prevalentemente vegetariana e rivalutando il concetto di etica e bioetica alimentare che evidenzi come cibo sia sinonimo di nutrimento che conseguentemente sarà benessere e salute. Altrettanto fondamentale è prestare attenzione alla fase di conservazione del prodotto e ai materiali utilizzati nella fabbricazione dei contenitori, responsabili il più delle volte delle malattie tumorali che ci colpiscono a causa delle sostanze cancerogene prodotte quando entrano a contatto con i cibi. Com’è altrettanto fondamentale riflettere sui condizionamenti, spesso negativi, che i cittadini subiscono quale ad esempio il mal funzionamento del sistema organizzativo della società che, invece di aiutare e sostenere, spesso infierisce sugli stessi con ripercussioni anche sulla salute e sulla qualità della vita. Tale analisi serve a dimostrare la stretta connessione tra l’ambiente che ci circonda e noi che, a nostra volta, non rispettando determinati parametri salutistici, influenziamo negativamente il nostro habitat. Olismo, quindi, come idea di «partecipazione invece che sola osservazione», citando il fisico e saggista di fama internazionale, Fritjof Capra. La conoscenza del mondo circostante e l’opportunità di poter cambiare le cose non potrà avvenire finchè ci limiteremo solo ad osservare il mondo con le sue sfaccettature. Il cambiamento sarà possibile se capiremo che solo sentendoci parte integrante di tutto ciò che circonda, dell’infinità dell’universo potremmo proiettarci verso il Paradigma del Terzo Millennio. Domenico Scilipoti Isgrò 21 Il concetto di ambiente e la sua evoluzione nei tempi Le cause ed il paradigma delle crisi di matrice ecologica e dei diversi problemi di natura ambientale vanno ricercati in tempi storici non solo attuali ma anche risalenti alle epoche passate. L’ambiente ha infatti una sua storia, all’interno della quale le differenti discipline (antropologia, medicina, biologia, geologia etc.) vanno tra loro collegate al fine di offrire un quadro completo della sua evoluzione così come le differenti condizioni ambientali, nel tempo, hanno contribuito a determinarlo. Concetto che racchiude in sé l’essenza della visione Olistica. Occorre, dunque, prendere avvio da un’attenta analisi delle abitudini e del pensiero maturato e sperimentato in tema di ambiente anche riguardo a popoli antichi quali i greci ed i romani. Proprio l’analisi di tale prospettiva consente di ravvedersi sulla credenza secondo la quale nel mondo antico veniva valorizzato ed esaltato un rapporto “sano–integro” tra l’uomo e la natura e ciò grazie anche a diverse opere risalenti ad autori greci e romani i quali si sono espressi secondo una prospettiva non sempre rispettosa della natura, basti pensare, al riguardo, alle attività di disboscamento, a quelle estrattive, alle tecniche utilizzate in guerra e con le quali si distruggeva la terra coltivata dal nemico con l’intento di privarlo delle fonti di sostentamento. Oggi il concetto di ambiente rimanda a quello di “mondo intorno agli uomini”, comprensivo dell’insieme dei fenomeni che condizionano la totalità della comunità umana e si può definire, dunque, un concetto antropocentrico poiché teso a definire la natura attraverso la sua relazione con gli uomini. Facendo proprio questo pensiero rileva inoltre come il concetto di ecologia deriva, invece, dal greco e, sebbene nell’antichità ancora non esistesse come parola dotata di un’autonoma configurazione, “oikos” rappresentava la casa e la sua gestione, mentre “oikonomial” indicava le regole della gestione della casa, da cui poi è nata la scienza economica moderna, considerando anche che la pa- 23 rola composta “oikologia” deriva dalla combinazione di oikos e logos (con ciò intendendo razionalità ed intelletto). Sui presupposti fondamentali dell’ecologia moderna si è sviluppata, altresì, l’esigenza di “sostenibilità” e cioè la preservazione e la conservazione dell’ambiente dovrebbero far sì che sia l’energia che le materie prime vengano consumate solo nella misura in cui esse, in uno stesso periodo, possano essere rinnovate attraverso processi naturali e, al tempo stesso, è possibile rilasciare nell’ambiente solo una quantità di agenti inquinanti tale da poter essere smaltita dallo stesso in un arco temporale ristretto, valutabile cioè alla scala di vita dell’essere umano. Del resto, un’incontrollata estrazione delle materie prime non limitata ai soli prodotti rinnovabili potrebbe essere causa di “eventi catastrofici”. Ulteriore riferimento si può individuare nel pensiero del filosofo tedesco Kant il quale aveva posto al centro della sua riflessione la scienza storica, affermando che dovesse avere ad oggetto non solo l’uomo ma anche l’ambiente in cui lo stesso è vissuto. Pertanto, l’analisi del rapporto tra l’uomo e la natura, così come si è costruito sin dai tempi primordiali del periodo greco–romano, contribuisce a dare una chiara visione riguardo la percezione che il mondo antico aveva rispetto la natura, oltre che ad evidenziare l’interazione dell’uomo con animali e piante. Ad oggi, quindi, si rende necessario partire da una riflessione ovvero quella secondo cui ripercorrere la storia dell’ambiente è un processo difficile ed articolato, poiché ricostruisce le interazioni tra la cultura umana ed il suo habitat naturale, evidenziando inoltre come le condizioni ambientali possano influire il più delle volte in modo determinante sui processi sociali. Capire l’ambiente significa, in sintesi, collocarne tutte le forme di manifestazione nel loro giusto contesto intellettuale, sociale e culturale, come anche analizzarne ed esplorarne gli effetti considerando che sia il singolo che la comunità sociale dovrebbero, con sempre maggiore veemenza, porsi con responsabilità e rispetto nei confronti di tutto il mondo della natura e dei beni che ne fanno parte. 24 Capitolo 1 Inquinamento: tipologie, sorgenti e proposte per operare una sua riduzione 1.1 Cos’è l’inquinamento ambientale Con il termine inquinamento si suole indicare un’alterazione dell’ambiente che può essere di origine naturale o antropica, cioè generata dall’uomo. Esso determina la perturbazione degli equilibri di un ecosistema che si genera con l’introduzione nell’ambiente di sostanze in grado di provocare pericoli effettivi o anche solo potenziali per la salute dell’uomo, oppure di minacciare l’esistenza di animali o piante. Se ci chiedessero che cos’è l’ambiente, la nostra prima risposta sarebbe “il verde che ci circonda”, “la natura”, in realtà è un insieme di diversi fattori (esseri viventi, caratteristiche ambientali, interventi umani,...) che permettono la vita ed in esso, anche un piccolo cambiamento può causare gravi conseguenze. Più precisamente può produrre disagi temporanei, patologie o danni permanenti per la vita in una data area e può porre una determinata zona in condizione di disequilibrio con i cicli naturali esistenti. La questione dell’inquinamento ambientale è divenuta di grande interesse fin dagli anni settanta del XX secolo e, nel corso degli ultimi decenni, 25 il fenomeno si è attestato in continuo aumento in quanto alle forme consuete se ne sono aggiunte di nuove quali l’inquinamento acustico, quello termico e quello elettromagnetico. Proprio in riferimento a tale ultimo aspetto, esempio tipico si può ritrovare nell’inquinamento da onde elettromagnetiche che derivano dall’uso di strumenti elettronici e soprattutto dei cellulari. Alcuni recenti studi hanno difatti evidenziato l’ipotesi che le onde elettromagnetiche emesse dai telefoni cellulari possono arrecare danni alla salute ed invero, anche se non è scientificamente accertata una correlazione diretta tra l’uso del telefonino e la comparsa di malattie pur tuttavia non si può neanche escluderlo con certezza assoluta. I medici sconsigliano l’uso prolungato dei telefonini soprattutto a chi appare più sensibile alle radiazioni elettromagnetiche e ciò in quanto è stato dimostrato che l’aumento di temperatura delle zone limitrofe all’orecchio, a seguito di un uso continuato nel tempo del telefono cellulare, può causare una diminuzione dell’udito. La presenza nell’ambiente di radiazioni elettromagnetiche, create artificialmente dall’uomo per soddisfare i propri bisogni, costituisce quindi un problema di grande impatto sociale ed il cellulare è oggi ormai di uso quotidiano pur restando una vera e propria sorgente di campi elettromagnetici ovvero, campi invisibili all’occhio umano e formati dalla combinazione di un campo elettrico ed uno magnetico che hanno la capacità di influenzare le piccolissime correnti determinate da reazioni chimiche che, a loro volta, sono parte delle normali funzioni fisiologiche umane. Il riscaldamento appare, quindi, il principale effetto biologico dei campi elettromagnetici a radiofrequenza che influiscono sulle nostre funzioni biologiche a seconda sia della tipologia dell’apparecchiatura che della distanza tra l’uomo e la sorgente di radiazioni. Perciò da un lato, a seguito del progressivo capitolo primo 26 sviluppo tecnologico, continuano ad aumentare le sorgenti di radiazioni non ionizzanti, dall’altro, nell’odierna era tecnologica, siamo continuamente chiamati a confrontarci sul rapporto tra i rischi per la salute e benefici sullo stile di vita. Gli scienziati di conseguenza si trovano dinanzi alla necessità di valutare l’eventuale rischio sanitario a cui si sottopone la popolazione e pertanto occorrerebbe mantenere l’esposizione alle onde elettromagnetiche non ionizzanti al più basso livello di rischio ragionevolmente raggiungibile compatibilmente con le tecnologie, i costi e la tutela della salute. Infatti, di fronte a dati scientifici ancora in- 26 certi ma comunque tali da non escludere effetti sulla salute, appaiono in realtà legittimi e giustificati gli interventi di risanamento e, in particolare, gli interventi preventivi atti a ridurre al minimo il carico elettromagnetico nell’ambiente. In questo sistema l’uomo svolge quindi una funzione molto importante anche se spesso realizza interventi che rovinano in modo irreparabile gli stessi ecosistemi. Viviamo in un’epoca affascinante e allo stesso tempo temibile, affascinante perché mai come adesso il futuro del pianeta Terra è nelle nostre mani e temibile perché la nostra generazione, totalmente irrispettosa sotto il profilo etico delle proprie scelte, è la prima, da quando la specie umana è comparsa sulla Terra, ad avere il potere di distruggere in poco tempo tutto quello che proviene dal passato. Gli autentici sconvolgimenti che abbiamo prodotto e produciamo continuamente, non possono che ritorcersi sulle nostre stesse capacità di sopravvivenza in quanto conducono ad una generale diminuzione propensiva del pianeta di far fronte ai nostri bisogni. Con le nostre attività in poco tempo danneggiamo ed ancor peggio distruggiamo ambienti naturali fondamentali per gli equilibri del pianeta, consolidatosi invero in milioni di anni di evoluzione. La protezione dell’ambiente è quindi una delle maggiori sfide del mondo contemporaneo dato che ne interessa direttamente il futuro. 1.2 Inquinamento: rischi e precauzioni per la salute umana Ad oggi l’impatto dell’attività dell’uomo è arrivato al limite della capacità di carico del “sistema ambiente” e, se lo dovessimo oltrepassare, come conseguenza si determinerebbero devastanti trasformazioni sul pianeta Terra tali da influenzare irrevocabilmente la vita in tutte le sue forme. L’ambiente urbano è particolarmente importante per la salute umana stante le elevate attività antropiche inquinanti che si possono concentrare in uno spazio così limitato, proprio negli agglomerati urbani infatti la popolazione è esposta, insieme ad altri organismi animali e vegetali, a miscele di agenti fisici e chimici potenzialmente dannosi per la salute. Volendo quindi dare una definizione di inquinamento atmosferico, lo si può considerare come la presenza nell’atmosfera di sostanze che causano un effetto misurabile sull’essere umano, sugli animali, sulla vegetazione e su differenti materiali. Queste sostanze normalmente non sono presenti nell’ordinaria composizione dell’aria oppure, laddove ciò avve- 27 nisse, devono esserlo ad un livello di concentrazione molto basso. A prescindere dalla loro origine gli inquinanti possono essere distinti in primari e secondari, i primari sono gli inquinanti che vengono immessi direttamente nell’ambiente in seguito al processo che li ha prodotti, i secondari invece sono quelle sostanze che si formano dagli inquinanti primari (sia antropogenici che naturali) a seguito di modificazioni di varia natura, causate da reazioni che spesso coinvolgono anche l’ossigeno atmosferico e la luce. I principali inquinanti primari sono quelli emessi nel corso dei processi di combustione di qualunque natura e sono identificabili nel monossido di carbonio, biossido di carbonio, ossidi di azoto (principalmente sottoforma di monossido di azoto), polveri, idrocarburi incombusti ed inoltre, nel caso in cui i combustibili contengano anche zolfo, si avrà l’emissione di anidride solforosa. Ciò posto, dopo la loro emissione in atmosfera, gli inquinanti primari sono soggetti a processi di diffusione, trasporto e deposizione, subendo inoltre dei processi di trasformazione chimico-fisica che possono portare alla formazione degli inquinanti secondari, identificabili in nuove specie chimiche che spesso risultano più tossiche e di più vasto raggio d’azione dei composti originari. Fra i processi di formazione degli inquinanti secondari particolare importanza è assunta dalla serie di reazioni che avvengono fra gli ossidi di azoto e gli idrocarburi in presenza di luce solare ed invero, questa catena di reazioni porta all’ossidazione del monossido di azoto (NO) in biossido di azoto (NO2) ma anche alla produzione di ozono (O3) ed all’ossidazione degli idrocarburi a cui va aggiunta la formazione di aldeidi, di perossidi, di acidi nitriloperacetici (PAN), di acido nitrico, di nitrati e di nitroderivati in fase particellare, nonché di centinaia di altre specie chimiche minori. L’insieme dei prodotti di queste reazioni viene definito smog (nato dall’unione di due termini inglesi: smoke-fumo e fog-nebbia) fotochimico e rappresenta una delle forme di inquinamento più dannose per l’ecosistema. L’uso del termine smog è dovuto alla forte riduzione della visibilità determinata dalla formazione di un grande numero di particelle di notevoli dimensioni che si genera nel corso degli episodi di inquinamento fotochimico ed invero, la dispersione dei contaminanti in atmosfera è provocata dai fenomeni di diffusione turbolenta e di trasporto delle masse d’aria, ove la rimozione di detti inquinanti è determinata dai 28 vari processi di deposizione. Sia la dispersione che la rimozione sono a loro volta strettamente dipendenti dai vari andamenti meteorologici che regolano il comportamento delle masse d’aria nella troposfera (lo strato più basso dell’atmosfera). In merito allo studio del comportamento degli inquinanti primari è necessario non solo conoscere il profilo qualitativo, quantitativo e temporale delle emissioni ma anche possedere delle informazioni sui processi meteorologici che interessano le aree soggette alla presenza dei vari inquinanti. Anche se è l’inquinamento originato dall’uomo quello che risulta più imputato nel peggioramento della qualità dell’aria, non bisogna tuttavia dimenticare l’importanza dell’inquinamento di origine naturale in quanto ci sono molte fonti di inquinanti naturali che spesso possono assumere più rilevanza delle loro controparti di origine antropogenica. Gli inquinanti naturali dell’aria sono di fatto sempre stati parte della storia ed appaiono identificabili nelle polveri e vari gas emessi dai vulcani, dagli incendi delle foreste e dalla decomposizione dei composti organici, essi entrano in atmosfera ad intervalli più o meno regolari e, in qualche caso, a livelli che possono causare degli effetti drammatici a carico del clima. Ed invero, la maggior parte dei composti gassosi dell’aria costituisce parte dei cicli naturali ed è per questo che gli ecosistemi sono in grado di mantenere l’equilibrio tra le varie parti del sistema anche se l’introduzione di grandi quantità di composti addizionali può compromettere, finanche definitivamente, i naturali cicli biochimici preesistenti perciò, dato che molto poco può essere fatto dall’uomo nei riguardi dell’inquinamento naturale, la maggior preoccupazione deve essere quella di ridurre le emissioni inquinanti prodotte dalle attività umane. A discapito di ciò, nel corso della storia, l’uomo ha sempre utilizzato le risorse a propria disposizione in modo pressoché indiscriminato e senza curarsi minimamente delle particolari ricadute ambientali che poteva avere la sua presenza nell’ambito dei vari cicli naturali tanto che, la distruzione e l’inquinamento ambientale sono sempre andati di pari passo con l’evoluzione della cosiddetta civiltà. Va inoltre considerato che un tempo la popolazione umana era molto meno numerosa e l’impatto ambientale risultava praticamente ininfluente almeno in ambito globale, oggi invece, purtroppo, l’enorme incremento demografico e l’addensamento abitativo comporta un’azione inquinante a livello locale e mon- 29 diale notevolmente più elevata, estremamente preoccupante e spesso particolarmente nociva sia per l’uomo che per l’ambiente. L’inquinamento atmosferico maggiore è quello che l’uomo produce per soddisfare le proprie necessità civili ed industriali, ma anche quello determinato dai vari processi di combustione utilizzati per cuocere i cibi, per riscaldarsi, per alimentare i veicoli a motore e i macchinari. Il tutto concorre a produrre inquinanti diffusi. L’uso di combustibili fossili per il riscaldamento domestico e più in particolare di oli combustibili pesanti, di biomassa e di carbone, è infatti una fonte significativa di inquinamento ambientale, di particolati e di biossido di zolfo, specialmente nelle regioni temperate e soprattutto in Cina e nell’Europa dell’Est. Anche il traffico contribuisce in gran parte alle emissioni di questi inquinanti specialmente nelle città caratterizzate da una grande congestione veicolare e ciò a causa della presenza di una sterminata serie di autoveicoli che utilizzano benzine ad alto tenore di zolfo (soprattutto in Asia) mentre, nelle città dove invece viene ancora utilizzata la benzina col piombo, il traffico può contribuire per l’80-90% alla concentrazione atmosferica di questo inquinante. Per quanto riguarda gli altri principali inquinanti è ancora da sottolineare che nell’emissione di ozono e di composti organici volatili le sorgenti antropogeniche hanno un ruolo fondamentale tanto quanto quelle naturali difatti, le combustioni in genere rappresentano la causa principale delle emissioni di ossido di azoto ed i motori dei mezzi di trasporto figurano tipicamente quale causa principale delle emissioni di monossido di carbonio. Oltre alle sostanze che vengono prodotte a seguito dei vari processi di combustione, sono da segnalare anche tutti quegli inquinanti generati nel corso di particolari cicli tecnologici ma liberati in quantità notevolmente inferiori e che per questo risultano poco rilevanti come impatto globale a livello planetario ma, in ogni caso, sono spesso dotati di elevata tossicità e la loro presenza diventa particolarmente importante a livello locale. In materia, la strategia di approccio è chiaramente diversa difatti gli specifici inquinanti di origine industriale sono da ricercare non dopo la loro diffusione nell’ambiente (immissioni atmosferiche), ma al momento del loro rilascio (emissioni atmosferiche). L’impatto degli inquinanti sull’uomo dipende dalla zona di produzione degli stessi e dalla loro dispersione; le grandi sorgenti fisse, spesso localizzate lontano dai 30 più grandi centri abitati, disperdono nell’aria a grandi altezze mentre, il riscaldamento domestico ed il traffico producono inquinanti che si liberano a livello del suolo in aree densamente abitate. Come conseguenza di tale distinzione, le sorgenti mobili e quelle fisse di piccole dimensioni contribuiscono in modo maggiore all’inquinamento dell’aria nelle aree urbane e quindi attentano alla salute pubblica molto di più di quanto si potrebbe supporre facendo un semplice confronto quantitativo fra i vari tipi di emissioni. L’inquinamento atmosferico comporta, quindi, numerose conseguenze anche a carico della salute, soprattutto nei casi in cui si verifichi un brusco innalzamento delle concentrazioni dei comuni contaminanti dell’aria (inquinamento acuto) e, in questi casi, l’aumentata esposizione a vari irritanti atmosferici provoca la riduzione della funzionalità polmonare, l’aumento delle malattie respiratorie nei bambini, gli attacchi acuti di bronchite e l’aggravamento dei quadri di asma con inoltre un conseguente forte incremento nel numero dei decessi fra le persone più sensibili a determinati inquinanti, quali gli anziani o le persone affette da malattie respiratorie e cardiovascolari. Famosi sono alcuni casi che si verificarono il secolo scorso tra i quali ad esempio a Londra (Inghilterra) dove, fra il 5 ed il 9 dicembre 1952, morirono più di 4000 persone già sofferenti di malattie polmonari a causa di una densa coltre di smog che ristagnava in città. L’effetto dell’inquinamento a bassi livelli e per lungo tempo risulta invece più subdolo e difficile da individuare, si presume che provochi a breve termine disagio, irritazione, tossicità specifica, affezioni respiratorie acute e, in rari casi, mortalità, soprattutto fra gli anziani affetti da patologie croniche cardiovascolari o respiratorie mentre, a lungo termine, gli effetti non sono ancora completamente chiari anche se si ritiene che fra le varie conseguenze vi sia la comparsa di malattie polmonari croniche specifiche (come la bronchite cronica, l’asma e l’enfisema), la formazione di varie neoplasie maligne (cancro polmonare, leucemie) ed un aumento della mortalità per malattie cardiovascolari e respiratorie. La necessità di limitare la presenza delle sostanze inquinanti nell’aria comporta, spesso, l’utilizzo di svariati sistemi di abbattimento che si sono rivelati pressoché indispensabili nell’ambito delle attività industriali che producono inquinanti aerodispersi in grandi quantità. A seconda della loro funzione, le tecnologie di abbattimento degli inquinan- 31 ti presenti nelle emissioni industriali si suddividono in tre grandi categorie e più nello specifico, nel caso in cui all’inquinante sia associato un valore economico rilevante si avvierà un processo che permette il suo recupero e l’eventuale riciclo come l’adsorbimento oppure la condensazione. Se gli inquinanti presenti nelle emissioni sono caratterizzati da un buon potere calorifico e non è molto conveniente dal punto di vista economico un loro recupero per riutilizzarli nel ciclo produttivo, si procede invece all’incenerimento con il recupero della loro energia sotto forma termica. Infine, nella terza ipotesi, se i processi industriali comportano la liberazione di emissioni gassose ricche di particolato si deve invece procedere all’abbattimento degli inquinanti mediante l’utilizzo di particolari sistemi quali le camere a deposizione, i separatori ad umido, i precipitatori elettrostatici o i filtri tessili. Per cercare di dirimere la questione, nel corso degli ultimi anni, proprio sulla base di questi grandi sistemi di abbattimento sono stati realizzati molti dispositivi fissi o portatili allo scopo di purificare l’aria negli ambienti confinati lavorativi o abitativi di piccole dimensioni per riuscire, almeno in parte, ad arginare l’inesorabile processo d’inquinamento che ci coinvolge quotidianamente. 1.3 L’inquinamento ambientale: aumento delle malattie respiratorie, smaltimento dei rifiuti e relative conseguenze Il grave problema dell’inquinamento è riconducibile a tre principali cause: l’aumento della popolazione, il grande sviluppo delle città e l’utilizzo di tecnologie poco compatibili con l’ambiente. Il culmine dell’inquinamento si è avuto a partire dalla prima rivoluzione industriale durante la quale sono stati violentemente alterati tutti gli equilibri naturali quando i cieli dell’Inghilterra prima e quelli di tutta l’Europa poi, iniziarono a diventare sempre più neri coperti da una scura nube che si elevava al di sopra delle fabbriche provocando un’aria malsana. Da quel momento le conseguenze per la salute umana furono sempre più gravi ed in Italia, secondo quanto rilevato nel 2008, prime fra tutte si collocano le malattie respiratorie che nel tempo hanno subito un aumento inarrestabile, traducendosi, soprattutto in zone a forte rischio ambientale, in patologie tumorali ai polmoni. Pertanto, ho ritenuto opportuno esprimermi a favore di una normativa che ponga l’attenzione sugli aumenti sensibili delle 32 patologie tumorali ai polmoni che sono state riscontrate negli ultimi decenni e mi preme aggiungere che le statistiche indicano, solo nello scorso anno in Italia, 4 milioni di casi di Broncopneumopatia cronica ostruttiva, malattia estremamente pericolosa e mortale. Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) l’inquinamento atmosferico ha concreta responsabilità nell’aumento di questo tipo di patologie ed inoltre, secondo un’indagine realizzata dall’Observa Science in Society e pubblicata da Il Mulino, anche molti italiani (33,1 % del campione intervistato) sono seriamente preoccupati per la scarsa salubrità dell’aria. Diversi studi hanno posto l’attenzione anche sulle emissioni di biossido di azoto e di polveri sottili PM10 derivanti dalle attività industriali e dall’inquinamento, in particolare a Palermo (Italia) una ricerca ha evidenziato nell’aria la massiccia presenza di metalli pesanti ed Ipa (Idrocarburi Policiclici Aromatici). Situazione ancora più grave a Messina (Italia), dove si sono registrati picchi d’inquinamento PM10 nella zona centro-nord della città, con una concentrazione media annuale (37) appena inferiore al tetto massimo di 40 microgrammi per metro cubo e dove il valore di concentrazione media annua dell’ossido di azoto è quasi doppio rispetto al limite di legge. Per non parlare di Milazzo (Italia) e della cosiddetta Valle del Mela (Italia) dove, benché si parli di una situazione sotto controllo, permane l’incertezza sui valori raggiunti da numerosi fattori inquinanti. Quelli appena esposti sono solo alcuni esempi di una situazione che si trascina fiaccamente e per la quale occorre predisporre, attraverso controlli affidati ad organismi competenti ed incondizionati, un intervento delle autorità regionali e territoriali ma soprattutto dell’intera classe politica che deve prendere atto di questa drammatica situazione introducendo nuove norme ed appositi programmi di verifica che consentano il contenimento del fenomeno. Chi produce inquinamento uccide lentamente ed in modo subdolo la collettività e quindi, rimanere immobili, equivale a concorrere. A mio parere, inoltre, la prevenzione è l’unico strumento di tutela in grado di soddisfare le esigenze della salute con anche la riduzione dei costi diretti ed indiretti a carico del sistema sanitario nazionale. Non da ultimo anche il progresso tecnologico ha causato molteplici rischi all’ecosistema e a tal proposito riporto testualmente un mio intervento di qualche anno fa, proprio in merito alle cosiddette malattie ambientali: 33 “Anche in Italia sono in aumento i casi di patologie ambientali prodotte dall’inquinamento chimico ed elettromagnetico; il 5% della popolazione soffre di elettrosensibilità, cioè reagisce con mal di testa, nausea, insonnia, reazioni cutanee e altri sintomi ai campi elettromagnetici emessi da cellulari, Wi-Fi e linee elettriche inoltre, ben il 10% della popolazione è ipersensibile alle sostanze chimiche che si trovano nei prodotti d’uso comune, come profumi, detersivi, plastiche, tessuti sintetici e additivi alimentari, con alcuni casi più gravi di Sensibilità Chimica Multipla, detta anche MCS. Si tratta di una condizione invalidante definita anche “AIDS chimica” che comporta reazioni gravissime a sostanze chimiche diverse, anche in minime tracce ed obbliga il malato ad evitare tutte le esposizioni chimiche per contenere i sintomi. Come già denunciato dall’Associazione Malattie da Intossicazione Cronica e/o Ambientale (A.M.I.C.A.), le Istituzioni hanno abbandonato questi malati. Bisogna, quindi, intervenire”. In questi ultimi due secoli, nei Paesi più ricchi e sviluppati, proprio il progresso ha influito pesantemente sull’ambiente procurando conseguenze anche drammatiche per la stessa sopravvivenza dell’uomo. Si è infatti passati ad un mondo costituito più di cemento che di verde e soprattutto a stili di vita caratterizzati da esigenze, sia individuali che comuni, sempre più elevate. Tutta una serie di problemi inerenti alla sovrappopolazione, al progresso tecnologico, all’accumulo dei rifiuti, all’impoverimento delle materie prime hanno, nel tempo, profondamente modificato l’ambiente naturale trasformandolo tanto da renderlo sempre meno adatto all’instaurarsi di condizioni di vita ottimali per gli organismi viventi. Proprio la massa di rifiuti solidi prodotti dalle città e dalle industrie costituisce una delle più gravi cause dell’inquinamento del suolo e i rifiuti, in una società come la nostra che produce quantità enormi di spazzatura (appunto il concetto di una società “usa e getta”), diventano un reale problema. Per meglio capire le conseguenze generate dalla mole di rifiuti prodotti, se ne devono definire le caratteristiche principali suddividendoli quindi in biodegradabili (materiale organico), non biodegradabili (plastica, vetro, metallo, etc.), agricoli (gli scarti utilizzati in agricoltura), industriali contenenti materiali speciali e tossici (usati nelle fabbriche) che sono generalmente costituiti da scarti alimentari, carta, materie plastiche, bottiglie di vetro, etc. 34 Per evitare o ridurre al minimo l’inquinamento legato alla produzione di tale tipologia di rifiuti, è necessario utilizzare tecniche di trattamento in grado di operare la loro valorizzazione attraverso il recupero, ed il successivo riciclo, di materiali quali ad esempio la carta, il vetro, la plastica, l’alluminio e le frazioni organiche, che opportunamente trattate possono contribuire alla produzione di compost di qualità. L’avvio in discarica, anche in base alle recenti disposizioni comunitarie, deve essere quindi considerato, insieme al trattamento termico, come l’ultima soluzione per mettere a dimora e/o recuperare energeticamente le frazioni di scarto finali dei processi di trattamento. Ad oggi la nostra è considerata la società dell’“usa e getta” ed infatti la maggior parte dei materiali viene scartata al primo uso quando invece potrebbe essere riutilizzata con conseguente gran risparmio di energia e materie prime. Non è un caso, d’altra parte, che i rifiuti siano ormai da anni al centro di tematiche politico-ambientali a livello nazionale ed internazionale e che anche i diversi programmi europei d’azione per l’ambiente li abbiano fortemente attenzionati. Proprio per evitare il verificarsi di danni all’uomo e all’ambiente derivanti dalla cattiva gestione dei rifiuti, la Comunità Europea ha negli anni promosso ed integrato tutta una serie di normative di settore con l’intento di garantire maggior tutela ad un comparto, quale la politica ambientale, ancora molto arretrato soprattutto in Italia ove non si riesce ancora a trovare una soluzione definitiva, forse per insufficiente attrattiva politica, o a seguito di scelte interessate a perseguire strade più veloci e imprenditoriali (come, ad esempio, quella della termovalorizzazione). La loro ininterrotta produzione è il primo problema che dovrebbe essere affrontato concretamente in fase di programmazione, difatti, dagli anni ‘90 ai primi anni del nuovo secolo, la produzione dei rifiuti ha continuato a crescere parallelamente all’aumento della ricchezza e dei sempre più elevati standard di vita dei paesi occidentali. Secondo il Rapporto Rifiuti ISPRA, il 2008 è stato il primo anno di arresto dell’aumento della produzione di rifiuti in Italia dal 1996, evento dovuto a diversi fattori fra cui sicuramente la crisi economica che ha fatto registrare una riduzione dell’1% della spesa delle famiglie. Tuttavia, oggi una nuova minaccia incombe sul mondo dei rifiuti ed è il boom del consumo di prodotti e gad- 35 get tecnologici, il cui continuo ricambio genera montagne di rifiuti elettronici difficili da riciclare e ad alto contenuto tossico. Proprio a tal proposito, riporto quanto da me espresso circa “il business dello smaltimento rifiuti e termovalorizzatori quale improprio strumento di morte”, facendo particolare riferimento all’operazione condotta dal Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Colleferro (Italia), dalla quale sono scaturiti 13 ordini di custodia cautelare per fatti che riguardano la combustione di rifiuti tossici all’interno del termovalorizzatore della predetta città e nello specifico: “Fatti di questa gravità non ci trovano impreparati. Si colga l’occasione per un’approfondita riflessione che investa l’opinione pubblica e, in particolare, tutti coloro che vedono nei termovalorizzatori la panacea per tutte le emergenze del settore. Occorre prestare la massima attenzione per evitare casi di questo tenore. A conclusione dell’attività inquirente e giudiziaria, la gestione cinica ed affarista di Colleferro rappresenterà un vero monito per tutti. In casi come questo, per via delle probabili massicce dosi di diossina sprigionate, oltre a peggiorarne le condizioni ambientali, si registreranno gravi patologie tumorali. Il business dei rifiuti non nutre alcuna remora e segnala un affinamento della metodologia criminale infatti, i rifiuti pericolosi dopo essere stati trattati, avrebbero trovato nuova commercializzazione come cdr. Un plauso va al Noe di Roma. Adesso attendiamo una risposta severa dalla magistratura e nessuno sconto per criminali interessati solo alla finalizzazione di attività illecite, assolutamente insensibili ai danni arrecati all’ignara popolazione”. Altra fonte di degenerazione è ulteriormente rilevabile nel come le condizioni meteorologiche possono influenzare l’inquinamento atmosferico ad esempio quando, secondo il fenomeno dell’inversione termica, nell’aria alla presenza di vento forte vengono immesse sostanze inquinanti che incontrandosi con i gas di scarico salgono ad alta quota, quando invece il vento è debole, i gas di scarico restano sopra la città e si accumulano nei bassi strati. In conseguenza di ciò si determinano vari fenomeni tra i quali le piogge acide che, contenenti proprio l’acido proveniente da questo tipo di inquinamento, pur apparendo neutre in realtà provocano seri danni. Nello specifico se l’acido emanato dai tubi di scappamento sale fino al cielo velocemente, la pioggia diviene dannosa per animali e piante riuscendo addirittura a corrodere il marmo, il cemento e la pietra, rovinando o a volte distruggendo monumenti, edifici, statue e molto altro. Al problema dell’inquinamento 36 atmosferico se ne affiancano però altri di eguale se non di più grave entità come l’effetto serra e il buco dell’ozono, quest’ultimo è un gas presente nell’atmosfera che si forma durante le piogge o i temporali e gioca un ruolo importante con i raggi ultravioletti del sole imprigionandoli e, in assenza di tale filtro, le radiazioni solari potrebbero giungere sulla superficie terrestre provocando danni anche irreparabili. Purtroppo da alcuni anni a questa parte l’ozono presente nella stratosfera sta diminuendo in modo preoccupante. Analizzato l’inquinamento atmosferico non va tenuto in minore considerazione quello del suolo che, pur tuttavia, non può essere considerato come fenomeno autonomo ma in stretta correlazione con quello dell’acqua, in quanto molto spesso provocato dallo scarico di liquami o perché può produrre per contaminazione l’inquinamento della falda acquifera sotterranea. Un’altra piaga che genera intossicazione ed inquinamento si può quindi riscontrare nei pesticidi, soprattutto nel DDT comunemente usato in agricoltura e nella diossina tra i diserbanti che, con una ben minima dose, riesce a contaminare ogni cosa. Una stretta conseguenza dell’inquinamento del suolo e non solo, si determina nel disboscamento, a causa del quale, a seguito dell’eliminazione delle piante verdi che aiutano a mantenere stabile la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera attraverso la fotosintesi clorofilliana, genera effetti negativi e devastanti e comprendono la desertificazione nei territori secchi, l’erosione, le frane e gli smottamenti nei territori piovosi e collinari, l’inquinamento degli ecosistemi acquatici (a causa del dilavamento delle acque), la sottrazione di risorse per le popolazioni indigene ma anche, in concomitanza all’utilizzo di combustibili fossili, un aumento di CO2 nell’atmosfera, rientrando così nei danni derivanti dall’effetto serra e dal riscaldamento globale. É sempre più noto, inoltre, come l’inquinamento ambientale danneggi anche e soprattutto la salute umana e come l’indice di tale rapporto sia dato dalla correlazione tra lo smog che viene continuamente respirato e i tassi di mortalità, soprattutto sui casi di leucemia registrati. Alcune indagini condotte negli Stati Uniti hanno dimostrato infatti come la mortalità globale sia aumentata dello 0,6 per cento e che i ricoveri degli anziani per malattie polmonari siano saliti dell’ 1,5 per cento. Occorre ricordare che l’interesse concreto dei governi in tema di inquinamento ha avuto origine nel 37 1972 quando i rappresentanti di 113 Paesi si sono riuniti a Stoccolma per la prima conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente con l’intento di esaminare le conseguenze che sarebbero potute derivare da un incontrollato inquinamento ambientale. Tale conferenza è apparsa da subito di grande rilevanza in quanto ha messo a confronto la situazione degli Stati più industrializzati con quella degli Stati poveri e si è arrivati così alla conclusione che una crescita economica tanto rapida e basata sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali non rinnovabili non può che portare, in tempi brevi, al loro rapido esaurimento ma anche che il depauperamento delle risorse apparentemente rinnovabili, come ad esempio lo sfruttamento sconsiderato del suolo coltivato senza tenere conto delle capacità e dei tempi di rigenerazione, può condurre ad una diminuzione della fertilità del terreno favorendo un aumento della desertificazione. A seguito di ciò, nel 1987, fu introdotto il concetto di sviluppo sostenibile, incentrato sulla possibilità di produrre un miglioramento che possa soddisfare i bisogni delle attuali generazioni senza togliere a quelle future i mezzi per appagare i loro bisogni, garantendo così un equilibrio tra lo sviluppo tecnologico ed economico e la salvaguardia dell’ambiente. Infine, nel 1992, la conferenza di Rio ha decretato la protezione delle foreste ed ha sottoscritto impegni di politica ambientale. Il problema sembra di difficile soluzione ma la consapevolezza che le risorse del nostro pianeta non sono illimitate e che nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa per inquinare meno è già un passo avanti. Per attuare ciò è indispensabile un profondo cambiamento della nostra mentalità di uomini delle società industrializzate; infatti, conservare la natura vuol dire anche e soprattutto prevedere il futuro agendo sul presente ed utilizzando al meglio la risorsa più promettente per il nostro difficile domani, il cervello. Data l’importanza dell’argomento e la necessità di trovare un’urgente soluzione al problema inquinamento, ho ritenuto opportuno, nella precedente Legislatura in data 14 novembre 2008, presentare una proposta di legge, che riporto integralmente, per l’adozione di norme a salvaguardia della salute pubblica dai rischi dell’inquinamento nelle zone interessate da impianti, anche provvisori, per il deposito, il trattamento o lo smaltimento di rifiuti urbani e industriali: 38 1 Delega al Governo per l’adozione di norme a salvaguardia della salute pubblica dai rischi di inquinamento nelle zone interessate da impianti, anche provvisori, per il deposito, il trattamento o lo smaltimento di rifiuti urbani e industriali Presentata il 14 novembre 2008 Onorevoli Colleghi ! — Lo stato di crisi e di emergenza nei settori dalla gestione, del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti, che si registra ormai da molti mesi nella regione Campania, rischia di estendersi in tempi brevi ad altre regioni del Paese con conseguenti presumibili rischi per la salute dei cittadini. Tutto ciò contribuisce ad alimentare, inoltre, la sostanziale diffidenza e la sfiducia dei cittadini, che sfociano spesso in forme di protesta anche radicale verso i sistemi di controllo e di sicurezza ambientali, che dovrebbero invece essere garantiti al fine di tutelare al meglio la salute pubblica. Non è più possibile sottovalutare il problema della salvaguardia del diritto alla salute dei cittadini da eventuali danni arrecati dall’inqui- namento delle acque, del suolo e dell’aria. Già nella passata legislatura si era tentato di dare un assetto più organico alla legislazione vigente, in linea con quanto stanno facendo gli altri Paesi membri dell’Unione europea in materia di sicurezza ambientale e in ossequio anche al riconoscimento dell’esclusività della potestà legislativa statale sulla tutela del paesaggio da parte della Corte Costituzionale. La presente proposta di legge, pertanto, prevede una delega al Governo finalizzata alla tutela della salute pubblica nei luoghi ove insistono o sono presenti impianti, anche provvisori, per il deposito, il trattamento o lo smaltimento dei rifiuti, affinché la brutta vicenda che ha macchiato 2 l’immagine del nostro Paese all’estero con l’« emergenza rifiuti in Campania » non abbia più a ripetersi. La problematica esposta ha un’importanza costituzionale, come indicato nell’articolo 32, primo comma, della Costituzione, che tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e della collettività. Per tale motivo è stata prevista una delega al Governo per l’adozione di nuove norme finalizzate alla salvaguardia della salute pubblica, in particolare nelle zone del territorio nazionale ove sorgono impianti, anche provvisori, per il deposito, il trattamento e lo smaltimento di rifiuti urbani e industriali. L’articolo 1, comma 1, conferisce la delega al Governo ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo concernente la salvaguardia della salute pubblica dai rischi di inquinamento ambientale, e in particolare delle falde idriche e dell’aria, nelle zone ove insistono, o sono in via di realizzazione, impianti, anche provvisori, per il deposito, il trattamento o lo smaltimento di rifiuti urbani e industriali. Entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi stabiliti dal comma 3, il Governo può emanare disposizioni integrative o correttive del medesimo decreto legislativo. Nell’esercizio della delega il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi, con particolare riferimento agli impianti di selezione e di trattamento di termovalorizzatori dei rifiuti dei siti adibiti a discariche, nonché agli impianti per il deposito temporaneo, attivi o da attivare, al fine di assicurare: - N. 1909 a) la realizzazione di un sistema di monitoraggio permanente delle acque di falda delle aree interessate e comunque delle acque potabili dei comuni ubicati, in tali aree, assicurando la conoscenza dei relativi dati da parte delle popolazioni coinvolte; b) la realizzazione di una rete di rilevamento dei gas maleodoranti (NH3- Ammoniaca; H2S-Acido Solforico; Mercaptani; VOCs-Composti organici volatili) e di un sistema di allarme e di gestione degli impianti, al fine di consentire, ove necessario, il blocco di tali impianti qualora siano superate le soglie di molestia olfattiva previste dalla normativa comunitaria, assicurando, altresì, la conoscenza dei dati rilevati da parte delle popolazioni coinvolte; c) la realizzazione di una rete di rilevamento della qualità dell’aria in grado di monitorare gli inquinanti convenzionali e i microinquinanti, in modo di valutare le eventuali perturbazioni della qualità dell’aria da essi provocata, al fine di adottare, ove necessario, adeguati provvedimenti a tutela della salute pubblica; d) la realizzazione di termovalorizzatori alimentati con combustibile derivato da rifiuto (CDR) aventi caratteristiche chimico-fisiche conformi ai requisiti stabiliti dalla normativa di settore; e) che i fattori di emissione degli inquinanti convenzionali (SO2-Anidride solforosa; NOx-Collettività di ossidi di azoto; HCL-Acido cloridrico; CO-Monossido di carbonio e altri) e dei microinquinanti 3 (diossine; IPA-idrocarburi policiclici aromatici; PM; metalli pesanti) dei termovalorizzatori realizzati ai sensi della lettera d) siano inferiori, rispettivamente, ad almeno un ordine e due ordini di grandezza dei valori limite e stabiliti dalla legge, al fine di mitigare gli impatti ambientali degli impianti e i rischi associati per i cittadini residenti nell’area interessata; - N. 1909 levamento di cui alle lettere a), b) e c), e le azioni di controllo sulla salute pubblica e sull’ambiente siano estesi a tutte le regioni, e, in via prioritaria, a quelle interessate dalla presenza di impianti destinati al deposito e al trattamento dei rifiuti urbani e industriali. L’articolo 2 reca la cosiddetta « clausola di invarianza » della spesa. L’articolo 3 prevede che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione f) che i sistemi di monitoraggio e di ri- nella Gazzetta Ufficiale. 4 PROPOSTA DI LEGGE Art. 1. (Delega al Governo). 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, un decreto legislativo recante norme per la salvaguardia della salute pubblica dai rischi di inquinamento ambientale, e in particolare delle falde idriche e dell’aria, nelle zone ove insistono, o sono in via di realizzazione, impianti, anche provvisori, per il deposito, il trattamento o lo smaltimento di rifiuti urbani e industriali. 2. Almeno due mesi prima della scadenza del termine di cui al comma 1, il Governo trasmette alle Camere lo schema del decreto legislativo di cui al medesimo comma 1 per l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari. Ciascuna Commissione parlamentare esprime il proprio parere entro un mese dalla data di assegnazione dello schema del decreto legislativo. Decorso inutilmente tale termine, il decreto legislativo può comunque essere emanato. 3. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, per gli impianti di cui al medesimo comma 1, con particolare riferimento agli impianti di selezione e di trattamento di termovalorizzazione dei rifiuti e ai siti - N. 1909 adibiti a discariche, nonché agli impianti per il deposito temporaneo, attivi o da attivare, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi al fine di assicurare: a) la realizzazione di un sistema di monitoraggio permanente delle acque di falda delle aree interessate e comunque delle acque potabili dei comuni ubicati, in tali aree, assicurando la conoscenza dei relativi dati da parte delle popolazioni coinvolte; b) la realizzazione di una rete di rilevamento dei gas maleodoranti (NH3-Ammoniaca; H2S-Acido Solforico; Mercaptani; VOCs-Composti organici volatili) e di un sistema di allarme e di gestione degli impianti, al fine di consentire, ove necessario, il blocco di tali impianti qualora siano superate le soglie di molestia olfattiva previste dalla normativa comunitaria, assicurando, altresì, la conoscenza dei dati rilevati da parte delle popolazioni coinvolte; c) la realizzazione di una rete di rilevamento della qualità dell’aria in grado di monitorare gli inquinanti convenzionali e i microinquinanti, in modo di valutare le eventuali perturbazioni della qualità dell’aria da essi provocata, al fine di adottare, ove necessario, adeguati provvedimenti a tutela della salute pubblica; d) la realizzazione di termovalorizzatori alimentati con combustibile derivato da rifiuto (CDR) aventi caratteristiche chimico-fisiche conformi ai requisiti stabiliti dalla normativa di settore; 5 e) che i fattori di emissione degli inquinanti convenzionali (SO2-Anidride solforosa; NOx-Collettività di ossidi di azoto; HCL-Acido cloridrico; CO-Monossido di carbonio) e dei microinquinanti (diossine; IPA-idrocarburi policiclici aromatici; PM; metalli pesanti) dei termovalorizzatori realizzati ai sensi della lettera d) siano inferiori, rispettivamente, ad almeno un ordine e due ordini di grandezza dei valori limite stabiliti dalla legge, al fine di mitigare gli impatti ambientali degli impianti e i rischi associati per i cittadini residenti nell’area interessata; - N. 1909 4. Entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi stabiliti dal comma 3 e con la procedura prevista dai commi 1 e 2, il Governo può adottare disposizioni integrative o correttive del medesimo decreto legislativo. Art. 2. (Clausola di invarianza finanziaria). 1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. f) che i sistemi di monitoraggio e di rilevamento di cui alle lettere a), b) e c), e le azioni Art. 3. di controllo sulla salute pubblica e sull’am(Entrata in vigore). biente siano estesi a tutte le regioni, e, in via prioritaria, a quelle interessate dalla presenza 1. La presente legge entra in vigore il di impianti destinati al deposito e al tratta- giorno successivo a quello della sua pubblimento dei rifiuti urbani e industriali. cazione nella Gazzetta Ufficiale. Proposta di Legge n. 1909, presentata dal Sen. Domenico Scilipoti alla Camera dei Deputati il 14 novembre 2008 e ripresentata al Senato della Repubblica il 3.4.2013, N° 368 1.4 L’acqua: bene prezioso che va tutelato Fra tutte le risorse naturali l’acqua è la più importante, è fonte di vita. È un tema che ho particolarmente a cuore, infatti, durante la mia attività di parlamentare alla Camera dei Deputati sono stato relatore nella VII Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici, di una Petizione Popolare la n.2 per “I princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico”. Mi sono fatto portavoce di questa battaglia, scrivendo e chiedendo sostegno anche al Presidente degli Stati Uniti Barak Obama e al Santo Padre Benedetto XVI nell’anno 2010, perché sentivo e sento prepotente in me il bisogno di difendere un diritto inviolabile di ogni singolo cittadino, perché una battaglia per un diritto inviolabile come quello dell’acqua pubblica non deve rimanere inascoltato e la voce in difesa di esso deve essere univoca. Le cronache recenti, hanno dimostrato come una gestione privata dei servizi idrici (che oltretutto tradisce la volontà popolare espressa chiaramente nel Referendum del 2011) può portare disservizi e far correre il rischio che ancora oggi, nel 2015, in una città come Messina, i cittadini debbano vivere senz’acqua per decine di giorni. L’acqua costituisce un bene comune per tutta l’umanità e, fin dall’antichità, è stata considerata una risorsa fondamentale, indispensabile ed 44 insostituibile per la vita della specie umana e di tutti gli organismi viventi. Per meglio chiarire basta tenere in considerazione che l’acqua sulla Terra copre ben il 70,8% del pianeta ed è il principale costituente del corpo umano, in tale quadro, quindi, non si può non notare come le risorse idriche sono essenziali per la vita di tutti gli ecosistemi marini e terrestri e, per tale motivo, il loro uso deve essere governato e gestito in modo consapevole e rigoroso al fine di preservarle e garantirle anche a beneficio delle future generazioni. L’acqua, importante strumento di purificazione secondo la religione cristiana che attraverso il battesimo le dà forza rigeneratrice operando una vera e propria rinascita dell’uomo ma che, purtroppo, è costantemente sotto controllo ed attenzione a causa della gravissima crisi idrica che la Terra si trova a dover affrontare negli ultimi anni. L’acqua: bene prezioso. La quantità totale di acqua sulla Terra è di circa 1,4 miliardi di chilometri cubi e di questa la massa di acqua dolce è solo di circa 36 milioni di chilometri cubi: pari al 2,6% del totale ed è rinnovabile di norma, esclusivamente attraverso le precipitazioni. Ad oggi, tutte le fonti d’acqua sono messe a dura prova soprattutto sia se si considera che il consumo umano fattibile, senza andare ad intaccare le scarse riserve idriche, è definito limitatamente ai trentaquattromila chilometri cubi di pioggia che costituiscono il deflusso annuo che ritorna al mare per mezzo dei fiumi e dell’acqua del sottosuolo, sia per il forte tasso di inquinamento. Relativamente a questo secondo fattore, non posso non soffermarmi sul reale rischio che proprio l’acqua contaminata che arriva nelle nostre abitazioni e che viene da noi utilizzata per le quotidiane necessità (cucina, igiene personale) possa essere, se male controllata, causa di trasmissione di batteri, virus e altri micro organismi dannosi per la nostra salute. In riferimento, invece, al primo fattore da me sopra elencato, va ricordato che tra i vari motivi scatenanti la deflazione di un bene di così primaria importanza, primo fra tutti può essere considerato l’aumento spropositato della popolazione mondiale con un conseguente moltiplicarsi della domanda di acqua dolce e ciò pur a fronte di una limitatezza delle precipitazioni continentali e quindi del ricircolo della stessa, a cui va inoltre aggiunto il fenomeno dell’urbanizzazione forzata ed un sempre 45 maggior numero di persone che si è trasferito nelle città, con un conseguente spropositato aumento del consumo di acqua pro capite. A tale visione è seguita la difficoltà di garantire adeguati servizi di igiene sanitaria ed una generalizzata contaminazione delle sorgenti d’acqua ad opera dei grandi agglomerati urbani ed ancor di più degli inquinamenti diretti provocati dall’attività industriale e dall’agricoltura intensiva che usa concentrazioni fortemente elevate di pesticidi, fertilizzanti ed erbicidi. In particolare, nelle ricche nazioni industrializzate, la tecnologia e i servizi igienici hanno consentito un utilizzo dell’acqua superiore alle reali necessità, determinandone così un consumo spropositato ed eccessivo. Il consumo globale di acqua, difatti, raddoppia ogni vent’anni! Secondo le Nazioni Unite attualmente nel mondo ci sono trentuno Paesi che stanno affrontando una crisi idrica per la grande scarsità di acqua, un miliardo e trecento milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile e più di tre miliardi sono privi di servizi fognari e di smaltimento rifiuti e, queste cifre, purtroppo, sono destinate nei prossimi decenni a moltiplicarsi tanto che si prevede, in mancanza di cambiamenti radicali, che nel 2025 la domanda generale di acqua supererà del 56% la sua disponibilità. La drammaticità della situazione è illuminata da segnali sempre più numerosi che rappresentano come il problema va facendosi costantemente più serio e che la situazione peggiorerà ancora, se non verranno intraprese delle importanti azioni correttive a fronte di riserve idriche sempre più limitate e sottoposte anche a diversi fattori di inquinamento e di dispersione. L’acqua è un bene irrinunciabile che appartiene a tutti e deve essere da tutti equamente condiviso, è un diritto universale ed ha un valore economico in tutti i suoi usi correnti, consentendole pertanto di essere qualificata come un bene economico. È nel quadro di questo principio che è vitale riconoscere il diritto di base di tutti gli esseri umani ad avere accesso all’acqua potabile o al risanamento ad un prezzo sostenibile e, tale presupposto, è facilmente riscontrabile ripercorrendo ciò che recita la Dichiarazione di Dublino elaborata al termine della Conferenza internazionale su acqua ed ambiente (Icwe), organizzata nel gennaio 1992 dalle Nazioni Unite. Nel medesimo anno si tenne a Rio De Janeiro anche la Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo (Unced) e da 46 questi due incontri nacquero tre enti internazionali, a prima vista neutrali e creati allo scopo di facilitare il dialogo tra i diversi attori sulla scena mondiale per una gestione sostenibile delle risorse idriche ma, in realtà, vere e proprie lobbies di pressione per la privatizzazione dell’acqua. Tale intento, peraltro mal celato, di trasformare un bene primario come l’acqua, fondamento ed origine stessa della vita, in fattore di produzione da sfruttare intensivamente per massimizzarne il rendimento economico è apparso da subito in tutta la sua insostenibilità ed ha, senza ombra di dubbio, costituito il colmo della misura. Ad oggi, il valore dell’acqua sta conquistando il primo posto accanto al petrolio nel rappresentare una risorsa fondamentale a livello universale. Non si capisce come sia possibile che “l’acqua bene comune” possa appartenere a qualcuno quando essa in realtà, proprio in virtù della sua connotazione di bene comune, non può essere posseduta come proprietà privata né venduta come merce. Si percepisce quindi la necessità di riappropriarsene a fronte dei molti che vogliono mettere sul mercato la vita delle persone gestendo, a propria convenienza, un bene che non può essere né sottratto né espropriato poiché gli unici risultati derivanti dai processi di privatizzazione sarebbero un aumento dei costi e un drastico peggioramento dei servizi. Occorre però evitare che considerandola servizio pubblico, si debba fare i conti con la crisi di un modello ormai distante dai bisogni dei cittadini in quanto intriso di logiche burocratiche ed economiciste, quando non anche di pratiche clientelari. Da qui nasce e si sviluppa la tematica del “bene comune” che, pur scontando una certa genericità ed astrattezza, intende presentare la necessità di una partecipazione diretta alla gestione di beni e servizi. A questo proposito, e pur tenendo conto di una discussione aperta e in buona misura ancora da fare, occorre anche considerare gli elementi di rischio e quindi garantire sulla finalità e l’utilizzo di un bene comune e/o di un servizio, in quanto, la stessa definizione di pubblico rimanda al riconoscimento dell’universalità, come anche all’accesso e alla garanzia per i soggetti deboli così consentendo, laddove si riscontrassero insufficienze, l’esigibilità di un diritto che rischia tuttavia di concentrare finalità, obiettivi ed operatività in nuclei di personale politico-manageriale i quali, in 47 quanto portatori di interessi particolari, possono sostituirli gli stessi a quelli generali. La battaglia per la difesa dell’acqua e dei beni comuni assume dunque i connotati di una vera e propria battaglia di civiltà. La lotta contro la loro privatizzazione diventa quindi essenziale per evitare l’egemonia sulla vita delle persone e garantirne la reale tutela, semplicemente, si tratta di decidere se la vita delle persone può essere considerata mercificabile o se, al contrario, è possibile costruire collettivamente un altro modello sociale a partire dal riconoscimento universale e non negoziabile dei beni comuni. Le istituzioni economiche, finanziarie e politiche che per decenni hanno creato il degrado delle risorse naturali e l’impoverimento idrico di migliaia di comunità oggi dicono che l’acqua è un bene prezioso e raro e denotano come, solo una proprietà pubblica e un governo pubblico e partecipato dalle comunità locali possono garantire la tutela della risorsa, il diritto e l’accesso all’acqua per tutti e la sua conservazione per le generazioni future. Esistono diversi trattamenti di purificazione o potabilizzazione dell’acqua. Un esempio è quello adottato nell’area industriale di Ras Laffan vicino alla città di Doha, nel Qatar. All’interno di questo sito sono racchiusi diversi complessi industriali di raffinazione. Fra le infrastrutture vi è un impianto preposto alla dissalazione dell’acqua. La struttura installata prevede di poter trasformare l’acqua salata in acqua dolce e utilizzabile per il consumo umano. Sempre in questo sito industriale, si sta sperimentando una nuova tecnica che conduce alla creazione di un’ acqua sintetica al 100%. Un’acqua la cui creazione è dovuta all’unione dell’idrogeno e dell’ossigeno e che parrebbe priva di tutti gli altri elementi naturali che compongono questa sostanza. Si parlerebbe, infatti, di un tipo di acqua che non conterebbe al suo interno, macroelementi e microelementi indispensabili per i processi metabolici dell’organismo. Gli esperimenti condotti fino ad oggi non hanno ancora dimostrato gli effetti che l’utilizzo di quest’acqua potrebbe avere sulla salute umana e, oltretutto, questa tecnica avrebbe dei costi elevatissimi. Altri trattamenti destinati alla potabilizzazione dell’acqua per uso e consumo umano sono quelli caratterizzati dalla purificazione delle fonti acquifere naturali che prevedono la rimozione delle sostanze inquinanti 48 e contaminanti contenute nell’acqua. Un’altra tecnica utilizzata è invece quella basata sulla evaporazione dell’acqua che permette, tramite il vapore e la conseguente condensazione, di ricreare un’acqua equiparabile in qualità alle varie acque distribuite dalle diverse marche che comunemente consumiamo. Il progetto “Hydorghen” portato avanti da alcuni ricercatori europei, permette di rigenerare l’acqua con una tecnica in apparenza semplice, a zero impatto inquinante e a costi ridottissimi. La scoperta più entusiasmante, però, rimane quella di capire come ancora oggi questa sostanza vitale sia ancora per noi misteriosa. Basta soffermarsi sul fatto che l’acqua sia l’unica sostanza sul pianeta che si trova nei tre stati: liquido, solido e gassoso, che basta metterla a contatto con un’altra sostanza per farle acquisire le qualità e farle salvare nella sua memoria tutte le informazioni. Così come scrive Vladimir Voejkov (Docente presso l’Università di Mosca nella facoltà di Biologia): <<Abbiamo capito che noi sull’acqua non sappiamo quasi nulla; è un grande passo dal quale proviene il desiderio di sapere e sperimentare>>. Quando si parla di acqua non si può non parlare anche di qualità della stessa, con conseguente tutela degli ecosistemi e delle risorse idriche per prevenire o perlomeno mitigare il rischio, dove lo scopo è quello di mantenere e garantire un’adeguata qualità dell’acqua. Durante il suo percorso, attraverso il contatto col terreno e non solo, l’acqua si arricchisce di minerali ma anche di metalli ed altri elementi che hanno un’influenza sul gusto e sull’odore e più in generale sulla qualità e la purezza. Minerali come sodio, fluoro, potassio, calcio e magnesio (il contenuto di questi ultimi due indica il grado di durezza dell’acqua) e metalli come ferro e manganese ma anche inquinanti di vario tipo come i nitrati o solventi chimici, riguardo i quali la legge, soprattutto per le sostanze potenzialmente pericolose, pone limiti severi e ne fissa la quantità massima per ciascuno. La qualità dell’acqua è di conseguenza determinata dalla presenza di agenti inquinanti, da fattori fisico-chimici quali pH e conducibilità, dal numero di sali presenti, dalle sostanze nutrienti ed è l’uomo che per la maggior parte influenza tali fattori col tramite dello scarico dei rifiuti in acqua ed ancor di più con la modifica dei suoi componenti, dettata dall’uso di molti tipi di sostanze e di agenti inquinanti che non sarebbero naturalmente presenti, rendendola così potenzialmente pericolosa per la salute umana. 49 Una grande piaga che affligge la società moderna ed in merito alla quale il mondo è ancora ben lontano dal trovare una risoluzione è quindi l’inquinamento dell’acqua, che è una alterazione degli ecosistemi che hanno come componente fondamentale l’acqua. La stessa si dice inquinata quando la sua qualità è compromessa dall’ammissione di sostanze quali prodotti chimici e scarichi industriali ed urbani, fino al punto di renderla inadatta agli abituali usi. Inquinare l’acqua significa, quindi, modificarne le caratteristiche in modo tale da renderla inadatta allo scopo a cui è destinata. A seconda della temperatura e della presenza di flora batterica, l’acqua possiede una determinata percentuale di ossigeno disciolto e grazie a ciò, in condizioni normali, riesce ad auto depurarsi col tramite della decomposizione aerobica che trasforma i composti in sostanze non più inquinanti o, più chiaramente, è capace di assimilare una determinata quantità di sostanze scaricate trasformandole in elementi minerali semplici tramite il processo di biodegradazione. L’alterazione dei sistemi idrici può quindi compromettere la salute della flora e della fauna e nuocere anche agli uomini, alterando non solo il sistema ecologico ma anche le riserve alimentari e ciò avviene sia per via diretta con sostanze inquinanti riversate direttamente nei corsi d’acqua sia per via indiretta quando si intaccano gli stessi dall’aria o dal suolo. Una prima distinzione in materia è possibile analizzando l’inquinamento che deriva da cause naturali quando l’acqua piovana viene a contatto con sostanze del mondo minerale o biologico mentre, la forma più invalidante, deriva dall’attività dell’uomo soprattutto per la massiccia industrializzazione ma anche per la gestione delle fognature civili non depurate o ancora per lo scarico dei prodotti intermedi o finali dell’industria e dei residui delle materie prime. Le acque di scarico urbane ed industriali rappresentano quindi una delle principali fonti di inquinamento idrico e pertanto un grande pericolo per la salute dell’uomo è costituito dalle fogne che rilasciano acque inquinate da virus e batteri causando così malattie. Esistono vari tipi di inquinamento tra i quali quello civile, che deriva dagli scarichi delle città e l’acqua senza alcun trattamento depurativo si riversa nei fiumi e nel mare, quello industriale con sostanze inquinanti che provengono dalla produzione industriale ed ancora quello agricolo determinato dall’uso eccessivo e scorretto di fertilizzanti e pesticidi che, 50 di norma idrosolubili, penetrano nel terreno contaminando così le falde acquifere. Non potendo sopprimere totalmente l’inquinamento, l’intento è perlomeno quello di ridurlo, controllarlo e cercare di prevenirlo così da evitare ulteriori danni e poter valutare l’incidenza di nuovi prodotti ed il loro smaltimento in quanto, prevenire è molto meno costoso e più ragionevole che rimediare dopo o, ancora meglio, servirebbe obbligare chi di competenza ad utilizzare accorgimenti atti ad evitarlo. Una forma di inquinamento devastante delle acque è quello marino, la cui causa principale si può rilevare negli idrocarburi e, più nello specifico, nel petrolio riversato in mare dalle petroliere con conseguenti gravi problemi ambientali. Tale circostanza diventa sempre più pericolosa quando le sostanze inquinanti entrano in contatto con la costa in quanto risultano molto più difficili da debellare data l’impossibilità, stante il basso fondale, dell’uso di macchinari specifici ed in tal caso fondamentale diventa l’apporto umano, soprattutto dei volontari. L’inquinamento delle acque è stato oggetto di numerose normative differenziatesi nel tempo e contenute, quale fonte comune, nel Decreto legislativo 152/06 meglio conosciuto come Testo Unico Ambiente. Ad oggi, i danni causati dall’inquinamento sono sfortunatamente seriamente ingenti e questo deve far riflettere in quanto si andrà certamente incontro ad un peggioramento della qualità della vita. 1.5 Procedimento di potabilizzazione dell’acqua Se l’acqua potesse seguire il proprio ciclo naturale, senza interferenze, sarebbe quasi sempre potabile, invece l’inevitabile intervento dell’uomo per rispondere alle proprie esigenze, ne altera il percorso rendendo così necessari processi di potabilizzazione della stessa che consistono nella rimozione dall’acqua di tutte le sostanze contaminanti così da renderla idonea sia al normale consumo domestico che per l’irrigazione dei campi o per usi industriali. Tale bisogno dipende soprattutto dal fatto che, a fronte del graduale Fonte sorgiva esaurirsi delle sorgenti naturali di acqua potabile (acque profonde), si sta sempre più ricorrendo all’acqua di origine superficiale (mari, fiumi, laghi naturali e artificiali) con caratteristiche specifiche e differenti gradi di inquinamento che rendono necessario sottoporre l’ac- 51 qua a trattamenti obbligatori per migliorarne la qualità. Nel suo moto di scorrimento l’acqua esercita un’azione di trascinamento sulle particelle solide e la sua azione solubilizzante, esaltata dalla presenza di anidride carbonica disciolta, determina la presenza in minore o maggiore misura di ioni in soluzione come solfati, bicarbonati, silicati, cloruri, calcio, magnesio, etc. Solo l’applicazione di precise normative sulle procedure di monitoraggio e controllo, come sui parametri da analizzare e dei limiti da rispettare prima dell’immissione dell’acqua potabile, le consentono di circolare liberamente nella rete acquedottistica infatti, se l’esame igienico ne constata l’inadeguatezza rispetto ai canoni stabiliti, occorre procedere alla sua correzione o alla sua depurazione oppure ad entrambe. Per correzione si intendono tutti quei procedimenti atti a migliorare le caratteristiche organolettiche, fisiche e chimiche dell’acqua mentre la depurazione riguarda l’insieme delle operazioni capaci di purificare le acque dal punto di vista batteriologico. Nello specifico, tali operazioni avvengono negli impianti di potabilizzazione distinguibili in due tipi: gli impianti di filtrazione in cui le acque sono soggette a tutta una serie di processi depurativi e quelli in cui avviene la sola disinfezione. Tali tipologie di impianti sono, di norma, posti presso le opere di presa o al termine della condotta adduttrice e su un terreno che, topograficamente, permetta di sfruttare la gravità per il passaggio delle acque da un trattamento al successivo per ridurre, il più possibile, il consumo di energia elettrica procedendo quindi attraverso tutta una serie di stadi, quale ad esempio quello della rimozione dei solidi sospesi o della riduzione dei sali indurenti o ancora dell’eliminazione dei microrganismi. Il tutto con l’intento di rimuovere ogni sorta di impurità. La depurazione dell’acqua ed il conseguente processo di potabilizzazione si attuano in concreto facendo passare le acque grezze (provenienti da fiumi o laghi) attraverso svariati tipi di impianti di rimozione del materiale organico ed inorganico, in modo tale da garantire all’acqua trattata idonee caratteristiche organolettiche (sapore, odore, colore, torbidità), fisiche (temperatura, conducibilità elettrica, pH) e chimico-biologiche tra le quali la durezza, la salinità, i microinquinanti, il carico organico e la vita microbiologica (es. rimozione dei patogeni tramite disinfezione). 52 Più chiaramente i metodi di rimozione utilizzati si possono individuare, in funzione del tipo di sostanze da eliminare dall’acqua grezza, in una serie di processi di natura fisica come la filtrazione e la flottazione, fisico-chimica come la flocculazione o ancora chimica come la disinfezione (ozonizzazione e clorazione), tutti comunque realizzati attraverso l’immissione di sostanze chimiche che favoriscono l’eliminazione o la riduzione degli inquinanti e degli agenti batterici indesiderati. Nel variegato quadro di possibilità il trattamento di disinfezione più diffuso, che garantisce l’igienicità dell’acqua per tutto il suo percorso fino all’utenza, è la clorazione ma, di contro, potrebbe generare sottoprodotti tossici ed alterare il sapore dell’acqua. L’azione battericida svolta dal cloro e dai suoi derivati (ipocloriti e biossido di cloro), si dispiega in un’operazione ossidante per la distruzione dei virus ed in un’altra tossica ed inibitrice che determina il blocco del metabolismo dei batteri. Il cloro tuttavia, è inadatto all’inattivazione di spore batteriche e protozoi e, affinché l’azione della clorazione risulti efficace, è importante che la torbidità dell’acqua sia bassa per evitare che i microrganismi non si aggreghino alle particelle sottraendosi così all’azione del disinfettante. Tale processo viene eseguito anche prima che l’acqua sia immessa nella rete di distribuzione e si attua, solitamente, aggiungendo composti del cloro che, a contatto con l’acqua, danno origine al cloro attivo libero caratterizzato da un elevato potere ossidante sulle molecole organiche e quindi da un’azione battericida tale da distruggere, ad alte concentrazioni, anche le cisti amebiche e le uova di parassiti che sopravvivono nell’intestino. Inoltre, il cloro attivo libero permane nell’acqua anche durante la distribuzione per poter agire in caso di eventuali contaminazioni biologiche o organiche, assicurando igiene e potabilità fino al rubinetto di casa. Le tecniche di clorazione usualmente impiegate sono: • la “pre clorazione” che prevede l’aggiunta del cloro a monte della filtrazione in quantità tale che non resti cloro residuo a valle del filtro; • la “super clorazione” con l’aggiunta occasionale e ad alte concentrazioni di cloro, o in un unico punto del ciclo di potabilizzazione o frazionata in più punti dell’impianto, cui segue alla fine la rimozione degli odori e dei sapori; • la “clorazione frazionata” ove il cloro ad alte concentrazioni viene aggiunto in due punti ben distinti dell’impianto; • la “post clorazione o clorazione standard” che prevede l’aggiunta di cloro a valle della filtrazione. In questo caso la quantità di cloro è mi- 53 nima essendo stata già abbattuta la quasi totalità delle sostanze organiche presenti nell’acqua grezza, pertanto l’azione del cloro si concentra solo sulla flora batterica presente. Accanto alla clorazione esiste la cloroammoniazione che sfrutta l’azione battericida delle clorammine prodotte dall’ammoniaca e dal cloro aggiunto separatamente all’acqua; tale trattamento, ha una percentuale di cloro residuo libero più elevata garantendo così una maggiore sicurezza contro gli inquinamenti accidentali senza alterare le proprietà organolettiche dell’acqua, alla quale si affianca la ozonizzazione, una tecnica di disinfezione delle acque che impiega ozono la cui azione ossidante avviene in due modi o direttamente tramite ozono o attraverso il radicale OH di formazione secondaria. In concreto, l’ozono garantisce una maggiore efficacia nei confronti di batteri e virus e, in concentrazione elevata, anche nei confronti dei protozoi non determinando l’insorgere di cattivi odori e sapori. Tale procedura, se eseguita bene, garantisce una quantità molto ridotta di sottoprodotti pericolosi per la salute umana; inoltre, l’utilizzo dell’ozono porta all’ossidazione e alla conseguente rimozione delle sostanze inorganiche presenti nell’acqua come il ferro, il manganese il cianuro, l’arsenico. L’uso dell’ozono provvede alla distruzione di diversi microinquinanti organici, tuttavia ha un costo elevato e avendo un decadimento rapido, non consente una copertura igienica dell’acqua fino all’utenza, pertanto non può essere l’unico trattamento di disinfezione. In tali situazioni la reale necessità è quella di trovare la condizione economicamente più accettabile valutando bene costi e benefici, considerando le fonti di approvvigionamento a disposizione e gli obiettivi da raggiungere. A fronte di quanto fin qui rappresentato occorre prendere in considerazione anche un particolare tipo di trattamento dell’acqua e cioè quello per sterilizzazione a raggi ultravioletti in quanto, proprio questo fenomeno naturale a carico del Sole, viene riprodotto tramite potenti lampade avanzate tecnologicamente che emettono raggi UV-C e 254 nanometri è stata determinata come la lunghezza d’onda ottimale per eliminare i micro organismi (virus, batteri, alghe, lieviti) stante che i raggi UV-C penetrano nel cuore del loro DNA e perturbano il metabolismo delle cellule fino alla loro totale distruzione. Durante il ciclo di filtrazione l’acqua circola all’interno del reattore ed i batteri, i virus e le alghe vengono eradicati dai raggi della lampada cosicché i germi diventano inattivi e non più in condizione di riprodursi. È quindi un processo, 54 approvato anche dal Ministero della Salute, per il trattamento dell’acqua basato sulla tecnologia della disinfezione mediante ultravioletti di tipo C e si realizza in totale assenza di cloro. Il trattamento a raggi ultravioletti rappresenta in sostanza, ad oggi, una novità nel panorama della sterilizzazione dell’acqua che consente una miglioria, soprattutto rispetto all’uso del cloro, dello stato dell’acqua ottenendo un prolungamento degli effetti grazie a prodotti a lenta dissoluzione quale l’ossigeno attivo che, in assenza di cloro, di sale, di residui chimici nocivi, di rischi di allergie, di corrosione e di odori, assicurano un’acqua chiara e intatta. Il Cloro è una sostanza che negli anni passati è stata utilizzata nella medicina per curare delle malattie derivate da agenti patogeni che, a contatto o ingerite nel nostro organismo, possono causare delle patologie. Questa sostanza, infatti, veniva utilizzata come fonte di disinfezione di microrganismi dannosi che possono trovarsi in alcuni alimenti. Ultime ricerche, però, hanno dimostrato che gli effetti del cloro nell’alimentazione potrebbero essere rischiosi per la nostra salute. Possiamo affermare, infatti, che il cloro andrebbe utilizzato il meno possibile e con molta cautela. in attesa di capire se sarà possibile utilizzare i raggi ultravioletti per la sterilizzazione dell’acqua, dovremmo prevedere per la disinfezione dell’acqua utilizzo dei micro infusori nelle cisterne che forniscono il servizio idrico. una ricerca fatta dall’ Universita’ Shizuoka in Giappone dimostrerebbe, infatti, che le sostanze organiche naturali, quando esposte ai clorurati dell’acqua potabile potrebbero arrivare a formare dei composti cancerogeni, dannose per la nostra salute. Fonte sorgiva 55 1.6 Il dissesto idrogeologico Il dissesto idrogeologico è l’insieme dei processi morfologici che hanno un’azione fortemente distruttiva in termini di degradazione del suolo e quindi, indirettamente, anche nei confronti dei manufatti su di esso collocati. Comprende tutti quei processi che vanno dalle erosioni contenute e lente alle forme più consistenti e, in altre parole, dalla degradazione superficiale e sotterranea dei versanti fino alle forme imponenti e gravi con il realizzarsi di eventi più catastrofici quali frane, valanghe e alluvioni, che modificano il territorio in tempi relativamente rapidi o rapidissimi, con effetti spesso distruttivi sulle opere, le attività e la stessa vita dell’uomo. Secondo l’analisi effettuata da David J. Varnes, in un rapporto dell’UNESCO del 1984, il rischio totale relativo al dissesto idrogeologico può essere espresso dalla relazione e cioè: • Rischio totale, cioè il numero atteso di danni relativi ad un evento catastrofico in termini di vite umane, persone ferite, danni alle proprietà ed alle attività economiche; • Elementi a rischio, cioè la popolazione, le proprietà e le attività economiche potenzialmente in pericolo con riferimento a un dato fenomeno catastrofico; • Rischio specifico, che rappresenta il grado atteso di perdite legato ad un particolare fenomeno, espresso dall’equazione: R (equazione del rischio) = H (Hazard-Pericolosità) x V (Vulnerability - Vulnerabilità) x E (Element at risk - Elementi a rischio); • Pericolosità naturale, cioè la probabilità che un dato evento possa verificarsi in una data area in un certo periodo; • Vulnerabilità, che rappresenta il grado di danno atteso nei confronti di un elemento o di un insieme di elementi, espresso con una scala da 0 (nessun danno) a 1 (distruzione totale). Le cause del dissesto idrogeologico sono da ricercarsi nella fragilità del territorio, nella modificazione radicale degli equilibri idrogeologici lungo i corsi d’acqua e nella mancanza d’interventi manutentori da parte dell’uomo, soprattutto nelle aree montane dove non si esercitano più le tradizionali attività agricole e forestali. Le origini del fenomeno sono di norma di natura antropica e le condizioni meteorologiche e le variazioni climatiche ne sono solo una causa marginale, quanto più l’abusivismo 56 edilizio, l’estrazione illegale di inerti, il disboscamento indiscriminato, la cementificazione selvaggia, l’abbandono delle aree montane e l’agricoltura intensiva, sono tutti fattori che contribuiscono in maniera determinante a sconvolgere l’equilibrio idrogeologico del territorio. È doveroso aprire una parentesi a tal proposito. Il corpo Forestale dello Stato, organo preposto al controllo del territorio e alla salvaguardia delle attività agricole garantisce e avrebbe garantito una maggiore sicurezza per tutta la popolazione. Purtroppo, i provvedimenti che il Governo Renzi ha attuato con l’approvazione della Riforma della Pubblica Amministrazione, hanno previsto la soppressione e l’assorbimento del corpo forestale nell’arma dei carabinieri, diminuendo di fatto il numero degli operatori forestali. Una scelta politica sbagliata e presentata in Parlamento come una manovra indispensabile per la riduzione della spesa pubblica. Il risparmio, usato come pretesto dall’esecutivo Pd, non si è registrato, al contrario si è amplificato mettendo, altresì, a rischio la tutela del territorio. Il dissesto idrogeologico diparte dall’azione dello scorrimento delle acque superficiali e sotterranee e si manifesta nelle forme più evidenti attraverso l’erosione torrentizia e le frane, pertanto sarebbe meglio sottolineare che esistono due componenti non contemporaneamente presenti e cioè: una idrica o idrologica, relativa all’inadeguatezza della rete di drenaggio, l’altra geologica inerente alle frane, calanchi, erosione e valanghe. Per meglio comprendere le determinanti del problema occorre analizzarne le origini. Innanzitutto vanno prese in considerazione le superfici in evidente stato di erosione provocato da origini antropiche (tutti gli interventi compiuti dall’uomo sull’ambiente con lo scopo di trasformarlo o adattarlo, come: eccessivo pascolo, frequenti incendi di origine dolosa, realizzazione di strade, piste di esbosco, piste da sci, cave, discariche, oleodotti, metanodotti, elettrodotti, abitazioni, quest’ultimi realizzati senza alcun accorgimento e successive opere manutentorie) mentre in altri casi, soprattutto in zone montane, l’instabilità è dettata da accumuli di neve o acque meteoriche, accumulo di detriti, crescita della vegetazione, attività antropiche (cave, discariche, acquedotti, etc.) che rendono i versanti sovraccarichi e pesanti. La difesa del territorio dalle calamità naturali ed in particolare dal consumo del suolo e dalle piene dei torrenti è sempre 57 stata una costante preoccupazione soprattutto delle popolazioni di montagna, in quanto le possibili esondazioni hanno da sempre costituito una continua minaccia nonché una fonte di notevole pericolo, a cui si è poi aggiunta una forte deforestazione quale attività conseguente alle pratiche di cementificazione incontrollata. In Italia il rischio frane ed alluvioni interessa praticamente tutto il Paese, si parla di circa due Comuni su tre, in un territorio estremamente fragile dove anche un semplice temporale riesce a provocare continui allagamenti con conseguenti disagi per la popolazione e le cui cause sono quasi sempre addebitabili all’uomo per fenomeni di urbanizzazione incontrollata e speculazione edilizia, ma anche a causa del perpetuarsi di interventi di gestione dei fiumi che seguono filosofie tanto vecchie quanto inefficaci e che puntano su infrastrutture rigide invece che sul rispetto della dinamica e dell’habitat fluviale, realizzando argini senza un serio studio sull’impatto a valle, alvei cementificati, escavazione selvaggia e le cui successive opere di messa in sicurezza il più delle volte si presentano quale alibi. In realtà, le situazioni di degrado e di rischio potenziale sono molto diffuse tanto che le realizzazioni di nuovi insediamenti, di opere di ingegneria civile ed infrastrutture di servizio possono far sorgere molteplici problematiche di dissesto del territorio, in particolare in ambiti montani ed ancor più dove non sempre è stato seguito un modello di sviluppo compatibile con le esigenze di difesa del suolo. Per cercare di ottenere una risoluzione sia pur parziale al problema, occorrerebbe avviare una politica programmatoria e di pianificazione della difesa del suolo partendo da tutta una serie di indagini conoscitive particolareggiate del territorio che permettano lo studio delle condizioni generali di rischio e consentano così di meglio capire dove e come agire. Innanzitutto serve un’ottima analisi dello stato della natura con una conseguente attenta raccolta delle informazioni relative ad un dato fenomeno catastrofico potenziale, con riferimento anche alle informazioni storiche e considerando la valutazione del grado di distruttività che il fenomeno in analisi può assumere e della sua pericolosità, che consiste nella valutazione della probabilità che un dato evento avvenga in un certo periodo per poi, in conseguenza, adoperarsi in un lavoro di sintesi che consente di individuare ed attribuire un valore agli elementi a rischio ed alla loro vulnerabilità in modo tale da porre in essere tutta una serie di 58 interventi atti a diminuire l’effetto del fenomeno su ambiente, manufatti e popolazione. Un intervento, quello atto a limitare il dissesto idrogeologico, è più che mai necessario. Occorre sempre mantenere la massima allerta, soprattutto nelle zone considerate più a rischio, così da basarsi su una fondamentale previsione e conseguente mitigazione degli effetti distruttivi in un paese come l’Italia, dove andando purtroppo a scorrerne la storia i disastri naturali occorsi non sono stati poi così rari. Lo scopo a cui protendere è quindi quello di adeguare lo sviluppo territoriale alla mappatura delle zone più a rischio, considerando anche l’idea, ove possibile, di delocalizzare i beni esposti a frane ed alluvioni in modo tale da restituire alla natura il territorio da ormai troppo tempo sottratto, così da garantire lo spazio necessario per i corsi d’acqua, con aree adiacenti per consentire un’esondazione controllata ed ottenere uno strumento di difesa ed il corretto uso del suolo. L’interesse primario quindi deve essere quello di avere cura del territorio attuando una manutenzione ordinaria dello stesso, che deve prevedere interventi mirati e localizzati, realmente utili e rispettosi degli aspetti ambientali e con particolare attenzione all’immenso reticolo di corsi d’acqua dove, torrenti e fiumare diventano sorvegliati speciali, facendo particolare attenzione anche a fermare la piaga del disboscamento dei versanti montani, causato spesso anche dagli incendi, che può aggravare maggiormente il rischio di frana. Purtroppo ad oggi, ormai, non basta più investire solo nella gestione del suolo ma si deve convivere col rischio generando tutta una rete di sistemi di allerta e piani della protezione civile sempre attuali ed aggiornati con una costante lotta all’illecito. Oggi tramite l’ingegneria naturalistica (disciplina tecnico-scientifica che studia le modalità di utilizzo come materiale da costruzione del materiale vegetale vivo in abbinamento con altri materiali inerti non cementizi quali il pietrame, la terra, nonché in unione con stuoie in fibre vegetali o sintetiche), sulla base di nuove conoscenze derivate dalla ricerca tecnica e biologica, si sono potuti migliorare molti vecchi sistemi costruttivi e svilupparne di nuovi. L’accresciuta sensibilità dell’opinione pubblica verso i problemi relativi al territorio determina quindi la necessità di definire criteri di intervento a tutela del suolo e del patrimonio naturale che si inseriscano più correttamente nell’ambiente e si auspica, pertanto, che i politici ed i tecnici possano in un prossimo 59 futuro operare in tal senso in un’ottica di maggiore rispetto e tutela del territorio, potendo utilizzare anche maggiori risorse finanziarie. 1.7 Amianto: nemico della salute Un ulteriore “nemico” per la salute umana è rappresentato dall’amianto che, così come le sostanze fin qui analizzate, espone l’uomo ad agenti cancerogeni. Molteplici sono ormai le conoscenze in tema di amianto tuttavia, soprattutto in ambito sanitario, non si hanno ancora risposte del tutto esaustive rispetto a temi quali l’esposizione, la prevenzione, la diagnosi e la cura per chi vi è stato esposto. L’amianto è un minerale fibroso, e come tale dannoso per la salute umana, le cui fibre possono essere liberate o per effetto di corrosione (con conseguenti lesioni e rotture) o attraverso la lavorazione di determinati materiali tra i quali, altamente nocivo, il fibrocemento (meglio conosciuto come “eternit”) e cioè una mistura di amianto e cemento particolarmente friabile, quindi soggetto a facile danneggiamento o frantumazione. L’esposizione, anche se di breve durata, alle fibre di amianto aumenta drasticamente il pericolo di contrarre forme tumorali delle vie respiratorie come il carcinoma polmonare ed il mesotelioma (tumore della pleura), ma il danno maggiore è che il periodo di incubazione della malattia può arrivare fino a trent’anni e con amplificati effetti cancerogeni provocati dall’amianto in soggetti quali i fumatori e chi è di norma esposto ad agenti inquinanti. Gli effetti sanitari si esplicano attraverso una grave azione cronicoirritativa e la capacità di induzione cancerogena a carico dell’apparato respiratorio con aspetti addirittura “patognomonici”, cioè di unica ragionevole ed effettiva causa-effetto riguardo la comparsa del mesotelioma maligno della pleura. Più precisamente, subentra dapprima l’asbestosi, malattia cronica che porta ad un inspessimento della membrana polmonare con successiva degenerazione in tumore rendendo così difficile lo scambio d’ossigeno con il sangue, provocando affaticamento durante qualsiasi tipo di attività fisica, in seguito, anche in condizione di riposo, la malattia si cronicizza e si tramuta in forme di carcinoma polmonare, ancora oggi difficilmente curabili. Le prime conoscenze generali in materia si possono far risalire agli anni ’40 -’50 mentre le prime norme correlate al tema amianto riguar- 60 do la salubrità dell’aria e la sicurezza dei posti di lavoro, derivano dal recepimento delle direttive comunitarie che stabilivano rischi e limiti di esposizione, col tramite prima del d.lgs. n. 277 del 15 agosto 1991 fino all’approvazione del d.lgs. n. 257 del 25 luglio 2006 che ha bandito definitivamente l’impiego dell’amianto ponendo così fine alla sua estrazione ed utilizzazione. La normativa in questione ha affrontato il tema prendendo atto delle complesse problematiche ad esso collegate ed il legislatore ha quindi stabilito il divieto di estrarre, importare, esportare produrre e commercializzare prodotti contenenti amianto ma anche di bonificare le aree contaminate, ricercare materiali sostitutivi e controllare l’inquinamento. Gli ambienti di lavoro sono ovviamente quelli più a rischio e, anche se con la legge 257 del 1992, è stata ormai vietata la produzione e l’installazione di materiali in amianto non bisogna tuttavia sottovalutare neanche gli ambienti di vita quotidiana poiché è sufficiente una breve esposizione per subirne gli effetti nocivi (con una visibilità prolungata sempre nel medio-lungo periodo). Per bonificare e smaltire manufatti già esistenti occorre rivolgersi a personale qualificato o preposto da enti locali e regionali. 1.8 L’amianto a partire dalle origini L’amianto, definito anche asbesto, è un minerale naturale a struttura fibrosa appartenente alla classe chimica dei silicati fibrosi resistenti al calore, agli acidi e agli alcali. Si ottiene facilmente dalla roccia madre dietro macinamento in miniere a cielo aperto ed appartiene alle serie mineralogiche del serpentino (crisotilo) e dell’anfibolo (crocidolite, amosite, antofillite, tremolite, ed actinolite). La sua natura fibrosa gli conferisce un’alta flessibilità nonché una notevole resistenza meccanica rendendolo così inalterabile sia dall’usura che dall’azione di agenti chimici e, per tali motivi, per molti anni è stato considerato un materiale estremamente versatile ed a basso costo, adatto anche a svariate applicazioni industriali, edilizie ed in prodotti di largo consumo. Tuttavia, anche a fronte di tale versatilità, a seguito dell’emanazione delle ultime normative internazionali e nazionali tutti i paesi, o perlomeno quelli più sviluppati, si stanno adoperando per garantire da un lato la progressiva eliminazione del minerale e dall’altro la ricerca di 61 idonei materiali sostitutivi. Fin dall’antichità l’amianto, la cui etimologia dal greco amiantos significa puro, incorruttibile, è stato usato per scopi “magici” e “rituali” per le sue particolari proprietà riferite da un lato alla resistenza agli agenti corrosivi e dall’altro al suo impiego, sin da tempi antichi, per farne vesti adatte alla cremazione. Proprio per queste sue qualità se ne è interessato anche Plinio il Vecchio (23-79 d. C.) nella sua Naturalis Historia, ove lo definisce una sostanza rara e preziosa impiegata nella confezione dei manti funebri dei re considerandolo immacolato in quanto il fuoco lo rendeva bianco e puro, evitando così la contaminazione delle ceneri reali con i sudari. Altro importante impiego, sempre secondo Plinio il Vecchio, stava nel collocarlo intorno al tronco degli alberi da abbattere per attutirne il rumore durante la caduta, attività che denota come fin dai tempi antichi già fossero a conoscenza della possibilità di tesserne le fibre nonché della proprietà di isolante acustico. Il sinonimo dell’amianto asbesto, dal greco asbestos che significa inestinguibile, perpetuo, si esplica nella sua proprietà di resistenza al calore con riferimento agli stoppini, fatti verosimilmente di cordini di fibre di amianto, delle lampade perpetue dei templi e, tale attestazione, ha consentito di riconoscerne la genesi esclusivamente minerale mentre, secondo altri, la sua origine era vegetale od animale. Ed invero proprio in riferimento a quest’ultima teoria di origine animale, stante che la salamandra si credeva possedesse la capacità di resistere al fuoco e addirittura di spegnerlo, alcuni dotti battezzarono l’amianto “Lana di Salamandra” tanto che tale mito è stato successivamente trattato in molti racconti ed anche in una leggenda di Leonardo da Vinci. Seguendo ancora l’iter storico dei vari tipi di utilizzo dell’amianto si denota come abbia suscitato l’interesse anche di Marco Polo che nel Il Milione ne sfata l’origine animale e ne descrive dettagliatamente la produzione facendo riferimento al minerale in uso nella provincia di Chingitalas e considerandolo dunque utile per la creazione di panni per tovaglie finché, a districare finalmente la vicenda sulle origini dell’amianto è intervenuto Robert Plott nel 1686 con il suo trattato intitolato Sulla Storia, le proprietà e l’applicazione dell’asbesto. Storicamente i luoghi di origine dell’amianto sembra fossero Cipro, la 62 Grecia e le Alpi italiane successivamente, nel XVII secolo furono scoperti giacimenti negli Urali e nel 1877 vennero alla luce quelli di Crisotilo presso Thetford e Coloraine nel Quebec, periodo in cui nacque anche l’industria per la lavorazione di questo particolare minerale. Proprio in virtù della sua capacità di essere ignifugo, grande clamore ebbe nel 1903 la sostituzione nella metropolitana di Parigi di materiali infiammabili o che producevano scintille, compresi i freni delle carrozze, con manufatti contenenti amianto e ciò all’indomani di un incendio che aveva provocato decine di morti. Stante la riuscita di tale scelta, venne poi riproposta sia presso la metropolitana di Londra che, nel 1932, con la coibentazione del transatlantico “Queen Mary” ed ancora, nella seconda metà degli anni ‘50, nuovamente in seguito ad un incendio, con la sostituzione dell’isolante in sughero delle carrozze ferroviarie che vennero coibentate tutte con l’amianto. È da ricordare anche un altro “filone” riguardante il cemento - amianto, la cui produzione iniziò nel 1893 in una cartiera austriaca dismessa. Da quel momento l’espansione del prodotto fu incessante ed acquistò notevole importanza in virtù di specifici risultati propri del periodo, ottenuti grazie al suo impiego. 1.9 ASBESTO-AMIANTO: ieri, oggi e domani a) Notizie aggiornate sulle patologie da asbesto Le fibrille d’asbesto (lunghezza = diametro x3) derivano dalle attività minerarie sui giacimenti naturali e dalla loro trasformazione in manufatti e si diffondono nell’ambiente prima, durante e dopo il loro utilizzo. Un aforisma datato, ormai obsoleto, di uno scienziato italiano (Mutti, citato da Gualtieri, in Google) affermava che “l’unica fibrilla d’amianto innocua è quella che noi non respiriamo”. Gli sviluppi più aggiornati delle conoscenze biomediche sulle patologie asbesto correlate integrano quest’affermazione. Infatti, sarebbe corretto includere quelle non ingerite e/o non presenti nell’acqua di rubinetto usata per scopi igienici (Omura, 2006). Alle fibrille d’asbesto, pressoché ubiquitarie nel nostro ambiente attuale (ne sono state trovate nei ghiacci della Groenlandia), l’essere umano può essere esposto sia in ambiente occupazionale sia nell’ambiente di vita, cioè quello extra lavorativo. A proposito della diffusione a lunga distanza delle fibrille d’asbesto non c’è da meravigliarsi giacché esse “galleggiano” 63 nell’aria, così come le PM aeree di 0,1 o 2,5 micrometri, le ultra fini e le fini, che impiegano mesi prima di depositarsi al suolo, molto dopo le particelle sottili, cioè le PM10 (Casale et al., 2009). In Groenlandia, negli strati corrispondenti alla sedimentazione di duemila anni fa, tecnologie dei Greci e dei Romani antichi, è stato trovato piombo che, data la densità rispetto all’asbesto (11,34 contro 2,65 g/cm3) galleggerebbe meno facilmente. Queste informazioni, per cittadini normali, privi di conflitto d’interessi, sarebbero utili per far capire quanto più agevolmente le fibrille cancerogene potrebbero diffondersi tra una discarica dedicata allo smaltimento del minerale e le finestre di casa nostra, piuttosto che raggiungere la Groenlandia. Però, ad altri, magari reggitori della cosa pubblica, oppure “esperti”, venduti e/o concussi, non direbbero nulla. Molto importante è la constatazione che le fibrille del minerale possono entrare nell’organismo non solo attraverso l’apparato respiratorio (inalate), ma anche per via gastro-intestinale (ingerite con i cibi o col potus), oppure attraverso le mucose di organi raggiunti dall’acqua potabile inquinata da asbesto quando fosse distribuita da reti idriche fatte da tubazioni di Eternit®, sia a seguito delle più comuni pratiche igieniche, sia da chi indossasse biancheria intima lavata con questo tipo di acqua potabile (Omura, 2006). Sia le fibrille d’asbesto inalate sia quelle ingerite oltrepassano facilmente, soprattutto quelle di lunghezza inferiore a 10 μm, le barriere naturali dell’organismo, la mucosa delle prime vie aeree e quella dell’apparato gastroenterico, rispettivamente. In seguito, entrano nel circolo ematico e, in talune circostanze, in quello linfatico. Attraverso questi comportamenti, possono diffondersi e localizzarsi in tutti i tessuti dell’organismo. Infatti, dovunque il circolo capillare periferico fornisca ai tessuti l’ossigeno e gli altri metaboliti indispensabili per la vita, e li liberi dai cataboliti tossici (anidride carbonica e urea), dopo l’esposizione e l’assorbimento delle fibrille d’asbesto, può portar loro anche il minerale cancerogeno, dappertutto. La distribuzione ubiquitaria delle fibrille d’asbesto tra tutti i compartimenti dell’organismo trova una chiara conferma dal quadro generale della localizzazione nella maggior parte degli organi del corpo umano della presenza dei corpuscoli dell’asbesto come reperto autoptico nei tessuti di lavoratori esposti e defunti (Rom, 1983; Ugazio, 2012). Il reperto 64 di queste formazioni microscopiche è testimonianza di una prima tappa della risposta flogistica (di tipo cronico, fibrotico, non acuto, purulento) dei tessuti contro le fibrille che, ab initio, si comportano essenzialmente come microscopici corpi estranei. D’altra parte, la letteratura scientifica ha riportato un’evidente localizzazione preferenziale di lato delle fibrille d’asbesto nell’emisfero cerebrale corrispondente all’esposizione diretta del soggetto al muro di un ufficio impregnato del minerale, piuttosto che al lato opposto, esposto ad una finestra che forniva l’illuminazione diurna del locale (Omura, 2006). Una valutazione critica delle due circostanze permetterebbe di considerare che non siano in contrasto, infatti, la seconda non esclude la prima anzi, dimostra che l’esposizione diretta può aggravare quel livello di assunzione basale del minerale – bilaterale - legata allo svolgimento di un’attività professionale (segretaria di studio dentistico) in un locale gravemente inquinato, e che è stata causa dell’insorgenza di morbo di Alzheimer nel paziente. Le fibrille che eventualmente inquinassero l’acqua potabile impiegata per scopi igienici, avrebbero un loro peculiare destino perché, una volta localizzate nella cavità di organi in diretta comunicazione con l’esterno del corpo, possono spostarsi attraverso tale canalizzazione naturale verso tessuti-organi interni. Verosimilmente, questo è il caso delle microscopiche deposizioni del minerale che si localizzano nella vagina le quali, secondo recenti ricerche, provocano l’insorgenza dell’adenocarcinoma ovarico (Omura, 2006; Heller et al., 1999). Poi, riproducendo la stessa localizzazione dei corpuscoli dell’asbesto, si possono trovare le manifestazioni dell’azione cancerogena delle fibrille minerali. La letteratura scientifica riferisce che quest’azione patogena si realizza attraverso un danno della molecola del DNA del nucleo delle cellule mediante un’azione perossidativa (Voytek et al. 1990). b) Vie d’ingresso dell’asbesto nell’organismo In seguito all’innesco molecolare della cancerogenesi, nei tessuti dei soggetti esposti, s’instaura un processo competitivo (tiro alla fune) tra i cancerogeni e i meccanismi naturali di difesa contro il cancro. Se, in dipendenza dalla dose di minerale assunta (body burden), che dipende dalla concentrazione del minerale nell’ambiente di lavoro o di vita, e dal tempo di 65 esposizione a esso (periodo di latenza), la cancerogenesi prevale sulle difese, è inevitabile l’insorgenza di un tumore maligno. Si sa oggigiorno che queste gravi patologie da asbesto possono colpire sia tessuti e organi localizzati nel torace, sia tessuti situati in altri distretti diversi dall’apparato respiratorio. Questi possono essere: il cervello (glioblastoma multiforme e astrocitoma), la prostata (carcinoma), l’ovaio (adenocarcinoma), (Omura, 2006; Heller et al., 1999), e diversi tessuti emolinfopoietici (leucemie, linfomi) (Omura, 2006). La cancerogenesi da asbesto è potenziata dall’azione sinergica di metalli pesanti quali: il cromo esavalente, il mercurio, lo zinco, l’arsenico, il selenio, come anche di microrganismi (Candida Albicans, Citomegalovirus, Clamidia Trachomatis, Helicobacter Pylori) (Omura, 2006) oltre a improvvidi trattamenti iatrogeni capaci di alterare il delicato e prezioso equilibrio della bilancia perossidativa nei tessuti, come potrebbe risultare una terapia marziale dell’anemia. Oltre alle neoplasie elencate sopra, la ricerca biomedica ha dimostrato che l’asbesto partecipa all’eziopatogenesi di altre patologie di tipo degenerativo. Tra esse si annoverano: il morbo di Alzheimer, con aumento del contenuto della beta-amiloide (1-42) nel tessuto cerebrale, la Sclerosi Laterale Amiotrofica (ALS), e altre patologie meno drammatiche ma assai debilitanti, quali la fibromialgia e seri problemi cardiovascolari (Omura, 2006). Secondo gli scienziati della Columbia University (Omura, 2006) di NYC, contro la generale credenza secondo cui, quando l’asbesto si è accumulato dentro il corpo, è difficile rimuoverlo e che è necessaria una lunga latenza (anche più di quindici anni, talora fino a quaranta) per sviluppare il mesotelioma pleurico, i dati recenti dimostrano che in meno di cinque anni (dall’11 settembre 2001 al 15 maggio 2006), diverse persone che lavoravano vicino al Ground Zero reliquato del crollo delle Torri Gemelle del World Trade Center sono morte a causa di mesotelioma pleurico (Omura, 2006). È stato dimostrato che hanno assunto fibrille di asbesto e nanotubi di carbonio (Wu et al., 2010). Il medesimo gruppo di ricerca (Omura, 2006) ha riferito che l’azione patogena dell’asbesto comporta l’aumento della sua concentrazione nei tessuti, da un valore basale di 5 μg nei tessuti normali a 0,2-0,6 mg (talora a 2,0 mg) espressa in unità BDORT (Bi-Digital-O-Ring-Test) (Omura, 2006), accompagnato dalla drastica diminuzione del telomero delle cellule normali e dall’incremento del telomero delle cellule cancerose. 66 A questo punto occorre dare due precisazioni. 1) Il BDORT consiste in una prova in cui un anello formato con apposizione energica del pollice di una mano con una delle altre dita della stessa mano (2o, 3o, 4o, 5o) è aperto per il rilassamento della tensione muscolare del soggetto esaminato, dovuto al fenomeno della risonanza con l’identità e la quantità della specie molecolare evocata dall’esaminatore che, da parte sua, opera una sollecitazione per il rilascio dell’anello bidigitale (cfr. BDORT, in Internet.) 2) Il telomero è la regione terminale dei cromosomi lineari composta di DNA altamente ripetuto, che non codifica per alcuna proteina, ma che ha un ruolo importante nell’evitare la perdita d’informazioni durante la duplicazione dei cromosomi, un danno che, tra l’altro, caratterizza il fenomeno dell’invecchiamento. Nel corso degli ultimi anni, gli scienziati della Columbia University hanno elaborato e collaudato una combinazione di cinque agenti terapeutici mutualmente compatibili (cilantro, amoxicillina, acidi grassi poli insaturi, sostanza zeta e acido caprilico) che riescono a ridurre i livelli nei tessuti sia dell’asbesto sia dei metalli pesanti e dei microrganismi che hanno una funzione sinergica col minerale nocivo; alla rimozione degli agenti patogeni dal tessuto fa seguito il loro ritrovamento nell’urina (Omura et al., 2010b). Risultati analoghi, soprattutto rispetto alla bilancia dei telomeri, sono ottenuti somministrando DHEA (deidrossiepiandrosterone, un ormone naturale il cui livello diminuisce in condizioni patologiche) (Omura, 2006), oppure applicando cicli di stimolazione elettrica transcutanea nella regione infrapatellare delle ginocchia mediante un emettitore d’impulsi, di frequenza pari a quella cardiaca [circa 60 Hz], trasmessi con un elettrodo di superficie fatto in casa (Omura et al., 2010b). Concludendo, si può dire che, essenzialmente, Yoshiaki Omura e collaboratori hanno elaborato e collaudato un procedimento non invasivo per l’individuazione qualitativa e quantitativa sia dell’asbesto sia di tutti gli altri agenti chimici patogeni descritti in precedenza, capaci di svolgere un’azione sinergica – contribution, secondo la terminologia di Y.O. - con il minerale cancerogeno. Parallelamente a queste ricerche, gli autori hanno dimostrato i rischi per la salute (vulnerabilità del cuore, per eccesso di troponina I, e calo delle difese contro il cancro) connessi con l’abitudine di indossare anelli sulle dita della mano sinistra e/o bracciali metallici sul polso sinistro. 67 L’azione nociva dipenderebbe dalle correnti elettriche continue che lambiscono le regioni dell’arto superiore sinistro in cui sono localizzate le linee di rappresentazione del cuore, soprattutto del fascio di conduzione di esso (Omura et al., 2010a). Apparentemente, la ricerca sugli effetti degli anelli alle dita della mano sinistra potrebbe sembrare superflua nei confronti delle azioni patogene vere e proprie dell’asbesto se non si tenesse conto che uno degli organi direttamente suscettibili alla patologia da asbesto è proprio il cuore. A questo punto s’impone di integrare la presente trattazione con una rassegna sinottica dei riferimenti bibliografici delle ricerche sulle patologie causate dall’asbesto distinguendo le localizzazioni extratoraciche da quelle toraciche. Questo approfondimento è più che necessario per il fatto che ancora oggigiorno molti ricercatori, tra cui anche epidemiologi e/o responsabili della tenuta di registri-tumori, correlati con l’esposizione ad asbesto, ignorano, o non si curano, delle neoplasie a localizzazione extra-toracica. Tanto meno costoro considerano molte altre affezioni degenerative, non tumorali, provocate dall’asbesto. Un fattore aggiuntivo che comporta la sottostima della frequenza delle patologie correlate da asbesto consiste nello “strabismo” degli epidemiologi, generalmente affetti da uno spostamento dell’asse visivo che li porta a contare le patologie lavorative, magari solo quelle con pedigree, e attenzionano quelle del cittadino esposto al minerale nell’ambiente domestico o d’ambiente di vita. La conseguenza di quest’approccio, di tipo medievale, è che il conteggio de jure delle vittime dell’asbesto è assai inferiore di quello de facto, il vero. Una ricerca bibliografica eseguita di recente con la collaborazione del Polo Biologico della Biblioteca Centralizzata di Medicina di Torino ha dato i seguenti risultati: Patologie tumorali extra-toraciche: Cervello (Robinson et al., 1999; Omura,2006; Graziano et al., 2009; Reid et al., 2012); Colecisti (Moran, 1992); Colon-retto (Bianchi et al., 2007; Manzini et al., 2010; Reid et al., 2012); Tessuti Emolinfopoietici (Robinson et al., 1999; Omura, 2006; Bianchi et al., 2007; Graziano et al., 2009; Reid et al., 2012); Esofago (Kanarek, 1989; Omura, 2006); Laringe- Lingua (Omura, 2006; Manzini et al., 2010); Mammella (Selikoff, 1974; Feigelson et al., 1996; Paura et al., 1996; Robinson et al., 1999; Omura 2006 & 2010); Ovaio (Heller et 68 al., 1996; Heller et al., 1999); Pancreas (Moran, 1992; Kanarek, 1989); Peritoneo (Moran, 1992; Heller et al., 1999; Pavone et al., 2012); Prostata (Moran, 1992; Feigelson et al., 1996; Stellman et al., 1998; Robinson et al., 1999; Koskinen et al., 2003; Bianchi et al., 2007; Reid et al., 2012); Rene (Bianchi et al., 2007); Stomaco (Kanarek, 1989; Moran, 1992); Testicolo (Manzini et al., 2010); Tiroide (Manzini et al., 2010); Vagina- Vulva (Pukkala & Saarni, 1996); Vescica (Bianchi et al., 2007; Graziano et al., 2009; Manzini et al., 2010; Pavone et al., 2012). Patologie tumorali localizzate nel torace: Pleura (Robinson et al., 1999; Koskinen et al., 2003; Graziano et al., 2009; Bayram et al., 2012; Reid et al., 2012); Polmone (Selikoff, 1974; Moran, 1992; Robinson et al., 1999; Koskinen et al., 2003; Graziano et al., 2009). Patologie degenerative, non tumorali: Cuore (Miocardiopatia) (Omura, 2006; Reid et al., 2012); Sistema nervoso centrale (morbo di Alzheimer & autismo) (Omura, 2006); (Sclerosi Laterale Amiotrofica) Omura, 2006). Recentemente, la ricerca biomedica ha anche dimostrato che un difetto genomico (polimorfismo di geni) sta alla base di un incremento della suscettibilità di certi soggetti (predisposti) all’azione cancerogena del minerale (Feigelson et al., 1996; Dianzani et al. 2006). È d’obbligo, con la presente opera, segnalare al lettore di aver udito un cultore di pandette, molto più bravo nel suo campo specifico che in medicina legale, che, secondo lui, gli autori della ricerca del 2006 potevano essere in confitto d’interessi perchè finanziati da imprenditori del ramo dell’asbesto e produttori di dati scientifici atti a indurre il giudice a far carico alla vittima dell’asbesto la sua stessa predisposizione congenita, ergo concedendo un’attenuante per il datore di lavoro omicida. Tuttavia, il buonsenso che ispira il Green Man, in funzione di difensore civico (cfr. Appendice V), suggerisce di considerare un cittadino, lavoratore o non, predisposto geneticamente a non difendersi contro l’azione cancerogena dell’asbesto come una pistola con proiettile in canna e con sicura inattivata; l’arma non sparerà mai fino a che qualcuno non prema il grilletto: quel qualcuno non potrà essere che il padrone del bovino che uccide – non ignaro del rischio ma che non isola l’animale pericoloso. La citazione scritturale di Lilienfeld (1991) non lascia dubbi riguardo alla colpa e/o al dolo dell’imprenditore e del reggitore della cosa pubblica responsabile 69 dell’esposizione di cittadini al minerale nocivo. D’altra parte, non è un mistero che a una discreta percentuale dei professionisti che si dedicano ai problemi legali derivati dalla perdita della salute – malattia e morte - è tuttora permesso dalle istituzioni pontificare sul tema anche quando, al loro curriculum accademico, mancano le nozioni basilari di medicina legale: è scontato che costoro potrebbero non saper distinguere il proctodeo dallo stomodeo, con le conseguenze del caso. c) Politiche mondiali e nazionali riguardo la nocività da asbesto Riguardo alla politica mondiale che ha regolato i rapporti tra lo sfruttamento commerciale dell’asbesto da parte degli imprenditori e la tutela della salute dei lavoratori, l’avventura si è dipanata esclusivamente in modo inumano e crudele, favorendo il guadagno di pochi a danno della salute e della vita di molti (sfruttamento dell’uomo sull’uomo). Ciò è avvenuto già dagli albori, a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Il brevetto Eternit® data dal 1901, e da quel tempo, l’umanità ha perduto più di un secolo, quanto alla salute, alla qualità della vita, e alla vita stessa, ma sempre e solo a vantaggio pecuniario degli imprenditori; i lavoratori sono stati considerati sempre “carne da macello”, mai protetti per davvero nè dagli animalisti nè dai sindacati. L’imprenditoria, agli esordi, ha avuto la colpa di supportare le ricerche scientifiche che hanno evidenziato oggettivamente la nocività dell’asbesto, ma i cui risultati sono stati occultati dolosamente dai committenti stessi, con la conseguenza dell’insorgenza di estese patologie tra i lavoratori, tra i loro familiari, e tra molti cittadini comuni esposti al minerale nell’ambiente di vita (Lilienfeld, 1991; Abrams, 1992). Una pubblicazione di Lilienfeld (1991) è molto cruda e chiara su questi aspetti inumani. Quest’autore ha anche il pregio di esser ricorso agli insegnamenti scritturali per suggerire al braccio secolare della legge un modello ottimale di pena per i colpevoli, non tanto per aggiungere crudeltà a crudeltà, ma soprattutto per rendere meno remunerativa la violazione sistematica delle misure preventive - una prassi abusata per ridurre i costi di produzione ed incrementare il profitto dell’imprenditoria - quindi con una apprezzabile capacità preventiva. 70 d) Rischi plurimi nell’impiego dell’asbesto nelle pratiche e criticità ambientali da asbesto per gruppi di lavoratori Del resto, anche Abrams (1992) mise a fuoco molte e gravi pratiche in concorso tra imprenditori e sanitari collusi per occultare e/o censurare i risultati scientifici che dimostravano la cancerogenicità dell’asbesto, come quelli ottenuti da Leroy Gardner, tanto da concludere il suo articolo con l’epilemma “quante vite umane sarebbero state risparmiate se quei risultati scientifici non fossero stati pubblicati, previa censura, con trent’anni di ritardo”. In tempi più recenti, le maglie di questa rete perversa di occultamento sono divenute meno serrate, e qualche medico, qualche giudice, raramente, ha squarciato il velo di omertà. Tuttavia, per decenni, la sete di potere e di guadagno degli imprenditori ha usufruito della complicità esterna dell’ignoranza, passiva e/o attiva, di un numero consistente di medici, di consulenti tecnici, di legali, di giudici, di funzionari delle amministrazioni pubbliche, di detentori del potere esecutivo e/o di quello legislativo, mentre le vestali del quarto potere, con loro silenzi e con loro bugie, hanno frequentemente fuorviato ed ingannato l’opinione pubblica (Ugazio, 2011; Ugazio, 2012 cap VII). Così l’umanità ha perduto quasi un secolo, immersa nei rischi da asbesto. Il risultato algebrico complessivo di questa cordata intermedia tra ambiente e salute è stato fallimentare per il benessere di milioni di esseri umani. In cambio del salario, troppi hanno perso la vita, o sono vissuti male. Nello stesso tempo, troppi, tra le pedine della cordata d’interfaccia, hanno lucrato sui malanni dei lavoratori e dei cittadini prodotti dalla trascuratezza, voluta, delle norme di prevenzione dei rischi ambientali. Poi, a metà del XX secolo, 1943, leggi del periodo fascista hanno stabilito un prezzo della vita o della salute compromessa dall’esposizione occupazionale all’asbesto. Esse sono sembrate provvidenziali, in realtà hanno solo stabilito un prezzo risarcitorio alla “carne da cannone”, dando anche la stura alla bagarre remunerativa della litigation legale a pro degli addetti ai lavori, molto meno per i superstiti delle vittime del “progresso”. Detto questo sul passato (ieri) e sul presente (oggi) dell’avventura asbesto nel mondo e nel Belpaese, si può passare a considerare le prospettive per un ipotetico “domani”. Per il resto del mondo, basti tener conto che un gruppo di paesi continua imperterrito a ricavare amianto dai giaci- 71 menti in loro possesso, a macinarlo, e a trasformarlo in manufatti, vendendoli poi allo scopo di ricavarne guadagni non trascurabili. Si tratta di: Russia, Repubblica Popolare Cinese, Kazakhistan, Canada, Brasile, Sudafrica, lndia, Polonia. Tutto ciò avviene in spregio, non del dictum di una norma che non li riguarda [L. 257/92], ma almeno della sua ratio, che potrebbe fare tanto bene a tutti: il bando mondiale dell’asbesto rimane un sogno, e l’umanità sta pagando e pagherà l’elusione di questo principio. Però, l’avventura asbesto non è ancora finita. Dal mondo globale alla nostra penisola, nonostante la succitata L. 257/92, anche l’uomo della strada, guardandosi intorno, si accorgerebbe che le prospettive che non ci sia un domani d’asbesto siano flebili (Ugazio, 2012). Il nostro greenman vedrebbe: 1) la prossima dispersione di quantità industriali di fibrille dallo smarino del tunnel per il TAV a “favore” di 90.000 Valsusini + 900.000 Torinesi posti sotto vento dell’opera ciclopica; 2) l’affioramento di asbesto dalla roccia ofiolitica posta come sottofondo della pavimentazione stradale d’asfalto in alcune vie cittadine di Cecina; 3) la “messa in bonifica” dei rivestimenti esterni – d’asbesto - dell’insediamento abitativo detto “Le White” di Rogoredo (MI) eseguita contro ogni più doverosa ed elementare norma di precauzione, secondo le testimonianze di ex-inquilini degli edifici; 4) l’erogazione dell’acqua “potabile” da una parte della rete idrica del comune di Alessandria che è fatta di tubazioni di Eternit®. E questa è solo la punta dell’iceberg asbesto nel nostro paese, che ha dimensioni incalcolabili. Questo e altro infirmano la prevenzione primaria dei rischi di un potente cancerogeno per i nostri nipoti (Ugazio, 2011; Ugazio, 2011 cap VII). e) Aspetti risarcitori dei danni da asbesto Tenendo conto dei ritardi con cui l’istituzione pubblica, incaricata di erogare benefici finanziari alle vittime dell’asbesto o ai loro superstiti, quale estremo intervento risarcitorio, dopo la riscossione avvenuta dei contributi a spese del prestatore d’opera, il nostro greenman potrebbe domandarsi quanto tempo dovrà trascorrere prima che l’I.N.A.I.L. voglia capire che la sua tabella attuale: Mesotelioma pleurico; Mesotelioma pericardico; Mesotelioma peritoneale; Mesotelioma della tonaca vaginale del testicolo; Carcinoma polmonare; Asbestosi; Fibrosi polmonare]; deve 72 essere integrata dalle seguenti patologie: Tumori della laringe (Chen et al, 2012) Tumori maligni del cervello (astrocitoma, glioblastoma multiforme); Tumori all’ovaio; Tumori della mammella; Tumori dell’esofago; Tumori del colon Tumori della vescica; Sclerosi Laterale Amiotrofica; Morbo di Alzheimer e autismo; Fibromialgia e dolori intrattabili, Pollachiuria e Incontinenza urinaria; Prurito incoercibile; Linfomi, Plasmocitomi, Linfoma non Hodgkin; Leucemia linfocitaria B, il cui nesso eziologico con l’esposizione ad asbesto data già da diversi anni (Omura, 2006). Una relazione tra l’asbesto e gravi condizioni cliniche di cardiopatia è stata proposta di recente nella letteratura scientifica (Omura, 2006; Chen et al, 2012). Questa mancanza potrebbe anche causare un increscioso ritardo del risarcimento postumo della vita delle vittime dell’asbesto. f) Auspici per un approccio più serio ed efficace per l’asbesto L’estensione della tabella delle affezioni morbose provocate dall’asbesto che sono ora risarcibili dalla struttura pubblica assicuratrice, come adempimento di compiti istituzionali, o a seguito di litigation, dovrebbe essere applicata anche dalle altre istituzioni che si applicano alla protezione della qualità della vita e della salute dei cittadini. Tutto ciò vale per la prevenzione primaria dei rischi dell’inquinamento ambientale da asbesto. In ordine cronologico, tali interventi dovrebbero comprendere: 1) censimento accurato, con la tecnica del telerilevamento, di tutti i manufatti contenenti il minerale cancerogeno esposti all’aperto (lastre di Eternit®), 2) censimento dell’estensione delle tubature in Eternit® nelle reti idriche per distribuzione dell’acqua portabile negli 8092 comuni italiani, 3) rimozione, eseguita a regola d’arte, con la più completa protezione dell’ambiente e dei prestatori d’opera, dei manufatti contenenti asbesto rilevati negli interventi di cui ai punti precedenti, 4) messa in bonifica dei relativi materiali di risulta mediante nuove tecnologie (compresa l’inertizzazione termica del minerale cancerogeno), con sostituzione delle lastre di copertura con pannelli fotovoltaici (punto 1) e con tubature di materiali inerti (punto 2), 5) valutazione accurata dello stato di conservazione dei manufatti contenenti asbesto con conteggio delle fibre disperse negli ambienti di vita e di lavoro. Nel proseguimento di questa prima fase, i responsabili della salute 73 dei cittadini dovranno estendere il pacchetto di affezioni morbose causate dall’esposizione occupazionale o extra lavorativa alle fibrille d’asbesto (riportate in extenso in precedenza) 6.1) la prevenzione primaria, anche evitando ogni possibile condizione di sinergismo e/o di potenziamento tossicologico, 6.2) la diagnosi precoce, impiegando tutti gli indicatori biologici di esposizione e di danno, 6.3) la sorveglianza sanitaria, a beneficio sia dei lavoratori e dei loro compagni di vita, sia dei cittadini potenzialmente esposti in ambiente di vita, 6.4) l’istituzione e la tenuta regolare degli appositi registri regionali specifici per ciascuna delle affezioni sopra elencate, oltre ai tumori. È indiscutibile che il nostro uomo-della-strada, alias green-man, possa pretendere che nessuno degli addetti ai lavori si macchi del conflitto d’interessi: con la salute non è lecito scherzare, la citazione scritturale di Lilienfeld (1991) al proposito è molto eloquente. Soprattutto è d’obbligo la prevenzione primaria, con “rischio zero”, del cancerogeno asbesto. g) Note d’approfondimento sul domani dell’asbesto Nel considerare le prospettive del DOMANI dell’avventura asbesto, una delle condizioni ambientali più grevi di conseguenze per la salute è costituita dalla probabile dispersione nell’ambiente dello smarino di risulta dello scavo programmato per il passaggio del TAV che collegherà Torino a Lione. Questo DOMANI è stato messo in rapporto con la situazione PRESENTE, paragonando l’inquinamento futuro della valle di Susa e della provincia di Torino a quello di fondo del resto del territorio nazionale. PRESENTE. Nel 2007, sono stati censiti 8 x 106 m2 di lastre di Eternit® sparse su tutto il territorio nazionale (circa 301.777 km2) abitato da circa 60 x 106 Italiani. Le lastre di Eternit® hanno uno spessore di circa 0,5 cm, da cui deriva l’ammontare di 40.000 m3, posta la densità dell’asbesto nell’Eternit® pari a 1,69 g/cm3, il suolo del Belpaese sarebbe coperto da un totale di 67.600 [t] / 301.777 km2 = 0,224 [t] / km2. FUTURO. La canna del tunnel per il TAV è lunga circa 57 km (57.000 m), ha un diametro di circa 10 m, con la superficie della sezione pari a 52 m x 3,14 = 78,5 m2. Il volume dello smarino rimosso e disperso potrebbe essere pari a 1.474 x106 m3. Giacché la perizia dei geologi dell’Università di Siena, depositata nel 2003, faceva ammontare la concentrazione me- 74 dia di asbesto nella roccia del monte Rocciamelone a qualche percento (verosimilmente tra 2 e 3%), questo parametro potrebbe equivalere a circa il 2,5%. Pertanto, l’asbesto dello smarino esposto avrebbe un volume di 111.850 m3, pari a 29.032 [t], tenuto conto della densità dell’asbesto = 2,45 [t] / m3. Questa massa di asbesto interesserebbe una superficie di circa 8.090 km2 propria della valle di Susa e della provincia di Torino. Il carico specifico d’inquinamento da asbesto ammonterebbe a 3,588 [t] / km2, ben più di un ordine di grandezza rispetto alla media del territorio nazionale, con le prevedibili conseguenze per la qualità dell’ambiente e per le condizioni di salute della popolazione locale (90.000+ 900.000 Torinesi) per altro potenzialmente esposti alle fibrille minerali sospinte dai venti occidentali che costantemente soffiano da ovest a est. Fermo resta che l’interesse per gli aspetti scientifici dei problemi sanitari che potranno sorgere in futuro come conseguenza dello scavo nel Rocciamelone non obbedisce a pulsioni regionalistiche: in questo momento storico, mi occupo dell’asbesto del TAV come si comporterei per qualunque altro insediamento produttivo, in Italia e nel mondo, che fosse teatro di crudele sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Infatti, quest’approccio è rivolto anche alle conseguenze ecologico-sanitarie della produzione dell’acciaio a Taranto, in dispregio di ogni più elementare norma di prevenzione e di precauzione, e perfino anche degli interventi della magistratura. Va da sé che i cittadini e i lavoratori del posto sono, de facto, le cavie di un imponente laboratorio tossicologico umano a cielo aperto, per l’edificazione del PIL nazionale, senza nemmeno l’applicazione del dictum e della ratio della legge di protezione degli animali – nè quelli d’affezione, nè quelli sperimentali (L. 281/91 & 189/04). Data l’importanza dell’argomento e con l’intento di ridurre se non eliminare i rischi provocati dall’esposizione ad agenti cancerogeni, all’amianto e alle altre sostanze dannose per la salute nei luoghi di lavoro, ho presentato, alla Camera dei Deputati, una proposta di legge, la n. 3426, della quale ne riporto integralmente il testo: 75 1 CAMERA DEI DEPUTATI N. 3426 PROPOSTA DI LEGGE D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI SCILIPOTI, BOCCIA, BUCCHINO, CAMBURSANO, CATONE, CIMADORO, DI GIUSEPPE, DI STANISLAO, D’INCECCO, EVANGELISTI, FADDA, FAVIA, FERRARI, GIULIETTI, GRAZIANO, LAGANÀ FORTUGNO, MIGLIOLI, MOSELLA, NARO, NIZZI, OLIVERIO, LEOLUCA ORLANDO, PALADINI, PALAGIANO, PALOMBA, MARIO PEPE (PD), PIFFARI, ROSSA, RUGGHIA, SCALERA, SERVODIO, STRIZZOLO, NUNZIO FRANCESCO TESTA, TORRISI Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di eliminazione dell’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni, all’amianto e alle altre sostanze dannose per la salute nei luoghi di lavoro Presentata il 26 aprile 2010 Onorevoli Colleghi ! — Sono in continuo aumento i casi di malattie professionali legate da nesso di causalità con l’esposizione ad amianto e ad altri agenti cancerogeni negli ambienti lavorativi e in quelli di vita. Questo stato di cose rende necessario privilegiare, sulla prevenzione secondaria (legata a pregresse esposizioni), quella primaria, l’unica effettiva ed efficace, fondata innanzitutto sul presupposto 2 della consapevolezza dei rischi e della necessità di ridurli a zero. Infatti, quando un tumore o altre gravi patologie si sono già manifestati, anche una loro diagnosi precoce è comunque tardiva, in quanto vi sono già la lesione gravissima dell’integrità psico-fisica ed il rischio concreto della sua irreparabilità, come, tra l’altro, la drammatica elencazione dei malati e dei morti dimostra in modo lampante. Ogni anno sono migliaia i lavoratori che perdono la vita o che lottano contro il cancro tra atroci sofferenze e pene anche per i familiari. Questo stato di cose è inaccettabile. Il caso più significativo è quello del mesotelioma pleurico: una volta diagnosticato le speranze di vita si riducono a sei mesi. S’impone, pertanto, la necessità di una prevenzione primaria, perché la comparsa dei sintomi, che avviene dopo trenta anni circa dall’esposizione, nei fatti non rende possibile, il più delle volte, alcuna via d’uscita e generalmente, come si è già evidenziato, precede di pochi mesi l’exitus. Non meno drammatiche sono le conseguenze legate ad altre patologie, sempre determinate dalla esposizione ad agenti patogeni negli ambienti lavorativi e negli ambienti di vita. Ne è ulteriore esempio la sensibilità chimica multipla (MCS o TILT), causata dall’esposizione ad agenti nocivi ambientali, proporzionale al progresso dissennato dei tempi moderni, altrettanto devastante e con un esordio di tipo « terminale », cioè irreversibile. Anche in questo caso è necessario attuare la prevenzione primaria, rendendo - N. 3426 salubri gli ambienti abitativi e quelli lavorativi, senza voler negare la giusta importanza che assume la prevenzione secondaria che, suggerita dall’insorgenza dei primi sintomi, permette per lo meno di evitare le esposizioni dannose, rallentando o arrestando la perdita della tolleranza nel 10 per cento dei soggetti predisposti nella popolazione generale. Soltanto con il valore limite pari a zero per l’amianto e per qualsiasi altro agente cancerogeno e patogeno si possono tutelare la salute e l’incolumità psico-fisica dei cittadini e dei lavoratori. I limiti di legge non hanno alcuna validità scientifica e sono creazioni legislative che non hanno nella scienza alcun fondamento e che, inoltre, hanno l’unico fine di permettere l’utilizzo di queste sostanze patogene ai fini del profitto, subordinandovi la salute umana. Queste soglie sono parametri privi di realismo e troppo spesso svianti. Per esempio, si può citare un alogenocomposto organico, il tetracloruro di carbonio (CCl4). Si tratta di un prodotto della chimica fine, un precursore di basso costo per un gruppo di molecole di largo impiego e, tra l’altro, è sintetizzato anche in natura nella stratosfera a opera delle radiazioni cosmiche capaci di condensare carbonio e cloro e può incrementare il buco della coltre di ozono causato dall’inquinamento antropogeno. Un tempo questa molecola era usata come solvente per estrarre i grassi da materiali vegetali, così come per sgrassare manufatti metallici, ma soprattutto come estintore di incendio, da un lato, e come pesticida (antiparassitario), dall’altro. Il CCl4, da 3 quando fu iscritto come tenifugo nella farmacopea umana e veterinaria negli anni venti e usato in medicina come tale, provocò ben presto serie preoccupazioni per i suoi effetti avversi sulla salute (fegato, rene e pancreas). Tuttavia ebbe applicazioni, costantemente nocive, ubiquitariamente, nei tre settori produttivi: primario, secondario e terziario. Da quel tempo si innescarono due filoni paralleli delle attività scientifica e regolamentativa, a proposito di questa molecola tanto perversa quanto profittevole. Il primo scoprì il meccanismo d’azione della sua nocività, che dipende dalle trasformazioni metaboliche produttrici dei radicali liberi molto reattivi e dotati di potere pro-ossidante, causa dell’irrancidimento dei grassi insaturi e dei fenomeni fondamentali dell’invecchiamento delle cellule e dei tessuti del nostro organismo. Per esempio, il fegato risulta avvelenato e ne consegue insufficienza funzionale, steatosi, necrosi e cirrosi, mentre il rene è colpito fino alla conseguenza terminale del rene grinzo, preludio dell’emodialisi o del trapianto dell’organo. La diffusione di queste malattie (la prevalenza epidemiologica) nella popolazione, così come la gravità e l’irreversibilità delle lesioni, dipendono dall’efficienza funzionale delle strutture cellulari deputate alle trasformazioni metaboliche del CCl4, i microsomi delle cellule parenchimali (fegato, rene, pancreas, surrene eccetera). A sua volta, tale fenomeno può essere influenzato da fattori esogeni (xenobiotici), quali molti farmaci (barbiturici), oppure componenti alimentari (alcol). Ecco perché i limiti di legge stabiliti per ciascun agente nocivo - N. 3426 possono risultare privi di significato concreto per la tutela della salute. Per decenni l’esposizione ad agenti nocivi nei luoghi di lavoro è stata inquadrata nella cornice del cosiddetto « gruppo omogeneo », basata sui livelli di concentrazione ambientale, sulla durata, sulla qualità del microclima e così via. Tale metodo potrebbe anche essere adeguato, ma a patto che un gruppo di lavoratori fosse composto da soli maschi o da sole femmine e con tutti i soggetti nelle medesime condizioni metaboliche, per età e per l’assunzione di xenobiotici capaci di influenzare le risposte individuali. Ma nella realtà sociale e lavorativa la casualità e le esigenze di vita portano a mettere insieme un gruppo di lavoratori del tutto eterogenei, quanto alle prerogative suddette, che biologicamente sono tutt’altro che un « gruppo omogeneo ». Solo uno scienziato sprovveduto o minus habens formerebbe un gruppo sperimentale, assemblando maschi e femmine, giovani e anziani, che non assumono xenobiotici, ma sono dipendenti da farmaci o alcol. Per esempio, alla manovia di un calzaturificio potrebbero lavorare fianco a fianco una giovane che combatte con antidolorifici i dolori mestruali, conseguenza di un’eventuale endometriosi causata dall’esposizione alla diossina (che provoca danni al fegato) e un anziano che sopporta bene il bicchiere di vino bevuto durante il pasto (con un’alterazione metabolica) insieme con soggetti adulti, normali e con valori medi per quanto concerne le loro attività metaboliche. I limiti di legge dettati dagli organismi regolatori che, nel caso del CCl4 e di altri veleni, sono denominati « maximum allowed 4 concentration » (MAC) possono risultare privi di qualunque predittività e di potere preventivo. A maggior ragione questo deve essere applicato agli agenti cancerogeni: del resto, la letteratura scientifica riporta da decenni il suggerimento di uno scienziato (R. Truhaut, tossicologo industriale francese, 1980) secondo cui per questo tipo di veleni, cioè i cancerogeni chimici, si impone il rischio zero. Pertanto, anche il nostro « killer » silenzioso (amianto) non può non far parte di questo gruppo. Altri fenomeni biologici e ambientali possono alterare, in senso peggiorativo, la cancerogenesi dovuta all’amianto. Come è ampiamente illustrato in sede scientifica (professor Ugazio Giancarlo, « Compendio », Minerva Medica, Torino, 2007) sia il sinergismo tossicologico – che dipende dall’esposizione a diversi agenti nocivi compresenti – sia il potenziamento tossicologico – che fa seguito all’induzione degli enzimi metabolizzanti – provocano un incremento della morbilità (più gente si ammala dopo la stessa esposizione) e un peggioramento della qualità di vita, nonché una riduzione dell’aspettativa di vita. In sintesi: ci si ammala di più e più gravemente e si vive di meno. Al fine di dimostrare la necessità di un intervento legislativo, si considerino i meccanismi di azione basilari dell’amianto quando esso esplica i suoi effetti cancerogeni. Il minerale amianto, costituito da silicati, è generalmente conformato in finissime fibrille, che, tra l’altro, hanno anche la proprietà di poter essere filate e tessute, di non bruciare alla fiamma e di svolgere una funzione di coibentazione del - N. 3426 rumore e della temperatura. L’edilizia, nelle costruzioni e nelle ristrutturazioni, è il più severo inquinatore di amianto, sebbene altre attività produttive non siano trascurabili. Come sempre, il materiale nocivo può esporre sia il lavoratore sia la gente comune nell’ambiente extra-lavorativo in tutti i tre momenti della vita del manufatto contenente il minerale killer: 1) la preparazione del manufatto; 2) la fruizione di esso nelle strutture edili; 3) lo smaltimento di esso alla fine del ciclo vitale. Nello specifico, conoscono molto bene i rischi della preparazione della mescola di amianto e di cemento i lavoratori superstiti delle fabbriche di eternit, mentre non sono altrettanto chiaramente noti i rischi dello sfaldamento di una tettoia di eternit, oppure di un pannello di coibentazione in un edificio a struttura metallica, così come di una carrozza ferroviaria, mentre, infine, è chiaro a tutti, tranne che a coloro che non vogliono « vedere », la pericolosità delle enormi quantità di manufatti disusati e « messi in sicurezza » mediante insaccamento in fragili sacchi neri di cloruro di polivinile (PVC) destinati a rompersi ed a rilasciare nell’ambiente le fibrille del minerale killer, che si diffondono dalle discariche di stoccaggio. La sommatoria finale di tutte queste situazioni porta alla diffusione ubiquitaria delle fibrille di amianto: nell’aria che respiriamo, nei cibi che mangiamo, nell’acqua che beviamo. L’essere umano, analogamente agli animali sinantropici, può inalare, mangiare o bere i microscopici filamenti del minerale. La mucosa dell’apparato respiratorio, nel primo caso, e quella del tubo gastroenterico, per i cibi e per le bevande, sono 5 rispettivamente la porta di ingresso della fibrilla killer nel nostro organismo. Al di là di questa barriera strutturale e funzionale, più o meno facilmente superabile, le fibrille entrano in circolo: quello ematico, proprio del sangue, o quello linfatico, percorso dalla linfa. Grazie alla circolazione le fibrille killer possono spostarsi a distanza dal punto di ingresso e infine localizzarsi casualmente in molti tessuti dell’organismo, in modo assai differente da quello che caratterizza altri veleni inorganici (idrosolubili) od organici (liposolubili) la cui localizzazione può essere condizionata da queste caratteristiche chimico-fisiche. Gli organi in cui si trovano più frequentemente i corpuscoli dell’asbesto, microscopici granulomi che sono espressione della reazione locale contro le fibrille, sono: cervello, polmone, pleura, tiroide, fegato, pancreas, rene, surrene, cuore, milza e prostata. È da notare che la localizzazione a livello del polmone o della pleura non avviene per contiguità dalla porta d’ingresso, ma ad essa s’interpone il trasferimento attraverso il circolo, come rilevato in precedenza. Questi fenomeni biologici sono illustrati in sede scientifica. Un’altra lampante prova della possibilità del viaggio « circolatorio » delle fibrille killer attraverso chilometri di vasi sanguigni grandi e piccoli, è fornita dal fatto che altre membrane sierose dell’organismo, diverse dalla pleura, sono state trovate colpite da mesotelioma. Si tratta del pericardio, del peritoneo e della tunica vaginale del testicolo, ancorché con frequenze decisamente minori della pleura. Una volta localizzata in un tessuto suscettibile di cancerogenesi, la fibrilla di - N. 3426 amianto agisce mediante un meccanismo perossidativo, trasformandosi dallo stato di precancerogeno in cancerogeno attivo, quale amianto-epossido. Anche questi fenomeni biologici sono documentati dettagliatamente in sede scientifica. Il momento primordiale della cancerogenesi da amianto, attuato per mezzo di un epossido del minerale killer, potrebbe essere strettamente collegato con l’equilibrio della bilancia perossidativa, tra proossidanti e anti-ossidanti. Per esempio, tra i primi potrebbe trovarsi il ferro inorganico, somministrato per incauta scelta iatrogena a un paziente immaginato o trovato anemico, sotto forma della terapia cosiddetta « marziale », tanto diffusa in questi tempi. La letteratura scientifica dà conto dei danni dovuti al sovradosaggio del ferro inorganico. In secondo luogo, è noto che molti agenti cancerogeni, di natura chimica o fisica, innescano il processo della cancerogenesi aggredendo la molecola del DNA: i primi producono addotti molecolari, i secondi « smagliano » direttamente la doppia elica del DNA. La natura ci ha dotato di due fondamentali meccanismi di difesa contro la cancerogenesi: il primo è costituito dagli enzimi endocellulari riparatori della molecola alterata del DNA, il secondo si basa sulle difese immunitarie che attaccano una cellula già cancerosa come entità biologica non self dopo la trasformazione maligna, in carenza relativa o in assenza della riparazione primaria descritta in precedenza. L’equilibrio di questa bilancia tra eventi favorevoli ed eventi sfavorevoli per la conservazione della salute dipende dalla dose 6 del cancerogeno assunto e dalla durata temporale dell’esposizione. Nel caso dell’amianto, quanto più elevata è la concentrazione delle fibrille nell’aria, nell’acqua o negli alimenti, più l’efficacia degli enzimi riparatori può essere sopraffatta; quanto più lunga è la durata dell’esposizione, a parità di concentrazione, tanto peggiori saranno le possibilità di difesa. Una volta sopraffatta questa prima barriera difensiva naturale di primo intervento, l’organismo mette in campo il sistema immunitario, deputato a « rigettare » il tumore maligno, come farebbe se si trattasse di un tessuto eterologo trapiantato. Ma anche in questo caso, la seconda barriera difensiva può essere sopraffatta, sia per i rapporti quantitativi riferiti per spiegare l’insuccesso della prima, sia perché peculiari condizioni di stress emozionale possono annullare le difese immunitarie, come se si trattasse di un’immunosoppressione iatrogena, una prassi biomedica applicata sovente nel tentativo di far attecchire il tessuto trapiantato. Due casi clinici recenti stanno a dimostrazione di questo tipo di evoluzione: Raissa Gorbachova ed Enzo Tortora. In entrambi, portatori di tumore maligno, lo stress emozionale subìto ha annullato le difese e ha affrettato l’exitus. Per comprendere meglio il « tiro alla fune » tra gli agenti cancerogeni e le difese - N. 3426 dell’organismo contro il cancro, si pensi a un automobilista in autostrada che ripara prontamente la gomma dell’automobile forate da un chiodo solitario, quale simbolo del successo delle difese anticancro sugli agenti cancerogeni. Al contrario, qualora la corsia dell’autostrada fosse cosparsa da un gran numero di chiodi, molti automezzi sarebbero in panne ogni automobilista avrebbe grandi problemi e il traffico sarebbe bloccato. Quest’allegoria illustra con semplicità e chiarezza il rapporto di forza tra gli agenti cancerogeni (dose + durata di esposizione) e i meccanismi di difesa contro il cancro (enzimi riparatori del DNA + difese immunitarie), ma, soprattutto, essa suggerisce di non esagerare con le esposizioni nocive. Un’autorevole conferma della drammatica condizione nei luoghi di lavoro e negli ambienti di vita per effetto degli agenti patogeni utilizzati si è avuta nel pomeriggio del 18 gennaio 2010, durante un importante convegno sull’amianto. Lutti e tragedie di cittadini e delle famiglie rendono non più procrastinabile un intervento legislativo mosso dalla necessità di rendere effettivo e concreto il diritto alla salute in applicazione dell’articolo 32 della Costituzione, prevedendo il divieto di utilizzo e l’obbligo di bonifica di tutti gli agenti cancerogeni, nonché la loro riduzione tendenzialmente o un livello pari a zero. 7 PROPOSTA DI LEGGE Art. 1. (Modifica all’articolo 234 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81). 1. La lettera c) del comma 1 dell’articolo 234 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, è sostituita dalla seguente: - N. 3426 « 3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, rimuove e non utilizza agenti cancerogeni e altre sostanze dannose per la salute e comunque adotta le misure preventive e protettive del presente capo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative ». Art. 4. (Modifiche all’articolo 237 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81). « c) valore limite: il limite della presenza di un agente cancerogeno o mutageno 1. Al comma 1 dell’articolo 237 del denell’aria, rilevabile entro la zona di respira- creto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono zione di un lavoratore ». apportate le seguenti modificazioni: a) la lettera a) è sostituita dalla seguente: « a) assicura, applicando metodi e proArt. 2. cedure di lavoro adeguati, che nelle varie (Modifiche all’articolo 235 del decreto legislati- operazioni lavorative non siano impiegati vo 9 aprile 2008, n. 81). agenti cancerogeni o mutageni »; 1. All’articolo 235 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, le parole: « evita o » sono soppresse e le parole: « , se tecnicamente possibile, » sono sostituite dalla seguente: « sempre »; b) i commi 2 e 3 sono abrogati. Art. 3. (Modifica all’articolo 236 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81). b) la lettera b) è sostituita dalla seguente: « b) assicura che nessun lavoratore rimanga esposto ad agenti cancerogeni o mutageni, provvedendo alla loro rimozione, ovvero all’isolamento delle lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali di “vietato fumare”, e accessibili soltanto ai lavoratori che devono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione, muniti di adeguati sistemi individuali di protezione. In tale aree è fatto divieto di fumare »; 1. Il comma 3 dell’articolo 236 del dec) alla lettera c), le parole: « Se ciò non creto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, è sosti- è tecnicamente possibile, l’eliminazione tuito dal seguente: degli agenti cancerogeni o mutageni deve - N. 3426 8 avvenire il più vicino possibile al punto di 1. Al comma 1 dell’articolo 251 del deemissione mediante aspirazione localizzata, creto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono nel rispetto dell’articolo 18, comma 1, lette- apportate le seguenti modificazioni: ra q) » sono soppresse; a) all’alinea, le parole: « la concentrad) la lettera i) è sostituita dalla seguente: zione nell’aria della » sono sostituite dalla seguente « la » e le parole: « deve essere ri« i) dispone, su conforme parere del dotta al minimo e, in ogni caso, al di sotto medico competente, misure protettive pardel valore limite fissato nell’articolo 254, » ticolari per le categorie di lavoratori che sono sostituite dalle seguenti: « deve essere sono state esposte a taluni agenti canceroridotta tendenzialmente a zero »; geni o mutageni ». b) la lettera b) è sostituita dalla seguente: Art. 5. (Modifiche all’articolo 249 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81). « b) i lavoratori se esposti devono sempre utilizzare dispositivi di protezione individuale (DPI) delle vie respiratorie con fattore di protezione operativo adeguato alla concentrazione di amianto nell’aria. 1. All’articolo 249 del decreto legislatiLa protezione deve essere tale da garanvo 9 aprile 2008, n. 81, sono apportate le tire all’utilizzatore l’assenza di esposizione ». seguenti modificazioni: a) il comma 2 è sostituito dal seguente: Art. 7. « 2. Nella valutazione di cui all’articolo 28, il datore di lavoro, altresì, non differenzia tra esposizioni continuative e sporadiche »; (Modifiche all’articolo 253 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81). Art. 6. b) al comma 2, le parole: « della concentrazione nell’aria » sono soppresse; 1. All’articolo 253 del decreto legislatib) al comma 4, le parole: « delle espo- vo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modisizioni sporadiche e di debole intensità, di ficazioni, sono apportate le seguenti modicui al comma 2 » sono sostituite dalle se- ficazioni: guenti: « dell’esposizione ». a) al comma 1, dopo le parole: « del valore limite » è inserita la seguente: « zero »; (Modifiche all’articolo 251 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81). c) il comma 7 è sostituito dal seguente: « 7. Ai fini della misurazione dell’a- - N. 3426 9 mianto nell’aria, di cui al comma 1, si pren- questa non sia pari a zero, il datore di lavodono in considerazione tutte le fibre ». ro adotta adeguate misure per la protezione dei lavoratori addetti, e in particolare: »; Art. 8. (Modifiche all’articolo 254 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81). 1. All’articolo 254 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, le parole: « 0,1 fibre » sono sostituite dalle seguenti: « 0,0 fibre »; b) la lettera a) è sostituita dalla seguente: « a) fornisce ai lavoratori un adeguato DPI delle vie respiratorie e altri DPI tali da garantire l’eliminazione dell’esposizione ». Art. 10. (Modifica all’articolo 256 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81). 1. Il comma 5 dell’articolo 256 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e b) al comma 4 è aggiunto, in fine, il successive modificazioni, è sostituito dal seguente periodo: « Nell’ipotesi di cui al seguente: periodo precedente, il datore di lavoro è comunque tenuto ad arrestare il processo « 5. Copia del piano di lavoro è inviata produttivo per la bonifica, che deve essere all’organo di vigilanza, almeno trenta gioreseguita con le modalità previste dal mede- ni prima dell’inizio dei lavori. Se entro il simo periodo ». periodo di cui al periodo precedente l’organo di vigilanza non adotta il provvedimento espresso, il piano si intende non approvato. L’obbligo del preavviso di trenta giorni priArt. 9. ma dell’inizio dei lavori non si applica nei (Modifiche all’articolo 255 del decreto legislati- casi di urgenza, confermata dall’organo di vigilanza. In tale ultima ipotesi, oltre alla vo 9 aprile 2008, n. 81). data di inizio, deve essere fornita dal da1. Al comma 1 dell’articolo 255 del detore di lavoro l’indicazione dell’orario di creto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono inizio delle attività. In ogni caso l’organo apportate le seguenti modificazioni: di vigilanza può rigettare il piano o intervea) l’alinea è sostituito dal seguente: « nire durante l’esecuzione dei lavori, dispoNel caso di determinate operazioni lavora- nendone l’interruzione, qualora non siano tive in cui, nonostante l’adozione di misure state adottate misure di protezione idonee tecniche preventive per eliminare la presen- a determinare il valore limite ». za di amianto nell’aria, è prevedibile che - N. 3426 10 Art. 11. Art. 12. (Abrogazione dell’allegato XLIII annesso al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81). (Clausola di invarianza finanziaria). 1. Dall’attuazione delle disposizioni di cui 1. L’allegato XLIII annesso al decreto alla presente legge non devono derivare nuovi o legislativo 9 aprile 2008, n. 81, è abrogato. maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Proposta di Legge n. 3426, presentata dal Sen. Domenico Scilipoti alla Camera dei Deputati il 26 aprile 2010 e ripresentata al Senato della Repubblica il 10.5.2013, N° 631 Fotografia di un impianto a carbone 1.10 Effetti nocivi della combustione del carbone: fermare le centrali a carbone La combustione del carbone produce anidride carbonica (CO2) oltre a quantità variabili di anidride solforosa che, reagendo con l’acqua, forma l’acido solforoso. Nel caso in cui l’anidride solforosa venisse rilasciata nell’atmosfera, reagirebbe con il vapore acqueo e genererebbe così la possibilità di tornare sulla Terra sotto forma di pioggia acida pertanto, per diminuire tale processo, le moderne centrali sono equipaggiate con sistemi di desolforazione e denitrificazione. Oggi, grazie alle recenti tecnologie disponibili, una moderna centrale alimentata a carbone ha quindi sì un impatto minore sull’ambiente, ma comunque le emissioni derivanti dalla combustione di carbone nelle centrali elettriche rappresentano la più grande fonte artificiale di anidride carbonica che è una causa primaria del riscaldamento globale. Stante la grande rilevanza dell’argomento e la ripercussione sulla nostra salute ho cercato, negli anni di attività politica, di occuparmi di questo delicato tema soprattutto con riguardo ad una specifica zona del nostro Paese e cioè la Calabria, più precisamente a Saline Joniche nel Comune di Montebello Jonico (Italia), dove una società Italo-Svizzera vorrebbe realizzare una inquinante centrale a carbone. 86 1.11 No alla centrale a carbone per la salute e la difesa del territorio Nella punta più a sud dell’Italia, nella Regione Calabria a Saline Joniche, comune di Montebello Jonico (Italia), la società Italo-Svizzera Sei S.p.A., sulle macerie dell’ex Liquichimica e in un territorio a livello sismico medio-alto, vorrebbe realizzare una centrale a carbone, un enorme ecomostro da 1.320 megawatt di potenza, con 300 posti di lavoro promessi ma solo 140 effettivamente disponibili e dal costo di oltre un miliardo di euro. Sostenere la necessità di costruire, nel 2015, nuove centrali a carbone è quantomeno anacronistico e la cosa diventa ancor più preoccupante se si pretende di costruire la centrale in quello splendido lembo di terra che è Saline Joniche, in piena area Grecanica, una meraviglia da guardare. La centrale non serve all’Italia e tantomeno alla Calabria. Infatti, a livello nazionale, viene prodotta più energia di quella di cui il nostro paese ha bisogno ed anche la Calabria segue questo trend, senza contare che la centrale dovrebbe sorgere dove oggi rimangono solo i ruderi della cattedrale nel deserto dell’ex Liquichimica, il mostro creato nel 1974 con i finanziamenti del “pacchetto Colombo”, che avrebbe dovuto risollevare una delle province più depresse dell’Italia, invece è stata aperta e chiusa in 48 ore proprio per l’alto rischio ambientale. Gli interessi economici che ruotano attorno alla costruzione di una centrale a carbone sono enormi, ma chi ha la responsabilità di rappresentare i cittadini nelle istituzioni deve avere anche il coraggio di scontrarsi con i poteri forti senza ambiguità e senza sotterfugi compatibilmente con i bisogni della collettività e, proprio a tal proposito, il decreto legislativo n. 152 del 2006 dispone che la valutazione ambientale dei progetti deve avere la finalità di migliorare la salute umana, proteggere l’ambiente, provvedere al mantenimento della specie e dell’ecosistema. La destinazione del territorio calabrese a centro per la produzione energetica non può che minare alla base ogni seria prospettiva di sviluppo turistico ed agricolo della Calabria, uniche valide alternative economiche ed occupazionali a lungo termine, generando una politica economica oscurata dal nero carbone, senza contare che tra le conseguenze andrebbero considerati i costi dei cambiamenti climatici che, vedrebbero l’intensificarsi dei fenomeni di inaridimento e desertificazione, ma anche ricadute economiche negative sulle stesse colture agricole. 87 Parliamo di un territorio tra i più belli e naturalisticamente interessanti della regione con una zona umida nella quale nidifica o transita una fauna variegata e rarissima per la Calabria e che, per le caratteristiche di unicità determinate dal particolare ambiente, ha il privilegio di essere unico detentore mondiale della coltura del bergamotto che presuppone un microclima e una purezza ambientale del tutto particolari, va da sé pertanto che qualunque realtà terza che comporti lo squilibrio del presupposto, determinerebbe la neutralizzazione sistemica della coltura secolare con conseguente grave danno all’economia locale. Il settore energetico è ad oggi uno dei maggiori responsabili delle emissioni dei gas serra e purtroppo ancora non si è riusciti ad ottenere la piena riconversione dei grandi impianti ove il carbone resta una scelta obsoleta, la cui combustione, producendo altissime emissioni di anidride carbonica, scatena il fenomeno dei mutamenti climatici, rilascia inquinanti dannosi per la salute e coinvolge aree anche molto lontane dalle centrali, così come scientificamente dimostrato. A tal proposito, anche il WWF ribadisce che, per ridurre l’impatto del cambiamento climatico, è necessario smettere con i combustibili fossili ad iniziare dal carbone ed agire per trovare una valida soluzione nel campo delle energie alternative, puntando sugli investimenti nelle fonti energetiche rinnovabili. Ulteriore rovina deriverebbe dal prelievo abnorme di acqua marina che comporterà uno sconvolgimento dell’ecosistema marino con gravi ripercussioni sulla marineria locale, sulle attività collegate ma anche sullo sfruttamento a fini turistici delle attività già insediate o da insediare, presupposto aggravato, inoltre, dalle opere connesse alla centrale quali opere portuali, sistemi di trasporto per il carbone, sottoprodotti di processo ed altri materiali solidi, scarico acque di raffreddamento. Una concreta volontà di sviluppo dovrebbe invece essere ecosostenibile con la rivalutazione dei centri storici, dell’ambiente naturale e dei prodotti enogastronomici, più nello specifico bisognerebbe definire un piano per la valorizzazione, la promozione e la tutela del territorio, sotto il profilo naturalistico, culturale e sociale, quale valore di crescita economica considerando che è proprio lo stesso territorio che fornisce la possibilità di creare la giusta economia per la Calabria. Difatti il turismo, 88 l’agricoltura anche biologica ed ancora piccole attività economiche possono essere il volano per lo sviluppo di quest’area. Quello che serve alla Calabria, in generale, ed all’area grecanica in particolare, è un modello di sviluppo diverso, alternativo, un futuro da costruire insieme a politici, cittadini ed amministratori nel pieno rispetto della vocazione turistica dell’area, dell’ambiente e del territorio. Occorre una mentalità che si preoccupi anche di ciò che potrebbe accadere e che si muova nel rispetto dell’interesse della collettività. Proprio per questo va ribadito parere contrario alla costruzione della centrale a carbone di Saline Joniche, pericolosa per la salute pubblica e con un impatto ambientale troppo forte, ritenendo necessario invece rivalutare il territorio ridandogli autenticità e garantendone la sua naturale vocazione turistica, ma anche tutelarne il microclima e la purezza ambientale. Siamo dinanzi ad una contraddizione in termini, in sede internazionale l’Italia lotta contro i repentini cambiamenti climatici spingendosi verso una seria decarbonizzazione dell’economia mondiale ma poi a casa propria non sembra altrettanto motivata, calpestando il volere del popolo calabrese. È necessario decarbonizzare le proprie economie e scongiurare gli effetti più disastrosi dei cambiamenti climatici e ciò anche perché la costruzione della centrale a carbone vanificherebbe tutti gli sforzi che l’Italia e l’Europa stanno tentando di fare per facilitare questa transazione. Da tenere bene in considerazione è, soprattutto, la valutazione che la scelta del combustibile fossile porta con sé anche un grave bagaglio di rischi per la salute e rappresenta un’ipoteca per il futuro della popolazione. Tanto è vero, che anche una sterminata letteratura scientifica dimostra in maniera inequivocabile come gli impianti a carbone costituiscono un danno conclamato alla salute delle persone e come non sia sufficiente sostenere che se le concentrazioni delle sostanze inquinanti rimangono del 50% al di sotto dei limiti stabiliti dalla legge, se ne dimostra la salubrità delle stesse o l’inconsistenza dell’effetto sulla salute. È opportuno ancora ricordare che l’impatto sanitario del carbone, anche prendendo a riferimento gli impianti più moderni è valutato, rispetto alle morti premature causate dall’inquinamento, almeno cinque volte superiore a un equivalente impianto a gas e circa doppio in termini di emissioni di gas climalteranti. 89 La maggiore fonte di produzione di anidride carbonica, di ossido di azoto, di zolfo e di polveri sottili deriva infatti dalla combustione del carbone determinando quindi l’emissione di sostanze altamente cancerogene e tossiche per la salute dell’uomo. Pertanto, a ragione, si può definire come una fabbrica di veleni silenziosi ed invisibili, che proprio per tali motivi determinerebbero lo sviluppo devastante di fenomeni neoplastici nella popolazione. Oltre alla vocazione naturale paesaggistico-ambientale, la zona di Saline Joniche assume la dimensione di “porta d’ingresso nella cultura grecanica”, calata in un contesto storico di indubbia valenza universale per il suo spessore culturale inalienabile ed invero, la centrale sorgerebbe su un’area di elevato interesse archeologico in quanto ricca di reperti dell’età ellenica e romana. Ebbene, la sola presenza della centrale a carbone oscurerebbe per sempre lo sviluppo di tutto quel territorio fatto di siti archeologici che, come testimoniano studi e ricerche condotte anche dall’università di Cambridge, risalgono fino a 5.000 anni avanti Cristo e sono identificabili in siti greci, medievali e religiosi (basiliani). La situazione dell’area di Saline Joniche è particolarmente delicata, poiché su di essa sussistono vincoli archeologici e sulla costruzione della centrale lo stesso Ministero dei Beni Culturali ha espresso un parere fortemente negativo, diciotto aree vincolate e cinque siti di interesse comunitario che, stando al progetto, dovrebbero essere attraversate dall’elettrodotto, verrebbero seriamente compromesse. A dare maggior forza, laddove fosse necessario, è bene ricordare che anche il socio di maggioranza, la società svizzera Repower, ha deciso di uscire dal progetto, ritenendo che attualmente la destinazione del fair value è soggetta a troppa incertezza ed è difficile attribuire un valore materiale al progetto la cui realizzazione è, a loro avviso, scarsamente possibile. È doveroso, quindi, ribadire parere negativo alla costruzione del “mostro antiquato” che è la centrale a carbone, spingendo di contro a predisporre un rilancio della zona e ritenendo che gli interventi programmati non contribuiscono significativamente all’attenuazione e alla compensazione delle pressioni ambientali esercitabili dall’impianto. Appare pertanto necessario trovare una valida alternativa nel campo delle energie 90 alternative derivanti da fonti rinnovabili ed è inaccettabile che, ad oggi, mentre da un lato si parla tanto di tutela del territorio e di eco-sostenibilità, dall’altro si pensa ancora a costruire una centrale a carbone. Va considerato inoltre che l’area del gelsomino e del bergamotto si presta del tutto naturalmente ad applicazioni di tipo turistico e per un’ospitalità diffusa, il suo delicato aspetto paesaggistico e morfologico rifiuta qualunque intervento che implichi una sia pur minima modifica dell’ecosistema che rischierebbe di perdere definitivamente la sua identità. Occorre opporsi alle prese di posizione preconcettuali perché chi paga è solo la Calabria e lo farà fino a che esisteranno scontri precostituiti e non si darà spazio al dialogo costruttivo. Bisogna riferirsi alla vocazione naturale di questa terra e non fermarsi al qui ed ora ma preoccuparsi del futuro della sua gente. Purtroppo ancora oggi nell’intero pianeta rimane molto alto l’utilizzo del carbone, si prevede addirittura un aumento della produzione e ciò è gravissimo per i danni che continueremo a recare al nostro pianeta, nonostante siano tante le iniziative proposte per cercare di ridurre al minimo la produzione e l’utilizzo del carbone e l’emissione nell’atmosfera di CO2. A tal proposito la Fondazione Einaudi ha pubblicato un testo dell’Osservatorio sulla politica energetica riguardo la gassificazione del carbone e il sequestro e la cattura della CO2. Il ricorso crescente alle energie rinnovabili, lo smaltimento delle centrali a carbone più datate servirà a ridurne il consumo ma dovremmo,in un futuro prossimo e prima che sia molto tardi, eliminare in maniera definitiva l’emissione di gas. Alla luce di quanto affermato e data l’importanza dell’argomento, ho presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere la revoca delle autorizzazioni per la costruzione della centrale a carbone di Saline Joniche, ribadendone la pericolosità per la salute pubblica e l’impatto ambientale troppo forte. Di seguito, quindi, allego un’interrogazione parlamentare che ho presentato il 13 Giugno 2013 al Senato della Repubblica e sottoposta all’attenzione del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare: 91 Legislatura 17 Atto dì Sindacato ispettivo n° 4-00353 Atto n. 4-00353 Pubblicato il 13 giugno 2013, nella seduta n. 41 SCILIPOTI - Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Premesso che a quanto risulta all’interrogante: la località di Saline Joniche rappresenta uno dei posti più rappresentativi dell’immagine ambientale della zona fonica calabrese; il suo territorio, nel contesto dell’area definita grecanica, si presta del tutto naturalmente ad applicazioni di tipo turistico e per un’ospitalità diffusa; il suo delicato aspetto paesaggistico e morfologico rifiuta qualunque intervento che implichi una sia pur minima modifica dell’ecosistema che rischierebbe di perdere definitivamente la sua identità; la procedura iniziata dalla società Sei e Repower presso il Governo per l’installazione di una centrale a carbone a Montebello Jonio, in provincia di Reggio Calabria, località Saline Joniche, ha messo, ormai da tempo, in allarme e, si può ben dire, provocato numerosi focolai di agitazione, tutti, per ora, sfociati in civili manifestazioni rivolte verso il rifiuto dell’energia derivante dal combustibile fossile. È noto che il “no al carbone” è giustificato per vari motivi, tutti di primo rilievo, quali il diritto alla salute e alla tutela dell’ambiente così come del paesaggio, argomenti già minutamente passati al vaglio dagli organi accertatori che, però, non terrebbero conto di alcuni particolari che, se visti da vicino, non giustificano né l’iter intrapreso né, tanto meno, le varie autorizzazioni che si sono succedute; l’opera che si intende realizzare da parte di ente privato consisterebbe addirittura nell’impianto di una centrale a carbone, che implicherebbe la trasformazione dell’intero territorio, delle sue caratteristiche, in definitiva della sua autenticità, portando effetti dirompenti persino nelle località viciniori, le quali hanno il privilegio di essere unici detentori mondiali della coltura del bergamotto, che, per come è noto, presuppone un microclima e una purezza ambientale del tutto particolari; va da sé che qualunque realtà terza, che comporti squilibrio del presupposto, determinerebbe la neutralizzazione sistemica della coltura secolare con il conseguente danno all’economia locale diffusa; l’art. 4 del decreto legislativo n. 152 del 2006 dispone che la valutazione ambientale dei progetti ha la finalità di migliorare la salute umana, proteggere l’ambiente, provvedere al mantenimento della specie e dell’ecosistema; a questo scopo, essa individua, descrive e valuta, in modo appro- 92 priato e per ciascun caso particolare, gli impatti diretti o indiretti di un progetto su: 1) l’uomo, la fauna e la flora; 2) il suolo, l’acqua, l’aria e il clima; 3) i beni materiali ed il patrimonio culturale; 4) l’interazione dei fattori di cui sopra; la relazione della Regione Calabria, presentata il 18 agosto 2008, oltre ad esprimere un parere negativo, descriveva lo stato dei luoghi come a vocazione turistico-alberghiero, con caratteristiche di unicità per il particolare ambiente, e segnalava la presenza di alcune colture uniche quale il bergamotto; la Regione pertanto, anche per tale aspetto, si opponeva al rilascio favorevole della valutazione ambientale e, a cagione del fatto che la delibera regionale n. 315/2005 vietava la produzione di energia derivabile da carbone e, inoltre, l’energia termoelettrica attualmente prodotta con altri sistemi superava il fabbisogno regionale, concludeva che la questione doveva esaurirsi lì e che pertanto la Regione non avrebbe fornito alcuna intesa in sede di Conferenza dei servizi per la realizzazione di centrali termoelettriche sul territorio regionale; la commissione valutativa della Calabria, che prende in considerazione gli scritti, le relazioni ed i pareri espressi dai vari enti in materia ambientale, tuttavia, nel novembre del 2010, per il primo aspetto (quello paesaggistico e ambientale), considerava che il documento preliminare del quadro territoriale paesaggistico (QTR/P’presentato il 6 aprile 2009), che veniva approvato con delibera della Giunta regionale n. 10 del 13 gennaio 2010 e si presentava pronto per essere definitivamente approvato con delibera del Consiglio regionale; successivamente, però, il documento preliminare veniva ritirato con delibera della Giunta regionale n. 331 del 21 aprile 2010 per essere aggiornato alla luce dei piani di indirizzo e programmazione previsti dalla amministrazione regionale oggi in carica, senza venir ripresentato nel breve; la commissione, in adesione alle obiezioni sollevate dalla ditta proponente (Sei), osservava che quel territorio, così come tutto il territorio della Calabria, era sprovvisto di quadro indicante le specifiche vocazioni o linee da seguire, sicché qualunque caratterizzazione o descrizione di quel territorio non trovava alcun appiglio di natura legislativa né di altra amministrazione; per il secondo aspetto (la produzione di energia), la commissione osservava che, viste le direttive europee e la quantità di energia che si intendeva produrre, la competenza ad esprimere un parere in ordine alla produzione di energia così per come presentata dalla Sei era devoluta alla commissione governativa centrale; stante le osservazioni della Sei e la presa di posizione della commissione valutativa ci si attendeva che, in sede di elaborazione del QTR/P, la Regione 93 provvedesse a riempire la lacuna prima così vistosamente fatta rilevare, mentre così non è stato;il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha emesso il decreto (ai sensi della direttiva 2001/42/CE, relativa alla valutazione ambientale strategica (VAS) e alla valutazione d’impatto ambientale (VIA), direttiva recepita con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (codice dell’ambiente), poi modificato dal decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, e dal decreto legislativo n. 128 del 2010. Riguardo al particolare contesto ambientale, si Asserisce che lo sviluppo sostenibile è finalizzato a garantire all’uomo il soddisfacimento dei bisogni attuali e a non compromettere la qualità della vita soprattutto per quel che concerne le generazioni future. Per come appare, non si definisce cosa sia lo sviluppo sostenibile ma lo si finalizza, lasciando impregiudicato il suo contenuto che trova dei limiti: non compromettere la qualità della vita soprattutto per quanto concerne le future generazioni. Il giorno 5 aprile 2013 il Ministero ha adottato il decreto (VAS e VIA) n. 115 favorevole alla compatibilità ambientale, concedendo 60 giorni per le impugnazioni da parte dei soggetti interessati. Contro tale provvedimento i vari enti pubblici e ambientalisti interessati si sarebbero gravati di ricorrere avanti al TAR del Lazio ma tale decreto viene motivato sulla base del parere precedentemente espresso dalla commissione valutativa che, per come detto, prendeva atto che in Calabria risultava assente il QTR/P; tale documento è stato approvato dalla Regione nel mese di agosto del 2012 e non è dato comprendere come il Ministero non ne abbia tenuto conto. Ciò potrebbe essere accaduto o per mancanza della Regione, che avrebbe immediatamente dovuto trasmettere tale documento ai fini valutativi posteriori agli atti della commissione valutativa, oppure perché comunque in tale documento è carente qualunque indirizzo coerente con le caratteristiche del territorio. Dall’analisi di tale documento (QTR/P finale ma soggetto ad ulteriore revisione) si evince che in data 9 febbraio 2012 veniva sottoscritto un prospetto d’intesa tra i Comuni interessanti l’area grecanica e l’ente proponente (Regione), con cui si evidenziava, tra l’altro, la necessità di sottoporre a vincolo di tutela l’area dell’ex Liquilchimica, cioè proprio l’area di Saline, nonché le aree a vocazione bergamotticola, ginestra e gelsomini; a tale proposito è bene sottolineare altresì che già nel 2006 le linee guida della Regione Calabria (allegato E) e la legge regionale n. 41 del 2002 prevedono che il bergamotto, la cui qualità colturale è unica al mondo, dovesse ricevere particolare attenzione giacché, si tratta di un frutto da valorizzare in quanto di importanza fondamentale da un punto di vista lavorativo, storico e paesaggistico; anche 94 nella relazione presentata dalla Regione già nel 2008 a difesa del “no Carbone” si fanno presenti le caratteristiche altamente paesaggistiche dell’area grecanica. Tuttavia non si può non notare che, per quanto riguarda il territorio di Montebello ionico, ove si dovrebbe insediare la centrale, lo stesso QTR/P del 2012 non spende neanche una parola. è come se non esistesse, rimane un buco vuoto. La promessa del vincolo tutorio sull’area ex Liquilchimica (oggi della Sei) e sulle aree vocate a bergamotto, ginestra e gelsomino è completamente dimenticata. È necessario, dunque, porvi rimedio. Appare, inoltre, poco intellegibile il mancato vincolo tutorio dell’area ex Liquilchimica e dei territori destinati a bergamotto, ginestra e gelsomino, patti assunti dall’attuale amministrazione in carica nei primi mesi del 2012 e cioè prima che venisse emesso il decreto di autorizzazione VAS e VIA, patti che comprovano la volontà del territorio di esaltare e rilanciare le risorse locali di indubbio valore per come la stessa Regione asserisce da tempo; un ulteriore motivo di ostacolo a che la località di Saline possa essere considerata sede di produzione di energia ricavata dal carbone, ostacolo neanche segnalato nel decreto che ha dato il parere positivo sia sulla VAS che sulla VIA, risiede nel fatto che vi sono delle procedure in corso per inserire l’area grecanica nella lista dei patrimoni immateriali tutelati dell’Unesco, vista la particolarità dell’area di Saline Joniche, area geografica che rappresenta una naturale porta di uscita e di ingresso nel e dal Mediterraneo, così assumendo la dimensione di “porta d’ingresso nella cultura grecanica”, oltre alla vocazione naturale paesaggistico- ambientale calata in un contesto storico di indubbia valenza universale per il suo spessore culturale inalienabile; con riferimento al provvedimento ‘emesso e approvato nel 2011 dalla Provincia di Reggio Calabria, Assessorato Urbanistica - Pianificazione assetto del territorio - Tutela del Paesaggio, nel punto in cui per l’area ex Liquilchimica si prevede up intervento di riqualificazione coerente con le vocazioni turistiche naturali ed insediamenti compatibili con l’ambiente e il paesaggio; ciò è sufficiente per far scattare le misure di salvaguardia previste dall’art. 12 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, secondo cui l’area in questione, una volta entrata nel programma d’azione e di previsione di un ente pubblico, paralizza ogni altra iniziativa che non sia coordinata con lo sviluppo previsto e va da sé che l’insediamento di una centrale a carbone si pone come elemento antagonista incompatibile con il programma provinciale; la centrale a carbone, nella sua realtà altamente tecnologica, si pone in assoluto contrasto con il concetto di svilup- 95 po sostenibile per come il diritto europeo lo ha coniato (trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, modificato dal trattato di Lisbona nel 2007 e poi nella versione consolidata, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 30 marzo 2010, n. C 83 secondo cui “L’Unione (...) si adopera per lo sviluppo sostenibile (...) basato su una crescita economica equilibrata che mira alla piena occupazione (...) e su un elevato livello di tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente”), più volte ribadito in ogni intervento e richiamato dall’art. 3 del decreto legislativo n. 152 del 2006, come pure il concetto di diritto allo sviluppo sostenibile si presenta coerente con l’art. 9 della Costituzione nel punto in cui il valore del paesaggio e del patrimonio storico così come quello artistico nazionale vengono tutelati come bene primario irrinunciabile; ebbene, la sola presenza della centrale a carbone oscurerebbe per sempre lo sviluppo di tutto quel territorio fatto di siti archeologici, che, per come testimoniano studi e ricerche condotte dall’università di Cambridge, risalgono a 5.000 anni avanti Cristo, siti greci, siti medievali, siti religiosi (basiliani), di colture uniche (il bergamotto), colture che hanno segnato generazioni, cristallizzate nella memoria collettiva (gelsomino e ginestra), culture che hanno dato all’Italia il suo nome (gli italici), culture apprezzate e rivalutate in campo internazionale (si vedano Rholf, Corrado Alvaro, Edoardo Mollica e di recenti e viventi Vito Teti, Domenico Minuto, Luigi Maria Lombardi Satriani e tanti altri che sarebbe lungo citare); • l’attività governativa, sfociata con il decreto n. 115 del 5 aprile 2013 adottato dal Ministro pro tempore Clini non si coordina in nulla con quella realtà e rischia di essere interpretata, agli occhi di quel popolo, ma anche dell’intera Europa, come l’ennesima ingiuria nei confronti di una terra che ha, nel passato non tanto lontano, subito scelte radicalmente sbagliate, si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga di adottare iniziative volte a rivedere, o quanto meno rimodulandolo, il decreto del Ministro pro tempore Clini, e quali iniziative intenda intraprendere per rivalutare l’area, in coerenza ed attuazione del concetto di diritto allo sviluppo sostenibile e nel rispetto del principio di sussidiarietà in applicazione dell’art. 118 della Costituzione, per come previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006 e dal diritto europeo. 1.12 No alle centrali nucleari di II e III generazione. No alle armi nucleari Per poter dire “NO” alle centrali nucleari bisognerebbe prima capirne il 96 funzionamento e tutto ciò che ne scaturisce. Più nel dettaglio, il meccanismo delle centrali nucleari si concretizza attraverso i reattori nucleari ove, tramite la produzione di vapore, si aziona la turbina del reattore e si realizza, nel nocciolo che ne è la parte centrale, un processo denominato fissione nucleare. Tale reazione si deve svolgere in modalità controllata ed è un processo atto a produrre il calore necessario a scaldare l’acqua e trasformarla in vapore ad alta pressione che, a sua volta, viene convogliato sulla turbina che ruotando trasmette la sua energia meccanica all’alternatore e così la trasforma in energia elettrica grazie al fenomeno dell’induzione elettromagnetica. Proprio per la pericolosità di tutto il procedimento ed in modo tale da tutelarsi ed evitare la fuoriuscita di sostanze radioattive che si sprigionano durante il processo di fissione, il reattore è inserito in un cilindro d’acciaio inossidabile posto all’interno di un contenitore in cemento armato dello spessore di almeno un metro ed anche l’edifico che lo contiene deve essere fatto di una solida struttura in cemento armato. Purtroppo, a causa di possibili guasti che possono comunque verificarsi alle centrali nucleari, si determinano danni ambientali catastrofici, anche gravi problemi per la salute umana ed ecco perché, in nome della tutela dell’ambiente ed ancor di più della vita, è fondamentale mostrare un concreto dissenso per la costituzione e la gestione delle predette centrali. Emblematici gli incidenti che si sono verificati in Giappone nel Marzo 2011 presso la Centrale Nucleare di Fukushima Dai-ichi a seguito del maremoto e del terremoto di Tohoku. Le ripercussioni che l’esplosione ha registrato sono state disastrose e l’entità della contaminazione ambientale altissima, si stima che la quantità totale di radioattività diffusa nell’atmosfera è stata pari a quella rilasciata durante il disastro di Chernobyl. Il Giappone, dopo il terribile incidente di quattro anni fa, si sta interrogando su quale strategia nucleare adottare e sta valutando l’opzione di abbandonare, o ridimensionare, l’utilizzo del nucleare come fonte energetica. Occorre quindi prendere in considerazione i danni che producono le scorie derivanti dalle centrali nucleari di seconda e terza generazione, in quanto sono rifiuti radioattivi sia per la terra che per l’atmosfera e, ciò posto, per migliorare la vita degli esseri viventi dovremmo piuttosto rivolgere l’occhio altrove ed applicarci per generare energia col tramite delle fonti 97 rinnovabili e della fusione a freddo. Dietro la costruzione delle centrali nucleari si maschera spesso il tentativo di alcuni Stati di costruire delle armi nucleari ovvero le cosiddette “armi a distruzione di massa”. Bisognerebbe invece pensare ad un mondo svincolato dalle armi nucleari, un luogo dove l’uomo può agire liberamente solo se ha il coraggio di trasformare lo spirito umano mediante la liberazione dalle stesse. Cosa sono le armi nucleari? Potrebbe sembrare una domanda superficiale ma così non è. Le armi nucleari sono tutte le armi che usano le reazioni di fissione nucleare o di fusione termonucleare, pertanto sono armi di distruzione di massa ed appare chiaro, quindi, che viviamo in una polveriera che può deflagrare in qualsiasi momento. L’esplosione delle armi nucleari ed in particolare delle bombe è, difatti, distruttiva non solo per gli esseri umani ma anche per qualsiasi essere vivente in un larghissimo raggio di azione. Tipico esempio rammentabile alla memoria di tutti è la bomba atomica che ha provocato conseguenze devastanti quali miriadi di macerie, la morte di migliaia di persone e l’irradiarsi di radiazioni che, oltre a generare conseguenze letali protratte nel tempo, hanno prodotto effetti nocivi anche sul suolo e nell’atmosfera. Il disarmo nucleare è pertanto la prova concreta per la realizzazione della pace nel mondo nel quale, ad oggi, esistono ben 23.300 armi nucleari. Liberare il mondo dalle armi nucleari non è utopia, in quanto la trasformazione è, e deve essere, parte di noi. È inoltre necessario gestirsi col tramite di una regolamentazione attraverso una “Convenzione sulle armi nucleari”. Tipico dell’essere umano e delle nazioni è armarsi come forma preventiva di deterrenza basando la propria sicurezza non sul dialogo bensì sulla minaccia della distruzione reciproca e sul timore derivantene. Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, nel discorso contro la proliferazione nucleare tenuto a Praga nel 2009, ha affermato: “La guerra fredda è finita ma le armi nucleari ci sono ancora. Il rischio per gli attacchi nucleari è aumentato. Più paesi si sono dotati di armi atomiche e vi è il mercato nero dove i terroristi sono orientati a comprare e rubare armi nucleari. Potremmo arrivare al punto che non possiamo più difenderci da loro. Dobbiamo agire per vivere liberi dalla paura nel XXI secolo”. 98 È bene ricordare, inoltre, che gli Stati spendendo 1464 miliardi di dollari all’anno per le spese militari e dissipano cifre spropositate per le armi, per il loro acquisto, la manutenzione e la vendita. Basterebbe una piccola percentuale, come ad esempio il 4% dell’importo citato, per risolvere una buona parte dei più grandi problemi del pianeta, basti pensare come, con 19 miliardi di dollari all’anno si potrebbero definitivamente eliminare la fame e la malnutrizione nel mondo. 1.13 Un nuovo modo di produrre energia Una delle più impellenti necessità dei nostri tempi è la ricerca di tecnologie innovative per la produzione di energia. Da diversi anni, anche in Italia, si dibatte sulla controversa e poco conosciuta tecnologia della “Fusione Fredda” e, in particolare dell’invenzione di un imprenditore italiano Andrea Rossi, l’Energy Catalyzer o E-Cat, un dispositivo rivoluzionario in grado di produrre energia termica probabilmente di origine nucleare basata sulla interazione tra idrogeno e polvere di nickel. Questa idea, ha trovato negli Stati Uniti dei finanziatori che ne hanno permesso lo sviluppo. Le temperature di lavoro dell’E-CAT sono molto più basse rispetto a quelle impiegate nelle costosissime ricerche sulla fusione nucleare classica (prof. ITER) e più sicure grazie alla mancanza di scorie pericolose e all’assenza di radiazioni. La “fusione fredda” è stata annunciata per la prima volta alla comunità scientifica ed ai media nel 1989 da due scienziati Martin Fleischmann e Stanley Pons. La loro scoperta fu molto osteggiata anche perché l’esperimento da loro condotto oltre ad avere un modesto guadagno energetico presentava problemi di riproducibilità. Tale problema sembra sia stato superato dall’invenzione di Andrea Rossi. Il suo lavoro ha sollevato entusiasmi e polemiche in egual misura, ma adesso finalmente potrebbero arrivare i risultati, richiesti a gran voce dalla comunità scientifica, ovvero test indipendenti che ne certifichino in maniera incontrovertibile il funzionamento. Anche la rivista finanziaria Forbes si è interessata all’argomento, dimostrando la crescente attenzione di importanti settori economici per 99 questa rivoluzionaria tecnologia. Non è difficile immaginare che se l’ECat si rivelasse un progetto industrializzabile, in grado quindi di produrre energia in quantità significative, le ripercussioni non mancherebbero anche sul versante del mondo accademico che finora non ha certamente manifestato entusiasmo per l’idea di Andrea Rossi. Nel frattempo, al di là di sterili polemiche, la sua società con sede negli USA, la Leonardo Corporation, ha ottenuto in data 25 agosto 2015 dalla US Patent and Trademark Office (USPTO) il brevetto US 9,115,913B1 che gli attribuisce una volta per tutte il possesso della proprietà intellettuale. La già citata rivista Forbes commenta: “Forse il mondo cambierà davvero”, descrivendo i risultati pubblicati relativi ad uno dei test indipendenti sull’E-Cat. A dare credibilità al dispositivo dell’inventore italiano è un rapporto scritto da un’equipe italo-svedese di scienziati formata dagli italiani Giuseppe Levi e Evelyn Foschi dell’Università di Bologna, e dagli svedesi Torbjörn Hartman, Bo Höistad, Lars Tegnér e Hanno Essén,e Roland Pettersson. Nello specifico, due sono gli esperimenti che hanno portato a trarre conclusioni positive: un primo esperimento svolto nell’arco di 96 ore dal 13 al 17 dicembre 2012 e l’altro per una durata di 116 ore dal 18 al 23 marzo 2013. Le condizioni dei predetti esperimenti erano differenti ma il parere finale ha decretato il corretto funzionamento dell’E-Cat. In sintesi, a dicembre il sistema avrebbe sprigionato 160 KWH per un consumo di circa 35 KWH mentre a marzo la produzione sarebbe stata di 62 KWH con un consumo di 33 KWH. In aggiunta al rilevamento di tali valori, occorre precisare inoltre che la squadra di ricercatori esclude reazioni termochimiche e chiarisce che la produzione energetica, vista la densità di potenza, deve essere associata ad una reazione che coinvolga i nuclei degli elementi in gioco. Le perplessità però non mancano, non vi sono infatti dati certi sui prodotti finali della reazione o sul combustibile utilizzato durante i test, in merito al quale c’è riserbo da parte di Rossi ma, comunque, si tratterebbe di un composto contenente nichel, idrogeno litio e probabilmente altri catalizzatori mantenuti tuttora segreti. Proprio la necessità di mantenere il segreto industriale, nonostante il brevetto ottenuto, fa sì che permangano ancora dubbi. La rivista Forbes con poche parole sintetizza il concetto: “O si tratta di una delle truffe più 100 elaborate della storia della scienza oppure stavolta il mondo potrebbe cambiare davvero. La velocità di questo cambiamento dipende esclusivamente dal suo inventore”. È importante ricordare come la cosiddetta Fusione Fredda sia oggetto di congressi in tutto il mondo ed anche nel nostro paese, non da ultimo quello organizzato dall’ENEA. È ancora più significativo rammentare che ormai siano stati presentati in tutto il mondo richieste di brevetti simili a quello di Andrea Rossi. Va comunque considerato che questo nuovo sistema di produzione di energia se trovasse una concreta applicazione salvaguarderà gli “interessi” del pianeta e di noi cittadini in quanto potrà concorrere all’abbattimento dell’anidride carbonica e di altri inquinanti derivati dall’uso di combustibili fossili responsabili degli ormai evidenti cambiamenti climatici. A questo punto mi chiedo, anche se in maniera retorica, se la tutela dell’esistenza degli esseri viventi ed ancor di più dell’uomo possa valere tutti i tentativi e le ricerche possibili. A tal proposito, stante l’aspetto innovativo dell’argomento e le implicazioni socio-economiche che un’invenzione come questa potrebbe portare al nostro Paese, ho depositato due interrogazioni parlamentari, che allego, dirette al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro Della Ricerca e dello Sviluppo economico, i quali dovranno rispondere proprio sull’opportunità di prendere in considerazione questa nuova fonte di energia. Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-00307 Atto n. 4-00307 Pubblicato il 5 giugno 2013, nella seduta n. 34 SCILIPOTI- Ai Ministri dell’istruzione, dell’università e della ricerca e dello sviluppo economico. Premesso che: sono stati pubblicati i risultati di alcune verifiche sperimentali effettuate sul generatore termico E-Cat (Energy catalyzer) di Andrea Rossi da parte di un team internazionale di ricercatori formato da: Hanno Essén (fisico teorico, ex presidente della Swedish Skeptic’s society, Royal institute of technology, Stoccol- 101 ma), Evelyn Foschi (fisica esperta di radioprotezione, già università di Bologna), Torbjörn Hartman (ingegnere senior presso lo Svedberg laboratory, Uppsala), Bo Höistad (fisico delle particelle, professore all’università di Uppsala), Giuseppe Levi (fisico nucleare, università di Bologna e associato dell’Istituto nazionale di fisica nucleare), Roland Pettersson (già professore di Chimica presso l’università di Uppsala), Lars Tegnér (professore al dipartimento di Ingegneria elettrica, università di Uppsala); i risultati illustrati nell’articolo “Indication of anomalous heat energy production in a reactor device” dimostrano, al di là di ogni ragionevole dubbio, l’esistenza di una fonte di energia pulita ed a basso costo, sfruttabile commercialmente in tempi molto brevi; oltre al brevetto italiano di Andrea Rossi “processo ed apparecchiatura per ottenere reazioni esotermiche, in particolare da nickel ed idrogeno”, brevetto n. 0001387256, altri brevetti che utilizzano procedure simili sono stati rilasciati, si ricordano in particolare i seguenti: “Method for producing energy and apparatus therefor” EP2368252B1, del professor Francesco Piantelli; “Method of maximizing anharmonic oscillations in deuterated alloys” US5770036, del professor Ahern del Defense advanced research projects agency (DARPA); “Hydrogen condensate and method of generating heath therewith” W02004034406, del professor Arata dell’università di Osaka; “Thin nano structured layers with high catalytic activity on nickel or nickel alloy surfaces and process for their preparation” WO2011016014, del professor Celani dell’INFN (Istituto nazionale di fisica nucleare); vi è una sempre maggiore attenzione della comunità scientifica internazionale su tali rivoluzionarie tecnologie, come testimoniano il convegno del 3 giugno co-organizzato dall’Enea presso il Parlamento europeo dal titolo “New advancements on the Fleischmann-Pons Effect: paving the way for a potential new clean renewable energy source?” e la International conference on cold fusion n. 18, organizzata dall’Università del Missouri con il partenariato dell’Enea e della National instruments; l’Enea (Italia), la Stanford research international (USA) e l’Energetics (USA) collaborano su un progetto alternativo di energia dal 2004 basato sull’effetto Fleishman-Pons (FPE), si chiede di sapere se il Governo non intenda adottare opportune misure, anche normative, volte ad una rapida ed effettiva apertura a questo tipo di ricerche, 102 considerato che, per svariati motivi, in Italia sono state sospese le ricerche dei privati e degli enti pubblici che, di fatto, sono all’avanguardia mondiale con una tecnologia che in breve tempo potrebbe sostenere la produzione di energia elettrica a basso costo senza danni all’ambiente, permettendo al Paese di diventare esportatore di energia elettrica, e con l’ulteriore vantaggio, nello sviluppare l’ingegnerizzazione di queste nuove tecnologie, di liberare l’Italia dalla dipendenza degli approvvigionamenti di petrolio, carbone e da altri acquisti di energia elettrica, con enormi vantaggi ecologici e di bilancio Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-00187 Atto n. 3-00187 Pubblicato il 27 giugno 2013, nella seduta n. 53 SCILIPOTI - Ai Ministri dell’istruzione, dell’università e della ricerca e dello sviluppo economico. Premesso che: è stato recentemente pubblicato, sull’archivio on line di articoli scientifici della Cornell University arXiv, un rapporto tecnico dal titolo “Indication of anomalous heat energy production in a reactor device” (Rilevazione di generazione anomala di energia termica in un reattore), i cui autori fanno parte di un team internazionale di ricercatori formato da: Hanno Essén (fisico teorico, ex presidente della Swedish Skeptic’s society, Royal institute of technology, Stoccolma), Evelyn Foschi (fisica esperta di radioprotezione, già università di Bologna), Torbjörn Hartman (ingegnere senior presso lo Svedberg laboratory, Uppsala), Bo Höistad (fisico delle particelle, professore all’università di Uppsala), Giuseppe Levi (fisico nucleare, università di Bologna e associato dell’Istituto nazionale di fisica nucleare), Roland Pettersson (già professore di Chimica presso l’università di Uppsala), Lars Tegnér (professore al Dipartimento di Ingegneria elettrica, università di Uppsala); nel rapporto tecnico sono stati resi pubblici i risultati di due diversi esperimenti effettuati sul generatore termico E-Cat (energy catalyzer) sviluppato da Andrea Rossi con la collaborazione di Sergio Focardi, fisico e professore emerito dell’università di Bologna; il reattore utilizza piccole quantità di idrogeno, isotopi stabili del nichel e particolari catalizzatori. Gli esperimenti sono stati finanziati dalla società svedese Elforsk che opera nel settore energetico. Nel sito web di questa società i risultati ottenuti sono stati 103 qualificati in modo positivo e definiti come “decisamente notevoli”; gli autori dell’articolo hanno misurato in due diversi esperimenti scientifici, uno della durata di 96 ore e l’altro della durata di 116 ore, una produzione anomala di calore con una densità di energia notevolmente superiore alle densità ottenibili da normali reazioni chimiche; nel primo esperimento è stata prodotta energia pari a 62 chilowattora termici con un assorbimento elettrico di 33 chilowattora ed una densità di energia termica pari a 61000 chilowattora per chilo. Nel secondo esperimento l’energia prodotta è stata pari a 160 chilowattora termici con un assorbimento di 35 chilowattora elettrici ed una densità di 680 chilowattora per chilo; si ricorda che l’energia termica prodotta da un chilo di benzina è pari ad appena 13 chilowattora. Entrambi gli esperimenti sono terminati con il deliberato spegnimento del reattore, non per l’esaurimento del materiale attivo utilizzato; gli ordini di grandezza delle energie in gioco escludono sia la possibilità di errori sperimentali, sia un’interpretazione convenzionale della nuova fonte di energia; è, inoltre, promettente e realistica la prospettiva di usare in un prossimo futuro tali reattori per la produzione di energia elettrica, grazie anche al buon rendimento termodinamico ottenibile dalle loro alte temperature di funzionamento; anche se non esiste ancora una teoria generalmente accettata che ne spieghi l’origine, la realtà dei fenomeni di generazione anomala di calore è supportata da migliaia di pubblicazioni scientifiche e da molti brevetti, alcuni dei quali, come il brevetto rilasciato recentemente al professor Francesco Piantelli dell’università di Siena, propongono soluzioni tecnologiche simili a quelle utilizzate nei reattori E-Cat; Rossi ha già ottenuto un brevetto italiano dal titolo: “processo ed apparecchiatura per ottenere reazioni esotermiche, in particolare da nickel ed idrogeno”; molte istituzioni e società italiane e straniere, come Enea, Infn, Nasa, Mit, Mitsubishi, Toyota, US Navy, National Instruments, ST Microelettronica e molte università sono, o sono state, coinvolte in questo particolare settore della ricerca scientifica, considerato ancora da qualcuno come controverso, principalmente per la mancanza di una teoria conclusiva; anche il Martin Fleischmann memorial project recentemente ha replicato gli esperimenti del dottor Francesco Celani dell’Infn, si chiede di sapere: se i Ministri in indirizzo non intendano adottare iniziative volte a favorire le ricerche teoriche e sperimentali che permettano di chiarire, definitivamente, la natura e le caratteristiche dei sopracitati fenomeni; 104 se non intendano adottare iniziative di ingegnerizzazione e sviluppo di queste nuove tecnologie nell’ottica di una possibile riduzione dei costi dell’energia e per favorire la crescita economica e la competitività del Paese, che diventerebbe esportatore di energia elettrica a basso costo con enormi vantaggi di bilancio e ambientali. 1.14 La tutela penale dell’ambiente In tema di ambiente è necessario porre l’accento sull’importanza che la materia ha rivestito negli ultimi anni e specificare quelli che possono essere gli strumenti necessari per raggiungere l’obiettivo di una efficace tutela ambientale ovvero, che l’ambiente si faccia sistema, che una legge analitica tratti tutti gli aspetti della tutela penale dell’ambiente ed infine che si provveda ad una adeguata formazione dei giuristi su tale delicatissimo tema. L’idea di una protezione dell’ambiente che attraverso sanzioni colpisca coloro che pongano in essere atti dannosi per l’ecosistema, ha origini antichissime e difatti già col lontanissimo Codice Ur-Nammu di Lagash (2100 a.C.) si puniva con sanzione pecuniaria la contaminazione di un pozzo. Orbene, sebbene esistesse già dai tempi di Platone la consapevolezza del degrado ambientale, bisogna attendere il 1864 per vedere pubblicata la prima grande opera interamente dedicata all’impatto umano sulla natura (G.P. MARSH, Man and Nature. Or, Physical Geography as Modified by Human Action, 1864). È quindi di palmare evidenza come il diritto penale, il diritto civile e il diritto amministrativo debbano convergere nel progresso del diritto della tutela dell’ambiente. Seguendo il risvolto del diritto penale in materia si denota, soprattutto sul versante nazionale, come la problematica della tutela penale dell’ambiente segua un iter particolarmente controverso determinato anche dalla circostanza che le soluzioni offerte da parte della dottrina non sono del tutto in linea con il pensiero europeo sull’argomento. Purtroppo, il comune sentire valuta l’ambiente in una prospettiva esclusivamente antropocentrica nella quale il bene ambiente viene in considerazione solo in funzione strumentale rispetto alla tutela di altri beni quali la vita, l’incolumità individuale, la salute pubblica o addirittura, il patrimonio e il corretto funzionamento del mercato. 105 Proprio in tale prospettiva e nella stretta correlazione che vi è tra tutela dell’ambiente e diritto penale occorre specificare i mezzi e le finalità attuative, considerando anche che ci si deve rapportare con una collettività spesso poco rispettosa di quell’ecosistema in cui è inserita. Serve perseguire invece la salvaguardia dell’ambiente visto come bene con una rilevanza propria e deve essere inquadrata come una opportunità al fine di approntare una tutela di un patrimonio condiviso. A tal proposito, la normativa penale a tutela dell’ambiente si contraddistingue per l’appartenenza al cosiddetto diritto penale complementare, ossia a quella serie di disposizioni speciali contenute al di fuori del codice penale, con conseguenti riflessi in ordine ad una evidente disorganicità ed estemporaneità della disciplina in esame. Pertanto si ottiene una classificazione di tali norme meramente convenzionale, nella quale si fanno rientrare tutti quei precetti che, perseguendo una efficace tutela dell’ambiente stesso, prevedono puntuali sanzioni penali quale conseguenza della loro inosservanza. Preliminarmente va considerato che la Corte Costituzionale ha determinato che l’ambiente è da porre tra i valori costituzionali con carattere Una bella immagine paesaggistica del nostro pianeta 106 di primarietà ed assolutezza in quanto esso “è protetto come elemento determinativo della qualità della vita, la sua protezione non persegue astratte finalità naturalistiche o estetizzanti, ma esprime l’esigenza di un habitat naturale nel quale l’uomo vive ed agisce e che è necessario alla collettività secondo valori largamente sentiti ed è imposta anzitutto da precetti costituzionali (artt. 9 e 32 Cost.), per cui esso assurge a valore primario ed assoluto”. Al contrario, i cittadini europei sembrano sempre più preoccupati dall’inesorabile aggravarsi della crisi ambientale ed invero essi si aspettano un rafforzamento e non certo un abbandono della tutela penale dell’ambiente. Il legislatore comunitario, ben consapevole dell’importanza cruciale degli interessi sottesi alla nozione di ambiente, è intervenuto più volte in materia suggerendo anche agli Stati membri l’introduzione o il perfezionamento della normativa di carattere in primo luogo penale, ma anche amministrativo e civile. Già nel 1998, il Consiglio d’Europa aveva adottato una Convenzione per la tutela dell’ambiente attraverso il diritto penale. La stessa preoccupazione per l’aumento dei reati contro l’ambiente e per le loro conseguenze, che sempre più frequentemente si estendono al di là delle frontiere degli Stati ove tali reati vengono commessi, che già aveva portato all’adozione della succitata Convenzione, ha costituito, poi, il fondamento, su iniziativa del Regno di Danimarca nel febbraio 2000, della Decisione Quadro della U.E. n. 80/2003 in materia di tutela penale dell’ambiente. Ancora, un ruolo di grande importanza sull’argomento è stato ricoperto dalla Direttiva 2008/99/ CE che obbliga gli Stati membri a prevedere “nella loro legislazione nazionale sanzioni penali in relazione a gravi violazioni delle disposizioni del diritto comunitario in materia di tutela dell’ambiente”. La direttiva, spingendosi oltre, indica gli ambiti specifici dell’intervento penale mediante un’elencazione delle condotte penalmente rilevanti ove il fine è la realizzazione di una tutela penale effettiva, proporzionata e dissuasiva, imposta agli Stati membri e che costituisce lo spunto per una riflessione sul grado di tutela offerto ai beni ambientali dal nostro ordinamento giuridico allo stato attuale. La tutela penale dell’ambiente è quindi oggetto di interesse europeo ed in particolare delle direttive 2008/99/CE e 2009/123/CE, recepite 107 dal nostro sistema normativo col decreto legislativo 7 luglio 2011 n. 121 il quale da un lato, ha implementato il sistema di repressione penale degli illeciti ambientali introducendo nuove fattispecie incriminatrici (art. 727-bis c.p. e art. 733-bis c.p.) e, dall’altro, ha previsto una compiuta disciplina della responsabilità delle persone giuridiche accrescendo il novero dei reati “presupposto” di cui al d.lgs. n. 231 del 2001. Tuttavia, il recente intervento legislativo di recepimento delle direttive suindicate non è esente da criticità in quanto il legislatore nazionale ha mantenuto la tutela penale imperniata su reati contravvenzionali di pericolo astratto e non in rapporto al principio di offensività conforme alle prescrizioni europee. A livello nazionale, un quadro d’insieme della vigente disciplina può essere comunque colto riferendosi alle disposizioni contro l’inquinamento atmosferico, idrico e da rifiuti solidi confluite nel d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (il c.d. “Testo Unico Ambientale”) quale somma della miriade di leggi sparse che ha avuto il merito di sostituire il decreto Ronchi e di regolamentare la tutela delle acque, il problema dei rifiuti e la questione dell’inquinamento ambientale. Ed invero, con il predetto decreto composto da più di trecento articoli ed oltre quaranta allegati, si è provveduto a codificare nel diritto nazionale i principi del diritto ambientale, prevalentemente di derivazione europea, che rappresentano una novità nel panorama legislativo italiano in materia ambientale. Il successivo d.lgs. 16 gennaio 2008 n. 4 si è aggiunto ed ha modificato in parte il precedente, da un lato a tutela del principio della protezione delle acque e del sottosuolo dall’altro a favore della bonifica dei siti inquinati. La norma, inoltre, ha avuto il merito di rafforzare l’operatività del principio dello sviluppo sostenibile, del diritto di accesso e di partecipazione dei cittadini e del principio di sussidiarietà, così che possano trovare conseguente attuazione il diritto alla salute, il diritto alla tutela del paesaggio e quello ad un ambiente salubre, ben consacrati nella nostra Costituzione. Purtroppo però, le sanzioni comminate dal legislatore avverso gli illeciti ambientali sono identificabili in mere contravvenzioni che pertanto non scoraggiano la commissione di tali fatti criminosi ed anche nel caso 108 in cui i reati ambientali concorrono con i reati previsti dal codice penale la situazione non cambia. Ciò posto, solo due sono gli illeciti penali costituiti in materia ambientale, uno previsto dall’art. 18 della legge 42/2004 sulla tutela del paesaggio e l’altro definito dall’art. 260 del d.lgs. 152/2006 in tema di rifiuti. Il cuore della tematica che stiamo affrontando è senz’altro costituito in buona parte dall’ingerenza della mafia, soprattutto della camorra, in una piaga che affligge il nostro paese e cioè lo smaltimento illecito dei rifiuti. Per la mafia l’immondizia è oro, tanto è vero che lo smaltimento dei rifiuti (anche tossici) ha costituito a lungo l’attività preferita dei clan quale traffico molto remunerativo e di gran lunga meno rischioso di quello avente ad oggetto ad esempio le sostanze stupefacenti. Tale attività criminosa ha difatti permesso alla mafia di costituire una fitta ragnatela in tutta Italia creando grave nocumento non solo all’ambiente ma anche alla salute della collettività che, ironia della sorte, è costretta a sobbarcarsi i costi delle operazioni di bonifica effettuate dalle stesse imprese che inquinano con rifiuti tossici e capaci così di produrre un profitto di quasi trenta miliardi di euro solo negli ultimi anni. Per questo motivo il legislatore, sollecitato dalla procure antimafia, ha trasformato in delitto l’illecito smaltimento dei rifiuti. Dal 2001 ad oggi, tutte le procure italiane hanno avuto la possibilità di indagare a fondo, riuscendo a realizzare scoperte raccapriccianti, oltre ad accertare che i rifiuti illecitamente smaltiti contengono un’alta concentrazione di metalli pesanti nocivi e che questo problema coinvolge ormai tutta la nazione e non solo più il sud Italia. Laddove fosse necessario ricordarlo, la quantità di rifiuti scomparsi ed occultati ammonta ad oltre sessantotto milioni di tonnellate e, come se non bastasse, negli ultimi anni le tecniche di smaltimento illecito dei rifiuti si sono molto affinate e diversificate. In passato si trattava di smaltimento in discariche a cielo aperto, oggi si è passati alla prassi “dell’intombamento” e a quella dello “spargimento” dei fanghi derivanti dallo smaltimento sui terreni agricoli, con la conseguenza di rendere nocivo tutto ciò che su tali terreni si coltiva. 109 Altro mezzo per occultare i rifiuti è ancora quello di impiegarli per la costruzione di laterizi edili; infatti, una volta mescolati calce e rifiuti, a volte anche radioattivi, ben potremmo ritrovarli nelle nostre case. Il mercato dello smaltimento illecito dei rifiuti persegue un funzionamento pratico il cui meccanismo è semplice: una squadra di malavitosi ha il compito di “far visita” alle imprese locali per proporre loro uno smaltimento a prezzi di molto inferiori rispetto alla prassi. Eclatante ed attuale immagine di tale iter è la cosiddetta Terra dei Fuochi in Campania (Italia). Il denaro ottenuto quale frutto di tali attività illecite viene poi riciclato in altri settori d’impresa o per attività formalmente lecite, o depositato su conti bancari aperti nei paradisi fiscali. In conclusione occorre capire quali sono o possono essere i mezzi idonei a contrastare tale fenomeno, in primo luogo severi controlli amministrativi preventivi da svolgere sulle autorizzazioni per il deposito, lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti ed in secondo luogo, una costante vigilanza sulle imprese che hanno ottenuto la concessione di appalti pubblici per il compimento di tali operazioni. L’auspicio è quello di poter pervenire ad una gestione globalizzata del crimine, dei rimedi e delle forze atte a contrastare questo enorme problema che lede la tutela della sicurezza e della salute dell’ambiente, soprattutto di coloro che nell’ambiente vivono. 1.15 Cambiamento climatico Il cambiamento climatico sta interessando tutte le regioni d’Europa e più in generale tutto il pianeta, causando una vasta serie di ripercussioni sulla società e sull’ambiente. Proprio a tal riguardo, si prevedono in futuro ulteriori conseguenze con danni potenzialmente elevati anche in termini di costi e con il verificarsi di eventi climatici estremi che diventeranno sempre più intensi e frequenti, ove le future alterazioni contribuiranno ad accentuare la vulnerabilità di tale situazione e l’equilibrio della nostra salute sarà strettamente connesso al benessere della Terra. Gli indicatori più significativi dello stravolgimento climatico si possono evidenziare in tutta una serie di motivazioni ma soprattutto nell’aumento delle temperature, nelle inondazioni, nella siccità, nell’aumento 110 del livello dei mari e dei fiumi, nello scioglimento dei ghiacciai, nel surriscaldamento e nel raffreddamento globale. Ad oggi, alcuni Paesi stanno cercando di intraprendere un cammino per individuare una soluzione che permetta di capire come attenuare i rischi di uno sconvolgimento ambientale. Proprio questa tematica è stata oggetto di discussione durante una missione organizzata dalla Delegazione Nato - Commissione Scienza e Tecnologia - della quale sono Vice Presidente. L’incontro, realizzatosi con i docenti dell’Università di FairBanks in Alaska, ha avuto come punto focale la tutela e la salvaguardia del pianeta e, molto importante, è stato comprendere come solo avendo una visione totale sullo scenario globale si potranno ottenere delle reali soluzioni. Il mondo e il suo assetto sono in continuo mutamento e gli effetti di questi cambiamenti si ripercuotono sulla nostra vita. Già nell’anno 2009, infatti, proprio in Alaska è stato organizzato un vertice che ha visto la partecipazione di 300 indigeni e di numerosi osservatori internazionali per perseguire quattro obiettivi basilari: • Consolidare, condividere e far tesoro delle esperienze e delle visioni dei popoli indigeni sugli impatti del cambio climatico sugli stili di vita e l’ambiente; • Dare visibilità alla partecipazione e al ruolo dei popoli indigeni nei processi locali, nazionali, regionali ed internazionali di formulazione di strategie e alleanze che vedono coinvolte comunità locali e altri attori per rispondere agli impatti del cambio climatico; • Analizzare, discutere e promuovere il riconoscimento pubblico degli impatti e delle conseguenze dei programmi e delle proposte per la riduzione del cambio climatico e la valutazione delle soluzioni proposte dalla prospettiva dei popoli indigeni; • Diffondere le strategie e le soluzioni per rispondere ai cambiamenti climatici dalla prospettiva delle culture, delle visioni del mondo e delle conoscenze tradizionali dei popoli indigeni includendo gli approcci basati sul diritto locale, nazionale, regionale e internazionale. Anche l’Unione Europea ha cercato di porsi degli obiettivi per la diminuzione dell’inquinamento ambientale e per ridurre al minimo 111 il cambiamento climatico difatti, nella Strategia Europea 2020, fra gli obiettivi troviamo quelli relativi alla sostenibilità energetica quali la riduzione dell’emissione dei gas serra del 20% rispetto al 1990, il 20% del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili e l’aumento del 20% dell’efficienza energetica. Nella Conferenza ONU, organizzata per dicembre 2015, si sottoscriverà il nuovo accordo mondiale sul clima che entrerà in vigore dal 2020, come anche si tracceranno le linee guida sul negoziato internazionale che porterà al nuovo accordo e che è caratterizzato da alcune grandi questioni: il rapporto tra paesi industrializzati ed economie emergenti; il carattere vincolante degli impegni di riduzione delle emissioni nocive (mitigazione) che ogni paese prenderà; le politiche e le risorse per l’adattamento (ovvero le attività che servono ad adattare i territori alle conseguenze del cambiamento climatico). Tuttavia, se da una parte in molti Paesi come quelli Europei ma come anche l’Alaska, già citata prima, si va verso la giusta direzione contemporaneamente, negli stessi paesi, basti pensare proprio a Fairbanks e alla Polonia, si continuano a sostenere le centrali a carbone e ad utilizzare il petrolio quale maggiore fonte di produzione di energia. Il cambiamento climatico, quindi, rappresenta una delle maggiori sfide che l’umanità dovrà affrontare nei prossimi anni: i rischi per il pianeta e per le generazioni future sono enormi e ci obbligano ad intervenire con urgenza. Le iniziative intraprese dai vari Governi non basteranno se non si deciderà insieme di compiere una vera e propria svolta comportamentale, ecologica ed economica che incida sull’ecosistema. Ciò posto, le conseguenze dello stravolgimento climatico ed ambientale saranno anche la causa di tutta una serie di eventi potenzialmente devastanti per la salute del mondo e di noi stessi, presupposto che certamente comporterà un aumento della diffusione di determinate malattie (come la malaria) e di tutta una serie di emergenze che non tutti gli Stati saranno pronti a fronteggiare. Altro pericolo prevedibile sarà l’innalzamento dei mari che sicuramente andrà ad intaccare anche le scorte di acqua dolce(*1) e ciò, di con*1 Vedere anche capitoli: 1.4 L’acqua, bene prezioso che va tutelato. 1.6 Procedimento di potabilizzazione dell’acqua- 2.6 Cibo etica e nutrizione 112 seguenza, finirà col mettere a rischio la produzione agricola e tutto il sistema di produzione alimentare globale. Alcune zone del pianeta devastate e rese invivibili dal verificarsi di tali mutamenti, non potendo più accogliere ed ospitare gli esseri viventi, genereranno enormi migrazioni di massa con conseguente sconvolgimento di ogni sorta di equilibrio, mettendo così seriamente in crisi il sistema economico globale e, cosa ancor più grave, ponendo a rischio la nostra intera esistenza. 113 Capitolo 2 Inquinamento alimentare. Additivi, contenitori di plastica, sostanze tossiche e cibi “Noi siamo quello che mangiamo” dicevano gli antichi ed oggi anche la medicina lo conferma. In sostanza gli alimenti che entrano nel nostro corpo attraverso la bocca vengono digeriti, metabolizzati ed impiegati per formare nuove cellule che andranno a far parte del nostro organismo. Se è vero quindi ciò che sostenevano gli antichi, dovremmo imparare a rispettare un’alimentazione corretta scegliendo del cibo migliore in modo tale da prevenire, perlomeno con quanto è in nostro potere, quella che si può a ben ragione definire come la peggiore piaga del nostro secolo: il cancro. Oggi però, selezionare ciò che decidiamo di mangiare risulta sempre più difficile dato l’impiego crescente di sostanze tossiche presen ti nei cibi. Occorre pertanto far luce su quelli che sono considerati i “nemici” del nostro organismo ossia gli additivi, i contenitori di plastica usati per la conservazione dei cibi e le sostanze tossiche (ad es. ftalati e PVC), evidenziando la loro pericolosità per via degli elementi altamente cancerogeni in essi contenuti. 2.1 Additivi L’uso ormai spropositato degli additivi desta particolare allarme e, con tale termine, si fa riferimento a qualsiasi sostanza normalmente non consumata come alimento in quanto tale e non utilizzata come ingrediente tipico degli alimenti ma, indipendentemente dal fatto che abbia valore nutritivo, aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari nelle fasi di produzione, trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, trasporto o immagazzinamento degli stessi, tanto che si possa presumere divenga, essa stessa o i suoi derivati, un componente di tali alimenti direttamente o indirettamente. Sono quindi composti chimici che vengono aggiunti agli alimenti con lo scopo di protrarne la conservazione ma anche di migliorarne aspetto, sapore, consistenza e, secondo disposizioni di legge, devono essere innocui e menzionati in modo chiaro e leggibile 115 affinché il consumatore sia ben consapevole che sta acquistando un prodotto trattato. Gli additivi alimentari sono sostanze ampiamente studiate e documentate sotto il profilo tossicologico ed il loro uso è costantemente tenuto sotto il controllo delle competenti Organizzazioni internazionali e nazionali. In merito, è stata stabilita una dose giornaliera accettabile che rappresenta la quantità di additivo che può essere ingerita ogni giorno attraverso la dieta nell’arco della vita, senza che compaiano effetti indesiderati. Ed invero, nella preparazione e nella conservazione degli alimenti è autorizzato l’impiego solo di quelle sostanze esplicitamente elencate in una apposita lista positiva. Inoltre, gli additivi sono classificati in base alla loro funzione e se ne possono individuare tre grandi gruppi: • Additivi che aiutano a preservare la freschezza degli alimenti: conservanti che rallentano la crescita di microbi ed antiossidanti che prevengono i fenomeni di irrancidimento; • Additivi che migliorano le caratteristiche sensoriali degli alimen ti: coloranti, addensanti, emulsionanti, dolcificanti, esaltatori di sapidità; • Additivi tecnologici usati per facilitare la lavorazione degli alimenti pur non avendo una specifica funzione nel prodotto finale (definiti anche adiuvanti): agenti antischiuma, antiagglomeranti etc. Al fine di tutelare la salute umana e diffondere informazioni corrette circa le sopracitate sostanze, riporto a seguire il testo integrale della proposta di legge n. 1473, da me presentata in collaborazione con altri colleghi alla Camera dei Deputati e riproposta al Senato della Repubblica nel 2013, per l’adozione di nuove norme in materia di impiego di additivi tossici per la preparazione di cibi e bevande destinati all’alimentazione umana: 116 1 CAMERA DEI DEPUTATI N. 1473 PROPOSTA DI LEGGE D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI SCILIPOTI, ANGELI, BARBA, BELCASTRO, BONINO, BURTONE, CIRIELLI, COMMERCIO, DE NICHILO RIZZOLI, DI BIAGIO, LO MONTE, MARCHIONI, OLIVERIO, PORCINO, PORFIDIA, RAZZI, STRIZZOLO, VALENTINI, VENTUCCI Delega al Governo per l’adozione di nuove norme in materia di impiego di additivi tossici per la preparazione di cibi e bevande destinati all’alimentazione umana Presentata il 10 luglio 2008 Onorevoli Colleghi ! — I consumatori chiedono, ormai da anni, chiarezza e in formazione in particolare nella materia alimentare, assai delicata e strettamente correlata alla salute umana. Essi vogliono poter scegliere liberamente e consapevol mente i prodotti che finiscono quotidianamente sulle loro tavole. Invero, le cattive pratiche produttive e commerciali, com plici un’inadeguata legislazione e i con trolli assai carenti, se non addirittura inesistenti, non mettono il cittadino nelle condizioni di po- 2 ter esercitare liberamente le proprie scelte e difendere cos“ il proprio, fondamentale, diritto alla salute. Particolare allarme desta, poi, l’utilizzo, ormai massiccio, di sostanze chimiche quali additivi per cibi e bevande destinati all’alimentazione umana. Nonostante la loro inutilità per l’ali mentazione umana, nonché, per alcuni di essi, la certa o presunta cancerogenicità, l’impiego di tali additivi ammesso e regolato dalla normativa comunitaria (di rettiva 89/197/ CEE del 21 dicembre 1988 del Consiglio), secondo cui, Ç qualsiasi sostanza normalmente non consumata come alimento in quanto tale e non utilizzata come ingrediente tipico degli alimenti, in dipendentemente dal fatto di avere un valore nutritivo, che aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari per un fine tecnologico, nelle fasi di produzione, trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, trasporto o immagazzinamento degli alimenti, si possa ragionevolmente presumere diventi, essa stessa o i suoi derivati, un componente di tali alimenti, direttamente o indirettamente È (articolo 1, pragrafo 2). L’utilizzo di alcuni additivi, siano essi coloranti, addensanti, conservanti, esaltatori di sapidità eccetera, non scevro da rischi per la salute umana (neoplasie, malattie dell’apparato respiratorio, eccetera), quindi giustificato, per lo più, da mere finalità commerciali. Molte ricerche scientifiche hanno però evidenziato, già da tempo, la pericolosità per la salute umana causata dall’impiego di taluni additivi. Una recente ricerca dell’università di Southampton (Inghilterra), pubblicata sulla prestigiosa rivista medico-scientifica « - N. 1473 The Lancet », ha poi posto in evidenza come determinati coloranti, assunti sia da soli sia, ma con maggior rischio, in combinazione con il conservante benzoato di sodio, possano provocare, anche nella fascia di età compresa tra i 3 e i 10 anni, alterazioni del comportamento, quali iperattività, perdita di concentrazione e altre gravi malattie. Immediatamente il Ministero per la salute britannico ha avviato una procedura per la messa al bando, entro il 2009, di tali coloranti. Ci˜ che fa riflettere , tuttavia, che i coloranti posti sotto accusa sono noti già da decenni per i loro effetti nocivi sulla salute umana. Il colorante noto come E102, ov vero la tartrazina, già da anni vietato negli Stati Uniti d’America in quanto sospettato di provocare il cancro alla tiroide. Ma an che altri Stati, quali Norvegia, Giappone, Australia e Austria, nel corso degli ultimi anni, hanno bandito determinate sostanze a seguito di nuove e pi moderne, nonché efficaci, ricerche scientifiche che hanno di mostrato la pericolosità per la salute umana di molti additivi, quali: E102 (Tartrazina); E104 (Giallo di crinolina); E110 (Giallo arancio S); E122 (Azorubina); E123 (Amaranto); E124 (Rosso cocciniglia A); E127 (Eritrosina); E129 (Rosso AC); E131 (Blu patent V); E151 (Nero Brillante BN); E154 (Marrone FK); E173 (Alluminio); E174 (Argento); E175 (Oro); 3 E210 (Acido benzoico); E211 (Sali di acido benzoico); E212 (Sali di acido benzoico); E213 (Sali di acido benzoico); E220 (Anidride solforosa); E221 (Solfito di sodio); E222 (Bisolfito di sodio); E223 (Metabisolfito di sodio); E224 (Metabisolfito di potassio); E225 (Solfito di potassio); E226 (Solfito di calcio); E227 (Bisolfito di calcio); E228 (Potassio solfito acido); E237 (Formiato di sodio); E239 (Esametilen tetrammina); E240 (Aldeide formica); E249 (Nitrito di potassio); E250 (Nitrito di sodio); E251 (Nitrato di sodio); E252 (Nitrato di potassio); E320 (BHA Butilidrossianisolo); E321 (BHT Butilidrossitoluolo); E338 (Acido ortofosforico); E339a (Fosfato monosodico); E339b (Fosfato disodico); E339c (Fosfato trisodico); E340a (Fosfato monopotassico); E340b (Fosfato dipotassico); E340c (Fosfato tripotassico); E341a (Fosfato monocalcico); E341b (Fosfato dicalcico); E341c (Fosfato tricalcico); E363 (Acido succinico); E385 (Calcio disodio EDTA); E420 (Sorbitolo); E434 (Polisorbato 40); E470 (Sali di acidi grassi); E474 (Saccarogliceridi); E483 (Tartrato di stearile); - N. 1473 E491 (Sorbitolo monostearato); E492 (Sorbitolo tristearato); E493 (Sorbitolo monolaurato); E494 (Sorbitolo monooleato); E495 (Sorbitolo monopalmitato); E513 (Acido solforico); E524 (Idrossido di sodio); E525 (Idrossido di potassio); E527 (Idrossido di ammonio); E528 (Idrossido di magnesio); E530 (Ossido di magnesio); E540 (Difosfato di calcio); E541 (Fosfato adico di alluminio e sodio); E544 (Polifosfato di calcio); E545 (Polifosfato di ammonio); E553a (Silicato di magnesio); E553b (Talco); E576 (Gluconato di sodio); E627 (Guanilato di disodio); E631 (Inosinato disodico); E635 (5’ ribonucleotidi di sodio); E905 (Cera microcristallina -Paraffina); E907 (Poli – 1 – decene idrogenato – Cera microcristallina); E927 (Azodicarbonammide); E952 (Acido ciclamico). L’utilizzo di questi additivi però, ad oggi, ammesso dalla vigente normativa comunitaria. La presente proposta di legge quindi, si prefigge di individuare gli additivi dannosi, o sospettati di essere tali, per la salute umana, vietandone l’utilizzo e la vendita, in relazione a tutti i prodotti alimentari, facendo cadere, quindi, la limitazione ai soli prodotti destinati ai bambini e ampliando la tutela anche agli adulti. In particolare, l’articolo 1, esplicita le finalità della legge e delega il Governo ad 4 adottare uno o pi decreti legislativi al fine di dare attuazione al contenuto della stessa. L’articolo 2 fissa i princìpi e i criteri e direttivi di cui il Governo, nell’esercizio della delega, dovrà tener conto, indicando le sigle e i nomi delle sostanze da vietare e ponendo, altresì, un divieto assoluto, non solo di utilizzo da parte dei produttori ma, anche, per i commercianti, di vendita di prodotti alimentari contenenti tali additivi. La lettera c) del comma 1 dello stesso articolo 2 quindi pone l’ulteriore obbligo, per i produttori, di indicare in tutti gli alimenti, il codice, nonch il nome per esteso, della sostanza usata come colorante. La lettera d) del medesimo comma 1 ri- - N. 1473 conosce, anche in favore delle associazioni dei consumatori, la legittimazione ad agire a tutela degli stessi, attraverso lo strumento della cosiddetta « class action ». La lettera e) dello stesso comma 1 prevede, infine, una sanzione penale fino a tre mesi di reclusione ovvero un’ammenda fino a 206 euro per i soggetti, produttori o commercianti, che violano gli obblighi scaturenti dalla normativa. L’articolo 3 concerne il parere delle Commissioni parlamentari competenti su gli schemi di decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all’articolo 1 e, infine, l’articolo 4 stabilisce l’entrata in vigore della legge. 5 PROPOSTA DI LEGGE - N. 1473 c) sancire, a carico dei produttori, l’obbligo di riportare in etichetta, accanto al codice, anche il nome della sostanza impiegata; d) riconoscere, anche in favore delle associazioni dei consumatori, la legittima zione ad agire per il risarcimento del danno La presente legge finalizzata a garanti- alla salute derivato dall’uso delle sostanze re un’efficace tutela dei consumatori dai di cui alla lettera a); rischi derivanti dall’impiego di additivi tose) prevedere che le violazioni dei divieti sici per la preparazione di cibi e bevande e degli obblighi di cui alle precedenti lettere destinati all’alimentazione umana. a), b) e c), siano sanzionati, salvo che il fatto Il Governo delegato ad adottare, en- costituisca pi grave reato, con l’arresto fino a tro sei mesi dalla data di entrata in vigore tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro. della presente legge, e secondo i princ“pi e i criteri direttivi di cui all’articolo 2, uno pi decreti legislativi recanti norme per la Art. 3. tutela della salute dei consumatori rispet(Pareri delle Commissioni parlamentari). to ai rischi connessi all’impiego di additivi tossici per la preparazione di cibi e bevande 1. Gli schemi dei decreti legislativi di destinati all’alimentazione umana. cui all’articolo 1, sono trasmessi alle Ca mere almeno sessanta giorni prima della scadenza del termine previsto per l’esercizio Art. 2. della delega di cui al medesimo articolo 1, (Princ“pi e criteri direttivi). comma 2, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti, da esprimere en1. I decreti legislativi di cui all’articolo 1 si tro quaranta giorni dalla data di assegnazioinformano ai seguenti princ“pi e criteri direttivi: ne. Decorsi quaranta giorni dalla data di assegnazione i decreti legislativi sono emanati a) prevedere il divieto, in qualunque fase anche in assenza del parere. della produzione, in tutti i cibi e le bevande destinati all’alimentazione umana, degli additivi di cui all’allegato 1, annesso alla presente legge; Art. 4. (Entrata in vigore). b) prevedere il divieto di commercia lizzazione di qualunque cibo o bevanda, 1. La presente legge entra in vigore il destinati all’alimentazione umana, conte nente uno o pi degli additivi di cui all’alle- giorno successivo a quello della sua pub blicazione nella Gazzetta Ufficiale. gato 1 annesso alla presente legge; Art. 1. (Finalità. Delega al Governo). - N. 1473 6 Allegato I (Articolo 2, comma 1, lettere a) e b)). ELENCO ADDITIVI PERICOLOSI PER LA SALUTE UMANA Elenco additivi coloranti, conservanti, edulcoranti, esaltatori di sapidità, addensanti, emulsionanti, gelificanti, stabilizzanti pericolosi per la salute umana di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a): E102 (Tartrazina); E104 (Giallo di crinolina); E110 (Giallo arancio S); E122 (Azorubina); E123 (Amaranto); E124 (Rosso cocciniglia A); E127 (Eritrosina); E129 (Rosso AC); E131 (Blu patent V); E151 (Nero Brillante BN); E154 (Marrone FK); E173 (Alluminio); E174 (Argento); E175 (Oro); E210 (Acido benzoico); E211 (Sali di acido benzoico); E212 (Sali di acido benzoico) E213 (Sali di acido benzoico); E220 (Anidride solforosa); E221 (Solfito di sodio); E222 (Bisolfito di sodio); E223 (Metabisolfito di sodio); E224 (Metabisolfito di potassio); E225 (Solfito di potassio); E226 (Solfito di calcio); E227 (Bisolfito di calcio); E228 (Potassio solfito acido); E237 (Formiato di sodio); E239 (Esametilen tetrammina); E240 (Aldeide formica); E249 (Nitrito di potassio); E250 (Nitrito di sodio); E251 (Nitrato di sodio); E252 (Nitrato di potassio); E320 (BHA Butilidrossianisolo); E321 (BHT Butilidrossitoluolo); E338 (Acido ortofosforico); E339a (Fosfato monosodico); E339b (Fosfato disodico); E339c (Fosfato trisodico); E340a (Fosfato monopotassico); E340b (Fosfato dipotassico); E340c (Fosfato tripotassico); E341a (Fosfato monocalcico); E341b (Fosfato dicalcico); E341c (Fosfato tricalcico); E363 (Acido succinico); E385 (Calcio disodio EDTA); E420 (Sorbitolo); E434 (Polisorbato 40); E470 (Sali di acidi grassi); E474 (Saccarogliceridi); E483 (Tartrato di stearile); E491 (Sorbitolo monostearato); E492 (Sorbitolo tristearato); E493 (Sorbitolo monolaurato); E494 (Sorbitolo monooleato); E495 (Sorbitolo monopalmitato); 7 E513 (Acido solforico); E524 (Idrossido di sodio); E525 (Idrossido di potassio); E527 (Idrossido di ammonio); E528 (Idrossido di magnesio); E530 (Ossido di magnesio); E540 (Difosfato di calcio); E541 (Fosfato adico di alluminio e sodio); E544 (Polifosfato di calcio); E545 (Polifosfato di ammonio); E553a (Silicato di magnesio); - N. 1473 E553b (Talco); E576 (Gluconato di sodio); E627 (Guanilato di disodio); E631 (Inosinato disodico); E635 (5’ ribonucleotidi di sodio); E905 (Cera microcristallina -Paraffina); E907 (Poli – 1 – decene idrogenato – Cera microcristallina); E927 (Azodicarbonamminide); E952 (Acido ciclamico). Proposta di Legge n. 1473, presentata dal Sen. Domenico Scilipoti alla Camera dei Deputati il 10 luglio 2008 2.2 Contenitori di plastica ed effetti “indesiderati” Immagini contenitori in plastica d’uso quotidiano Anche le materie plastiche, che oramai dominano la vita quotidiana, sono state oggetto di studi scientifici e lunghi dibattiti tra esperti a causa delle sostanze tossiche e cancerogene che sprigionano a contatto con gli alimenti. Sulla scorta di ciò, in funzione della loro ampia diffusione nel settore alimentare nonché a motivo della complessità della loro composizione e delle implicazioni di carattere igienico-sanitario, sono state fra i primi materiali ad essere regolamentati a livello nazionale e comunitario. Nella maggior parte dei casi tali materiali sono destinati a venire a contatto con gli alimenti, di norma a tutela e protezione degli stessi (involucro protettivo-packaging) oppure fungono da contenitore, rivestimento, imballaggio (wrapping-material). Sono per lo più derivati dai processi industriali della lavorazione di prodotti del petrolio e costituiti da materiale non deteriorabile e resistente all’attacco di agenti esterni, tali qualità appaiono amplificate se vengono composti con particolari additivi che li rendono ancora più resistenti, ma anche più difficili da decomporre. Tuttavia, è bene ricordare che soprattutto quelle utilizzate per il con 124 fezionamento e l’imballaggio dei generi alimentari sono sensibili al calore, pertanto bisognerebbe non utilizzarle con i cibi che hanno subito un trattamento termico in quanto possono cedere i propri costituenti all’alimento. In Italia le plastiche destinate a venire a contatto con gli alimenti sono disciplinate sia dalle norme di carattere generale di cui al D.P.R. n. 777/1982 sia dalle disposizioni specifiche riportate nel D.M. 21 marzo 1973 ed ancora dalle norme comunitarie del regolamento (CE) n. 1935/2004. Ciò nondimeno, a far data dal 1° maggio 2011 in applicazione del nuovo regolamento U.E. n. 10/2011 denominato Regolamento Pim (Plastics Implementation Measure), il settore delle plastiche destinate al contatto con gli alimenti è stato interamente uniformato in un unico corpus normativo. Il succitato regolamento, che in quanto tale non va recepito ma si applica direttamente agli Stati membri, stabilisce norme specifiche per la fabbricazione e la commercializzazione di composti, materiali ed oggetti di materia plastica destinati ad entrare o già in contatto con i prodotti alimentari i quali, se costruiti secondo i dettami della normativa europea, rispondono sia alle esigenze della grande industria che a quelle del consumatore e contribuiscono all’allungamento della vita del prodotto preservandolo da agenti batterici provenienti dal mondo esterno. Ciò posto, in qualità di prodotti finiti vanno comunque sempre testati per garantirne la sicurezza alimentare e bisogna prendere in consi derazione la possibilità che, per cause di varia natura, si abbia la migrazione di sostanze odorigene dalla materia plastica all’alimento. Proprio per tale motivo, la ricerca scientifica è in continuo fermento relativamente all’investigazione di come tali prodotti siano in grado di associarsi agli alimenti, senza decomporre o denaturare i costituenti stessi dell’alimento, e/o cedere costituenti propri che possono essere assorbiti dall’alimento e provocare nocività. Sono pertanto definite dalla normativa vigente le liste positive dei monomeri e degli additivi che possono essere usati nella preparazione di articoli o materiali di plastica destinati al contatto con gli alimenti, comprese anche eventuali limitazioni o restrizioni ed i controlli analitici che debbono essere effettuati per accertare la idoneità dei materiali ed oggetti in esame, comprendono la verifica della migrazione globale e della migrazione specifica. 125 È compito delle imprese produttrici controllare la rispondenza dei prodotti alle norme di settore in modo tale da poter dimostrare, ove richiesto, di aver adeguatamente provveduto a tutti i controlli ed accertamenti necessari fino al consumatore finale affinché gli organi deputati al controllo ufficiale possono identificare, e quindi rintracciare il produttore dei materiali ed oggetti in questione. Nello specifico, nell’ambito del controllo ufficiale la realizzazione delle analisi è affidata a laboratori pubblici (Presidi Multizonali, Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente, Aziende Sanitarie Locali e Istituti Zooprofilattici Sperimentali). Allo stato attuale, a seguito delle attività di controllo effettuate dalle Autorità territorialmente competenti, non è pervenuta al Ministero della Salute alcuna segnalazione circa la non congruità sanitaria dell’uso di contenitori in polivinilcloruro. Tuttavia, data l’importanza dell’argomento e la forte volontà di dare risposte concrete ed immediate ai cittadini, ho ritenuto fondamentale presentare al Ministro della Salute un’interessante interrogazione Parlamentare della quale, a seguire, è riportato il testo integrale: Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-00365 Pubblicato il 18 giugno2013, nella seduta n. 43 Risposta pubblicata SCILIPOTI - Al Ministro della salute. Premesso che: risultano incompatibili con le principali linee guida di tutela della salute i contenitori di plastica utilizzati abitualmente per il trasporto degli alimenti nelle mense scolastiche o negli ospedali e nei luoghi di cura, nonché i coloranti, antiossidanti, conservanti ed emulsionanti che vengono aggiunti volontariamente ai prodotti, per assicurarne la conservazione o migliorarne alcune caratteristiche; l’affermazione della plastica e delle sostanze aggiuntive per i prodotti alimentari, a partire dal primo dopoguerra, dimostra come i problemi sia ambientali che sanitari derivanti da tale fenomeno siano ancora sottovalutati;i contenitori di plastica, tra cui i più diffusi sono fatti di pvc (cloruro di polivinile), a contatto con i cibi caldi rilasciano sostanze cancerogene precursori delle malattie neoplastiche; il contenitore inoltre, per essere reso adatto ad avvolgere e contenere gli alimenti, deve essere arricchito dall’aggiunta di alcune sostanze, dette additivi plasticizzanti; i principali additivi utilizzati sono gli “ftalati”, che, non formando legami irreversibili con il cloruro di polivinile che li contiene, tendono a fuoriuscire dalla matrice del cloruro di polivinile e a migrare nell’alimento; alcune sostanze 126 aggiuntive, come l’E24 o l’E27, comunemente usate per le gomme da masticare, gelati, cibi e bevande, negli Stati Uniti ed in Australia sono state vietate, perché sospette di provocare tumori alla tiroide ed allergie; invece in Europa, secondo la direttiva 94/34/CE del 30 giugno 1994 e da un’indagine effettuata dal comitato scientifico per l’alimentazione, la vendita di prodotti contenenti questo tipo di sostanze è ancora ammessa in quanto essi sarebbero “assolutamente sicuri”, si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno assumere iniziative normative urgenti per la tutela dei consumatori, promuovendo l’uso di materiali completamente biodegradabili e vietando sia l’uso di contenitori per alimenti e bevande che contengano cloruro di polivinile, bifenili policlorati, materiali assimilabili, sia l’uso, anche in via preventiva, di sostanze aggiuntive che possano danneggiare la salute. Riporto, inoltre, risposta a mia interrogazione scritta n° 4-00365 da parte del Sottosegretario di Stato per la salute Fadda Risposta del Ministero all’interrogazione n. 4-00365 Fascicolo n.21 - Le materie plastiche, in quanto destinate al contatto con gli alimenti in funzione della loro ampia diffusione nel settore alimentare, nonché a motivo della complessità della loro composizione e delle implicazioni di carattere igienico-sanitario, sono state fra i primi materiali ad essere regolamentati a livello nazionale e comunitario. In Italia le plastiche destinate a venire a contatto con gli alimenti sono disciplinate sia dalle norme di carattere generale di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 777 del 1982 e successive modifiche e dalle disposizioni specifiche riportate nel decreto ministeriale 21 marzo 1973, sia dalle norme comunitarie del regolamento (CE) n. 1935/2004. Dal 1° maggio 2011, in applicazione del nuovo regolamento (UE) n. 10/2011, il settore plastiche destinate al contatto con gli alimenti è interamente disciplinato a livello comunitario. Sono definite dalla normativa vigente, fra l’altro, le liste positive dei monomeri e degli additivi che possono essere usati nella preparazione di articoli o materiali di plastica destinati al contatto con gli alimenti, comprese anche Risposta. 127 eventuali limitazioni o restrizioni. I controlli analitici che devono essere effettuati per accertare l’idoneità dei materiali ed oggetti in esame comprendono la verifica della migrazione globale e della migrazione specifica. Allo stesso tempo, le imprese produttrici delle materie plastiche sono tenute a controllare la rispondenza dei loro prodotti alle normative indicate e a dimostrare, in ogni momento, di aver adeguatamente provveduto ai controlli ed accertamenti necessari. I materiali ed oggetti devono essere sempre accompagnati, nelle varie fasi diverse dalla vendita al consumatore finale, da una dichiarazione scritta rilasciata dal produttore e at testante la conformità alle normative vigenti. In tal modo, qualora necessario, gli organi deputati al controllo ufficiale possono identificare e, quindi, rintracciare il produttore. Nell’ambito del controllo ufficiale l’effettuazione delle analisi affidata ai laboratori pubblici (presidi multizonali, agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, aziende sanitarie locali e istituti zooprofilattici sperimentali). Allo stato attuale, nell’ambito delle attività di controllo effettuate dalle autorità territorialmente competenti, non è pervenuta al Ministero alcuna segnalazione circa la non congruità sanitaria dell’uso di contenitori in polivinilcloruro. Gli ftalati, impiegati quali additivi nella produzione delle materie plastiche, sono stati autorizzati con specifiche restrizioni volte a limitarne l’uso a scopo precauzionale. Per “additivo alimentare” si intende qualsiasi sostanza, normalmente non consumata come alimento in quanto tale e non utilizzata come ingrediente tipico degli alimenti, indipendentemente dal fatto di avere un valore nutritivo, aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentati, per un fine tecnologico, nelle fasi di produzione, trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, trasporto o immagazzinamento degli alimenti, che si possa presumere divenga, essa stessa o i suoi derivati, un componente di tali alimenti direttamente o indirettamente. Gli additivi alimentati sono sostanze ampiamente studiate e documentate sotto il profilo tossicologico e il loro uso costantemente sotto il controllo delle competenti organizzazioni internazionali e nazionali. Per essi è stabilita una dose accettabile giornaliera, che rappresenta la quantità di additivo che può essere ingerita giornalmente attraverso la dieta nell’arco di vita, senza che compaiano effetti indesiderati. Nella preparazione e conservazione degli alimenti è autorizzato l’impiego solo di quelle sostanze esplicitamente elencate in un’apposita lista positiva. La disciplina degli additivi alimentari è armonizzata a livello comunitario e attualmente disciplinata dalle nuove disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 1333/2008 relativo agli additivi alimentari, che costituisce la norma- 128 tiva quadro, e al regolamento (CE) n. 1331/2008, che stabilisce una procedura unica per l’autorizzazione degli additivi, degli enzimi ed aromi alimentari. In particolare, secondo il regolamento (CE) n. 1331/2008, gli additivi alimentari, gli enzimi e gli aromi possono essere commercializzati ed impiegati negli alimenti soltanto se inclusi nelle specifiche liste positive, secondo una procedura di autorizzazione unica e centralizzata che si basa sulla valutazione scientifica del rischio da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare. Il regolamento (CE) n. 1333/2008 ha inoltre previsto il trasferimento degli additivi alimentari già autorizzati, insieme alle relative condizioni d’uso, negli allegati I e III dello stesso regolamento. Il trasferimento è avvenuto ad opera dei regolamenti (UE) n. 1129/2011 e 1130/2011, che hanno istituito le liste positive comunitarie, contenute negli allegati II e III del regolamento (CE) n. 1333/2008 e successive modifiche. Il Sottosegretario di Stato per la salute Fadda 2.3 La tutela dei consumatori Sempre in tema di sostanze pericolose per la salute dell’uomo, vorrei ancora soffermarmi su un punto che ritengo fondamentale: molte so stanze, che in Europa vengono considerate non dannose per la salute degli uomini, in altri Stati come ad esempio in Giappone, vengono bandite perché riconosciute tossiche e pericolose. Se per loro “natura” queste sostanze sono dannose e pericolose perché pretendiamo di regolamentarne l’utilizzo tramite leggi e norme? Se una sostanza è difatti dannosa in Oriente, come può essere considerata innocua per la salute in Occidente? Riprendendo una frase da me pronunciata durante un intervento pro mosso in occasione dell’iniziativa in difesa della salute presso la sala conferenze dei Saloni Diana nella città di Milazzo (Messina-Italia) e cioè “La plastica uccide quanto il fumo di sigaretta”, desidero precisare che da anni mi schiero a difesa della salute e della vita dei cittadini facendomi promotore di una intensa campagna di sensibilizzazione per l’eliminazione dalle catene alimentari di tutte le sostanze tossiche per l’organismo. Ancor di più, in modo specifico, per la cessazione dell’utilizzo di tutti i contenitori alimentari di plastica poiché, interessando gli alimenti in senso stretto, o i contenitori in cui gli stessi vengono depositati, contengono delle sostanze altamente tossiche per il nostro organismo che possono dare origine a gravi malattie come le degenerazioni neoplastiche. Tale argomentazio- 129 ne costituisce il punto cardine delle numerose conferenze che, ormai da diversi anni, tengo in tutto il mondo facendomi promotore di una concreta presa di posizione al riguardo e perseguendo un duplice aspetto di matrice scientifica: da una parte l’eliminazione di sostanze additive quali conservanti e coloranti presenti nella quasi totalità degli alimenti che ingeriamo, dall’altra la cessazione dell’utilizzo costante di piatti, bicchieri, bottiglie e posate di plastica che, regolarmente ed indiscriminatamente, troviamo nei luoghi più comuni quali le mense scolastiche o gli ospedali e spesso utilizzati anche nelle nostre case. La mia attenzione si incentra con maggiore forza sui contenitori di plastica destinati a contenere e conservare gli alimenti i quali, soprattutto quando sono ancora caldi, a contatto con i composti dei predetti contenitori plastici sprigionano una sostanza chiamata diossina che si mette in circolo passando dal contenitore al cibo, gettando così le premesse per un’alterazione ormonale ed endocrina all’interno dell’organismo dagli effetti cancerogeni. Pertanto, un uso a volte anche inconsapevole ed in altri casi un abuso dell’utilizzo dei contenitori plastici e di tutti quegli alimenti già di per sé tossici per la presenza, tra le altre, della succitata sostanza, creano l’inizio della suddetta alterazione cellulare che potrà anche condurre alla formazione di gravi neoplasie (tumori). A fronte di quanto sostenuto e a mezzo dell’intensa campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica riguardo le tematiche finora trattate, a tutela delle quali mi espongo quale promotore attivo e presente, sono fermamente intenzionato ad assumere una posizione radicale e, se necessario, battagliera che porti all’eliminazione dagli alimenti di tutte quelle sostanze ritenute, a ragione provata, tossiche oltre che all’eliminazione dell’uso dei contenitori di plastica presso mense scolastiche ed ospedali luoghi che, per più che evidenti ragioni, meritano una tutela maggiore poiché vanno ad incidere su soggetti maggiormente esposti a rischi. In considerazione di quanto sopra invito tutta la comunità scientifica e popolare ad assumere una seria presa di coscienza prima, ed una ferma posizione dopo, al fine di dare un notevole contributo a questa importante iniziativa tesa a valorizzare la salute del cittadino e la difesa della vita. La ricerca scientifica troppo spesso boicottata da Governi che stringono intese con le varie multinazionali cerca, grazie anche ai giovani 130 ricercatori, di avvalersi di strumenti innovativi che potrebbero essere utili alla causa fin qui esposta e che sarebbero privi, relativamente ai prodotti d’impiego per il trattamento antineoplastico e per la prevenzione di gravi malattie, di effetti collaterali devastanti. Solo attraverso un progressivo cambiamento delle regole esistenti ed un recupero dei principi etici si potrà trovare una soluzione che sia a favore del benessere psico-fisico di tutti, nessuno escluso. Dobbiamo dunque recuperare la dignità paritaria di tutti i cittadini, soprattutto di quella fascia di consumatori che, per motivi culturali, sociali ed economici, non è sempre in grado di potersi adeguatamente difendere e tutto ciò contro la logica dell’accumulo di denaro a favore della vita perchè, ogni aspetto della materialità come il potere, i soldi, il successo, risulta essere inutile in mancanza del bene primario che é sempre e comunque lo straordinario dono della vita. Proprio al fine di tutelare e salvaguardare tale bene ho presentato, il 29 Maggio 2008, una proposta di legge contenente le norme per la tutela dei consumatori particolarmente vulnerabili rispetto ai rischi connessi all’uso dei contenitori di plastica per alimenti della quale segue il testo integrale: 131 1 CAMERA DEI DEPUTATI N. 1209 PROPOSTA DI LEGGE D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI SCILIPOTI, LEOLUCA ORLANDO, RAZZI, MISITI, FAVIA, BARBATO, PALAGIANO, DI GIUSEPPE, ZAZZERA, MONAI, PALADINI, CIMADORO, ROTA, PIFFARI, MESSINA, VANNUCCI, AGOSTINI, BARBA, BORGHESI, BUCCHINO, CAMBURSANO, COLUCCI, EVANGELISTI, FIANO, GIULIETTI, GRANATA, MURA, NARDUCCI, PORCINO, PORFIDIA, SAMPERI, SARDELLI, SIRAGUSA, TOUADI Norme per la tutela dei consumatori particolarmente vulnerabili, rispetto ai rischi connessi con l’uso di contenitori di plastica per alimenti Presentata il 29 maggio 2008 Onorevoli Colleghi ! — Recenti ricerche scientifiche hanno evidenziato i gravi rischi per la salute derivanti dall’uso di imballaggi e contenitori di plastica per alimenti o bevande. Il materiale plastico utilizzato in tali oggetti contiene, infatti, sostanze organiche come il cloruro di polivinile e altre sostanze quali i bifenili policlorati, i ftalati eccetera, suscettibili di arrecare gravi danni alla salute dei consumatori. 2 Infatti, come le ricerche condotte dal-l’Istituto oncologico di Bologna hanno potuto dimostrare sin dal 1971, il monoclo ruro di vinile una sostanza cancerogena, suscettibile quindi di favorire l’insorgenza di patologie tumorali nei soggetti che con essa vengono a contatto. Inoltre, l’uso del materiale plastico in contenitori o imballaggi di cibi o bevande determina il rilascio di ftalati in conse guenza del contatto della plastica con grassi – animali o vegetali – o con sostanze alcoliche contenuti negli alimenti o bevande posti all’interno dei suddetti imballaggi. Gli ftalati cos“ rilasciati e trasmessi al consumatore si concentrano nel tessuto adiposo, attraverso un processo noto come Ç bioaccumulo È. Tale processo ha riper cussioni di assoluta gravità sul sistema immunitario e riproduttivo dei soggetti, e in particolare di coloro che, come i bambini o gli ammalati, versano in condizioni di salute particolarmente vulnerabili. Gli effetti pregiudizievoli di tale pro cesso di bioaccumulo e dello stesso rilascio degli ftalati nell’organismo umano sono, inoltre, aggravati dalla concentrazione dei suddetti composti chimici, che diretta mente proporzionale alle temperature rag giunte dalla sostanza alimentare contenuta negli imballaggi in questione. La maggiore concentrazione di tali sostanze nocive, ri lasciate nell’organismo umano dalla plastica, determina quindi il rischio di accelerare i processi legati allo sviluppo pu berale, nonché l’insorgenza di patologie tumorali. é pertanto evidente come sia assolutamente necessario tutelare i consu matori da tali gravi pericoli per la salute, proteggendo in particolare i soggetti, quali bambini o ammalati, che, per le condizioni in cui versano, sono maggiormente esposti - N. 1209 ai rischi connessi all’uso della plastica in imballaggi o contenitori di alimenti. Inoltre, importante sottolineare come l’uso della plastica, soprattutto, ma non solo, nel settore alimentare, determini gravi rischi per la salute ambientale, con particolare riferimento alla fase dello smaltimento dei rifiuti e alla possibilità per la plastica di subire un processo di integrale biodegradazione. Da quanto sin qui considerato scaturi sce, quindi, l’esigenza di promuovere, a livello pubblico, una maggiore consapevo lezza dei rischi connessi all’uso della pla stica nel settore alimentare, al fine di prevenire in primo luogo i pericoli per la salute individuale derivanti dai processi di bioaccumulo delle sostanze nocive rilasciate dalla plastica nell’organismo umano. In secondo luogo, necessario promuo vere nella società campagne di sensibilizza zione rispetto ai rischi derivanti alla salu brità ambientale dalla diffusione di rifiuti in materiale plastico, favorendo il ricorso a materiale completamente biodegradabile, che possa essere riciclato e smaltito, cos“ da non danneggiare l’ambiente. Tali obiettivi sono, del resto, oggetto di attenzione da parte non solo della comu nità scientifica internazionale, ma anche delle istituzioni europee, che pi volte hanno adottato normative volte a tutelare i consumatori, la loro salute e ad un tempo la salubrità ambientale, rispetto ai rischi derivanti dall’uso della plastica, soprattutto, ma non solo, nel settore alimentare. A tale fine, la presente proposta di legge introduce norme di assoluto rilievo per la tutela dei consumatori (e in particolare dei soggetti particolarmente vulnerabili) rispetto ai rischi derivanti dall’uso della plastica nel settore alimentare, nonché per la difesa della salubrità ambientale dai pericoli connessi allo 3 smaltimento dei rifiuti in materiale plastico. In particolare l’articolo 1 delega il Governo ad adottare, secondo i princ“pi e criteri direttivi di cui all’articolo 2, uno o pi decreti legislativi recanti norme per la tutela dei consumatori particolarmente vulnerabili rispetto ai rischi connessi al l’uso di contenitori di plastica per alimenti, per l’informazione e la prevenzione di tali rischi, nonché per la tutela della salubrità ambientale rispetto allo smaltimento dei rifiuti e per la promozione dell’uso di materiali completamente biodegradabili. L’articolo 2 reca i princ“pi e i criteri direttivi ai quali il Governo deve attenersi nell’esercizio della delega legislativa. I de creti legislativi in questione dovranno pre vedere il divieto di commercializzazione, diffusione ed uso, nelle mense scolastiche e ospedaliere, di imballaggi o contenitori per alimenti o per bevande, in materiale plastico contenente cloruro di polivinile, bifenili policlorati, ftalati o altri materiali simili; il divieto di impiegare, in mense scolastiche, aziendali od ospedaliere, stoviglie o contenitori in materiale plastico aventi le medesime caratteristiche; l’obbligo di utilizzare, in sostituzione di tale materiale, sostanze completamente biodegradabili, nonché il dovere, in capo ai produttori, di riportare sulle confezioni dei prodotti alimentari avvertenze particolari in ordine ai rischi per la salute connessi alla presenza di materiale plastico in imballaggi o contenitori di ali menti o bevande. I medesimi decreti legislativi dovranno, poi, sancire che le violazioni degli obblighi e dei divieti stabiliti dai medesimi decreti siano sanzionate, salvo che il fatto costituisca pi grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con - N. 1209 l’ammenda fino a 206 euro. Tali sanzioni corrispondono, infatti, a quelle previste dall’articolo 650 del codice penale, che punisce l’inosservanza dei provvedimenti dell’autorità e che sottende un illecito il cui disvalore penale assimilabile a quello legato alla violazione degli obblighi e dei divieti in questione. I decreti legislativi di cui all’articolo 1 dovranno inoltre prevedere le modalità di realizzazione, d’intesa con le regioni, con le province autonome di Trento e di Bol zano e con gli altri enti locali, di campagne di informazione e di sensibilizzazione dei cittadini, rispetto ai rischi derivanti alla salute dall’uso della plastica nel settore alimentare, nonché ai pericoli per la sa lubrità ambientale legati allo smaltimento dei rifiuti, promuovendo altres“ l’uso di materiali completamente biodegradabili, i soli davvero compatibili con le esigenze di tutela dell’ambiente rispetto alla diffusione e al progressivo accumulo di rifiuti. L’articolo 3 prevede, come da prassi consolidata, l’obbligo del Governo di tra smettere gli schemi dei decreti legislativi in questione alle Camere per l’espressione del relativo parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, al fine di ga rantire il controllo degli organi diretta mente rappresentativi della sovranità po polare, in ordine al rispetto dei princ“pi e dei criteri direttivi enunciati nell’esercizio della delega da parte del Governo. L’importanza sociale e politica delle norme contenute nella presente proposta di legge induce ad auspicarne la tempestiva approvazione, nella consapevolezza della rilevanza che tali disposizioni rivestono al fine di tutelare la salute dei cittadini e la salubrità ambientale. 4 PROPOSTA DI LEGGE Art. 1. (Finalità della legge. Delega al Governo). - N. 1209 polivinile, bifenili policlorati, ftalati o altri materiali simili; b) prevedere il divieto dell’utilizzo, nelle mense scolastiche, aziendali od ospedaliere, di stoviglie o contenitori in materiale plastico contenente cloruro di polivinile, bifenili policlorati, ftalati o altri materiali simili; La presente legge finalizzata a garanc) stabilire l’obbligo dell’utilizzo, nelle tire un’efficace tutela dei consumatori dai ipotesi e ai fini di cui alle lettere a) e b), di rischi derivanti dall’utilizzazione di contemateriale assolutamente non nocivo alla sanitori di plastica per alimenti. lute, quale ceramica o vetro, in sostituzione Il Governo delegato ad adottare, en- del materiale plastico; tro sei mesi dalla data di entrata in vigore d) sancire, in capo ai produttori, l’obblidella presente legge e secondo i princ“pi e go di riportare sulle confezioni dei prodotti criteri direttivi di cui all’articolo 2, uno o alimentari avvertenze particolari in ordine pi decreti legislativi recanti norme per la ai rischi per la salute connessi alla presenza tutela dei consumatori particolarmente vuldi materiale plastico in imballaggi o contenerabili, rispetto ai rischi connessi all’uso nitori di alimenti o bevande; di contenitori di plastica per alimenti, per l’informazione e per la prevenzione di tali e) prevedere che le violazioni dei divieti rischi, nonché per la tutela della salubrità e degli obblighi di cui alle lettere a), b), c) ambientale rispetto allo smaltimento dei e d) siano sanzionate, salvo che il fatto corifiuti e per la promozione dell’uso di mate- stituisca pi grave reato, con l’arresto fino a riali completamente biodegradabili. tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro; Art. 2. (Princ“pi e criteri direttivi). 1. I decreti legislativi di cui all’articolo 1 si informano ai seguenti princ“pi e criteri direttivi: f) prevedere interventi di informazione in ordine ai rischi per la salute connessi all’uso di contenitori o imballaggi per alimenti in materiale plastico, nonché campagne di sensibilizzazione riguardo alla tutela della salubrità ambientale ri spetto allo smaltimento dei rifiuti e inter venti volti a promuovere l’uso di materiali completamente biodegradabili, non nocivi per la salute. a) prevedere il divieto di commercia lizzazione, diffusione e utilizzo, nelle mense scolastiche od ospedaliere, di imballaggi o contenitori per alimenti o bevande, in 2. Gli interventi e le campagne di cui al materiale plastico contenente cloruro di comma 1, lettera f), sono realizzati d’intesa 5 - N. 1209 con le regioni, con le province autonome di medesimo articolo 1, comma 2, per il paTrento e di Bolzano e con gli altri enti locali. rere delle Commissioni parlamentari competenti, da esprimere entro quaranta giorni dalla data dell’assegnazione. Art. 3. (Pareri delle Commissioni parlamentari). Art. 4. 1. Gli schemi di decreto legislativo di (Entrata in vigore). cui all’articolo 1, comma 2, sono trasmessi alle Camere entro il sessantesimo giorno 1. La presente legge entra in vigore il antecedente la scadenza del termine pre giorno successivo a quello della sua pub visto per l’esercizio della delega di cui al blicazione nella Gazzetta Ufficiale. Proposta di Legge n. 1209, presentata dal Sen. Domenico Scilipoti alla Camera dei Deputati il 29 maggio 2008 e ripresentata al Senato della Repubblica il 3.4.2013, N° 567 2.4 Ftalati Gli ftalati sono sostanze chimiche organiche prodotte dal petrolio e sono impiegati quali additivi nella fabbricazione delle materie plastiche tra le quali il PVC è la principale in termini di volume di produzione, con l’intento di renderli più duttili. Realizzati in grande quantità, il loro uso è stato autorizzato esclusivamente solo dopo che sono stati sottoposti a lunghe prove per determinare eventuali effetti sulla salute e l’ambiente e con specifiche restrizioni volte a limitarne l’uso a scopo precauzionale. Nello specifico si tratta di una famiglia di composti chimici usati nell’industria delle materie plastiche come agenti plastificanti, ovvero come sostanze aggiunte al polimero per migliorarne la flessibilità e la modellabilità, più chiaramente addizionato ad esso lo ftalato consente alle molecole del polimero di scorrere le une sulle altre rendendo così il materiale morbido e modellabile anche a basse temperature. Sono sostanze di norma poco solubili in acqua ma molto negli oli, poco volatili ed in genere si presentano come liquidi incolori simili ad un olio vegetale chiaro con poco o nessun odore, ottenuti per reazione tra l’anidride ftalica e un alcol opportuno generalmente compreso tra i 6 ed i 13 atomi di carbonio. Nel 2004 la produzione mondiale di ftalati è stata stimata in 400.000 tonnellate e, pur essendo conosciuti fin dagli anni ‘20, hanno avuto un incremento di produzione solo negli anni ‘50 con l’immissione sul mercato del PVC. I più noti composti di questa classe sono: • il di-2-etilesilftalato (o diottilftalato, DEHP) -plastificante principe del PVC per via del suo basso costo • il diisodecilftalato (DIDP) • il diisononilftalato (DINP) • il benzilbutilftalato (BBzP) - usato nel PVC espanso Tra gli ftalati quello inizialmente impiegato con maggior frequenza era il DEHP, con produzione mondiale stimata in due milioni di tonnellate, poi sostituito dagli ftalati DINP e DIDP che trovano uso frequente in smalti per unghie, adesivi, vernici; quelli di alcoli leggeri quali dimetilftalato e dietilftalato sono usati come solventi nei profumi e nei pesticidi. A partire dal 2003 sono stati oggetto di controversia a causa degli effetti nocivi provocati alla salute ed infatti alcuni studi sembrano 137 mostrare che siano in grado di produrre effetti analoghi a quelli degli ormoni estrogeni, causando una femminilizzazione dei neonati maschi e disturbi nello sviluppo dei genitali e nella maturazione dei testicoli. Ulteriori studi, come quelli sui roditori, hanno inoltre dimostrato che un’elevata esposizione agli ftalati provoca danni al fegato, ai reni, ai polmoni ed allo sviluppo dei testicoli. Tuttavia, un analogo studio condotto da ricercatori giapponesi su una specie di primati non ha evi denziato effetti a carico dei testicoli (Tomonari et al, The Toxicologist, 2003). La classe di sostanze degli ftalati è formata dai sali e dai diesteri dell’acido ftalico e, nello specifico, i diesteri sono per lo più liquidi poco volatili, generalmente incolori e praticamente inodori, i cui composti più importanti sono riassunti nella seguente tabella. Tabella 1: Principali Tipologie di Ftalati I diesteri dell’acido ftalico vengono utilizzati soprattutto come plastificanti negli oggetti d’uso comune in polivinilcloruro (PVC), in altro materiale plastico e generalmente vengono aggiunti a lacche, tubi, cavi, vernici, materiali per pavimenti, anche a smalti e spray per capelli. In concreto, l’addizione di ftalati consente al materiale plastico, spesso frangibile, di dilatarsi e diventare così flessibile ed elastico. Inoltre, gli ftalati sono utilizzati come lubrificanti, creme contraccettive, diluenti ma anche come vettori liquidi in pesticidi, cosmetici e profumi. Il DEP e DBP 138 sono invece sostanze ausiliarie che si trovano nei medicamenti e vengono impiegate per rivestire le sostanze attive con capsule resistenti agli acidi presenti nello stomaco. Le sostanze fin qui esaminate non sono legate chimicamente al materiale plastico ma sono presenti unicamente allo stato soluto ed al contatto con liquidi o grassi si sciolgono o evaporano nell’aria. In particolare gli ftalati DEB e DBP possono essere assorbiti se utilizzati per il confezionamento di medicamenti ed ancora, il DBP può essere assunto dal corpo mediante la respirazione e il contatto con la pelle a seconda dei prodotti utilizzati (p.es. spray per capelli o deodoranti). Anche se da poco tempo è comunque possibile determinare la reale esposizione individuale al DEHP le cui dosi assunte spesso sono più elevate del normale. Ciò avviene soprattutto per i neonati e i bambini sia perché ingeriscono una quantità di alimenti contaminati maggiore in relazione al peso corporeo, sia perché mettono ripetutamente in bocca oggetti di plastica ed ancor di più, dato che particelle sono rilevabili anche nella polvere di casa, il loro assorbimento aumenta nei bambini che spesso giocano sul pavimento. Tutte le altre cause di esposizione al DEHP, pur se analizzate, sono trascurabili ma possono risultare particolarmente significative per altri plastificanti ed ancora la sua utilizzazione nei medicinali può analogamente creare problemi. Relativamente all’aspetto tossicologico gli ftalati provocano raramente una tossicità acuta e solo alcuni composti, primo fra tutti il DEHP, possono rivelarsi pericolosi in caso di esposizioni prolungate o ripetute, manifestando danni alla fertilità e allo sviluppo della prole. Più precisamente, sperimentazioni eseguite su animali hanno dimostrato anche che gli ftalati danneggiano soprattutto la fertilità maschile riducendo la produzione di spermatozoi. Recentemente è stato dimostrato che molti ftalati possono provocare anche alterazioni ormonali interagendo con sostanze denominate xenormoni o perturbatori endocrini ed il cui effetto più acuto è stato osservato in riferimento agli ftalati BBP e DBP, nonostante abbiano solo un debole effetto estrogeno e vengano assorbiti in quantità minime. Pur se quindi non c’è da attendersi un’influenza significativa sull’equilibrio ormonale umano, tali sostanze meritano comunque una maggiore attenzione dato che vanno inserite nel contesto del carico ormonale globale determinato dalla presenza di altri xenormoni. 139 Proprio al fine di consentire una visione più chiara dell’argomento si vuol presentare un caso pratico, qui riportato integralmente, di come la Svizzera ha disciplinato la questione ed invero la consegna ai consumatori finali di sostanze e preparati che danneggiano la fertilità è vietata dall’ordinanza sulla riduzione dei rischi inerenti ai prodotti chimici (OR-RP Chim; RS 814.81) e quindi gli ftalati individuati dalla UE come tossici per la riproduzione non sono immettibili nel mercato svizzero. Tuttavia, sono ammessi quelli presenti nelle pavimentazioni in PVC, nei medicamenti, nelle vernici sintetiche e nei propellenti per motori. Dal primo gennaio 2007 i giocattoli e gli articoli per bambini piccoli non dovrebbero più contenere ftalati DEHP, DBP e BBP e quelli che possono essere messi in bocca devono contenere al massimo lo 0,1% di DINP, DIDP e DNOP (RS 817.044.1 e RS 817.023.41). Tuttavia sono stati ammessi dei termini transitori, cioè tali giocattoli ed articoli potevano essere fabbricati e importati secondo le norme del diritto anteriore fino al 16 gennaio 2007 e venduti fino al 31 marzo 2008. A partire dal gennaio 2006, anche nel settore dei cosmetici è stato vietato l’impiego di ftalati con proprietà nocive alla riproduzione (ordinanza sui cosmetici, SR 817.023.31). Per quanto riguarda ancora gli ftalati impiegati nei materiali di con fezionamento per le derrate alimentari e quindi a contatto con le stesse, come i plastificanti per pellicole in PVC e PVDC (polivinilcioruro e polivinili-dencloruro), il loro uso è generalmente vietato (ordinanza sui materiali e gli oggetti; RS 817.023.21). Altro esempio utile è riferibile agli ftalati nei dispositivi medici e nei medicamenti ove sono impiegati soprattutto quando occorre una forma particolare di assorbimento, come ad esempio nel caso di capsule resistenti agli acidi prodotti dallo stomaco e da ciò gli ftalati sono descritti nella farmacopea europea come sostanze ausiliarie per i medicamenti. Non facendo parte delle sostanze ausiliarie soggette all’obbligo di dichiarazione generalmente l’impiego di ftalati nei medicamenti è autorizzato in Svizzera ma anche nell’UE e negli Stati Uniti, nondimeno la Swissmedic ha valutato la situazione rispetto al rischio d’impiego di ftalati nei medicamenti in Svizzera e ha pubblicato la sua posizione nel novembre 2005 ma, data l’assenza di materiali equivalenti che li possano sostituire, 140 il pericoloso DEHP viene comunque utilizzato in dispositivi medici importanti come tubi e flaconi per infusioni, dialisi e donazioni di plasma. Classifica degli ftalati più comuni: Abbreviazione Numero CAS DEHP 117-81-7 Repr. Cat. 2, R 60-61 DnPP 131-18-0 Repr. Cat. 2, R 60-61 DiPP 605-50-5 Repr. Cat. 2, R 60-61 DBP 84-74-2 Repr. Cat. 2, R 61 Repr. Cat. 3, R 62 DMEP 117-82-8 Repr. Cat. 2, R 61 Repr. Cat. 3, R 62 BBP 85-68-7 Repr. Cat. 2, R 61 Repr. Cat. 3, R 62 Classificazione Repro. Cat. 2: sostanze da considerarsi come inibitrici della riprodut tività (fertilità) umana (Repro. Cat. 2, R 60); sostanze da considerarsi dannose per la fertilità (per lo sviluppo) umana (Repro. Cat. 2, R 61) Repro. Cat. 3: sostanze che lasciano adito a preoccupazione a causa del loro possibile effetto inibente sulla riproduttività (fertilità) umana R 60: può inibire la riproduttività R 61: può danneggiare il feto nel grembo materno R 62: è possibile che inibisca la riproduttività 2.5 Il PVC Il Cloruro di Polivinile (PVC), un polimero plastico costituito da una catena di tante unità di CVM (Cloruro di Vinile Monomero) a loro volta formate dall’unione dell’etilene (che si estrae dal petrolio) con il cloro, ottenuto rompendo le molecole di cloro di sodio presente nel sale marino, 141 se usato a contatto con gli alimenti il PVC ha effetti tossici. Anche le reazioni chimiche che portano alla formazione della molecola di CVM producono prodotti indesiderati quali diossine, furani ed esaclorobenzene, composti altamente tossici anche in piccole concentrazioni che tendono ad accumularsi nella materia organica presente nell’acqua. Questo significa che già nella sua originaria costituzione, il PVC è tossico! Il PVC è quindi il più pericoloso tra i materiali sintetici ma, rispondendo solo a ragioni di pura comodità, viene egualmente impiegato in diversi settori fra cui quello edile (grondaie, tapparelle, infissi, carte da parati, pavimenti, rivestimento dei cavi elettrici, tubature), sanitario (sonde, cateteri, sacche plasmatiche), automobilistico (interni delle vetture) e dei beni di largo consumo (pellicole alimentari, contenitori, bottiglie, giocattoli, cartelle, gomme per cancellare etc.). Dal momento che la polvere di PVC che si ottiene al termine del processo produttivo è amorfa ed instabile sia al calore che alla luce, è necessario aggiungere altri composti chimici per conferirle le caratteristiche commerciali necessarie per l’uso e, proprio a questo scopo, si usano metalli pesanti (quali cadmio e piombo) o composti organici quali il tributilstagno (TBT) o il Bisfenol A (BPA) in capo ai quali però sono state accertate proprietà di alterazione del sistema riproduttivo ed immunitario. È stato verificato, inoltre, che il cloruro di vinile monomero (CVM) è un composto cancerogeno per l’uomo, con prevalente azione sul fegato ove favorisce lo sviluppo di un raro tumore: l’angiosarcoma epatico. L’esposizione al composto è stata legata anche ad altre patologie quali tumori al cervello, interferenza con il sistema riproduttivo ed immunitario, insorgenza di malattie autoimmuni quali sclerosi multipla ed artrite reumatoide. I soggetti a maggior rischio di esposizione al CVM sono non solo gli addetti alla sua produzione, anche la popolazione residente nelle vicinanze degli stabilimenti produttivi perchè venirne a contatto sia tramite il rilascio in atmosfera dei residui di lavorazione sia a causa di eventi accidentali. Il PVC non è quindi innocuo come, a seguito di dibattiti con i sindacati, vogliono far credere le industrie produttrici. Quando si parla di materiali plastici in PVC bisogna far sempre riferimento ai costi umani e sociali che provoca la sua produzione, lavorazione e successivamente incenerimento con emissione di diossina. Tale analisi è rafforzata da ri- 142 cerche svolte da un gruppo di lavoro dell’università di Cagliari (Enrico Dessy e altri - 1980), che ha dichiarato che “il PVC non si comporta come un materiale inerte, bensì come una sostanza biologicamente attiva che esplica un’azione nociva sui tessuti...”, arrivando “in tempi lunghi, all’insorgenza di neoplasie mesenchimali maligne nelle sedi di impianto addirittura di tumori maligni diversi in vari distretti organici”. Ed ancora, alla fine del 1989, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) di Lione appartenente all’Organizzazione Mondiale della Sanità, eseguì uno studio su 12.706 addetti al CVM-PVC di 19 impianti localizzati in quattro paesi europei: Inghilterra, Italia, Norvegia e Svezia, ove l’Italia dichiarò una mortalità del 5,29%, la Norvegia del 23,92%, la Svezia del 9,47% e l’Inghilterra del 16,2%. Ancor prima, in una monografia del 1987 sempre della IARC in qualità di più importante organismo scientifico internazionale che promuove ed esamina criticamente gli studi sui cancerogeni umani, viene riportato quanto segue: “Il cloruro di vinile è stato associato a tumori al fegato, cervello, polmone e sistema emopoietico. Un largo numero di studi epidemiologici e di case-reports ha confermato l’associazione causale tra CVM e angiosarcoma del fegato. Numerosi studi confermano anche che l’esposizione al CVM causa altre forme di cancro, come ad esempio, carcinoma epatocellulare, tumori al cervello, tumori polmonari, tumori maligni del sistema linfatico ed emopoietico e angiosarcoma epatico”. Ma il CVM, e il PVC, hanno anche un’alta incidenza di tumore ai polmoni, laringe e cervello. Sintetizzando, la tossicità del CVM si manifesta nei seguenti quadri morbosi: • acrosteosi: rarefazione del tessuto osseo in corrispondenza delle falangi delle dita; • piastrinopenia: diminuzione nel sangue del numero delle piastrine, elementi deputati alla coagulazione del sangue; • alterazioni epatiche: fibrosi, ipertensione portale, alterazioni degli indici di funzionalità epatica, etc; • microangiopatia periferica, con sintomatologia del tipo malattia di Raynaud (mano fredda).” A tal riguardo parlano chiaro i dati sul disastro del petrolchimico di Porto Marghera (Venezia-Italia) uno dei poli industriali più grandi d’Eu- 143 ropa che ha coinvolto i dirigenti di Enichem e Montedison i quali, gestendo nel passato la produzione di PVC, sono stati al centro del più importante processo in materia di disastri sanitari ed ambientali mai avvenuto nel nostro Paese. Tuttavia, nonostante il Pubblico Ministero abbia raccolto la documentazione su 546 casi di operai affetti da diverse patologie, fra cui circa duecento casi di tumori accertati, il 2 novembre del 2001, a circa sette anni dall’inizio delle indagini, il Tribunale di Mestre ha assolto i 28 manager delle aziende chimiche imputati. A distanza di anni poi, nel dicembre 2004, la sentenza del processo d’appello ha capovolto in modo sostanziale l’assoluzione generale avvenuta nel processo di primo grado, condannando cinque dirigenti della Montedison. Solo la prescrizione ha salvato gli altri imputati, le cui responsabilità morali in questo crimine comunque permangono. Il PVC è quindi il polimero più importante della serie ottenuta da monomeri vinilici ed è una delle materie plastiche più utilizzate al mondo. È un materiale puro e rigido che deve la sua versatilità applicativa alla possibilità di essere miscelato, anche in proporzioni elevate, a prodotti plastificanti quali ad esempio gli esteri dell’acido ftalico che lo rendono flessibile e modellabile. Ripercorrendo dalle origini il processo di lavorazione del PVC, va sottolineato che la reazione di tale materiale fu scoperta per caso a metà dell’800 quando dapprima da Henri Victor Regnault nel 1835 e poi nel 1872 da Eugen Baumann fu notata una polvere bianca solida di polimero dentro bottiglie di cloruro di vinile lasciate esposte alla luce solare. Le proprietà di polimerizzazione di questa sostanza rimasero incontrollabili fino all’inizio del XX secolo; successivamente si ebbero poi i primi tentativi di sfruttamento commerciale del prodotto da parte del russo Ivan Ostromislenskij e del tedesco Fritz Klatte della Griesheim-Elektron, con una serie di brevetti che puntavano alla fotopolimerizzazione del cloruro di vinile, il polivinilcloruro così ottenuto risultava essere un materiale intrattabile, instabile alla luce, duro da lavorare, e poteva liberare HCL se riscaldato. Solo nel 1926 Waldo Semon della B.F. Goodrich sviluppò una tecnica per rendere lavorabile il PVC miscelandolo con degli additivi plastificanti ed il prodotto risultante diveniva così più flessibile e facile da lavorare, tanto che raggiunse presto un diffuso utilizzo. La commercializzazione iniziata nel 1933 si potè avviare anche per l’intensa ricerca 144 condotta dalla IG Farben sui plastificanti del PVC, che lo trasformavano in un materiale adatto agli usi più svariati. I primi copolimeri a base di cloruro di polivinile ed acetato di polivinile furono prodotti dalla statunitense Union Carbide nel 1927. Fu solo sei anni dopo, in Germania nei laboratori dell’IG Farben, che si trovò una soluzione ai problemi di lavorazione, man mano che divenivano accessibili i fondamenti della chimica macromolecolare di Staudinger brevettando le tecniche di polimerizzazione in emulsione. In Italia invece, uno dei principali produttori di PVC è stata la Montedison che aveva nel polo petrolchimico di Porto Marghera, a Venezia, i propri impianti di produzione del polimero e del monomero corrispondente. La prima impresa ad iniziare la produzione industriale di PVC, nel nostro paese fu la S. A. Ursus Gomma di Vige vano (PV) che nel 1939 costruì appositamente un moderno impianto per la lavorazione del nuovo materiale. Sotto il profilo scientifico, in termini chimici, la reazione di polimerizzazione del cloruro di vinile porta alla formazione di lunghe molecole lineari così descritte: CH2=CHC1 --> ...-CH2-CHC1-CH2-CHC1-CH2-CHC1-CH2 CHC1-CH2-CHC1-CH2-CHC1-CH2-CHC1-CH2-CHC1... e tale reazione viene innescata dall’aggiunta di un iniziatore ovvero un composto capace di generare radicali liberi (ad esempio, il perossido di benzoile o l’acqua ossigenata). La predetta reazione privilegia un abbinamento testa-coda delle molecole di cloruro di vinile, cioè con gruppi alternati - CH2 - e -CHC1- lungo la catena, traducendosi in una reazione di polimerizzazione esotermica, ovvero che produce calore e ciò determina che, per impedire il surriscaldamento della massa di reazione che potrebbe portare ad una reazione esplosiva, la temperatura all’interno del reattore deve essere sempre controllata. Per tale ragione, la sintesi del PVC viene raramente condotta in massa, ovvero aggiungendo l’iniziatore ad una massa di cloruro di vinile; anche se la reazione in massa viene mantenuta sotto controllo, si possono comunque originare dei locali surriscaldamenti che alterano sensibilmente le proprietà meccaniche e l’aspetto del polimero ottenuto. Per disperdere il calore di reazione, quindi, la reazione medesima viene condotta in soluzione, in emulsione o in sospensione ed in questo modo il mezzo liquido (un solvente o l’acqua) asporta il calore evaporando ed i vapori vengono quindi condensati e 145 riciclati nel reattore. Di seguito sono riportare in maniera più dettagliata le tre forme di reazione appena citate: • in soluzione: il cloruro di vinile viene disperso in un solvente organico in cui il polimero sia insolubile cosicché la reazione procede in condizioni controllate ed il polimero viene purificato per semplice filtrazione. Pur ottenendo un polimero molto puro e dalle caratteristiche omogenee, il metodo trova applicazione solo su scala di laboratorio o di impianto pilota, stante i rischi ambientali e di sicurezza che pone l’utilizzo in grandi quantità di solventi organici. • in emulsione: il cloruro di vinile, liquefatto per azione della pres sione, viene emulsionato in acqua con aggiunta di sostanze che stabilizzano l’emulsione e, al termine della reazione, si ottiene un lattice dal quale il polimero viene separato per asciugatura con aria calda o per precipitazione. II PVC così ottenuto presenta una migliore attitudine alla lavorazione in quanto grazie all’aggiunta di plastificanti risulta più fluido e facile da stampare, anche se poco indicato per applicazioni speciali a causa della sua maggiore igroscopicità rispetto al PVC ottenuto con altri processi e delle peggiori proprietà elettriche dovute alla presenza di residui dei prodotti necessari per stabilizzare l’emulsione e coagularla successivamente. • in sospensione: è il processo più diffuso e consiste nel mantenere il cloruro di vinile disperso in acqua tramite agitazione e presenza di sostanze tensioattive con l’aggiunta dell’iniziatore, ogni goccia di monomero polimerizza separatamente e si trasforma in una sferetta di polimero, recuperata per filtrazione e asciugatura. Al termine delle reazioni di polimerizzazione il PVC si presenta come polvere o granulato bianco ed il peso specifico è generalmente 1,40-1,45 g/cm3, così però risulta essere molto sensibile alla luce ad al calore che su di esso hanno un effetto degradativo determinando dapprima l’ingiallimento e, a temperature più elevate, la decomposizione dalla quale si libera acido cloridrico. Proprio per tale motivo il PVC plastificato, ovvero addizionato ad additivi plastificanti che ne aumentano la morbidezza, viene poi stabilizzato con l’aggiunta di formulati contenenti soprattutto sali di calcio (stearato, ricinoleato), bario e zinco mentre il PVC rigido viene di norma stabilizza- 146 to con derivati organometallici dello stagno oppure con saponi di piombo, di calcio e di zinco. A tale scopo, venivano usati anche carbossilati di cadmio poi abbandonati in Europa a causa della tossicità di questo metallo, mentre i suoi derivati trovano ancora utilizzo al di fuori dell’Unione Europea. In termini applicativi il PVC è la materia plastica più versatile co nosciuta, è il “vinile” per antonomasia usato per la produzione dei dischi, ma non solo, infatti le possibilità di utilizzo del PVC appaiono innumerevoli ed invero con l’aggiunta di prodotti plastificanti può essere modellato per stampaggio a caldo nelle forme desiderate, ridotto a film oppure a liquido col quale vengono spalmati tessuti o rivestite superfici, fibre tessili artificiali, serbatoi, valvole, rubinetti, vasche. Tra questi, le applicazioni più rilevanti riguardano la produzione di tubi per edilizia, profili per finestra, pavimenti vinilici, film rigido e plastificato per imballi e cartotecnica. La sua versatilità ne permette un largo impiego anche in ambito tessile ed a tale scopo fu prodotto in Francia già nel ’49 passando da PVC essenzialmente amorfo, esemplare commercialmente chiamato Movil, ad un altro costituito da PVC cristallino e di qualità migliore chiamato Leavil, che trovò ampia diffusione nella realizzazione di pigiami per bambini in quanto maggiormente ignifugo. Non dobbiamo però dimenticare che il monomero del PVC, il cloru ro di vinile, non solo è considerato un potente cancerogeno ma che anche all’uso di tale materiale sono connesse problematiche ambientali, per questo motivo la Commissione delle Comunità Europee si è assunta l’impegno di procedere a una valutazione dell’impatto ambientale del PVC, ivi compresi gli effetti sulla salute umana ad esso connessi, attraverso un approccio integrato. Ciò posto, nella proposta di direttiva sui veicoli giunti a fine ciclo vita, viene affermato che: “la Commissione esaminerà i dati relativi agli aspetti ambientali della presenza di PVC nei flussi di rifiuti; che, sulla base di tali dati, la Commissione riesaminerà la sua strategia sui flussi di rifiuti contenenti PVC e, laddove lo impongano motivi di ordine ambientale o sanitario, presenterà le opportune proposte per affrontare gli eventuali problemi in questo settore”. Nella posizione comune del Consiglio relativa a tale proposta si afferma inoltre che “la Commissione sta attualmente esaminando l’impatto ambientale del PVC; la Commissione presenterà, in base a tale esame, 147 appropriate proposte quanto all’impiego del PVC che contengono considerazioni circa i veicoli”. Il PVC è al centro di un controverso dibattito da circa un decennio e sulla questione del PVC e dei suoi effetti sulla salute umana e sull’ambiente sono state espresse divergenti opinioni di ordine scien tifico, tecnico ed economico. A tal proposito, alcuni Stati membri hanno raccomandato, o adot tato, misure concernenti aspetti specifici del ciclo di vita del PVC ma, poichè tali misure non sempre sono uguali tra loro, potrebbero generare delle ripercussioni sul mercato interno. Pertanto, al fine di sviluppare i criteri necessari a garantire la massima tutela della salute umana e dell’ambiente nonché il buon funzionamento del mercato interno, è necessario adottare un approccio integrato atto a consentire la valutazione dell’intero ciclo di vita del PVC. Gli obiettivi sono innanzitutto, presentare e valutare su base scientifica le diverse problematiche ambientali che sorgono nelle varie fasi del ciclo di vita del PVC, ivi compresi gli effetti sulla salute umana e, in secondo luogo, considerare alcune soluzioni alternative per ridurre gli effetti che è necessario combattere in vista di un reale sviluppo sostenibile. Solo questo punto di partenza può servire come base per una migliore consultazione tra le parti interessate al fine di identificare soluzioni pratiche ai problemi di salute e ambientali creati dal PVC. Stante la serietà dell’argomento ed al fine di darne maggior eco, riporto un’interrogazione parlamentare presentata al Ministro del lavoro, della salute, delle politiche sociali: SCILIPOTI - Al Ministro della salute Premesso che: non sono solo gli alimenti a risultare incompatibili con le principali linee guida del rispetto della salute ma anche i contenitori di plastica che vengono abitualmente utilizzati per il trasporto degli alimenti nelle mense scolastiche o negli ospedali e nei luoghi di cura nonché i coloranti, antiossidanti, conservanti ed emulsionanti che vengono aggiunti volontariamente ai prodotti per assicurarne la conservazione o migliorarne alcune caratteristiche; il trionfo della plastica e delle sostanze aggiuntive per i prodotti alimentari, a partire dal primo dopoguerra, indica come l’aspetto sia ambientale che sanitario del problema sia ancora sottovalutato; i contenitori di plastica tra cui i più diffusi sono fatti di PVC (cloruro di polivinile) a contatto con i cibi caldi rilasciano sostanze cancerogene e sono precursori 148 delle malattie neoplastiche;il contenitore poi, per essere reso adatto ad avvolgere e contenere gli alimenti, deve essere arricchito dall’aggiunta di alcune sostanze, dette additivi plasticizzanti, i principali additivi utilizzati sono gli “ftalati” che, non formando legami irreversibili con il Pvc che li contiene, tendono a fuoriuscire dalla matrice del Pvc, invece in Europa, secondo la direttiva del 30 giugno 1994 e da una indagine effettuata dal Comitato scientifico per l’alimentazione, la vendita di prodotti contenenti questo tipo di sostanze è ancora ammessa in quanto “assolutamente sicuri”;se il Ministro non ritenga opportuno dedicare al problema maggiore attenzione di quanto ne abbia avuta fino ad oggi assumendo iniziative normative urgenti per la tutela dei consumatori promuovendo l’uso di materiali completamente biodegradabili e vietando sia l’uso di contenitori per alimenti e bevande, sia l’uso di sostanze aggiuntive che possano danneggiare la salute. 2.6 Cibo ed etica alimentare a) Etica e bioetica alimentare I piaceri della tavola, si sa, sono tra i più apprezzati al mondo ed è sempre più difficile rinunciarvi ma attenzione, anche mangiare un piatto di pasta o godersi una bella bistecca può comportare dei rischi non indifferenti e questo perché il cibo, a causa delle sempre più raffinate lavorazioni industriali a cui vengono sottoposti gli alimenti in generale ed ancor di più quelli confezionati, può contenere molte sostanze chimiche dannose per l’organismo. Vivendo in una società ove ciò che attrae è solo ciò che appare, quello che sembra avere potere attrattivo per i consumatori riguarda ben poco la qualità dei cibi e questo determina che, tra tavole imbandite e pubblicità ingannevole, il cibo oltre ad essere una necessità fisiologica rappresenta, purtroppo, una delle primarie fonti di inquinamento biologico per il nostro organismo. Eppure gran parte della popolazione, se non la sua totalità, ha sperimentato disturbi digestivi, acidosi, cefalee, intolleranze, allergie, obnubilamenti della coscienza, o comunque fastidi di vario genere; questi disturbi non sono legati al caso ma a quello che abitualmente mangiamo tutti i giorni ed allo stile di vita che ad oggi conduciamo (fast-food, tavole calde etc.). La motivazione di tali disagi è riscontrabile, purtroppo, nella stupidità umana che, col tempo, si è sostituita all’intelligenza della natura, ormai costretta a produrre cibi avvelenati da tutte le sostanze che vengono immesse nei terreni e che 149 dovrebbero favorire la forma, la quantità e la qualità dei cibi prodotti, tra i quali pesticidi, fungicidi, erbicidi, anticrittogamici ed OGM presenti non solo in origine ma anche nella fase di lavorazione e conservazione industriale dei cibi stessi. Parlare di etica in materia di alimentazione diventa quindi difficile e complicato. È possibile infatti individuare il cibo etico come quello coltivato in modo naturale, biologico e senza l’uso di sostanze chimiche o di altra natura che possano danneggiare la salute dei consumatori, ma anche quello prodotto in modo tale da non nuocere all’ambiente e quindi che non prevede imballaggi inquinanti ma facilmente degradabili o, ancora meglio, riciclabili e persino riutilizzabili. In realtà, il cibo di per sé non può essere considerato etico ma lo diventa quando decidiamo di apportare un cambiamento radicale ai nostri consumi alimentari. Non appare quindi così scontato il binomio etica e sicurezza alimentare in quanto proprio le molteplici emergenze che si sono fatte avanti in questi ultimi decenni dal vino al metanolo, alla salmonella, alla carne agli ormoni, ai polli alla diossina, all’uso eccessivo di pesticidi fino all’esplosione della BSE, l’epidemia dell’encefalopia spongiforme bovina, ed ancora ai casi di ovini colpiti dall’afta epizootica, hanno posto in primo piano la questione della sicurezza alimentare come problema etico. La natura non riesce più a sopportare la malvagità del profitto che la costringe a produrre ciò che la sua intelligenza non riconosce utile ed invero la produzione alimentare lungo tutta la filiera che va dall’agricoltore fino al rivenditore non è solo una questione di ordine tecnico e quindi di sola produzione quantitativa di cibo, né può essere considerata in termini unicamente economici di profitto e guadagno, anzi si potrebbe affermare che il profitto è il nemico della qualità e che la qualità dipende dai processi naturali che a loro volta necessitano della biodiversità. Un esempio lampante di come l’uomo tradisce la natura si può riscontrare nell’utilizzare i prodotti coltivati non secondo la loro natura, piuttosto per produrre energia e nello specifico biodiesel. Il biodiesel è un biocarburante considerato una fonte di energia rinnovabile in forma liquida e si ottiene da differenti tipi di olio di semi quali ad esempio quello di girasole, di colza e di soia, a seguito di un processo detto di “trans-esterificazione” che rende il biodiesel molto simile al gasolio di origine minerale e può 150 trovare utilizzo, puro o in miscela, come sostituto dello stesso nel settore dei trasporti oppure come combustibile per riscaldamento. I trigliceridi costituiscono oltre il 99% degli oli vegetali e dei grassi animali freschi e proprio tale lega chimica, composta da tre lunghe catene di acidi grassi tenute insieme da una molecola di glicerolo, dona all’olio una delle sue caratteristiche peculiari: la viscosità, la quale viene successivamente unita ad un catalizzatore (soda caustica) che spezza i legami del glicerolo con gli acidi grassi e permette al metanolo di sostituirsi ad esso creando così il metil-estere che è il biodiesel. Quale combustibile di origine vegetale punto a favore può essere determinato dal fatto che rappresenta una forma di energia “rinnovabile” al contrario dei combustibili fossili e quindi nel suo ciclo vitale dà luogo a minori emissioni di anidride carbonica; di contro, occorre precisare che a suo sfavore sussistono sia gli elevati costi di produzione, che la ridotta disponibilità. Pur usufruendo di tutti i terreni utilizzabili in Europa, non si riuscirebbe a coprire nemmeno il 5% del consumo di gasolio per autotrazione. Difatti, la scarsa disponibilità di oli e grassi vergini ne limita la produzione e, se pur auspicabile, l’uso di oli fritti e grassi rancidi fa lievitare di molto i costi e determina un processo di produzione fin troppo complesso. Pertanto il biodiesel deve essere sviluppato in modo responsabile ed in buona parte dall’olio di scarto, da piante nelle zone dove è giusto farlo. Invero fino a pochi anni fa, si credeva che i biocombustibili fossero i diretti sostituti del petrolio e ciò diede inizio ad una corsa alle coltivazioni di piante oleacee per farne aumentare la produzione a discapito delle colture tradizionali, con una conseguente diminuzione delle derrate alimentari e un aumento dei prezzi del cibo. La maggiore produzione di biodiesel deriva, ad oggi, dalle colture della soia, il cui sviluppo appare molto controverso e la cui produzione è aumentata in proporzione all’incremento dell’uso della soia come foraggio e, tra i differenti utilizzi dei suoi derivati, la produzione di biodiesel è solo la più recente destinazione commerciale di questa leguminosa. Il biodiesel è quindi certamente un carburante rinnovabile, ma rinnovabile non vuol dire necessariamente sostenibile. In questa rappresentazione l’uomo, ignorando tutto il processo, sta distruggendo ciò che lo circonda e questo comportamento si ripercuote sul benessere psico-fisico degli esseri umani e del pianeta. 151 Eppure ci sono molte direttive comunitarie emanate dalla dell’Orga nizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dalla FAO e da altri importanti enti che danno indicazioni sulla qualità e su come dovrebbe essere prodotto e coltivato il cibo, suggerendo che bisogna fare ciò che è utile e giusto per la collettività eseguendo correttamente tutto l’iter produttivo. È quindi ed anzitutto una questione etica di doveri in capo ai produttori ed ai commercianti e di diritti dei cittadini di trasparenza produttiva e di tracciabilità dei prodotti, in modo tale che venga non solo salvaguardata ma promossa la salute di tutti e il singolo consumatore sia in grado di poter scegliere liberamente e responsabilmente. Di norma il nostro cervello è in grado di dirci quando le nostre papille gustative, l’olfatto, la vista e il tatto entrano in “contatto” con i cibi e, se non fossimo così condizionati, saremmo in grado di riconoscere ciò che la natura, con tanta fatica, di buono è in grado di offrirci, nel rispetto degli elementi naturali quali la terra e i suoi contenuti ma anche dell’acqua e del sole che sono fondamentali per consentire la genuinità dei processi produttivi. Le nuove generazioni purtroppo poco sanno degli autentici odori e sapori che un tempo la natura consentiva a tutti i prodotti agroalimentari di sviluppare e a noi di godere: il progresso scientifico e tecnologico ha favorito per certi aspetti la quantità a scapito della qualità vera e naturale. Queste valutazioni vanno attribuite non già alla genialità umana ed al progresso che non avrebbero mai violato le leggi della natura e la biodiversità, ma all’arroganza di volersi sostituire alla intelligenza della natura. Finché la tecnologia collabora con l’opera umana è certamente utile anche alla natura ma solo quando interviene non alterando i processi naturali, altrimenti è certamente dannosa e pericolosa per la nostra esistenza poiché anche noi siamo figli della natura ed occorre ribadire che solo il suo reale benessere dà salute e prosperità anche all’uomo. Ignorare tutto ciò vuol dire generare un conflitto tra scienza e natura. Proprio quest’ultima, con le sue regole ha più volte contraddetto le leggi scientifiche e tecnologiche. Quando ad esempio parliamo di bioenergetica stiamo parlando dell’armonia elettromagnetica ed evolutiva contenuta all’interno delle sementi che con la loro memoria dinamica consentono la realizzazione di prodotti che poi mangiamo, quindi occorre puntare l’attenzione sulle varie fasi che portano a mantenere prima di tutto la qualità e la bioenergetica dei 152 semi. Il compito delle Istituzioni è quindi quello di garantire e di accertarsi che il seme provenga da processi naturali e non alterati o modificati biotecnologicamente, solo in tale circostanza è difatti possibile certificare la qualità dei semi, quindi la tracciabilità del cibo che arriverà sulle nostre tavole. Partire dalla certificazione scritta del seme quindi è partire dalla fonte che produce il cibo e ciò consente ad ognuno di potersi rendere conto di tutti i passaggi e/o modificazioni che il prodotto subisce prima di essere consumato. L’introduzione della biotecnologia in agricoltura e nell’industria di trasformazione alimentare (la geno-agro-industria) ci obbliga invero a riconsiderare attentamente il significato e lo scopo della nostra esistenza, pur tuttavia, le leggi fatte per regolare tali procedimenti a nulla servono se si autorizza l’alterazione dei processi naturali e se i danni che subiamo dai cibi trasformati non vengono contemplati da tali leggi. La qualità deve corrispondere ad una fonte naturale che fornisce i nutrimenti necessari per vivere bene senza dover ricorrere a farmaci per neutralizzare sintomi non già indicatori di malattia, quanto più di reazione a sostanze tossiche inserite nei vari processi di trasformazione dei nutrienti, che diventano così ben poco naturali e un po’ troppo industriali. In pratica, bisogna cambiare il modo di fare acquisti tenendo presente tre principi fondamentali: acquistare cibo locale, di stagione e direttamente dal produttore perché più il consumatore conosce la fonte di chi produce il cibo, più può fidarsi di quello che acquista e mangia. Solo in tal caso infatti si può parlare di indicatore della qualità dal contadino al consumatore; al contrario, più ci si allontana dalla fonte di produzione e più aumenta il rischio, che diventa ancora più grande a causa dell’attuale globalizzazione dei mercati che cercano di ottenere al minor costo alimenti “non convenzionali” e sostitutivi di quelli tradizionali. Il benessere e la salute sono quindi strettamente correlati alla produzione naturale, pertanto occorre essere molto vigili e cauti quando si parla di cibo, prendendo in considerazione non soltanto il momento dell’ingestione, anche la fase digestiva durante la quale possono manifestarsi svariate sintomatologie quali effetti collaterali derivati dalla consumazione di prodotti sottoposti a procedimenti di preparazione, manipolazione, cottura e conservazione che ne modificano la qualità e il valore nutritivo, rendendoli così cibi con 153 un elevato grado di sofisticazione chimica e manipolazione tecnologica. Oggi tutte le patologie e le condizioni di malessere o sofferenza ven gono ipotizzate come difetti genetici ma, se poi vengono verificate, in realtà è facilmente dimostrabile la manipolazione umana della genetica o della produzione alimentare. Pertanto non possiamo colpevolizzare i geni se, di fatto, il profitto spinge a violare le leggi di natura per aumentare la quantità penalizzando la qualità. Questi sono crimini che si commettono non solo contro la natura, soprattutto contro la nostra salute. Data l’importanza dell’argomento fin qui trattato ho tenuto, in giro per il mondo e più precisamente a San Paolo, Kuala Lumpur, Tokio, Anchorage, Roma ed altre città italiane, una conferenza dal titolo “Dimmi come mangi e ti dirò quanto vivi” il cui tema riguardava la tossicità alimentare quale primo passo per le patologie neoplastiche e la corretta scelta degli alimenti come prevenzione e cura delle malattie. A chiusura dei lavori, ho voluto trasmettere ai presenti un messaggio rivoluzionario ponendo l’attenzione sul contenuto tossico dei maggiori alimenti di cui si fa abitudinario consumo. La lista nera comprende fra gli altri bifenili policlorati (PCB), diossine e furani o più chiaramente pesticidi agricoli, sostanze chimiche industriali e sottoprodotti della combustione i cui effetti collaterali conseguenti sono le neoplasie del sangue e del cervello, danni al sistema nervoso centrale e periferico, sterilità ed indebolimento del sistema immunitario. Inoltre, sono compresi nella lista incriminata anche tutti i conservanti tossici che trovano largo impiego nei prodotti commerciali: • E 200-203 composti a base di acido sorbico e sorbato presenti nei formaggi, vini, frutta secca, salse a base di frutta, glasse etc. • E 210-213 acido benzoico e benzoato presenti nelle verdure sot taceto, marmellate e gelatine a basso contenuto di zucchero, frutta candita, prodotti a base di pesci semiconservati etc. • E 249-252 composti a base di nitriti e nitrati presenti nelle salsicce, pancetta, prosciutto, formaggio, etc. In modo particolare ed incisivo ho denunciato, inoltre, la tossicità sprigionata dai cibi caldi e surgelati al contatto con i contenitori di plastica usualmente utilizzati per il trasporto degli alimenti nelle mense scolastiche e negli ospedali. Tutto quello che fin qui è stato detto forse era ed è 154 cosa già conosciuta da molti; la novità sta nel non allarmare e basta quanto nel dare delle soluzioni per far sì che tutta la tossicità che quotidianamente assorbiamo attraverso il cibo, possa essere eliminata utilizzando in modo dosato e corretto determinati alimenti come medicamento i quali, pulendo il nostro organismo, servono sia come prevenzione che come cura delle malattie dato che contengono Vitamina E, Vitamina A, Beta-Carotene, Acido Ascorbico e Melatonina Coniugata e sono identificabili in noci, mandorle, banane, succo di carota, succo di arance ed altri vegetali. La battaglia che ho intrapreso in giro per il mondo è indirizzata alla valorizzazione e al rispetto della vita intesi come il non permettere a nessuno, sia esso privato o ente pubblico, di inserire all’interno degli alimenti sostanze tossiche che potrebbero provocare patologie organiche. Natura, uomo e valori Col tipo di progresso perseguito e l’evoluzione cieca raggiunta dall’uomo si sta mettendo a dura prova la natura umana e il pianeta che ci circonda; pertanto, per salvare il mondo bisognerebbe ritornare alla dimensione “umana” degli esseri viventi e la “scacralità” del nostro io e del nostro corpo dovrebbe riportarci a riconoscerci come “uomini” che agiscono e scelgono seguendo le emozioni più pure ed i veri valori. Siamo giunti in un’epoca in cui lo stesso valore della vita umana è sostituibile con il mercato o il concetto di merce come anche con quello di commercio e guadagno. La stessa vita umana è diventata “un’operazione meramente scientifica” che nulla ha a che a vedere con la gioia di vivere, l’istinto di sopravvivenza e di continuità della specie. Se è vero che la scienza con le sue invenzioni è riuscita a raggiungere straordinari risultati ad esempio nell’ambito della fecondazione assistita, è anche vero che ci siamo spinti quasi oltre il confine estremo nel quale l’atto procreativo ha perso ogni collegamento con la procreazione in sé. Mettere al mondo dei figli è un diritto o un dovere? Credo invece sia un dono che ci viene concesso. Ci siamo spinti oltre ogni limite e temo non sia ancora stata posta la parola fine alla nostra arroganza, prepotenza e presunzione, soprat tutto quando oggi si discute di semi donati, prelevati da non vivi, uteri in affitto e banca del seme. Occorre domandarsi fino a quale linea estrema è giusto programmare ciò che naturalmente è stato concepito come dono b) 155 misterioso della vita, fin quando servirsi della scienza per migliorare la nostra vita e quella dei nostri figli è un percorso giusto ed indispensabile quanto più, in realtà, sostituirsi al mistero della vita non so dove ci farà arrivare. I valori esistenziali oggi sono stati spazzati via dalla convenienza e dall’utilità, ormai mettere al mondo un figlio è quasi una programmazione a tavolino, ormai se ne può decidere addirittura l’aspetto, i colori, magari anche i gusti futuri. L’egoismo a cui siamo arrivati è una forma di solitudine che ritengo sia diventata, nonostante si viva nell’era delle facili comunicazioni, il male del nostro secolo. Si passerà dal “figlio in provetta” agli uomini in provetta fino ad arrivare ai sentimenti in provetta. Tutto deciso, prestabilito e tutto all’insegna dell’ingombrante Io che ci farà dimenticare il senso della vita, della famiglia e di quei valori che ci rendono “Uomo”. Questo nuovo mondo fatto di individui precostruiti e pre-immaginati ci farà finanche perdere il più semplice senso della bellezza della vita diversa e meravigliosamente sorprendente. 2.7 Cibo e nutrizione La nutrizione è una attività complessa ma allo stesso tempo necessaria all’organismo che si esplica in tutte le funzioni metaboliche e le manifestazioni vitali che richiedono energia e che coinvolge tutte le persone di qualsiasi fascia d’età. Col tramite della nutrizione l’organismo mantiene un continuo scambio di energia, prodotta grazie all’apporto di sostanze energetiche che si trovano all’interno degli alimenti, con l’ambiente esterno e, tale interscambio, si attua attraverso tutta una serie di processi chimici che ne costituiscono la base, identificabili nel metabolismo che, a sua volta, si suddivide in anabolismo cioè l’insieme delle reazioni sintetiche e catabolismo che è l’insieme dei processi demolitivi. In relazione al rapporto che intercorre tra l’apporto degli alimenti ed il meccanismo della loro utilizzazione, gli organismi viventi si possono classificare in autotrofi ed eterotrofi. Più chiaramente il termine autotrofo (dal greco “autos” = da se stesso e “trophos” = alimentazione) fa riferimento a quegli organismi capaci di nutrirsi utilizzando solamente semplici sostanze inorganiche, come per esempio i sali minerali con contenuto energetico di sostanza nullo, come avviene per i vegetali che sono in grado di captare l’energia radiante attraverso il processo di fotosintesi clorofilliana. 156 Grazie ad essa infatti le piante riescono ad immagazzinare l’energia solare per dare origine a sostanze complesse quali possono essere i lipidi, le proteine, le vitamine ed i carboidrati. Nel termine eterotrofo (dal gerco “héteros” = altro, differente), invece, si ricomprendono tutti gli organismi che necessitano, dal punto di vista nutrizionale, di composti organici. È il caso degli animali che hanno bisogno di energia per vivere e tale energia si trova appunto negli alimenti dai quali, dopo la digestione e la successiva demolizione dei predetti composti, viene ricavata quella utile alla loro sopravvivenza. Per comprendere meglio la differenza che sussiste tra questi due termini, si possono suddividere gli organismi viventi in: Eterotrofi-animali: traggono energia dagli alimenti. Autotrofi-vegetali: traggono energia dal sole. Quando si parla di nutrizione bisogna anche sottolineare un altro requisito, cioè indicare quali siano le sostanze utili al nostro organismo riguardo al quale non bisogna prestare attenzione solo al fisico ma anche all’aspetto neuropsicologico che è altrettanto interessante in quanto il rapporto nutrizione-cervello rappresenta un dualismo inscindibile che necessita di un equilibrio costante affinché si possa garantire sia lo sviluppo, che il buon funzionamento neurofisiologico e cognitivo del sistema nervoso centrale e periferico. Va considerato, inoltre, che le sostanze importanti per il corpo umano sono: i glicidi, i lipidi, le proteine, le vitamine, i sali minerali ed anche gli oligoelementi dei quali, più nel dettaglio, si può fare una sorta di classificazione ed invero: I glicidi sono importanti per il nostro cervello e per tutto il sistema nervoso poiché svolgono una funzione energetica entrando nella for mazione di strutture fondamentali come gli acidi nucleici e i cerebrosidi presenti nel cervello; i lipidi sono una sostanza animale o vegetale. Essi possono essere classificati in semplici o complessi, a secondo l’origine di provenienza, il loro contenuto e la durata dei grassi, sia come acidi che come lipidi nel sistema nervoso dipende dall’età, dall’attività dello stesso sistema e dagli stessi lipidi, sia quelli apportati dalla dieta che quelli sintetizzati nell’organismo; le proteine vengono considerate importanti per la costituzione e la funzionalità del cervello durante il completamento somatico del sistema nervoso centrale del periodo natale e prenatale. È indispensabile un continuo apporto di proteine in quanto lo sviluppo ce- 157 rebrale richiede l’assunzione costante di aminoacidi essenziali stante che, in seguito alla loro carenza, il cervello potrebbe rimanere più piccolo con una riduzione dello sviluppo delle cellule neuronali. In mancanza delle stesse si possono verificare delle carenze che porterebbero a delle conseguenze riguardanti il linguaggio e le comuni forme di comportamento che si aggraverebbero qualora avvenissero prima del sesto mese di età, oltre a ciò comunque una carenza proteica può portare conseguenze anche nel campo del sistema neurovegetativo ed endocrino enzimatico. Le vitamine rappresentano per la struttura, per l’impegno metabolico e per la funzionalità, un aspetto fondamentale per tutte le età poiché agiscono nel sistema nervoso come regolatore e come catalizzatore nutrizionale in numerosi processi di importanza vitale e nelle prevenzione di forme morbose. Così come per le proteine, anche per le vitamine una carenza all’interno del nostro organismo può portare a forme di paresi, stati ansiosi e depressivi,traumi e convulsioni etc. Tra i diversi tipi vanno ricordate principalmente le vitamine A-B1- B2-B6-B12-D-E-K-C-PP-ACIDO FOLICO, ognuna di esse con una precisa funzione. La vitamina A interviene nei processi metabolici del neurone, il com plesso vitaminico B (tiamina-piridossina-niacina, etc.) agisce per dare forme energetiche al sistema nervoso centrale, la vitamina E regola la respirazione cellulare, la vitamina C interviene nel sistema nervoso sotto l’azione pro o antiossidante ed infine va considerato anche l’importante acido folico. Se una di queste dovesse essere carente si verificherebbero delle serie conseguenze all’interno del nostro organismo. I sali minerali sono importanti per il sistema nervoso poiché l’equili brio salino è uno dei primi fattori di buon funzionamento del sistema nervoso stesso e, tra i diversi sali minerali vanno ricordati: il calcio, il fosforo, il ferro, il magnesio, etc. gli oligoelementi in biochimica e nella nutrizione sono elementi chimici, micronutrienti, bastevoli in minime quantità per la crescita, lo sviluppo e la fisiologia di un organismo. Presenti in quantità infinitesimali, ossia imponderabili, in tutti gli organismi viventi, sono dei biocatalizzatori delle funzioni biologiche dell’organismo, ovvero attivano le reazioni chimiche e metaboliche indispensabili alla vita. Sostanzialmente gli oligoelementi sono minerali in grado di favorire sia le reazioni enzimatiche che i processi metabolici organici in ge 158 nerale, si presentano cioè come “starter” che permettono ai catalizzatori delle reazioni chimiche, gli enzimi, di funzionare correttamente. Una ridotta concentrazione degli oligoelementi, o una loro diminuita attività comporta, a sua volta, un sussulto negativo dell’attività enzimatica con blocco delle reazioni chimiche e l’istaurarsi di disturbi di varia entità, sia negli individui giovani che negli anziani. La loro eventuale carenza genera, in pratica, alterazioni strutturali e fisiologiche nell’organismo in quanto conduce nel tempo alla comparsa di disturbi inizialmente funzionali e successivamente, se la carenza continua, la patologia si approfondisce con danni organici e quadri clinici più rilevanti. Parlando del sistema nervoso non poteva non essere citata l’acqua, una componente importante per il cervello, organo che a sua volta svolge un ruolo essenziale per i meccanismi di controllo del ricambio idrico. Il bisogno di acqua corrisponde alla sete cellulare ed a quella extracellulare e quando si riscontra una carenza di acqua che supera il 10% si verificano disturbi neurologici e psichici. Da quanto finora detto si è quindi potuto appurare che l’alimentazione e di conseguenza la nutrizione rappresentano uno dei fattori principali nella genesi e nell’andamento delle funzioni neuropsichiche, ove di fondamentale incidenza risultano essere le norme comportamentali. A tal proposito vanno evidenziate alcune regole comportamentali di natura psico-fisica, igienico-sanitaria, ambientale e sociale che possono contribuire alla ottimale riuscita nutrizionale e alle ideali perfomances celebrali e neurologiche. Tali semplici norme da seguire sono: 1. l’apparato digerente deve essere rilassato prima di sedersi a tavola; 2. il soggetto deve evitare di indossare vestiti che costringano la vita ed impediscano la digestione; 3. il soggetto deve mangiare lentamente impiegando non meno di 30 minuti per ciascun pasto, è bene ricordare infatti che la prima digestione avviene nella bocca; 4. evitare di assumere cibi troppo grassi o cotti con eccessive quantità di grasso; 5. il naso deve essere mantenuto pervio eliminando gli ostacoli che impediscono l’olfatto; 6. la tavola deve essere sempre imbandita e gradevole, come gradevole deve essere la compagnia; 159 7. si deve evitare di guardare la televisione durante i pasti principali; 8. il soggetto deve essere il più possibile alla luce e si deve sottoporre a docce quotidiane ed esercizi fisici di tipo aerobico per consentire una adeguata assunzione di ossigeno; 9. si consiglia di evitare il consumo di carne derivante dai mammiferi. Oltre a queste norme pressoché importanti e generalizzate, occorre inoltre soffermarsi sui regimi dietetici utili per i soggetti con affezioni neuropsichiche e, a tal proposito, l’adozione dei regimi dietetici personalizzati ed un adeguato stile di vita possono contribuire, certamente insieme alle terapie, ad un miglioramento della condizione neuropsichica originata da deficit nutrizionali, allo stesso tempo possono correggere quelle carenze, o eccessi nell’assunzione dei nutrienti macro e micro e le deviazioni degli andamenti metabolici di interesse del cervello. a) Una scelta prevalentemente vegetariana Un cambiamento che si sta diffondendo in questi ultimi anni e che ritengo possa essere l’inizio di quella svolta che porterà alla salvaguardia del mondo, è l’avvicinamento del consumatore ad una dieta prevalentemente vegetariana. Le motivazioni che si possono addurre rispetto tale scelta sono diverse e mi preme esplicarle in modo più chiarificatore, infatti, tale tipo di alimentazione è sì una scelta ecologica e salutare ma anche filosofica ed etica. La produzione agricola potrebbe oggiggiorno coprire il fabbisogno alimentare dell’intero pianeta se la maggior parte dei prodotti non fosse utilizzata per alimentare gli animali che, a loro volta, nutriranno gli uomini. Questa preferenza comporta anche un di spendio immane di risorse alimentari, un utilizzo erroneo delle distese agricole e uno spreco d’acqua incommensurabile. Quindi appare chiaro che l’alimentazione prevalentemente vegetariana rappresenta anche una strategia ecologica, sociale e funzionale al nostro stesso pianeta. Un altro motivo che mi ha fatto avvicinare a tale tipo di scelta è quello salutistico, mangiare soprattutto frutta e verdura è un vero toccasana per la nostra salute mentre cibarsi di carne aumenta le possibilità di imbatterci in malattie pericolose e potenzialmente mortali (diabete, tumori, problemi cardiovascolari), basterebbe invece evitarne il consumo per ridurre l’incidenza di tali patologie. Nutrirci di frutta e verdura, contrariamente 160 alla carne, non espone a reali rischi pur contenendo tutte le sostanze necessarie per il nostro sostentamento. Infine, questa mia preferenza si definisce come una scelta etica e filosofica, difatti per perseguire questa strada, basterebbe vedere a quali crudeltà sono sottoposti gli animali destinati alla macellazione e quali torture devono subire per soddisfare il mercato alimentare. Ritengo pertanto che tollerare ancora oggi queste barbarie è vergognoso ed è inverosimile vedere fino a che punto l’uomo riesce ad arrivare. In concreto, quindi, la svolta per cambiare il nostro mondo deve partire necessariamente dall’atteggiamento che noi uomini dovremmo iniziare ad avere nei confronti della natura e degli esseri che la abitano. b) Nutrirsi in modo sano per avere una vita sana Un obiettivo fondamentale per avere una vita equilibrata sarebbe quello di trovare una sintesi corretta fra alimentazione e salute poichè i due aspetti sono realmente collegati fra loro. Oggigiorno sono numerosissime le diete che ci vengono proposte e spesso presentate come soluzione definitiva ad ogni nostro desiderio, basta infatti navigare su internet per perdersi nelle miriade di informazioni che ci vengono fornite su diete rivoluzionarie e su nuovi tipi di alimentazioni. Molto spesso, tuttavia, gli innumerevoli dati offerti non fanno altro che disperdere e creare confusione. Altrettanto numerosi sono i programmi televisivi ed i libri che sciorinano informazioni, suggerimenti e consigli mentre, una visione an che scientifica dell’alimentazione sarebbe fondamentale per potersi meglio orientare. Ad esempio, oggi mangiare sano viene associato quasi esclusivamente al dimagrimento e quindi, se da un lato è giusto affermare che una corretta alimentazione favorisce anche un peso regolare, di contro l’intento è quello di perdere peso in tutti i modi e a qualunque costo non considerando affatto gli effetti negativi che potrebbero riperquotersi sulla nostra salute. Per mangiare bene è importante che la qualità e la quantità del cibo siano equilibrati e quindi, mangiare in maniera corretta, vuol dire salvaguardare anche, e soprattutto, il nostro sistema psicofisico e non preoccuparci esclusivamente dell’aspetto estetico e delle convenzioni sociali. La società odierna, però, ci spinge ad un consumismo frenetico e, mossi 161 proprio da tale frenesia caratterizzata da sovrabbondanti informazioni e troppe possibilità di scelta, talvolta anche sbagliate, rischiamo di cadere nelle cattive abitudini. Oggi difatti non basta informarsi e attingere notizie su internet, da amici, sulle riviste o dalle varie trasmissioni Tv, ma bisognerebbe saper scegliere usando un pò di razionalità e una minima conoscenza tecnica. Il problema salutare legato all’alimentazione è un tema antico affrontato da molti grandi della nostra storia, tra i quali Pitagora, matematico e filosofo della Grecia antica, che fu uno dei primi a gettare le basi per la scelta di una alimentazione vegetariana affermando che l’uomo ben si sarebbe potuto nutrire solo col cibo offerto dalla natu ra, consumando quindi esclusivamente frutta e verdura. Ed ancora, un altro precursore fu Ippocrate, medico greco, il quale nei suoi testi consigliava un regime alimentare equilibrato per prevenire il rischio di alcune patologie e, non da ultimo, può essere citata anche l’espressione “Mens sana in corpore sano”, attribuita al poeta dell’epoca romana Decimo Giovenale, che rafforza il concetto di trovare un giusto equilibrio fra la nostra psiche e il nostro corpo per poter così raggiungere un benessere completo. L’alimentazione contribuisce a narrare l’uomo nella sua interiorità, religiosità, tradizioni ed identità storico-sociale ed invero, il cibo concorre alla costruzione di processi identitari della persona connotando gli stili alimentari e le origini dove il linguaggio alimentare incide non solo sul metabolismo delle popolazioni ma sulla stessa convivenza pacifica di etnie e culture di una società globalizzata. Sostenibilità quindi è il fine di scelte alimentari consapevoli ed è definibile mediante l’assunzione di un impegno a soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la qualità della vita e il benessere delle generazioni future. In conclusione, anche guardando al nostro passato possiamo affermare che noi siamo quello che mangiamo e che basterebbero solo un po’ di raziocinio ed una piccola dose di conoscenza per preservare sia la salute del nostro organismo che il benessere della nostra mente. L’alimentazione, infatti, ha un valore culturale ed è un’occasione per creare comunicazione ed aggregazione familiare e sociale, un elemento fondamentale per lo sviluppo e per la promozione dei popoli tale da porre in essere significativi problemi di equità nella distribuzione delle risorse alimentari. Pertanto, l’adeguatezza motivazionale diventa la chiave per un’alimentazione sana, come eviden- 162 ziato anche nello slogan dell’EXPO di Milano 2015. Ivi si affronteranno temi come quello della protezione agricola di alimenti e la trasformazione delle materie prime in prodotti finiti, sottolineando inoltre l’importanza di un’alimentazione adeguata sotto il profilo qualitativo e quantitativo nella promozione della salute. Si parlerà di cibo come un’occasione di convivialità, incontro e passaggio di tradizioni nelle diverse culture. 2.8 I cibi che inquinano per l’emissione di gas serra Un notevole quantitativo di prodotti agricoli (frutta e verdura) fuori stagione importati da paesi distanti anche 12.000 chilometri sono tra i principali responsabili delle alte emissioni di gas serra. I costi in termini di impatto ambientale sono legati soprattutto al trasporto, alla conservazione e ai prodotti usati per la maturazione, se si considera non soltanto l’anidride carbonica emessa in relazione alla distanza percorsa dal prodotto ma si mette in conto anche che ad esempio la frutta, affinché si conservi durante il trasporto, deve essere colta molto prima della sua reale maturazione, trattata con prodotti chimici e refrigerata ed a ciò va aggiunto che spesso vengono importati anche prodotti (es. l’olio di palma) la cui conservazione richiede l’utilizzo di molti pesticidi e di terreni sottratti all’agricoltura tradizionale. Utilizzare cibi fuori stagione è quindi un grosso errore non solo dal punto di vista ambientale ma anche da quello nutrizionale, poiché ci sono cibi di cui il corpo ha bisogno solo durante il periodo invernale ed altri che vanno consumati in primavera o in estate. Inoltre, l’utilizzo di serre climatizzate per la conservazione dei cosiddetti “prodotti fuori stagione” che usano energie non rinnovabili e generano l’emissione incontrollata di anidride carbonica sono state, di recente, attenzionate anche dalle Nazioni Unite. Proprio in occasione della giornata mondiale dell’ambiente, istituita dalle Nazioni Unite, si è accertato che ad aprile 2014 sono state superate le 400 parti per milione (ppm) di anidride carbonica nell’atmosfera, un limite finora mai toccato nella storia della Terra, considerando anche che per secoli il pianeta ha vissuto sulla soglia delle 200 ppm. Non bisogna dimenticare, infatti, che l’aumento di anidride carbonica è il principale accusato per il surriscaldamento globale del pianeta. 163 2.9 Allarme OGM Una particolare categoria alimentare, strettamente connessa alla si curezza alimentare e di conseguenza alla salute umana, è costituita dagli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) che, oggi, non determinano alcun beneficio per i consumatori e gli agricoltori ma solo per l’industria biotech. Spesso, infatti, gli OGM sono stati offerti come rimedio per la fame nel mondo o a garanzia di una agricoltura più rispettosa dell’ambiente, in realtà, sono solo una sfaccettatura di un settore agricolo di stampo industriale ed il loro rilascio nell’ambiente comporta notevoli rischi come la perdita di biodiversità, oltre a molti altri, alcuni addirittura imprevedibili. Anche Greenpeace si batte ormai da anni contro il rilascio nell’ambiente degli OGM poiché sono un reale pericolo per l’ecosistema, minacciano gli equilibri economici e sociali, comportano rischi per la salute e, proprio per tali motivi, si oppone alla coltivazione di OGM in campo aperto quale fonte di inquinamento genetico che contamina le coltivazioni tradizionali e biologiche, accettandone invece la ricerca in laboratorio specie in campo medico. Ad oggi gli OGM non vengono utilizzati a sostegno della ricerca e del progresso nonché a vantaggio della collettività e tutela dell’ambiente, ma al solo scopo di arricchire grandi aziende e ciò avviene anche se non riescono a garantire né una produttività superiore delle colture tradizionali né di renderle più sicure o resistenti alla siccità; sono utili solo a standardizzare le colture a svantaggio della biodiversità. Gli OGM permettono così solo ad una piccolissima minoranza di decidere sul resto dell’umanità pur essendo ben consci che la salvaguardia della produzione mondiale degli alimenti è fin troppo importante per la nostra sopravvivenza. Al fine di fare ulteriore chiarezza sugli Organismi Geneticamente Modificati, trascriverò il testo integrale di un mio intervento presentato durante la discussione delle mozioni sulle colture geneticamente modificate: Legislatura 17a - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 022 del 15/05/2013 Allegato B Integrazione all’intervento del senatore Scilipoti nella discussione delle mozioni sulle colture geneticamente modificate Signor Presidente, onorevoli colleghi, la produzione degli organismi geneticamente modificati (OGM) si fonda sull’utilizzo del patrimonio genetico di organismi di specie diverse tra loro; l’applicazione di tale tecnologia ha sollecitato sino ad oggi numerosi dibattiti in merito alla sua accettazione. 164 La scelta di utilizzare specie vegetali geneticamente modificate (GM) nei cicli produttivi agricoli, per le implicazioni, non solo tecniche, che comporta, stata, di fatto, giustificata, creando ed alimentando sempre nuove aspettative riguardo alle possibilità legate all’impiego delle stesse piante GM. La diffusione delle coltivazioni GM e la messa a punto di nuove specie transgeniche sono state spesso presentate come determinanti ai fini della risoluzione di problemi di vario genere ed importanza: dalla fame nel mondo, alla cura di alcune malattie, alla razionalizzazione dei processi produttivi agricoli. Tuttavia, a ben analizzare, ad anni dall’introduzione delle coltivazioni GM, i risultati sono decisamente al di sotto delle aspettative: l’incidenza sull’abbattimento del problema della fame come nel caso del Golden Rice modificato per produrre provitamina A - stata pressoché nulla e l’utilizzo delle piante transgeniche non ha, di fatto, interessato i Paesi più poveri; le piante GM impiegate su larga scala e le modifiche introdotte attraverso la transgenesi sono state in numero molto limitato. Alla luce di queste considerazioni, per quale motivo l’Italia dovrebbe permettere la coltivazione di specie vegetali geneticamente modificate? Quali sarebbero le ricadute vantaggiose per l’economia dei Paese? Analizzando i dati pubblicati dall’ISTAT, emerge che il settore agroalimentare, in generale il made in Italy alimentare, rappresenta un grande volano per superare la crisi economica ed occupazionale, soprattutto grazie al vino, all’ortofrutta, alla pasta e all’olio di oliva, che sono i componenti base della dieta mediterranea e sono anche i prodotti di punta dell’agroalimentare italiano sul fronte dell’export. Nel 2011 l’export agroalimentare aveva toccato, per la prima volta nella storia, i 30 miliardi di fatturato, con una crescita in valore dei 9 per cento rispetto al 2010. Nel 2012 sono stati toccati i 31 miliardi di euro, con un più 2 per cento rispetto al 2011. E il 2013, secondo i dati relativi ai primi mesi dell’anno, parte con un ulteriore balzo in avanti. I dati segnalano una crescita generale dell’export (soprattutto verso i mercati extra Unione europea) e un tasso di crescita del settore alimentare che è più che doppio rispetto al tasso di crescita medio. Per completare il quadro non vanno dimenticati né il primato italiano per la sicurezza alimentare (nella UE l’Italia è il Paese con il minor numero di prodotti alimentari con pesticidi e residui chimici da fitofarmaci oltre i limiti) né il fronte - decisivo - della lotta all’italian sounding (il fenomeno che coinvolge prodotti che di italiano hanno soltanto il nome), tutte quelle azioni volte a tutelare le modalità di produzione che sono espressione diretta dell’identità nazionale, dei suoi 165 territori, delle sue risorse umane e che permettono al nostro Paese di imporsi nel mare della globalizzazione. In questo clima di eccellenza si affaccia all’orizzonte una nuova forma di colonizzazione ad opera di poche aziende che intendono con trollare la produzione alimentare del mondo, essendo in possesso dei brevetti sugli OGM, che concedono loro una posizione di monopolio rispetto al prodotto di cui detengono il brevetto. La concessione di brevetti su OGM limita l’uso di geni ed organismi brevettati anche per fini sperimentali aggravando il divario, già tanto grande, tra la capacità di ricerca privata e pubblica. Non è accettabile da un punto di vista etico, che aziende transnazionali genetico-industriali controllino il cibo e l’alimentazione in generale, essenziali per la vita. Qualunque sorta di ricerca in merito all’impatto ed alla sostenibilità di qualsiasi nuova tecnologia introdotta in agricoltura non può essere di esclusiva pertinenza dei proponenti e deve vedere il coinvolgimento di istituzioni che sono indipendenti da legami economici con le ditte che propongono tali innovazioni. Quali sono i limiti -mi chiedo -che una società dovrebbe porsi nell’atto di alterare l’equilibrio dell’ambiente causando gravi danni all’ecosistema, senza preoccuparsi delle conseguenze che questi atti avranno sulle generazioni future? Quanto ancora si potrebbe affermare in difesa della biodiversità vegetale, che verrebbe ridotta? L’introduzione di specie estranee all’ambiente a una delle maggiori cause di dissesto ecologico e riduzione della biodiversità. Quali sarebbero, inoltre, nel nostro Paese, le conseguenze per l’agricoltura, fiore all’occhiello dell’economia italiana? Le colture transgeniche a larga diffusione creeranno, inevitabilmente, problemi anche agli agricoltori. II rilascio nell’ambiente di OGM potrebbe rappresentare un grave rischio per la salute dell’uomo e degli animali che si alimentano con questi OGM o prodotti da essi derivati, come farine eccetera nonché contaminerebbe l’ambiente. Si parla di gene flow, cio della possibilità che il gene esogeno possa trasferirsi da una pianta GM ad un’altra non GM, attraverso il gamete maschile, cioè l’impollinazione; questo timore si fonda su basi scientifiche concrete. Inoltre gli insetti, che raggiungono distanze molto elevate potrebbero vanificare qualsiasi tentativo di separazione tra colture transgeniche e colture tradizionali. II coltivatore di mais tradizionale che produce vicino ad un coltivatore di mais transgenico avrà il prodotto, necessariamente, inquinato e dovrà venderlo come transgenico; dunque, le colture geneticamente modificate possono non solo rivelarsi incompatibili con il mantenimento delle colture convenzionali o biologiche, ma finirebbero per sottrarre interi territori alle condizioni specifiche di coltivazione. 166 Un elenco di potenziali rischi da tenere in considerazione, prima di diffondere nell’ambiente un OGM, è stato stilato dall’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e comprende: rischi ambientali relativi a cambiamenti nell’interazione tra pianta modificata e ambiente biotico, tra cui persistenza e invasività, induzione di resistenza negli insetti infestanti cui le piante sono resistenti, interazioni con organismi non-target (ad esempio, effetti su api e altri insetti non infestanti, con conseguenze sulla biodiversità); possibili rischi per la salute umana o animale, tra cui effetti tossicologici causati da proteine sintetizzate dai geni inseriti, o tossicità di costituenti diversi dalle proteine, allergenicità, cambiamenti nel valore nutritivo e trasferimento di resistenza agli antibiotici (anche se questa possibilità già di per sé remota). L’utilizzo su vasta scala di tali organismi può determinare un consistente rischio di perdita della biodiversità (questo rischio che sinora non è stato praticamente valutato in alcuna sede; in particolare, la perdita di biodiversità può essere di rilevante impatto in campo agricolo, aggravando il grave fenomeno di erosione genetica che si verificato negli ultimi anni e che legato sia alla iperspecializzazione dei prodotti agricoli che all’assenza di politiche incisive di raccolta, conservazione e riproduzione del germoplasma di piante in via di estinzione) poiché i nuovi organismi modificati geneticamente non hanno attraversato il naturale vaglio della selezione e risulta, dunque, molto difficile stabilire, a priori e teoricamente, le conseguenze ambientali per gli ecosistemi derivanti dalla loro proliferazione in natura (tale diffusione è già avvenuta, soprattutto negli Stati Uniti, per diverse specie vegetali destinate all’alimentazione dell’uomo nonché alla somministrazione agli animali destinati al consumo alimentare). In Italia il rischio reale per l’agricoltura, esiste, poiché un settore minacciato dal fantasma della dipendenza da multinazionali, a causa dell’introduzione, nel nostro territorio, di sementi manipolate geneticamente, per quanto concerne i mangimi degli animali; occorre, dunque, operare nella direzione di tutela della qualità del settore, una nostra grande ricchezza economica ma anche culturale. Non ultimo va valutato anche l’impatto economico che questi prodotti avrebbero sul settore agroalimentare. Tra gli elementi che possono contribuire ad erodere i benefici derivanti dall’impiego delle coltivazioni transgeniche si devono, inoltre, considerare le spese per l’acquisto delle sementi geneticamente modificate, vista la sterilità di alcune varietà di piante GM. Non potendo più questi organismi produrre sementi, gli agricoltori sono obbligati ad acquistare ogni anno a caro prezzo il prodotto dai distributori di sementi autorizzati, detentori del brevetto, 167 non potendoli comprare diversamente. All’accusa di voler controllare il mercato dei geneticamente modificato la risposta delle multinazionali è stata la correzione genetica dei semi sterili, i semi zombie, che sono sterili fino al momento in cui, esposti a particolari stimoli, come un composto chimico, tornano allo stato fertile; il meccanismo di inversione, però, si ottiene soltanto utilizzando prodotti specifici, brevettati quanto i semi stessi. Allo stato attuale delle conoscenze, la comunità scientifica non concorde sull’esistenza o meno di rischi reali in conseguenza del rilascio in natura di OGM, mancando chiare ed incontrovertibili evidenze scientifiche, con risultati ottenuti a lungo termine. Perplessità sulla tecnologia in questione nascono, innanzitutto, dalla considerazione che contenendo le piante GM un gene esogeno, isolato da un organismo non sessualmente compatibile, nulla ci assicura che nella selezione il ricercatore non dia spazio a caratteri negativi, come la produzione di tossine o sostanze cancerogene che finirebbero nei prodotti alimentari. Ciò che concorre a rendere la questione complessa ed irrisolta riguarda la necessità di stabilire a livello molecolare le conseguenze a cui andrebbe incontro non solo l’organismo modificato ma anche quell’organismo che se ne nutrisse. Si tratta di ragionare sulla possibilità che DNA estraneo introdotto con l’alimento possa, in un organismo superiore, bypassare la barriera gastro-intestinale, per andare addirittura ad integrarsi a cellule del sistema immunitario. Oltre a ciò vengono postulate altre tipologie di rischi sanitari legati al consumo di alimenti GM come: 1. allergenicità nascosta, dovuta alla presenza della proteina pro-dotta dal gene esogeno in una pianta in cui normalmente a assente; 2. possibile resistenza agli antibiotici nei caso in cui tale carattere sia stato inserito negli OGM; la Direttiva CE (2001/18), che regolamenta I’impiego degli OGM, vieta, a partire dal 2004, l’utilizzo di questi geni negli OGM immessi in commercio; 3. tossicità cronica o possibili effetti rari sull’uomo (di ciò si sa molto poco). L’obbligo previsto dal Regolamento UE di testare gli alimenti OGM sui topi per novanta giorni per ogni singolo OGM, prima che la produzione di alimenti transgenici venga autorizzata, escluderebbe soltanto la tossicità acuta e cronica e l’allergenicità negli animali da laboratorio. Per verificare l’effetto cronico nell’uomo necessario valutare i rischi sull’intero ciclo di vita, poiché la predisposizione a patologie croniche da OGM aumenterebbe, infatti, con l’invecchiamento e con la 168 maggiore vulnerabilità a malattie. Le multinazionali del settore hanno tentato di rassicurare circa i rischi di una possibile risposta allergica trapiantando un unico gene, ma anche questa teoria è stata contraddetta da fatti evidenti. É il caso di una nota società (la Pioneer), colosso mondiale nella produzione di semi, che ha prodotto una soia più ricca di metionina (amminoacido essenziale che il nostro organismo non sa produrre) grazie ad un gene proveniente dalla noce brasiliana, nota per la sua peculiare potenzialità allergenica, trasformandola in una soia a cui soggetti normalmente allergici alla noce brasiliana e non alla soia lo risultavano alla variante manipolata. Tutto ci˜ mostrava l’inaffidabilità del test a disposizione. A differenza di molti Paesi del mondo nei quali esiste un quadro di riferimento normativo che regola il settore OGM, per garantire la biosicurezza (ovvero l’utilizzo attraverso il rispetto del necessari livelli di sicurezza ambientale, della salute umana e di quella animale) nel nostro Paese i Governi, finora, non hanno mai adottato iniziative concrete e risolutive ed, oggi, il risultato è un allarmante vacuo normativo, che si cela dietro un’apparente prudenza delle nostre istituzioni nazionali verso l’introduzione degli organismi geneticamente modificati. In Italia si pu˜, nelle more dell’approvazione della proposta di modifica della direttiva 2001/18/CE in materia di possibili divieti alla coltivazione di piante geneticamente modificate, ricorrere all’unico strumento legislativo in grado di risolvere la questione, cioè la clausola di salvaguardia (al sensi dell’articolo 23 della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CE del Consiglio, così come recepita dall’articolo 25 del decreto legislativo 8 Luglio 2003, n. 224 introdotta a livello comunitario in deroga alla libera immediata circolazione del prodotti già autorizzati). II ricorso a questa clausola consentirebbe di poter scongiurare quei rischi d’inquinamento ambientale, tutelando le peculiarità agroecologiche del nostro territorio, evitando di compromettere l’identità delle nostre produzioni fino all’adozione delle misure comunitarie dirette a consentire a ciascuno Stato interessato di agire di propria iniziativa, per quanto riguarda il divieto di diffusione di organismi geneticamente modificati. Quando si parla della possibilità di coltivare OGM in Italia, è rigoroso tener presente che l’opinione pubblica, i consumatori e le stesse rappresentanze degli agricoltori hanno espresso una posizione negativa sulla questione ed il Parlamento ha il dovere di tutelare i consumatori e gli agricoltori italiani. In considerazione 169 di ciò, appare evidente che sia gli enti locali che regionali, in quanto aree amministrative omogenee, sono il soggetto più indicato per lo studio e la valutazione dell’impatto che l’introduzione delle colture GM potrebbe avere sul territorio. Come l’Italia anche altri Paesi UE (Francia, Danimarca, Grecia, Lussemburgo, Austria e Belgio) si sono dichiarati contrari ad ogni nuova autorizzazione in assenza di regole più stringenti sugli organismi geneticamente modificati e sono firmatari di moratorie sull’introduzione di nuovi OGM. Otto sono, invece, le nazioni (Francia, Germania, Lussemburgo, Austria, Ungheria, Grecia, Bulgaria e Polonia) che hanno adottato la clausola di salvaguardia per vietare le colture GM autorizzate nei loro territori. Sulla base della comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato delle Regioni sulla libertà per gli Stati membri - di decidere in merito alla coltivazione di colture geneticamente modificate (COM (2010) 375 def.), la Commissione intende chiarire come attuare tale libertà per gli Stati membri adottando un approccio che integri una revisione della raccomandazione esistente sulla coesistenza, che riconosca la necessità di garantire maggiore flessibilità agli Stati membri, con una modifica del quadro legislativo corrente. In linea con l’articolo 26-bis della direttiva 2001/18/CE, gli Stati membri possono adottare misure opportune per evitare la presenza involontaria di OGM in altri prodotti. Considerato che gli agricoltori europei lavorano in condizioni nazionali regionali e locali diverse, considerate le esigenze locali specifiche delle colture convenzionali biologiche o di altro tipo, la Commissione ha sempre sostenuto che le misure, per evitare la presenza involontaria di OGM nelle colture convenzionali e biologiche, dovessero essere elaborate e attuate dagli Stati membri. A tal fine nel 2003 la Commissione, nel tentativo di sostenere gli Stati membri nell’elaborazione di misure nazionali per evitare tale presenza, ha pubblicato la raccomandazione 2003/556/CE recante orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e migliori pratiche per garantire la coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche. L’obiettivo di tali misure nazionali è evitare il potenziale impatto economico della commistione tra colture GM e colture non GM (convenzionali e biologiche). Attualmente, alcuni Stati membri hanno adottato misure nazionali di coesistenza miranti a raggiungere un grado di presenza degli OGM in altre colture inferiore allo 0,9 per cento (il Regolamento 1139/98 e successivi, prevedono che scatti l’obbligo di etichettatura dei prodotti alimentari contenenti soia e mais oltre la soglia dell’1 per cento, motivata dalla possibilità di contaminazione accidentale). 170 Altri Stati membri hanno stabilito requisiti di isolamento diversi per la produzione biologica. Concretamente, l’esperienza maturata ha dimostrato che la presenza di tracce di OGM in specifici prodotti alimentari - anche in percentuale vicina allo 0,9 per cento - può causare danni economici agli operatori che volessero commercializzarli come non contenenti OGM. Occorre, a questo punto, riflettere sul fatto che l’Italia importa nel settore mangimi per animali (suini e bovini per la produzione del latte, formaggi e prosciutti, inclusi i prodotti tipici con denominazione DOP/ IGP comunitari) più del 90 per cento della soia dagli USA e dall’Argentina e che questo prodotto (essenziale per fornire proteine nei mangimi degli animali d’allevamento) sia ormai per il 70-80 per cento GM. Questo in virtù del fatto che la nostra produzione agricola di mais e soia per mangimi rappresenta meno del 20 per cento della necessità alimentare del bestiame e tutto il resto è importato. Se, dunque, i nostri campi potranno essere OGM-free se continuerà l’attuale politica agricola italiana, non lo potranno certamente essere i nostri allevamenti ed i nostri alimenti tipici. In ragione di ciò, anche per l’agricoltura italiana, la questione sugli organismi GM si pone, non tanto per la loro coltivazione, quanto per il loro impiego nelle filiere zootecniche. Al riguardo opportuno evidenziare che oltre il 90 per cento del fatturato delle nostre produzioni di quanta (DOP, IGP) è determinato da prodotti di origine animale e che la gran parte dei consumatori italiani continua a pronunciarsi negativamente rispetto all’impiego agricolo ed alimentare degli organismi GM e a dichiararsi disposto a corrispondere prezzi di acquisto più elevati per prodotti alimentari nei quali sia garantita l’assenza di organismi GM. É pertanto evidente che nel prossimo futuro, il difficile rapporto tra agricoltura italiana e organismi GM non potrà essere risolto unicamente attraverso il divieto alla coltivazione, ma dovrà essere affrontato mettendo a punto modelli di sviluppo fondati sulla valorizzazione della fase produttiva agricola all’interno di filiere orientate all’ottenimento di prodotti con caratteristiche garantite quali, ad esempio, l’origine italiana e l’assenza di organismi GM. Alla luce di quanto esposto ritengo che, oltre a vietare la coltivazione in Italia di mais transgenico MON810 e di altri OGM eventualmente autorizzati a livello europeo nonché ad imporre un ferreo controllo sui prodotti sementieri in corso di distribuzione e sull’eventuale presenza non autorizzata di sementi transgeniche, sarebbe auspica bile che il Governo possa dimostrarsi favorevole all’introduzione di pesanti sanzioni per chi utilizza sementi transgeniche. Oltre a ciò, ravvisando la sussistenza di 171 potenziali rischi, come riportato in letteratura scientifica, per la salute umana e degli animali, per l’ambiente e per il mantenimento della biodiversità, occorre richiamare I’attenzione del Governo sulla possibilità, nel rispetto dei trattati firmati, di vietare la circolazione e l’importazione, nonché la commercializzazione sul territorio anche di quei prodotti GM autorizzati dal quadro legislativo UE, per evitare effetti nocivi del rilascio nell’ambiente di un organismo con caratteristiche non esistenti e non producibili in natura, il cui studio richiede un’accurata verifica del suo comportamento e degli effetti sull’ambiente. Questo anche al fine della salvaguardia della tipicità di un territorio e delle sue produzioni. Concludendo, vorrei richiamare l’attenzione del Governo, affinché si faccia promotore, presso le sedi europee deputate, del rischio potenziale di sfruttamento del risultati ottenuti dalla tecnologia degli OGM di terza generazione. Le piante transgeniche, infatti, possono essere utilizzate come biofabbriche per la produzione di farmaci e vaccini, alcuni dei quali sono già in sperimentazione da tempo. La genomica consentirà di individuare i geni endogeni della pianta su cui occorre intervenire per potenziare determinati caratteri e, se la pianta non dispone di geni utili allo scopo, servirà identificarli in piante affini. Questo a un potenziale campo-ricerca utile per l’umanità e, in questo senso, la ricerca andrebbe istituzionalizzata ponendo dei paletti alla brevettazione per imprese multinazionali, che rivendicherebbero gli utili dei capitali investiti e, soprattutto, deciderebbero della vita dei più negando, di fatto, alla popolazione l’accesso a nuove metodologie di cura. Questo ambito di sperimentazione, che potrebbe contribuire al benessere della società migliorando le condizioni di vita, deve essere di competenza di enti di ricerca pubblici, evitando di consegnare il monopolio ad aziende multinazionali concedendo loro nuovi brevetti. Altrimenti verrebbero escluse frange di popolazione, che non vive nel benessere, dall’acquisto di nutraceutici e di farmaco alimenti (ammissibili soltanto nel momento in cui evidenze scientifiche incontrovertibili dimostrassero che non arrecano danni all’organismo nel tempo), nonché dalla possibilità di accedere a tecniche di cura innovative. Va, altresì, ostacolato il ricorso a molteplici tecniche di ingegneria genetica che prevedono il trasferimento di geni tra animali e vegetali, inaccettabili da un punto di vista etico. Ciò già avviene per il pomodoro transgenico che è stato concepito prelevando il gene “anticongelante” della passera nera, un pesce, inserendolo, poi, nel codice genetico del pomodoro per difenderlo dai danni provocati dal gelo (sorte analoga è toccata alle patate transgeniche, al grano turco ed al tabacco transgenico). Tale pratica implica l’assunzione forzata di carne e 172 appare, dunque, eticamente scorretta per i soggetti che se ne astengono e pericolosa, dal punto di vista della salute, per coloro i quali non possono ingerire carne per problemi di molteplice natura. A ben vedere, queste tecniche di riprogramma zione dei codici genetici degli organismi viventi che hanno, prevalentemente, come finalità il soddisfacimento di bisogni economici, stanno trasformando l’uomo in ingegnere della vita, che non rispetta più le leggi naturali della creazione ed i limiti etici, con il rischio che le tecniche di ingegneria genetica si trasformino in strumenti di eugenetica. Il pericolo concreto, che al momento si affaccia all’orizzonte, è quello che aziende multinazionali o istituti di ricerca privati brevettino migliaia di microrganismi, piante ed animali decidendo così del destino delle future generazioni e del pianeta. 1. Trascrivo inoltre una mia interrogazione parlamentare sulla produzione degli OGM presentata al Senato della Repubblica. Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-00314 Atto n. 3-00314 Pubblicato il 7 agosto 2013, nella seduta n. 91 SCILIPOTI - Ai Ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali e per gli affari europei. Premesso che: la produzione degli organismi geneticamente modificati (OGM) si fonda sull’utilizzo del patrimonio genetico di organismi di specie diverse tra loro; il rilascio nell’ambiente di OGM potrebbe rappresentare un grave rischio sia per la salute dell’uomo e degli animali che si alimentano con questi OGM o prodotti da essi derivati, come farine eccetera. Nonché contaminerebbe l’ambiente; un elenco di potenziali rischi da tenere in considerazione, prima di diffondere nell’ambiente un OGM, è stato stilato dall’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e comprende: rischi ambientali relativi a cambiamenti nell’interazione tra pianta modificata e ambiente biotico, tra cui persistenza e invasività, induzione di resistenza negli insetti infestanti cui le piante sono resistenti, interazioni con organismi non target (ad esempio, effetti su api e altri insetti non infestanti, con conseguenze sulla biodiversità); possibili rischi per la salute umana o animale, tra cui effetti tossicologici causati da proteine sintetizzate dai geni inseriti, o tossicità di costituenti diversi dalle proteine, allergenicità, cambiamenti nel valore nutritivo e trasferimento di resistenza agli antibiotici (anche se questa possibilità già di per sé remota); 173 dai dati pubblicati dall’Istat, emerge che il settore agroalimentare, in generale il made in Italy alimentare, rappresenta un grande volano per superare la crisi economica ed occupazionale, soprattutto grazie al vino, all’ortofrutta, alla pasta e all’olio di oliva, che sono i componenti base della dieta mediterranea e sono anche i prodotti di punta dell’agroalimentare italiano sul fronte dell’export; la dieta mediterranea (il termine è stato coniato dallo studioso americano Ancel Keys) svolge un ruolo fondamentale nella longevità e nella qualità della vita. Studi epidemiologici hanno evidenziato che chi segue un’alimentazione mediterranea in media è molto meno colpito da patologie degenerative, cardiovascolari contribuendo alla diminuzione del tasso di mortalità della coronaropatia (malattia coronarica) del 50 per cento; nonostante sia una dieta mediamente ricca di grassi incide positivamente sui livelli di colesterolo nel sangue e sulla glicemia, nonché nella stimolazione del reflusso della bile. Oltre a rappresentare un’effettiva prevenzione contro le malattie cardiovascolari lo sarebbe, come emerge da studi scientifici a lunga durata, anche per le patologie tumorali grazie all’elevato contenuto in fosfolipidi del pesce, degli acidi monoinsaturi dell’olio d’oliva (che ne rallentano la progressione oncologica), delle fibre e delle vitamine di frutta e verdura e per la scarsità di utilizzo di prodotti affumicati; il 16 novembre 2010, l’Unesco ha incluso la dieta mediterranea nel la lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità; l’OMS e la FAO riconoscono tale modello alimentare salutare, sostenibile e di qualità e ne “La dichiarazione internazionale sulla dieta mediterranea”, inserita nella dichiarazione sui “Diritti alimentari dell’uomo” promossa a Barcellona dalla FAO, si conferma, alla luce delle conoscenze attuali delle scienze che studiano le risorse naturali, il carattere sostenibile, dal punto di vista sia ambientale che agricolo, dei sistemi di coltivazione tradizionali del bacino mediterraneo; la dieta mediterranea tradizionale possiede peculiarità storiche e culturali specifiche che devono essere preservate per il loro valore intrinseco, per le generazioni future, con la stessa enfasi con la quale si difendono gli aspetti del patrimonio culturale e artistico; riferendosi alla dieta mediterranea non si allude soltanto allo stile di vita o ai benefici salutistici che apporta ma anche ai componenti biochimici degli alimenti che possono contribuire al migliore stato di benessere e sono reperibili in Italia ed in particolare nelle regioni meridionali come la Calabria, la Sicilia e la Puglia; in Italia il rischio reale per l’agricoltura esiste poiché un settore minacciato dal fantasma della dipendenza da multinazionali, a causa dell’introduzione, nel 174 nostro territorio, di sementi manipolate geneticamente, per quanto concerne i mangimi degli animali; nel 2011 l’export agroalimentare aveva toccato, per la prima volta nella storia, i 30 miliardi di fatturato, con una crescita in valore del 9 per cento rispetto al 2010. Nel 2012 sono stati toccati i 31 miliardi di euro, con un aumento del 2 per cento rispetto al 2011. E il 2013, secondo i dati relativi ai primi mesi dell’anno, parte con un ulteriore balzo in avanti. I dati segnalano una crescita generale dell’export (soprattutto verso i mercati extra Unione europea) e un tasso di crescita del settore alimentare che è più che doppio rispetto al tasso di crescita medio, si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo non ritengano di adot tare, ciascuno per la propria competenza, opportune iniziative volte a: sostenere e sviluppare il settore agroalimentare che è il grande volano per superare la crisi economica, tutelando la specificità e la genuinità dei prodotti propri della dieta mediterranea; diffondere la cultura della dieta mediterranea impegnando le istituzioni pubbliche e private perché si assicurino che le caratteristiche della salutare dieta mediterranea tradizionale siano richiamate in tutte le raccomandazioni rivolte alla popolazione; introdurre pesanti sanzioni per chi utilizza sementi transgeniche; vietare la circolazione e l’importazione, nonché la commercializzazione, sul territorio, anche di quei prodotti geneticamente modificati autorizzati dal quadro legislativo europeo, per evitare effetti nocivi del rilascio nell’ambiente di un organismo con caratteristiche non esistenti e non producibili in natura, il cui studio richiede un’accurata verifica del suo comportamento e degli effetti sull’ambiente; prevedere il ricorso alla clausola di salvaguardia ai sensi dell’articolo 23 della direttiva 2001/18/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamen te modificati e che abroga la direttiva 90/220/CE del Consiglio, così come recepita dall’articolo 25 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, clausola di salvaguardia che prevede che: “Qualora uno Stato membro, sulla base di nuove o ulteriori informazioni di-venute disponibili dopo la data dell’autorizzazione e che riguardino la valutazione di rischi ambientali o una nuova valutazione delle informazioni esistenti basata su nuove o supplementari conoscenze scientifiche, abbia fondati motivi di ritenere che un OGM come tale o contenuto in un prodotto debitamente notificato e autorizzato per iscritto in base alla presente direttiva rappresenti un rischio per la salute umana o l’ambiente, può temporaneamente limitarne o vietarne l’uso o la vendita sul proprio territorio”. 175 Capitolo 3 Condizionamenti sociali, economici, ambientali e alimentari. Deriva dell’essere umano Di seguito, riporterò integralmente una bellissima poesia contro l’Usura di Ezra Pound che, a mio parere, incarna perfettamente i temi che cercherò di affrontare in questo capitolo: Con usura nessuno ha una solida casa di pietra squadrata e liscia per istoriarne la facciata, con usura non v’è chiesa con affreschi di paradiso harpes et luz e l’Annunciazione dell’Angelo con le aureole sbalzate, con usura nessuno vede dei Gonzaga eredi e concubine non si dipinge per tenersi arte in casa ma per vendere e vendere presto e con profitto, peccato contro natura, il tuo pane sarà staccio vieto arido come carta, senza segala né farina di grano duro, usura appesantisce il tratto, falsa i confini, con usura nessuno trova residenza amena. Si priva lo scalpellino della pietra, il tessitore del telaio CON USURA la lana non giunge al mercato e le pecore non rendono peggio della peste è l’usura, spunta l’ago in mano alle fanciulle 177 e confonde chi fila. Pietro Lombardo non si fè con usura Duccio non si fè con usura nè Piero della Francesca o Zuan Bellini nè fu “La Calunnia” dipinta con usura. L’Angelico non si fè con usura, nè Ambrogio de Praedis, nessuna chiesa di pietra viva firmata: “Adamo me fecit”. Con usura non sorsero Saint Trophine e Saint Hilaire, usura arrugginisce il cesello arrugginisce arte ed artigiano tarla la tela nel telaio, nessuno apprende l’arte d’intessere oro nell’ordito; l’azzurro s’incancrena con usura; non si ricama in cremisi, smeraldo non trova il suo Memling usura soffoca il figlio nel ventre arresta il giovane amante cede il letto a vecchi decrepiti, si frappone tra giovani sposi CONTRO NATURA Ad Eleusi han portato puttane carogne crapulano ospiti d’usura. Dai “Cantos” di Ezra Pound 3.1 Come la società modifica e condiziona la nostra salute fisica, spirituale e mentale Tutti gli argomenti trattati in questo libro quali il cibo, l’etica, l’am biente, l’inquinamento atmosferico ed idrico, sono strettamente connessi al tipo di società nella quale viviamo. Il nostro benessere psico-fisico è, molto spesso, legato alla nostra felicità o anche solo alla sua ricerca, come anche l’umore e la serenità interiore influenzano la nostra salute tanto da poter essere considerati la “medicina” per curare quello che si suole definire “mal di vivere”. 178 Ad oggi è stato costituito un sistema di società dove gli uomini, rispet tando regole precise, sono obbligati a muoversi ritrovandosi spesso a combattere proprio contro lo schematismo dello sistema stesso, che può colpire e alienare. Sembrerebbe pertanto una lotta per la sopravvivenza, ben lontana da quella che dovrebbe essere una sana e semplice idea di qualità della vita, dove ci si adopera per ogni tentativo, talvolta disperato, di rincorrere quell’attimo di serenità che ben si potrebbe tradurre in salute e benessere. Se è vero che noi siamo quello che mangiamo, è altrettanto vero che il sorriso dell’anima può alleviare i malesseri del corpo. Purtroppo oggi non si vive ma si sopravvive e tutto sembra essere stato progettato per ostacolarci, basti pensare ad esempio al sistema economico-bancario utilizzato come arma per sconvolgere la serenità di ognuno di noi e delle persone a noi care con meccanismi farraginosi, incomprensibili e a danno del cittadino, anello debole e sacrificabile dalla catena del sistema. I disturbi che ne derivano possono determinare malesseri sia psichici che spirituali che, a loro volta, si rif lettono sul nostro stato di salute causando anche patologie fisiche e ciò in quanto la salute della nostra anima incide sul benessere del nostro corpo così come il benessere globale della società nella quale viviamo ne influenza gli aspetti psico-fisici. Questo concetto trova riscontro non solo nella filosofia orientale ed occidentale ma anche in campo medico e scientifico e, per meglio esplicarlo, si può prendere ad esempio il rapporto della Commissione Salute dell’Osservatorio Europeo su sistemi e politiche per la salute (a cui partecipa il distaccamento europeo dell’OMS), dove è stata proposta la definizione di benessere quale lo “stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale di benessere che consente alle persone di raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società”. Come chiaramente si legge nel rapporto, tutti e cinque gli aspetti sono importanti ma lo è ancora di più che siano tra loro equilibrati in modo tale da consentire agli individui di migliorare costantemente il loro benessere. Pertanto, non solo le condizioni di vita e di lavoro sicure e soddisfacenti devono garantire l’appagamento ma anche l’organizzazione sociale, il sistema della società tutta andrebbe strutturato in modo tale da agevolare e tutelare quella che dovrebbe essere una priorità mondiale, definendo così il motivo per cui occorre predisporre idonee politiche sociali (lavorative-organizzative) ed 179 ambientali che permettano ai cittadini di custodire il loro benessere fisico e mentale. Uno Stato ed una società burocraticizzati, lenti, macchinosi, complicati e distanti dalle vere necessità delle persone non fanno che aumentarne le ansie e tutte le conseguenze che ne derivano. Di fatto, uno Stato “malato” non può formare cittadini “sani” proprio perché la salute non consiste nella semplice assenza di patologie ma dipende da una serie di fattori inerenti alla totalità della nostra vita. Tutto concorre a creare quell’armonia necessaria per avere un sana qualità di vita e si considera benessere anche la capacità personale di ognuno nel saper gestire le difficoltà che si riscontrano, nel saper risolvere i problemi, nell’abilità di trovare soluzioni, nella capacità di relazionarsi e comunicare con gli altri e ciò in quanto, anche e soprattutto il modo di raffrontarsi ed interagire con le altre persone, sia in ambito lavorativo che in ambito sociale, può essere un elemento per raggiungere un benessere mentale e fisico. Sentirsi padroni della propria esistenza, liberi di decidere e di scegliere è un fattore di grande condizionamento per il benessere della persona. Basti pensare al sistema sanitario-ospedaliero ad oggi purtroppo considerato e gestito esclusivamente come una macchina produttiva ed economica grazie al supporto delle famigerate case farmaceutiche disposte anche a sacrificare la salute del singolo o dei molti per meri interessi economici e finanziari, invece andrebbe riformulato ancor prima il concetto di sanità che non dovrebbe basarsi sulla produttività bensì sulla solidarietà. Non si deve neanche dimenticare l’assetto del sistema economico-giudiziario che non permette ai cittadini di sentirsi ed essere adeguatamente garantiti e ciò, oltre ad avere ripercussioni economiche dettate dalla mancanza di fiducia e, conseguentemente, di investimenti delle imprese straniere, lede e consuma anche il singolo. In Italia si parla troppo spesso di riforma della giustizia ma, nonostante i vari tentativi, fino ad oggi non si è riuscito a scardinare questo meccanismo giudiziario che, sia per l’incertezza delle pene, sia per la mancanza di responsabilità in capo ai magistrati, sia per il fatto che non si sia mai risolto il problema della separazione delle carriere, rimane un vero e proprio punto dolente per il buon andamento dell’esistenza dei cittadini e, come è accaduto in molti casi, si ripercuote anche sulla salute fisica e mentale dei più. Riappropriarsi della propria esistenza, non lasciarsi schiacciare dal 180 sistema, cercare di avere un dominio sugli eventi negativi e positivi in fluenza inevitabilmente la mente, il corpo e la psiche pertanto, occorre rivalutare il proprio “Io”, conoscere se stessi, riaffermare l’importanza e la dignità dell’individuo che vive e cresce nella società, ricostruire quel concetto di “bellezza” che è racchiuso nella semplice armonia dell’essere in simbiosi con l’ambiente circostante. Probabilmente è questo il primo passo che conduce verso il benessere di se stessi. In conclusione, il sistema bancario, giudiziario e sanitario dovrebbe essere in grado di semplificare ed agevolare l’esistenza dell’uomo e del cittadino, ecco perché sarebbe importante una vera riforma sociale per garantire ad ogni cittadino una migliore qualità della vita. La profonda crisi economica e sociale, l’aver smarrito quell’identità nazionale insieme alla sovranità monetaria dello Stato italiano, non fanno che alimentare le incertezze e le insicurezze che possono, e molto spesso lo fanno, tradursi in malesseri per il corpo e la mente. A riguardo, per meglio compenetrare la profondità dell’argomento affrontato, allego un mio disegno di legge presentato al Senato col tra mite del quale sto conducendo una battaglia per riportare la sovranità monetaria nel nostro Stato. DISEGNO DI LEGGE ad’iniziativa del senatore SCILIPOTI COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 15 MARZO 2013 Disposizioni per il ripristino della sovranità monetaria dello Stato italiano nel rispetto dei trattati internazionali 2. DISEGNO DI LEGGE Art. 1. 1. La sovranità monetaria appartiene al popolo. 2. La moneta, all’atto dell’emissione, è di proprietà dei cittadini italiani. Art. 2. 1. È istituita la Banca italiana di emissione monetaria (BIEM). 2. La BIEM è un istituto di diritto, proprietà e gestione interamente pubblici, il cui stato giuridico è inalienabile, che assolve le funzioni di banca centrale nazionale di cui all’articolo 128 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e all’articolo 16 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali (SEBC), di 181 cui al Protocollo n. 4 del citato trattato sul funzionamento dell’Unione europea. 3. La BIEM ha i seguenti compiti: emettere, in via esclusiva, ogni forma di valuta legale nelle quantità assegnate all’Italia, determinate dalla competente autorità europea monetaria a norma dei vigenti trattati; proporre alle Camere e al Governo il tasso di sconto e tutte le misure atte alla migliore utilizzazione del patrimonio valutario da essa prodotto; fungere da tesoreria di Stato gestendo a tasso zero, fatti salvi i costi dei servizi, il conto da rendita da emissione monetaria derivante dalla differenza tra il costo tipografico e di conio e il valore nominale delle banconote e delle monete. Art. 3. 1. La BIEM ha sede legale in Roma. Può avere sedi e succursali in altre città. L’articolazione territoriale e la competenza delle sedi e delle succursali sono stabilite con delibera del Consiglio superiore della stessa BIEM, di cui all’articolo 8, su proposta degli enti locali. Art. 4. 1. La rendita da emissione monetaria appartiene al popolo. Essa è iscritta all’attivo del bilancio dello Stato ed è gestita dal Ministero competente con l’obiettivo di raggiungere il pareggio del debito pubblico, di supportare le esigenze della spesa pubblica, di promuovere l’occupazione e lo sviluppo economico del Paese, di offrire un equo accesso creditizio a imprese e a privati in difficoltà, di ridurre le tasse e di costituire, col residuo, un reddito da cittadinanza in favore dei cittadini italiani. Art. 5. 1. La decisione sul tasso di sconto, fatti salvi i poteri del SEBC e della BCE, è di spettanza del Governo, attraverso il Ministero competente, previo parere del Consiglio superiore della BIEM. Art. 6. 1. Gli organi della BIEM sono: a) il Governatore; b) il Consiglio superiore; c) la Commissione di vigilanza; d) il Centro studi e ricerche. Art. 7. 1. La nomina del Governatore della BIEM è disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su indicazione del Presidente del Consiglio dei ministri, 182 previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della BIEM. Il Governatore dura in carica cinque anni e non è rieleggibile. Art. 8. Il Consiglio superiore della BIEM, di seguito denominato “Consiglio”, è luogo di confronto tra le diverse categorie interessate alla politica monetaria nazionale ed europea e alla buona gestione della BIEM. Il Consiglio è formato da rappresentanti dell’Associazione bancaria italiana (ABI), della Confederazione generale dell’industria italiana (Confindustria), della Confederazione italiana della piccola e media industria privata (Confapi), delle organizzazioni sindacali, delle associazioni dei consumatori e delle associazioni professionali. È prevista anche una rappresentanza delle famiglie, con modalità stabilite dal regolamento di cui al comma 4. 3. Il Consiglio ha poteri di controllo sull’attività della BIEM, fatte salve le competenze che la legge assegna alla Corte dei conti. Il Consiglio svolge inoltre le seguenti funzioni: a) esprime pareri alle Camere e al Governo sul tasso di sconto; b) propone alle Camere e al Governo eventuali modifiche allo statuto della BIEM; c) esprime il parere di cui all’articolo 7 in merito alla nomina del Governatore della BIEM. 4. Entro trenta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le quote di rappresentanza da assegnare ai soggetti di cui al comma 2 per un numero totale non superiore a cinquanta consiglieri. Art. 9. 1. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituita una Commissione parlamentare di vigilanza composta da cinque senatori e da dieci deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati nel rispetto della proporzione esistente tra i gruppi parlamentari, sulla base delle designazioni dei gruppi medesimi. La Commissione ha compiti ispettivi e di vigilanza sull’attività del Consiglio e del Governatore della BIEM, fatti salvi i diritti e i doveri della Corte dei conti. 2.Il Governatore della BIEM è tenuto a riferire alla Commissione di cui al comma 1 sull’attività del Consiglio almeno una volta ogni sei mesi. 183 Art. 10. 1. Il Direttore del Centro studi e ricerche della BIEM è nominato dal Consiglio superiore della BIEM. Art. 11. 1. Presso la BIEM è attivato un conto personale per ogni cittadino italiano, denominato “reddito da cittadinanza”, il cui importo è stabilito dal Ministero competente secondo il livello del debito pubblico e le esigenze della spesa pubblica. 2. L’accensione del reddito da cittadinanza avviene automaticamente entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, per tutti i cittadini italiani, residenti in Italia, ovvero entro tre mesi dalla nascita del cittadino o dall’acquisizione della cittadinanza italiana, dalla naturalizzazione o comunque dal momento in cui il soggetto acquisisce la cittadinanza italiana. Art. 12. 1. In sede di prima attuazione della presente legge, il reddito da cittadinanza è temporaneamente garantito, entro sei mesi dalla prima acquisizione della rendita di emissione monetaria da parte della BIEM, a tutti i cittadini italiani residenti in Italia che hanno un reddito complessivo inferiore a 30.000 euro annui, al lordo delle ritenute fiscali di legge. Di seguito riporto un disegno di legge che ho presentato al Senato il 10 maggio 2013, nel quale chiedo la separazione delle Banche tra quelle Commerciali e quelle d’Affari, per tutelare una giustizia economica e sociale dei cittadini. Disegno di Legge n°635 Delega al Governo per la separazione tra le Banche Commerciali e le Banche D’Affari 184 DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa del senatore SCILIPOTI COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 10 MAGGIO 2013 Delega al Governo per la separazione tra le banche commerciali e le banche d’affari 185 2 Onorevoli Senatori. – Il decreto legisla tivo 1¡ settembre 1993, n. 385, recante ÇTe sto unico delle leggi in materia bancaria e creditiziaÈ, ha riformato in maniera radicale la previgente legislazione bancaria italiana e la disciplina delle attività delle banche le quali tendono ora al conseguimento di un reddito di gestione, non si attengono pi alla tradizionale attività creditizia e non ri nunciano alle attività finanziarie. In particolare, l’articolo 10 del decreto legislativo in parola precisa la nozione di attività bancaria e di raccolta di risparmio precisando che: ÇEssa ha carattere d’impresaÈ. Inoltre, specifica che: ÇL’esercizio dell’atti vità bancaria riservato alle bancheÈ e che queste Çesercitano, oltre all’attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse o strumentaliÈ. é venuta quindi meno la distinzione giuridica tra banche di commercio pubblico e banche d’investimento pubblico, attività che precedentemente alla riforma del sistema bancario non potevano essere svolte dallo stesso soggetto giuridico; quindi venuto meno anche il divieto, ad esempio, per le banche commerciali di sottoscrivere, detenere, vendere o comprare titoli emessi da imprese private, cio anche di trasformare potenziali sofferenze in emissioni collocate presso i propri clienti, o di interessarsi al settore finanziario, estremamente remunerativo ed estremamente rischioso, sui valori derivati. Come dichiarato a marzo di quest’anno dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, la Çcrisi finanziaria – una crisi grave, ampia, che ha colpito l’economia globale in modo differenziato per - N. 635 i diversi paesi e aree del mondo e con effetti certamente duraturi nel tempo – ha fatto emergere una serie di problemi nel funzionamento, nella regolamentazione e nella supervisione dei mercati finanziari [ .... ]. Vi quindi il rischio che la finanza diventi fine a se stessa, provocando danni tanto maggiori quanto pi stretta l’interconnessione del sistema e quanto pi rilevanti sono le potenziali esternalità negative. La corretta conduzione del-l’attività creditizia e finanziaria certamente richiede competenza e buona fede da parte degli intermediari, ma richiede altres“ adeguati regimi di regolamentazione e di supervisioneÈ. È noto a molti che a livello europeo si discute da tempo sulla complessità del settore finanziario, sull’assetto organizzativo delle banche e sulla necessità di separare la tradizionale attività creditizia da quella svolta in campo finanziario, cio si discute sull’opportunità di operare una netta separazione fra le attività speculative delle banche e la loro funzione tradizionale di deposito dei risparmi e di erogazione di credito all’economia reale. Una discussione dalla quale non si sot tratto anche il Fondo Monetario Internazionale affermando che la funzione svolta dalle banche da considerarsi come un bene pubblico, che come tale non pu˜ essere lasciato al funzionamento del mercato, e richiede un intervento pubblico sia per assicurare credito all’economia che per regolamentare il settore. La funzione che hanno le banche di deposito dei risparmi dei cittadini e di erogazione del credito le rende importanti per la tenuta del sistema economico, politico e 3 sociale del Paese, e non possono agire come una qualsiasi azienda, e quindi anche la possibilità di fallire per attività finanziarie rischiose o non trasparenti a danno non solamente dei propri clienti ma anche dei cittadini in generale, o in quanto risparmiatori, che potrebbero perdere i risparmi nel caso in cui la banca fallisse, o in quanto contribuenti, quando lo Stato a salvare una banca in difficoltà. é acclarato che operazioni finanziarie complesse possano comportare gravi rischi per la liquidità della banca, cio che dette operazioni abbiano un carattere strumentale e siano essenzialmente volte a coprire perdite su prodotti di finanza strutturata acquisiti nel tempo. Sebbene non sia facile tracciare un confine netto tra le operazioni che la banca fa nel proprio interesse (e con le proprie risorse) da quelle che mette in atto per conto dei clienti anche con le proprie risorse, la crisi finanziaria internazionale ed anche la capacità da parte degli operatori finanziari di gestire i rischi finanziari, con le enormi ricadute che hanno sui cittadini in termini di costi (perdita, ad esempio, dei loro risparmi), hanno diminuito, ovunque nel mondo, la fiducia nelle banche quali soggetti che curano, in modo trasparente e non opportunistico, gli interessi dei propri clienti. - N. 635 Non quindi accettabile che ad un chiaro interesse degli Stati a sostenere le banche queste possono assumere rischi anche eccessivi nelle attività di speculazione finanziaria, sapendo di essere comunque garantite dal sistema pubblico. Inoltre, in un momento storico quale quello attuale di criticità socio-economica opportuno proteggere i depositi bancari delle persone dai rischi di investimento sconsiderati ed auspicabile introdurre riforme legislative in materia bancaria per controllare tentativi di speculazione. In generale l’eurosistema ritiene opportuno separare alcune attività ad alto rischio degli istituti finanziari che non sono associati alla fornitura di servizi relativi ai clienti. Con il presente disegno di legge si in tende quindi affermare e consolidare il principio che chi gestisce i risparmi delle persone deve operare con trasparenza nel loro interesse: di qui la delega al Governo ad emanare, sulla base delle informazioni sino ad ora acquisite sul sistema bancario ita liano, norme che regolamentino una distinzione tra banche commerciali, garantite dallo Stato ed esclusivamente dedite alla concessione di credito alle imprese e alle famiglie, e banche d’affari, senza garanzia dello Stato, dedite, direttamente od indirettamente, ad attività finanziarie. - N. 635 4 DISEGNO DI LEGGE Art. 3. (Delega al Governo) Art. 1. (Finalità e oggetto) 1. Per le finalità di cui all’articolo 1, il Governo delegato ad emanare uno o pi de1. La presente legge dispone la separa creti legislativi con le modalità previste dal zione delle banche italiane in banche com comma 2 e nel rispetto dei seguenti princimerciali e in banche d’affari, nel rispetto pi e criteri direttivi: dei principi e criteri direttivi di cui all’arti a) prevedere, per le banche commer colo 3, salvaguardando le attività finanziarie di deposito e di credito inerenti l’econo- ciali autorizzate ad operare sul mercato mia reale da quelle legate all’investimento italiano, il divieto di svolgere direttamene alla speculazione sui mercati finanziari te o indirettamente attività proprie delle nazionali e internazionali, anche mediante banche d’affari, delle società di intermediaintegrazione e coordinamento della disci- zione mobiliare e, in generale, di tutte le plina contenuta nel Testo Unico delle leggi società finanziarie che non sono autorizzain materia bancaria e creditizia, di cui al de- te ad effettuare la raccolta di depositi tra il creto legislativo 1¡ settembre 1993, n, 385. pubblico; Art. 2. (Definizioni) 1. Ai fini della presente legge si intende: a) per banche commerciali: le banche che esercitano l’attività di credito nei con fronti dei cittadini, delle imprese, delle famiglie e delle comunità e che effettuano la raccolta di depositi o di altri fondi con obbligo di restituzione per l’esercizio dell’attività di credito; b) prevedere distinti titoli abilitativi per le banche commerciali e per le banche d’af fari; c) prevedere il divieto per le banche commerciali di detenere partecipazioni o di stabilire accordi di collaborazione commer ciale di qualsiasi natura con i seguenti sog getti: le banche d’affari, le banche d’investimento, le società di intermediazione mobiliare e in generale tutte le società finanziarie che non effettuano la raccolta di depositi tra il pubblico; d) prevedere, per le banche commer b) per banche d’affari: le banche che ciali, il divieto di operare in condizioni di investono nel mercato finanziario. disequilibrio delle scadenze delle attività di - N. 635 5 raccolta e di impiego delle risorse finanzia rie e, in particolare, per le banche che effet tuano la raccolta dei depositi a breve ter mine, il divieto di erogare finanziamenti a medio o a lungo termine; e) prevedere il divieto di ricoprire cari che direttive e di detenere posizioni di con trollo nelle banche commerciali da parte dei rappresentanti, dei direttori, dei soci di riferimento e degli impiegati delle banche d’af fari, delle società di intermediazione mobiliare e, in generale, di tutte le società finanziarie che non sono autorizzate ad effettuare la raccolta di depositi tra il pubblico; della presente legge su proposta del Ministro del-l’economia e delle finanze. Gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi alle Camere entro il sessantesimo giorno antecedente la scadenza del termine previsto per l’esercizio della delega per l’espressione dei pareri da parte delle competenti Commissioni parlamentari che sono resi entro quaranta giorni dalla data di assegnazione; decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Art. 4. f) stabilire sanzioni proporzionate e dis (Entrata in vigore) suasive, ivi compresa la revoca dell’autoriz 1. Dall’applicazione delle disposizioni zazione all’attività bancaria per le banche della presente legge non devono derivare che non ottemperano a quanto previsto alle nuovi o maggiori oneri per la finanza pub lettere a), b), c), d) ed e). blica. 2. I decreti legislativi di cui al preceden2. La presente legge entra in vigore il te comma 1 sono adottati entro il termine giorno successivo a quello della sua pubbli di sei mesi dalla data di entrata in vigore cazione nella Gazzetta Ufficiale. Capitolo 4 L’Ambiente spaziale bene comune La società dovrebbe iniziare a comprendere che anche lo spazio rien tra in ciò che solitamente viene definito come “natura” e che quello dello spazio è un mondo ricco, enigmatico e che racchiude in sé le meraviglie del nostro pianeta. L’ambiente spaziale è ancora in gran parte inesplorato e tutti i segreti non svelati che esso custodisce rappresentano fonte di ricchezza e benessere per gli uomini e, proprio per questo, solo una informazione chiara e precisa su questo mondo può fornire i mezzi per preservarlo e custodirlo. La nostra esistenza è un cammino in salita, un percorso di conoscenza, saggezza e progresso dove la grandezza degli esseri umani non deve essere dettata dalla quantità di formazione che l’uomo ha, quanto più dai valori che lo caratterizzano e grazie ai quali può percorrere quel cammino nel pieno rispetto del mondo e dello spazio che lo Immagine ambiente spaziale 191 circonda. L’uomo è parte integrante dell’universo e in quanto tale il suo atteggiamento deve mirare alla tutela di se stesso e del pianeta, perché tut to ciò che l’uomo conquisterà grazie alla sua intelligenza si rifletterà sulla salute dell’ambiente e dei suoi abitanti. Il tema della “sicurezza spaziale” diventa quindi argomento di grande interesse ed il settore spaziale, così come viene descritto in un documento della Commissione Europea intitolato “Il settore spaziale al servizio dei cittadini: lo spazio raggiunge la Terra”(1), di seguito analizzato e riportato, racchiude tutte quelle attività ed applicazioni spaziali che vengono definite essenziali e cruciali per la crescita e il progresso della nostra società che, inevitabilmente, andranno a beneficiare la vita quotidiana delle persone. Fondamentale sarà quindi la politica spaziale adottata dai vari Paesi che dovrà tener conto dell’ambiente, della lotta ai cambiamenti climatici, della sicurezza pubblica, degli aiuti umanitari, dello sviluppo, dei trasporti e della società dell’informazione. Ed ancora, sempre nello stesso documento della Commissione Europea, si legge che i vantaggi quotidiani delle applicazioni spaziali possono apportare benefici alla nostra vita quotidiana come ad esempio riguardo la salute ambientale, la comunicazione e la ricchezza del nostro pianeta. 4.1. Trasporti e viabilità Il mancato funzionamento di un segnale satellitare o un guasto potrebbero compromettere drammaticamente la nostra vita. Pensiamo infatti alla precisione nella localizzazione via satellite che contribuisce significativamente a garantire la modernità e l’affidabilità del settore dei trasporti per automobili, aerei e navi. Un chiaro esempio si può avere riguardo la gestione del parco veicoli, la rintracciabilità delle imbarcazioni, il controllo della velocità e l’assi stenza per le manovre navali, la prevenzione delle collisioni ed inoltre, i satelliti contribuiscono anche ad una maggiore efficienza nell’agricoltura e nella pesca. 4.2. Maggiore qualità degli alimenti e maggiore sicurezza alimentare Riprendendo il tema “alimentazione, cibo e coltivazione” è fondamen tale comprendere come le applicazioni satellitari vengono usate per ese(1) 192 Commissione Europea “Il settore spaziale al servizio dei cittadini”, Esa. guire una mappatura delle aree coltivate che necessitano di irrigazione o per previsioni di raccolta e controllo delle attività di pesca. Ciò, infatti, garantisce una maggiore qualità degli alimenti e una migliore sicurezza alimentare salvaguardando al contempo anche l’ambiente. È quindi importante comprendere quanto tutti i fattori legati al tema cibo (già descritti nei precedenti capitoli: dalla coltivazione, alla conservazione, dalla consumazione fino ad arrivare alle applicazioni satellitari) siano correlati fra di loro e concorrano tutti alla salvaguardia della salute ambientale e dei cittadini. 4.3. Migliorare la nostra rete di comunicazioni Anche riguardo le esigenze in materia di comunicazione, laddove le soluzioni via terra risultassero limitate, esse si possono soddisfare col tramite della comunicazione satellitare. Lo spazio, pertanto, contribuisce a ridurre gli squilibri regionali fornendo anche alle comunità delle aree più remote un accesso rapido ai servizi via Internet. 4.4. Ambiente spaziale, fonte di ricchezza e sviluppo I satelliti sono essenziali anche per l’economia e per il benessere dell’uomo. L’economia di fatto è strettamente legata allo spazio dal momento che quest’ultimo genera conoscenza, nuovi prodotti e nuove forme di cooperazione industriale. L’ambiente spaziale, quindi, può essere altresì considerato una fonte di crescita, di ricchezza ed una nuova piattaforma di sviluppo e di posti di lavoro. Si può contribuire, così, a realizzare una crescita intelligente e sostenibile in campo economico e politico che vede l’Europa come una protagonista nella scena internazionale. 4.5. Maggiore sicurezza interna In tema di sicurezza, la localizzazione satellitare contribuisce ad in dividuare flussi di immigrazione clandestina, a prevenire la diffusione transfrontaliera della criminalità organizzata ed a combattere la pirateria marittima grazie alla rintracciabilità delle imbarcazioni. Così come è importante utilizzare quindi in modo intelligente e costruttivo l’ambiente spaziale, rimane fondamentale farlo nel pieno rispetto delle normative stabilite per salvaguardare la tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini. L’obiettivo 193 è perciò quello di delineare e far progredire una cultura globale della sicurezza spaziale da un punto di vista tecnico, organizzativo e socio-politico, così come di rendere più sicure non solo le missioni spaziali ma anche le installazioni che occorrono per progettare le basi satellitari nel nostro territorio. Ogni Governo dovrebbe vigilare sull’installazione dei vari sistemi di comunicazione satellitare affinché questi non rechino gravi problemi alla salute delle popolazioni, adoperandosi per rispettare i parametri stabili a livello europeo e ridurre al minimo i rischi di inquinamento elettromagnetico dannosi anche per la salute ambientale. Proprio su questo argomento, sulla scorta della serietà ed attualità dello stesso, accludo di seguito un ordine del giorno del Senato da me presentato: SEN. SCILIPOTI Il Senato, premesso che: il MUOS (Mobile User Objective System) è un nuovo sistema di co municazione satellitare a livello globale che sta costruendo il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti; il sistema sarà organizzato in una serie di basi terrestri collegate ad alcuni satelliti in orbita geostazionaria. Ciascuna base sarà compo sta da quattro grandi antenne a forma di parabola, alte ognuna circa venti metri. Tre antenne saranno in funzione, puntate verso i satelliti geostazionari, mentre la quarta sarà tenuta di riserva; il MUOS funzionerà con una tecnologia simile a quella degli attuali telefoni cellulari e servirà a fornire un supporto per comunicazioni audio, video e per lo scambio di dati. La “cima” dell’antenna sarà costituita da uno dei satelliti, mentre la “base” dagli impianti MUOS a terra: negli Stati Uniti quelli di Honolulu (nelle Hawaii, già operativo) e quello di Norfolk, in Virginia. Un terzo sarà costruito in Australia e un quarto alla base della Marina militare statunitense che si trova all’interno della sughereta di Niscemi in provincia di Caltanissetta; a Niscemi’ -ha già sede una stazione di comunicazione americana che utilizza il vecchio sistema UHF, che il MUOS dovrebbe sostituire. I primi anni di attività del MUOS dovrebbero essere dedicati ai test e alla sperimentazione, quindi le vecchie antenne UHF non saranno spente immediatamente. Si stima che tutto il progetto costerà circa 7 miliardi di dollari 194 e al momento non è chiaro quando termineranno i lavori nella base di Niscemi; i lavori sono stati interrotti e poi ripresi e le autorizzazioni sono state concesse e poi revocate, mentre i tribunali sono stati più volte chiamati a esprimersi su vari aspetti della questione; lo scorso aprile il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, che durante la campagna elettorale aveva dichiarato di essere contrario al MUOS, ha ordinato una nuova interruzione dei lavori in attesa che l’Istituto Superiore di Sanità formulasse un parere sulla pericolosità delle antenne. Il parere è stato pubblicato il 18 di luglio e la sospensione dei lavori è stata revocata; secondo chi si oppone alla costruzione, come il comitato “No MUOS”, una volta completata la stazione potrebbe causare tumori e altri danni a causa dell’inquinamento elettromagnetico prodotto dalle antenne; sulla questione dei danni alla salute del MUOS sono stati prodotti numerosi studi. La maggior parte, tra cui quelli° dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente siciliana (ARPAS), hanno concluso che sia le emissioni della antenne che si trovano attualmente a Niscemi sia quelle che saranno installate nel programma MUOS rispettano gli attuali limiti di legge per l’inquinamento elettromagnetico; il 18 luglio si è espresso sulla pericolosità del MUOS l’Istituto Superiore di Sanità, il quale ha dichiarato che, secondo i test preliminari, tutte le norme in materia di tutela delle persone dai campi elettromagnetici sono attualmente “rispettate in larga misura”, impegna il Governo: nella realizzazione del sistema di trasmissione satellitare denominato MUOS nella base militare di Niscemi, ad adottare ogni iniziativa volta a garantire la sicurezza dei prodotti agroalimentari e l’incolumità degli esseri viventi. A seguire e rimanendo in tema, ritengo opportuno soffermarsi ancora su una mia interrogazione parlamentare a risposta scritta sottoposta, il 3 Aprile 2014, all’attenzione del Ministro della Difesa e dell’Ambiente a proposito della realizzazione a Niscemi (Sicilia-Italia) del MUOS (Mobil user objective system) con relativa risposta del Sottosegretario di Stato per la difesa Rossi e con successivo comunicato stampa che evidenziava le insoddisfacenti risposte del Governo ai quesiti da me posti: Atto n. 3-00867 (in Commissione) Pubblicato il 3 aprile 2014, nella seduta n. 223 SCILIPOTI: Ai Ministri della difesa e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Premesso che: 195 il MUOS (mobile user objective system) è un nuovo sistema di comunicazione satellitare a livello globale che il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti sta costruendo; il sistema sarà organizzato in una serie di basi terrestri collegate ad alcuni satelliti in orbita geostazionaria. Ciascuna base sarà composta da 4 grandi antenne a forma di parabola, alte ognuna circa 20 metri, e 3 antenne saranno in funzione, puntate verso i satelliti geostazionari, mentre la quarta sarà tenuta di riserva; il MUOS funzionerà con una tecnologia simile a quella degli attuali telefoni cellulari e servirà a fornire un supporto per comunicazioni audio, video e per lo scambio di dati. La “cima” dell’antenna sarà costituita da uno dei satelliti, mentre la “base” dagli impianti a terra: negli Stati Uniti quelli di Honolulu (nelle Hawaii, già operativo) e quello di Norfolk, in Virginia. Un terzo sarà costruito in Australia e un quarto alla base della Marina militare statunitense che si trova all’interno della sughereta di Niscemi in provincia di Caltanissetta; a Niscemi ha già sede una stazione di comunicazione americana che utilizza il vecchio sistema UHF, che il MUOS dovrebbe sostituire. I primi anni di attività del MUOS dovrebbero essere dedicati ai test e alla sperimentazione, quindi le vecchie antenne UHF non saranno spente immediatamente. Si stima che tutto il progetto costerà circa 7 miliardi di dollari e al momento non è chiaro quando termineranno i lavori nella base di Niscemi; i lavori sono stati interrotti e poi ripresi e le autorizzazioni sono state concesse e poi revocate, mentre i tribunali sono stati più volte chiamati a esprimersi su vari aspetti della questione; nel mese di aprile 2013 il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, che durante la campagna elettorale aveva dichiarato di essere contrario al MUOS, ha ordinato una nuova interruzione dei lavori in attesa che l’Istituto superiore di sanità formulasse un parere sulla pericolosità delle antenne. Il parere è stato pubblicato il 18 luglio e la sospensione dei lavori è stata revocata; secondo chi si oppone alla costruzione, come il comitato “no MUOS”, una volta completata la stazione potrebbe causare tumori e altri danni a causa dell’inquinamento elettromagnetico prodotto dalle antenne; sulla questione dei danni alla salute del MUOS sono stati prodotti numerosi studi. La maggior parte, tra cui quelli dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente siciliana (ARPAS), hanno concluso che sia le emissioni della antenne che si trovano attualmente a Niscemi sia quelle che saranno installate rispettano gli attuali limiti di legge per l’inquinamento elettromagnetico; lo stesso 18 luglio si è espresso sulla pericolosità del MUOS l’Istituto superiore di sanità, il quale ha dichiarato che, secondo i test preliminari, tutte le norme in materia di tutela delle persone 196 dai campi elettromagnetici sono attualmente “rispettate in larga misura”; non si tratta solo di un problema che riguarda la salvaguardia e la tutela dell’ambiente, ma di satelliti che hanno anche il compito, direttamente o indirettamente, di gestire una robotica, delle decisioni algoritmiche, che potrebbero mettere in discussione non soltanto la nostra sicurezza nazionale e mondiale; le comunità locali sono preoccupate dai rischi connessi all’inquinamento elettromagnetico; diversi tecnici di livello universitario ritengono che siano superati i livelli di soglia critica; sono numerosi i satelliti operativi in orbita intorno alla terra, metà dei quali sono in bassa orbita terrestre, a poche centinaia di chilometri sopra la superficie; risulta all’interrogante che uno di questi satelliti potrebbe funzionare con un sistema robotico, che agisce con modelli algoritmici, senza alcun controllo da parte dell’uomo; considerato che il Presidente del Senato il 6 marzo 2014 ha assegnato alle Commissioni riunite 12a e 13a, ai sensi dell’articolo 34, comma 1, primo periodo, e per gli effetti dell’articolo 50, comma 2, del regolamento, l’affare n. 281 concernente le implicazioni sanitarie e ambientali dell’installazione del sistema di telecomunicazioni satellitari MUOS, si chiede di sapere: se i Ministri in indirizzo non ritengano, ciascuno per la propria competenza, di adottare ogni iniziativa volta a fornire maggiore divulgazione delle informazioni, con particolare attenzione ai dati sulle emissioni elettromagnetiche e sulle possibili ricadute sulla salute delle popolazioni coinvolte e prevedere una tempistica definita per la bonifica dei territori sui quali insistono le antenne non più in uso; visto l’elevato numero di satelliti in orbita intorno alla terra, quali siano le iniziative del Governo italiano per conoscere preventivamente le eventuali cadute di satelliti o di parte di essi a seguito della loro distruzione per malfunzionamento o per il fine ciclo della loro vita e in che modo e da chi verrebbero rimossi; se risponda al vero quanto esposto in merito al funzionamento di uno di questi satelliti controllato con un sistema algoritmico, ossia senza il controllo dell’uomo, e in caso affermativo se ritengano opportuno non permettere all’uomo di svolgere un’attività di controllo. Qui in sequenza è riportata la relativa risposta del Ministro alla Difesa. Legislatura 17- 4 Commissione permanente- Resoconto sommario n.62 del 30/04/2014 197 Difesa (4°) Mercoledì 30 Aprile 2014 62° seduta Presidenza del Presidente Latorre Interviene il Sottosegretario di Stato per la Difesa Rossi La seduta inizia alle ore 09.00 SULLE MISSIONI DELLE COMMISSIONI In apertura di seduta, il Presidente Latorre informa la Commissione che, a seguito di sopravvenuti problemi organizzativi, si rende necessario differire la missione in Libano, già deliberata il 09 Ottobre 2013 e che avrebbe dovuto aver luogo nel corso del mese di Maggio. La Commissione prende atto. PROCEDURE INFORMATIVE Interrogazione Il sottosegretario Rossi risponde all’interrogazione n. 3-00867, a firma del Sen. Scilipoti e relativa all’emissione di onde elettromagnetiche ed al funzionamento dei satelliti relativi al sistema MUOSE, rilevando innanzitutto che, sull’opportunità di adottare ogni iniziativa volta a fornire maggiore divulgazione delle informazioni, con particolare attenzione ai dati sulle emissioni elettromagnetiche e sulle possibili ricadute sulla salute delle popolazioni coinvolte, da tempo i dicasteri chiamati in causa hanno dimostrato particolare attenzione al problema in parola, fornendo risposta a numerosi atti di Sindacato Ispettivo sull’argomento e tenendo un atteggiamento collaborativo e trasparente nei confronti della popolazione, delle autorità locali interessate e dei numerosi parlamentari che hanno visitato il sito. Non risultano, pertanto, particolari aggiornamenti rispetto alle risposte già rese alle interrogazioni a risposta orale n. 3-00072 (presentata alla Camera dai Deputati, a prima firma dell’On.Migliore e svolta in data 22 maggio 2013), n.3-00129 (a prima firma della Sen. Padua, svolta in data 3 luglio 2013), e n. 3-00831 (sempre a prima firma della Sen. Padua, svolta lo scorso 9 ottobre 2013), nonché alle interrogazioni scritte n. 4-00122 (presentata alla Camera ed a prima firma dell’On. Palazzotto) e n.4-00333 (a prima firma del Sen. Campanella). Relativamente alle altre questioni sollevate osserva quindi 198 che non esiste una specifica e diretta competenza del Ministro della Difesa e del Ministro della Salute in materia di satelliti geostazionari. In ogni caso, la legge 12 luglio 2005 n.153, recante “adesione della Repubblica Italiana alla convenzione sull’immatricolazione degli oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico, fatta a New York il 14 gennaio 1975su esecuzione”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.177del 01 agosto 2005, affida all’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) il compito di curare l’Istituzione e la custodia del registro nazionale di immatricolazione degli oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico. La stessa agenzia, peraltro, ha il compito di comunicare le annotazioni effettuate sul registro al Ministero dell’Istruzione, dell’università e della Ricerca, al Ministero delle Attività Produttive e al ministero degli Affari Esteri per gli adempimenti di carattere internazionale previsti dalla convenzione. • Replica il Sen. Scilipoti (FI-PDL XVII) osservando che molte questioni sollevate dal Suo atto di sindacato ispettivo rimangono aperte. Il sospetto che gli apparati del sistema MUOS possano essere fonte di gravi problematiche, sebbene infatti confermato sia dalla anomalia percentuale di leucemie (circa l’11% per cento in più del normale), riscontrabile nella zona ove essi insistono, sia dal fatto che le stesse autorità americane avrebbero optato per lo spostamento delle apparecchiature a Niscemi proprio in ragione della loro potenziale pericolosità. Sottolinea inoltre la necessità di approfondire debitamente la regolamentazione dello spazio aereo nel quale transitano i satelliti. L’oratore si sofferma, quindi, sulle problematiche inerenti alla gestione dei velivoli a pilotaggio remoto con uso duale (sia militare che civile). Sembrerebbe, infatti, che tramite la rete satellitare del MUOS sia possibile azionare dei droni tramite un sistema di tipo algoritmico, sul quale la Comunità scientifica mondiale si pronunciata in maniera decisamente critica, soprattutto in relazione alle implicazioni etiche del predetto metodo. Tale aspetto, tuttavia, non sembra approfondito nella risposta poc’anzi resa dal Governo. Conclude dichiarandosi parzialmente soddisfatto dalle delucidazioni ricevute. SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE Con riferimento al disegno di legge n.1064 (d’iniziativa dei Sen.Calderoli e 199 Divina, iscritto all’ordine del giorno e relativo all’equiparazione del monumento «Madonna degli alpini» di San Maurizio di Cervasca ai cimiteri di guerra), il Sen. Pegorer(PD) propone di udire, ai sensi dell’art. 47 del Regolamento, il Commissario generale per le onoranze ai caduti di guerra. La Commissione conviene. La seduta termina alle ore 09,20. MUOS: SCILIPOTI (FI), INSODDISFACENTI RISPOSTE GO VERNO A MIEI QUESITI: L’esecutivo molto superficiale sulla realizzazione del sistema satellitare globale di comunicazione “Le risposte fornite stamani in Commissione Difesa, a nome del governo, da parte del sottosegretario alla Difesa, Domenico Rossi, ai quesiti da me posti sul MUOS sono insoddisfacenti o addirittura mancanti e la dicono lunga sull’improvvisazione con cui l’esecutivo guarda a questa delicata questione”. Lo dichiara il senatore di Forza Italia, Domenico Scilipoti, in relazione alla sua interrogazione presentata ai ministri della Difesa e dell’Ambiente il 3 aprile scorso sulla realizzazione a Niscemi del MUOS (Mobile user objective system), alla quale stamani ha risposto in Commissione Difesa il sottosegretario Domenico Rossi. Scilipoti rileva, in particolare, l’insufficiente intervento del governo riguardo alla conoscenza effettiva delle emissioni elettromagnetiche e sulle possibili ricadute sulla salute delle popolazioni interessate nonché sulla tempistica definita per la bonifica dei territori sui quali insistono le antenne non più in uso. “Il sottosegretario - rileva Scilipoti - ha fornito risposte del tutto insoddisfacenti anche in merito alle iniziative che il governo intende prendere per conoscere le eventuali cadute di satelliti o di parte di essi e come verranno rimossi in caso di un loro malfunzio namento o per fine ciclo della loro vita. Nessuna risposta ho ricevuto, infine, in merito al funzionamento di uno dei satelliti che non sarebbe controllato dall’uomo ma da un sistema algoritmico. Non sappiamo, dunque - conclude il senatore forzista - se il governo ritenga o meno opportuna questa circostanza”. Roma, 30 aprile 2014 200 L’aula del Senato, al termine dell’ordine del giorno sopra citato, ha in pratica respinto le mozioni con le quali si chiedeva al Governo di sospendere l’esecuzione di ogni accordo bilaterale per la realizzazione del Sistema satellitare Muos presso la base militare di Niscemi (Sicilia-Italia), rimettendo di fatto ogni sorta di decisione al Parlamento. Il Senato ha di fatto acconsentito alla risoluzione (discussa anche nella 12° Commissione “Ambiente e Sanità” alla quale appartengo) con la quale si dà sostanziale via libera all’Operazione, ma con l’obbligo di monitorare continuamente i campi magnetici ed avere maggiori informazioni in tutte le fasi operative. Nonostante il mio impegno, non sono tuttavia riuscito ad ottenere risposte soddisfacenti che avrebbero sicuramente permesso di mettere al centro del dialogo con il Governo un tema tanto importante come la salute dei cittadini. 4.6 Inquinamento dello spazio e strumenti giuridici esistenti per la difesa dello spazio extra-atmosferico I detriti che girano nello spazio viaggiano alla velocità di 16 km/s (57.600 km/h). Ogni satellite artificiale, sonda spaziale e missione con equipaggio può rappresentare una sorgente di rifiuti spaziali e, poiché il numero di satelliti in orbita è in costante aumento ed i vecchi apparecchi sono ormai obsoleti e non operativi, il rischio di una collisione tra detriti e del verificarsi della cosiddetta sindrome di Kessler cresce esponenzialmente, con conseguenti reazioni a catena ed incremento del volume dei detriti stessi e di ulteriori impatti. Se è vero poi che all’altezza delle orbite più basse (quelle più comunemente usate) la resistenza residua dell’aria, producendo la combustione degli oggetti in caduta, aiuta a mantenere questa zona sgombra (invero anche le collisioni che avvengono al di sotto di questa altitudine non costituiscono un problema, dal momento che la perdita di energia nella collisione fa sì che le orbite dei frammenti abbiano un perigeo di nuovo al di sotto di tale quota), ad altitudini superiori a quelle in cui la resistenza atmosferica è significativa, tuttavia, la persistenza dei rifiuti prima del decadimento dell’orbita risulta maggiore, pertanto una debole resistenza aerodinamica, l’influenza della luna e la resistenza del vento solare possono portare gradualmente i rifiuti verso quote inferiori dalle quali poi i frammenti finiscono per rientrare sulla 201 Terra. Si comprende, allora, perché la sindrome di Kessler sia particolarmente insidiosa a causa del cosiddetto “effetto cascata” o “effetto domino” difatti, l’energia cinetica della collisione tra due oggetti di massa piuttosto grandi (con diametro di qualche centimetro o decimetro) crea una nuvola di detriti sotto forma di schegge lanciate in direzioni casuali ed ogni frammento ha quindi il potenziale per indurre ulteriori impatti, creando un numero ancora maggiore di rifiuti spaziali. Con una collisione abbastanza grande (ad esempio quella tra una stazione spaziale ed un satellite ormai fuori uso), la quantità di detriti prodotti a cascata potrebbe essere sufficiente a rendere il livello di orbita bassa praticamente inattra versabile. Il problema dei rifiuti spaziali è molto difficile da risolvere in maniera diretta, dal momento che le piccole dimensioni e le alte velocità che caratterizzano la maggior parte dei rifiuti rendono praticamente inattuabile il loro recupero e smaltimento. Il Trattato sui principi che governano le attività degli Stati in materia di esplorazione ed utilizzazione dello spazio extra-atmosferico compresa la Luna e gli altri corpi celesti, anche detto Trattato sullo spazio extra-atmosferico (Outer Space Treaty), è il cosiddetto trattato internazionale che costituisce la struttura giuridica di base del diritto internazionale aerospaziale. Il Trattato appena citato, predisposto per la sottoscrizione negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nell’Unione Sovietica in qualità di governi depositari, cui seguirono le adesioni e ratificazioni di molti altri paesi, è entrato in vigore dal 10 ottobre 1967. Tra i principi di base, le norme del Trattato in questione ponevano il divieto a tutti gli stati firmatari di collocare armi nucleari od ogni altro genere di armi di distruzione di massa nell’orbita terrestre, sulla Luna o su altri corpi celesti o, comunque, di stazionarli nello spazio extra-atmosferico. La norma di cui all’art. IV del Trattato consente infatti l’utilizzo della Luna e degli altri corpi celesti esclusivamente per scopi pacificie ne proibisce, espressamente, l’uso per effettuare test su armi di qualunque genere, condurre manovre militari o stabilire basi militari, installazioni o fortificazioni. I principi espressi dal Trattato sullo spazio extra-atmosferico sono stati poi ripresi e riaffermati da altre norme internazionali ed in particolare, dall’Accordo che presiede all’attività degli Stati sulla Luna o sugli altri 202 Corpi Celesti (c.d. Accordo relativo alla Luna) del 1979, inteso come il seguito del Trattato sullo spazio extra-atmosferico. La maggior parte degli esperti in materia di diritto aerospaziale internazionale hanno affermato che la Luna ricade sotto il concetto giuridico di “res communis” il che significa che la Luna appartiene ad un gruppo di persone, che può essere usata da ogni membro del gruppo ma nessuno se ne può appropriare (concetto applicato anche in materia di acque internazionali). Sintetizzando, l’effetto pratico del Trattato è quello di impedire ogni diritto di proprietà privata allo stesso modo in cui il diritto del mare impedisce a chiunque l’appropriazione del mare, anche se tale principio è stato spesso messo in discussione da coloro che rivendicano la facoltà di vendere diritti di proprietà sulla Luna e su altri corpi celesti. Questa rivendicazione, ad oggi, non è mai stata verificata in un’aula di tribunale. Passando poi ad analizzare gli strumenti giuridici attualmente esistenti necessari ad approntare eventuali azioni di risarcimento danni da detriti spaziali, giova precisare che l’articolo VI del Trattato si occupa, effettivamente, di responsabilità internazionale ed afferma che le attività condotte da enti non-governativi nello spazio extra-atmosferico, inclusa la Luna ed altri corpi celesti, sono soggette all’autorizzazione ed alla continua supervisione da parte dello Stato di appartenenza firmatario del Trattato e che gli Stati firmatari saranno responsabili, a livello internazionale, per le attività spaziali nazionali condotte sia dagli enti governativi che da quelli non-governativi. Peraltro, un divieto di contaminazione dello spazio e della Terra dallo spazio si ricava anche dall’art. IX dello stesso Trattato e la “Convenzione sull’Immatricolazione” del 1975 identifica l’oggetto ed eventualmente anche il relitto. L’annoso quesito che si è posto in passato, ma oggi più che mai at tuale, è se la Convenzione sulla responsabilità internazionale per i danni causati da oggetti spaziali del 1972 possa applicarsi anche ai danni provocati dai detriti spaziali ricompresi nel termine “oggetto spaziale”. Infatti, l’art. II della Convenzione prevede la cosiddetta “responsabilità oggettiva assoluta”, cioè il risarcimento senza l’obbligo della prova della colpa, nel caso che i danni siano provocati anche da detriti “sulla superficie terrestre o agli aeromobili in volo” sicché, la connessione causale danno-stato dell’oggetto spaziale dal quale i detriti si sono staccati, sarà 203 certamente molto più difficile da dimostrare se il danno si sarà verificato molto tempo dopo l’incidente che ha provocato il detrito stesso. Tuttavia, problemi più gravi sono posti dall’art. IV della Convenzione riguardo alla tipologia del cosiddetto risarcimento dei danni da detriti, dove è prevista una “responsabilità per colpa” se il danno è causato nello spazio ad altro oggetto spaziale. Come si è già precisato, se la prova della colpa è difficile e complessa nel caso in cui il danno si verifichi poco dopo l’avvenuto lancio, qualora il danno sia provocato dopo mesi o addirittura anni dalla formazione di un detrito, la prova della colpa è quasi impossibile. Peraltro, anche il National Research Council (Consiglio per la Ricerca americano) è addivenuto alla conclusione che oramai “la quantità di spazzatura spaziale” ha raggiunto un livello non più sostenibile e che, con talmente tanti detriti in orbita, il rischio di crepe nelle navicelle spaziali è non più soltanto una ipotesi ma pressoché una certezza. Si calcoli, infatti, che ben 22.000 sono gli elementi rilevanti sparsi per il cielo (consideriamo ai fini del calcolo soltanto quelli di almeno 10 cm. di diametro) che orbitano attorno alla Terra alla velocità di 28.000 km orari. Come soluzione possibile ed idonea all’individuazione delle misure atte a configurare una sorta di responsabilità assoluta per tutti i tipi di danno, si potrebbe pensare ad una responsabilità per colpa particolare, più chiaramente, se venissero individuate delle norme di condotta che impongano agli Stati dei particolari comportamenti da tenere, chiaramente, l’inosservanza di queste norme renderebbe il comportamento dello Stato colpevole sicché, la prova stessa che queste misure non siano state prese, sarebbe poi la prova concreta della colpa dello Stato responsabile. Tuttavia, l’attuale regolamentazione giuridica internazionale, riguar do la protezione dell’ambiente spaziale dall’inquinamento dei detriti, è generica e frammentaria anche se, come sopra evidenziato, la soluzione del problema è da ricercarsi soprattutto nel campo della prevenzione, attraverso l’adozione di una politica sicuramente antieconomica nell’immediato ma atta a garantire maggiore sicurezza nel futuro, prima che la prolificazione dei detriti spaziali renda in un prossimo futuro le missioni estremamente pericolose. Tra le differenti soluzioni si consideri anche l’uso eventuale di speciali attrezzature magnetiche, come arpioni, reti e sistemi a ombrello, al fine di recuperare materiali in circolo e rilanciarli 204 verso orbite più alte o verso la Terra, per far sì che vengano distrutti a contatto con l’atmosfera. Oppure la tesi recentemente avanzata a Bologna, dove è stata messa a punto una speciale schiuma in grado di trascinare i detriti fuori dalla nostra orbita per poi distruggerli. Qualcosa bisognerà comunque fare, proprio per evitare che l’aumento indiscriminato del numero dei rifiuti spaziali possa trasformare l’eventualità di un impatto catastrofale nella principale fonte di rischio di una missione. 4.7 Rifiuti spaziali Da anni, ormai, gli scienziati, stanno chiedendo a gran voce ai vari Governi di ridurre la quantità di detriti spaziali. L’Agenzia Spaziale Europea, infatti, denuncia l’alto rischio di possibili collisioni con e tra i satelliti ed informa che nei prossimi decenni, se non si agisce nell’immediato, i residui spaziali intorno alla Terra potrebbero contaminare anche ulteriori orbite nello spazio. Come rappresentato nell’incontro che si è tenuto in Germania fra i vari specialisti internazionali, i satelliti vecchi e i frammenti di astronavi abbandonati nelle orbite, che sono la conseguenza di 5000 lanci effettuati dall’inizio dell’era spaziale che risale all’anno 1978, potrebbero riunirsi così da creare una vera e propria “barriera” che gli esperti chiamano “Sindrome Kessler”. Il Direttore del Dipartimento dell’Agenzia Spaziale ESA, il Dr. Klinkrad, ha difatti preannunciato il grande pericolo che stiamo correndo ed invero i frammenti che si ritiene essere più di 23.000, raggiungono una dimensione di 10 centimetri e, secondo le varie Agenzie spaziali, tali detriti occuperebbero un’orbita bassa sotto i 2000 km, aumentando così il pericolo collisone poichè, proprio queste orbite, sono utilizzate dai satelliti che osservano la Terra. I frammenti “depositati” nello spazio si muovono ad una velocità di 25.000 km orari e proprio tale movimento potrebbe farli scontrare tra di loro e con i satelliti ancora attivi. Oltre tale nefanda prospettiva anche le stazioni spaziali, come dichiarato dall’ESA, devono effettuare delle manovre per impedire la collisione con questi frammenti che si avvicinano sempre di più. A riguardo, le zone a maggior rischio sono le orbite polari situate fra gli 800 e i 1200 Km di altitudine sopra la superficie terrestre, ovvero l’area con la maggior concentrazione di satelliti di osservazione. L’Agenzia Spaziale dipinge un quadro drastico della situazione ed in- 205 fatti, se i lanci continueranno con questo ritmo, il conseguente rischio di collisione crescerà in proporzione raggiungendo percentuali altissime. Una delle soluzioni percorribili sarebbe quella della collocazione di un satellite, disattivato in via speciale, programmato per la disintegrazione e il trasporto dei rifiuti nell’alta atmosfera. Oltre a tale possibilità, si stanno comunque studiando anche altre soluzioni per cercare di deviare la traiettoria dei residui spaziali nell’atmosfera (braccia meccaniche, pinze giganti, motori direttamente installati nei residui, armi per bombardare gli obiettivi facendoli così uscire dalla traiettoria). Tutte queste proposte di risoluzione hanno naturalmente un costo che comunque rimane sempre inferiore ai danni che le eventuali collisioni dei detriti con i satelliti causerebbero. In concreto, per chiarire, si tratterebbe di una cifra pari a 100 bilioni di dollari! In conclusione, la missione “pulitura spazio” non inizierà prima di dieci anni ma prezioso sarà il contributo che gli esperti di tutto il mondo riusciranno a dare e ciò se i Governi saranno pronti ad ascoltarli. Mappa dei detriti spaziali intorno alla Terra 206 Capitolo 5 La visione olistica come prospettiva di un mondo migliore 5.1 La visione Olistica e l’ecologia profonda: la svolta per un mondo migliore Da dieci anni siamo nel terzo millennio e, ad oggi, l’ambiente e le preoccupazioni ad esso legate hanno assunto una preminente importanza. In particolare, i problemi riguardanti la biosfera e le relative conseguenze sulla vita degli esseri umani sono diventati globali problemi sistemici in quanto generano danni irreversibili ed appaiono strettamente connessi ed interdipendenti. Un esempio evidente è rappresentato dalla stabilizzazione dell’entità della popolazione sulla Terra e, proprio in merito a ciò, si pone il quesito di come si riesca a mantenere in perfetto equilibrio la popolazione in crescita costante senza prima risolvere il problema della povertà, dell’educazione, della salute o dell’organizzazione sociale. Certamente le soluzioni ci sono ma, per dare una risposta reale e concreta alle innumerevoli difficoltà che la crisi ecosistemica e umana pone, ricordando la frase di Einstein che enuncia “non si può risolvere un problema usando la stessa mentalità che lo ha creato”, occorre uscire dall’attuale visione che tende a frammentare e separare le cause e gli ambiti di competenza e utilizzare un nuovo modello dell’essere umano e del mondo, capace di comprendere la complessità dei fenomeni e la rete delle loro interrelazioni in modo sistemico e globale. Questo nuovo modello è rappresentato dal “Paradigma Olistico”, dal greco olos che significa il tutto, l’intero, definito in un paradigma che è uno schema collettivo di interpretazione della realtà, un modello del mondo che può condizionare in modo positivo o negativo il modo di vivere e di pensare di milioni di persone. Purtroppo, la civiltà che conosciamo da secoli è retta da un paradigma frammentato e dicotomico che ha separato l’anima dal corpo, ha diviso la scienza e la spiritualità, ha creato una frattura tra l’uomo e la natura ed ancor di più tra l’uomo e se stesso. Ciò posto, il cambiamento epocale verso una civiltà globale necessita di un cambiamento di paradigma come anche di un 207 nuovo modello del mondo e dell’essere umano pertanto, all’antiquato schema della frammentazione che ha creato divisione tra razze, civiltà e religioni, bisogna in concreto rispondere con un corretto paradigma olistico, un modello sistemico basato sull’unità ma anche sull’unificazione di materia e coscienza. Esso nasce da una percezione unitaria, da una consapevolezza globale di noi stessi e dell’esistenza in cui viviamo con l’intento di generare una scienza con un’anima capace di comprendere la sacralità di ogni essere vivente e di concepire la nostra Terra come un sistema intelligente in cui ogni organismo, in qualsiasi momento, si scambia informazioni e cresce insieme in modo pacifico e sostenibile. Il paradigma olistico individua quindi una concezione unitaria del mondo e dell’essere umano ed è presente nelle principali vie spirituali antiche e moderne. Oggi questa visione è sostenuta anche dalle più importanti ricerche scientifiche nel campo della fisica quantistica, della biologia, della medicina e delle neuroscienze ed in conseguenza tale paradigma si applica in ogni campo della conoscenza quali le medicine olistiche, l’educazione, l’economia, l’ecologia e permette una visione globale e sistemica delle cose e della vita. Tuttavia, a volte ciò viene sovvertito, come ad esempio per l’ecologia che viene ridotta a norme pratiche e superficiali quali la facilità di buttare il pattume nei luoghi naturali quando invece, applicando il paradigma olistico, essa acquista un valore scientifico e filosofico più globale e spirituale diventando ecologia profonda. L’ecologia superficiale è antropocentrica e quindi incentrata sull’uomo visto al di sopra e al di fuori della natura, invece l’ecologia profonda, proposta dal filosofo norvegese Arne Naess nel 1972, non separa gli esseri umani dalla natura e dall’ambiente ma li vede connessi e dipendenti tra di loro. Quest’ultima, riconoscendo il valore intrinseco di tutti gli esseri viventi, si apre ad una consapevolezza spirituale-religiosa del mondo e considera le persone come una diramazione particolare nella trama della vita. Quindi, avviarci ad un cambiamento che contempli il passaggio da una società antropocentrica ad una ecocentrica. Pertanto, quando il concetto dello spirito umano viene inteso come la forma di coscienza verso la quale l’individuo prova un senso di appartenenza e un rapporto di connessione con il cosmo intero, diventa chiaro che la consapevolezza ecologica è anche consapevolezza spirituale nella sua essenza più profonda. 208 Doveroso citare la straordinaria opera del Pontefice Papa Francesco, l’Enciclica “Laudato Sì” nella quale si riafferma con una determinazione caratterizzata da una smisurata umanità e carità come l’Uomo debba considerarsi parte integrante del Creato ed amarlo come parte di sè. L’ecologia profonda è parte integrante dell’olismo e solo così l’olismo può diventare l’alba di una nuova era. Tutte le cose sono legate tra di loro come il sangue che unisce le generazioni; tutto quello che accade alla Terra accade all’uomo che tuttavia non tesse la trama della vita della quale egli in realtà è solo un filo. Qualsiasi cosa possa fare alla trama, l’uomo la fa a se stesso. Come esseri individuali e sociali noi tutti incidiamo e, al tempo stesso, dipendiamo dai vari processi ciclici della natura quindi, è doveroso avere una profonda consapevolezza ecologica del mondo quale insieme integrato e non come una serie di parti separate. Occorre pertanto riflettere accuratamente su un nuovo modello di sviluppo più attento alle esigenze della solidarietà e orientato al bene comune e, in perfetto allineamento con il pensiero che fu di Papa Giovanni Paolo II, bisogna domandarsi quali possano essere i valori e le regole ai quali anche il mondo economico (vedasi le banche e l’usura bancaria) dovrebbe attenersi per porre in essere un modello nuovo, per uno sviluppo più attento alle esigenze della solidarietà e più rispettoso della dignità dell’uomo. Un modello sociale e culturale che si prefigga come obiettivo il rispetto e la difesa della vita in generale e dell’essere vivente in particolare, che parli d’amore e umiltà e che cancelli il termine “odio” ma anche che attui un profondo cambiamento della percezione e del modo di pensare attraverso valide soluzioni, ove le sole che possono dare frutti sono quelle “sostenibili”, cioè quelle che, messe in atto, trasformano la società attuale in una che colloca in primo piano la vita e la terra su cui viviamo, una società che soddisfa i propri bisogni senza ridurre le prospettive delle generazioni future. Bisogna quindi dar forma a un modello particolare che evidenzi una realtà in cui non l’uomo, bensì l’essere vivente e la Terra dall’uomo abitata siano al centro di detto modello. Per ottenere ciò, occorre però avere un’esatta visuale attraverso cui guardare la realtà e dalla quale organizzare la comunità su un concetto ovvio, l’ambiente naturale è l’ambiente sociale. È necessario quindi essere preparati a mettere costantemente sotto esame ogni singolo aspetto del vecchio modo 209 di pensare anche se, ovviamente, non c’è bisogno di buttare via tutto ma bisogna essere pronti a mettere in discussione ogni cosa, lo stile di vita, la nostra modernità, alcune certezze scientifiche, alcuni traguardi industriali, gli obiettivi materialistici, la qualità della crescita, ripartendo dai nostri valori, unico punto di forza. La nuova prospettiva è, e deve essere, squisitamente olistica, spirituale e/o ecologica, quale frutto di un intrec cio indissolubile dei rapporti reciproci tra le generazioni future e la trama della vita ove ognuno deve essere protagonista consapevole. 5.2. I fondamenti giuridici del principio Olistico Il principio olistico potrebbe effettivamente costituire, nel futuro, il vero trait d’union tra lo Stato, la Pubblica Amministrazione e i cittadini. Secondo la dottrina giuridica più evoluta tale principio è già previsto nella nostra Costituzione che delinea un progetto di società e di Stato al cui centro pone la persona, l’uomo e ciò è ben riscontrabile nelle norme costituzionali che concernono i diritti fondamentali riconnessi alla personalità umana(es.: articoli n. 2, 3, 36 della Costituzione). Purtroppo tale visione della Costituzione è stata alterata dalla distinzione, solo in minima parte giustificata, tra norme costituzionali programmatiche e norme costituzionali precettive, più chiaramente, solo le seconde potrebbero essere direttamente applicabili in quanto quelle programmatiche sarebbero soltanto dei meri principi da perseguire astrattamente e, come tali, non immediatamente applicabili ma, solo in seguito, tramite altre norme. Invece, secondo il principio olistico, anche le norme costituzionali programmatiche sono applicabili, sia pur in via meno diretta, stante che si devono rispettare prima i diritti dell’uomo che non quelli del sistema o dello Stato in cui egli è inserito, dei quali comunque va tenuto conto. Nel diritto comunitario, ancora, il principio olistico è contenuto nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE (artt. 2 e ss.; 9, 10, 14, 15, 21, 31, 33, 47, 48) nonché nella Convenzione dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (Artt. 1 e ss.), cioè in quelle norme che tutelano l’uomo in tutte le sue attività. In definitiva, il principio olistico si fonda su norme costituzionali, nazionali e comunitarie che, a seconda del valore da tutelare, devono essere di volta in volta specificamente richiamate. 210 5.3 L’organizzazione globale del Movimento Olistico Gli appartenenti al Movimento Olistico sono le persone che natural mente cercano di vivere, pensare e comportarsi per migliorare la propria vita e la società in modo umano, pacifico, etico e sostenibile. Le aree in cui maggiormente manifestano il loro pensiero sono: ecologia e sostenibilità (energie rinnovabili, tecnologie, riciclaggio, bioarchitettura), etica sociale (diritti umani, volontariato, parità dei diritti, sostegno delle minoranze), diritto olistico, farmaceutica galenica, biologia ortomolecolare, medicine alternative, medicine integrative, medicine naturali e tecniche di cura non convenzionali, economia e finanza etica, commercio e consumi equo-solidali, (banche etiche, gas), pace e intercultura, arte, musica, cinema, teatro, educazione globale, psicologia della crescita personale, gruppi di sviluppo del potenziale umano, consapevolezza, spiritualità, sviluppo della coscienza, interreligiosità. Ricerche internazionali hanno evidenziato che gli aderenti al movimento olistico non sono ancora un movimento culturale, sociale e politico globale poiché non sono consapevoli della loro consistenza numerica e del loro potere sociale e politico, di essere parte di una cultura vasta e globale, di condividere un comune modello sistemico, ecologico, globale, etico dell’essere umano e del mondo (il paradigma olistico). Essi invero sono frammentati nelle loro specifiche aree e spesso si collocano in sottile conflitto anche con altre associazioni che condividono le stesse finalità. 5.4 Le basi del Movimento Olistico Il Movimento Olistico è un movimento trans-partitico, pacifico, ecologista, di coscienza globale, fondato sulla considerazione che, per cambiare la società, bisogna prima sviluppare la consapevolezza del singolo inoltre, fa proprie e riunisce le istanze ed i valori dei movimenti per l’ecologia e la sostenibilità, per la pace, per la salute naturale, per il commercio equo e solidale, per il rispetto delle minoranze e per coloro che la pensano in modo diverso, per i diritti umani, per la spiritualità e la consapevolezza, per l’educazione globale.È quindi necessario creare specifiche “leggi olistiche” riguardo l’adozione di tutta una serie di norme inerenti svariati settori quali ad esempio: la tutela dei consumatori particolarmente vulnerabili rispetto ai rischi connessi all’uso di conteni- 211 tori di plastica per alimenti, in materia di impiego di additivi tossici per la preparazione di cibi e bevande destinati all’alimentazione umana; la salvaguardia della salute pubblica dai rischi di inquinamento nelle zone interessate da impianti per il deposito; il trattamento o lo smaltimento di rifiuti urbani ed industriali; la difesa dei soggetti affetti da disabilità ambientale e molti altri settori che potrebbero essere di vasto interesse per gli aderenti al Movimento Olistico; promuovere una economia etica che tuteli i cittadini e non solo le banche; raggiungere la separazione tra le banche d’affari e commerciali; operare affinchè si ripristini la sovranità monetaria e un sistema economico-finanziario giusto ed equo. Fondamentale è perciò l’impegno ed il rispetto di tali leggi per sostenere le battaglie, per far nascere una legge elettorale che riporti il sistema proporzionale e il voto di preferenza, così come per tutelare le minoranze ed avere un dibattito ed una dialettica più completi e articolati; per creare leggi per il volontariato; per il riconoscimento degli operatori olistici; per inserire nelle scuole nuovi temi di educazione per la salute psicofisica; per il riciclaggio intelligente dei rifiuti (che non sono rifiuti, ma risorse); per il trasporto di merci su rotaie; per la gestione dei servizi pubblici da parte di amministrazioni pubbliche. Ed ancora, per l’alimentazione sana e naturale; per la prevenzione e il benessere, per la pace e la tolleranza interculturale e interraziale; per la salute (per esempio, convertire gli ospedali destinati alla chiusura in centri o ospedali olistici, attrezzati con: farmaceutica galenica, biologia ortomolecolare, agopuntura omeopatica, fitoterapia, fisioterapia, termalismo, sale di informazione e formazione olistica, etc); per lo sviluppo della consapevolezza psicofisica di sé; per l’educazione all’intelligenza emotiva; per la creazione di testi semplici in tutti i livelli delle scuole (dalle elementari alle università). A questo elenco, solo parzialmente qui rappresentato, si potrebbe aggiungere ancora molto altro. 5.5 Il Movimento Olistico per un mondo migliore Quali sono le direzioni e le dimensioni della nuova cultura globale? Qual è il ruolo della salute globale in questo contesto? Quante sono le persone che desiderano una società più giusta e pacifica, uno sviluppo ecosostenibile, un’economia etica e un’umanità più consapevole? Quan- 212 ti, in Italia e nel mondo, auspicano stili di vita più sani e autentici, ispirati ai valori della pace, dei diritti umani, dell’ambiente, delle relazioni consapevoli e costruttive, della crescita personale e spirituale? Si tratta di esigue minoranze o di parti rilevanti della popolazione? Ad oggi, nessuno è riuscito a fornire una risposta certa alle predette domande e spesso si è ritenuto che fosse solo il pensiero di gruppi minoritari, anche se ciò è stato successivamente sfatato da tutta una serie di ricerche sociologiche, svoltesi sia in Italia che nel mondo, che hanno proposto un quadro più positivo ed incoraggiante per tutti coloro che hanno a cuore le sorti del pianeta e del genere umano. Tali ricerche, presentate nel libro di Enrico Cheli e Nitamo Montecucco “I Creativi Culturali. Persone nuove e nuove idee per un mondo migliore”, hanno specificamente indagato sull’adesione della popolazione ai nuovi valori e stili di vita, strettamente connessi allo sviluppo armonico dell’essere umano e del pianeta. Gli aderenti al Movimento Olistico difatti salvaguardano e sviluppano grandi valori quali la pace, la sostenibilità ambientale, l’economia etica, il benessere e la qualità della vita, la crescita personale e spirituale, le relazioni consapevoli e cooperanti, il ricorso a medicine alternativeintegrative-naturalicomplementari, l’alimentazione biologica e, non da ultimo, la politica olistica. In particolare, quest’ultima si deve occupare di sanità, ambiente, economia, finanza etica, lavori pubblici (la creazione di alcuni servizi ed opere deve rimanere al 70% allo Stato: per esempio: sanità, istruzione, trasporti, etc), legge elettorale, università, lavoro, grandi sfide che sicuramente avranno ripercussioni sulla vita della società così serie, che i cambiamenti saranno inevitabili in quanto le odierne sofferenze della società affliggono fin troppe persone e tutte anelano ad efficaci e concrete soluzioni. Bisogna pertanto essere consapevoli della necessità reale che occorre una svolta con l’intento di capire cosa fare e come farlo ed è importante perciò, che ciascuno faccia la propria parte ed è proprio questa la soluzione che conduce allo sviluppo reale a beneficio dell’umanità. Tale visione risolutiva appare perfettamente fattibile anche a fronte di statistiche che rivelano come i soggetti interessati a perseguire i predetti valori non siano affatto pochi, anzi oscillano tra il 60% e l’85% dell’intera popolazione adulta e, cosa ancora più importante, oltre il 35% mostra particolare 213 coerenza e impegno cercando di applicarne i principi nella propria vita quotidiana. Per questo gli aderenti al movimento olistico sono “creatori attivi di una nuova cultura” (il 60% degli aderenti sono donne) i quali, prendendo le distanze dai molti assiomi che connotano la civiltà occiden tale odierna, mossa solo dalla logica del profitto e dell’opportunità ma priva di una visione a lungo raggio, cercano di promuovere valori e visioni del mondo atti a orientare l’uomo verso direzioni più sane pacifiche ed ecosostenibili. Se è vero che una civiltà si connota secondo la strada che persegue, è lampante che oggi occorre cambiare percorso e lasciarsi coinvolgere da nuovi valori e stili di vita proprio al fine di migliorare i dissesti ambientali ed i gravi problemi socio economici che affliggono, da secoli ormai, la società occidentale odierna. In questa rappresentazione del mondo, quindi, gli appartenenti al movimento olistico rappresentano l’avanguardia di questo, si spera, imminente cambiamento culturale epocale. Ed invero, pur essendo costituita da individui e gruppi sociali diversificati, questa avanguardia culturale presenta alcuni valori comuni quali la fiducia nella possibilità di una evoluzione positiva sia dell’individuo che della collettività, i cui membri, inoltre, tendono a prendere le distanze dall’edonismo, dal materialismo, dal cinismo dando, invece, molto peso ai valori dell’autenticità e dell’integrità. Come ha osservato il sociologo americano Paul Ray, pioniere delle ricerche sugli aderenti al movimento olistico, essi sono disincanta-ti dall’idea di “avere più cose” mentre mettono una grande enfasi nell’avere “nuove ed uniche esperienze” e rappresentano il mercato principale per le terapie e medicine complementari, i cibi naturali, la psicoterapia, i corsi e seminari di crescita personale, le nuove forme di spiritualità, ma prediligono anche il consumo critico e si orientano all’acquisto e alla fruizione di prodotti culturali più che materiali, producendo loro stessi in molti casi cultura. Punto di partenza per sostenere la teoria olistica è quindi trovarsi in sintonia con buona parte dei suoi valori, mossi anche e soprattutto dalla volontà di aiutare le persone a meglio comprendere il ruolo che possono ricoprire e con l’intento di ottenere un personale cambiamento positivo andando ad incidere così anche su quello globale del mondo, in modo tale da aiutare se stessi ed il prossimo a superare i lati d’ombra che limitano la capacità di segnare 214 profondamente, ed in modo rilevante, tale cambiamento nel quale, la visione unitaria del mondo e dell’essere umano è pertanto fondamentalmente identica. Va rilevato che è ancora prevalente, tra gli appartenenti al Movimento Olistico, l’idea (erronea) che i diversi ambiti quali pace, ambiente, crescita personale, spiritualità, medicine integrative, cibi biologici, economia etica ed i diversi movimenti che li rappresentano, siano elementi autonomi e separati invece che sfaccettature molteplici di un unico grande fenomeno culturale. Tale percezione, purtroppo, crea divisioni, rivalità e incomprensioni tra i vari gruppi e movimenti, diminuendo così la coesione e la capacità di fare sinergia verso mete comuni. Spinti dal fatto che i media parlano assai di rado dei temi, dei valori e delle proposte innovative in cui essi si riconoscono, preferendo invece trattare notizie, valori e personaggi in accordo con la cultura dominante e la politica tradizionale, gli appartenenti al Movimento Olistico ancora si sottostimano ampiamente quando in realtà sono numerosi ed hanno un ruolo tutt’altro che ridotto e marginale. Riuscire a deviare l’attenzione dell’opinione pubblica è un obiettivo che da sempre tutti i Governi hanno messo in atto. Si applica, infatti, quella che viene definita “la strategia della distrazione”: focalizzare l’interesse della popolazione su temi ed argomenti ben lontani da quelli che sono i problemi reali della società, distraendo l’attenzione comune bombardandola di informazioni inutili e forvianti. Questa tecnica <distrattiva> non permette che la popolazione abbia una coscienza comune e, quindi, una reazione comune dettata da una giusta consapevolezza e da una giusta informazione. L’obiettivo è quello di manipolare la coscienza e la conoscenza altrui per mantenere una calma apparente, per poter dichiarare un finto “va tutto bene”, per vivere in una tranquillità che cela ben altro. Il Movimento Olistico ha come obiettivo quello di riaccendere la consapevolezza comune, svegliare la coscienza da questo sonno rassicurante per riuscire realmente e praticamente ad iniziare a cambiare le cose. Fortunatamente, grazie anche alle ricerche ultimamente presentate, è possibile oggi disporre di un quadro più veritiero della situazione ribaltando così molti luoghi comuni e dando una forte carica di speranza a tutti coloro che auspicano un mondo migliore.È bene ricordare che gli appartenenti al Movimento Olistico in rapida crescita rappresentano 215 un terzo della popolazione e potrebbero diventare la maggioranza negli ultimi venti anni. L’intento è quello di definire il DNA della cultura planetaria in un modello unitario che riunisca le varie anime della nuova cultura e, proprio con tale intento, è in corso in tutti i paesi del mondo un processo di sintesi dei modelli medici, psicosomatici, quantistici, ecologici, psicologici, sociologici, che vede ogni anno pubblicare libri e film, in particolare sulla salute psicosomatica globale, che riuniscono l’oriente con l’occidente, la scienza e la coscienza, il corpo e la mente, la natura e la società. Infine, è bene precisare che si è costituito il primo gruppo di lavoro del Movimento Olistico, che ha il compito di dotarsi di un organigramma e organizzarsi sul territorio nazionale per promulgarne il pensiero attraverso convegni, dibattiti, incontri e conferenze stampa. 5.6 Prospettive ambientali per il futuro Uno sviluppo economico stabile ed equilibrato deve essere in sintesi compatibile soprattutto con la salvaguardia delle risorse naturali e dell’ambiente globale. Occorre pertanto creare gruppi di lavoro formati da politici, universitari, medici, avvocati, agricoltori, commercialisti, informatici, sociologi ed ecologisti con l’intento di definire un regime internazionale per il contenimento delle emissioni di gas serra e rafforzare la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici, così come arrestare la perdita di biodiversità all’interno dell’UE e su scala mondiale, rafforzare la cooperazione e la governance internazionale. Bisogna puntare quindi al rilancio della ricerca e dell’innovazione, soprattutto nel settore delle rinnovabili (fotovoltaico, eolico, geotermico e marino), dell’efficienza energetica e dello smaltimento e dello stoccaggio della CO2 (anidride carbonica).È necessario, ancora, attuare iniziative che possano contribuire a ridurne le emissioni in maniera efficace e duratura consentendo, contemporaneamente, di sostenere la crescita economica dei differenti Stati ed è altresì importante sostenere a livello mondiale il concetto dell’ecologia profonda.È bene infatti ricordare che, un tempo, i contadini conservavano gli escrementi degli animali per usarli in parte come fertilizzanti per la campagna ed in parte, essiccati e bruciati, per produrre calore. 216 5.7 Mettersi in gioco Molti mi dicono, aprendo il dibattito all’interno del movimento dove milito, che mi sto mettendo in gioco con un alto rischio per il mio ruolo, ma l’attività del parlamentare consiste anche nell’avere fantasia così come idee innovative e, qualche volta, rivoluzionarie nell’interesse dell’essere vivente e della nostra madre Terra. Sto e stiamo lavorando e collaborando per realizzare il paradigma olistico in una visione globale e sostenibile, nella quale la salute della Terra e dell’essere umano rappresentano l’elemento primario. Ritengo infatti che sia arrivato il momento in cui tutti i gruppi e le persone che si riconoscono negli ideali dell’olismo e dell’ecologia profonda, si compattino sotto la bandiera unica del Movimento Transnazionale Olistico al fine di apportare significativi cambiamenti politici, sociali, economici, culturali e istituzionali, per assurgere così ad un mondo migliore. 217 Capitolo 6 Cambiare il pianeta e la nostra vita Di seguito analizzeremo, grazie anche ad un’analisi fatta dal WWF “Soluzioni urbane per un pianeta vivente - report WWF 2011”, come sarebbe possibile intervenire praticamente e in modo pragmatico per salvare il nostro pianeta e migliorare le nostre condizioni di vita. È un percorso che dovremmo iniziare fin da subito se vogliamo veramente salvare e tutelare l’ambiente in cui viviamo, intraprendendo riforme e cambianti radicali su come si è concepito, fino ad oggi, il modo di utilizzare, o meglio sfruttare, le risorse della nostra terra. Innanzitutto bisogna comprendere che avere rispetto per il nostro pianeta vuol dire avere rispetto per noi stessi e preservare il mondo anche per le generazioni future. Ed invero, occorre attuare una vera e propria rivoluzione culturale, rimettendo al centro di tutto la natura ed investire nel pianeta è l’unica possibilità che esiste per tutelare la nostra stessa vita. Proprio adesso ben si comprende come sia possibile dar vita a nuove politiche socio-economiche e come praticamente esse incidano sul benessere della nostra terra e della nostra salute. Come afferma il WWF in questo interessante documento bisogna partire e ripartire dall’Europa e creare, perciò, una nuova Europa. 219 6.1 Soluzioni urbane per un pianeta vivente In una situazione in cui le istituzioni europee sono sottoposte a severe critiche e la fiducia del cittadino verso la UE ha raggiunto il minimo storico con solo il 31% dei consensi nei confronti dell’Unione, le normative e le politiche ambientali comunitarie fanno invece la differenza perché sono percepite con una forte accezione positiva. Come dimostrano le rilevazioni di Eurobarometro, il 95% dei cittadini europei percepisce la protezione dell’ambiente come importante e l’81% dà il proprio consenso sulla normativa ambientale di derivazione comunitaria. C’è quindi in Europa una diffusa consapevolezza nell’opinione pubblica del ruolo politico-istituzionale d’avanguardia svolto, negli ultimi 20 anni, dall’Europa nel mondo con: 1. l’adozione e attuazione di una solida legislazione per la tutela dell’ambiente; 2. la riforma delle politiche che minacciano la natura; 3. adeguati finanziamenti destinati allo sviluppo sostenibile nei Paesi europei e in ambito internazionale. Ma la leadership europea in campo ambientale non è scontata e deve essere consolidata e rilanciata in vista anche degli importanti appun tamenti che durante il Semestre di Presidenza italiana sono stati af frontati, come il summit sul Clima convocato il 23 settembre 2014 a New York dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, in apertura dell’Assemblea generale che ha discusso sui nuovi obiettivi per lo sviluppo sostenibile; la Cop 12 sulla biodiversità in Corea del Sud ad ottobre 2014; la Cop 20 sul clima in Perù a dicembre in preparazione della Cop 21 di Parigi del 2015. Nulla deve essere acquisito una volta per tutte ed è per questo che il WWF ha lanciato la campagna Creare una nuova Europa per il pianeta lanciando un Manifesto con 28 proposte e soprattutto un Appello su 9 priorità ambientali che costituiscano un Impegno di Legi slatura per chi sarà eletto. Un impegno declinato in 28 proposte specifiche (disponibile in rete) per: 1. affrontare il cambiamento climatico; 2. passare ad un’economia efficiente nell’impiego delle risorse; 3. fermare la perdita di biodiversità; 4. incoraggiare consumi più sani, equi e sostenibili; 220 5. assicurare acque pulite e salubri; 6. salvaguardare l’ambiente in modo da garantire il benessere umano in tutto il mondo; 7. bloccare il commercio illegale di legname e fauna selvatica; 8. garantire un’agricoltura sostenibile; 9. ripristinare gli stock ittici. La Campagna WWF, inoltre, prevede la sottoscrizione dell’Appello da parte degli eurocandidati che così assumono pubblicamente un Impegno di Legislatura nei confronti degli elettori e l’attivazione dei cittadini per far pressione sui partiti affinché i contenuti dell’Appello siano da questi conosciuti e condivisi. Una nuova Europa, secondo il WWF, deve cogliere la scommessa ambientale proprio nel momento in cui si stanno cercando soluzioni per uscire da questa pesantissima crisi economica e sociale scegliendo di ridurre l’impronta ecologica per rispettare i limiti delle risorse del pianeta, definendo indicatori di equità sociale e di benessere che consentano di andare oltre al calcolo del Pil, facendo scelte economiche più efficienti e innovative in grado di assicurare posti di lavoro e prosperità alle attuali e alle future generazioni. Il WWF valuta che per mantenere l’attuale stile di vita del cittadino europeo (con alti consumi di risorse naturali e elevati livelli di emissione di gas serra) ci sarebbe bisogno di 2,8 pianeti. Non possiamo permettercelo e non si tratta di astratte aspirazioni di quella parte dell’opinione pubblica che è più sensibile alle questioni ambientali, ma di un serio problema che colpisce ogni essere vivente ed è strettamente correlato alle scelte che bisogna affrontare per uscire dalla crisi. Molti bisogni primari delle città dipendono dalla natura: aria, acqua, cibo, energia, regolazione del clima, serbatoi di assorbimento dei rifiuti ed altre esigenze urbane quali: abitazioni, consumi, mobilità, esercitano un impatto potenzialmente forte sulla natura a seconda ed in dipendenza delle scelte operate dalle singole città. Per comprendere in quale modo le città possano avere un’impronta sostenibile e salvaguardare la biodiversità si può iniziare da queste categorie fondamentali. In quale modo le città possono gestire le loro risorse idriche? Quali forme di energia possono scegliere? Quali sono le conseguenze di queste scelte? Le dieci categorie di esigenze urbane già presentate e cioè aria, acqua, cibo, 221 natura, edilizia abitativa e non, accessibilità e mobilità, energia, consumi, gestione dei rifiuti e dei serbatoi di assorbimento, regolazione del clima, sono strettamente connesse le une alle altre. Scelte oculate in materia di risorse idriche, per esempio, hanno ricadute positive sulla sostenibilità energetica, sulla qualità dell’aria e sul cibo. Di conseguenza le interconnessioni rivestono un ruolo cruciale nei casi esemplari qui presentati. Tutto è collegato. Molti sistemi all’avanguardia in materia di vita urbana sostenibile hanno avuto inizio proprio da questa consapevolezza. 6.1.1 Soluzioni inquinamento dell’aria La qualità dell’aria rappresenta per le città una problematica im portante per molte ragioni, difatti l’inquinamento dell’aria influisce pesantemente sulla salute umana e causa diversi danni economici, come la perdita di produttività. Inoltre, risulta d’importanza critica anche per le funzioni degli ecosistemi, dalla salute delle foreste, all’agricoltura nei centri abitati e nei pressi delle città. Fortunatamente, i governi sono in grado di influire significativamente sull’inquinamento dell’aria e le città possono controllare la qualità dell’aria grazie ad una chiara normativa in materia di energia e trasporti. Di seguito proprio un esempio di come grandi città si sono adoperate per migliorare la qualità dell’aria: -Rizhao, ad esempio, sta guidando l’utilizzo delle energie rinnova bili: il passaggio delle città cinesi verso l’energia solare. Gli scaldabagni a pannelli solari sono obbligatori. Su tutti i nuovi edifici e tutti gli edifici pubblici restaurati è richiesta l’installazione dei pannelli solari. Nel 2007 il 99% delle famiglie del centro di Rizhao e il 30% di quelle delle periferie utilizzavano l’energia solare per il riscaldamento e migliaia di case erano dotate di cucine alimentate ad energia solare. Anche i semafori e i lampioni di Rizhao sono alimentati a celle solari. L’impiego del solare per l’elettricità può presentare notevoli vantaggi per la qualità dell’aria in Cina, dove il carbone viene ancora ampiamente utilizzato per la produzione di energia. Rizhao rientra spesso nell’elenco delle dieci città cinesi con la migliore qualità dell’aria. -Delhi era una delle megalopoli più inquinate del mondo. Tuttavia, a partire dagli anni ‘90, la città ha intrapreso una massiccia campagna per la qualità dell’aria che comprende: 222 • conversione obbligatoria di tutti i veicoli commerciali per passeggeri (autobus, taxi, veicoli a tre ruote) al gas naturale compresso (CNG) e ai convertitori catalitici; • combustibile a basso contenuto di zolfo; • chiusura o spostamento di oltre 1000 fra le maggiori fonti di origine dell’inquinamento. Queste azioni si sono rivelate estremamente efficaci, ma rimangono in atto ancora alcune sfide. Ad esempio, la scarsa tecnologia dei piccoli motori CNG ha ostacolato i benefici previsti; anche la crescente diffu sione dei veicoli diesel ha influito negativamente sui miglioramenti ed il rapido aumento del traffico ha inoltre fatto sì che, malgrado questi sforzi, la sfida per l’aria pulita a Delhi continuasse ad apparire scoraggiante. In ogni caso, Delhi rimane un importante esempio di azione determinata per migliorare la qualità dell’aria. 6.1.2 Soluzioni inquinamento acqua L’acqua mantiene unita la biosfera e collega tra di loro diverse proble matiche ambientali: inquinamento, biodiversità, cibo, energia, regola zione del clima e molto altro. Ciò in quanto il modo in cui l’acqua viene utilizzata, gestita, sprecata o inquinata; può determinare la sostenibilità di un ambiente così come nei sistemi urbani, contrariamente, se non controllata, potrebbe essere fonte di trasmissione di malattie virali. Gli esempi che seguono mostrano come alcune città gestiscono le loro risorse idriche. -New York City è una delle città impegnata per migliorare la gestione della domanda di acqua. Minacciata dalla mancanza d’acqua, New York City ha ricercato soluzioni alternative alla costruzione di dighe, scegliendo di utilizzare un insieme di metodologie efficaci per ridurre il consumo di acqua. È diventato obbligatorio (con il supporto di regolamentazioni amministrative) controllare, attraverso i contatori, l’utilizzo dell’acqua, operazione che ha riscosso quasi il 100% di adesioni. È stato istituito un programma di rilevamento delle perdite, che ha dimostrato la sua efficacia individuando centinaia di perdite nella rete municipale. In un anno (2003) le riparazioni di tali perdite hanno fatto risparmiare 225 milioni di litri di acqua al giorno. Infine, il Department of Environmental 223 Protection (Dipartimento per la protezione dell’ambiente) municipale ha portato avanti un programma per la sostituzione di alcuni elettrodomestici con quelli a basso consumo idrico, offrendo incentivi per l’installazione di docce e bagni a flusso ridotto. È stato così calcolato un risparmio d’acqua di 190-300 milioni di litri al giorno. -Stoccolma sta attuando una strategia in materia di trattamento delle acque che è finalizzata a trasformare i prodotti di scarto in risorse utili. Ciò potrebbe risolvere una gamma di problematiche ambientali strettamente collegate, riducendo di conseguenza l’impronta ecologica e incrementando la sostenibilità economica del trattamento delle acque. Dalle acque reflue si producono biogas, fertilizzanti e persino calore. Ciò riduce le emissioni di gas a effetto serra: il biogas sostituisce parzialmente i combustibili fossili per il funzionamento dell’impianto di depurazione, i veicoli, il riscal damento, la produzione di elettricità e la produzione di fertilizzanti. Il biogas derivante dalle acque reflue di Stoccolma fa risparmiare 6 milioni di litri di benzina e diesel all’anno, equivalenti all’emissione di 14.000 tonnellate di CO2. Il trattamento dei liquami consente di rici clare nutrienti agricoli come il fosforo e riduce la necessità di discariche. Fra i benefici addizionali, inoltre, si rileva anche una diminuzione dell’inquinamento dell’aria causato dalle fonti energetiche. 6.1.3 Soluzioni per una produzione alimentare più intelligente Il bisogno primario di cibo è strettamente legato ad altre esigenze umane e servizi ecosistemici identificabili in aria, acqua, gestione dei rifiuti, energia ed altri ancora. Di conseguenza, le problematiche di una funzione tendono a ripercuotersi in altre aree. È anche possibile, però, moltiplicare le soluzioni difatti sempre più ricerche evidenziano una vasta gamma di problematiche che possono essere mitigate con pratiche di agricoltura urbana e sistemi alimentari su base regionale. Per esempio, l’agricoltura in prossimità o all’interno delle città riduce la necessità di trasporto del cibo e ciò limita drasticamente la dipendenza di una città dai combustibili fossili e i prezzi del mercato mondiale, inoltre abbassa le emissioni di CO2 e di altri inquinanti dell’aria. Grandi forniture alimentari locali, le città forniscono già il 15% circa del cibo mondiale. Esigenze alimentari urbane sempre maggiori trovano risposta nell’agricoltura di 224 alcune città come, per esempio, l’Avana (Cuba), costretta dalla mancanza di benzina e dalla malnutrizione ad implementare rapidamente l’agricoltura urbana, che attualmente si calcola fornisca dal 40 al 100% circa del consumo cittadino di verdure. L’agricoltura urbana può aumentare la resilienza anche tramite alti livelli di biodiversità dando risultati ampiamente riconosciuti grazie alle coltivazioni su piccola scala, portate avanti da molte persone su piccoli spazi verdi. 6.1.4 Smaltimento dei rifiuti Lo sviluppo agricolo e la sicurezza alimentare urbana sono favoriti dall’utilizzo delle risorse all’interno di cicli chiusi: fornitura locale di acqua, suolo e nutrienti come pure, ad esempio, facendo ricorso a strategie finalizzate al riutilizzo degli scarti attraverso azioni di trattamento finalizzate al riciclaggio dei rifiuti, quali separazione fisico-meccanica, e conseguente recupero dei materiali e/o riutilizzazione degli scarti organici per la produzione di compost. Poiché abbiamo a disposizione un solo pianeta e tutto è strettamente collegato, non possiamo buttare via le cose e dimenticarcene. Rimangono lì e possono tornare nella nostra aria, nella nostra acqua e nel nostro cibo, pertanto è necessario riparare, riutilizzare e riciclare, accertandosi che i rifiuti vengano assorbiti in maniera sicura dai serbatoi di assorbimento, cioè che sono quelle parti del pianeta in grado di assorbire le sostanze dei rifiuti ed inquinanti. Un esempio sono gli alberi, che possono assorbire le sostanze inquinanti presenti nell’aria e nell’acqua, le foreste che assorbono CO2, e le zone umide che assorbono le acque reflue cittadine. I serbatoi di assorbimento del pianeta hanno però dei limiti. La gestione dei rifiuti soddisfa l’esigenza di una città di far fronte ai propri materiali di scarto in maniera sostenibile: • ridurre i flussi e limitare i rifiuti finali, quelli cioè da avviare a discarica e/o termovalorizzazione, in quanto impossibile da ulteriormente valorizzare con processi di separazione; • gestire i serbatoi di assorbimento, senza sovraccaricarli. I fiumi, ilsuolo, le zone umide, gli alberi e gli altri serbatoi d’assorbimento naturali forniscono servizi per la gestione dei rifiuti solo se fun zionano in maniera corretta; 225 • convertire i serbatoi di assorbimento in fonti. Una soluzione a cir colo chiuso è quella di utilizzare i rifiuti per produrre energia. Una zona umida può fornire cibo. Un impianto di riciclaggio può offri re benefici economici e sociali; l’educazione e un comportamento civico eco-compatibile risultano spesso essenziali per la gestione dei rifiuti urbani e il mantenimento dei serbatoi di assorbimento. 6.2 Energie rinnovabili e possibili soluzioni Per comprendere fino in fondo come sia urgente e possibile trovare delle fonti di energia rinnovabili ed ecosostenibili, mi affiderò alle parole di alcuni specialisti di settore e coraggiosi imprenditori, che proprio in questi anni sta lavorando alla realizzazione di un impianto alimentato a Biomasse appunto nella Sua regione. “Impianti alimentati a biomassa” “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma” Antoine Laurent Lavoisier. Se partiamo dalla celebre frase di Lavoisier che sintetizza il postulato di conservazione della massa, intuiamo l’importanza degli impianti di cogenerazione alimentati da Biomasse. Tra le biomasse, sostanze di origine biologica, includiamo gli scarti delle lavorazioni agroalimentari, delle attività forestali, delle coltivazioni agroenergetiche e, infine, i rifiuti con elevata frazione organica. Praticamente, per biomassa si intende genericamente qualsiasi materiale di natura vegetale che non ha subito alcun trattamento o condizionamento chimico. La generazione di elettricità può avvenire mediante processi di combustione diretta delle biomasse, ovvero del loro trattamento e digestione per ottenere biogas o bioliquidi. Dal punto di vista storico, prima dell’uso delle energie fossili in quantità significative, la biomassa in forma di legna da ardere ha fornito all’umanità buona parte dell’energia necessaria alle proprie esigenze. Solo dopo la scoperta dell’uso del carbone e di altre fonti fossili si è rilegata l’energia da biomasse a un ruolo marginale. L’interesse per l’energia da biomasse è stato risvegliato dai problemi di sostenibilità ambientale ed economica, legati alla quantità dei giacimenti di combustibili fossili disponibili e dai problemi di instabilità geopolitica derivanti dalla loro disomogenea distribuzione sul pianeta. Le biomasse rappresentano una 226 risorsa energetica rinnovabile e rispettosa dell’ambiente in quanto l’anidride carbonica prodotta durante la combustione è stata già sottratta all’aria con la fotosintesi per la formazione e la crescita del materiale organico vegetale. Gli impianti alimentati da Biomassa consentono di eliminare due fondamentali problemi tipici delle altre tipologie di impianti di produzione di energia rinnovabile: lo stoccaggio e la discontinuità dell’erogazione dell’energia. Infatti, gli impianti a biomassa producono energia fintantoché vengono alimentati, per cui basta organizzare la raccolta e le scorte della biomassa per assicurarci la continuità produttiva di energia e calore, a meno di volontarie sospensioni per le manutenzioni dei macchinari. Uno dei pregi delle centrali da biomasse è costituito dalla possibilità di rivolgersi a materie prime e risorse di scarto, comunemente disponibili in ogni territorio, senza dover far affidamento a coltivazioni specializzate e senza sottrarre estensioni utili all’agricoltura di base. Il problema della sostenibilità ambientale subentra nei casi di sovradimensionamento, in termini di potenziale produttivo, dell’impianto di biomasse rispetto alla capacità di approvvigionamento in loco. È evidente che si configura la non sostenibilità nel caso in cui si verifichi: • alterazione nel sistema di produzioni locale di biomassa, con im plicazioni anche sul sistema produttivo agroalimentare; • eccessiva implementazione del trasporto della biomassa su strada con conseguente inquinamento atmosferico. A tal proposito il sistema italiano, di incentivazione alla produzione dell’energia da biomassa, premia quella che comunemente viene definita la filiera corta, cioè quei sistemi di approvvigionamento che si alimentano entro un raggio di 70 chilometri. Tale tipo di sistema consente di controllare, ed anche limitare, quelle iniziative industriali che sviliscono il sistema di sostenibilità ambientale. Le centrali a biomasse necessitano di tecnologie poco sofisticate e di più facile reperibilità; le nuove tecnologie consentono inoltre di raggiungere elevati livelli di efficienza. La possibilità di usare impianti di cogenerazione consente di produrre, unitamente all’energia elettrica, anche il calore che può essere utilizzato per usi termici sia civili che per sistemi industriali. Considerato che i processi di produzione di energia si basano sulla combustione, il tema dell’in quinamento nell’aria viene ridotto al minimo e in certi casi eliminato 227 grazie alle nuove tecnologie di abbattimento delle emissioni e di monitoraggio delle stesse. Non dimentichiamo che nelle biomasse vegetali sono praticamente assenti due importanti inquinanti atmosferici: lo zolfo e gli idrocarburi policiclici aromatici. L’impianto a biomassa, rispetto ad altri impianti di energia rinnovabile, produce vantaggi di tipo sociale legati all’occupazione, grazie alla possibilità di impiegare mano d’opera per la raccolta e l’organizzazione della filiera. Inoltre, con gli impianti di cogenerazione si evita di incorrere in un non corretto smaltimento delle biomasse, che di solito vengono scaricate in discarica, favorendo il formarsi del percolato, o bruciate a campo aperto, recando danni per l’ambiente. 6.3 Ulteriori soluzioni per un miglioramento del clima e dell’am biente. Ulteriore dottrina italiana evidenzia perfettamente che il rinunciare alle fonti rinnovabili sarebbe sbagliato, anche per poter ridurre l’impatto ambientale delle emissioni dei gas serra. “Fonti rinnovabili: Quale futuro e perché” La voce della nostra Terra si fa sempre più viva tramite i cambiamenti climatici in atto e un osservatore attento non può non captare il messaggio allarmante che ogni giorno si pone innanzi i nostri occhi. L’unica risposta possibile è la scelta di politiche concrete volte ad ottimizzare l’utilizzo di risorse rinnovabili alfine di ridurre l’impatto ambientale delle emissioni dei gas serra. In questo periodo di crisi si recrimina sull’eccessivo costo per il Pa ese, cioè per tutti noi, dello sviluppo dato alla produzione di energia elettrica da Fonti Rinnovabili attraverso una politica eccessiva ed indiscriminata di incentivazione. Questa recriminazione trascende e sfocia nel dire “basta rinnovabili”. L’analisi dei costi degli incentivi elargiti per la produzione di energie rinnovabili non può tralasciare i numerosi benefici tratti dal notevole risparmio sui costi da sostenere in merito ai cambiamenti climatici e ai disastri ambientali dovuti alla produzione di energia da fonti non rinnovabili. Il tentativo di rinunciare al sostegno delle Fonti Rinnovabili costituirebbe un passo errato che si andrebbe ad aggiungere a quello già fatto di incentivare importazioni massicce, per 228 non dire integrali, di macchinari necessari allo sviluppo sconsiderato che non ha dato tempo a far crescere simultaneamente un’industria produttiva adeguata: fabbriche di aereogeneratori in testa e film di Silicio in coda. Se tutto fosse stato programmato nell’incentivare le Fonti Rinnovabili, oggi le aziende italiane fabbricherebbero o creerebbero macchine per la produzione di energia rinnovabile, con una caduta occupazionale interessante. Occasione sicuramente perduta ma non irrecuperabile. Ora si dovrebbero perseguire almeno per un decennio sforzi non troppo costosi, forse, addirittura senza extracosti, per un continuo ed equilibrato sviluppo della capacità produttiva dalle Fonti Rinnovabili. Le ragioni a sostegno di un simile programma (tra 1000 e 2000 MW l’anno) sono sinteticamente le seguenti: -ogni MWH prodotto in più comporta un serio inquinamento da combustione in meno con benefici immediati sulla qualità dell’aria che respiriamo, quindi sulla nostra salute e con un risparmio di spesa sul costo dell’ambiente e delle cure sanitarie dei cittadini. L’ecologia è l’unica direzione possibile per il pianeta Terra, per i suoi abitanti e le generazioni future. Non inquinare è, quindi, un dovere, una missione che non ha prezzo; -ogni MWH prodotto in più comporta un risparmio di almeno 2 MWH di combustibili importanti a caro prezzo (circa 50 € se di gas naturale) da pagare con beni e servizi da esportare; -ogni MWH prodotto in più avvicina il Paese a mantenere gli impegni internazionali già presi o a quelli ulteriori che dovremo prendere e, perché no una volta tanto a superarli! Non dobbiamo cadere nell’illusione di averli già raggiunti: dipende solo dalla terribile crisi economica che ha fatto ridurre i consumi di energia innalzando algebricamente la proporzione delle Fonti Rinnovabili; -ogni Kw installato, specie di impianti piccoli, comporta impegno di risorse umane disponibili e capacità manifatturiera, da incentivare non meno di quanto viene fatto per altri settori industriali. Individuare quale di queste ragioni sia la più importante è una disqui sizione meramente socioeconomica, ciò che conta davvero è mettere in moto il sistema di produzione delle Fonti Rinnovabili senza penalizzazione alcuna e dosando opportunamente un minimo di incentivi. 6.4 Riciclare è possibile È possibile ottenere straordinari risultati con il riciclaggio completo 229 dei rifiuti, come accade già in qualche Comun italiano. Tale approccio è possibile definendo strategie di processo integrate e concorrenti a massimizzare i recuperi, controllando al tempo stesso la qualità dei prodotti recuperati. Attraverso un tale approccio è possibile recuperare il 99% del rifiuto conferito derivante sia dalla raccolta differenziata residenziale porta a porta, sia dai rifiuti industriali di commercianti ed artigiani. A partire dai prodotti così recuperati sono possibili diversi riutilizzi. Ad esempio nel caso delle plastiche, per le frazioni non recuperabili è possibile applicare azioni di estruzione e triturazione fino ad ottenere un granulato a matrice prevalentemente plastica da poter utilizzare, verificate le corrette condizioni di non rilascio, nell’industria edile per la realizzazione di manufatti (quali mattoni, pali, etc...) in sostituzione della sabbia di cava (20-30% del materiale necessario alla creazione del manufatto). Inoltre, questo materiale, conferisce caratteristiche migliorative ai manufatti ottenuti che rispondono regolarmente alle norme UNI vigenti. La sabbia sintetica così ottenuta viene utilizzata anche per la creazione di sedie, panchine, bancali ed altri manufatti. L’attività consiste nel ricevere le frazioni secche riciclabili dei rifiuti urbani ed assimilati, selezionare i materiali in base alla composizione merceologica, compiere le operazioni necessarie per la riduzione volumetrica, gestire la fase di destinazione in uscita delle singole tipologie di materiali che, in relazione alla possibilità di riutilizzo, vengono consegnati a impianti di seconda lavorazione o a specifiche aziende che impiegano i materiali nei loro cicli produttivi. I costi globali per la costruzione di un impianto di questo tipo si aggirano attorno ai 5 milioni di euro in un arco temporale di circa 3 anni e, in alcuni Comuni, si sta provvedendo all’utilizzo di tali impianti grazie anche all’iniziativa di imprenditori locali. Questa è la strada che dovremmo iniziare a percorrere per costruire un futuro migliore in un mondo vivibile! 6.5 Invertire la tendenza La crisi che stiamo attraversando è strettamente correlata al tipo di cultura anti-ecologista che si è affermata soprattutto in Occidente e in tutta Europa. Infatti, come è stato analizzato nei capitoli precedenti, dovremmo elaborare un nuovo pensiero volto al senso olistico delle cose per iniziare a vedere e considerare l’uomo come parte integrante della 230 natura e non elemento estraneo e contrario ad essa. Bisogna costituire un sistema comunitario e non individualistico ca pace di interrelazionarsi e che si adoperi per la nascita di comunità sostenibili, idonee a ridurre al minimo i danni che stiamo recando al nostro pianeta e che agiscano nel rispetto di un piano ecologico che tuteli il nostro ecosistema. Queste sono delle priorità non più rimandabili in quanto il livello di crisi ambientale ha già raggiunto livelli di massima allerta ed al centro adesso occorre collocare la natura e l’uomo. Sulla materia trattata sono stati scritti molti libri e redatti molti documenti ma voglio soffermarmi su uno in particolare ed invero il mio interesse si rivolge, nello specifico, al libro scritto dal fisico e saggista Fritjos Capra, “Il Tao della Fisica”. Nelle sue pagine Capra si contrappone al modello di scientificità di Cartesio presente nel mondo occidentale e basato su una impostazione meccanicistica, quantitativa e riduzionistica, che non può trovare corrispondenza con la complessità del mondo reale. Capra cerca quindi di ridimensionare l’egemonia dell’uomo sulla natura per riportare quest’ultima al centro dell’esistenza dello stesso e lo fa affidandosi alla filosofia e alla religione orientale (Taoismo, Buddhismo, Induismo) le quali, secondo l’autore, rappresentano il punto di svolta per cambiare la nostra vita e migliorarne la qualità. Seguendo tale orientamento, il fisico pone un problema fondamentale per cambiare il corso delle cose, ovvero l’assenza nella nostra società di una vera e propria eco alfabetizzazione degli uomini, processo basilare per la sopravvivenza dell’umanità nel suo complesso. Avere una educazione ecologica dovrebbe essere, secondo le teorie di Capra, il vero valore formativo per ripartire verso una forma di società sostenibile per il nostro ambiente. Il pensiero dello scrittore prende ispirazione dall’ecologia profonda, di cui si è parlato nei capitoli precedenti, ben lontana dall’ecologia superficiale che si struttura in senso antropocentrico e pone gli uomini in una posizione di dominio sulla natura (mondoambiente), dando ad essa un mero valore di utilità e strumentalità. Nell’ecologia profonda, il rapporto tra uomo e natura è strettamente connesso poiché l’uomo stesso ne è parte integrante. Questa visione critica ha, in sintesi, come obiettivo quello di voler ribaltare il sistema di società in cui viviamo, soprattutto quella occidentale, anche se dobbiamo prima cambiare il nostro punto di vista per poi iniziare a 231 cambiare il mondo che abitiamo. La teoria di Capra, critica verso il commercio globale, è spiegabile anche a livello pratico, basti pensare anche solo al modo in cui concepiamo l’uso del nostro territorio e l’utilizzo delle risorse del nostro pianeta. La produzione ed il trasporto di un bene costano in termini di lavoro ed incidono enormemente anche sul consumo di risorse e di inquinamento, perciò il prezzo di un prodotto dovrebbe rispecchiare sia il consumo delle risorse nella fase di produzione, sia l’inquinamento determinato dal suo trasporto. L’auspicio è dettato dalla prospettiva di immaginare un mondo che produca nel rispetto della natura e delle possibilità che essa offre, anche riducendo la produttività. Secondo Capra, infatti, continuando così le risorse della Terra potrebbero esaurirsi con conseguente aumento dell’inquinamento e con lo svantaggio di precludere altre possibili strade di sviluppo impoverendo, altresì, il territorio ma considerano anche che un’economia non sostenibile, oltre a portare l’esaurimento delle risorse naturali crea anche un finto benessere delle zone più svantaggiate. Seguendone ancora il pensiero, infatti, per i Paesi più poveri bisognerebbe iniziare a concepire un sistema che dia loro conoscenza e mezzi per uno sviluppo intelligente ma anche che tuteli il territorio e che utilizzi tecnologie ecosostenibili (gas naturale, energia solare, eolica). A titolo di chiarimento, quando si parla di tecnologia Ecosostenibile ci si riferisce a quelle tecnologie che si basano su energie rinnovabili, ovvero che traggono energia da fonti naturali e non esauribili e che, perciò, avrebbero un impatto più sostenibile per il nostro pianeta. Quello delle energie rinnovabili e sostenibili non è l’unico aspetto che permetterebbe di costruire un sistema più rispettoso e attento alla salvaguardia della salute del nostro pianeta ed invero, partendo dalle fonti di energia dovremmo poi giungere agli aspetti riguardanti la produzione e la commercializzazione degli OGM, di cui abbiamo largamente parlato, ma anche del riciclo dei rifiuti, altro tema già affrontato in queste pagine. Il tema dell’utilizzo degli organismi geneticamente modificati in campo agroalimentare è appunto al centro di numerose discussioni tuttavia, rimangono inattese molte domande sui rischi derivanti da questi prodotti e si palesa ancora lontana la risposta e la soluzione politica che dovrebbe regolamentarne l’utilizzo e la commercializzazione. Rimango pertanto fermo sulla mia convinzione che 232 gli organismi modificati geneticamente sono dannosi per la salute di noi tutti perché altamente tossici e rappresentano quindi un fattore di rischio di inquinamento per i territori e le fonti idriche. Manipolare e di conseguenza sconvolgere il deflusso naturale della natura vuol dire creare la possibilità di far scomparire la biodiversità, facendo così prevalere una produzione programmatica basata solo sulle rigide leggi del commercio e del facile guadagno. Estremamente decisiva sarà pertanto la svolta che decideremo di intraprendere anche nel campo dello smaltimento dei rifiuti, la loro gestione prevede infatti un insieme di procedure e meccanismi atti ad amministrarne le intere fasi dello smaltimento: raccolta, trasporto, trattamento, riciclaggio ed infine, appunto, smaltimento. Proprio negli ultimi anni si è mostrata maggiore attenzione verso questi processi al fine di ridurre gli effetti dannosi sulla salute dei cittadini e sull’impatto ambientale, situazione che può realizzarsi solo incoraggiando il riciclaggio dei rifiuti e cercando di sfruttare al meglio le risorse naturali. Il cammino, però, è ancora lungo e la svolta per un pianeta più sano appare lontana. L’obiettivo che deve appartenere a noi tutti, in quanto solo considerandoci comunità riusciremo a portare avanti questa “rivoluzione”, deve essere quello di regalare al nostro mondo un nuovo respiro, attuare la svolta perché solo così riusciremo a conservare e custodire un pianeta vivibile e vivente per i nostri figli. Bisogna costruire un nuovo modello di sviluppo economico più attento alle esigenze della solidarietà e orientato al bene comune perché salvaguardare la Terra è salvaguardare noi stessi. Occorre quindi cambiare per continuare a vivere in e con il nostro pianeta. 6.6. Governance e territorio In una tale congiuntura di disagio sociale e crisi economica al fine di riorganizzazione il sistema produttivo e dello stato sociale, di seguito si presenta l’intervento del Dott. Lucido Di Gregorio attraverso il quale si vuole porre l’accento su una nuova gestione strategica sia per elaborare processi di pianificazione che per sviluppare metodi e strategie per la gestione dei mutamenti spaziali e territoriali. 233 “Piani urbanistici equitativi e solidali, Governance e modelli di sviluppo locale” Il diffuso disagio sociale, drammaticamente vissuto a causa dell’im perante crisi economica e congiunturale, pone in secondo ordine ogni riflessione e qualsivoglia questione che possa interessare una generale riorganizzazione del sistema produttivo e dello stato sociale direttamente connessi al regime dei suoli e alle politiche di assetto urbano e territoriale. Persino le proposte di riforma, in discussione a livello politico e parlamentare, non valgono a meritarsi un’adeguata attenzione ed un appropriato consenso popolare idonei a trasferire nel dibattito politico quel reale bisogno di cambiamento che, dal basso, viene invocato da almeno un paio di decenni. Al contrario, sembra che l’armamentario partitico, o comunque le aggregazioni di maggior peso elettorale stiano proponendo modelli apparentemente riformisti, in realtà per niente garantisti da un punto di vista della diretta partecipazione popolare; invero, al di là dei contenuti e degli orientamenti, le proposte attualmente in discussione sulle riforme istituzionali, in particolare sulla riforma del Senato e delle Provincie, non esprimono grandi slanci per una reale riorganiz zazione delle istituzioni e della pubblica amministrazione, o comunque per ottenere una urgente sburocratizzazione dei procedimenti e per uno snellimento del sistema di gestione dei vari settori operativi. Il bisogno di cambiamento è da molti in realtà percepito, prima ancora che per una seppur necessaria riforma del sistema elettorale2, per garantire una maggiore flessibilità del rapporto con la pubblica amministrazione riguardo le procedure amministrative e di conseguenza del Welfare nella sua esternazione più completa. Con la Legge Bassanini, difatti, se da una parte sono state conferite funzioni agli enti locali esaltando l’autonomia e le peculiarità dei diversi ambiti territoriali, dall’altra sono stati assegnati compiti decisionali e di responsabilità individuale all’interno della struttura burocratica della pubblica amministrazione completamente slegati dalle azioni di indirizzo politico e tali da consolidare, ad oggi, un vero e proprio potere gestionale individuale, incontrollato e spesso corrotto. È comune il convincimento, infatti, secondo cui l’attuale sistema di cor2 Pur sempre in termini di garanzia per una effettiva partecipazione popolare alle scelte di democrazia e di politica, non solo nazionale. 234 ruttela nel nostro Paese non trae tanto origine dal sistema politico in se stesso quanto più, dall’estrema burocrazia e dalla malagestione imposte da molti funzionari che occupano posti chiave all’interno della struttura decisionale della pubblica amministrazione, riuscendo così a rendere ancora più rigido il rapporto con i cittadini e con il fragile sistema produttivo. È quindi del tutto evidente che una connotazione della pubblica amministrazione, già a livello locale (soprattutto quella periferica), attestata su posizioni di potere individuale di questo o quel funzionario potrà essere troppo spesso utile e strumentale al potere politico ma di certo non sarà in grado di garantire, per il futuro, livelli di sostenibilità tali, da sopportare le necessarie procedure di semplificazione e di rilancio dell’attività amministrativa. È quindi necessario, per questo e per tanti altri motivi, incominciare a parlare di nuovi temi inerenti l’attività di concertazione ed il percorso amministrativo a sostegno della sussidiarietà e dello scambio negoziale riguardo la futura attività della pubblica amministrazione locale. Adottare nuovi e più flessibili meccanismi di attuazione dei processi significa, in concreto, affrontare con determinazione tutte le questioni che riguarderanno l’azione di “Governance” rispetto le quali sono sempre più chiamate a misurarsi sia la componente politico-amministrativa che la struttura di gestione delle amministrazioni locali. I temi del rilancio economico, pertanto, dovranno affrontare gli interessi e le diverse connotazioni dei “sistemi locali” da interpretare, a loro volta, non più come esclusivi ambiti territoriali ma come vera e propria opportunità di strutturazione del sistema produttivo ed occupazionale di un determinato luogo. Nell’impossibilità di orientare, così come in passato, sia in campo economico che in quello dell’occupazione le politiche nazionali verso piani di sviluppo settoriali di larga scala3, i “sistemi locali” appaiono l’unica possibilità che si manifesta ancora percorribile, in termini di programmazione articolata e complessiva, in grado di garantire una qualche possibilità di rilancio economico ed occupazionale soprattutto nei settori turistici, cultu3 Pensiamo al peso e ruolo della politica a livello nazionale tutto ciò che stato fatto in passato in termini di politiche agrarie e di sviluppo industriale, per i piani energetici nazionali, alle politiche sindacali per l’affermazione dei contratti nazionali di lavoro e non solo. 235 rali, artigianali ed agricoli di qualità. Ciò in quanto la globalizzazione impone da sempre un differente approccio al tema dell’organizzazione produttiva e del mercato del lavoro, del sistema della mobilità e della distribuzione delle merci, come anche del recupero, della riqualificazione e rigenerazione urbana ma, ciò che si impone con maggiore impeto, è la necessità di programmare un nuovo e diverso sistema di gestione delle relazioni tra pubblico e privato. Oggi viene chiesto alla politica non solo maggiore determinazione nelle scelte legislative ma anche grande coraggio nel predisporre norme che agevolino l’affermazione di un effettivo processo di modernizzazione che vede sempre più coinvolti capitali e risorse private nell’ambito della programmazione e della realizzazione degli interventi pubblici ove, la “negoziazione urbanistica”, ad oggi, spaventa quasi quanto la lottizzazione negli anni sessanta e settanta, nonostante poi si sia capito che, in quanto strumento di attuazione, era ed è forse quello di maggiore garanzia. Col tempo si è finalmente compreso che le scelte speculative sono da ricercarsi fin dal loro esordio e quindi, in coincidenza con le opzioni di pianificazione che assegnano differenti destinazioni agli ambiti territoriali individuati in sede di definizione degli strumenti di pianificazione. Volendo perseguire un determinato filone culturale, che per fortuna non si sta attestando come dominante, la speculazione edilizia si ritiene fine a se stessa in quanto semplicemente legata al sistema di produzione edilizio di matrice capitalistica piuttosto che alle scelte politiche della pianificazione, quasi sempre condizionate da uno specifico impianto normativo che ne indicherà una determinata evoluzione. Si è poi giunti, finalmente, a comprendere che bisognerà innanzitutto intervenire a monte con la definizione di nuovi meccanismi legislativi in grado di garantire un reale controllo dell’esercizio attuativo4, così da riorganizzare col tramite della strumentazione di ambito locale e dando comunque per scontato che bisognerà procedere con una certa fretta alla completa revisione della Legge Bassanini5 (almeno nella parte 4 La Governance non potrà assicurare accettabili livelli di controllo delle scelte se non supportata da un impianto normativo adeguato che ne accompagna i processi di pianificazione, né potrà mai garantire la “qualità” e gli “standard” abitativi e di salvaguardia del territorio richiesti da una moderna concezione dell’organizzazione della società civile. 5 Legge n. 59 del 15 marzo 1997 e successive modifiche e integrazioni. 236 che riguarda l’assegnazione di ruoli, compiti e responsabilità ai responsabili del procedimento). Il dibattito culturale ed urbanistico ha la necessità (ed il dovere) di approfondire alcune questioni che riguardano l’introduzione di nuovi meccanismi di intervento in esecuzione alle scelte di pianificazione, e comunque di programmazione della pubblica amministrazione locale, basti pensare, ad esempio, alle attuali difficoltà normative e attuative che si presentano oggi alla pubblica amministrazione nella fase della programmazione degli interventi di rigenerazione urbana, soprattutto se in ambito consolidato, per non parlare poi dei meccanismi di sostegno economico nel caso di particolari misure comunitarie. Da sempre, la storia urbanistica è coincisa con condizioni di conflitto sociale rispetto ad interessi contrapposti tra pubblico e privato e di condivisi interessi speculativi che hanno determinato gli scempi, alcuni dei quali anche molto gravi, che siamo abituati a vedere. La tendenza vuole essere quella di conciliare gli interessi che una volta confliggevano affinché siano create le migliori condizioni sulla base di quelle che amo definire “reciproche convenienze”, ove la questione più delicata non risiede nell’accettare culturalmente che l’interesse privato coincida con quello pubblico6 bensì, nella capacità di dotare la pubblica amministrazione dei necessari strumenti e mezzi capaci di consentire un effettivo controllo dei fenomeni evolutivi nel rispetto della liceità dell’esercizio urbanistico ed amministrativo col tramite, inoltre, di nuovi strumenti normativi e pianificatori che abbiano la capacità di assicurare un giusto ristoro agli investitori privati e salvaguardare, al contempo, gli interessi collettivi ed ogni aspirazione legata ai bisogni, anche inespressi, dei cittadini residenti, considerati portatori di legittimi ed equanimi interessi. Da sempre, la cultura urbanistica si è interrogata sulla possibilità del reale verificarsi di tale evento e soprattutto sulla questione che la coincidenza degli interessi pubblici e privati fosse la premessa per pensare a livelli di garanzia tali da ottenere una reale affermazione di più alti livelli della qualità dell’abitare e del paesaggio artificiale, così come della salvaguardia di quello naturale. In pratica, condizioni che rimanderebbero a criteri di gestione dell’attività programmatoria degli interventi pubblici e privati sulla base delle “re6 Anche se col rischio scontato di implicazioni speculative insite nel rapporto con la pubblica amministrazione locale. 237 ciproche convenienze”, di fatto, rinviano anche ad una diversa connotazione e teorizzazione7 della disputa in relazione al rapporto tra “bene comune” e “bene privato”. La pianificazione urbanistica locale, oltre a definire le modalità ed i pesi urbanistici derivanti dal fabbisogno residenziale, non può prescindere dall’affrontare le questioni legate al sistema economico e produttivo fissando anche i temi ed i presupposti per il consolidamento delle opportunità dello sviluppo direttamente funzionali alla salvaguardia delle risorse sia ambientali che territoriali. In tale quadro, i fattori dello sviluppo economico vanno riconosciuti come coincidenti con i valori del suolo e delle culture locali, considerando inoltre i piani urbanistici quali strumenti di lettura e di produzione di norme che dovranno interpretare al meglio le direttrici di assetto urbano e terri toriale. Il bilanciamento degli standards pregressi e la previsione dei servizi collettivi rappresentano quindi i presupposti essenziali per la salvaguardia di più alti livelli della qualità dell’abitare e per l’affermazione di una nuova cultura del bene comune. L’equità e la solidarietà urbane possono rappresentare la principale attribuzione di nuovi valori da porre alla base del processo di pianificazione locale; infatti, con queste prerogative e nella direzione di un maggiore approfondimento dei temi legati allo sviluppo dei “sistemi economici locali”, ho approntato preliminarmente alcuni assunti che richiamano nuovi termini per l’approccio alla pianificazione locale basati sui principi dell’identità territoriale, dell’equità e della solidarietà urbane che occorre interpretare anche in termini di recupero della matrice di nuovi valori condivisi. Un esempio pratico è dato dalla Regione Campania che ha recepito un elemento di grande valore innovativo approvando, secondo il comma 141 dell’art. 1 della legge regionale n. 5/2013, un emendamento integrativo dell’art. 33 della legge urbanistica regionale n. 16 del 22 dicembre 2004 (Norme sul governo del territorio) la quale, con l’introduzione del comma 2 bis, prevede che: “Per selezionare i comparti e gli ambiti nei quali realizzare interventi di nuova urbanizzazione, trasformazione, sostituzione, rigenerazione o della riqualificazione urbana e territoriale, il comune può attivare, con o senza pre7 Evidentemente non solo linguistica ma concettuale, attraverso una pi approfondita lettura dei fenomeni di innovazione normativa e comportamentale che implichino una effettiva ridefinizione di compiti e ruoli, come delle relazioni istituzionali. 238 ventiva manifestazione di interesse, un concorso pubblico mediante un bando ad evidenza pubblica, per valutare le proposte di intervento che risultano più idonee a soddisfare, anche con volumetria premiale, gli obiettivi di più rilevanti interessi pubblici e più elevati standard di qualità urbana ed ecologico-ambientale definiti dal PUC. Al concorso possono prendere parte i proprietari singoli o associati degli immobili situati negli ambiti individuati dal PUC, nonché gli operatori interessati a partecipare alla realizzazione degli interventi. Alla conclusione delle procedure concorsuali il comune stipula, ai sensi degli articoli 12 e 37, un accordo con gli aventi titolo alla realizzazione degli interventi in quanto aggiudicatari del concorso.”8 Nella sintesi del testo “Oltre la perequazione. Per una nuova generazione di piani urbanistici squittivi e solidali”, si esplica che, nel caso della Regione Campania, l’ente assume una funzione legislativa fortemente innovativa e un ruolo di assoluto primato a livello nazionale dove la condizione derivante da una scelta di pianificazione urbanistica, non può determinare ancora disuguaglianza tra i cittadini o essere causa di discriminazione economica e sociale, al contrario deve identificare un’attribuzione di qualità edificatoria socialmente condivisibile, atteso che il diritto edificatorio non è legato a un’oggettiva attribuzione della proprietà immobiliare in quanto tale, bensì al riconoscimento di una riserva di privilegio che si concretizza attraverso il rilascio di un titolo abilitativo. Tutto ciò presuppone, quindi, il riconoscimento di una condizione di “indifferenza localizzativa” dei nuovi interventi di trasformazione urbanistica all’interno di un determinato “Campo di interesse urbano” o “Distretto urbanistico”, da esplicitare attraverso l’applicazione di nuovi meccanismi partecipativi e concorsuali e, oltre a ciò, anche una moderna visioning dei dispositivi di pianificazione urbanistica (generanti condizioni di effettiva equità nel distribuire i benefici derivanti dall’attività edificatoria, dal sistema di produzione edilizio e dal mercato immobiliare) che non può prescindere dal considerare meccanismi di riconoscimento di un legittimo ristoro per i soggetti proprietari di aree sottoposte a regime vincolistico o di limitazione dei diritti edificatori e per tutti quei cittadini non proprietari di suoli. 8 Sull’argomento si veda la recente pubblicazione “Oltre la perequazione. Per una nuova generazione di piani urbanistici equitativi e solidali”. Europa Edizioni - Roma 2014 239 La logica del profitto e del massimo ricavo legata alla rivalutazione immobiliare, che da sempre si è affermata ad esclusivo appannaggio dei soli imprenditori privati9, dovrà necessariamente comportare la cessione alla collettività di quote sostanziali dei benefici economici derivanti dall’attività edificatoria considerando che la produzione edilizia è una cosa mentre, la rendita immobiliare e la speculazione sono ben altra. In conclusione, al di là del contesto specifico di riferimento, la proposta di un piano urbanistico equitativo e solidale si pone l’ambizioso obiettivo di rappresentare una metodologia applicabile in termini assoluti e generali, rispetto qualsivoglia contesto territoriale, in un momento nel quale i tempi sono davvero maturi per scelte di equità atte alla definizione delle destinazioni urbanistiche e alla scelta delle aree edificabili e di trasformazione urbana. Le teorie affermate rappresentano, pertanto, una preziosa opportunità per stimolare la ricerca di nuovi indirizzi e maggiori approfondimenti all’interno del processo di una sempre più ampia identificazione della città contemporanea dove il “Governo del territorio”, a cui si farà in futuro sempre più riferimento determinerà, per le amministrazioni locali, non solo le uniche vere opportunità di sviluppo territoriale e urbano, quanto più l’opportunità di definire scelte strutturali per una riorganizzazione delle sistema produttivo e della circolazione delle merci, dell’ottimizzazione del terziario e dell’artigianato, anche attraverso il potenziamento e la valorizzazione delle risorse disponibili. La pianificazione urbanistica e territoriale, pertanto, credo che assuma un ruolo di sempre maggiore importanza laddove la capacità programmatoria, l’intelligenza e l’intuito degli amministratori locali nel programmare e predisporre i necessari atti amministrativi, insieme all’adozione di scelte legislative adeguate, diventano le uniche possibilità che lasciano sperare in un sempre maggiore rafforzamento del rapporto pubblico-privato nella gestione della futura attività amministrativa. Le scelte di equità e di solidarietà urbane sono poste, dunque, alla base della destinazione urbanistica delle aree di espansione del tessuto urbano e nella definizione dei processi di riqua lificazione, rigenerazione e trasformazione del sistema insediativo locale. 9 Pur conservando in linea di massima dei margini sufficienti a soddisfare le attese dei soggetti attuatori, ancorché privati in quanto soggetti portatori di interessi legittimi, purché non di tipo meramente speculativo. 240 La proposta annunciata si configura pertanto come condivisione di un processo di pianificazione urbanistica partecipata, fondata su principi equitativi e solidali da definire mediante procedura concorsuale e che promuove l’introduzione di nuovi scenari per una moderna concezione della Governance affidata alla pubblica amministrazione locale. 241 6.7. Illuminazione intelligente. Le città intelligenti Dopo decenni di evoluzione la tecnologia nel campo dell’illumina zione ha fatto enormi passi da gigante, soprattutto nelle grandi città, dove è fortemente avvertita dai sindaci l’esigenza di trovare il giusto compromesso tra confort e dispendio di energia al fine di migliorare le condizioni di luminosità nelle città. Nell’ottica di un “risparmio energetico” cosiddetto intelligente, al fine di ridurre i costi energetici merita di essere sottolineata la nuova emergente tecnologia cosiddetta “Illuminazione intelligente”, la quale permette di coniugare due importanti risultati tra loro: -il miglioramento delle condizioni di luminosità nelle nuove città a costi ridotti e con un eccellente risparmio energetico nell’ordine del 70% rispetto agli attuali consumi; l’evoluzione dei requisiti di sicurezza dei cittadini nella circolazione urbana grazie ad una illuminazione crescente e progressiva al passaggio degli stessi. La tecnologia di ultima generazione, si avvale di sensori luminosi “intelligenti”, che sono in grado di intercettare passanti, biciclette e auto in movimento nel raggio di azione di quaranta metri, inviando in conseguenza comandi ai pennelli LED per fornire una luce più intensificata nell’area circostante e decidendo autonomamente il livello più appropriato di luminosità grazie alla capacità dei sensori di utilizzare solo il 70% della potenza durante la sera e il 110% di energia se qualcuno si trova nel suo raggio d’azione. La tecnologia di ultima evoluzione consente, a costi contenuti ed assolutamente competitivi rispetto agli attuali consumi, grazie anche all’applicazione di nuovi dispositivi elettronici, di monitorare costantemente il traffico cittadino, di calcolare i tempi di parcheggio reale, nonchè di monitorare e migliorare i sistemi di sicurezza della città (rapporto incidenti ed altro). Questi dispositivi porteranno così le città “intelligenti” al servizio dei cittadini. Tale nuova tecnologia, che ha avuto la sua necessaria ed opportuna fase di sperimentazione, è attualmente utilizzata in Francia nella città di Tolosa, dove si sta discutendo sulla possibilità di applicazione del progetto anche in altre città francesi, per poi essere esportato in tutta Europa. 242 6.8 È davvero l’ora di cambiare L’uomo agisce in maniera più o meno consapevole in vista di un fine e in un continuo cercare si adopera, qualunque sia l’obiettivo da perseguire, con tutti i mezzi idonei ed utili a raggiungerlo. Compito dell’uomo è proprio la promozione del bene primario e lo ricerca per tutto l’arco della sua vita, con l’intento di ritrovare il valore oggettivo della dignità e della struttura ontologica dell’uomo stesso. La persona umana è un essere che congloba insieme l’aspetto psichico, fisico e spirituale, in quanto non se ne può ben comprendere il significato ontologico se manca anche solo una parte del suo contenuto, né si può disporre di una sola parte del corpo per uso prettamente utilitaristico. Il nuovo millennio dovrebbe quindi, spinto da uno spirito di necessità, garantire una nuova visione del mondo più permeata sulla volontà di un cambiamento radicale e con una nuova impostazione complessiva che ne colloca al centro tre importanti principi chiaramente riconducibili alle regole della spiritualità, dell’ecologia e, soprattutto, della filosofia olistica, quale filone portante del nuovo modo di pensare e definire la vita. Ad oggi è difatti necessario accogliere il carattere più spirituale, intellettivo e morale dell’uomo, cercando di andare oltre la pura materialità e generando una sorta di appello alla persona umana per riscoprirne e riconoscerne i valori irrinunciabili ed orientarli per il raggiungimento del bene comune. La qualità della vita assume così connotazioni differenti assecondando quelle di carattere personalistico e valoriale dove meglio si percepisce la distinzione tra l’errato bisogno del continuo avere ed apparire e quello, più reale dell’essere, con la priorità di volersi connotare di relazioni interpersonali più intense. L’uomo oggi è ancora legato alla materialità, al visibile e quasi per nulla tiene in considerazione l’aurea energetica, ai più invisibile, che si connota come la parte più spirituale che riesce ad influenzare la psiche e l’animo dell’essere umano. Occorre comprendere bene quali sono i valori e i principi fondamentali che definiscono l’agire etico nei vari aspetti della vita umana ed invero, tali valori sono specificatamente tutto ciò che permette di dare significato alle attività umane e alle esperienze che denotano la qualità e, finanche la perfezione, di un’azione o di un comportamento in quanto conforme al bene e alla dignità della persona umana. In tale connotazione ben si può collocare il pensiero di Tommaso D’Aquino 243 che assegna un ruolo determinante all’intenzione con la quale si agisce e, in virtù di ciò, l’uomo ha sempre il dovere di comportarsi e scegliere seguendo la propria coscienza retta e con l’intenzione di conoscere il vero bene. Ogni persona è essenziale, è un’entità a se stante e, proprio in considerazione di ciò, non si può accettare che il bene vita sia posto in stato di pericolo quanto più per la sua tutela e salvaguardia deve essere compiuta ogni idonea battaglia. Non bisogna difatti mai dimenticare che la vita dell’uomo è un’esperienza unica e irripetibile che deve trovare la sua collocazione, senza perdere l’essenzialità di individuo, nel sociale e nella storicità dell’ambiente in cui vive. Ben si comprende perciò che non si può più disporre a proprio piacimento della vita umana ma è necessario riconoscerne a priori il principio del rispetto e della difesa a cominciare dal momento del suo concepimento fino alla morte e la nostra coscienza deve essere in grado di riconoscere, accogliere e rispettare i valori irrinunciabili della vita stessa. In questa prospettiva, considerevole importanza ricopre allora il primario rispetto della vita fin dalle sue origini, dal suo concepimento. Purtroppo sta scomparendo l’essenza stessa della creazione dell’essere umano nella sua naturalità ed il rischio è che si finirà col creare una sorta di bambola stereotipata, del tutto innaturale ma rispondente solo alla moda o alle richieste del momento e che acquista potere attrattivo esclusivamente in un determinato frangente di tempo ma che poi, magari nel lungo periodo, diventerà problematico ed insoddisfacente, rischiando cosi di far morire il valore etico e sacro del procreare per ricadere in un gioco privo di regole e morale. Purtroppo, oggi, viviamo in un mondo nel quale è totalmente assente il senso della trascendenza della vita umana e quindi la percezione della sua intangibilità, non avendo così più contezza del rispetto della vita e della sua sacralità. In tale ottica vanno quindi scelti con oculatezza i valori ed i principi ai quali appellarsi in quanto contribuiscono a determinare il nostro comportamento, le nostre priorità, i legami che stringiamo e la guida morale da perseguire. Tuttavia, pur potendo tra questi annoverare il perdono, l’onestà, la libertà, l’amore, il rispetto per la vita e l’autocontrollo, nonostante la loro importanza, tali valori morali sono oggi in forte declino. Peraltro la definizione stessa di salute nella concezione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è pressoché sovrapponibile al concetto di qualità della 244 vita, dal momento che per salute si suole intendere non soltanto la cura delle malattie ma anche la ricerca del pieno benessere fisico, psicologico e sociale. Appare dunque palese come l’apporto che un diverso grado di cultura, di conoscenza dell’arte o della religione, in persone che godono dello stesso standard di salute fisica o di benessere economico e sociale, possa meglio contribuire alla qualità della vita stessa. Un altro filone di pensiero che si può accomunare a questa nuova prospettiva è quello di vivere nel rispetto dello spirito ecologista secondo il quale, per raggiungere un livello adeguato di qualità della vita, occorre affrontare la necessaria protezione dell’ambiente come se si approntasse una terapia d’urgenza ove l’equilibrio delle forme di vita nel mondo e la loro reciproca relazione a difesa della salubrità dell’ambiente vitale sono, invero, fattori ritenuti indispensabili per un miglioramento dello stile di vita, rispetto la quale l’uomo è il fruitore principale, ma anche il maggior responsabile del rapido degrado. L’ambiente e la natura, quale universo di connessioni inseparabili, sono però considerati come un mero deposito di materie prime ma non bisogna dimenticare che i processi naturali sono ciclici e nulla va perduto quanto piuttosto andrebbe riutilizzato, invece, il più delle volte, anche i più recenti processi industriali producono inquinamento e rifiuti tossici. Si vive oramai in uno stato di entropia crescente laddove in realtà si dovrebbe tendere alla chiusura del cerchio applicando una conversione ecologica a tutti i processi produttivi. Ogni cosa è connessa con ogni altra e c’è una sola ecosfera dove vivono tutti gli esseri viventi sicché, ogni danno o semplice interferenza si genera a discapito di tutti. La natura sceglie sempre la strada migliore e l’essere umano diventa un abitante tra gli altri, un coinquilino che però, avendo maggiori possibilità di scelta, deve anche comportarsi in modo maggiormente rispettoso e responsabile. In questa concezione immanentistica e utilitarista manca inoltre, in senso assoluto, la capacità di dare significato alla sofferenza: perdere il senso dell’essere, della sua grandiosità silente e misteriosa, della sua palpitante vitalità, vuole dire perdersi e non riuscire più a percepire la bellezza della verità. Dimenticare il senso dell’obiettività e della trascendenza della norma etica vuol dire qualificarsi come un mero oggetto che viene solo consumato, sfruttato. Quando 10.000 anni fa ci siamo separati dalla Terra per cominciare a dominarla, da allora, 245 giorno per giorno, si assiste ad una continua accelerazione del processo di devastazione ecologica e sociale che si è adusi chiamare civiltà. Basta guardarsi attorno per notare che oggigiorno si vive in un ambiente privo di significato e di demarcazioni, confinati in spazi chiusi, ormai diseducati ai rapporti umani ridotti all’essenziale e privi di ogni significato; insomma, osservare ciò che ci circonda sicuramente non rasserena l’anima. L’ampiamente anelata civilizzazione oggi appare tanto più una sconfitta piuttosto che una vittoria, eppure da essa risultiamo dipenden ti, avviluppati in un processo inarrestabile che, certamente, porterà alla distruzione dell’ambiente e della natura più profonda dell’essere umano. Ci troviamo dinanzi a due facce della stessa medaglia con l’umanità che ha perso la capacità di adattarsi e comprendere l’ambiente circostante, con la pressante necessità di un nuovo paradigma, una nuova visione della realtà quale primo passo per dettare inedite regole del gioco e partecipare ad un mondo libero da condizionamenti che ci allontanano dalla natura e, ancora peggio, gli uni dagli altri facendoci perdere la capacità di comunicare. La civilizzazione per sua natura controlla e divora tutto e, in tale prospettiva, l’uomo appare come addomesticato, scevro di ogni rapporto fraterno di convivialità, in uno stato di perenne insicurezza che pervade la sua contemporaneità spingendolo a ricercare nuove forme di immaginazione con l’intento di ritrovare quella sicurezza necessaria per recuperare nuove vie del vivere insieme. Proprio quest’ultimo principio si trova alla base del convivialismo, un originale termine capace di unire tutte le differenze sotto un’unica bandiera promuovendo l’arte del con-vivere, del vivere insieme, che valorizza la relazione e la cooperazione e che permette di contrapporsi in modo costruttivo prendendosi cura degli altri e della natura. Occorre oggi dare maggior forza al noi piuttosto che al semplice io ed adoperarsi affinché la relazione predomini sull’individualità, cercando di creare un’interdipendenza che esprima una concezione relazionale della persona che si colloca nella società certamente civilizzata ma soprattutto conviviale, dove il fine ultimo è l’amicizia, la reciprocità fraterna ed i valori portanti sono l’etica e il bene realizzato. Viviamo nella società della materialità e non dell’agire, dove si è annebbiati dall’ansia della produttività e della redditività quando invece, spinti soprattutto dal rispetto di una filosofia olistica, bisognerebbe ritrovarsi in una società del 246 benessere con una nuova nozione di qualità della vita, forse più selettiva, che consiste nella capacità di godere e di sperimentare piacere come pure in quella di autocoscienza e di partecipazione alla vita sociale. Consumiamo ogni giorno senza pensare, senza accorgerci che il consumismo sta pian piano logorando noi stessi come anche la sostanza del nostro desiderio. È una guerra silenziosa, subdola e noi la stiamo perdendo. In conclusione, per garantire la sopravvivenza dell’umanità serve adottare un’etica globale che si può ben riassumere in uno dei più comuni insegnamenti di Gesù Cristo e cioè “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti” (Matteo 7:12 - Parola del Signore), che meglio si esplica in “non fate agli altri ciò che non volete sia fatto a voi”, poiché una società che progredisce e persegue l’ideale dello sviluppo, una volta soddisfatti i bisogni di base occorre che persegua anche il soddisfacimento dei desideri e delle aspirazioni. 247 Capitolo 7 Malattie ambientali e inquinanti 7.1. Malattie ambientali Le malattie ambientali sono generate da fattori nocivi ed inquinanti esistenti nell’ambiente in cui viviamo. Esse sono causate perlopiù da elettrosmog, agenti aggressivi, prodotti di scarto dei processi lavorativi ed a titolo esemplificativo possiamo citarne le seguenti: leucemie, allergie, tumori, guasti genetici e patologie neoplastiche. Con l’avvento della rivoluzione industriale i progressi tecnici determinarono un aumento deciso della produttività, come anche l’uso di strumenti meccanici ed un utilizzo diffuso di nuovi concimi chimici quali i nitriti, utilizzati come additivi per insaccati, wurstel, carni in scatola ed altri prodotti a base di carne, pesci marinati, prodotti caseari, che aumentano il potenziale cancerogeno in quanto presentano un’alta tossicità per l’uomo, ancor di più per i bambini. La pericolosità di queste sostanze è dovuta anche al fatto che in un ambiente acido, come può essere quello delle stomaco, le stesse si trasformano in acido nitroso il quale, a sua volta, legandosi alle ammine da origine alle nitrosammine e, tale processo, dà origine ad un composto cancerogeno dannoso per la nostra salute. Un altro esempio di utilizzo di sostanze chimiche, già ampliamente analizzato nei precedenti capitoli, è identificabile negli ftalati, ovvero quei prodotti chimici che vengono aggiunti alle materie plastiche per migliorarne la flessibilità (contenitori per cibo, giocattoli ed altro) e che sono una vera minaccia poiché altamente tossici. Ancora, un caso emblematico in materia che per anni e nel silenzio delle Istituzioni ha messo a rischio la salute dei cittadini, è quello dell’ILVA di Taranto-Italia, stabilimento che si occupa prevalentemente della produzione e della trasformazione dell’acciaio, divenuto nel nostro paese un caso tragicamente emblematico. I danni causati dall’attività dello stabilimento sono talmente elevati che i cittadini di Taranto continueranno, purtroppo, a pagarne le conseguenze, talvolta anche con la loro vita, almeno fino alle prossime tre generazioni. I dati sono scon 249 certanti in quanto anche nei quartieri vicini alla struttura si riscontra un malato di cancro ogni 20/30 abitanti ed il tasso di inquinamento è talmente elevato che, per rendere più comprensibile, è come se dei bambini in età media compresa tra i 7-8 anni fumassero all’incirca 20 sigarette al giorno. La prevenzione è quindi strettamente necessaria per eliminare lo stravolgimento naturale dell’ambiente e, per garantirla, occorre impedire dall’origine ulteriori fonti di inquinamento cercando inoltre di limitare i danni di quelle già esistenti. La percentuale degli uomini che vivono in prima persona le malattie causate dai disastri ambientali aumenta continuamente e la responsabilità è di chi non comprende che, così facendo, non solo non si garantisce il rispetto verso il prossimo ma neanche per la propria vita. Non si può più parlare o far esistere “terre pure e terre impure”, spetta all’uomo farsi fautore della protezione del pianeta e la sua missione è proprio quella di indirizzarsi verso il cambiamento che deve avvenire per l’uomo e col tramite dello stesso. In conclusione, l’indifferenza può essere sconfitta solo con coraggio ed attraverso un reale cambiamento nel rispetto della vita in tutte le sue forme. 7.2 Multiterapia Biologica ed Energetica nella prevenzione e nel trattamento delle patologie neoplastiche Elementi salienti dei tumori solidi e liquidi si possono rilevare nella abnormemente elevata velocità di crescita e nelle anomalie morfologiche degli elementi cellulari neoplastici. Obiettivo essenziale della terapia biologica, proposta secondo il protocollo MDB, è la riduzione della velocità di crescita nonché la normalizzazione della morfologia cellulare concomitante. Proprio per ridurre tale velocità, sempre secondo il predetto protocollo MDB, si possono sfruttare elementi squisitamente fisiologici come i cosiddetti fattori di crescita. La riduzione di questi fattori, o la somministrazione di fattori specifici contrastanti, dovrebbe gradualmente portare alla riduzione della crescita, fino all’azzeramento e, conseguentemente, all’invecchiamento, quindi al graduale decadimento della cellula, condizione che potrebbe essere accelerata da fattori contingenti come quelli comunemente adoperati nella chemioterapia corrente però a dosi migliaia di volte inferiori. Secondo le predette norme, l’aspetto tossicologico 250 della terapia antitumorale, come quello determinato dalla chemiotera pia, è completamente evitato. In tal caso, eventualmente, la morte della cellula avverrebbe esclusivamente per l’invecchiamento pressoché fisiologico (apoptosi) della stessa. Sotto questo aspetto, il metodo potrebbe essere adottato praticamente su qualunque paziente indipendentemente dall’età, dalle condizioni fisiche e da eventuali concomitanti compromissioni di organi vitali ciò posto, pur se inibitori di fattori di crescita se ne conoscono in alto numero, non tutti tuttavia ugualmente reperibili né attivi. Un fattore comune che interviene su un generale elemento di crescita è la Somatostatina, ormone ipotalamico che riduce l’attività incretoria del somatotropo (GH) antipofisario e dei suoi derivati ad attività paracrina IGF1, IGF2 e SOMATOMEDINE, i cui recettori sono stati identificati e clonati in un alto numero di elementi cellulari. Tale azionenon è però unicamente legata ai recettori stessi, non potendo escludersi una azione diretta della Somatostatina sugli elementi neoplastici. È inoltre opportuno associare l’ACTH alla Somatostatina in presenza di alterazione della pressione arteriosa differenziale al fine di garantire gli effetti desiderati mentre, in caso di ipokaliemia e di edemi degli arti inferiori, l’uso dell’ATCH è fortemente sconsigliato. In ogni caso, dosi superiori a 3 mg/die di Somatostatina non hanno dato risultati migliori, anzi con 6 mg assunti nelle 24 ore sono comparsi fenomeni di intolleranza. Pur tuttavia, la crescita non è espressione solo delle Somatomedine in quanto anche altri polipeptidi ad elevata massa molecolare, come la Prolattina, possono generalmente intervenire nel processo di crescita. Ed ancora, in senso opposto, la Dopamina e la Bromocriptina, più facilmente disponibili, possono intervenire nella genesi prolattinica o prolattinemica e quindi, anche, su un secondo potente fattore di crescita. Un terzo elemento essenziale da prendere in considerazione, è dato dalla vitamina A così come dai retinoidi e dagli esoergoni, determinanti anch’essi nella crescita. Trattasi in questo caso, a volere intervenire col loro tramite, di regolare la loro introduzione, il loro destino, il loro metabolismo e tutte queste operazioni sono subordinate oltre che alle caratteristiche chimicofisiche dei composti stessi anche ad una serie complessa e perfettamente nota del loro meccanismo d’azione. 251 Il dato empirico sperimentale, più che quello dottrinario-chimico-fisico può, in questo caso, rappresentare l’elemento di riferimento similmente a quanto avviene per l’alto numero di farmaco terapici, attivi e comunemente usati, anche se dal meccanismo non rigorosamente noto. Difatti, attraverso il ruolo sulla funzione visiva, la vitamina A condiziona la funzione dei ritmi circadiani legati all’alternanza luce-buio o, per meglio dire, attraverso l’azione genetica viene regolata la crescita e il metabolismo cellulare col tramite di tutti gli effetti sui tessuti origi natisi da ciascuno dei tre foglietti embrionali, cioè la vitamina esercita i suoi indispensabili effetti su tutti gli epiteli di rivestimento cutaneo e delle mucose, nonché su tutti i connettivi. Oltre mille retinoidi sono stati ottenuti per sintesi generando sia retinoidi che retinali come gli acidi retinoici ed in conseguenza l’azione che si svolge in parte anche attraverso i recettori nucleari, è in grado di modificare l’attività dei geni e quindi la differenzazione e la riproduzione cellulare, la cancerogenesi. Sia gli elementi ipotalamici fornitori della somatostatina così come quelli mesencefalici principali forniti della prolattina, subiscono l’influenza fisiologica delle vie nervose di origine multipla aventi un centro importante nel mesencefalo e un mediatore modulatore. La Melatonina, normalmente sintetizzata in massima misura nei pinealociti, attraverso la ben nota influenza originatasi dal nucleo soprachismatico (SNC), decorrenti il mesencefalo e romboencefalo, emergenti dal midollo cervicale attraverso la colonna intermedia laterale e le radici anteriori, con sinapsi a livello dei gangli cervicali, finalmente ascendenti attraverso i plessi pericarotici e innervanti la pineale, agisce sulle anomalie morfologiche degli elementi cellulari neoplastici. Gli altri elementi nervosi della pineale stessa sono dominanti dai gangli habenulari, da quelle commisurali e dalle vie abe nuloipofisarie. In sintesi, su queste basi si fonda il principio del MDB ormai speri mentato in un affidabile numero di pazienti affetti da neoplasie solide o liquide. Il protocollo, da quanto emerge da ciò che si è appena detto, dovrebbe articolarsi sull’impiego della Somatostatina e degli inibitori della prolattina, come sulla regolazione del metabolismo e quindi dell’azione dei retinoidi (anche della vitamina D3). Il tutto con la modulazione della melatonina. Si parla pertanto di un metodo squisitamente pragmatico, 252 senza però uscire da rigorose basi scientifiche, basato sulla concomitanza di azione di questi quattro principi. Non esiste un solo rimedio anticancro e la ragione è insita nell’eccezionale complicanza scientifica della cellula cancerosa pertanto, per trattare il tumore non ci si può affidare solo alla somministrazione di sostanze ma anche al potenziamento degli effetti. Parliamo quindi di calcolo combinatorio fattoriale secondo cui, con quattro principi, non si quadruplica l’azione degli effetti, ma si ha il potenziamento di questi effetti (1x2=2; 2x3=6; 6x4=24, cioè a dire 24 possibilità di cura). Si tratta di una azione che non interviene su un determinato organo o funzione ma sulla cellula, sulla velocità di crescita e sul complesso di funzione che essa rappresenta. Un ulteriore fattore nella prevenzione e nella cura contro le neoplasie in un prossimo futuro potrebbe essere rappresentato dall’agopuntura, considerando che i pazienti ammalati di tumore subiscono notevoli variazioni nei loro livelli energetici ed è pertanto di estrema importanza il riequilibrio energetico dell’organismo, prestando inoltre particolare attenzione al trattamento che deve essere adeguato allo stato del paziente e basato sull’evoluzione delle sue condizioni. Questo trattamento, secondo il principio del calcolo combinatorio fattoriale, permette il concomitante potenziamento della terapia MDB incrementando così le possibilità di cura. Un altro fattore di importanza non trascurabile è la formulazione di diete specifiche per i pazienti affetti da tumore, esse si devono basare su criteri che rispettano una rigorosa preparazione tecnico scientifica e si devono impostare su dati quantitativi (numero di calorie totali) e qualitativi (calorie da glucidi, protidi, lipidi, contenuto in sali minerali , rapporti fra le varie classi di alimenti). La quantità assoluta ed i rapporti tra le varie classi di nutrienti variano infatti in rapporto alle condizioni trofiche generali, a particolari turbe del metabolismo (diabete, colesterolemia e trigliceridemia) ed a particolari affezioni (nefro-arteriocardiopatie; gotta ed iperuricemia; proteinuria; linfedemi; neuropatie). L’esecuzione pratica del protocollo MDB e delle terapie ad esso associate, non offrono difficoltà una volta che si dispone degli inibitori neurogeni e delle miscele vitaminiche che devono essere preparate secondo rigidi schemi farmacologici evitando, però, l’impiego di sostanze come l’acetone. La sua realizzazione è infatti tanto agevole e così scevra di inconvenienti da po- 253 tersi ritenere suscettibile universalmente di impiego, prendendo anche in considerazione le naturali ed ovvie misure che ogni sanitario ha il dovere di conoscere. Queste caratteristiche terapeutiche consentono anche una terapia domiciliare altrettanto efficace quanto quella ospedaliera. Le obiezioni di natura pratica sono agevolmente smentite dalle decine di migliaia di casi nei quali il protocollo MDB è stato praticato senza incidente alcuno ed i cui eventuali inconvenienti (nausea e vomito soprattutto) sono da attribuirsi alla deficitaria preparazione dei mezzi impiegati, più che agli stessi mezzi. Nel caso in cui tali effetti dovessero comunque presentarsi e persistere in pazienti precedentemente trattati con chemio o radioterapia, il ricorso all’agopuntura porterà comunque ad un miglioramento degli inconvenienti sopra citati. Inoltre, l’utilizzo dell’agopuntura si è dimostrato efficace anche come trattamento analgesico, consentendo in tal modo una sostanziale riduzione dei comuni farmaci antidolorifici. La reperibilità dei mezzi raccomandati nel protocollo MDB non ha riflessi scientifici, è solo questione economico-finanziaria, logistica, organizzativa e politico-professionale. Se si prescindesse da fattori negativi di questa natura, il metodo, anche sotto il profilo pratico, non offrirebbe tante più difficoltà di qualunque altro. Su queste basi si fonda il principio della Multiterapia dei Tumori. Mentre il protocollo del MDB è ormai sperimentato in affidabile nu mero di pazienti affetti da neoplasie solide o liquide con risultati di affermata validità, la sua associazione con l’agopuntura è in fase di attuazione con risultati che provano l’efficacia della sua combinazione. 7.3 Protocollo terapeutico per la cura e la prevenzione delle malattie ambientali Molte patologie ricorrenti in tema di inquinamento ambientale sono le malattie neoplastiche. A titolo informativo e quale suggerimento di seguito viene riportato un protocollo terapeutico, che talvolta risulta addizionale rispetto quelli tradizionali, per la cura e la prevenzione di tali patologie. Rimanendo in argomento, l’interrogativo è come poter rallentare gli effetti negativi sull’organismo umano determinati dall’inquinamento ambientale ed alimentare in attesa di cambiare il paradigma socio-culturale-ambientale e la risposta più concreta sta nell’utilizzare preparazioni galeniche integran- 254 doli con alimenti naturali e non tossici. Il protocollo di riferimento è quello di preparazione galenica* da utilizzare almeno 3 volte l’anno per una durata di 30 giorni e per un totale di 90 giorni complessivi: SCHEMA PROTOCOLLO BASE Mattina: -miscela multivitaminica a base di Vitamina A10 e E11, da assumere 15 minuti prima della colazione; Pranzo: -durante il pasto assumere una dose di mezzo cucchiaino di vitamina C12; Pomeriggio (ore 16.00-18.00): -assumere per I.M. 1 fiala di Glutatione ridotto da 600mg o 300 mg 2 volte al giorno; Cena: -60 minuti dopo cena prendere 2 compresse di melatonina coniugata13. Tale protocollo andrebbe integrato con un trattamento di Agopuntura e Moxibustione. Inoltre, si consiglierebbe di bere circa 2 litri di acqua viva e dinamizzata lontano dai pasti. N.B.: Nel caso in cui si volesse utilizzare il protocollo terapeutico, si consiglia di consultare preventivamente il medico di famiglia. * “Il nostro futuro. Le medicine del Terzo Millennio” del Dott. Domenico Scilipoti Isgrò edito da Edizioni Spes, 2002. **La durata di ogni singola seduta di Agopuntura deve essere dai 30 ai 45 minuti circa. ***Formula della miscela: Vitamina A 0,5 gr. - Vitamina E 1000 gr. - Acido Trans-Retinoico 0,5 gr. - Betacarotene 2 gr. 10 Axeroftolo Palmitato 0,5 gr. 11 Alfatocopheril Acetato 1000 gr. 12 Acido Ascorbico 250 mg. 13 Melatonina 2 mg. con Adenosina 9 mg. 255 Prospettive per il futuro affinché i buoni propositi diventino realtà Quale connubio e coronamento di una parte di quanto chiaramente descritto e consigliato all’interno di questo libro, e forse anche in risposta a tutti gli argomenti trattati, si è svolto giorno 7 novembre 2014, presso la Sala delle Colonne della Camera Dei Deputati, il Convegno “La struttura Operativa della Protezione Civile”. L’iniziativa ha visto la partecipazione di molti personaggi di spicco tra i quali il Capo Dipartimento della Protezione Civile, prefetto Franco Gabrielli, la presenza del senatore di Forza Italia Domenico Scilipoti Isgrò, il dott. Bardonzellu dirigente del Corpo Forestale dello Stato, il dott. Triozzi Comandante dei Vigili Del Fuoco Organizzazioni Nazioni Unite, nonché i vari rappresentanti delle strutture operative. Dagli interventi rappresentati al convegno è emersa la necessità di creare un continuo monitoraggio del territorio e di una sempre maggiore concertazione tra la politica e le problematiche ambientali che riguardano la vita dei cittadini. È stata una attenta riflessione sul delicato ruolo degli organi preposti alla salvaguardia del territorio e la vita dei cittadini, nell’ambito del servizio nazionale della Protezione Civile, soprattutto in un momento di forte criticità meteo-idrogeologico come quello che adesso sta attraversando il nostro Paese. Un appuntamento quanto mai importante, che ha offerto l’occasione per un’attenta riflessione sul delicato ruolo degli organismi preposti alla salvaguardia del territorio e alla tutela dei cittadini in situazioni di emergenza, con un servizio che deve raggiungere il più alto livello di professionalità possibile. Appare oggi più che mai necessario predisporre una pianificazione di emergenza generica, basata sugli scenari di pericolosità e di rischio, con l’intento di attenuare la vulnerabilità ed affrontare il fabbisogno fondamentale della popolazione. Bisogna quindi guardare all’ambiente ed al territorio considerando anche, e soprattutto, le reazioni sociali ed i problemi “ecologici” generati ponendo l’accento sulle artificializzazioni messe in atto dall’uomo. Il termine “qualità della vita” pone l’accento sul benessere che unoo più individui riescono a raggiungere nel medesimo habitat, poiché, quando un ambiente qualsiasi ha una buona “qualità di vita”, significa che la 256 maggioranza della sua popolazione può fruire di una serie di vantaggi politici, economici e sociali che le permettono di sviluppare con discreta facilità le proprie potenzialità umane e condurre una vita relativamente serena e soddisfatta. Purtroppo, solo successivamente al 2000, il concetto di qualità della vita è stato sempre più spesso accostato a quello di sviluppo sostenibile, ciò specialmente in rapporto alla crescente consapevolezza della limitatezza delle riserve energetiche, legate al petrolio e al carbone, come anche degli effetti negativi di tante tecnologie moderne sull’ambiente naturale, spingendo così l’opinione pubblica a chiedersi se tutti i progressi tecnologici siano sempre convenienti o se invece, i danni provocati a lungo termine, ne vanifichino i vantaggi immediati, anzi minacciano la qualità della vita delle generazioni future. Spinti dalla necessità di cercare di porre un rimedio all’emergenza ambientale che sta colpendo la Terra sembra che i potenti del mondo se ne siano ricordati in un immediato e recente connubio. Difatti, giorno 11 novembre 2014 la Commissione Ambiente del Parlamento Europeo ha votato in favore di norme più restrittive per la coltivazione di Organismi geneticamente modificati (OGM) in Europa, modificando così l’accordo preliminare raggiunto tra gli Stati Ue lo scorso giugno e prevedendo invero che i paesi europei possano vietare la coltivazione di OGM anche per motivi ambientali. Ed ancora, giorno 12 novembre 2014, è stato stipulato un patto tra giganti con uno storico accordo tra USA e Cina sulle emissioni inquinanti di gas serra rappresentando così un chiaro senso di responsabilità collettiva attorno al tema dei cambiamenti climatici. Occorre ancora ricordare che il pianeta Terra, che l’uomo abita e sul quale vivono tutte le specie viventi conosciute, è l’unico corpo planetario del Sistema Solare atto a sostenere la vita così come la conosciamo, pertanto deteriorarlo e mandarlo a morte significa tenere lo stesso comportamento anche verso noi stessi. 257 “I Comandamenti verdi” di Papa Francesco Pochi mesi prima dalla pubblicazione di questo mio scritto, Papa Francesco ha firmato la Sua Enciclica dedicata alla salvaguardia del Creato. “Laudato Sì”, è questo il titolo dell’opera del Santo Padre, nella quale definisce la Terra come “la nostra casa comune”. Una casa che va tutelata, amata e difesa. Il Suo vuole essere un appello alle nostre coscienze, un monito per tutti che faccia riaccendere in noi la consapevolezza di come il nostro modo di essere, di vivere e di rapportarci con gli altri e con il mondo può fare la differenza. Il Pontefice adopera parole che sono come frecce che puntano dritto all’animo di noi tutti. L’espressione Creato ci fa rendere conto che tutto quello che abbiamo ci è stato donato e che la nostra cecità, la nostra folle corsa verso il guadagno, il profitto, la ricchezza sfrenata non possono e non devono uccidere ciò che, forse immeritevolmente, ci è stato chiesto di custodire. Dimostriamo, allora, di meritare tutto ciò. Il messaggio di Papa Francesco porta in sé la vita e allo stesso tempo il mistero della nostra esistenza. L’autorevolezza del cuore del Santo Padre può cambiare il mondo. “I Comandamenti verdi”, così hanno soprannominato le parole del Santo Padre. Ritengo straordinario, infatti, il lavoro del Pontefice che con semplicità, carità, umiltà (qualità che appartengono a personalità speciali come Papa Francesco) ha voluto ricordare all’umanità che avere rispetto per il mondo equivale ad avere rispetto per il prossimo e verso se stessi. Ho avvertito la necessità di impegnarmi ad affrontare anche un tema così delicato quale l’ambiente perché sono consapevole di come un atteggiamento sbagliato e prolungato nel tempo da parte degli uomini verso il pianeta terra possa compromettere per sempre il nostro futuro. L’uomo è al centro dell’ambiente e deve fruire delle risorse dell’ambiente stesso, rispettandone gli equilibri e cercando di minimizzare l’impatto che le tecnologie possono avere. Tecnologie che se da un parte possono rappresentare, per il livello raggiunto, elemento di negatività, in relazione agli impatti ad esse associati, dall’altra possono anche rappresentare un formidabile strumento per concorrere alla salvaguardia ambientale. Quanto detto si concretizza nello sviluppo di azioni in grado di 258 far diventare uno scarto una risorsa, traghettando il concetto di “materia prima” (quelle messe a disposizione dal creato) a quello di “materia prima-seconda” (quelle che la fede e l’intelligenza dell’uomo ricava a partire dai rifiuti). Un esempio concreto legato all’applicazione di tale concetto è rappresentato dal progetto nato dal lavoro di alcuni professionisti che hanno a cuore il benessere della nostra Terra e che insieme hanno deciso di fondare una società. “L’ America Latina Ambiente”, è questo il nome della società, ha come principale obiettivo quello di sviluppare una tecnica di trattamento integrato dei rifiuti finalizzato al loro completo recupero sia in termini fisici che energetici. Tale approccio si sposa pienamente con le parole di Papa Francesco, parole che spianeranno la strada, dissiperanno ogni dubbio, saranno come la manna per iniziare a vivere rispettando la natura e la nostra Madre Terra. In quanto politico avverto ancora di più la responsabilità di agire e di spendere tutte le mie energie affinché i Governi del mondo, ed in particolare i Governi Occidentali e maggiormente industrializzati, invertano la rotta, facendo proprio il messaggio del Pontefice e contribuendo a far sì che il messaggio del Papa si trasformi in fatti concreti e reali. 259 Nota conclusiva del Prof. Gustavo Velis Il testo del Sen. Scilipoti Isgrò mira a promuovere lo sviluppo e l’educazione integrale, cercando di rendere i cittadini più consapevoli, responsabili e attenti alle esigenze e ai bisogni del mondo tenendo conto il Paradigma del Terzo Millennio. Il testo sarà fondamentale per tutti quei giovani che hanno a cuore le istanze ecologiche. Non posso non citare le parole del nostro Papa Francesco:”Infine, desidero menzionare un’altra ferita alla pace, che sorge dall’avido sfruttamento delle risorse ambientali. Anche se “la natura è a nostra disposizione” (Messaggio per la XLVII Giornata Mondiale del la Pace, 8 dicembre 2013, 9). Consapevolezza e rispetto per il nostro pianeta e per noi stessi. Il libro è una corretta analisi della attuale situazione del Patrimonio Ambientale e tutte le relative problematiche ad esso connesse (inquinamento, cattiva alimentazione...), tematiche che a volte vengono sottovalutate o semplicemente poco analizzate. Il senatore Scilipoti Isgrò, con il suo lavoro, punta a sensibilizzare soprattutto le nuove generazioni e scuoterle da quell’ apatia che li scollega da qualsiasi avvenimento di portata più o meno rilevante. Questo testo sarà uno strumento in grado di aiutare a conoscere la complessità dell’ambiente dovuta all’interattività dei suoi aspetti biologici, fisici, sociali, economici e culturali. In Argentina il testo sarà presentato l’anno prossimo in occasione dell’inaugurazione dell’Anno accademico 2015 nella programmazione Provinciale “Guardianes Ambientales” e sarà destinato ad un pubblico di giovani studenti di tutte le Scuole della Provincia di Buenos Aires. Questo progetto nasce dalla volontà del Deputato Rodolfo Manino Iriart della Camera dei Deputati della Provincia di Buenos Aires proprio per l’interesse suscitato nell’ambito accademico dell’OPDS (Organismo Provincial para el Desarrollo Sostenible), della Direccion General de Cultura y Educacion y la Jefatura de Ministros de la Provincia de Buenos Aires. Prof. Gustavo Velis Docente e Ricercatore della Facoltà di Scienza Naturali presso l’Università Nazionale di Mar Del Plata - Argentina Coordinatore provinciale del Programma “I Guraduiani dell’Ambiente” 260 Post-prefazione della D.ssa Carla Martins e del Dott. Leo Da Silva Alves Le varie problematiche inerenti l’ambiente, nonché le differenti pos sibili soluzioni ed interazioni in materia, sono identificabili anche in alcuni stralci, di seguito riportati, di un testo in lingua portoghese in tema di protezione ambientale armonizzata con il concetto di sviluppo sostenibile. I successivi interventi sono opera della D.ssa Carla Martins Consulente Giuridico Ambientale e del Dott. Leo Da Silva Alves insigne giurista ed avvocato brasiliano, autore di oltre 40 libri e consulente di molte pubbliche amministrazioni brasiliane. Posfácio de juristas Brasileiros Meio ambiente: implicações na vida moderna A obra do senador da República Italiana Domenico Scilipoti visa de monstrar a importância da interaçâo do meio ambiente com o ser hu mano, representado ñas suas diversas esferas. Contempla urna gama de problemáticas e respectivas soluções para atingir urna qualidade ambiental e consequentemente a segurança da vida. Membro de várias comissöes internacionais, parlamentar italiano reconhecido e médico com projeçâo no mundo, o autor é especialmente familiarizado com a necessidade da proteçâo ambiental que reflete diretamente no que se espera de melhor para o futuro da humanidade. Säo implicações como saúde, alimentaçâo, ques-töes sanitárias, resíduos urbanos, gestäo de informacäo governmental e prevençâo- temas, enfim, de domínio do autor, que realiza parcerias com inúmeros países em projetos e programas voltados à proteçâo ambiental e ao resguardo dos direitos fundamentáis. Aproveitando ciclo de conferências no Brasil, tem-se o lança-mento dessa obra, publicada acertadamente na originalidade da língua italiana. E aproveita-se o espaço para singulares anotações sobre a dimensäo do meio ambiente, que, como sinaliza Domenico Scilipoti, merece urna visäo global. Sob este 261 prisma, é interessante apontar que o meio ambiente não se resume à preservaçâo das florestas ou à manipulaçâo adequada de detritos. A matèria comporta no mínimo très visöes que se devem harmonizar sob o con-ceito de desenvolvimento sustentável: a dimensäo humana, a ecológica e outra econômica. É composto por todas as condiçôes naturais ou artificiáis que regem as mais diversas formas de vida, ou seja, é a interaçâo do conjunto natural, artificial, cultural e mental necessário ao desenvolvimento equilibrado da vida humana. O meio ambiente na natureza é o solo, a água, o ar, a flora, a fauna e o ser humano. Pode-se dizer que é representado pelos seres vivos e seu habitat. O meio ambiente artificial é o espaço urbano construído, somando o conjunto de edificações (espaço urbano aberto ou fechado). Liga-se ao conceito de território. Vin-cula-se a todos os espaços habitáveis. Diz-se que é artificial porque resulta da criação humana. Compõe-se, ainda, do meio tecnológico, que inevitavelmente ao longo dos anos alterou as condições de vida da espécie humana, modificou as formas de pensar e subs-tituiu hábitos; unificou povos, possibilitou a observação planetária, que era impossível aos olhos do homem. O meio ambiente cultural compreende todos os patrimônios: histórico, artístico, arqueológico, turístico e paisagístico. Traz a propagação de conhecimentos e comportamentos de muitas gerações. Há que se considerar na modernidade o meio ambiente do trabalho, que, embora também artificial, recebe tratamento distinto. A Constituição da República do Brasil o menciona no art. 200, VIII. Isto porque a qualidade de vida do trabalhador está intimamente ligada à qualidade do ambiente de trabalho; e a proteção e segurança deste ambiente significa proteção à saúde dos trabalhadores diretos e das populações externas aos estabeleci-mentos industriais. O meio ambiente espacial, por sua vez, é uma concepção nova para um século que avança sob o signo da tecnologia. Certamente constitui um meio ainda de difícil definição, vez que não se pode definir como certo algo sobre o qual o homem não detém pleno conhecimento. O Universo, ou seja, o meio ambiente espacial é composto por inúmeros planetas, berços de estrelas, lua, sol, entre outras mara-vilhas naturais que embora sejam ou não de domínio e acesso de todos, integram o meio ambiente extraterrestre, ou meio ambiente espacial, ou espaço exterior, ou simplesmente espaço. Todavia, 262 este cenário sideral, é um meio que sem dúvida, deve ser respeitado para que, com a devida cautela, possa ser alvo de pesquisa e apro-veitamento racional, ao invés de uma inconsequente exploração. Vale destacar que o meio ambiente espacial encontra-se atual-mente quase que intacto das ações humanas. Mas isso exige aten-ção dos pesquisadores de hoje, que não podem enveredar de forma desenfreada na ânsia de, a qualquer custo, decifrar mistérios. Pode-se frisar que o meio ambiente espacial ostenta em suas formas as mais diversas belezas e atributos naturais, que encantam a todos. São energias que influenciam de forma direta na vida das pessoas; por certo tem respostas que precisam ser alcançadas no âmbito da ciência. Quem sabe nisso esteja o maior de todos os segredos: a origem do Universo e da vida. Todavia, o ser humano deve ter a consciência que faz parte indispensável desse meio ambiente, e que dele precisa para a sua própria sobrevivência. Nessa linha, é preciso pensar o fenômeno ambiental na sua amplitude, mas com a análise de cada estágio que o integra. É a sabedoria holística, com a sua riqueza, muito bem operada na obra referencial do senador siciliano e cidadão do mundo, Domenico Scilipoti. Carla Fabiana Melo Martins graduada em Direito pela Universidade Paulista, mestranda em Direito Ambiental (especialização em recursos naturais e descontaminação de solo) Terrestre/Espacial pela Universidade Miguel de Cervantes e pós-graduada em Gestão Ambiental e Psicopedagogia. Presidente da Comissão Ítalo-Brasileira para Desenvolvimento Jurídico Ambiental/Espacial. Diretora Jurídica na Flama Florestal e Ambiental. Conferencista em temas relacionados ao Direito Ambiental Espacial. Membro da Rede Internacional de Advocacia de Excelência, associação de juristas da América do Sul, Europa e África; e membro da SBDA - Associação Brasileira de Direito Aeronáutico e Espacial. Autora do Livro Meio Ambiente Espacial - com enfoque jurídico (publicado em 2011 - Brasil), e coautora na coletânea Juristas do Mundo (publicada em 2014 – Roma). 263 Posfácio de juristas Brasileiros Pontos de risco e compromisso ético O livro é inquietante, como irriquieto é o espírito do autor. Domenico Scilipoti tem movimentos ágeis, circulando no ambiente das ciências exatas e das humanidades; erguendo tribunas, seja no meio acadêmico, seja na efervescência da política italiana. Ocupa todos os espaços na ardorosa pregação pela qualidade de vida. O texto contundente que se afigura é produto da visão holística acerca do meio ambiente. O termo holismo origina-se do grego holos, que significa todo. No século VI antes de Cristo, o filósofo Heráclito de Éfeso dizia: “A parte é diferente do todo, mas também é o mesmo que o todo. A essência é o todo e a parte”. Nessa con-cepção, o autor aborda vários componentes de alta prejudiciali-dade à saúde e à vida e, a partir deles, mostra o conjunto a ser preservado para as futuras gerações. De pronto, o livro traz a inquietação com os riscos que se apre-sentam a comprometer a saúde humana. Não é sem razão, uma vez que as exigências cada vez mais complexas da sociedade moderna aceleram o uso dos recursos naturais, resultando em danos que colocam em perigo a sobrevivência da humanidade. Meio ambiente e saúde Ao tratar dos reflexos à vida humana, Scilipoti não se refere apenas à saúde como ausência de doenças, mas sim ao completo bem-estar físico, mental e social dos indivíduos. Neste particular, é oportuna a remissão ao art. 3º da Lei brasileira nº 8.080/90, onde se consigna que “a saúde tem como fatores determinantes e condicionantes, en-tre outros, a alimentação, a moradia, o sanea-mento básico, o meio ambiente, o trabalho, a renda, a educação, o transporte, o lazer e o acesso aos bens e serviços essenciais”. O jornal “A Folha de S. Paulo” noticiou em outubro de 2004, que as enormes quantidades de substâncias químicas encontradas no ar, na água, nos alimentos e nos produtos utilizados rotineira-mente estão diretamente relacionadas com uma maior incidência de câncer, de distúrbios neurocomportamentais, de depressão e de perda de memória, como menciona Paulo Roberto Cunha em interessante publicação de 2005.9 Na mesma linha, o Instituto Nacional do Câncer dos EUA, aponta que dois terços dos casos de câncer daquele país têm causas ambientais.10 De acordo com pesquisa do Laboratório de Poluição Atmosférica Expe- 264 rimental da Faculdade de Medicina da cidade de São Paulo, estima-se que cerca de 10% das mortes de idosos, 7% da mortalidade infantil e de 15% a 20% das internações de crianças por doenças respiratórias tenham relação com a poluição na atmosfera. O mesmo estudo mostra que os moradores dessa capital, uma das maiores do mundo, vivem em média um ano e meio a menos que as pessoas em cidades com o ar mais limpo. O conjunto das preocupações Os governantes devem ter consciência de que a casa, as ruas, o trabalho, as cidades - enfim, tudo o que cerca as pessoas nos seus cotidianos - também fazem parte do meio ambiente a ser preservado. Cobra-se modernamente um olhar de preocupação com a poluição sonora e visual, o trânsito e a mobilidade urbana, assim como em relação ao saneamento básico, as relações pes-soais, o ar, a água e tudo o mais que possa assumir condição degradante e comprometer a qualidade global do ambiente em que se vive. Enquanto são tímidas as iniciativas oficiais, a comunidade acadêmica e a sociedade devem sair em busca da reversão da tragédia anunciada, passando a cobrar das administrações públicas a mudança de atitude. Há que se estabelecer novos parâmetros de existência, forçando debates políticos e ações de maior fôlego. Degradação urbana Domenico Scilipoti registra no seu trabalho que são três as causas da degradação ambiental urbana: o aumento populacional, 0 crescimento desenfreado das cidades e a utilização de tecnologias pouco compatíveis com o meio ambiente. Com efeito, o crescimento populacional tornou-se a maior problemática para o meio ambiente nas cidades de médio e grande portes. Estatística de despejo de resíduos sólidos pelos brasileiros revela uma situação que preocupa ambientalistas: uma média de 1 a 1,5 kg por dia. Considerando o último Censo do Instituto Brasileiro de Geografia e Estatística (IBGE), Manaus, por exemplo, tem cerca de 1,8 milhão de moradores. O resultado é uma produção mínima de 1,8 milhão kg de resíduos diários, segundo dadosdo Instituto Brasileiro de Defesa da Natureza (IBDN). Em 1500, ano da Descoberta do Brasil, a população de não-índios era zero. Já em 1970, o país alcançou 90 milhões e, em 2010, este número dobrou. A consequência é a poluição do solo, das águas dos igarapés e rios e a precariedade na saúde pública. A falta de saneamento 265 básico agrava a poluição dos lençóis freáticos causada pelo descarte inadequado do lixo. O resultado desse quadro é o índice de 70% dos leitos de hospitais ocupados em todo o país. O fenômeno tem a dimensão do mundo. A população humana cresce a taxas aceleradas desde o início da Revolução Industrial e, de forma mais acentuada, a partir dos anos 1950. Ao fim da Segunda Guerra Mundial, a humanidade era composta por menos de 2,5 bilhões de pessoas; em 50 anos o número saltou para 6 bi-lhões e na segunda década dos anos 2000 supera 7 bilhões de indivíduos. Todas as previsões apontam para aumento demográfico global contínuo. A Organização das Nações Unidas sinaliza para uma população de superior a 8 bilhões de pessoas para 2025. Mas o alarme não para aqui: outro estudo do Fundo das Nações Unidas para População demonstra que, se a taxa média de fe-cundidade (número de filhos por mulher) dos países continua em índice constante com os valores de 1995-2000, a população mundial poderá atingir 244 bilhões no ano 2150 e inimagináveis 134 trilhões em 2300. Obviamente que essa evolução, mesmo a curto prazo, é desastrosa do ponto de vista da qualidade de vida, porquanto a degrada-ção ambiental está diretamente relacionada ao fator demográfico. Carlos Gabaglia Penna, professor de Engenharia Ambiental da PUC/ RJ, explica que “mesmo as pessoas extremamente pobres uti-lizam mais recursos do planeta do que qualquer outra espécie animal. Se não for um sem-teto, terá um barraco de madeira com te-lhado de zinco ou de telhas plásticas, além de móveis toscos. Muitos terão luz elétrica, ainda que informalmente, e aparelhos eletrôni-cos. Essas pessoas–inclusive os sem-teto- bterão água do sistema público de abastecimento, ou em algum córrego ou nascente, ves-tirão roupas, possuirão uma infinidade de objetos pessoais e, obviamente, alimentarse-ão, como qualquer ser vivo”. Falta de planejamento urbano É certo que o desenvolvimento e o crescimento dos centros urbanos não ocorrem de maneira planejada, ocasionando vários transtornos para quem os habita. O déficit habitacional em países do Terceiro Mundo e mesmo em países em desenvolvimento, como o Brasil, faz com que milhões de pessoas habitem precariamente; e, assim, as cidades crescem em absoluta desordem. Um dos impactos mais visíveis está na poluição 266 de rios e córregos, para onde são destinadas a grande quantidade de lixo e esgoto, como decorrência dos seguintes fatores: ignorância ou irrespon-sabilidade das pessoas, falta de coleta de lixo pelo serviço público e ausência de tratamento de dejetos. Neste contexto, de ausência de planejamento do Estado, tem-se o crescente aumento da temperatura em determinadas partes de uma cidade, na qual a região com grande concentração predial, asfalto, vidros e concreto apresenta a uma variação a maior de até 11 “Limite da população e meio ambiente” 10° C no mesmo dia a se comparar com espaços contornados por áreas verdes. O desmatamento em áreas urbanas, no entanto, resultado da especulação imobiliária, torna o problema crescente a cada ano. Considere-se, ainda, a chamada inversão térmica, que acontece quando a poluição do ar impede a troca normal de temperatura do ar na superfície. O ar frio e pesado (por causa das partículas da poluição) fica em baixo e o ar quente e mais leve fica em cima. Os indivíduos, por consequência, resultam expostos às condições mais prejudiciais. Outras situações de risco podem ser relacionadas à perda da qualidade de vida, ao comprometimento direto das condições de saúde das populações urbanas e à degradação do ambiente: •Poluição visual e sonora - As excessivas propagandas e obarulho alto dos grandes centros podem causar transtornos psicológicos auditivos. A poluição sonora tem vários fatores desencadeantes que fazem parte dos fluxos urbanos. O barulho é emitido principalmente por veículos automotores (caminhão, ônibus, carros e motos), pela construção civil, na qual os trabalhadores produzem sons o tempo todo, e por vendedores ambulantes. Esse conjunto de emissores de ruídos funcionando simultaneamente alcança elevados índices, apesar de as pessoas muitas vezes não perceberem, devido ao convívio diário com o barulho. A poluição visual não causa doenças, porém esteticamente é ruim para a cidade. É resultado da imensa quantidade de anúncios publicitários que quase sempre são extravagantes. Ocasionalmente, esses anúncios tendem a apresentar preconceito em relação às mulheres e às minorias. Além disso, as propagandas ostentam carros importados, imóveis de luxo e roupas de grife -produtos ina-cessíveis à grande parte da população, o que, intrinsicamente, causa abalo na autoestima, frustração pessoal e, em outro extremo, pode ser mote para desencadear pretensões criminosas. 267 •Endientes e desmoronamento -As chuvas nas cidades podem causar enchentes e desmoronamentos, destruindo edificações e matando pessoas, em razão da ocupação imprópria, poi as águas das intempéries não têm para onde escoar. Enchentes e deslizamentos de terra atingiram o estado do Rio de Janeiro no começo de 2011. Os municípios mais afetados foram Nova Friburgo, Teresópolis, Petrópolis, Sumidouro, São José do Vale do Rio Preto, Bom Jardim e Areal. Os serviços governamentais contabilizaram 916 mortes e cerca de 350 desaparecidos. A tragédia foi considerada como o maior desastre climático da história do país, superando os 463 mortos do temporal que atingiu o município paulista de Caraguatatuba, em 1967. (No entanto, segundo outras fontes, a maior tragédia natural da história do Brasil ainda é a grande inundação ocorrida na Serra das Araras, em janeiro de 1967, que, entre mortos e desaparecidos, fez aproximadamente 1700 vítimas, segundo fontes da época.) •Erosäo -Causada pelo uso irregular de áreas que deveriam ser de efetiva preservação ambiental, como encostas, margens de rios, além do excesso de peso das edificações. No início do ano de 2014, 322 pessoas de várias famílias ficaram ao desabrigo no município de Abaetetuba, nordeste paraense, de-pois de terem as suas casas atingidas por uma erosão que destruiu pelo menos 50 construções. Três meses depois, desastre similar atingiu o município de Aparecida de Goiânia, no estado de Goiás, no centro do país. No mês seguinte, foi a vez da Praia do Leste de Iguape, Litoral Sul do estado de São Paulo, que literalmente de-sapareceu do mapa. O estado de São Paulo, a propósito, está bastante comprometido: 183 municípios vivem sob ameaça. Na Região Metropolitana da capital, o aumento das favelas, a falta de planejamento e a construção de lotea mentos de alto nível com grande movimenta-ção de terra são os maiores agravantes. Na região oeste do estado a situação é mais crítica: o solo arenoso é facilmente levado pelas águas das chuvas. •Chuva ácida - Consequência da poluição do ar, em queos gases po luentes reagem com a água da umidade do ar, ocasionando chuvas com presença de componentes ácidos e prejudi cando plantas, edificações, automóveis e o ser humano. Chuvas ácidas estão mais presentes nos estados de São Paulo e Rio de Janeiro, e em áreas próximas a usinas termoelétricas, afe-tando principalmente a Mata Atlântica. A usina termoelétrica 268 de Candiota, em Bagé, no Rio Grande do Sul, provoca a formação de chuvas ácidas no Uruguai. Além desses locais, a Zona Franca de Manaus também é uma área que merece atenção. Cidades com um alto número de automóveis, o que é uma regra no Brasil, também estão propensas ao fenômeno. O número de carros não para de crescer. Com o aumento da frota, o país já tem um automóvel para cada 4,4 habitantes. São 45,4 milhões de veículos registrados até meados de 2014. Há dez anos, a proporção era de 7,4 habitantes por carro. A poluição sonora, térmica, atmosférica, por elementos radio-ativos, por substâncias não biodegradáveis, por derramamento de petróleo e seus derivados são, portanto, exemplos de fatores que expõem a perigo a saúde física e mental das populações urbanas. Registrem-se nesse sentido os problemas neuropsíquicos e de surdez, as alterações drásticas nas taxas de natalidade e mor-talidade, morte por asfixia, mutações genéticas, necrose de tecidos e propagação de doenças infecciosas. Amianto: Brasil, um dos cinco maiores produtores do mundo Existem dois tipos de amianto: as serpentinas-crisotila ou amianto branco-e os anfibólios. Ambos têm propriedades se-melhantes, porém são diferentes tanto nas aplicações como no grau de riscos oferecidos à saúde. Os anfibólios são proibidos no mundo há duas décadas. Já o crisotila ainda é utilizado no Brasil e em outros países, de acordo com apontamento da revista Meio Ambiente Industrial12. O principal setor de destino das fibras de amianto é a indústria de artefatos de fibrocimento, como telhas e caixas d’água. Nonosso país, essa indústria responde por 98,21% do consumo interno de fibras de amianto. O restante destina-se à fabricação de materiais de fricção, tecidos especiais e produtos de vedação cloro-soda, papéis e papelões. Atualmente, o Brasil está entre os cinco maiores produtores de amianto do mundo, sendo considerado, também, um grande consumidor. A OMS - Organização Mundial da Saúde, todavia, aponta que o in sumo é a principal causa de várias doenças. Entre elas: Asbestose - As fibras do mineral alojam-se nos alvéolos (pulmão) e comprometem a capacidade respiratória. É crônica, progressiva e para ela não existe tratamento. Câncer de pulmäo - A exposição ao amianto aumenta até dez vezes o 269 risco da doença. É um tipo agressivo de tumor, que costuma se espalhar para os rins, os ossos e o cérebro. Mesotelioma - Câncer da membrana que envolve os pul-mões (pleu ra). Só é causado pelo amianto. O paciente sente falta de ar e dor aguda no peito. O tratamento é o mesmo do câncer de pulmão, mas a cura é mais difícil. A sobrevida, após o diagnóstico, é de apenas dois anos. Placas pleurais - Surgem na pleura e são benignas. Não há sintomas nem tratamento. O doente corre três vezes mais risco de sofrer de asbestose e dez vezes mais de ter mesotelioma. Atualmente o amianto é proibido em algumas unidades da Fe-deração no Brasil: Mato Grosso do Sul, Minas Gerais, São Paulo, Rio de Janeiro, Rio Grande do Sul e Pernambuco foram os pioneiros. Entretanto, a proibição ou eventuais restrições são resultantes de verdadeiras guerras com a indústria. Representantes do setor sus-tentam que na mesma lista em que a OMS relaciona o amianto como material carcinogênico, está, também, a pílula anticoncepcional. Em entrevista à revista Carta Capital, em 2012, a fundadora da Associação Brasileira dos Expostos ao Amianto (Abrea) disse que a entidade é processada ao longo dos anos: “É uma inversão dos valores. Aqui, os julgados são as pessoas que defendem o ba-nimento”. Em contrapartida, a Justiça italiana condenou dois empresários do setor a 16 anos de prisão por exporem funcionários e pessoas comuns ao amianto, provocando a morte de 2 mil vitimas. Plásticos e lixo urbano Os materiais conhecidos como “plásticos” são artefatos fabricados a partir de resinas sintéticas produzidas com matérias-primas de origem natural, como o petróleo, o gás natural, o carvão ou o sal comum. Especialistas do setor de marketing afirmam que o sucesso dos plásticos deve-se ao apelo visual, independente-mente do produto a ser vendido, porque estes materiais por si só imprimem a ideia de qualidade. O problema, entretanto, reside no descarte. Quando dispensados pe los consumidores ou pela própria indústria, por não mais apresentarem valor de uso ou interesse para aproveitamento, os materiais plásticos são denominados “resíduo” ou “lixo”. A cidade de São Paulo gera cerca de 15 mil toneladas/dia de resíduos sólidos, dos quais possivelmente mais de 700 toneladas são constituídas por embalagens plásticas descartáveis. 270 Até o momento, a forma encontrada para lidar com o problema de descarte é a de transformar o lixo plástico em material reci-clado, reintegrando-o ao processo produtivo. Entretanto, no Brasil ainda são tímidas as políticas nesse sentido; e continuam utilizados, de forma generalizada, os lixões a céu aberto, uma forma de disposição final inadequada e que pode causar danos ao meio ambiente e problemas de saúde pública. A simples presença de catadores, em contado direto com substâncias agressivas e pu-trefatas presentes no lixo em geral, é uma afronta à saúde e à dig-nidade das pessoas. PVC Nos últimos quarenta anos, a resina plástica-polivinil cloreto-(PVC) transformou-se no material de construção civil mais em-pregado. A produção global de PVC, também conhecido nos USA como vinyl, atinge atualmente um total de mais de 30 milhões de toneladas/ano. A fabricação, a utilização e a disposição de PVC apresentam perigos substanciais e únicos tanto à saúde humana como ambiental. Nenhum outro plástico oferece tantos perigos em toda a sua cadeia, seja na fabricação ou na utilização e disposição final, pois é o único material de construção civil que é orga-noclorado (classe de produtos sintéticos onde estão as dioxinas). Os perigos colocados pela dioxina, pelos ftalatos, metais pesa-dos, cloretos vinílicos e etileno dicloreto são, portanto, intrínsecos ao PVC. Ao mesmo tempo contém cloro e exige plastificantes ou estabilizantes. Por esta razão, os materiais de construção feitos com essa resina representam um significativo risco à saúde ambiental e banilos em favor de alternativas mais seguras deveria ser uma alta prioridade. Ainda assim, os riscos iminentes são sub-jugados na campanha publicitária de fabricantes que “vendem” o produto como ecologica-mente sustentável e sem exposição à saúde humana. Como em toda guerra, a primeira vítima é a verdade. Conclusäo A pregação do senador Domenico Scilipoti tem a dimensão das necessidades do mundo moderno, que precisa ser alertado sobre a quantidade extraordinária de situações de risco. Os seus relatos, feitos a partir dos referenciais da Europa, são preciosos para a aferição de medidas a serem projetadas em todos os continentes. Esta geração, com efeito, tanto precisa preservar-se, quanto tem um compromisso ético com o porvir. Assim, para que seja viável garantir um futuro digno ao planeta e, consequente- 271 mente, às populações vindouras, sociedade, academia e governantes devem repensar a forma de relação com o mundo. Léo da Silva Alves Jurista brasileiro, autor de mais de 40 livros. Conferencista internacional com trabalhos na América do Sul, Europa e África. Presta consultoria às principais estruturas da administra-ção pública do Brasil, da Presidência da República e Congresso Nacional ao Poder Judiciário e Tribunais de Contas de Estados e Municípios. Presidiu grandes eventos jurídicos internacionais, como o 13º Congresso Mundial de Criminologia, com 2.500 participantes de 51 países. Foi diretor cientifico no Brasil da Sociedade Internacional de Criminologia, órgão consultivo da ONU com sede em Paris; e foi coordenador de Encontros Internacionais de Juristas realizados em várias partes do mundo. Laureado com Diploma de Mérito pela Internacional Police Asso-ciacion e distinguido com o prêmio “Master In Educational Quality Administration” – certificado honorífico internacional emitido pela Latin American Quality Awards, com sede no Panamá. 272 Fonti Bibliografiche • “Una società senza valori può sopravvivere?” di Luciano Verdoné, Paoline Editoriale Libri, 2012; • “Emergenza cibo: dalla natura ai consumatori”; Enrico Lucconi, confronti intese n. 281, consumatori oggi , 2012; • “Rifiuti e bonifica dei siti inquinati: normativa nazionale e comunitaria, giurisprudenza e circolari”, Paolo Costantino, Irene Concetta, edizione Dei, 2011; • “Sicurezza e manutenzione dell’Ambiente”, Silvio Michele, Ladiana Daniela, edizione Alinea, 2008; • “Resistere all’Inquinamento”, Speciani A., Tecniche Nuove, 2001; • “L’inquinamento atmosferico -origine, prevenzione, controllo Quaderni di Tecniche di Protezione ambientale”. Paolo Mazzali, Pitagora Editrice Bologna, 1989; • “Inquinamento atmosferico e cicli ambientali”, Zonta Fabio, Masotti Paola, Edizioni UNlservice, 2000; • “Lotta all’inquinamento dello spazio”, Gabriella Catalano Sgrosso 2012; • “I Creativi Culturali. Persone nuove e nuove idee per un mondo migliore”, Enrico Cheli e Nitamo Montecucco, Xenia edizioni 2009; • Asbeto-Amianto, ieri, oggi e domani, Giancarlo Ugazio, Aracne Editrice 2012; “Moneta al Popolo”, Domenico Scilipoti e Caludio Moffa, Edizioni Aurora Boreale, 2012; • L’Ambiente nel Mondo Antico, Lukam Thommen, Edizoni Il Mulino, 2014 • “La Crisi finanziaria e la battaglia di un Senatore della Repubblica”, Domenico Scilipoti Isgrò, Editore Graus, 2014; • “Il Mondo dei quanti. La fisica quantistica per tutti” , Kenneth W. Ford Editore Bollati Boringhieri, Torino, 2014 ; • “O capital no seculo XXI”, Thomas Piketty Editor Intrìseca LTDA, Rio De Janeiro, 2014; • “Il Tao della liberazione”, Leonardo Boff e Mark Hataway, Campo DÈ Fiori Editore, Roma 2014; • “Terra vivente. Scienza, intuizione e gaia”, Aboca Edizioni, Perugia 2008; 273 • “A Linguagem De Deus”, Francis Collins , Editore Gente, San Paolo 2007; • “La dieta del digiuno”, Umberto Veronesi, Oscar Mondadori, 2013; • “Domare gli Dei”, Ian Buruma, Edizione La Terza, 2011; • “La rete della vita”, Fritjof Capra, Edizioni Bur, 2008. 274 Siti web consultati • www.prevenzioneonline.net • e-book Marina Mariani, Stefania Testa “Gli additivi alimentari: indagini su conservanti, edulcoranti, coloranti, addensanti e aromatizzanti”, ed. Macrolibrarsi • L’Altra Informazione “Filosofia e Logos” • Persone che possono , Susanna Ciacci, “Benessere psico-fisico-globale • “WWF Italia: Soluzioni urbane per un pianeta vivente -Report WWF 2011” • Commissione Europea “Il settore spaziale al servizio dei cittadini” • Esa, European Space Agency • Confronti intese n.281, Consumatori Oggi, Emergenza cibo dalla natura al consumatore”, Enrico Lucconi • www.nonsoloamianto.com/effetti-salue-eternit “Effetto Amianto-Salute” • wikipedia-riciclaggio • www.medicine-multitherapy.com • www.senato.it • www.camera.it • www.oeco.org.br • WWF Italia: Soluzioni urbane per un pianeta vivente - Report WWF 2011 275 RINGRAZIAMENTI È stato possibile scrivere questo libro grazie alla preziosa collabora zione di molte persone ed amici. Con molti di loro ho intrapreso bat taglie per riuscire a raggiungere quella svolta decisiva diverse volte citata nel mio libro, ma con tutti ho condiviso, e continuo a condividere, la speranza di poter credere in un mondo migliore. Grazie a tutti Voi: Paride Martella, Angela Violi, Mariella Messina, Antonio Pulcini, Vincenzo Malacrinò, Giancarlo Ugazio, Lucido Di Gregorio, Dina La Varvera, Antonio Scimeni, Laura Verri, Carla Martins, Leo Da Silvia Alves, Prof. Gustavo Velis, Silvia Pispico, Federica Mattei, Gabriele Scilipoti Isgrò, Rossana Mercurio, Noemi Orsolini, Maurizio Papa. 276 Scritti di Domenico Scilipoti Isgrò • Moxabustao: Aplicacoes em Terapia Medica, Alvorecer Editorial LTDA, Tubate, San Paulo, 1994, Brasile (portoghese) • Moxibustione: Applicazione della Moxibustione in Terapia Medica Pandora Edizioni, Catania, 1994, Italia (italiano) • Moxabustao: I° II° III° Edizione Icone Editoria, 1994/99/04, San Paulo, Brasile (portoghese) • Guida alla Terapia Orientale: Moxabustao-Digitopuntura-Acupuntura, 1998, Icone Editoria, San Paulo, Brasile (portoghese) • Guida alla Terapia Orientale, La Luna Nera Editore, 1998, Catania, Italia (italiano) • Multiterapia Biologica (MDB) Na prevencao e no tratamento do cancer, Biomed, D.U.D.U. • Farmacia Editoria, 1999 Rio De Janeiro, Brasile, (portoghese) • Il nostro futuro. Le Medicine del terzo Millennio. SPES Edizioni, 2002 Milazzo, Italia, (italiano) • Terapia Integrada, Acupuntura-Moxabustao e Multuterapia Biologica, Icone Editora, 2003 San Paulo, Brasile, (portoghese) • Agopuntura Ryodoraku, SPES Edizioni, 2005 Milazzo, Italia, (italiano) • Filosofia e Acupuntura Rydoraku, Roca Editora, 2006 San Paolo, Brasile, (portoghese) • Filosofia-Scienza e Acupuntura Rydoraku, SPES Edizioni, 2007 Milazzo, Italia (italiano) • Il Re dei peones, Editore Falzea, 2011, Reggio Calabria, Italia (italiano) • La Moneta al Popolo, Editore Aurora Boreale, 2012, Italia (italiano) • Le crisi finanziarie e la battaglia di un Senatore della Repubblica, di Domenico Scilipoti Isgrò, • Editore Graus, 2014, Napoli, Italia (italiano) • Ambiente, alimentaciòn y calidad de vita. Crisis y cambios de hàbito. El paradigma del Tercer Milenio. Una visiòn holìstica, Editorial Martin, 2015, Mar Del Plata, Argentina (spagnolo) • Multiterapia Biologica e Medicina Energetica - Prevenzione e Terapia delle malattie organiche, Editore Laruffa, 2016 Reggio Calabria, Italia (italiano). 277 Indice Prefazione9 Introduzione11 Presentazione13 Nota introduttiva 19 Il concetto di ambiente e la sua evoluzione nei tempi 23 Capitolo 1 Inquinamento: tipologie, sorgenti e proposte per operare una sua riduzione 1.1 Cos’è l’inquinamento ambientale 1.2 Inquinamento: rischi e precauzioni per la salute umana 1.3 L’inquinamento ambientale: aumento delle malattie respiratorie, smaltimento dei rifiuti e relative conseguenze 1.4 L’acqua: bene prezioso che va tutelato 1.5 Procedimento di potabilizzazione dell’acqua 1.6 Il dissesto idrogeologico 1.7 Amianto: nemico della salute 1.8 L’amianto a partire dalle origini 1.9 ASBESTO-AMIANTO: ieri, oggi e domani 1.10 Effetti nocivi della combustione del carbone: fermare le centrali a carbone 1.11 No alla centrale a carbone per la salute e la difesa del territorio 1.12 No alle centrali nucleari di II e III generazione. No alle armi nucleari 1.13 Un nuovo modo di produrre energia 1.14 La tutela penale dell’ambiente 1.15 Cambiamento climatico 25 25 27 32 44 51 56 60 61 63 86 87 96 99 105 110 Capitolo 2 Inquinamento alimentare. Additivi, contenitori di plastica, sostanze tossiche e cibi 2.1 Additivi 2.2 Contenitori di plastica ed effetti “indesiderati” 2.3 La tutela dei consumatori 2.4 Ftalati 2.5 Il PVC 2.6 Cibo ed etica alimentare 2.7 Cibo e nutrizione 2.8 I cibi che inquinano per l’emissione di gas serra 2.9 Allarme OGM Capitolo 3 Condizionamenti sociali, economici, ambientali e alimentari. Deriva dell’essere umano 3.1 Come la società modifica e condiziona la nostra salute fisica, spirituale e mentale 115 115 124 129 137 141 149 156 163 164 177 178 Capitolo 4 L’Ambiente spaziale bene comune 191 4.1. Trasporti e viabilità 192 4.2. Maggiore qualità degli alimenti e maggiore sicurezza alimentare 192 4.3. Migliorare la nostra rete di comunicazioni 193 4.4. Ambiente spaziale, fonte di ricchezza e sviluppo 193 4.5. Maggiore sicurezza interna 193 4.6 Inquinamento dello spazio e strumenti giuridici esistenti per la difesa dello spazio extra-atmosferico 201 4.7 Rifiuti spaziali 205 Capitolo 5 La visione olistica come prospettiva di un mondo migliore 5.1 La visione Olistica e l’ecologia profonda: la svolta per un mondo migliore 5.2. I fondamenti giuridici del principio Olistico 5.3 L’organizzazione globale del Movimento Olistico 207 207 210 211 5.4 Le basi del Movimento Olistico 5.5 Il Movimento Olistico per un mondo migliore 5.6 Prospettive ambientali per il futuro 5.7 Mettersi in gioco 211 212 216 217 Capitolo 6 Cambiare il pianeta e la nostra vita 219 6.1 Soluzioni urbane per un pianeta vivente 220 6.1.1 Soluzioni inquinamento dell’aria 222 6.1.2 Soluzioni inquinamento acqua 223 6.1.3 Soluzioni per una produzione alimentare più intelligente 224 6.1.4 Smaltimento dei rifiuti 225 6.2 Energie rinnovabili e possibili soluzioni 226 6.3 Ulteriori soluzioni per un miglioramento del clima e dell’ambiente. 228 6.4 Riciclare è possibile 229 6.5 Invertire la tendenza 230 6.6. Governance e territorio 233 6.7. Illuminazione intelligente. Le città intelligenti 242 6.8 È davvero l’ora di cambiare 243 Capitolo 7 Malattie ambientali e inquinanti 7.1. Malattie ambientali 7.2 Multiterapia Biologica ed Energetica nella prevenzione e nel trattamento delle patologie neoplastiche 7.3 Protocollo terapeutico per la cura e la prevenzione delle malattie ambientali Prospettive per il futuro affinché i buoni propositi diventino realtà 249 249 250 254 256 “I Comandamenti verdi” di Papa Francesco 258 Nota conclusiva del Prof. Gustavo Velis 260 Post-prefazione della D.ssa Carla Martins e del Dott. Leo Da Silva Alves 261 Posfácio de juristas Brasileiros 261 Fonti Bibliografiche 273 Siti Web consultati 275 Ringraziamenti276 Scritti di Domenico Scilipoti Isgrò 277 Stampato in Italia/Printed in Italy nel mese di marzo 2016 per Laruffa Editore s.r.l.