Influenza dello strain-rate sul comportamento meccanico dei

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Influenza dello strain-rate sul comportamento meccanico dei
INDICE
Influenza dello strain-rate sul
comportamento meccanico dei materiali strutturali
Indice
INTRODUZIONE
4
EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI 7
1.1 IL CALCESTRUZZO
1.1.1 EFFETTI SUL COMPORTAMENTO MECCANICO DEL CALCESTRUZZO
1.1.2 FATTORI CHE INFLUENZANO IL COMPORTAMENTO DINAMICO DEL
10
10
13
CALCESTRUZZO
1.1.3 COMPORTAMENTO DINAMICO DEI CALCESTRUZZI FIBRO-RINFORZATI SFRC 19
19
1.1.4 VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE
APPENDICE 1.A - CONFRONTO TRA DUE CALCESTRUZZI DI UGUALE RESISTENZA
24
CONFEZIONATI IN MODO DIVERSO
27
1.2 I METALLI
27
1.2.1 EFFETTI SUL COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI METALLICI
1.2.2 FATTORI CHE INFLUENZANO IL COMPORTAMENTO DINAMICO DEI MATERIALI
34
METALLICI
1.3 I MATERIALI POLIMERICI FIBRORINFORZATI: GLI FRP
40
1.3.1 EFFETTI SUL COMPORTAMENTO MECCANICO DEGLI FRP
40
1.3.2 FATTORI CHE INFLUENZANO IL COMPORTAMENTO DINAMICO DEGLI FRP
45
METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE
CARATTERISTICHE TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI
SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
48
49
2.1 LA SPLIT HOPKINSON PRESSURE BAR
2.1.1 ASPETTI TEORICI ALLA BASE DEL FUNZIONAMENTO DELLA BARRA DI
50
HOPKINSON
2.1.2 LA JRC UNIVERSAL MODIFIED HOPKINSON BAR (MHB) PER PROVE AD ALTE
53
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE
57
2.1.3 SET-UP PER ESPERIMENTI SU PROVINI DI CALCESTRUZZO E DI ACCIAIO
63
2.2 LA DROP-WEIGHT IMPACT MACHINE
65
2.3 LA HYDRO-PNEUMATIC MACHINE
1
INDICE
INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
68
69
3.1 LO STRAIN-RATE NEI LEGAMI COSTITUTIVI SPERIMENTALI
69
3.1.1 MODELLO DI COWPER-SYMOND
70
3.1.2 MODELLO DI JONES
71
3.1.3 MODELLO DI JOHNSON & COOK
3.1.4 CONFRONTO TRA I MODELLI COSTITUTIVI DI COWPER-SYMONDS, JONES E
72
JOHNSON & COOK
73
3.2 LO STRAIN-RATE NEI LEGAMI COSTITUTIVI DEL SOFTWARE LS-DYNA
3.2.1 ELASTIC-PLASTIC WITH KINEMATIC HARDENING (MAT 003)
76
3.2.2 ELASTIC-PLASTIC WITH TERMAL SOFTENING (MAT 011)
76
3.2.3 JOHNSON & COOK PLASTICITY MODEL (MAT 015)
76
3.2.4 PSEUDO TENSOR CONCRETE/GEOLOGICAL MODEL (MAT 016)
77
3.2.5 POWER LAW ISOTROPIC PLASTICITY (MAT 018)
80
3.2.6 STRAIN-RATE DEPENDENT ISOSTROPIC PLASTICITY (MAT 019)
80
3.2.7 PIECEWISE LINEAR ISOTROPIC PLASTICITY (MAT 024)
80
3.2.8 KINEMATIC/ISOTROPIC ELASTIC-PLASTIC GREEN-NAGHDI RATE (MAT 035) 82
3.2.9 USER DEFINED MATERIAL MODEL (MAT 041-050)
82
3.2.10 STRAIN-RATE SENSITIVE POWER-LAW PLASTICITY (MAT 064)
82
3.2.11 MODIFIED ZERILLI AND ARMSTRONG (MAT 065)
83
3.2.12 CONCRETE DAMAGE MODEL (MAT 072)
83
3.2.13 PLASTIC WITH DAMAGE (MAT 081)
84
3.2.14 MECHANICAL THRESHOLD STRESS MODEL (MAT 088)
84
L’INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE NELLE
NORMATIVE TECNICHE
85
4.1 LO STRAIN-RATE NELLE NORME TECNICHE PER LE COSTRUZIONI
4.2 LO STRAIN-RATE NEL CEB – FIP MODEL CODE 1990
4.3 LO STRAIN-RATE NEL TM 5-1300
86
88
92
INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL LEGAME
M - χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
97
99
5.1 IL LEGAME M-χ IN CONDIZIONI QUASI-STATICHE
5.2.1 LEGAME M-χ AL VARIARE DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE PER RAPPORTO
111
DI SFORZO ASSIALE COSTANTE
5.2.2 ENERGIA SPECIFICA AL CRESCERE DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE PER
RAPPORTO DI SFORZO ASSIALE COSTANTE
115
5.2.3 LEGAME M-χ PER TRE DIVERSI VALORI DEL RAPPORTO DI SFORZO ASSIALE A
116
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE COSTANTE
5.2.4 ENERGIA SPECIFICA PER TRE DIVERSI VALORI DEL RAPPORTO DI SFORZO
121
ASSIALE A VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE COSTANTE
125
5.2.5 TABELLE RIEPILOGATIVE DELLE SIMULAZIONI NUMERICHE
CONCLUSIONI
129
2
INDICE
RINGRAZIAMENTI
133
BIBLIOGRAFIA
134
SITOGRAFIA
137
INDICE DELLE FIGURE
138
INDICE DELLE TABELLE
142
3
INTRODUZIONE
Introduzione
Il XX secolo è stato indelebilmente segnato da conflitti dalle straordinarie
proporzioni e dall’innaturale barbarie che hanno fatto crescere nella coscienza
dell’uomo civile l’inestricabile ossimoro tra desiderio di pace e bisogno di
protezione. Dopo le grandi guerre, infatti, se in un senso la civiltà si impegnava a
costruire basi solide e durature per una pace universale nell’altro le potenze,
assetate di nuovi domini materiali, davano vita a tacite battaglie che localmente
sconvolgevano gli equilibri solidali. In questo scenario instabile, senza prospettive
certe, il mondo dell’ingegneria strutturale ha sviluppato un approccio progettuale
per la protezione degli edifici nei confronti di carichi accidentali con alte velocità
di applicazione, basato sull’indagine sperimentale derivante da prove su strutture
in scala reale. Nei primi anni del XXI secolo, però, l’assottigliamento dei già
precari equilibri, che con fatica le civiltà del globo avevano costruito nel tempo,
ha fatto sì che questo tipo di progettazione risultasse antieconomica. Infatti, alle
grandi guerre, è successo il terrorismo e la sua inaudita logica del terrore che ha
spostato la sensibilità degli obiettivi dagli edifici militari verso quelli civili. È la
fase in cui la civiltà ha perso fiducia in se stessa, in cui il mondo non ha paura più
del futuro ma del presente, in cui una borsa dimenticata fa scattare allarmismi
spesso insensati ed esagerati. In una civiltà che attraversa questo momento storico
il senso di protezione diventa fondamentale e, quindi, la logica della sensibilità
dell’obiettivo perde significato rendendo ogni struttura, militare o civile che sia,
vulnerabile e quindi da proteggere. Da 50 anni, ormai, in cui sono stati mossi i
primi passi in questo senso, sospinti da eventi quali la guerra fredda, il Vietnam,
4
INTRODUZIONE
la crisi in Medio-Oriente, il terrorismo internazionale, la ricerca prima e la
progettazione poi hanno cominciato ad orientare gli sforzi verso la conoscenza
della risposta dinamica dei materiali. Agli aspetti bellici poi, sono andati
affiancandosi i sempre crescenti interessi di ampi settori industriali che hanno
cominciato a concentrare la loro attenzione e, conseguentemente, importanti sforzi
economici nello sviluppo della conoscenza del comportamento dinamico di
materiali e strutture. Grande importanza, quindi, hanno assunto anche gli impatti
di veicoli con strutture, gli urti tra veicoli (ad es. tutte le tematiche crash), la
sicurezza industriale (come la mitigazione dei rischi derivanti da esplosioni in
cabine di trasformazione, in impianti chimici, ecc). Importante risultato è stato la
presa d’atto che molti materiali di interesse nel campo dell’ingegneria civile quali
il calcestruzzo, l’acciaio o ancora i compositi fibro-rinforzati esibiscono
comportamenti meccanici fortemente influenzati dalla dinamicità della causa
sollecitante. Ancora più importante però è il fatto che la differenza di risposta non
riguarda esclusivamente la resistenza del materiale, ma interessa la risposta
meccanica ed il meccanismo di rottura dello stesso che ne risultano
profondamente mutati.
Questo lavoro si divide sostanzialmente in due parti fondamentali: una riguardante
lo stato dell’arte sulla sensibilità alla velocità di deformazione dei materiali
strutturali di interesse per l’ingegneria civile (calcestruzzo, acciaio e compositi
fibro-rinforzati); l’altra, invece, propone un avanzamento di natura teoricosperimentale concentrando l’attenzione sugli effetti dello strain-rate sul legame
M-χ di una sezione in calcestruzzo armato.
Nel primo capitolo saranno affrontati gli effetti che la velocità di deformazione
provoca nella risposta meccanica dei materiali strutturali ed i fattori intrinseci da
cui questa viene influenzata.
Nel secondo capitolo l’attenzione si porterà sulle metodologie sperimentali di
indagine della sensibilità allo strain-rate concentrandosi sulle apparecchiature
tecnologiche che permettono alla ricerca l’avanzamento e la convalida delle teorie
dinamiche sul comportamento dei materiali.
5
INTRODUZIONE
Nel terzo capitolo saranno analizzati i legami costitutivi empirici più importanti e
più diffusi nella pratica sperimentale e, successivamente, saranno illustrate le
leggi costitutive con cui il software LS-Dyna, codice di calcolo per le analisi
dinamiche, modella i materiali strutturali.
Nel quarto capitolo, invece, si esamineranno i testi normativi e le istruzioni
tecniche di riferimento per la progettazione dinamica delle strutture evidenziando
il modo con cui ciascuno di essi porta in conto gli effetti dello strain-rate nelle
analisi dinamiche.
Nel quinto capitolo, infine, si implementeranno analisi numerico-sperimentali tese
alla costruzione dei legami M-χ per una sezione tipo in calcestruzzo armato
ordinario portando in conto gli effetti della sensibilità alla velocità di
deformazione dei materiali costituenti. Le analisi saranno condotte secondo due
variabili principali quali: la velocità di deformazione e la pre-sollecitazione assiale
derivante dalla configurazione statica in cui il generico elemento è inserito.
A chiusura di questo elaborato di tesi saranno tratte le conclusioni del lavoro
svolto cercando di evidenziare con la massima chiarezza e praticità di
consultazione gli aspetti fondamentali dei risultati a cui si perverrà.
6
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Capitolo I
Effetti della velocità di deformazione sul comportamento
meccanico dei materiali strutturali
I carichi impulsivi, come impatti o esplosioni, che inducono alte velocità di
deformazione nei materiali, sono eventi che raramente possono avvenire durante
la vita utile delle strutture. Tipico esempio di sollecitazioni impulsive sono le
collisioni tra veicoli, navi o aeromobili con ponti, banchine, edifici o
sovrastrutture, esplosioni nelle vicinanze o all’interno delle strutture, gli effetti
delle schegge o delle onde scaturite dall’esplosione di ordigni.
Durante l’applicazione di questi carichi dinamici, alle strutture sono imposti
elevati strain-rate racchiusi in un intervallo che può essere anche molto ampio.
Tipicamente si spazia da velocità di deformazione dell’ordine di ~10-2 s-1 per i
terremoti a strain-rate di ~102 s-1 che si realizzano per forti esplosioni. Quindi,
diventa sempre più necessario che gli effetti della sensibilità alla velocità di
deformazione nella risposta meccanica dei materiali siano considerati per
prevedere in modo realistico la risposta strutturale [1].
7
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
Strain-rate
Cases of loading
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
aircraft “landing”
creep
traffic
pile driving
quasi-static testing gas explosions
10-8
10-7
10-6
very low strain-rates
10-5
blast and hard impact
earthquake
10-4
10-3
low strain-rates
10-2
10-1
medium strain-rates
100
101
102
s-1
high strain-rates
Figura 1. 1 - Strain-rate relativi alle differenti condizioni di carico
Quando una struttura viene sottoposta ad un’azione impulsiva, l’energia trasmessa
non agisce immediatamente in tutte gli elementi costituenti la struttura. Infatti, le
deformazioni e, quindi, le tensioni, generate dal carico accidentale si propagano
attraverso la struttura sottoforma di disturbo come onde di tensione e
deformazione. Questa costituisce la differenza più importante tra i cosiddetti
carichi quasi-statici e quelli impulsivi. Come risultato, il comportamento delle
strutture differisce notevolmente se i carichi sono dinamici anziché statici. Infatti,
per esempio, per il calcestruzzo, in caso di basse velocità di deformazione, il
processo di apertura e allargamento delle fessure si origina da micro- e macrodifetti esistenti. Ciò avviene poiché tale processo si svolge in un intervallo di
tempo abbastanza ampio da permettere la scelta dei percorsi caratterizzati dalla
minima energia di frattura richiesta, cioè intorno agli aggregati e nelle zone più
fragili della matrice legante. A causa del basso livello globale di tensione ed al
rilassamento del materiale, l’estensione delle micro-fessure ad altre aree con
resistenza maggiore è piuttosto limitata. In condizioni di carichi impulsivi di
trazione molta più energia viene introdotta all’interno della struttura in tempi
ristretti e le fessure apertesi in un punto sono costrette a svilupparsi lungo il
percorso più breve caratterizzato da più alta resistenza, attraversando l’aggregato
stesso e le zone in cui la matrice legante è più forte. L’incremento globale delle
tensioni di trazioni in maniera molto rapida causa, quindi, l’estensione del
8
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
fenomeno di fessurazione anche in altre aree, senza che, in tempi di apertura delle
fessure così brevi, si possa sviluppare il rilassamento.
Nel processo progettuale occorre conoscere le caratteristiche dei materiali ed il
loro conseguente comportamento meccanico per un intervallo di velocità di
deformazioni ampio, in particolare la stima eseguita con gli strumenti a
disposizione (un codice informatico per esempio) bisogna che sia ratificata
secondo gli stessi strain-rate.
Tra i parametri meccanici che è importante conoscere ci sono: la resistenza a
trazione, la deformazione ultima, il diagramma costitutivo tensioni-deformazioni,
le caratteristiche di frattura del materiale.
In passato nell’analisi strutturale la resistenza a trazione del calcestruzzo è stata
trascurata ma, indirettamente, la risposta meccanica ne risultava migliorata perché
questa influenzava positivamente la resistenza a fessurazione, le proprietà a
flessione delle barre di rinforzo ed il comportamento sotto sollecitazione di taglio.
In particolare, quando le strutture vengono impattate, queste sono prima soggette
ad un’onda di compressione che può essere spesso riflessa negli elementi
strutturali come un’onda di trazione, causa più importante della rottura del
calcestruzzo.
In generale, le onde di tensioni che si propagano all’interno della struttura
modificano la risposta meccanica dei materiali ad elevati strain-rate innescando
un cambiamento della microstruttura che differisce così da quella che si avrebbe
con velocità di deformazione quasi-statiche. Questi cambiamenti nella microstruttura possono causare una variazione del legame costitutivo tensionedeformazione del materiale ad elevati strain-rate rispetto a quello in condizioni
quasi-statiche.
9
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
1.1 Il calcestruzzo
1.1.1 Effetti sul comportamento meccanico del calcestruzzo
In letteratura e dalle attività sperimentali, che vengono condotte su elementi in
calcestruzzo, si evince la forte dipendenza delle proprietà di questo materiale dalla
velocità di deformazione (strain-rate) dello stesso o, in maniera equivalente, dalla
velocità di applicazione del carico.
La conoscenza del comportamento del calcestruzzo sottoposto a tali azioni veloci
è di grande importanza per l’ingegneria moderna perché consente di valutare il
comportamento di strutture civili da progettare o da ristrutturare.
Dai dati sperimentali oggi a disposizione si nota a riguardo, in trazione e
compressione:
•
un incremento della resistenza ultima (ultimate stress) [4];
•
un incremento della deformazione ultima, seppur in maniera meno marcata
della resistenza (ultimate strain) [4];
•
un incremento del modulo elastico dell’ordine di qualche unità percentuale
(Young’s modulus) [2];
Figura 1. 2 - Incremento del modulo elastico del calcestruzzo in compressione in funzione della
velocità di deformazione
10
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Figura 1. 3 - Differenza curva teorica/curva sperimentale della risposta del calcestruzzo in
trazione
•
un’evoluzione del quadro fessurativo non concentrato su di un unico
meccanismo locale ma esteso a tutto il provino con microfratture che si
innescano contemporaneamente in diverse zone [3];
95
95
92
92
89
89
89
83
89
86
92
86
95
92
89
95
Figura 1. 4 – Isocrone di fessurazione in condizioni di alta velocità di deformazione
•
un miglioramento del comportamento del materiale sia in trazione ed in
compressione che in stati tensionali indotti da flessione [4][5];
11
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Figura 1. 5 - a) Comportamento del calcestruzzo in trazione per elevate velocità di deformazione
Figura 1. 6 - b) Comportamento del calcestruzzo in compressione per elevate velocità di
deformazione
Figura 1. 7 - c) Comportamento del calcestruzzo in flessione per elevate velocità di deformazione
12
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
1.1.2 Fattori che influenzano il comportamento dinamico del calcestruzzo
Individuati gli effetti che la dinamicità dei fenomeni provoca sul calcestruzzo,
risulta ancora più importante studiare i fattori intrinseci ed estrinseci che
influenzano la risposta del materiale.
I fattori di seguito riportati influenzano il calcestruzzo indipendentemente dal
confezionamento dello stesso, avvenuto in tutti i test in ugual modo, per
rispondere alle comuni necessità di lavorabilità, presa, ritiro e indurimento che
questo materiale presenta in cantiere.
•
Assortimento granulometrico degli aggregati lapidei [6]
In condizioni quasi-statiche la fessurazione prima ed il collasso poi del provino
avvengono per fratture localizzate all’interfaccia tra la matrice cementizia e la
superficie degli aggregati. Quando la velocità di deformazione aumenta, le fratture
non seguono le superfici preferenziali di interfaccia ma interessano l’aggregato
stesso che è chiamato in causa a reagire con la propria resistenza; questo
fenomeno sembra essere tanto più vero quanto più la pezzatura degli aggregati si
mantiene intorno a valori relativamente piccoli (dell’ordine dei 5 mm) e, in
generale, il contributo all’aumento di resistenza globale del provino diminuisce
all’aumentare della granulometria degli inerti (10 e 25 mm).
13
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
max. dynamic tensile strength / max. static tensile strength
5
4
5 mm (cube 60 mm side)
10 mm (cube 60 mm side)
10 mm (cube 200 mm side)
25 mm (cube 200 mm side)
3
2
1
0
10 -7
10 -5
0.001
0.1
10
STRAIN RATE [ s -1 ]
Figura 1. 8 - Massima tensione di trazione per calcestruzzi con aggregati diversi in funzione dello
strain-rate
•
Grado di saturazione [7]
Altra variabile che caratterizza la risposta dinamica del calcestruzzo è il grado di
saturazione del materiale. Per indagare l’influenza di questo parametro sono stati
confezionati dei campioni di calcestruzzo che vengono lasciati a maturare tutti
nelle stesse condizioni per un tempo T1, dopodichè vengono assoggettati a
differenti condizioni di umidità relativa e temperatura (curing) in cui, a seconda
del condizionamento, differenziano le proprietà meccaniche finali: infatti, provini
completamente saturi (stagionati immersi in acqua quindi R.H. 100%), presentano
una risposta migliore rispetto a provini in condizioni standard (20° C e 50% R.H.)
o completamente asciutti (R.H. 0% con condizionamento a 50° C).
Non sono, quindi, il rapporto a/c o l’acqua di lavorabilità ad influire sulla risposta
dinamica del provino perché il confezionamento del calcestruzzo avviene in tutti i
casi allo stesso modo; la causa di questo miglioramento del comportamento sotto
elevate velocità di deformazione è da ricercare, allora, nel fatto che i pori del
calcestruzzo, essendo totalmente/parzialmente saturi di acqua oppure del tutto
riempiti di aria, contrastano, in maniera rispettivamente sempre meno marcata, la
trazione del provino a causa della depressione che si viene a creare all’interno dei
pori dissipando energia per mezzo dell’attrito interno (viscosità).
14
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
10
9
0%
50%
100%
R.H. (dried specimens)
R.H.
R.H. (wet specimens)
STRESS [MPa]
8
7
6
5
4
3
2
-7
10
10
-5
0.001
0.1
10
-1
STRAIN RATE [ s ]
Figura 1. 9 - Massima tensione di trazione per calcestruzzi con diverso contenuto d'acqua in
funzione dello strain-rate
C’è da dire però, che se dal punto di vista dinamico l’acqua libera contenuta
all’interno dei pori migliora la risposta a sollecitazioni applicate velocemente, in
condizioni quasi-statiche il comportamento risulta influenzato in maniera
negativa. Infatti, come si nota dalla figura di seguito riportata, nell’intervallo di
velocità di deformazione 10-6÷10-2 s-1, l’energia specifica di frattura subisce un
calo iniziale prima di risentire degli effetti benefici dello strain-rate [8].
Questo tipo di risposta in termini di energia di frattura, è del tutto assente o
quantomeno trascurabile nel caso di provino asciutto, ed è imputabile al
meccanismo fisico di migrazione della miscela acqua-vapore acqueo dai micropori verso le fessure. Infatti, la miscela bifase, trovandosi in equilibrio all’interno
dei micro-pori, stabilisce una tensione superficiale dovuta alla capillarità dei meati
che imprime al calcestruzzo una pre-sollecitazione di trazione. Se la velocità di
deformazione è sufficientemente bassa da permettere, durante la formazione delle
prime fessure, la migrazione della miscela bifase, questa durante il suo percorso
verso l’esterno del provino imprime una pressione sulle pareti dei canalicoli
abbattendo l’energia di frattura. Se, invece, la velocità di deformazione è elevata
la miscela, essendo dotata di massa e quindi di una certa inerzia, non riesce a
fuoriuscire dai micro-pori: quindi il provino saturo esibisce dapprima un
comportamento simile a quello asciutto e poi, per velocità sempre più spinte,
15
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
partecipando anche l’acqua libera al meccanismo di dissipazione dell’energia di
deformazione, la risposta meccanica registra un miglioramento significativo.
Il meccanismo di dissipazione dell’energia di deformazione ad elevato strain-rate,
che l’acqua innesca durante il processo di fessurazione, è ben interpretato
dall’effetto Stefan, per il quale un liquido con viscosità η, interposto tra due lastre
perfettamente piane poste a piccola distanza l’una dall’altra, oppone una certa
resistenza alla separazione delle due superfici [8].
Figura 1. 10 - Andamento dell’energia di frattura per calcestruzzi con diverso contenuto d’acqua
in funzione dello strain-rate
Un’ulteriore interpretazione della sensibilità da parte del calcestruzzo nei
confronti della velocità di deformazioni in funzione della presenza di acqua libera
nei pori può essere proposta a partire dalla teoria della propagazione delle onde
elastiche [7]. Infatti, se in condizioni quasi-statiche il principale meccanismo di
rottura del materiale è rappresentato dall’evoluzione del processo di fessurazione,
ad elevati strain-rate la propagazione delle onde elastiche rappresenta l’unica
strada per interpretare correttamente il fenomeno.
Nelle prove condotte ad alte velocità di deformazioni con la barra di Hopkinson il
parametro che governa la trasmissione dell’onda è l’impedenza acustica dei
materiali a contatto e le espressioni delle onde incidente, trasmessa e riflessa,
dopo alcuni passaggi matematici, acquistano la seguente forma:
16
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
A1, ρ1, c1
A2, ρ2, c2
σI , uI
σT , uT
σR , uR
Figura 1. 11 - Rappresentazione schematica della propagazione dell’onda elastica per due generici
corpi a contatto
dove
1
σT =
2 A1 ρ 2 c2
σI
A1 ρ1c1 + A2 ρ 2 c2
(1)
σR =
A2 ρ 2 c2 − A1 ρ1c1
σI
A1 ρ1c1 + A2 ρ 2 c2
(2)
σI
è la tensione provocata dall’onda incidente;
σT
è la tensione provocata dall’onda trasmessa;
σR
è la tensione provocata dall’onda riflessa;
A
è la superficie della sezione trasversale;
ρ
è la densità del materiale;
c
è la velocità del suono nel mezzo;
e2
sono i pedici che identificano i due materiali a contatto.
Dall’analisi di queste due relazioni, valide globalmente per l’intero sistema di
prova e localmente per sezioni adiacenti in ciascun materiale, si può notare come
l’onda incidente, arrivata sulla superficie di un vuoto la cui densità è
approssimabile a zero (ρ2=0), viene totalmente riflessa. Ciò provoca un
incremento locale di tensione che porta il provino a rottura per valori prossimi a
quelli in condizioni quasi-statiche. Se, invece, i vuoti sono riempiti di acqua
(introdotta nella fase di curing) l’equazione (1) è diversa da zero e, per gli usuali
valori di densità e velocità di propagazione del suono nel liquido, è una quantità
non trascurabile.
17
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
10
satured concrete
20° - 50 % R.H. cured concrete
50° C dried concrete
STRESS [MPa]
8
6
4
2
0
0
5 10
-5
0.0001
0.00015
0.0002
0.00025
TIME [s]
Figura 1. 12 – Curva di risposta tempo-tensione durante la prova dinamica su calcestruzzi con
diverso contenuto d’acqua
• Grado di costipamento
In virtù di quanto detto sopra, una migliore costipazione del calcestruzzo
ridurrebbe la concentrazione e la dimensione dei pori all’interno dello stesso
migliorandone il comportamento sotto azioni dinamiche. Questo concetto può
essere portato in conto attraverso la densità relativa di impacchettamento, cioè, il
rapporto tra la densità effettiva degli aggregati e quella corrispondente al massimo
impacchettamento
g
. infatti, quando questo rapporto tende a 1, è minore la
g*
possibilità che si creino micro-pori perché lo spazio contenuto all’interno della
struttura di aggregati è tutto riempito dalla fase legante [2].
•
Quantità di silicati di calcio idrati e rapporto a/c [2]
Altro parametro individuato da studi sperimentali condotti in Francia, è la quantità
di silicati di calcio idrati espressa in kN/m3. L’influenza di questo parametro può
essere spiegata dal particolare processo chimico che subiscono i silicati di calcio
di cui è formato la polvere di cemento durante le reazioni di idratazione. Ciò
18
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
influisce, seppur indirettamente, sul rapporto a/c perché le reazioni di idratazione
tendono a svilupparsi sempre di più in caso di aggiunta di acqua in quantità non
stechiometriche.
1.1.3 Comportamento dinamico dei calcestruzzi fibro-rinforzati SFRC
Per la loro crescente diffusione all’interno della gamma di materiali strutturali
dell’ingegneria civile risulta doveroso porre l’attenzione sui calcestruzzi di ultima
tecnologia nati dall’accoppiamento con fibre di rinforzo di diversa natura.
In particolare, gli SFRC (steel fibre reinforced concrete) sono universalmente
riconosciuti tra i calcestruzzi ad alta resistenza come i più applicati per le loro
qualità e caratteristiche. Dal punto di vista dinamico, gli SFRC esibiscono una
certa sensibilità alla velocità di deformazione seppur in maniera meno marcata dei
conglomerati cementizi ordinari con miglioramenti funzione della quantità ed
orientamento delle fibre metalliche. Proprio per il carattere di avanguardia sia
della tematica della sensibilità dei materiali alla velocità di deformazione che della
tecnologia delle fibre di rinforzo possono essere prospettati nuovi studi mirati alla
conoscenza di questi particolari conglomerati dalla grande resistenza e dalle
innumerevoli capacità di progetto.
1.1.4 Velocità di deformazione
L’incremento delle proprietà meccaniche, dal punto di vista quantitativo viene
computato mediante un coefficiente denominato DIF: dynamic increase factor
dato dal rapporto tra le tensioni dinamica e statica
DIF =
dove
σd
è la tensione dinamica;
σs
è la tensione statica;
19
σd
σs
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
i cui valori sono frutto delle numerose attività sperimentali già condotte
sull’argomento.
Riferendoci al caso del calcestruzzo, infatti, facendo variare l’assortimento
granulometrico della miscela cementizia o i valori del condizionamento termico
ed igrometrico (curing) si ottengono coefficienti diversi tra loro anche di qualche
unità ma tutti contenuti all’interno dello stesso ordine di grandezza.
Al variare della pezzatura di aggregati utilizzati, facendo riferimento a tre diametri
significativi 5-10-25 mm ed a tre possibili velocità di deformazione corrispondenti
a sollecitazioni di interesse ingegneristico, si ottengono, in trazione e
compressione, i seguenti risultati [4]:
Trazione
Compressione
Max aggreg.
Sollecitazione Strain-rate Resistenza DIF
5 mm
tipo
[s-1]
[MPa]
[#]
-6
Quasi-statica
10
60.50
1
Soft-impact
1
99.60
1.65
Hard-impact
10
139.80
2.31
Quasi-statica
10-6
2.97
1
Soft-impact
1
9.20
3.10
Hard-impact
10
11.80
3.97
Tabella 1. 1 - DIF per calcestruzzo con max aggregati di 5 mm
20
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Trazione
Compressione
Max aggreg.
Sollecitazione Strain-rate Resistenza DIF
10 mm
tipo
[s-1]
[MPa]
[#]
Quasi-statica
10-6
62.00
1
Soft-impact
1
101.60
1.64
Hard-impact
10
143.80
2.32
Quasi-statica
10-6
3.61
1
Soft-impact
1
7.38
2.04
Hard-impact
10
10.50
2.91
Tabella 1. 2 - DIF per calcestruzzo con max aggregati di 10 mm
Trazione
Compressione
Max aggreg.
Sollecitazione Strain-rate Resistenza DIF
25 mm
tipo
[s-1]
[MPa]
[#]
Quasi-statica
10-6
56.10
1
Soft-impact
1
84.70
1.51
Hard-impact
10
99.60
1.78
Quasi-statica
10-6
3.09
1
Soft-impact
1
6.28
2.03
Hard-impact
10
7.99
2.59
Tabella 1. 3 - DIF per calcestruzzo con max aggregati di 25 mm
Per quanto riguarda le condizioni di stagionatura riferendosi alle tre condizioni
ipotizzate nella pratica sperimentale asciutto - R.H. 50 % - saturo ed a tre possibili
velocità di deformazione, si ottiene in trazione [6]:
21
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Provino
Sollecitazione Strain-rate Resistenza DIF
Trazione
asciutto
tipo
[s-1]
[MPa]
[#]
Quasi-statica
10-6
3.28
1
Soft-impact
1
4.03
1.23
Hard-impact
10
5.16
1.57
Tabella 1. 4 - DIF per calcestruzzo asciutto
Provino
Sollecitazione Strain-rate Resistenza DIF
Trazione
R.H. 50%
tipo
[s-1]
[MPa]
[#]
Quasi-statica
10-6
3.53
1
Soft-impact
1
5.51
1.56
Hard-impact
10
6.56
1.86
Tabella 1. 5 - DIF per calcestruzzo con R.H. 50%
Provino
Sollecitazione Strain-rate Resistenza DIF
Trazione
saturo
tipo
[s-1]
[MPa]
[#]
Quasi-statica
10-6
3.03
1
Soft-impact
1
6.70
2.21
Hard-impact
10
9.26
3.06
Tabella 1. 6 - DIF per calcestruzzo saturo
In conclusione si può asserire che il coefficiente di incremento dinamico dipende
oltre che dalla velocità di deformazione (in maniera crescente) anche dalle
caratteristiche del provino di calcestruzzo (stagionatura e assortimento
granulometrico) e dal tipo di sollecitazione (trazione e compressione, con valori
più bassi nel secondo caso).
22
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Particolare aspetto, però, del fattore di incremento dinamico DIF e la non-linearità
che lo caratterizza indipendentemente da qualsiasi variabile intrinseca del
materiale: infatti, l’andamento di questo coefficiente amplificativo in funzione
della velocità di deformazione ha un aspetto bi-lineare nel piano logaritmico ε& DIF con cambio di pendenza situato in prossimità dei 30 s-1 [10].
La non-linearità del DIF rende, quindi, indispensabili le attività sperimentali
orientate allo studio del comportamento dinamico dei materiali per una
conoscenza più accurata della reale risposta meccanica sotto azioni con elevato
strain-rate non altrimenti ricostruibile se non utilizzando relazioni sperimentali
affette da una naturale approssimazione dei risultati [10].
23
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Appendice 1.a - Confronto tra due calcestruzzi di uguale resistenza
confezionati in modo diverso
Un esempio lampante di quanto possa essere importante lo studio del
comportamento del calcestruzzo sottoposto ad azioni con elevate velocità di
applicazione può essere il confronto tra due tipi di miscele cementizie diverse che
hanno uguale resistenza in condizioni quasi-statiche, ma che esibiscono
comportamenti diversi in condizioni di elevate velocità di deformazione.
Per eseguire il calcolo adottiamo il metodo del Faury perché meglio risponde alle
nostre esigenze permettendo di utilizzare assortimenti granulometrico che si
discostano dalla curva di riferimento o curva ideale di distribuzione degli inerti.
Esempio numerico:
I componenti base nelle due diverse miscele sono gli stessi così da concentrare
l’attenzione sulla variabile sotto esame:
•
Rbk 25 MPa;
•
ρ=30 mm;
•
DMAX=25 mm;
•
inerti a spigoli arrotondati;
•
consistenza ferma del calcestruzzo e pistonatura accurata in fase di getto;
•
sabbia caratterizzata dalla seguente distribuzione:
Diametro del vaglio φ
% in peso del passante
[mm]
[%]
0.1
2%
0.4
35 %
1.6
75 %
6.3
92 %
12.5
100 %
Tabella 1. 7 - Assortimento granulometrico della sabbia utilizzata per confezionare i due
conglomerati cementizi
24
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
I) miscela con inerti grossi
Dall’analisi granulometrica degli aggregati grossi la percentuale in peso del
passante al vaglio φ risulta:
Diametro del vaglio φ
% in peso del passante
[mm]
[%]
1.6
8%
6.3
16 %
12.5
42 %
25.0
100 %
Tabella 1. 8 - Assortimento granulometrico degli aggregati utilizzati per confezionare il
calcestruzzo con inerti grossi
II) miscela con inerti fini
Nel caso, invece, di un assortimento di aggregati più fini la percentuale in peso del
passante al vaglio φ risulta
Diametro del vaglio φ
% in peso del passante
[mm]
[%]
1.6
4%
6.3
63 %
12.5
96 %
25.0
100 %
Tabella 1. 9 - Assortimento granulometrico degli aggregati utilizzati per confezionare il
calcestruzzo con inerti fini
Le due miscele così confezionate esibiscono lo stesso comportamento in termini
di resistenza in condizioni quasi-statiche con un valore ultimo pari proprio al dato
di progetto: 25 MPa.
Non è così per le risposte a sollecitazioni applicate con alte velocità di
deformazione perché, in questo caso, il DIF che compete alle due miscele è
25
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
sensibilmente diverso variando in questo modo il comportamento dei due
calcestruzzi.
Se, ad esempio, paragonassimo il comportamento in compressione e trazione di
due provini confezionati con le due miscele diverse sottoponendoli a condizioni di
Provino con
aggregati grossi aggregati fini
Resistenza di progetto
Compressione
cond. quasi-statica (MPa)
DIFimpatto
Resistenza ipotizzata
cond. impatto (MPa)
DIFesplosione
Resistenza ipotizzata
cond. esplosione (MPa)
Resistenza di progetto
cond. quasi-statica (MPa)
Trazione
DIFimpatto
Resistenza ipotizzata
cond. impatto (MPa)
DIFesplosione
Resistenza ipotizzata
cond. esplosione (MPa)
(tipo A)
(TIPO B)
25
25
1.51
1.64
37.75
41.00
1.78
2.32
44.50
58.00
1.94
1.94
1.70
2.09
3.30
4.05
2.55
3.93
4.95
7.62
Differenza %
Provino con
rispetto al tipo A
impatto ed esplosione otterremmo:
9%
30 %
23 %
54 %
Tabella 1. 10 – Incremento percentuale di resistenza a compressione e trazione tra i due provini
con aggregati diversi
26
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
1.2 I metalli
1.2.1 Effetti sul comportamento meccanico dei materiali metallici
Così come accade per il calcestruzzo, anche le proprietà dei metalli mostrano una
sensibilità alla velocità di deformazione da cui risultano positivamente influenzate
al crescere della stessa. I miglioramenti delle caratteristiche meccaniche però, in
questo caso, sono di diversa natura essendo totalmente differenti dal punto di vista
chimico-strutturale i due materiali. Infatti, mentre nel caso del calcestruzzo la
sensibilità alla velocità di deformazione è da imputare soprattutto alla variazione
dello sviluppo del processo fessurativo se sottoposto ad azioni veloci, nel caso
dell’acciaio il ruolo più importante è rappresentato dalle dislocazioni e dalla loro
evoluzione durante il percorso deformativo ad elevato strain-rate. Proprio a causa
della forte dipendenza del comportamento meccanico a scala macroscopica
(dell’ordine del cm) dai processi che si sviluppano a scala meso- e microscopica
(dell’ordine rispettivamente del mm e del μm), non possono essere trascurati gli
elementi cardini alla base della teoria dei metalli.
Lo studio dei materiali metallici è strutturato su diverse fasi corrispondenti ai
distinti livelli di osservazione; a scala nanoscopica i metalli si presentano come
atomi fortemente legati dal punto di vista chimico e molto vicini gli uni agli altri a
formare “pacchetti” di diversa forma e disposizione interna. E sono proprio queste
ultime caratteristiche che forniscono il “grado di impacchettamento” del materiale
cioè la misura di quanto gli atomi sono costipati all’interno del reticolo cristallino
delineando già il comportamento finale del metallo a scala reale.
Passando ad un livello visivo più alto, i pacchetti si uniscono formando dei “fogli”
piani che, sovrapponendosi, cominciano a dare forma a quello che poi sarà il
risultato finale a scala macroscopica, un unico elemento solido dotato di spessore.
È a questo punto, a scala microscopica, che difetti di assemblaggio dei fogli
originano le cosiddette “dislocazioni”, piccolissime imperfezioni geometriche che
però hanno un grande peso nella determinazione delle proprietà meccaniche finali
27
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
del metallo. Le dislocazioni possono essere di diverso tipo a seconda che siano
contenute nel singolo piano o che, al contrario, interessino più piani adiacenti:
rispettivamente si hanno le dislocazioni “a spigolo” (o edge dislocation) e le
dislocazioni “a vite” (anche dette screw dislocation). Un’importante caratteristica
di queste imperfezioni se sottoposte ad azioni deformative è la loro relativa libertà
di movimento all’interno del materiale che determina a scala macroscopica una
maggiore o minore rigidezza del metallo. In aggiunta, per livelli deformativi spinti
in campo plastico, la nascita di nuove imperfezioni dell’uno o dell’altro tipo,
rispettivamente a causa di rottura totale o parziale dei fogli metallici, ed il loro
scorrimento all’interno degli stessi, determina le caratteristiche di duttilità di
questi materiali.
A livello mesoscopico, a seguito dei processi termici a cui i metalli sono
sottoposti nella fase di forgiatura o nei vari trattamenti (processing) tesi a definire
le caratteristiche di qualità del metallo, le dislocazioni presenti si muovono
raggruppandosi all’interno del materiale e dando vita ad una “trama di grani” di
diversa dimensione, forma ed orientazione. Di riflesso, come le dislocazioni, così
anche i grani contribuiscono alla determinazione delle proprietà meccaniche del
metallo influenzando oltre che la rigidezza e la duttilità, anche le proprietà
elettroniche e magnetiche.
La combinazione di tutto quanto avviene alle diverse scale di visione si riflette in
quello che è il comportamento finale del materiale a scala macroscopica con le sue
caratteristiche meccaniche ed il suo comportamento rispetto alle azioni statiche o
dinamiche.
Gli effetti positivi che si risentono sulla risposta meccanica dei metalli sottoposti
ad azioni applicate con elevate velocità di deformazione sono principalmente:
•
un incremento della tensione di snervamento (yield stress);
•
un incremento della tensione di rottura (ultimate stress);
•
un incremento della deformazione in condizioni di rottura (ultimate strain)
[12];
•
un incremento della deformazione uniforme [12];
•
un incremento della duttilità del materiale.
28
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Figura 1. 13 - Evoluzione del legame costitutivo dell’acciaio in funzione dello strain-rate
Rimane invece inalterata, a differenza di quanto avveniva per il calcestruzzo, la
rigidezza elastica del materiale che non risente della sensibilità alla velocità di
deformazione: questa indifferenza può essere soprattutto imputata al fatto che il
comportamento elastico del metallo è da attribuire alla densità di dislocazioni
presenti o, a scala mesoscopica, alla dimensione e forma dei grani che
costituiscono la trama del materiale, fattori indipendenti dallo strain-rate [11].
La velocità di deformazione, invece, influenza solo il prolungamento della fase
elastica, dovuto ad una maggiore apertura delle dislocazioni presenti, e per quanto
riguarda il ramo plastico, il ritardo dello sviluppo di nuovi difetti all’interno del
metallo: in alcun modo influisce la risposta elastica in termini di rigidezza del
materiale.
Inoltre, non possono essere trascurati due ulteriori importanti fenomeni che
condizionano la risposta meccanica dei provini metallici ad elevati strain-rate:
•
l’effetto Joule;
•
la corrispondenza tra curva sforzo-deformazione ingegneristici e reali.
Infatti, la lettura dei dati a valle dell’attività sperimentale, senza opportuni
interventi correttivi che tengono conto di questi effetti, potrebbe dare adito a
conclusioni erronee sull’effettivo comportamento dei materiali ad elevati strainrate.
29
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Il primo dei due consiste nel fatto che durante i test, se la velocità di deformazione
è sensibilmente elevata (dell’ordine di 102÷3s-1), il provino subisce una
trasformazione non isoterma a causa della trasformazione dell’energia meccanica
in flussi di calore. Per questo motivo, il legame costitutivo presenta due distinti
valori di snervamento che si susseguono dopo la caduta di tensione provocata dal
decadimento delle caratteristiche meccaniche.
Figura 1. 14 - Tensione di snervamento dell’acciaio con effetto Joule
Ciò è dovuto al fatto che all’interno del campione, la grande quantità di energia
sviluppata, provoca un innalzamento della temperatura (effetto Joule) che porta al
peggioramento delle caratteristiche meccaniche ed, in alcuni casi, fino al
“rammollimento” del materiale. Quindi, nel caso in cui non fossimo interessati
alla reale risposta del materiale con annessi gli effetti provocati dal riscaldamento
del provino, ma lo studio fosse orientato alla conoscenza dei meccanismi alla base
della risposta meccanica del metallo dovremmo operare una correzione dei
risultati sperimentali rendendo il modello teorico indipendente dalla temperatura.
La revisione in tal senso viene effettuata in due stadi: dapprima identificando la
relazione che intercorre tra velocità di deformazione, temperatura e tensioni nel
provino mediante un’analisi termica a differenti temperature di prova e poi
calibrando un modello analitico (usando il legame costitutivo di Johnson & Cook)
che possa descrivere l’andamento della risposta meccanica del metallo [11].
30
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Figura 1. 15 - Correzione della tensione di snervamento dell’acciaio dall’effetto Joule
L’altro aspetto da non trascurare per la corretta interpretazione della sensibilità
allo strain-rate è l’evoluzione del processo deformativo ed il fenomeno della
strizione che, pur presentandosi in modo relativamente diffuso nel provino,
presenta diverse velocità di assottigliamento con un massimo nella parte centrale.
Questi due aspetti fanno si che il diagramma delle effettive tensioni nel provino
sia sensibilmente diverso rispetto a quello senza correzioni restituito dalle prove:
infatti, se come risultato dei test si ottengono curve decrescenti dopo il picco di
snervamento, apportando le dovute correzioni alla reale superficie resistente
durante tutto il processo, il legame costitutivo riacquista la forma tipica incrudente
con ramo plastico crescente [13].
La corrispondenza tra valori ingegneristici e valori reali della curva tensionideformazioni si esplica secondo le seguenti relazioni
•
la true-stress è definita come
σ=
dove
F
A
(1)
F
è la forza agente;
A
è la sezione istantanea sollecitata;
31
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
•
la true-strain, prima che nel provino incorra la strizione, è data da
⎛ L⎞
⎟
⎝ L0 ⎠
ε = ln ⎜
dove
•
L
è la lunghezza istantanea anche detta gauge length;
L0
è la lunghezza iniziale del provino;
la engineering stress, invece. è definita come
F
A0
s=
dove
•
A0
(3)
è la sezione iniziale del provino;
la engineering strain, infine, è data dalla relazione
e=
dove
(2)
ΔL
ΔL
L0
(4)
è la variazione di lunghezza del provino pari a L-L0.
Fintanto che la deformazione del provino è uniforme lungo la gauge length, la
true-stress e la true-strain corrispondono ai valori ingegneristici di tensione e
deformazione. Si possono allora ricavare le relazioni che legano i valori reali ed
ingegneristici:
imponendo, infatti, che la trasformazione sia isocora si ha che
L0 ⋅ A0 = L ⋅ A
(5)
A0 L
=
A L0
(6)
per cui
e quindi esplicitando L
A0 L0 + ΔL
=
= 1+ e
A
L0
(7)
riscrivendo la (1) come
σ=
F A0 F A0
⋅ = ⋅
A A0 A0 A
ed inserendo al suo interno la (3) e la (7) si arriva a
σ = s (1 + e )
32
(8)
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Infine, sostituendo la (7) nella (2) si ottiene
ε = ln (1 + e )
(9)
La (8) e la (9) restano valide nell’intervallo di processo in cui la deformazione
resta uniforme distribuita lungo tutto il provino. Quando comincia la strizione per
la true-stress continua a valere la (1) mentre per calcolare la true-strain deve
essere misurata l’area della sezione alla base dell’assottigliamento tranne che nel
caso in cui, noti L ed L0 durante tutto il processo, la strizione è posizionata al
centro di esse.
Infine, essendo la (5) valida anche nella gauge section la true-strain potrebbe
essere calcolata dalla relazione
⎛ A0 ⎞
⎟
⎝ A⎠
ε = ln ⎜
dove
A
(10)
è l’area della sezione alla base della strizione.
Figura 1. 16 - Differenza tra le curve σ-ε ed s-e per un acciaio da carpenteria
33
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
1.2.2 Fattori che influenzano il comportamento dinamico dei materiali
metallici
I fattori che influenzano il comportamento dei materiali metallici ad alta velocità
di deformazione e che, quindi, determinano risposte meccaniche diverse a seconda
del metallo considerato sono molteplici e possono essere individuati
ordinatamente facendo riferimento ai differenti cicli di produzione a cui sono
sottoposti. In questa sede si tratteranno solo i metalli di interesse per l’ingegneria
civile e, quindi, saranno analizzati quelli derivanti dalla trasformazione dei
minerali di ferro: ferro, acciaio e ghisa.
Partendo dal processo di trasformazione degli ossidi di ferro (magnetite ed
ematite) il primo importante fattore da considerare è la presenza di elementi
diversi che, costituendo delle impurezze all’interno dei minerali di base, si
inseriscono nella struttura cristallina modificano le proprietà meccaniche dei
metalli ferrosi. Gli elementi che possono inizialmente far parte della struttura di
questi materiali sono: il carbonio C, il silicio Si, il manganese Mn, il fosforo P e
lo zolfo S. Anche altri elementi possono trovarsi all’interno dei metalli ferrosi per
aggiunta di rottami d’acciaio, alluminio e calce che, a vario titolo, intervengono
per “purificare” il materiale da tenori troppo elevati degli elementi inizialmente
presenti.
Esaminando i vari casi possiamo dire che il crescente tenore di carbonio aumenta
la sensibilità e quindi le prestazioni ad elevati strain-rate ostacolando la
formazione di nuove dislocazioni o la loro ridistribuzione [14].
Ordinatamente sono riportate le scansioni effettuate al microscopio elettronico di
acciai con basso, medio ed alto tenore di carbonio a seguito di due prove con
diverse velocità di deformazione rispettivamente di 1.1·103 e 5.5·103 s-1. Come si
può notare, la crescente percentuale di carbonio ostacola sempre più la formazione
di trame articolate di difetti dando luogo, a rottura, ad accumuli di difetti poco
sviluppati e quindi grani di grosse dimensioni.
34
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Figura 1. 17 - Fotografia al microscopio elettronico di un acciaio con basso tenore di carbonio
(low carbon steel)
Figura 1. 18 - Fotografia al microscopio elettronico di un acciaio con medio tenore di carbonio
(medium carbon steel)
Figura 1. 19 - Fotografia al microscopio elettronico di un acciaio con alto tenore di carbonio
(high carbon steel)
Acciai legati con atomi di silicio e manganese per basse velocità di deformazioni
registrano un miglioramento delle caratteristiche meccaniche effetto però che non
si mantiene costante anche per alti valori di strain-rate. Infatti, la presenza di
questi atomi fa sì che aumenti la sensibilità nei confronti della temperatura e che,
quindi, per strain-rate elevati, la sensibilità alla velocità di deformazione si
riduca. Un ulteriore peggioramento si può notare in termini di duttilità del
materiale con allungamenti che, nel caso quasi-statico, possono spingersi sino al
35
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
60÷70 % ma che, per elevati strain-rate, regrediscono a valori più contenuti
dell’ordine del 45÷50 % [15].
Figura 1. 20 - Diagramma sforzo-deformazione per un acciaio con precipitazioni di Si e Mn per
differenti strain-rates
Per gli acciai prodotti con l’aggiunta di atomi di nichel, rame ed alluminio
possiamo introdurre un discorso più ampio per cui se da un lato la sensibilità alla
velocità di deformazione è molto meno pronunciata rispetto ad un acciaio senza
precipitazioni, dall’altro tale perdita di sensibilità è compensata dall’aumento
della capacità duttile di qualche unità percentuale [16].
Figura 1. 21 - Diagramma true stress-strain per un acciaio con precipitazioni di Ni, Cu e Al per
differenti strain-rates
36
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Prova a sostegno della scarsa variabilità della risposta meccanica allo strain-rate
per acciai con la presenza di tali precipitazioni è rappresentata dall’analisi
comparativa al microscopio elettronico delle superfici di rottura del metallo per
due diverse velocità di deformazione (rispettivamente 1 s-1 e 7.18·102 s-1). Si nota,
infatti, per le diverse velocità di deformazione, che la struttura rimane
sostanzialmente invariata sia dal punto di vista della densità superficiale delle
rugosità sia per quel che riguarda la loro altezza.
Figura 1. 22 - Fotografia al microscopio elettronico della superficie di frattura di un acciaio con
precipitazioni di Ni, Cu e Al in condizione quasi-statiche e per elevato strain-rate
Altro importantissimo fattore che influenza la sensibilità alla velocità di
deformazione è il particolare processo di produzione seguito dall’acciaio/ghisa. In
particolare risulta rilevante la fase di raffreddamento che l’austenite (prima forma
del metallo ferroso dopo la fusione dei minerali) subisce e che determina la
trasformazione in martensite (attraverso velocità di raffreddamento superiore al
limite critico) o perlite (composto stabile di ferrite-cementite ottenuto con
modeste velocità di raffreddamento). Nel caso della martensite il “congelamento”
della struttura austenitica e, quindi, il mancato sviluppo e/o movimento delle
dislocazioni, determina la qualità di durezza superficiale ma, allo stesso tempo,
fragilità e scarsa tenacia. La perlite, invece, rappresenta un compromesso tra
proprietà elastiche e resistenza meccanica in quanto, durante la fase di
raffreddamento eseguita a modeste velocità, si creano le condizioni favorevoli per
la nascita e l’organizzazione delle dislocazioni. Le conseguenze per la sensibilità
alla velocità di deformazione delle due diverse strutture dovrebbero portare nel
37
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
primo caso ad un miglioramento contenuto in fase elastica, ma una buona crescita
delle capacità duttile ed incrudente. Al contrario, per il secondo caso il
miglioramento più significativo sarebbe ipotizzabile per la fase elastica mentre, in
campo plastico la struttura più ordinata dà luogo a minori ostacoli per lo sviluppo
di una trama ordinata.
Infine, ruolo altrettanto importante è rivestito dai trattamenti termici di ricottura,
normalizzazione, tempra e rinvenimento a cui il metallo, con la voluta percentuale
di ciascun elemento, spesso viene sottoposto per migliorare una o più
caratteristiche meccaniche.
Nel caso della tempra, spesso accompagnata anche dal rinvenimento (processo di
bonifica) accade che, a seguito del trattamento termico subito, l’acciaio presenti
una grana più fine. Ciò, ad elevate velocità di deformazione, prolunga la risposta
elastica ritardando lo sviluppo di nuove dislocazioni e migliora il ramo plastico
evitando l’allineamento dei difetti. Facilmente, dalle scansioni effettuate con il
microscopio elettronico, si può notare che se per la prova monotona quasi-statica
la dispersione delle dislocazioni si presenta abbastanza regolare e strutturata
secondo una trama con un orientamento preferenziale, nel caso di strain-rate
elevato i difetti presenti amplificano le loro dimensioni ma non si riesce ad
individuare una trama regolare delle dislocazioni [17].
È infatti presente un minor numero di piani di scorrimento probabilmente già
esistente prima della prova e, si intravedono piccoli difetti che tuttavia non
riescono a determinare nuovi piani di scorrimento.
Figura 1. 23 - Fotografia al microscopio elettronico della superficie di frattura in condizione
quasi-statiche per un acciaio temprato
38
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Figura 1. 24 - Fotografia al microscopio elettronico della superficie di frattura ad elevata velocità
di deformazione per un acciaio temprato
Come l’acciaio così anche la ghisa gode della positiva sensibilità allo strain-rate
esibendo, per velocità di deformazione crescenti, resistenze sempre maggiori.
L’alta percentuale di carbonio inglobata all’interno della struttura, però fa si che la
duttilità si riduca e la rottura rimanga di tipo fragile [18].
Figura 1. 25 - Legame costitutivo della ghisa per diverse velocità di deformazione
39
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
1.3 I materiali polimerici fibrorinforzati: gli FRP
1.3.1 Effetti sul comportamento meccanico degli FRP
Lo sviluppo della tecnologia dei polimeri, orientato alla produzione di materiali da
applicare nel campo delle strutture, ha fatto si che negli ultimi decenni gli FRP
(fiber reinforced polymer) abbiano conquistato una posizione di interesse
all’interno dei materiali usati nell’ingegneria civile. Si è venuto così a creare una
vasta gamma di materiali caratterizzata dalla grande versatilità capaci di adattarsi
a molte situazioni progettuali. In questo contesto poi, la crescente attenzione
dell’ingegneria civile verso lo studio del comportamento dei materiali sottoposti
ad azioni dinamiche ha fatto sì che anche i compositi fibro-rinforzati siano stati
oggetto d’indagine. La natura composita ed i vari sistemi di applicazione di questo
tipo di materiali hanno indirizzato la ricerca verso lo studio distinto del
comportamento dei singoli componenti, per capire l’influenza di ognuno
all’interno del comportamento globale del sistema FRP. In questo senso,
numerose sono le attività sperimentali condotte per studiare il comportamento
della resina e del composito nella sua interezza, scarsi risultati, invece, si sono
avuti nell’indagine della risposta delle sole fibre a causa delle difficoltà tecniche
nell’effettuare i test.
Possiamo allora distinguere gli effetti che lo strain-rate provoca nei confronti
della resina e del materiale composito nel seguente modo:
per la resina (epossidica) in compressione, a seconda delle condizioni di
polimerizzazione (a caldo o a freddo) si ottiene [19]:
•
un miglioramento della rigidezza elastica (Young’s modulus);
•
un consistente miglioramento del limite elastico;
•
per strain-rate dell’ordine di 1500÷2000 s-1, una lieve riduzione della
capacità duttile del provino;
•
anomalia di forma a rottura.
40
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Figura 1. 26 - Anomalia di forma in condizioni di rottura della resina epossidica in compressione
Figura 1. 27 - Legami sforzo-deformazioni in compressione dell’adesivo epossidica polimerizzato
a caldo e a freddo
Analizzando le curve di risposta del materiale, concentrandosi in particolar modo
sul solo tratto plastico, si può osservare che essi differiscono per un fattore di
scala legato alle diverse velocità di deformazione.
Figura 1. 28 - Ramo plastico dei legami tensione-deformazione in compressione con strain-rate
per l’adesivo epossidica polimerizzato a caldo e a freddo
Ponendo, quindi,
DIF =
σ dynamic
σ static
41
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
possiamo diagrammare il fattore di incremento dinamico in funzione dello strain-
rate
Figura 1. 29 - Coefficiente di incremento dinamico della tensione in compressione per la resina
epossidica
in trazione, invece, si osserva [19]:
•
un incremento della resistenza ultima (ultimate stress);
•
il cambiamento della modalità di rottura da duttile a fragile;
•
un lieve miglioramento della rigidezza elastica (Young’s modulus)
Figura 1. 30 - Legami sforzo-deformazione in trazione con strain-rate dell’adesivo epossidico
Anche in questo caso possiamo relazionare le tensioni di rottura ottenute per
elevati strain-rate a quelle del caso statico ottenendo il coefficiente di incremento
dinamico in trazione
42
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Figura 1. 31 - Coefficiente di incremento dinamico della tensione in trazione per l’adesivo
epossidico
Per il sistema composito FRP, infine, sia in trazione che in compressione con
fibre orientate nella direzione dell’azione esterna, si nota [20] [21]:
•
un miglioramento della resistenza ultima;
•
un incremento della rigidezza elastica;
•
una riduzione della deformazione di rottura.
Figura 1. 32 - Risposta meccanica in compressione del sistema composito con fibre orientate nella
direzione dell’azione sollecitante
43
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Figura 1. 33 - Risposta meccanica in trazione del sistema composito con fibre orientate nella
direzione dell’azione sollecitante
per
trazione
e
compressione,
invece,
con
all’orientamento delle fibre [22]:
•
un miglioramento della resistenza ultima;
•
una diminuzione della capacità deformativa.
44
direzione
deviata
rispetto
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
1.3.2 Fattori che influenzano il comportamento dinamico degli FRP
Per quanto riguarda lo studio dei fattori che influenzano il comportamento dei
sistemi FRP, un discorso esauriente potrebbe essere fatto solo se si disponesse dei
dati relativi alla sensibilità alla velocità di deformazione di ciascuno dei suoi
componenti. Con i risultati a disposizione, però, può comunque essere formulata
un’ipotesi coerente che spiega bene il comportamento finale del sistema
composito.
All’interno del complesso FRP le fibre hanno il compito di assorbire e, quindi,
contrastare le sollecitazioni imposte ed hanno un meccanismo di rottura basato sul
collasso dei legami chimici che tengono uniti gli atomi del materiale. Alla resina,
invece, è affidato il compito di distribuire alle fibre i carichi rendendole solidali e
costituendo un sistema meccanicamente omogeneo dal punto di vista
macroscopico.
Associando a queste osservazioni i risultati dei dati condotti sulla resina e sul
composito FRP si può ipotizzare che la sensibilità alla velocità di deformazione
del sistema sia imputabile al solo comportamento della resina ai diversi strainrate. Questo perché anche nelle prove con direzione di trazione diversa
dall’orientamento delle fibre, laddove cioè le fibre giocano un ruolo marginale, si
può comunque notare un miglioramento della risposta meccanica.
Le resine universalmente usate sono quelle epossidiche ed appartengono alla
categoria dei polimeri cioè materiali formati a livello microscopico da catene di
molecole costituite da un gruppo di base ripetuto. A seconda del processo di
polimerizzazione, condotto “a caldo” o “a freddo”, questi materiali subiscono
cambiamenti a livello microscopico. Nel primo caso, la struttura più ordinata
determina un comportamento migliore al crescere dello strain-rate. Infatti, anche
in questo caso, come già accadeva per il calcestruzzo e per i metalli, la rottura si
origina dall’evoluzione di imperfezioni strutturali già esistenti che sono molto più
numerose nelle resine prodotte attraverso il processo di polimerizzazioni a freddo;
per questo motivo, nelle risposte meccaniche sopra illustrate, il comportamento
45
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
delle resine con polimerizzazione a freddo restituiva risultati più scadenti rispetto
a quelle con polimerizzazione a caldo.
Altro punto su cui focalizzare l’attenzione è la riduzione della tensione di rottura
che si registra nei sistemi compositi. Apparentemente risulta strano questo
fenomeno perché, se la sensibilità alla velocità di deformazione è imputabile alla
matrice resinosa ed il processo di crisi delle fibre si origina per rottura del legame
chimico interno, la deformazione ultima dovrebbe rimanere la stessa. Se, però,
inquadriamo bene il problema, ragionando in termini di sistema composito e
quindi di ruoli dei singoli componenti, possiamo spiegare questa apparente
incongruenza. Infatti, la rottura attivata a livelli di deformazione più bassi
potrebbe essere la conseguenza del fatto che, nel trasferire gli sforzi alle fibre
mettendole in compartecipazione, la resina non riesce ad assolvere la sua funzione
completamente a causa dei tempi brevissimi in cui il processo avviene. Il risultato,
quindi, è quello di avere zone di concentrazione delle tensioni in cui la crisi si
sviluppa prima senza che le altre fibre più lontane possano intervenire nel
meccanismo.
Nell’intento di portare a termine un discorso esaustivo, però, non si può
prescindere dall’investigare in tutte le direzioni e sotto tutti gli aspetti possibili
ciascun elemento alla base dei sistemi FRP. È per questo motivo che per
convalidare le supposizioni formulate sarebbero necessarie attività sperimentali in
questo senso soprattutto mirate allo studio del comportamento delle fibre di
rinforzo. A tal proposito, in attesa di campagne di prova con l’ intento di accertare
l’insensibilità allo strain-rate per le fibre, possiamo gettare le base analitiche a
sostegno della sperimentazione proponendo un semplice modello che metta in
relazione il DIF della deformazione ultima del sistema FRP con i parametri
meccanici della resina e del composito.
La rigidezza del sistema può essere calcolata con la media pesata delle rigidezze
dei singoli elementi:
46
Cap. I – EFFETTI DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
COMPORTAMENTO MECCANICO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Ec =
dove
E
Er r ⋅ A + E f f ⋅ A
A
= Er r + E f f
(1)
è il modulo di Young
r ed f sono le percentuali di area rispettivamente della resina e delle fibre
A
è l’area totale del composito
con i pedici c, r ed f si indicano rispettivamente i termini riferiti al
composito, alla resina ed alle fibre.
La resistenza statica e dinamica del composito è data (i termini dinamici sono
contraddistinti dall’apice):
f c = f r + f f = ε u ( Er r ⋅ A + E f f ⋅ A ) = ε u A ( Er r + E f f )
(2)
f c ' = f r '+ f f ' = ε 'u ( E 'r r ⋅ A + E f f ⋅ A ) = ε 'u A ( E 'r r + E f f )
(3)
nell’ipotesi che le fibre non siano sensibili allo strain-rate.
Se rapportiamo la resistenza dinamica a quella statica otteniamo il DIF del
sistema:
DIF =
f c ' ε 'u A ( E 'r r + E f f ) ε 'u
=
=
fc
εu
ε u A ( Er r + E f f )
⎛ E 'r r E f f ⎞
+
⎜
⎟
E
Ec ⎠
⎝ c
(4)
ed esprimendo il secondo termine in parentesi mediante la (1) si ha:
DIF =
⎛ E ' r − Er r ⎞ ⎤
ε 'u ⎛ E 'r r
E r⎞ ε' ⎡
+ 1 − r ⎟ = u ⎢1 + r ⎜ r
⎜
⎟⎥
Ec ⎠ ε u ⎣
Ec
ε u ⎝ Ec
⎝
⎠⎦
(5)
A questo punto non resta che attendere di validare questa espressione attraverso il
confronto con i dati ottenuti dalle attività sperimentali.
47
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
Capitolo II
Metodologie sperimentali per la misura delle
caratteristiche tenso-deformative dei materiali sottoposti
a regimi dinamici
Ogni regime di velocità di deformazione ha delle sue criticità che devono essere
rispettate specie nell’attrezzatura sperimentale che si adotta. Nello schema
seguente sono riportate le criticità e le tecniche sperimentali idonee alla misura nei
diversi intervalli di velocità.
Strain-rate
Intervallo di
strain-rate
[s-1]
Basso
10-7 ÷ 10-4
Medio
10-4 ÷ 100
Alto
> 100
Criticità
- allineamento del sistema
- rigidità della macchina
- inerzia
Tecnica sperimentale
macchina universale
macchina
- effetti delle vibrazioni
idro-pneumatica
- propagazione delle onde
Hopkinson bar
Tabella 2. 1 - Schema delle metodologie di indagine per i diversi strain-rate con indicazioni sulle
tecniche sperimentali utilizzate e le relative criticità
48
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
2.1 La Split Hopkinson Pressure Bar
La tecnica della Barra di Hopkinson (Hopkinson bar technique) è scientificamente
riconosciuta quale metodo di prova più idoneo per la misura delle proprietà
meccaniche dei materiali con l’utilizzo della propagazione delle onde. Con essa si
generano carichi impulsivi controllati che provocano la propagazione di onde
piane elastiche di pressione nel materiale oggetto della prova.
La versione tradizionale della barra di Hopkinson risale ai pionieristici lavori di
ricerca condotti nel 1914 da Bertram Hopkinson (figlio di John Hopkinson, che fu
il primo negli ultimi anni dell’800 a verificare sperimentalmente l’incremento di
resistenza dei materiali soggetti ad impatto), nel 1948 da R. M. Davis, nel 1949 da
H. Kolsky e più recentemente da U.S. Lindholm.
Figura 2. 1 - Schema della barra di Hopkinson classica per prove di compressione
Figura 2. 2 - SHPB della University of California San Diego
49
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
La barra di Hopkinson classica consiste praticamente nella generazione di onde di
tensione (di compressione o di trazione) provocate dall’impatto di un proiettile
lanciato su una barra solitamente di sezione trasversale circolare chiamata input
bar o barra incidente, la quale trasferisce l’impulso al provino inserito tra la input
bar ed un’altra barra detta output bar o barra di trasmissione; durante il test, il
provino si deforma plasticamente fino a rottura mentre le barre, incidente e di
trasmissione, rimangono in campo elastico.
Il proiettile viene generalmente sparato per mezzo di un piccolo apparato
pneumatico a gas.
Quando il proiettile impatta la barra incidente viene generato un impulso di
compressione di ampiezza costante all’estremo della barra incidente e del
proiettile. L’onda elastica piana di compressione incidente si propaga lungo
l‘input bar, raggiunge l’interfaccia barra-provino e carica dinamicamente
quest’ultimo.
Il risultato dell’interazione tra onda incidente e provino è governata dalle
rispettive impedenze acustiche dipendenti dal materiale e dalle sezioni. Parte
dell'onda viene riflessa, parte, invece, continua a viaggiare nel provino e nella
barra di trasmissione.
2.1.1 Aspetti teorici alla base del funzionamento della Barra di Hopkinson
Il rispetto delle seguenti ipotesi di base sono necessarie nel permettere
misurazioni accurate delle proprietà meccaniche dinamiche dei materiali
attraverso la barra di Hopkinson:
•
il diametro delle barre deve essere piccolo rispetto alla lunghezza
dell’impulso in modo che la trasmissione delle onde avvenga senza alcuna
dispersione (le barre rimangono sempre in campo elastico);
•
la lunghezza del provino deve essere piccola in modo che il tempo
impiegato dall’onda per propagarsi al suo interno è trascurabile rispetto
alla durata totale del test. Questa condizione permette all’interno del
50
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
provino le riflessioni necessarie per raggiungere una distribuzione
omogenea delle tensioni e delle deformazioni in tutta la lunghezza del
provino, il che significa anche condizioni di equilibrio delle forze agenti
sulle estremità del provino.
Rispettando le due condizioni sopraccitate e rimanendo le due barre in campo
elastico, può essere applicata la teoria della propagazione delle onde elastiche al
sistema input bar-provino-output bar. In questo modo si possono ottenere le tre
relazioni che permettono di calcolare la tensione, la deformazione e lo strain-rate
nel materiale del provino in funzione del tempo misurando in maniera diretta
l’impulso incidente, riflesso e trasmesso di ampiezza rispettivamente εI, εR ed εT.
Si consideri la seguente figura che rappresenta il sistema input bar-provino-output
bar
Input strain-gage measuring:
1
εI and εR
v1
Input bar
L
v2
2
specimen
A0 , ρ0 , C0
Output strain-gage measuring: εT
Output bar
A , ρ, C
Figura 2. 3 - Schema del provino inserito tra la barra incidente e riflettente per una prova con la
barra di Hopkinson
•
dalla teoria della propagazione delle onde uni-dimensionali si ha
σ = ρ vC
dove
•
σ
è la tensione;
ρ
è la densità del materiale;
v
è la velocità della particella;
C
è la velocità del suono nel mezzo;
(1)
l’equazione costitutiva del materiale in campo elastico è
σ =εE
(2)
51
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
•
essendo poi
C2 =
•
E
(3)
ρ
sostituendo la (1) nella (2) si ottiene
v = Cε
•
(4)
da questa relazione, misurando l’εI e l’εT è possibile calcolare la velocità
dell’impulso alle due estremità del provino
interfaccia 1 → v1 = C0ε I
(per t=0)
(5)
interfaccia 2 → v2 = C0ε T
per t>0 la velocità all’interfaccia 1 decresce perché parte dell’onda incidente
viene riflessa; così si ha
interfaccia 1 → v1 = C0 ( ε I − ε R )
•
d ε v1 ( t ) − v2 ( t )
=
dt
L
(7)
sostituendo la (5) e la (6) nella (7)
ε& =
•
(6)
la velocità di deformazione può essere espressa come
ε& =
•
(per t>0)
d ε C0 ( ε I − ε R ) − C0 ( ε T ) C0
=
=
(ε I ( t ) − ε R ( t ) − ε T ( t ) )
dt
L
L
(8)
da cui si può calcolare facilmente la deformazione del materiale
integrando rispetto all’intervallo di tempo [0;t]
ε=
•
C0
L
t
∫ ⎡⎣ε ( t ) − ε ( t ) − ε ( t )⎤⎦dt
0
I
R
T
(9)
per ottenere la tensione agente nel provino si impone l’equilibrio delle
forze agenti all’interfacce per cui si ha
σ=
•
F1 ( t ) − F2 ( t )
2A
(10)
le due forze si calcolano come
interfaccia 1 → F1 = A0 E0 ( ε I + ε R )
interfaccia 2 → F2 = A0 E0 ( ε T )
52
(11)
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
•
da cui sostituendo la (11) nella (10) si ottiene
σ=
•
A0 E0
(ε I + ε R + εT )
2A
(12)
sussistendo l’equilibrio nel provino risulta ε I + ε R = ε T per cui
σ=
A0 E0
εT (t )
A
ε =−
2C0
L
ε& = −
2C0
ε R (t )
L
t
∫ ε ( t )dt
0
R
(13)
(14)
(15)
che sono le formule utilizzate per la costruzione dei legami costitutivi dei
materiali soggetti ad alte velocità di deformazione.
2.1.2 La JRC Universal Modified Hopkinson Bar (MHB) per prove ad alte
velocità di deformazione
La barra di Hopkinson classica è stata usata principalmente per prove di
compressione ad elevata velocità di deformazione soprattutto per piccoli provini
di metallo.
Una versione innovativa della barra di Hopkinson è stata sviluppata presso il Joint
Research Center (sito di Ispra) della Commissione Europea, in modo da poter
essere usata l’esecuzione di prove di trazione, compressione e taglio su provini
polimerici o di metallo sia a temperatura ambiente che per valori molto bassi o
estremamente elevati. Questo tipo di apparecchiatura permettere di eseguire prove
negli intervalli di velocità di deformazione che vanno da 100 a 2000 s-1
(estendibili a 50 s-1 per il limite inferiore e fino a 50000 s-1 per sollecitazione di
taglio). Quattro esemplari di MHB sono installate nel laboratorio DynaMat
dell’University of Applied Sciences of Southern Switzerland di Lugano.
53
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
Figura 2. 4 - Esemplari di MHB del laboratorio DynaMat dell’University of Applied Scienses of
Southern Switzerland
Lo sviluppo della MHB è stato necessario per disporre di un’unica macchina
capace di lavorare in trazione, compressione e taglio, generando onde di lunga
durata indispensabili per condurre test intorno ai 100 s-1 imponendo grandi
deformazioni prima della rottura del provino in metallo duttile. Infatti, per
esempio possiamo considerare il caso di un test dinamico a strain-rate di 100 s-1
per un provino con deformazione a rottura del 50% in cui la durata dell’onda deve
essere di 5 ms per deformare il provino prima della rottura.
Usando la barra di Hopkinson classica equipaggiata per test dinamici sarebbe
necessario lanciare un proiettile lungo più di 10 m per ottenere un’onda di durata
pari a qualche ms, compito difficile in particolar modo per la realizzazione
dell’impatto piano tra il proiettile e la input bar. Quest’ultima, infatti, costituisce
una condizione assolutamente necessaria per generare onde piane elastiche di
tensione necessarie per la corretta analisi dei dati della barra di Hopkinson
attraverso la più importante teoria della propagazione delle onde elastiche piane.
Lo schema della MHB in trazione è
54
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
Figura 2. 5 - Modified Hopkinson bar per prove di trazione
La MHB consiste in una barra pretesa (che sostituisce il proiettile utilizzato nella
versione classica della Hopkinson bar) che costituisce un’appendice solidale della
input bar, seguita dall’output bar e dal provino inserito tra le due.
Il funzionamento della MHB è basato sull’accumulo di un certo quantitativo di
energia meccanica elastica nella barra di pretensione. La barra pretesa è bloccata
per mezzo di un sistema di blocco mentre l’altro estremo è collegato ad un
attuatore idraulico per la messa in tensione.
Una volta immagazzinata l’energia meccanica lungo la barra pretesa ed inserito il
provino tra le due barre incidente e trasmittente, il meccanismo di blocco viene
sganciato mediante la rottura fragile di un elemento, a questo punto si ha la
generazione di due contemporanee onde elastiche piane:
•
un’onda di compressione che si propaga, alla rottura del pezzo fragile, dal
sistema di blocco verso la sinistra della barra pretesa scaricandola;
•
un’altra onda, ma di trazione, si propaga dal sistema di blocco lungo la
input bar, il provino e l’output bar portando il provino a rottura.
La durata dell’impulso che carica il provino corrisponde al valore del tempo che
l’onda di scarico impiega per coprire la distanza tra la sezione libera della barra e
l’attuatore idraulico e ritornare indietro; l’ampiezza dell’impulso di tensione
generato è pari alla metà del valore stabilito della pretensione statica nella barra
realizzata a mezzo dell’attuatore idraulico.
Usando una barra pretesa di 6 m di lunghezza è possibile generare onde di
trazione di lunghezza 2.5 ms permettendo la deformazione fino alla rottura di un
provino in materiale molto duttile sotto elevati strain-rate. In questo caso è
necessario utilizzare una barra trasmittente di lunghezza corrispondente a quella
55
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
pretesa per riuscire a leggere deformazioni del provino senza il disturbo provocato
dalla sovrapposizione dell’onda riflessa dalla barra finale che potrebbe rendere
molto complicata l’analisi dei dati registrati nel corso della prova.
Il meccanismo di blocco permette di ottenere una rampa di salita del carico molto
rapida dell’ordine dei 30 μs assicurando così che la propagazione dell’onda di
tensione nel provino posto innanzi alla barra incidente sia piana ed elastica senza
componenti di flessione.
Infine, il diametro piccolo (circa 10 mm) rispetto alla lunghezza delle onde
generate che sono dell’ordine di qualche metro, realizza le condizioni per la
propagazione senza dispersione né assorbimento, lungo le barre incidente e
trasmittente, alla velocità C0.
Sulle barre incidente e di trasmissione, ad una certa distanza dal provino, vengono
applicati degli estensimetrici elettrici a resistenza in semi-conduttori per registrare
le deformazioni εI provocate dall’impulso incidente, le deformazioni εR causate da
una parte dell’onda incidente riflessa all’interfaccia input bar-provino, le
deformazioni εT provocata dall’aliquota di onda incidente che viene sopportata dal
provino e, quindi, trasmessa nell’output bar.
Nella figura successiva vengono mostrati i dati di una prova dinamica di trazione
realizzata con la MHB in cui è possibile osservare che:
•
il chiaro andamento delle onde incidente, riflessa e trasmessa;
•
il preciso piccolo intervallo dell’onda incidente dell’ordine dei 30 μs;
•
l’ampiezza costante dell’onda incidente;
•
la caratteristica similitudine tra dati dell’onda trasmessa con la relazione
tensione-tempo registrata mediante un convenzionale test di trazione.
56
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
1.2 10
4
1 10
4
input
output
reflected pulse
4
8000
6000
transmitted pulse
incident pulse
Pulse [N]
1.4 10
4000
2000
0
-2000
0
0.0002
0.0004
0.0006
0.0008
0.001
Time [s]
Figura 2. 6 - Registrazione delle onde incidente, riflessa e trasmessa misurate sull’input ed output
bar durante una prova con la barra di Hopkinson modificata
2.1.3 Set-up per esperimenti su provini di calcestruzzo e di acciaio
Per determinare le proprietà meccaniche del calcestruzzo e dell’acciaio sotto
carichi con elevata velocità di applicazione si usano tre differenti configurazioni
della modified Hopkinson bar: la prima è costituita da barre con diametro
dell’ordine dei 10 mm ed è stata utilizzata per prove dinamiche di campioni
d’acciaio, le altre due vengono, invece, usate per testare provini di calcestruzzo
rispettivamente di 20 e 60 mm.
Set-up per provini di acciaio
Il sistema consiste in due barre cilindriche di acciaio ad alta resistenza aventi
diametro di 10 mm e lunghezza di 9 e 6 m rispettivamente per la barra incidente e
trasmittente. Il provino metallico di diametro pari a 3 mm viene sagomato con le
estremità filettate e poi avvitato tra le due barre provviste di controfilettatura
57
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
Figura 2. 7 - Provino metallico sagomato ed avvitato tra le due barre incidente e di trasmissione
per una prova con la barra di Hopkinson modificata
Le due barre vengono strumentate mediante strain-gage in materiale semiconduttore che misurano le onde incidente, riflessa e trasmessa agenti nella
sezione trasversale del provino. Come barra di pretensione viene utilizzata una
parte della barra di input.
La prova con la MHB si articola in due fasi descritte di seguito:
•
per prima cosa per mezzo dell’attuatore idraulico, con capacità massima di
carico pari a 600 kN, viene messa in trazione la parte pretesa (6 m) della
barra incidente del diametro di 10 mm; la pretensione accumulata nella
barra viene trattenuta a mezzo di un sistema di blocco;
•
come seconda operazione, viene rotto il bullone fragile del sistema di
blocco rilasciando un impulso meccanico di trazione della durata di 2.4 ms
con velocità di carico lineare nell’intervallo di tempo, che si propaga lungo
le barre incidente e trasmittente portando a rottura il provino metallico.
58
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
Figura 2. 8 - Set-up della barra di Hopkinson modificata per test su provini metallici
59
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
Set-up per il provino di calcestruzzo con diametro di 60 mm
Il sistema consiste in due barre circolari di alluminio aventi lunghezza pari a 3 m e
diametro di 60 mm in cui il provino di calcestruzzo è inserito ed incollato con una
resina epossidica (resistenza a trazione > 30 MPa). In questo caso, il provino di
calcestruzzo ha lo stesso diametro delle barre le quali vengono strumentate
mediante l’applicazione di strain-gage in materiale semi-conduttore così da
ottenere le necessarie misurazioni delle onde incidente, riflessa e trasmessa agenti
nella sezione trasversale del provino.
Il test con la MHB viene condotto come segue:
•
per prima cosa con l’attuatore idraulico, con massima capacità di carico di
1 MN, viene caricata una barra di acciaio maraging ad alta resistenza della
lunghezza di 3 m e del diametro di 35.8 mm; la pretensione accumulata
nella barra è stata trattenuta da un dispositivo di blocco;
•
seconda operazione è quella di rompere il bullone fragile del dispositivo di
blocco così da generare un impulso di tensione meccanica della durata di
1200 ms con velocità di carico lineare durante questo brevissimo tempo,
che si propaga lungo la barra incidente e trasmittente riportando la frattura
del provino in calcestruzzo.
Figura 2. 9 - Set-up della barra di Hopkinson modificata per test su provini in calcestruzzo
1. attuatore idraulico; 2. barra d’acciaio ad alta resistenza per l’accumulo dell’energia (3 m);
3. dispositivo di blocco; 4. barra incidente; 5. strain-gage per la misurazione dell’onda incidente e
riflessa; 6. provino; 7. strain-gage per misurare l’onda trasmessa; 8. barra di trasmissione
60
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
L’alluminio viene scelto come materiale per le barre incidente e trasmittente a
causa della sua impedenza acustica, non molto lontana da quella del calcestruzzo.
La lunghezza della barra incidente e trasmittente connesse al provino sono tali che
la riflessione dell’onda dall’estremo più lontano non raggiunge il provino prima
della rottura permettendo la raccolta dei dati senza interferenze.
Il provino di calcestruzzo viene anch’esso strumentato mediante uno strain-gage
utilizzato per misurare ed analizzare gli effetti della propagazione dell’onda al suo
interno.
Figura 2. 10 - Provino in calcestruzzo con strain-gage applicato pronto per una prova con la barra
di Hopkinson modificata
Prima della prova le superfici del calcestruzzo vengono levigate al fine di
permettere un corretta applicazione alle barre di input e output.
Set-up per il provino in calcestruzzo con diametro di 20 mm
Il sistema consiste in due barre cilindriche di alluminio di diametro pari a 20 mm
di lunghezza 3 e 6 m rispettivamente per la barra incidente e trasmittente. Il
provino in calcestruzzo, dello stesso diametro delle barre, viene incollato tra di
esse a mezzo di una resina epossidica (resistenza a trazione > 30 MPa). Le barre
di input ed output vengono strumentate mediante strain-gage in materiale semiconduttore che misurano le onde incidente, riflessa e trasmessa agenti nella
61
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
sezione trasversale del provino. La barra pretesa è in acciaio ad alta resistenza ed è
connessa saldamente alla barra incidente.
La prova con la MHB viene condotta nel seguente modo:
•
per prima cosa, per mezzo dell’attuatore idraulico, con capacità massima
di carico pari a 600 kN, viene messa in pretensione la barra di acciaio ad
alta resistenza di lunghezza pari a 6 m e diametro di 12 mm; la pretensione
immagazzinata nella barra viene trattenuta mediante un sistema di blocco;
•
successivamente, viene rotto il bullone fragile del sistema di blocco che
sprigiona l’impulso meccanico di trazione della durata di 2.4 ms con
velocità di carico lineare durante questo breve intervallo di tempo, che si
propaga lungo le barre di input ed output portando a rottura il provino in
calcestruzzo.
62
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
2.2 La Drop-weight impact machine
La Drop-weight Impact Machine è un’apparecchiatura dalle dimensioni rilevanti
(anche se ne esistono versioni in scala ridotta che hanno però capacità limitate in
termini quantità di energia trasmessa al provino) capace di simulare alte velocità
di deformazioni sfruttando l’energia cinetica di caduta di una massa battente. La
macchina nel suo complesso è alta 3.50 m, poggia su una base di forma quadrata
in pianta in calcestruzzo armato alta 0.90 m e larga 1.50 m ed è munita di un ariete
rigido del peso di circa 3.38 kN provvisto di sistema frenante pneumatico.
Figura 2. 11 - Schema di funzionamento della drop-weight impact machine
La Drop-weight Impact Machine è costituita dai seguenti componenti:
•
la base munita di due appoggi strumentati, su cui viene alloggiato il
provino, capaci di registrare sia la reazione verticale che orizzontale in
modo da avere un quadro statico completo del processo;
•
un ariete rigido provvisto di maglio la cui caduta da altezza nota,
all’impatto con il provino da testare, trasferisce energia che lo deforma
fino a portarlo a rottura;
63
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
•
le guide che permettono all’ariete di scorrere secondo la direzione
verticale impedendo svergolamenti e strumentate con fotocellule in modo
da registrare i parametri del moto di caduta;
•
gli accelerometri installati lungo la semilunghezza della trave a distanza
nota che permettono di ricostruire la deformata ed il moto di
deformazione del provino.
Figura 2. 12 - Drop-weight impact machine
di un laboratorio tedesco
Figura 2. 13 - Versione di dimensioni
ridotte di drop-weight impact machine
Quando la prova ha inizio, l’ariete viene fatto cadere da altezza nota quindi il
maglio impatta la trave e ne provoca la deformazione fino a rottura; durante
l’esperimento le fotocellule registrano il moto di caduta, gli accelerometri leggono
lo spostamento dei punti della trave su cui sono installati e, per interpolazione,
ricostruiscono il processo di deformazione dell’intera trave, infine, questi dati,
mediante il principio dei lavori virtuali, vengono elaborati per calcolare l’energia
di frattura d la risposta meccanica dell’elemento [5].
64
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
Figura 2. 14 - Provino in calcestruzzo armato dopo il test con la drop-weight impact machine
2.3 La Hydro-pneumatic Machine
Per investigare circa il comportamento dei materiali in condizioni di strain-rate
intermedi viene utilizzata un’apparecchiatura denominata Hydro-pneumatic
Machine [23]. Essa è stata sviluppata e brevettata presso il JRC di Ispra ed è
presente presso il laboratorio DynaMat di Lugano.
Come si può vedere dalla foto di seguito riportata, si tratta di un macchina dalle
dimensioni contenute con funzionamento di base idro-pneumatico e che permette
di condurre test su provini di acciaio con velocità fino a 50 s-1.
Figura 2. 15 - Hydro-pneumatic machine per prove a media velocità di deformazione
65
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
Il corpo macchina della hydro-pneumatic è formato da tre organi sostanzialmente:
•
un serbatoio cilindrico diviso da un pistone a perfetta tenuta in due camere
l’una riempita di gas a pressioni elevate, l’altra contenente acqua che
all’atto di dare inizio alla prova viene evacuata attraverso un orifizio
calibrato a mezzo di un elettro-valvola rapida;
•
un’asta cilindrica collegata rigidamente al pistone in comunicazione con
l’esterno della camera riempita di gas a mezzo di una guarnizione ermetica
da un lato e dall’altro connesso al provino da testare; in prossimità
dell’attacco pistone-provino una piastra solidale col pistone permette di
registrare i movimenti di quest’ultimo attraverso un trasduttore di
spostamento non a contatto;
•
una barra elastica di cui un estremo è incastrato rigidamente al supporto
fisso della macchina e l’altro viene connesso al provino metallico; la
funzione di questa barra strumentata per la lettura delle deformazioni a
mezzo di uno strain-gage è quella di leggere durante la prova il carico
sopportato dal campione testato.
Il funzionamento della hydro-pneumatic machine consiste nell’imprimere con
elevata velocità una forza al pistone provocando una differenza di pressione nel
serbatoio cilindrico svuotando la camera riempita di acqua.
Schematicamente può essere descritto come di seguito:
•
le due camere del serbatoio vengono riempite l’una di gas e l’altra di acqua
stabilendo lo stesso valore di pressione e quindi senza che siano applicate
delle forza sulle facce del pistone che resta in equilibrio;
•
il provino viene fissato tra le due barre, quella collegata al pistone e quella
elastica fissa strumentata;
•
attivando l’elettro-valvola rapida che tappava la camera riempita d’acqua
la si mette in comunicazione con l’esterno e la forza esercitata dalla
pressione del gas sulla faccia del pistone prevale. Il pistone comincia così
ad accelerare riducendo le dimensioni della camera colma di acqua e
provocando, simultaneamente, la fuoriuscita a velocità costante del liquido
attraverso l’orifizio calibrato e l’applicazione al provino di un carico con
66
Cap. II – METODOLOGIE SPERIMENTALI PER LA MISURA DELLE CARATTERISTICHE
TENSO-DEFORMATIVE DEI MATERIALI SOTTOPOSTI A REGIMI DINAMICI
deformazioni che si evolvono a strain-rate costante. Il movimento del
pistone a velocità costante e, quindi, la costanza della velocità di
deformazione durante tutta la prova sono legati principalmente
all’applicazione della forza esercitata dal gas sulla superficie del pistone in
modo costante. In questo senso buoni risultati possono essere raggiunti
limitando la variazione di volume della camera riempita di gas e quindi,
conseguentemente contenendo la diminuzione di pressione al suo interno.
Questo obiettivo può essere perseguito limitando l’escursione del pistone
intorno a circa il 10% del volume della camera piena di gas;
•
il carico impresso al provino viene letto attraverso la barra dinamometrica
elastica strumentata mentre l’allungamento viene registrato a mezzo del
trasduttore di spostamento applicato sulla piastra collegata alla barra
solidale con il pistone.
Figura 2. 16 - Schema della hydro-pneumatic machine
67
Cap. III – INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
Capitolo III
Interpretazione analitica della sensibilità alla velocità di
deformazione dei materiali strutturali
Dal punto di vista computazionale nell’attività di progettazione, il miglioramento
del comportamento meccanico dei materiali interessati dal fenomeno della
sensibilità alla velocità di deformazione viene tenuto in conto inserendo
all’interno delle relazioni costitutive dei fattori correttivi.
Questi ultimi vengono espressi, in modo diverso, a seconda della teoria di base a
cui ci si riferisce ed hanno espressioni più o meno complesse in funzione del
numero di variabili da considerare per la corretta analisi del comportamento del
materiale oggetto di studio.
Nel seguito verrà fatta una panoramica dei legami costitutivi, frutto delle attività
sperimentali, che contemplano la sensibilità alla velocità di deformazione e,
successivamente, saranno illustrati, relativamente ai materiali oggetto di questo
lavoro, le relazioni contenute all’interno del codice di calcolo LS-Dyna ed
utilizzate dal programma per modellare il comportamento meccanico ad elevati
strain-rate dei materiali.
68
Cap. III – INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
3.1 Lo strain-rate nei legami costitutivi sperimentali
Lo sviluppo delle attività sperimentali e di conseguenza l’evoluzione delle
conoscenze in materia di sensibilità alla velocità di deformazione ha consentito la
formulazione di nuove principi che potessero interpretare questo fenomeno. Si è
così assistito alla nascita talvolta di complesse teorie multi-disciplinari, talaltra di
semplici equazioni che potessero assecondare i risultati sperimentali e permettere
la formulazione di previsioni sul comportamento dei materiali.
La rassegna che segue di interpretazioni matematiche della sensibilità alla velocità
di deformazione non ha l’intento di compilare lo stato dell’arte di questo
argomento bensì viene elaborata per illustrare senza alcun ordine temporale o di
importanza quelle relazioni a cui maggiormente ci si riferisce per ipotizzare la
risposta dinamica dei materiali da testare.
3.1.1 Modello di Cowper-Symond
[24] Il modello di Cowper-Symonds è un legame costitutivo di natura
semiempirica ed è la relazione più nota ed utilizzata in virtù della sua semplicità
di applicazione e della grande disponibilità di dati in letteratura. Il suo utilizzo
presuppone la conoscenza di due parametri funzione del materiale e si presenta in
due forme sostanzialmente identiche:
⎛σ
⎞
ln ε& = q ln ⎜ − 1⎟ + ln D
⎝σ0 ⎠
oppure, in maniera equivalente
1
σ
⎛ ε& ⎞ q
= 1+ ⎜ ⎟
σ0
⎝D⎠
dove
σ0
è la tensione di snervamento statica;
σ
è la tensione di snervamento dinamica;
ε&
è la velocità di deformazione;
q e D sono due parametri funzione del materiale.
69
Cap. III – INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
Per quanto riguarda la relazione di Cowper-Symonds ci sono due aspetti da
mettere in evidenza:
•
il primo si riferisce ai parametri caratteristici del materiale ed in particolar
modo il coefficiente D che risulta essere funzione del livello deformativo
attinto dal provino. Per una corretta interpretazione dei dati, quindi,
sarebbe necessario introdurre nella formula del legame costitutivo tale
dipendenza. A questa soluzione si preferisce, però, una diversa opzione e
cioè quella di calcolare questo parametro per diversi valori della tensione
corrispondenti a stati di deformazione via via crescenti;
•
il secondo riguarda il modo di applicare il modello e vengono proposte due
procedure differenti:
o una che consiste nell’amplificare la sola tensione di snervamento e
traslare tutti i punti del tratto plastico del legame costitutivi di una
stessa quantità pari alla differenza tra il valore della tensione di
snervamento statica e quella dinamica (modo I);
o l’altra, invece, applica il modello costitutivo a tutti i punti della
curva σ-ε nel tratto plastico (modo II).
3.1.2 Modello di Jones
I problemi di cui è affetto il modello di Cowper-Symonds vengono parzialmente
risolti da quello di Jones ed in particolare per l’aspetto riguardante la dipendenza
dallo stato deformativo del materiale [24].
L’espressione di questo tipo di legame è molto simile a quello di CowperSymonds ma prevede l’introduzione di un terzo parametro C caratteristico del
materiale:
1
σ
ε& ⎞ q
⎛
= 1+ ⎜
⎟
σ0
⎝ B + C ⋅ε ⎠
dove
σ0
è la tensione di snervamento statica;
σ
è la tensione di snervamento dinamica;
70
Cap. III – INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
ε&
è la velocità di deformazione;
q, B e C sono tre parametri funzione del materiale.
Per non aggravare l’onere computazionale, però, attestata la contenuta variabilità
del parametro q, lo si mantiene costante durante tutta l’applicazione di questo tipo
di legame. In letteratura, inoltre, dai numerosi dati disponibili si evince che non
vengono apportati miglioramenti sostanziali rispetto al precedente modello anche
perché il parametro B risulta molto prossimo al D della relazione di CowperSymonds ed il prodotto C·ε è spesso trascurabile.
3.1.3 Modello di Johnson & Cook
La legge costitutiva di Johnson & Cook fu proposta dagli autori nel 1983 con
l’obiettivo di inglobare in un’unica relazione sia gli effetti della velocità di
deformazione e dell’incrudimento che la dipendenza dalla temperatura [24].
Secondo questo modello l’espressione della tensione di snervamento dinamica si
esprime come
σ = ⎡⎢ A + B ( ε p )
⎣
dove
A
n
⎡ ⎛ T − 300 ⎞ m ⎤
⎡
⎤
⎛
⎞
&
ε
⎤ ⋅ ⎢1 + C ln
⎟⎟ ⎥
⎜ ⎟ ⎥ ⋅ ⎢1 − ⎜⎜
⎥⎦
&
−
ε
T
300
⎢
⎝ 0 ⎠⎦ ⎣ ⎝ f
⎣
⎠ ⎥⎦
è il limite elastico del materiale;
B e n sono costanti caratteristiche del tratto plastico e dell’incrudimento
del materiale;
C
è una ulteriore costante che esprime la sensibilità alla velocità di
deformazione rispetto al valore di riferimento ε&0 (suggerita dagli
autori pari a 1 s-1);
T
è la temperatura ambiente in scala assoluta;
Tf
è la temperatura di fusione del materiale in scala ssoluta;
m
è un parametro caratteristico del materiale.
A questa forma bisogna però apportare delle modifiche di tipo analitico che
riguardano l’insieme di definizione delle velocità di deformazione: infatti, per
valori al di sotto di ε&0 la relazione di Johnson & Cook restituisce valori al di sotto
71
Cap. III – INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
della tensione di snervamento statica e, per ε& estremamente bassi, dati addirittura
negativi.
Quindi, apportando le dovute correzioni, si ottiene che la relazione assume la
seguente forma
⎧ ε& ≤ 1s −1 ⇒ σ = σ 0
⎪⎪
⎡ ⎛ T − 300 ⎞m ⎤
⎡
⎤
n
⎛
⎞
&
⎨
ε
−1
⎡
⎤
⎪ε& > 1s ⇒ σ = ⎢⎣ A + B ( ε p ) ⎥⎦ ⋅ ⎢1 + C ln ⎜ ε& ⎟ ⎥ ⋅ ⎢1 − ⎜⎜ T − 300 ⎟⎟ ⎥
⎝ 0 ⎠ ⎦ ⎢⎣ ⎝ f
⎣
⎠ ⎥⎦
⎩⎪
dove
σ0
è la tensione di snervamento statica.
3.1.4 Confronto tra i modelli costitutivi di Cowper-Symonds, Jones e
Johnson & Cook
Tra i tre modelli appena descritti, il confronto più interessante che si evince da
un’analisi comparata delle previsioni ottenute mediante questi legami costitutivi
riguarda la legge di Cowper-Symonds e quella di Johnson & Cook. Il modello di
Jones, invece, per la scarsa carica innovativa e la sostanziale similitudine con
quello di Cowper-Symonds non risulta interessante [24].
Per quanto riguarda il confronto tra gli altri due, si può dire che a fronte di una
maggiore semplicità ed una più rapida convergenza del modello di Johnson &
Cook nello stabilire il valore dei parametri caratteristici dei materiali necessari
all’utilizzo delle formule, il legame di Cowper-Symonds interpreta meglio i dati
sperimentali specie per valori molto elevati della velocità di deformazione
prossimi a 103 s-1 [18].
Lo svantaggio principale, però, del modello di Cowper-Symonds risiede nel fatto
che, soprattutto nell’applicazione al caso dei materiali metallici, trascurare
l’influenza della temperatura nell’evoluzione del processo dinamico non consente
di interpretare correttamente tutti gli aspetti che concorrono nella realtà a definire
la risposta meccanica del materiale.
Ma, ciò nonostante, quello di Cowper-Symonds risulta il modello maggiormente
applicato per la migliore corrispondenza tra dati analitici e risultati sperimentali.
72
Cap. III – INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
3.2 Lo strain-rate nei legami costitutivi del software LSDyna
Il programma LS-Dyna si propone come software applicativo principe nel
panorama dei codici di calcolo strutturale per le potenzialità offerte e per le
innumerevoli opzioni di modellazione disponibili [25].
Tra queste, quella di maggior interesse per le analisi dinamiche, la possibilità di
modellare le azioni e la risposta meccanica degli elementi in funzione diretta o
indiretta del tempo.
Più specificamente, di grande importanza risulta, per i nostri scopi, la possibilità
di poter descrivere il comportamento costitutivo di un materiale in funzione della
velocità di deformazione. Questa opzione è articolata dal programma
fondamentalmente in tre diversi modi:
1. attraverso l’assegnazione di fattori amplificativi derivanti da diverse teorie
tipo quella di Cowper-Symonds oppure quella di Johnson & Cook;
2. mediante l’inserimento della relazione che intercorre tra il DIF e la
velocità di deformazione;
3. per mezzo della specificazione della famiglia di curve tensionedeformazione parametriche secondo le velocità di deformazione.
Nel primo, lo strain-rate entra in gioco una volta raggiunta la superficie di
snervamento modificando l’espressione della tensione mediante un fattore
amplificativo del tipo
1
⎛ ε& ⎞ p
1+ ⎜ ⎟
⎝C⎠
dove
ε&
è la velocità di deformazione;
C e p sono due costanti caratteristiche del materiale;
o anche del tipo
1 + C ln ε& '
73
Cap. III – INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
dove
ε& ' =
ε& p
è la velocità di deformazione plastica rapportata alla velocità di
ε&0
deformazione iniziale;
C
è una costante funzione del materiale.
Nel secondo modo, invece, nella fase di input dei dati, si definiscono i fattori di
scala amplificativi della tensione di snervamento in funzione della velocità di
deformazione cosicché, durante l’analisi, il programma può attingere al valore
corrispondente allo strain-rate del processo.
Infine, ulteriore alternativa, è quella di specificare i legami costitutivi del
materiale a diversi strain-rate così da formare una famiglia di curve
tridimensionali nello spazio (σ ; ε ; ε& ) a cui il programma fa riferimento durante
l’analisi.
Figura 3. 1 - Legame costitutivo plastico in funzione di ε& nello spazio (σ , ε , ε& )
Al primo di questi tre modi di concepire il fenomeno, per completezza, possono
essere talvolta aggiunte delle opzioni all’interno della sezione VP: Formulation
for rate effects utilizzabili dal programma per meglio interpretare la modellazione
che si sta effettuando dello strain-rate. Le opzioni attivabili dall’utente sono:
•
scale yield stress;
•
viscoplastic formulation;
74
Cap. III – INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
dove con la prima la tensione del materiale si ottiene semplicemente
moltiplicando la tensione statica per il fattore correttivo derivante da una
qualunque delle teorie di base proposte; con la seconda opzione, invece, la
tensione dinamica è il risultato della somma di quella statica corrispondente e di
un’aliquota della tensione di snervamento statica.
Le due opzioni fanno si che, ipotizzando un materiale elasto-plastico incrudente
sensibile allo strain-rate, il legame costitutivo dinamico sarebbe
Viscoplastic Formulation
Scale Yield Stress
σr
σy
σr
σy
σr
σr
σy = σy
εy
εr
εy
εr
Figura 3. 2 - Formulation for rate effect - possibili applicazioni degli effetti dello strain-rate al
ramo plastico di un legame costitutivo
Questi tre modi di interpretare la dipendenza dallo strain-rate del materiale con le
relative opzioni possibili fanno si che l’utente abbia, di volta in volta, a seconda
del caso particolare che si trova a risolvere, l’opportunità di scegliere l’uno o
l’altro strumento per meglio modellare il comportamento reale del materiale.
Quanto di seguito riportato costituisce un’analisi dei legami costitutivi utilizzati
dal software LS-Dyna tesa all’individuazione del modo con cui lo strain-rate
viene portato in conto dal programma di calcolo e dei principali parametri che lo
caratterizzano.
A partire da quanto riportato nel manuale d’uso del software, l’analisi delle leggi
costitutive disponibili nel database riguarderà esclusivamente quelli applicabili in
caso di strain-rate.
75
Cap. III – INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
3.2.1 Elastic-Plastic with Kinematic Hardening (MAT 003)
Questo modello è adatto a descrivere il comportamento di travi, piastre e/o
elementi tozzi di materiale a legame plastico incrudente, sensibile oppure no allo
velocità di deformazione. Lo strain-rate viene tenuto in conto mediante il modello
teorico di Cowper and Symonds attraverso l’introduzione di un fattore
amplificativo della tensione di snervamento del tipo
1
⎛ ε& ⎞ p
1+ ⎜ ⎟
⎝C ⎠
ε&
dove
è la velocità di deformazione;
C e p sono due costanti caratteristiche del materiale.
Al momento dell’inserimento dei dati nelle card del programma è anche possibile
selezionare l’opzione Viscoplastic Formulation o Scale Yield Stress all’interno
della sezione VP: Formulation for rate effects così da applicare in modo
appropriato lo strain-rate alla parte plastica del legame costitutivo.
3.2.2 Elastic-Plastic with Termal Softening (MAT 011)
Questo legame si presta alla descrizione di elementi solidi che si deformano con
strain-rate molto elevati (dell’ordine di 105 s-1) e la cui tensione di snervamento è
funzione della temperatura o della pressione: infatti, risulta indispensabile per il
corretto funzionamento del modello l’inserimento dell’equazione di stato del
materiale. Gli effetti della velocità di deformazione vengono computati in campo
plastico mediante un coefficiente
dove
YT = f (ε& p , T )
ε& p
è la velocità di deformazione plastica;
T
è la temperatura a cui avviene il processo.
3.2.3 Johnson & Cook Plasticity Model (MAT 015)
Questo modello è usato per elementi solidi di materiale sensibile alle azioni
dinamiche ed alla temperatura nel caso particolare in cui l’elevato strain-rate e
76
Cap. III – INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
l’incremento di temperatura adiabatica, dovuto al riscaldamento prodotto dalla
deformazione plastica (effetto Joule), ne causano il rammollimento. Gli effetti
della sensibilità alla velocità di deformazione sulla tensione di snervamento sono
tenuti in conto mediante un fattore amplificativo del tipo
1 + C ln ε& '
dove
ε& ' =
ε& p
è la velocità di deformazione plastica rapportata alla velocità di
ε&0
deformazione iniziale;
C
è una costante funzione del materiale.
Anche in questo caso è possibile nell’inserimento dei dati selezionare l’opzione
Viscoplastic Formulation o Scale Yield Stress nella sezione VP: Formulation for
rate effects così da specificare il comportamento plastico più appropriato per il
materiale da modellare ad elevati strain-rate.
In aggiunta, per una maggiore precisione della modellazione, possono essere
utilizzate forme quadratiche del fattore amplificativo del tipo
1 + C1 (ln ε& ') + C 2 (ln ε& ')
2
oppure forme esponenziali, proposte da vari autori, tra cui quella di CowperSymond
1
⎛ ε& ⎞ p
1+ ⎜ ⎟
⎝C ⎠
o, ancora,
(ε&')c
3.2.4 Pseudo Tensor Concrete/Geological Model (MAT 016)
Questo legame ben si presta a descrivere il comportamento di materiali, tipo i
terreni o il calcestruzzo armato, sottoposti ad azioni dinamiche per i quali, essendo
i parametri di resistenza funzione della pressione, è necessario introdurre
l’equazione di stato a cui il programma fa’ riferimento durante l’analisi.
A seconda del settaggio dei parametri di input del software, si può scegliere di
utilizzare questo modello in due modi: come semplice relazione tra superficie di
crisi e pressioni al contorno (adatto principalmente ai terreni) oppure, in maniera
più elaborata, come legame doppio tra due diversi limiti di snervamento, riferiti a
77
Cap. III – INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
fasi diverse del materiale, ed il regime tensionale presente, con la possibilità di far
migrare gli sforzi verso uno dei due (quindi adatto per il calcestruzzo armato).
Nel primo modo viene adottato il criterio di crisi di Mohr-Coulomb con i limiti di
Tresca quindi il calcolo viene condotto in termini di coesione ed angolo di attrito
fino al limite elastico rappresentato dall’invariante
σ1 − σ 3
2
come mostrato in figura.
Figura 3. 3 - Superficie di crisi di Mohr-Coulomb con limiti di Tresca utilizzati dal MAT 016
Nel secondo, invece, si hanno due curve che rappresentano la soglia di danno e la
soglia di rottura, e la crisi del materiale avviene a seconda dello stato di
sollecitazione (in termini di pressione esterna) passando attraverso una di queste
superfici.
78
Cap. III – INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
Figura 3. 4 - Curve di danno e di rottura utilizzate dal modello MAT 016
È possibile, inoltre, selezionare opzioni aggiuntive riguardanti la modellazione del
calcestruzzo armato che tengono conto di relazione aggiuntive tra i parametri
meccanici proprie di questo composito e dell’interazione delle diverse fasi una
volta specificata la percentuale di rinforzo. Infatti, all’inserimento manuale di tutti
i parametri caratteristici di questo modello da inserire nella card di input dei dati
si può prediligere l’assegnazione della sola tensione di rottura del calcestruzzo
non confinato fc lasciando al programma stesso il compito di derivare tutte le
costanti da quest’unico valore.
Per questo modello la dipendenza dallo strain-rate viene espressa in maniera
diretta attraverso l’assegnazione di curve che esprimono la risposta del materiale
in funzione della velocità di deformazione e la definizione dell’equazione di stato
per cui i parametri dipendono direttamente dalla pressione a sua volta legata alla
deformazione volumetrica.
È questo il modo più corretto di trattare il fenomeno ma, al tempo stesso,
costituisce un ulteriore difficoltà perché presuppone la conoscenza del legame che
intercorre tra tensione e velocità di deformazione e dell’equazione di stato del
materiale.
79
Cap. III – INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
3.2.5 Power Law Isotropic Plasticity (MAT 018)
Questo legame interpreta il comportamento di un materiale elasto-plastico
incrudente con strain-rate ed usa, per tener in conto di questo fenomeno, il fattore
amplificativo proposta dalla teoria di Cowper and Symonds
1
⎛ ε& ⎞ p
1+ ⎜ ⎟
⎝C ⎠
dove
ε&
è la velocità di deformazione;
C e p sono due costanti caratteristiche del materiale.
3.2.6 Strain-rate Dependent Isostropic Plasticity (MAT 019)
Questo modello ben interpreta il comportamento di materiali che sono interessati
dallo strain-rate in ogni loro aspetto. Infatti, nella procedura di input dei dati
viene richiesta l’immissione delle relazioni che intercorrono tra la tensione di
plasticizzazione, quella di crisi secondo Von Mises, il modulo di Young ed il
modulo tangente con la velocità di deformazione. Quindi, è adatto a tutti quei
materiali con una spiccata sensibilità allo strain-rate delle caratteristiche
meccaniche come avviene nel caso del calcestruzzo, dell’acciaio e dei componenti
alla base dell’FRP. L’algoritmo di risoluzione si fonda su un semplice modello
che, procedendo per step temporali fissati dall’utente, studia le interazioni tra le
variabili meccaniche funzioni del tempo per mezzo della sensibilità alla velocità
di deformazione escludendo dall’analisi gli elementi che, in quell’istante, hanno
raggiunto la tensione di rottura.
Al momento dell’inserimento dei dati nelle card del programma è anche possibile
selezionare l’opzione Viscoplastic Formulation all’interno della sezione VP:
Formulation for rate effects per meglio interpretare gli effetti dello strain-rate
nella parte di legame costitutivo interessata.
3.2.7 Piecewise Linear Isotropic Plasticity (MAT 024)
Questo modello è adatto per materiali elasto-plastici con legame tensionideformazioni qualsiasi e dipendenza dallo strain-rate arbitraria. Il comportamento
80
Cap. III – INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
elasto-plastico viene tenuto in conto adottando una curva di risposta meccanica
bilineare definita attraverso il modulo elastico ed il modulo tangente; per lo
strain-rate, invece, si può scegliere una delle tre opzioni contemplate dal
software.
Se si utilizza il modello di Cowper-Symonds la tensione di snervamento viene
amplificata mediante il coefficiente
1
⎛ ε& ⎞ p
1+ ⎜ ⎟
⎝C ⎠
dove
ε&
è la velocità di deformazione;
C e p sono due costanti caratteristiche del materiale.
Se viene selezionata l’opzione scale yield stress, si ha la possibilità di inserire
nelle curve di carico un fattore di scala costante lungo tutto il tratto plastico che
amplifica la resistenza del materiale dopo lo snervamento.
Ulteriore possibilità è quella di immettere un’intera famiglia di legami plastici in
funzione della velocità di deformazione come mostrato in figura, cosicché il
programma adotti la legge appropriata per qualsiasi valore di strain-rate.
Figura 3. 5 - legame costitutivo plastico tridimensionale secondo ε&
Infine, è possibile scegliere l’opzione Viscoplastic Formulation così da
interpretare in altro modo gli effetti che lo strain-rate ha sulla parte di legame
costitutivo che segue lo snervamento.
81
Cap. III – INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
3.2.8 Kinematic/Isotropic Elastic-Plastic Green-Naghdi Rate (MAT 035)
Questo modello è applicabile per elementi in muratura (brick elements) a
comportamento elasto-plastico con dipendenza dalla velocità di deformazione per
la quale si adotta la formulazione di Cowper-Symonds per mezzo del fattore
1
⎛ ε& ⎞ p
1+ ⎜ ⎟
⎝C ⎠
ε&
dove
è la velocità di deformazione;
C e p sono due costanti caratteristiche del materiale.
3.2.9
User Defined Material Model (MAT 041-050)
All’interno del database del programma esiste una sezione composta da 10
modelli dedicata alla personalizzazione delle caratteristiche dei materiali da
modellare mediante la definizione di legami costitutivi con proprietà arbitrarie da
parte dell’utente.
3.2.10 Strain-rate Sensitive Power-law Plasticity (MAT 064)
Questo legame è adatto per materiali elasto-plastici incrudenti sensibili allo strainrate; la dipendenza dalla velocità di deformazione viene tenuta in conto nel
modello mediante una struttura del tipo (nel caso monodimensionale):
σ = k ⋅ ε ⋅ ε&
dove
σ
è la tensione del materiale;
k
è la costante elastica;
ε
è la deformazione plastica;
ε&
è la velocità di deformazione plastica normalizzata.
Al momento dell’inserimento dei dati nelle card del programma è anche possibile
selezionare l’opzione Viscoplastic Formulation all’interno della sezione VP:
Formulation for rate effects.
82
Cap. III – INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
3.2.11 Modified Zerilli and Armstrong (MAT 065)
Questo modello è applicabile nel caso di materiali sensibili alla velocità di
deformazione ed ai gradienti termici. La dipendenza dallo strain-rate è tenuta in
conto mediante la definizione nei dati di input di una velocità di normalizzazione
ε&0 e, nella formula della tensione del materiale adottata dal programma, attraverso
il coefficiente amplificativo
∗
eT (− C3 +C4 ln (ε& ))
dove
T
è la temperatura;
C3 e C4
ε&* =
sono costanti del materiale;
ε&
ε&0
è la velocità di deformazione normalizzata.
Anche per questo modello è possibile selezionare l’opzione Viscoplastic
Formulation all’interno della sezione VP: Formulation for rate effects.
3.2.12 Concrete Damage Model (MAT 072)
Il Concrete damage model è un modello di legame costitutivo elaborato dal Prof.
J.
Malvar
e
si
presenta
come
un’evoluzione
del
Pseudo
tensor
concrete/geological model (MAT 016).
Questo legame si riferisce al calcestruzzo armato con barre di acciaio sottoposto a
carichi impulsivi e permette di studiare il fenomeno dello strain-rate in maniera
disaccoppiata per i due materiali di base. Infatti, nella fase di inserimento dei dati,
per quanto riguarda la definizione dei parametri che tengono conto della
sensibilità dei materiali alla velocità di deformazione, si deve specificare la
relazione riferita al materiale principale (il calcestruzzo) ed al materiale di
rinforzo (l’acciaio). Anche in questo caso, come per il MAT 016, è necessario
introdurre l’equazione di stato, del tipo EOS 8 o 9 riportate nel manuale del
programma, che fornisce il valore corrente della pressione come funzione della
deformazione volumetrica.
83
Cap. III – INTERPRETAZIONE ANALITICA DELLA SENSIBILITÀ ALLA
VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE DEI MATERIALI STRUTTURALI
3.2.13 Plastic with Damage (MAT 081)
Questo modello si applica per materiali a comportamento elasto-visco-plastico
con un qualsiasi legame tensione-deformazione ed un’arbitraria dipendenza dalla
velocità di deformazione.
Lo strain-rate viene applicato in diversi modi:
•
attraverso il fattore amplificativo della formulazione di Cowper-Symonds
1
⎛ ε& ⎞ p
1+ ⎜ ⎟
⎝C ⎠
dove
ε&
è la velocità di deformazione;
C e p sono due costanti caratteristiche del materiale;
•
oppure attraverso la definizione delle curve di carico in funzione del
gradiente di deformazione così da amplificare la superficie di crisi secondo
le due opzioni: scale yield stress oppure Viscoplastic Formilation.
3.2.14 Mechanical Threshold Stress Model (MAT 088)
Questo modello è basato sul concetto delle dislocazioni meccaniche riguardanti i
materiali duttili quindi i metalli e si fonda su un teoria di stato interno chiamata
MTS - Mechanical Threshold stress. La dipendenza dallo strain-rate non è
direttamente esplicitata, ma è inglobata nel modello di base dal momento che le
tensioni interne in questa teoria sono funzione diretta della velocità di
deformazione oltre che della temperatura e delle caratteristiche meccaniche.
84
Cap. IV – L’INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE
NELLE NORMATIVE TECNICHE
Capitolo IV
L’influenza della velocità di deformazione nelle
normative tecniche
Le attività dell’ingegneria strutturale sono legate inscindibilmente ai modelli che
la teoria tecnica, nei vari secoli di evoluzione, ha creato per interpretare ciò che
effettivamente accade nell’attività pratica. Semplici codificazioni della realtà o
elaborate interpretazioni dei fenomeni, i modelli hanno accompagnato nel passato,
e continuano tuttora a farlo, la pratica progettuale delle discipline tecniche
confermati e rinnovati dalle evidenze sperimentali e dai risultati pratici. Ma la
validazione dei modelli teorici, in quanto strumenti di base per la guida della
progettazione, passa per un ulteriore indispensabile stadio: la contemplazione
degli stessi da parte dei testi normativi. Questi ultimi, infatti, costituendo
l’elemento cardine per la convivenza civile in ogni paese evoluto, si presentano
come invalicabili limiti nell’identificare tutto quanto è permesso operare sul
territorio. Per questo motivo lo stato dell’arte fin ora compiuto per quanto
riguarda la sensibilità alla velocità di deformazione dei materiali di interesse
dell’ingegneria civile non poteva trascurare il modo in cui questo fenomeno viene
contemplato nei codici normativi. Nel seguito, quindi sarà illustrato come la
normativa italiana per le costruzioni, il codice europeo e le disposizioni
dell’agenzia americana per le armi trattano lo strain-rate nell’intento di
completare il quadro descrittivo dell’argomento.
85
Cap. IV – L’INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE
NELLE NORMATIVE TECNICHE
4.1 Lo strain-rate nelle Norme Tecniche per le Costruzioni
Le Norme Tecniche per le Costruzioni [26] costituisce l’attuale codice normativo
di riferimento per l’ingegneria strutturale in cui sono racchiuse le prescrizioni
tecniche da seguire per la progettazione ed esecuzione di una struttura. In questo
senso, si presenta come strumento a disposizione dei tecnici nello svolgimento
delle loro attività con le importanti caratteristiche di praticità e facile
consultazione. Meno esauriente invece, si presenta sul fronte della sensibilità alla
velocità di deformazione che viene appena accennata in sole due occasioni: nel
paragrafo 2.3 riguardante i modelli utilizzabili nello studio delle strutture e nel
capitolo 4 quando vengono trattate le azioni accidentali derivanti da esplosioni
(4.2) ed urti (4.3).
Per quanto riguarda il primo dei tre il riferimento alla velocità di deformazione è
limitato alla sola considerazione: … I procedimenti dell’ingegneria strutturale
introducono ipotesi sulla relazione tra tensioni e deformazioni, ovvero tra forze (e
momenti) e deformazioni (o velocità di deformazione). … Non è presente alcun
richiamo agli effetti dello strain-rate sui materiali né al modo in cui questi effetti
possano essere portati in conto nell’analisi strutturale.
Nei paragrafi 4.2 e 4.3, cioè in quelli relativi alle esplosioni ed agli urti
l’attenzione è più concentrata sulla classificazione delle azioni mediante
l’articolazione in 3 categorie in funzione delle conseguenze negative (limitate,
medie e gravi) delle azioni accidentali. Nel caso che il danno atteso sia di media o
grave entità, la normativa prescrive di fare analisi dinamiche o studi in campo
non-lineare ma rimane molto vaga sul modo in cui condurre questo tipo di
progettazione. Nella normativa, infatti, si può leggere di dover … adottare metodi
di calcolo di riconosciuta affidabilità … senza però alcun riferimento esplicito ad
approcci concernenti lo strain-rate. Solo nel sottoparagrafo 4.3.3 relativo alla
rappresentazione delle azioni derivanti da urti tra la struttura e corpi dotati di
massa e velocità (veicoli, treni, imbarcazioni ed aeromobili) viene direttamente
chiamata in causa la rate-sensitivity: … devono essere presi in considerazione, se
opportuno, gli effetti della velocità di deformazione. …
86
Cap. IV – L’INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE
NELLE NORMATIVE TECNICHE
Con maggiore dettaglio sono invece illustrate le azioni che agli eventi accidentali
causano sulla struttura con particolare interesse, nei confronti delle esplosioni,
verso gli effetti delle esplosioni interne di gas naturale e, per quanto riguarda gli
urti, verso le collisioni con mezzi i di trasporto.
Nel caso delle esplosioni, il primo punto su cui il testo concentra l’attenzione è il
fatto che, nell’ottica della gerarchia delle resistenze, la normativa prevede che
agli elementi “chiave” giunga una sollecitazione depurata dell’energia assorbita da
eventuali pannelli di sfogo (quali possono essere le tamponature). Quindi, le
formule della pressione di progetto pd fanno tutte riferimento alla pressione pv in
corrispondenza della quale i pannelli di sfogo cedono con un limite superiore
fissato in 20 kN/m2 e per volumi fino a 1000 m3.
⎧
p
0.04 ⎫
pd = max ⎨3 + pv ;3 + v +
⎬ ≤ 20
2 ( Av V )2 ⎭
⎩
dove
pv
ha il significato anzidetto;
Av
è l’area delle componenti di sfogo in m2;
V
è il volume dell’ambiente in m3.
(1)
Per gli urti, invece, la normativa assume un carattere molto prescrittivi elencando,
per ogni mezzo di trasporto considerato (veicoli, treni, imbarcazioni ed
aeromobili) nei vari casi ipotizzabili (urto sopra o sotto un ponte, direzione
parallela o ortogonale al senso di marcia, etc.), le azioni di progetto Ad da prendere
in considerazione senza trascurare area di carico (estensione e posizione) e angolo
di incidenza della sollecitazione.
Da evidenziare è il fatto che, nel caso di urti tra strutture ed aeromobili, la
normativa si limita a considerare il solo caso di elicotteri in situazione di
atterraggio d’emergenza qualora sulla copertura sia prevista una piattaforma. In
questo caso l’azione di progetto Ad risulta pari a
Ad = A m
dove
(2)
A
è pari a 100 kN·ton -0.5;
m
è la massa in ton dell’aeromobile.
87
Cap. IV – L’INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE
NELLE NORMATIVE TECNICHE
Purtroppo la normativa italiana si mostra poco sensibile agli effetti dello strainrate nell’ambito della progettazione strutturale, cosa sicuramente deprecabile se si
pensa che si tratta di un testo dalla genesi molto concitata e dall’elaborazione
recente. Lascia però la possibilità, in casi straordinari di edifici di particolare
rilevanza o di esplicita richiesta da parte del committente, la possibilità di
ricorrere a scenari progettuali più approfonditi e modelli di calcolo più elaborati
con implicito rimando alle normative europee.
4.2 Lo strain-rate nel CEB – FIP Model Code 1990
Il CEB (Comitè Euro-International du Béton) assieme al FIP (Fédération
Internationale de la Précontrainte) sono stati riuniti nel 1998 nell’unica
organizzazione denominata International Federation for Structural Concrete
anche detta FIB (Fédération Internationale du Béton) che si dedica alla
coordinazione internazionale di tutto quanto concerne lo studio e la progettazione
di opere strutturali in calcestruzzo. Prodotto finale dei lavori organizzati da questo
comitato sono i “bollettini d’informazione”, rapporti di sintesi in cui vengono
raccolti ed argomentati i risultati degli studi effettuati da una commissione su un
particolare tema di interesse comune. In questo ambito, sarà fatto riferimento al
bollettino d’informazione n° 187 dell’Agosto 1988 [27] che tratta il
comportamento delle strutture in calcestruzzo sottoposte ad impatti e ad azioni
impulsive proponendo le linee guida per un corretto approccio al problema ed una
progettazione includente gli aspetti dinamici.
Questo testo, dopo aver formulato le definizioni dei principali elementi trattati,
comincia subito col discorrere delle proprietà dei materiali alla base del c.a.
(calcestruzzo, acciaio da armatura lenta e da precompressione) in funzione della
velocità di deformazione (strain-rate) o di applicazione degli sforzi (stress-rate).
Il bollettino presenta poi i principi generali per la progettazione dinamica
sottolineando, nei vari casi di sollecitazione presi in considerazione, gli aspetti
peculiari da tenere in considerazione per un corretto studio del problema. Infine,
al termine del documento vengono proposti esempi di calcolo dinamico applicati a
88
Cap. IV – L’INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE
NELLE NORMATIVE TECNICHE
possibili situazioni di impatto, esplosione e penetrazione di elementi strutturali per
mezzo di corpi con diverse rigidezze o ordigni di varia natura.
Nel seguito sono riportate le formule proposte dal bollettino CEB per il calcolo
delle caratteristiche meccaniche del calcestruzzo e dell’acciaio e le linee guida per
una corretta schematizzazione di un evento dinamico impulsivo.
Per il calcestruzzo, per sollecitazioni di compressione fino a velocità dell’ordine
3·102 s-1, il testo propone per quanto riguarda il calcolo della resistenza ultima
dinamica rapportata a quella statica del materiale la seguente formula in termini di
strain-rate:
1.026α
f d ⎛ ε& ⎞
=⎜ ⎟
f s ⎜⎝ ε&0 ⎟⎠
fd
ε&
=γ ⋅3
fs
ε&0
dove
α=
per ε& ≤ 30s −1
per
ε& > 30s −1
fd
è la resistenza dinamica;
fs
è la resistenza statica;
ε&
è la velocità di deformazione;
ε&0
è pari a 30·10-6 s-1;
1
9f
5+ s
f0
(1)
(2)
log γ = 6.156α − 2
e
sono due coefficienti funzione della resistenza del calcestruzzo;
dove
f0
è posto pari a 10 MPa.
Per l’incremento di rigidezza, valido indipendentemente per calcestruzzi
appartenenti a qualsiasi classe di resistenza:
Ed ⎛ ε& ⎞
=⎜ ⎟
Es ⎜⎝ ε&0 ⎟⎠
dove
0.026
(3)
Ed
è il modulo elastico dinamico;
Es
è la rigidezza statica;
ε& e ε&0 hanno lo stesso significato prima esposto.
89
Cap. IV – L’INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE
NELLE NORMATIVE TECNICHE
Per l’incremento della deformazione ultima, applicabile sia in compressione che
in trazione ed, anche in questo caso, valido per qualsiasi classe di resistenza:
ε du ⎛ ε& ⎞
=⎜ ⎟
ε su ⎜⎝ ε&0 ⎟⎠
dove
0.020
(4)
ε du
è la deformazione ultima per sollecitazioni dinamiche;
ε su
è la deformazione ultima in condizioni statiche;
ε& e ε&0 hanno lo stesso significato prima esposto.
Per sollecitazioni di trazioni, invece, il bollettino suggerisce per le caratteristiche
meccaniche rispettivamente di resistenza ultima, rigidezza e deformazione a
rottura in termini di strain-rate:
1.016δ
f d ⎛ ε& ⎞
=⎜ ⎟
f s ⎜⎝ ε&0 ⎟⎠
fd
ε&
=η ⋅ 3
fs
ε&0
dove
δ=
fd, fs, ε& e ε&0
1
6f
10 + cs
f0
per ε& ≤ 30s −1
(5)
ε& > 30s −1
(6)
per
hanno il significato visto prima;
logη = 7.11δ − 2.33
e
sono due coefficienti funzione della resistenza del calcestruzzo;
dove
fcs
è la resistenza statica a compressione del calcestruzzo;
f0
è posto pari a 10 MPa.
Per l’incremento di rigidezza, valido indipendentemente per tutte le classi di
resistenza del calcestruzzo:
Ed ⎛ ε& ⎞
=⎜ ⎟
Es ⎜⎝ ε&0 ⎟⎠
dove
Ed, Es, ε& e ε&0
0.016
(7)
hanno il significato visto prima.
In aggiunta viene fornita dal bollettino anche una relazione che lega la resistenza a
trazione con quella a compressione in campo dinamico:
f tm = 0.20 ⋅ 3 f cm
2
90
(8)
Cap. IV – L’INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE
NELLE NORMATIVE TECNICHE
Nel passare agli acciai da armatura lenta e da precompressione, il bollettino n°187
concentra l’attenzione sulla sola risposta dinamica in trazione di un’ampia gamma
di acciai formati a caldo, a freddo o di alta qualità (da precompressione) e
introduce due modelli teorici che interpolano in maniera soddisfacente i dati
sperimentali. I risultati in termini di tensioni e deformazione di snervamento,
resistenza ultima, deformazione plastica uniforme e deformazione a rottura (sulla
base di 5 e 10 diametri) vengono, quindi, proposti scegliendo una delle due
formulazioni sperimentali (in particolare secondo il modello di Johnson and
Cook) che interpreta meglio i dati raccolti dai test condotti su questo tipo di
materiale. Si ottengono così, per un tipico acciaio da carpenteria laminato a caldo
le seguenti formulazioni:
f yd
f ys
⎛ 6.0 ⎞ ⎛ ε& ⎞
⎟ln⎜ ⎟
= 1+ ⎜
⎜ f ⎟ ⎜ ε& ⎟
⎝ ys ⎠ ⎝ 0 ⎠
tensione di snervamento
(9)
⎛ 7.0 ⎞ ⎛ ε& ⎞
fd
⎟⎟ln⎜⎜ ⎟⎟
= 1 + ⎜⎜
fs
f
⎝ s ⎠ ⎝ ε&0 ⎠
tensione massima
(10)
⎛ 1.5 ⎞ ⎛ ε& ⎞
f ud
= 1 + ⎜⎜ ⎟⎟ln⎜⎜ ⎟⎟
f us
⎝ f us ⎠ ⎝ ε&0 ⎠
tensione di rottura
(11)
⎛ 0.3 ⎞ ⎛ ε& ⎞
ε dp
= 1 + ⎜⎜ p ⎟⎟ln⎜⎜ ⎟⎟
p
εs
⎝ ε s ⎠ ⎝ ε&0 ⎠
⎛ 0.2 ⎞ ⎛ ε& ⎞
ε ud5φ
= 1 + ⎜⎜ 5φ ⎟⎟ln⎜⎜ ⎟⎟
5φ
ε us
⎝ ε us ⎠ ⎝ ε&0 ⎠
massima deformazione plastica
(12)
deformazione ultima calcolata su 5 diametri
(13)
10φ
⎛ 0.1 ⎞ ⎛ ε& ⎞
ε ud
= 1 + ⎜⎜ 10φ ⎟⎟ln⎜⎜ ⎟⎟ deformazione ultima calcolata su 10 diametri (14)
10φ
ε us
⎝ ε us ⎠ ⎝ ε&0 ⎠
dove
fyd
è la tensione di snervamento dinamica;
fys
è la tensione di snervamento statica;
ε&
è la velocità di deformazione;
ε&0
è pari a 5·10-5 s-1;
fd
è la massima tensione dinamica;
fs
è la massima tensione statica;
fud
è la tensione ultima dinamica;
91
Cap. IV – L’INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE
NELLE NORMATIVE TECNICHE
fus
è la tensione ultima statica;
ε dp
è la massima deformazione plastica dinamica;
ε sp
è la massima deformazione plastica statica;
ε ud5φ è la deformazione ultima dinamica calcolata su 5 diametri;
ε us5φ è la deformazione ultima statica calcolata su 5 diametri;
10φ
ε ud
è la deformazione ultima dinamica calcolata su 10 diametri;
ε us10φ è la deformazione ultima statica calcolata su 10 diametri.
Da evidenziare risulta, infine, il fatto che per il modulo elastico e per tutte le
caratteristiche di resistenza degli acciai da precompressione viene puntualizzata
l’insensibilità allo strain-rate considerando trascurabili le lievi variazioni che in
campo dinamico si riescono ad apprezzare. Vengono fornite delle relazioni per gli
acciai armonici solo per la deformazione plastica uniforme e per gli allungamenti
a rottura su 5 e 10 diametri molto simili a quelle degli acciai da armatura lenta.
Per quanto riguarda la progettazione, invece, il testo introduce in primis le
possibili cause che provocano nelle strutture alte velocità di deformazione
distinguendo tra esplosioni, urti ed impatti (hard e soft impact a seconda che il
corpo impattante sia rispettivamente più o meno rigido dell’elemento impattato) e
fornisce le relazioni analitiche per la prevenzione dei fenomeni di perforazione e
penetrazione. Infine, sono proposti numerosi esempi di calcolo riguardanti
elementi strutturali di diversa natura e composizioni sottoposti ad azioni tipo
esplosioni, impatti, urti e carichi impulsivi.
4.3 Lo strain-rate nel TM 5-1300
Il TM 5-1300 [28] è un manuale tecnico redatto dal Departments of the Army, the
Navy and the Air Force degli Stati Uniti (Dipartimento delle Armi, della Marina e
dell’Aeronautica) che tratta la protezione delle strutture in calcestruzzo armato ed
in carpenteria metallica nei confronti di esplosioni accidentali. Si tratta di un
articolato compendio in cui vengono minuziosamente trattati gli effetti provocati
92
Cap. IV – L’INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE
NELLE NORMATIVE TECNICHE
da esplosioni accidentali sia dal punto di vista analitico, per quanto riguarda la
schematizzazione degli eventi impulsivi mediante analisi dinamiche, che dal
punto di vista pratico, con la definizione di linee guida per la progettazione e lo
svolgimento di numerosi casi esemplificativi.
Dopo una prima parte in cui sono illustrate le strutture di interesse del manuale, i
tipi di eventi accidentali trattati e le basi principali dell’analisi dinamica delle
strutture, il TM 5-1300 concentra l’attenzione sui due materiali più largamente
usati nell’ingegneria civile statunitense: il calcestruzzo armato e l’acciaio da
carpenteria metallica, con maggiore interesse rivolta verso quest’ultimo per la sua
notoria diffusione.
L’impostazione globale, però, è molto votata all’applicazione pratica quindi sono
poco i riferimenti agli effetti che lo strain-rate in senso stretto provoca nei
materiali mentre molto più ampia risulta la trattazione della risposta meccanica ad
eventi accidentali quali le esplosioni. In quest’ottica, il manuale quindi propone di
utilizzare coefficienti di incremento dinamico alla stregua dei coefficienti parziali
di sicurezza in funzione dell’evento accidentale, a seconda cioè che l’esplosione
sia lontana (far) o interna (close-in), e della sollecitazione caratteristica
dell’elemento.
Si ottengono in questo modo le seguenti tabelle, per il calcestruzzo armato
Type
of stress
Far design range
Close-in design range
Reinforcing bars Concrete Reinforcing bars Concrete
fyd/fys
fud/fus
f’dc/f’c
fyd/fys
fud/fus
f’dc/f’c
Bending
1.17
1.05
1.19
1.23
1.05
1.25
Diagonal Tension
1.00
-
1.00
1.10
1.00
1.00
Direct shear
1.10
1.00
1.10
1.10
1.00
1.10
Bond
1.17
1.05
1.00
1.23
1.05
1.00
Compression
1.10
-
1.12
1.13
-
1.16
Tabella 4. 1 - Valori del DIF per il calcestruzzo in compressione e per le barre d’acciaio in
funzione del tipo di esplosione e della sollecitazione agente
e per l’acciaio da carpenteria metallica, per la tensione di snervamento
93
Cap. IV – L’INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE
NELLE NORMATIVE TECNICHE
Material
Bending
Tension or Compression
Low pressure High pressure Low pressure High pressure
A 36
1.29
1.36
1.19
1.24
A 588
1.19*
1.24*
1.12*
1.15*
A 514
1.09
1.12
1.05
1.07
Tabella 4. 2 - Valori del DIF per la tensione di snervamento dell’acciaio in funzione della
sollecitazione e del tipo di acciaio
e per la tensione ultima
Material
c
A 36
1.10
A 588
1.05*
A 514
1.00
Tabella 4. 3 - Valori del DIF per la tensione di rottura dell’acciaio per diverse tipologie di barre
dove
f’dc
è la tensione ultima dinamica di compressione del calcestruzzo;
f’c
è la tensione ultima statica di compressione del calcestruzzo;
fyd
è la tensione di snervamento dinamica dell’acciaio;
fys
è la tensione di snervamento statica dell’acciaio;
fud
è la tensione ultima dinamica dell’acciaio;
fus
è la tensione ultima statica dell’acciaio;
c
è il coefficiente di incremento dinamico (DIF) per la tensione ultima
dell’acciaio;
*
indica valori stimati per interpolazione.
Ulteriori indicazioni progettuali vengono poi fornite in una tabella per il
calcestruzzo armato in merito alla composizione delle tensioni dei due materiali di
base da utilizzare in fase di calcolo nelle analisi dinamiche in funzione della
sollecitazione agente e della capacità duttile della sezione
94
Cap. IV – L’INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE
NELLE NORMATIVE TECNICHE
Type of stress
Bending
Diagonal tension
(stirrups)
Diagonal tension
(lacing)
Direct shear
Compression
Maximum support
Dynamic design stress
rotation θm (in gradi °) Reinforcement fds Concrete fdc
0 < θm ≤ 2
fyd
f’dc
2 < θm ≤ 5
fyd+( fud- fyd)/4
(2)
5 < θm ≤ 10
(fyd+ fud)/2
(2)
0 < θm ≤ 2
fyd
f’dc
2 < θm ≤ 5
fyd
f’dc
5 < θm ≤ 10
fyd
f’dc
0 < θm ≤ 2
fyd
f’dc
2 < θm ≤ 5
fyd+( fud- fyd)/4
f’dc
5 < θm ≤ 10
(fyd+ fud)/2
f’dc
0 < θm ≤ 2
fyd
f’dc
2 < θm ≤ 5
fyd+( fud- fyd)/4
(3)
5 < θm ≤ 10
(fyd+ fud)/2
(3)
(4)
fyd
f’dc
Tabella 4. 4 - Tensioni di calcolo per analisi dinamiche in funzione dello stato di sollecitazione
dove
f’dc
è la tensione ultima dinamica di compressione del calcestruzzo;
fyd
è la tensione di snervamento dinamica dell’acciaio;
fud
è la tensione ultima dinamica dell’acciaio;
θm
è la massima rotazione supportata dalla sezione;
(2)
rottura del calcestruzzo quindi contributo nullo;
(3)
il contributo del calcestruzzo viene trascurato affidando la capacità
portante alla sola armatura di rinforzo;
(4)
indipendente dalla capacità rotazionale.
Per quanto riguarda le tensioni diagonali si può notare come il manuale tratta
diversamente i casi in cui all’interno dell’elemento sia o meno inserita apposita
armatura a taglio. Infatti, particolare attenzione viene posta sull’armatura a taglio
95
Cap. IV – L’INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE
NELLE NORMATIVE TECNICHE
per l’importanza che questo tipo di rinforzo riveste in condizioni dinamiche e
nella modalità di rottura fragile o duttile.
Per l’acciaio da carpenteria metallica, invece, importanti riferimenti vengono
indirizzati alle diverse classi di duttilità del materiale ed alle modalità di rottura
secondarie, cioè quelle dovute all’instabilità dell’elemento o al meccanismo
fragile localizzato. Nel caso della duttilità, nel rispetto della gerarchia delle
resistenze, il manuale suggerisce di progettare in base alla resistenza
dell’elemento per classe di duttilità bassa (μ≤10) o in funzione della capacità
plastica nell’altro caso (μ>10). Per le modalità di rottura secondarie, invece, il
primo dei due viene ulteriormente scisso in due sottocasi distinguendo il
meccanismo di instabilità globale della struttura innescabile a seguito di carichi
simmetrici (ad es. esplosioni interne) rispetto al fenomeno di instabilità di un
elemento della struttura provocato da carichi disposti non simmetricamente.
Alla fine del TM 5-1300 vengono riportati esempi progettuali riguardanti intere
strutture o singoli elementi, con capacità resistenti e deformative che li rendono
atti a sopportare gli effetti delle esplosioni, senza trascurare pratiche soluzioni
progettuali e dettagli costruttivi.
96
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
Capitolo V
Influenza della velocità di deformazione sul legame M - χ
per sezioni in calcestruzzo armato
La risposta meccanica di una struttura sottoposta a carichi statici acquista
fondamentale importanza quando ad essa si collega una certa probabilità di perdita
di vite umane. Così, allora, grande importanza comincia ad essere rivolta alle
riserve di energia a cui la struttura può attingere nell’eventualità che, raggiunto il
limite elastico, essa debba continuare a deformarsi per dissipare gli effetti delle
sollecitazioni agenti.
In quest’ottica, quindi, ci si è cominciati a concentrare sulla duttilità di una
struttura a tutti i livelli in cui questa si manifesta:
•
duttilità dei materiali, preferendo rotture lato acciaio anziché per
schiacciamento del calcestruzzo;
•
duttilità di sezione, optando per collassi con grandi escursioni in termini di
curvatura;
•
duttilità di elemento, prediligendo meccanismi di rottura per flessione e
non per taglio;
•
duttilità di struttura, privilegiando una certa distribuzione delle cerniere
plastiche che possa innescare labilità agli elementi trave scongiurando la
configurazione di piano soffice;
97
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
Ancora più importante, però, diventa la possibilità di poter disporre di riserve di
duttilità nel caso in cui gli eventi sollecitanti non siano più di natura statica ma
dinamica. Questo perché, proprio a causa della rarità dell’evento dinamico, la
bassissima probabilità di accadimento mista all’indiscutibile entità della
sollecitazione fa sì che la struttura sia sottoposta ad eccezionali richieste di
resistenza e rende accettabile l’attingimento di deformazioni in campo plastico.
Quando viene raggiunto e superato il limite elastico, la struttura comincia a
dissipare le riserve di duttilità disponibili ai vari livelli, ma tra tutti quelli appena
illustrati rivestono grande importanza i primi due perché sono indipendenti dai
criteri di progettazione di una struttura. Infatti, se per garantire la duttilità di
struttura basta rispettare la gerarchia delle resistenze tra colonna e trave e per
quella dell’elemento prediligere una rottura per flessione anziché per taglio, la
duttilità dei materiali e della sezione sono intrinseci una volta scelti appunto i
materiali (e la percentuale di armatura) e la geometria della sezione trasversale.
Di seguito, invece, sarà trattata in maniera approfondita la duttilità di sezione
mediante l‘analisi del legame M-χ in condizioni statiche e dinamiche: nel primo
caso saranno evidenziati gli elementi caratterizzanti di questa relazione
concentrando l’attenzione sull’evoluzione della risposta meccanica; nel secondo,
invece, saranno introdotte le influenze della sensibilità alla velocità di
deformazione per ricostruire un legame M-χ dinamico funzione dello strain-rate
del processo.
98
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
5.1 Il legame M-χ in condizioni quasi-statiche
La curva caratteristica di una sezione generica nel piano χ-M descrive la relazione
che intercorre tra la capacità rotazionale e la resistenza flessionale della stessa. Per
costruire questa curva a partire da una sezione qualsiasi si utilizza il cosiddetto
metodo a fibre che si fonda sulle ipotesi di:
•
conservazione delle sezioni piane;
•
perfetta aderenza tra i materiali costituenti la sezione;
•
legame costitutivo del calcestruzzo di forma parabolo-rettangolo;
•
legame costitutivo dell’acciaio elasto-plastico ideale senza incrudimento;
•
calcestruzzo non reagente a sollecitazioni di trazione.
Per quanto riguarda l’ultima delle ipotesi appena formulate, per i nostri scopi sarà
utile rimuoverla perché, anche se in condizioni quasi-statiche il contributo del
calcestruzzo in trazione è trascurabile, in condizioni dinamiche gioca un ruolo
fondamentale per i considerevoli valori di resistenza e rigidezza raggiunti
specialmente nella definizione dello stato di incipiente fessurazione (χcr-Mcr).
Sotto queste ipotesi, il metodo a fibre consiste nel discretizzare la sezione
trasversale in un numero più o meno folto di strisce (appunto le fibre) e, per ogni
valore di curvatura χi, assegnare una posizione dell’asse neutro “di tentativo” e
ricercare l’equilibrio (1) per integrazione delle tensioni agenti nella sezione
assegnando, ai materiali costituenti le strisce, i valori corrispondenti, nel legame
costitutivo, al livello deformativo raggiunto.
Figura 5. 1 - Schema applicativo del metodo a fibre per sezione generica
99
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
Una volta raggiunto l’equilibrio, con la fissata posizione dell’asse neutro, si
calcola (2) il momento resistente Mi della sezione identificando così il punto nel
piano χ-M.
N = ∫ σ c ⎡⎣ε c ( y ) ⎤⎦b ( y ) dy + ∑ σ s ⎡⎣ε s ( y ) ⎤⎦ As ⇒ asse neutro
0
(1)
M = ∫ σ c ⎡⎣ε c ( y ) ⎤⎦b ( y )( y − yn − n ) dy + ∑ σ s ⎡⎣ε s ( y ) ⎤⎦ As ( y − yn − n )
0
(2)
h
h
Nella costruzione e nella consultazione di un diagramma M-χ è interessante
conoscere alcuni punti singolari e riconoscere diversi aspetti sostanziali del
comportamento in flessione della sezione.
Il legame M-χ si costruisce su tre punti fondamentali coincidenti con la
fessurazione in zona tesa del calcestruzzo Mcr, lo snervamento delle armature di
acciaio in trazione My ed la condizione ultima corrispondente alla rottura di
entrambi i materiali Mu.
30
My
Mu
25
EJ’
20
15
EJ’’
Mcr
10
5
0
0
0,01
0,02
0,03
0,04
0,05
0,06
0,07
Figura 5. 2 - Punti fondamentali della risposta della sezione nel piano χ-M
Nel passaggio da Mcr a My si può notare anche dalla figura precedente un cambio
di rigidezza flessionale causato dalla differenza delle inerzie della sezione
interamente reagente e fessurata, cambio di pendenza che nel nostro caso risulta
molto marcato e, quindi, facilmente individuabile per aver rimosso l’ipotesi sulla
100
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
resistenza a trazione del calcestruzzo. In condizioni normali, invece la curva si
presenta come di seguito riportata ed il punto Mcr è posizionato in prossimità
dell’origine
Figura 5. 3 - Punto di incipiente fessurazione in condizioni quasi-statiche
Dalla lettura della risposta flessionale nel piano χ-M è facile notare la modalità
con cui la sezione perviene alla rottura dalla lunghezza del tratto plastico e dalla
posizione del punto (χu-Mu). Le diverse condizioni di rottura della sezione sono
determinate da molti fattori tra i quali la resistenza dei materiali, la sollecitazione
applicata, la forma della sezione, etc. e proprio in riferimento a quest’ultima viene
riportato di seguito un grafico che ne mostra appunto le differenze.
Figura 5. 4 – Confronto tra le modalità di rottura duttile e fragile per due sezioni diverse
101
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
Figura 5. 5 - Esempio di rottura fragile per schiacciamento del calcestruzzo in zona compressa
Figura 5. 6 - Esempio di rottura duttile per trazione nelle armature inferiori
Ultimo aspetto interessante da notare è la variazione del legame M-χ a seguito
dell’applicazione dei coefficienti parziali di sicurezza proposti dal metodo di
verifica semi-probabilistico agli stati limite che la normativa vigente prescrive di
adottare.
102
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
Analizzando il grafico ottenuto da questo confronto riportato nella figura seguente
e riferito a travi in c.a.p. con sezione a T dritta e rovescia, si può notare il carattere
conservativo che l’applicazione di tali coefficienti attribuisce alla risposta
flessionale della sezione molto più stringente nel caso di rottura fragile (sezione a
T rovescia a destra) rispetto alla rottura duttile (sezione a T dritta a sinistra).
Figura 5. 7 - Confronto tra le risposte flessionali di una sezione in c.a.p. con e senza
l’applicazione dei coefficienti parziali di sicurezza
In condizioni ordinarie e, quindi, per velocità di deformazione quasi-statiche, il
legame M-χ è influenzato, come già prima accennato, a vario titolo da quattro
variabili principali:
•
la geometria della sezione;
•
i valori delle resistenze e delle deformazioni ultime dei materiali
costituenti l’elemento;
•
la forma dei legami costitutivi dei materiali;
•
lo sforzo normale applicato.
La prima interviene soprattutto mediante l’altezza utile della sezione
determinando un valore più o meno grande del braccio della coppia interna
rispetto al quale viene calcolato il momento resistente. Di seguito possiamo notare
dal punto di vista grafico l’influenza della forma della sezione resistente, per
elementi in calcestruzzo armato, nella definizione del diagramma M-χ.
103
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
Figura 5. 8 - Influenza della forma della sezione resistente sul legame M-χ
Come si può chiaramente notare le curve di risposta migliori si ottengono per
sezioni ottimizzate dal punto di vista geometrico e delle caratteristiche dei
materiali. Infatti, per sezioni a T dritta, in cui la centrifugazione della parte in
calcestruzzo nel lato delle compressioni e quella dell’acciaio nel lato delle
trazioni, si raggiungono i massimi valori del momento a parità di curvatura.
Nel grafico di destra si può notare che, con calcestruzzi ad alta resistenza, oltre ad
un incremento di duttilità generale risultano migliori le risposte di elementi con
sezioni a T rovescia per cui la distribuzione dei materiali resistenti non è ottimale.
Per quanto riguarda le resistenze dei materiali costituenti l’elemento, la curva M-χ
non beneficia di incrementi in termini di momento ma ne risulta positivamente
influenzata dal punto di vista della duttilità se la rottura avviene lato acciaio (e
quindi, di solito, con acciai tradizionali e calcestruzzi a media o alta resistenza
come mostrato precedentemente) o negativamente nel caso contrario di rottura
lato calcestruzzo (cioè, in generale, con acciai ad alta resistenza come di seguito
mostrato).
104
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
Figura 5. 9 - Influenza della resistenza dei materiali sul legame M-χ
Ultimo fattore ad influenzare il legame M-χ in condizioni quasi-statiche è la
forma dei legami costitutivi utilizzati per schematizzare la risposta meccanica dei
materiali utilizzati. Se, per esempio, ci riferiamo al caso di una sezione
rettangolare in calcestruzzo armato e confrontiamo le risposte adottando per il
calcestruzzo due diversi modelli, quello parabolo-rettangolo usato dalla normativa
italiana ed il legame di Sargin proposto dal CEB,
Figura 5. 10 - Legame parabolo-rettangolo
utilizzato dalla normativa italiana
Figura 5. 11 - Legame costitutivo di Sargin
utilizzato dal CEB
105
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
si ottiene
Figura 5. 12 - Influenza del legame costitutivo dei materiali sulla curva M-χ
Infine, l’influenza sulla definizione del legame M-χ dello sforzo assiale agente
nella sezione riguarda soprattutto la pre-sollecitazione che la caratteristica assiale
imprime al calcestruzzo (elemento debole della sezione). Dalla figura di seguito
riportata si può notare come all’aumentare del rapporto di sforzo assiale
diminuisca il massimo valore di momento flettente e si riduca la duttilità della
sezione per schiacciamento del calcestruzzo.
Figura 5. 13 – Influenza dello sforzo normale sul legame M-χ
106
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
5.2
Il legame M-χ dinamico per sezioni in calcestruzzo armato
Quando ci spostiamo dalla condizione statica e ci addentriamo in campo
dinamico, il legame M-χ subisce delle modifiche sostanziali a causa della
sensibilità alla velocità di deformazione dei materiali costituenti la sezione.
Per elevati strain-rate, infatti, riferendoci ad una sezione in calcestruzzo armato
ordinario, le caratteristiche meccaniche del conglomerato cementizio e
dell’acciaio subiscono un miglioramento quantificabile secondo il coefficiente
amplificativo DIF, distinto per ciascun parametro meccanico del materiale.
Assistiamo, così, ad una positiva trasformazione della risposta meccanica del
singolo materiale che globalmente si riflette in un miglioramento della resistenza
flessionale della sezione.
I risultati di seguito riportati sono stati calcolati sfruttando le formule proposte dal
CEB [27] applicate per un calcestruzzo di tipo Rck 25 ed un acciaio Feb44k con le
seguenti caratteristiche statiche:
Calcestruzzo Rck 250
Acciaio Feb44k
Rck
fcd
fctfk
Ec
ε0
εu
Ect
εu
fsk
fsd
εy
Es
MPa
MPa
MPa
MPa
#
#
MPa
#
MPa
MPa
#
MPa
25,00 11,02 1,94 27000 0,0020 0,0035 13500 0,00015 440,00 382,61 0,0018 210000
Tabella 5. 1 - Caratteristiche meccaniche dei materiali in condizioni quasi-statiche
Le analisi del comportamento dinamico di una sezione generica presentate in
questo paragrafo sono state realizzate con il Biaxial, un software di calcolo
freeware elaborato dal DIST - Dipartimento di Ingegneria Strutturale
dell’Università di Napoli “Federico II” e disponibile sul sito della RELUIS - Rete
dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica, opportunamente modificato per
i nostri scopi.
I materiali utilizzati sono stati modelli dal programma secondo i legami costitutivi
proposti dalla normativa vigente e,quindi, per il calcestruzzo parabolo-rettangolo
107
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
univocamente descritto dai tre parametri ε0, εu ed fcd e per l’acciaio elasto-plastico
lineare descritto dal solo valore εy.
Figura 5. 14 - Legame costitutivo del
calcestruzzo parabolo-rettangolo
Figura 5. 15 - Legame costitutivo dell’acciaio
elasto-plastico ideale
Nella tabella 5.2 che segue si possono apprezzare quantitativamente gli incrementi
in termini di resistenza, rigidezza e deformazioni limite per quanto riguarda il
calcestruzzo, e per il solo limite elastico nel caso dell’acciaio, dei valori utilizzati.
Dati utilizzati per l’analisi dinamica
Calcestruzzo
Strain-rate
Compressione
Trazione
Acciaio
dε/dt
ε0
fcd
εu
Et
εcu
εy
#
#
MPa
#
MPa
#
#
3,00E-05
1,00E-04
1,00E-03
1,00E-02
1,00E-01
1,00E+00
1,00E+01
1,00E+02
0,00200
0,00208
0,00225
0,00243
0,00261
0,00281
0,00301
0,00322
11,02
11,97
14,03
16,44
19,26
22,56
26,43
42,58
0,00350
0,00358
0,00375
0,00393
0,00411
0,00431
0,00451
0,00472
14007
14279
14815
15371
15948
16546
17167
17811
0,000157
0,000160
0,000168
0,000176
0,000184
0,000193
0,000202
0,000212
0,00182
0,00192
0,00198
0,00205
0,00211
0,00218
0,00225
0,00231
Tabella 5. 2 - Dati utilizzati per le elaborazioni numeriche dinamiche fatte con il software Biaxial
108
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
Per una comprensione più immediata di seguito si riporta il grafico comparativo
dei fattori di incremento dinamici dei parametri meccanici considerati nell’analisi.
4
3,5
DIF
ε0
Et
fcd
εu
t
εy
ε
cu
3
2,5
2
1,5
1,00E-05
1,00E-04
1,00E-03
1,00E-02
1,00E-01
1
1,00E+00
1,00E+01
1,00E+02
-1
strain-rate [s ]
Figura 5. 16 - Andamento del DIF dei parametri meccanici del calcestruzzo e dell’acciaio
utilizzati per le analisi numeriche
Il problema è stato affrontato per il caso di una sezione quadrata con lato di
dimensioni 250 mm armata con 4φ12 [29],
Figura 5. 17 - Sezione trasversale della colonna utilizzata nelle analisi numeriche
sottoposta a tre differenti condizioni di rapporto di sforzo assiale ν crescente pari
a 0.15, 0.25 e 0.50, e per 8 ordini di grandezza della velocità di deformazione:
109
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
•
condizione quasi-statica → 3·10-5÷1·10-4;
•
condizione di terremoto e/o impatto lieve (soft-impact) → 1·10-3÷1·10-1;
•
condizioni di esplosione → 1·100÷1·102.
Le analisi sono state indirizzate secondo due linee di condotta:
1. la prima tesa a confrontare gli effetti dello strain-rate per rapporto di
sforzo assiale costante;
2. la seconda orientata a paragonare le conseguenze, per ogni intervallo di
velocità di deformazione, per tre valori crescenti del rapporto di sforzo
assiale.
In tutti i casi presi in esame, i risultati sono stati estrapolati in termini di legame
M-χ e di energia specifica della sezione; altresì i grafici costruiti per strain-rate
costante sono stati omogeneizzati per tipo di evento di carico secondo la
distinzione fatta prima in tre gruppi con ugual scala di rappresentazione.
110
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
5.2.1 Legame M-χ al variare della velocità di deformazione per rapporto
di sforzo assiale costante
Come si può vedere dal confronto delle figure 5.17, 5.18 e 5.19 all’aumentare
della velocità di deformazione in ogni caso aumenta la resistenza flessionale della
sezione. Per quanto riguarda la capacità rotazionale ultima, invece, si può notare
che per sforzi assiali crescenti e strain-rate bassi si ha una diminuzione della
capacità duttile, mentre, per alte velocità di deformazione si ha un miglioramento
della rotazione ultima fino a valori prossimi allo 0.0650 m-1.
Questo perché per intervalli di velocità bassi, il calcestruzzo risente ancora poco
del miglioramento apportato dal DIF e, quindi, il meccanismo di rottura tende
verso il collasso fragile della sezione per schiacciamento del conglomerato nella
zona compressa. Perciò, dalle considerazioni appena tratte, si potrebbe asserire
che per elementi caricati tipicamente per sforzo normale, quali le colonne,
condizioni di esplosione o di impatto violento sono meglio sopportate rispetto a
carichi quasi-statici.
60.00
ν = 0,15
M [kNm ]
50.00
40.00
30.00
ε = 1 · 10 -2
ε = 1 · 10 -3
20.00
ε = 1 · 10 - 4
10.00
0.00
0.0000
ε = 3 · 10 -5
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
ε = 1 · 10 2
ε = 1 · 10 1
ε = 1 · 10 0
ε = 1 · 10 -1
0.0500
0.0600
0.0700
-1
χ [m ]
Figura 5. 18 - Legame M-χ al variare della velocità di deformazione con ν=0.15
111
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
60.00
ν = 0,25
M [kNm ]
50.00
40.00
30.00
ε = 1 · 10 -2
ε = 1 · 10 -3
20.00
ε = 1 · 10 - 4
10.00
0.00
0.0000
ε = 3 · 10 -5
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
ε = 1 · 10 2
ε = 1 · 10 1
ε = 1 · 10 0
ε = 1 · 10 -1
0.0500
0.0600
0.0700
-1
χ [m ]
Figura 5. 19 - Legame M-χ al variare della velocità di deformazione con ν=0.25
60.00
50.00
ν = 0,50
M [kNm ]
40.00
30.00
ε = 1 · 10 -2
ε = 1 · 10 -3
20.00
ε = 1 · 10 - 4
10.00
0.00
0.0000
ε = 3 · 10 -5
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
ε = 1 · 10 2
ε = 1 · 10 1
ε = 1 · 10 0
ε = 1 · 10 -1
0.0500
0.0600
0.0700
-1
χ [m ]
Figura 5. 20 - Legame M-χ al variare della velocità di deformazione con ν=0.50
Per meglio comprendere il significato delle curve appena riportate e quindi
riuscire a recepire prontamente le informazioni che ci trasmettono risulta di ausilio
associarvi l’evoluzione della profondità dell’asse neutro e delle deformazioni a
rottura del calcestruzzo e dell’acciaio in funzione della velocità di deformazione.
Con questa ulteriore informazione, infatti, si comprende meglio il perché del fatto
che al variare dello strain-rate nei tra casi di rapporto di sforzo assiale crescente si
abbiano curvature ultime variabili.
112
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
Distanza asse neutro dal lembomm
teso
]
250
200
150
100
ν =0.15 ν =0.25 ν =0.50
50
0
1.00E-05
1.00E-04
1.00E-03
1.00E-02
1.00E-01
1.00E+00
1.00E+01
1.00E+02
-1
strain-rate [s ]
Figura 5. 21 - Variazione della distanza dell’asse neutro dal lembo teso in funzione della velocità
di deformazione nei tre casi di rapporto di sforzo assiale considerati
0,012
Deformazione a rottura [#]
0,01
0,008
acciaio
ν =0,15
calcestruzzo defomazioni limite
0,006
0,004
0,002
0
1,00E-05
1,00E-04
1,00E-03
1,00E-02
1,00E-01
1,00E+00
1,00E+01
1,00E+02
-1
strain-rate [s ]
Figura 5. 22 - Variazione della deformazione limite nel calcestruzzo e nell’acciaio in funzione
della velocità di deformazione per ν=0.15
113
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
0,012
Deformazione a rottura [#]
0,01
0,008
ν =0,25
0,006
0,004
0,002
acciaio
0
1,00E-05
1,00E-04
calcestruzzo defomazioni limite
1,00E-03
1,00E-02
1,00E-01
1,00E+00
1,00E+01
1,00E+02
strain-rate [s -1 ]
Figura 5. 23 - Variazione della deformazione limite nel calcestruzzo e nell’acciaio in funzione
della velocità di deformazione per ν=0.25
0,012
Deformazione a rottura [#]
0,01
0,008
ν =0,50
0,006
0,004
0,002
acciaio calcestruzzo defomazioni limite
0
1,00E-05
1,00E-04
1,00E-03
1,00E-02
1,00E-01
1,00E+00
1,00E+01
1,00E+02
strain-rate [s -1 ]
Figura 5. 24 - Variazione della deformazione limite nel calcestruzzo e nell’acciaio in funzione
della velocità di deformazione per ν=0.50
114
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
5.2.2 Energia specifica al crescere della velocità di deformazione per
rapporto di sforzo assiale costante
Confrontando i grafici 5.20, 5.21 e 5.22 che seguono si può subito cogliere il
sensibile aumento di energia specifica durante il processo deformativo. Anche in
questo caso si può notare che il comportamento della sezione migliora
all’aumentare del rapporto di sforzo assiale fatta eccezione per quei casi, per basse
velocità di deformazione e valori di N elevati, in cui si attinge prima la rottura lato
calcestruzzo e quindi è bassa la capacità rotazionale ultima e l’energia specifica.
3.5
ε = 1 · 10 -2
ε = 1 · 10 -3
3
ν = 0,15
ε = 1 · 10 - 4
ε = 3 · 10 -5
E [kNm/m ]
2.5
ε = 1 · 10 2
ε = 1 · 10 1
ε = 1 · 10 0
ε = 1 · 10 -1
2
1.5
1
0.5
0
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
0.0500
0.0600
0.0700
-1
χ [m ]
Figura 5. 25 – Energia specifica al crescere della velocità di deformazione con ν=0.15
3.5
ε = 1 · 10 -2
ε = 1 · 10 -3
3
ν = 0,25
E [kNm/m ]
ε = 1 · 10 0
ε = 1 · 10 -1
ε = 1 · 10 - 4
ε = 3 · 10 -5
2.5
ε = 1 · 10 2
ε = 1 · 10 1
2
1.5
1
0.5
0
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
0.0500
0.0600
0.0700
χ [m -1 ]
Figura 5. 26 - Energia specifica al crescere della velocità di deformazione con ν=0.25
115
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
3.5
3
ν = 0,50
E [kNm/m ]
2.5
2
1.5
ε = 1 · 10 -2
ε = 1 · 10 -3
1
ε = 1 · 10 - 4
ε = 3 · 10 -5
0.5
0
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
0.0500
ε = 1 · 10 2
ε = 1 · 10 1
ε = 1 · 10 0
ε = 1 · 10 -1
0.0600
0.0700
χ [m -1 ]
Figura 5. 27 - Energia specifica al crescere della velocità di deformazione con ν=0.50
5.2.3 Legame M-χ per tre diversi valori del rapporto di sforzo assiale a
velocità di deformazione costante
I grafici che seguono sono ordinati per velocità di deformazione crescente e sono
raggruppati secondo la suddivisione fatta precedentemente in base alle 3 tipologie
di condizioni di carico, cioè:
•
condizione quasi-statica → 3·10-5÷1·10-4;
•
condizione di terremoto e/o impatto lieve (soft-impact) → 1·10-3÷1·10-1;
•
condizioni di esplosione → 1·100÷1·102.
I primi due diagrammi riportati si riferiscono al caso di azioni quasi-statiche e per
cui al crescere del rapporto di sforzo assiale si assiste al cambio di modalità di
rottura da duttile a fragile. Confrontandoli, poi, si percepisce, seppur non in
maniera molto evidente, l’incremento di resistenza flessionale al crescere della
velocità di deformazione ed una sostanziale costanza della capacità rotazionale
ultima della sezione.
116
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
40.00
─── ν = 0.15
- - - - ν = 0.25
─ · ─ ν = 0.50
35.00
M [kNm ]
30.00
25.00
20.00
15.00
▲ - fessurazione
● - snervamento
‹ - rottura
10.00
ε = 3 · 10 -5
5.00
0.00
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
0.0500
0.0600
0.0700
χ [m -1 ]
Figura 5. 28 - Legame M-χ per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 3·10-5 s-1
40.00
─── ν = 0.15
- - - - ν = 0.25
─ · ─ ν = 0.50
35.00
M [kNm ]
30.00
25.00
20.00
15.00
▲ - fessurazione
● - snervamento
‹ - rottura
10.00
ε = 1 · 10 - 4
5.00
0.00
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
0.0500
0.0600
0.0700
-1
χ [m ]
Figura 5. 29 - Legame M-χ per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·10-4 s-1
Nei tre diagrammi che seguono, costruiti per l’intervallo di velocità di
deformazione tipico di eventi quali i terremoti e gli impatti lievi 1·10-3÷1·10-1, si
cominciano ad apprezzare in maniera crescente gli effetti benefici del
miglioramento delle caratteristiche meccaniche dei materiali. Infatti, oltre
all’aumento della resistenza flessionale dell’ordine del 20%, si può notare come si
conserva il meccanismo di rottura duttile seppur con capacità rotazionali inferiori
al caso statico.
117
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
55.00
─── ν = 0.15
- - - - ν = 0.25
─ · ─ ν = 0.50
50.00
45.00
M [kNm ]
40.00
35.00
30.00
25.00
20.00
▲ - fessurazione
● - snervamento
‹ - rottura
15.00
10.00
ε = 1 · 10 -3
5.00
0.00
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
0.0500
0.0600
0.0700
-1
χ [m ]
Figura 5. 30 - Legame M-χ per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·10-3 s-1
55.00
─── ν = 0.15
- - - - ν = 0.25
─ · ─ ν = 0.50
50.00
45.00
M [kNm ]
40.00
35.00
30.00
25.00
20.00
▲ - fessurazione
● - snervamento
‹ - rottura
15.00
10.00
ε = 1 · 10 -2
5.00
0.00
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
0.0500
0.0600
χ [m -1 ]
Figura 5. 31 - Legame M-χ per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·10-2 s-1
118
0.0700
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
55.00
─── ν = 0.15
- - - - ν = 0.25
─ · ─ ν = 0.50
50.00
45.00
M [kNm ]
40.00
35.00
30.00
25.00
20.00
▲ - fessurazione
● - snervamento
‹ - rottura
15.00
10.00
ε = 1 · 10 -1
5.00
0.00
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
0.0500
0.0600
0.0700
-1
χ [m ]
Figura 5. 32 - Legame M-χ per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·10-1 s-1
Per questi ultimi 3 grafici, riferiti all’intervallo di velocità di deformazione
caratteristico delle esplosioni violente 1·100÷1·102, la cosa importante da
evidenziare è che lo sforzo normale comincia ad esercitare un effetto benefico nei
confronti sia della resistenza flessionale che della capacità rotazionale della
sezione fino a registrare i massimi valori di entrambe le variabili nel caso di
strain-rate più elevato.
70.00
60.00
M [kNm ]
50.00
40.00
30.00
─── ν = 0.15
- - - - ν = 0.25
─ · ─ ν = 0.50
▲ - fessurazione
● - snervamento
‹ - rottura
20.00
10.00
ε = 1 · 10 0
0.00
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
0.0500
0.0600
-1
χ [m ]
Figura 5. 33 - Legame M-χ per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·100 s-1
119
0.0700
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
70.00
60.00
M [kNm ]
50.00
40.00
30.00
─── ν = 0.15
- - - - ν = 0.25
─ · ─ ν = 0.50
▲ - fessurazione
● - snervamento
‹ - rottura
20.00
10.00
ε = 1 · 10 1
0.00
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
0.0500
0.0600
0.0700
-1
χ [m ]
Figura 5. 34 - Legame M-χ per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·101 s-1
70.00
60.00
M [kNm ]
50.00
40.00
30.00
─── ν = 0.15
- - - - ν = 0.25
─ · ─ ν = 0.50
▲ - fessurazione
● - snervamento
‹ - rottura
20.00
10.00
ε = 1 · 10 2
0.00
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
0.0500
0.0600
0.0700
χ [m -1 ]
Figura 5. 35 - Legame M-χ per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·102 s-1
Prima di passare all’esame dei risultati ottenuti in termini di energia specifica del
processo deformativo, è opportuno sottolineare l’importanza degli effetti che la
dinamicità delle azioni provoca sui materiali ed indirettamente sul legame M-χ.
Paragonando, infatti, i miglioramenti ottenuti in condizioni quasi-statiche per
incremento del rapporto i sforzo assiale con quelli risultanti dalle azioni
dinamiche (riferiti agli estremi dell’intervallo [3·10-5; 1·102] per N costante), si
può notare come questi ultimi sono maggiori dei primi. Questo risultato afferma
120
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
con decisione l’importanza di conoscere meglio e, quindi, di conseguenza,
considerare correttamente gli effetti dinamici senza trascurare alcun aspetto nella
risoluzione del problema meccanico
5.2.4 Energia specifica per tre diversi valori del rapporto di sforzo assiale
a velocità di deformazione costante
Di seguito sono riportati i diagrammi dell’energia specifica del processo
deformativo al crescere del rapporto di sforzo assiale per tutte le velocità di
deformazione dell’intervallo [3·10-5; 1·102]. Come già visto nei grafici precedenti
anche in questo caso si può notare come il comportamento ottimale della sezione
si realizza per valori di strain-rate e rapporto di sforzo assiale crescenti per cui i
materiali, in virtù delle accresciute capacità, vengono sfruttati al meglio delle loro
potenzialità.
2
1.8
1.6
E [kNm/m ]
1.4
─── ν = 0.15
- - - - ν = 0.25
─ · ─ ν = 0.50
1.2
1
0.8
0.6
ε = 3 · 10 -5
0.4
0.2
0
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
0.0500
0.0600
-1
χ [m ]
Figura 5. 36 - Energia specifica per tre valori del rapporto di sforzo assiale
con ε& costante pari a 3·10-5 s-1
121
0.0700
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
2
1.8
─── ν = 0.15
- - - - ν = 0.25
─ · ─ ν = 0.50
1.6
E [kNm/m ]
1.4
1.2
1
0.8
0.6
ε = 1 · 10 -4
0.4
0.2
0
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
0.0500
0.0600
0.0700
χ [m -1 ]
Figura 5. 37 - Energia specifica per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·10-4 s-1
2.5
E [kNm/m ]
2
─── ν = 0.15
- - - - ν = 0.25
─ · ─ ν = 0.50
1.5
1
ε = 1 · 10 -3
0.5
0
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
0.0500
0.0600
χ [m -1 ]
Figura 5. 38 – Energia specifica per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·10-3 s-1
122
0.0700
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
2.5
E [kNm/m ]
2
─── ν = 0.15
- - - - ν = 0.25
─ · ─ ν = 0.50
1.5
1
ε = 1 · 10 -2
0.5
0
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
0.0500
0.0600
0.0700
χ [m -1 ]
Figura 5. 39 - Energia specifica per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·10-2 s-1
2.5
E [kNm/m ]
2
─── ν = 0.15
- - - - ν = 0.25
─ · ─ ν = 0.50
1.5
1
ε = 1 · 10 -1
0.5
0
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
0.0500
0.0600
χ [m -1 ]
Figura 5. 40 - Energia specifica per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·10-1 s-1
123
0.0700
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
3.5
3
─── ν = 0.15
- - - - ν = 0.25
─ · ─ ν = 0.50
E [kNm/m ]
2.5
2
1.5
1
ε = 1 · 10 0
0.5
0
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
0.0400
0.0500
0.0600
0.0700
-1
χ [m ]
Figura 5. 41 - Energia specifica per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·100 s-1
3.5
3
E [kNm/m ]
2.5
─── ν = 0.15
- - - - ν = 0.25
─ · ─ ν = 0.50
2
1.5
1
ε = 1 · 10 1
0.5
0
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
χ [m -1 ]
0.0400
0.0500
0.0600
0.0700
Figura 5. 42 - Energia specifica per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε& costante pari a
1·101 s-1
124
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
3.5
3
─── ν = 0.15
- - - - ν = 0.25
─ · ─ ν = 0.50
E [kNm/m ]
2.5
2
1.5
1
ε = 1 · 10 2
0.5
0
0.0000
0.0100
0.0200
0.0300
χ [m -1 ]
0.0400
0.0500
0.0600
0.0700
Figura 5. 43 - Energia specifica per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·102 s-1
5.2.5 Tabelle riepilogative delle simulazioni numeriche
Di seguito vengono riportate le tabelle riepilogative contenenti i risultati delle
analisi numeriche effettuate col software Biaxial in funzione della velocità di
deformazione e del rapporto di sforzo assiale applicato.
Le tabelle si riferiscono alla curvatura ed al momento flettente per le condizioni di
incipiente fessurazione, snervamento delle armature tese e a rottura; inoltre, sono
riportati anche i dati dell’energia specifica del processo deformativo ed il loro
incremento in relazione ai valori quasi-statici.
Curvatura in condizioni di incipiente fessurazione χcr
έ (s-1)
3·10-5
1·10-4
1·10-3
1·10-2
1·10-1
1·100
1·101
1·102
ν (#)
m-1
m-1
m-1
m-1
m-1
m-1
m-1
m-1
0.15
0.25
0,0024 0,0024 0,0024 0,0023 0,0023 0,0023 0,0022 0,0016
0.50
0,0062 0,0058 0,0058 0,0046 0,0044 0,0038 0,0033 0,0030
0,0033 0,0033 0,0029 0,0031 0,0031 0,0024 0,0023 0,0022
Tabella 5. 3 - Tabella riepilogativa dei valori della curvatura in condizioni di
incipiente fessurazione χcr in funzione della velocità di deformazione per i tre livelli
del rapporto di sforzo assiale
125
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
Curvatura in condizioni di snervamento dell'armatura tesa χy
έ (s-1)
3·10-5
1·10-4
1·10-3
1·10-2
1·10-1
1·100
1·101
1·102
ν (#)
m-1
m-1
m-1
m-1
m-1
m-1
m-1
m-1
0.15
0.25
0,0152 0,0157 0,0154 0,0152 0,0150 0,0147 0,0151 0,0144
0.50
0,0119 0,0149 0,0233 0,0217 0,0207 0,0196 0,0192 0,0168
0,0175 0,0177 0,0168 0,0168 0,0165 0,0161 0,0158 0,0149
Tabella 5. 4 - Tabella riepilogativa dei valori della curvatura in condizioni di
snervamento dell’armatura tesa χy in funzione della velocità di deformazione per i tre
livelli del rapporto di sforzo assiale
Curvatura in condizioni ultime χu
έ (s-1) 3·10-5
ν (#)
m-1
1·10-4
1·10-3
1·10-2
1·10-1
1·100
1·101
1·102
m-1
m-1
m-1
m-1
m-1
m-1
m-1
0.15
0.25
0,0608 0,0605 0,0593 0,0585 0,0577 0,0567 0,0558 0,0534
0.50
0,0221 0,0240 0,0288 0,0356 0,0440 0,0544 0,0656 0,0600
0,0415 0,0466 0,0579 0,0624 0,0611 0,0598 0,0586 0,0551
Tabella 5. 5 - Tabella riepilogativa dei valori della curvatura in condizioni ultime χu in funzione
della velocità di deformazione per i tre livelli del rapporto di sforzo assiale
Momento flettente in condizioni di incipiente fessurazione Mcr
έ (s-1) 3·10-5
1·10-4
1·10-3
1·10-2
1·10-1
1·100
1·101
1·102
ν (#)
kNm
kNm
kNm
kNm
kNm
kNm
kNm
kNm
0.15
0.25
10,47
11,11
12,20
13,17
13,59
14,83
15,87
17,51
13,39
14,11
15,78
16,68
15,77
17,48
19,27
20,13
0.50
21,34
21,82
23,20
23,68
26,54
26,42
26,72
32,89
Tabella 5. 6 - Tabella riepilogativa dei valori del momento flettente in condizioni di
incipiente fessurazione Mcr in funzione della velocità di deformazione per i tre livelli
del rapporto di sforzo assiale
126
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
Momento flettente in condizioni di snervamento dell'armatura tesa My
έ (s-1) 3·10-5
1·10-4
1·10-3
1·10-2
1·10-1
1·100
1·101
1·102
ν (#)
kNm
kNm
kNm
kNm
kNm
kNm
kNm
kNm
0.15
0.25
26,38
27,50
28,61
29,33
30,27
30,99
32,30
33,93
31,85
33,34
34,11
35,65
36,87
37,94
38,92
41,33
0.50
30,12
35,06
44,22
47,63
49,67
51,79
53,82
57,83
Tabella 5. 7 - Tabella riepilogativa dei valori del momento flettente in condizioni di
snervamento dell’armatura tesa My in funzione della velocità di deformazione per i
tre livelli del rapporto di sforzo assiale
Momento flettente in condizioni ultime Mu
έ (s-1) 3·10-5
1·10-4
1·10-3
1·10-2
1·10-1
1·100
1·101
1·102
ν (#)
kNm
kNm
kNm
kNm
kNm
kNm
kNm
kNm
0.15
0.25
27,84
28,87
24,94
30,65
31,59
32,67
33,62
35,40
33,60
35,04
36,59
37,71
38,77
39,82
40,89
43,48
0.50
35,27
39,14
44,56
48,19
51,42
54,25
56,50
60,14
Tabella 5. 8 - Tabella riepilogativa dei valori del momento flettente in condizioni ultime Mu in
funzione della velocità di deformazione per i tre livelli del rapporto di sforzo assiale
Energia specifica E
έ (s-1)
3·10-5
1·10-4
1·10-3
1·10-2
1·10-1
1·100
1·101
1·102
ν (#)
kNm/m
kNm/m
kNm/m
kNm/m
kNm/m
kNm/m
kNm/m
kNm/m
0.15
0.25
1,500
1,544
1,574
1,594
1,621
1,646
1,666
1,683
1,155
1,372
1,843
2,077
2,100
2,124
2,145
2,143
0.50
0,549
0,662
0,950
1,361
1,884
2,552
3,296
3,286
Tabella 5. 9 - Tabella riepilogativa dei valori di energia specifica in funzione della velocità di
deformazione per i tre livelli del rapporto di sforzo assiale
127
Cap. V – INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE SUL
LEGAME M-χ PER SEZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO
Incremento di energia specifica ΔE
έ (s-1) 3·10-5 1·10-4 1·10-3
1·10-2
1·10-1
1·100
1·101
1·102
ν (#)
%
%
%
%
%
%
%
%
0.15
0.25
-
2,93
4,93
6,27
8,07
9,73
11,07
12,20
-
18,79
59,57
79,83
81,82
83,90
85,71
85,54
0.50
-
20,58
73,04
147,91
243,17
364,85
500,36
498,54
Tabella 5. 10 - Tabella riepilogativa dei valori di incremento di energia specifica in funzione della
velocità di deformazione per i tre livelli del rapporto di sforzo assiale
128
Cap. VI – CONCLUSIONI
Capitolo VI
Conclusioni
La curiosità che dall’inizio dei tempi ha costituito per l’essere umano il motore
della conoscenza e la ricerca dell’uomo moderno orientata a soddisfare la naturale
necessità di sicurezza attraverso la conquista di un senso di protezione fanno sì
che l’attenzione comune volga il suo sguardo a quanto ancora la natura che ci
circonda ha da offrirci.
È su queste premesse che si fonda questo elaborato di tesi tutto incentrato sul
comportamento dei materiali strutturali dell’ingegneria civile sottoposti ad azioni
con elevate velocità di deformazione.
Nel capitolo I, in cui vengono minuziosamente studiati gli effetti dello strain-rate
sul calcestruzzo, l’acciaio ed i compositi FRP ed i fattori intrinseci che ne
influenzano il comportamento, si è visto come la velocità di deformazione
influisce positivamente sulla risposta meccanica di questi materiali in termini di
rigidezza, resistenza, capacità deformativa, duttilità, modalità di rottura e
dissipazione dell’energia specifica.
Nel capitolo II, invece, l’attenzione è stata rivolta alle metodologie sperimentali
utilizzate per la misura delle caratteristiche tenso-deformative dei materiali
sottoposti a regimi dinamici per cui sono state analizzate dal punto di vista
tecnologico le attrezzature, il loro funzionamento e le criticità intrinseche, le
apparecchiature idonee per condurre test ad elevati strain-rate.
129
Cap. VI – CONCLUSIONI
Nel capitolo III sono state illustrate le relazioni tensione-deformazione di natura
sperimentale che meglio si adattano allo studio dei processi deformativi dinamici
ed i legami costitutivi contenuti nel software LS-Dyna applicazione principe per
quanto concerne i codici di calcolo per la modellazione dinamica delle strutture.
Sono stati così analizzati i modelli di Cowper-Symonds, Jones e Johnson & Cook
e nel confronto sono stati estrapolati i loro lati positivi e negativi trascurando il
modello
di
Jones
poco
innovativo
dal
punto
di
vista
analitico
e
contemporaneamente poco utilizzato nella pratica sperimentale.
Nel capitolo IV l’attenzione ha riguardato la sensibilità nei confronti di questa
attuale ed innovativa tematica e, quindi, l’interesse dedicatovi da parte dei codici
normativi e delle istruzioni tecniche correntemente più usate. Si è fatto, perciò,
riferimento alle Norme Tecniche per le Costruzioni italiane, al Bollettino n°187
del 1988 ed al Model Code del 1990 redatti dal CEB-FIP ed alle TM 5-1300
americane, le più all’avanguardia ed esaurienti in questo settore e con un carattere
estremamente votato alla progettazione.
Il capitolo V rappresenta, infine, il cuore di questo elaborato di tesi con la sua
carica sperimentale e la grande importanza dei risultati raggiunti. Infatti,
implementando analisi numeriche con l’aiuto del software Biaxial si è giunti alla
costruzione di legami M-χ con all’interno gli effetti della velocità di deformazione
gettando, in questo modo, le basi per la costruzione di modelli applicabili ad
elementi frame per analisi di tipo dinamico non-lineare che tengano conto del
fenomeno dello strain-rate. Altro apprezzabile risultato raggiunto riguarda
l’importanza stessa di non trascurare gli effetti che la velocità di deformazione ha
sui materiali strutturali: infatti, dalle analisi implementate si è visto come la
sensibilità allo strain-rate abbia un peso maggiore, in termini di legame M-χ, del
rapporto di sforzo assiale applicato al generico elemento. Da un analisi comparata
dei dati a evidenziare risulta il fatto che per valori di strain-rate crescenti le
migliori risposte meccaniche si avevano per valori di sforzo normale crescente per
cui, se in caso di azioni quasi-statiche elementi colonna poco caricati erano
avvantaggiati, in caso di carichi dinamici con elevate velocità di deformazioni le
130
Cap. VI – CONCLUSIONI
sollecitazioni pre-esistenti giovano alla risposta meccanica nell’assorbimento di
tali eventi.
Da non trascurare, poi, l’aspetto energetico per cui i miglioramenti apportati dal
considerare gli effetti della dinamicità delle azioni possono essere considerevoli
fino a valori del 30%.
In conclusione, possiamo dire che l’attenzione nei confronti di questo particolare
quanto importante aspetto del comportamento di questi materiali non può essere
assolutamente trascurato per affrontare in modo completo e corretto
le
problematiche riguardanti le azioni dinamiche. Però, se da un lato si sono avuti
risultati soddisfacenti sul piano della conoscenza, dal punto di vista tecnologico la
ricerca soffre la scarsa diffusione di idonee metodologie ed apparecchiature.
Infatti, dal comportamento in condizioni quasi-statiche, studiato con le comuni
attrezzature di laboratorio per caratterizzare dal punto di vista meccanico un
materiale, non è possibile risalire alla risposta che lo stesso darebbe sotto alte
velocità di deformazione: questo è imputabile alla non linearità del coefficiente di
incremento dinamico DIF in cui viene quantitativamente sintetizzato il
comportamento ad elevate velocità di deformazione.
D’altra parte, all’impossibilità di derivare il comportamento dinamico da quello
quasi-statico, si aggiunge l’incapacità delle macchine, convenzionalmente usate
per i test standardizzati sui materiali, di modulare azioni applicate con elevate
velocità di deformazione. Nella pratica sperimentale, anche in quella tesa allo
studio del comportamento delle strutture soggette ad azioni sismiche, si è sempre
stati soliti applicare campi di spostamento, talvolta ciclici, con velocità basse e,
quindi, poco utili al nostro scopo.
Dalla tecnologia sono arrivate risposte in questo senso soprattutto racchiuse in
macchine sperimentali ad urto o a trasmissione di onda energetica quali possono
essere, rispettivamente, la “Drop-weight Impact Machine” e la “Hopkinson bar”
nella versione standard o modificata. Ma proprio per il carattere sperimentale
fortemente all’avanguardia e, quindi, poco diffuso la ricerca si trova ad affrontare
un problema di uniformità dei metodi sperimentali e dei dati che da queste
esperienze vengono tratti. L’assenza, infatti, di pratiche standardizzate o di
131
Cap. VI – CONCLUSIONI
protocolli sperimentali che possano fungere da linee guida o da vere e proprie
istruzioni per condurre le prove in laboratorio, dà luogo ad una disomogeneità dei
risultati pregiudicandone la comparabilità, caratteristica fondamentale per un dato
scientifico per una corretta interpretazione del fenomeno.
Quanto detto finora sottolinea l’importanza sempre più pressante della necessità di
standardizzare i risultati ottenuti sperimentalmente attraverso tecnologie diverse,
talvolta anche non comparabili, per fare un riassunto costruttivo della situazione;
quindi, porre un punto di partenza per lo sviluppo di una sperimentazione
orientata allo studio del comportamento dei materiali sottoposti ad elevate velocità
di deformazione.
132
RINGRAZIAMENTI
RINGRAZIAMENTI
Desidero a questo punto ringraziare quanti hanno reso possibile la stesura di
questo elaborato di laurea.
Il primo ringraziamento va al mio relatore Prof. Ing. Gaetano Manfredi, al DIST
(Dipartimento di Ingegneria Strutturale) ed al correlatore Prof. Ing. Andrea Prota
per la possibilità che mi hanno dato nel prendere parte ad un progetto così
importante ed affascinante. Un sentito grazie di cuore per l’amichevole quanto
competente e spesso determinante guida va al mio correlatore Ing. Domenico
Asprone che ha saputo accompagnarmi in questa ultima fase della mia carriera
accademica. Un ringraziamento speciale lo voglio indirizzare al mio correlatore
Prof. Ing. Ezio Cadoni del SUPSI (Scuola Universitaria Professionale della
Svizzera Italiana) di Lugano (CH) che con la sua esperienza e competenza ha
saputo seguirmi, seppur separati da enormi distanze, ed assistermi affinché questo
elaborato fosse pregno di contenuti. Per la pronta ed efficace assistenza nelle
modifiche e nell’utilizzo del software adoperato per le analisi numeriche non
posso altro che ringraziare l’Ing. Ivano Iovinella.
Grazie ancora alla mia famiglia per le opportunità, non solo economiche, che mi
hanno dato per poter raggiungere quest’obiettivo e ad Anna che ha saputo con
incondizionato appoggio ed amorevole comprensione starmi accanto.
Un ringraziamento particolare va ai colleghi di corso, quelli con cui ho condiviso i
momenti belli e brutti della mia esperienza universitaria, quelli che mi sono stati
vicino, ed io a loro, di fronte agli scogli che ogni tanto affiorano su questa rotta e
che hanno saputo condividere con me le gioie che ne sono risultate.
Infine, un grazie va agli amici più cari, all’equipaggio di Anahita ed al gruppo
giovanissimi di A.C., co-educatrice compresa, per tutti i momenti belli che hanno
saputo ritagliare per me allietando questo periodo di grande concentrazione e
dedizione.
133
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136
SITOGRAFIA
SITOGRAFIA
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http://www.ingegneria.unina.it – Facoltà di Ingegneria
http://www.dist.unina.it/ - Dipartimento di Ingegneria Strutturale
http://www.biblio.unina.it/ - Sistema Bibliotecario dell’Ateneo Federiciano
http://www.supsi.ch/ - Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana
http://www.reluis.it/ - Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica
http://www.wikipedia.it/ - L’enciclopedia libera
http://www.google.it/ - Google™ Italia - Motore di ricerca
http://www.steeluniversity.org/
http://fib.epfl.ch/ - FIB – Fédération Internationale du Béton
http://www.garzantilinguistica.it/ - Dizionari Garzanti on-line
137
INDICE DELLE FIGURE
INDICE DELLE FIGURE
Figura 1. 1 - Strain-rate relativi alle differenti condizioni di carico ________________ 8
Figura 1. 2 - Incremento del modulo elastico del calcestruzzo in compressione in
funzione della velocità di deformazione __________________________ 10
Figura 1. 3 - Differenza curva teorica/curva sperimentale della risposta del
calcestruzzo in trazione________________________________________ 11
Figura 1. 4 – Isocrone di fessurazione in condizioni di alta velocità di deformazione 11
Figura 1. 5 - a) Comportamento del calcestruzzo in trazione per elevate velocità di
deformazione ________________________________________________ 12
Figura 1. 6 - b) Comportamento del calcestruzzo in compressione per elevate velocità
di deformazione ______________________________________________ 12
Figura 1. 7 - c) Comportamento del calcestruzzo in flessione per elevate velocità di
deformazione ________________________________________________ 12
Figura 1. 8 - Massima tensione di trazione per calcestruzzi con aggregati diversi in
funzione dello strain-rate ______________________________________ 14
Figura 1. 9 - Massima tensione di trazione per calcestruzzi con diverso contenuto
d'acqua in funzione dello strain-rate_____________________________ 15
Figura 1. 10 - Andamento dell’energia di frattura per calcestruzzi con diverso
contenuto d’acqua in funzione dello strain-rate ____________________ 16
Figura 1. 11 - Rappresentazione schematica della propagazione dell’onda elastica per
due generici corpi a contatto ___________________________________ 17
Figura 1. 12 – Curva di risposta tempo-tensione durante la prova dinamica su
calcestruzzi con diverso contenuto d’acqua _______________________ 18
Figura 1. 13 - Evoluzione del legame costitutivo dell’acciaio in funzione dello strainrate ________________________________________________________ 29
Figura 1. 14 - Tensione di snervamento dell’acciaio con effetto Joule_____________ 30
Figura 1. 15 - Correzione della tensione di snervamento dell’acciaio dall’effetto Joule
___________________________________________________________ 31
Figura 1. 16 - Differenza tra le curve σ-ε ed s-e per un acciaio da carpenteria _____ 33
Figura 1. 17 - Fotografia al microscopio elettronico di un acciaio con basso tenore di
carbonio (low carbon steel) _____________________________________ 35
Figura 1. 18 - Fotografia al microscopio elettronico di un acciaio con medio tenore di
carbonio (medium carbon steel) _________________________________ 35
Figura 1. 19 - Fotografia al microscopio elettronico di un acciaio con alto tenore di
carbonio (high carbon steel)____________________________________ 35
Figura 1. 20 - Diagramma sforzo-deformazione per un acciaio con precipitazioni di Si
e Mn per differenti strain-rates _________________________________ 36
Figura 1. 21 - Diagramma true stress-strain per un acciaio con precipitazioni di Ni, Cu
e Al per differenti strain-rates __________________________________ 36
Figura 1. 22 - Fotografia al microscopio elettronico della superficie di frattura di un
acciaio con precipitazioni di Ni, Cu e Al in condizione quasi-statiche e per
elevato strain-rate ____________________________________________ 37
Figura 1. 23 - Fotografia al microscopio elettronico della superficie di frattura in
condizione quasi-statiche per un acciaio temprato __________________ 38
Figura 1. 24 - Fotografia al microscopio elettronico della superficie di frattura ad
elevata velocità di deformazione per un acciaio temprato____________ 39
Figura 1. 25 - Legame costitutivo della ghisa per diverse velocità di deformazione__ 39
Figura 1. 26 - Anomalia di forma in condizioni di rottura della resina epossidica in
compressione ________________________________________________ 41
Figura 1. 27 - Legami sforzo-deformazioni in compressione dell’adesivo epossidica
polimerizzato a caldo e a freddo ________________________________ 41
138
INDICE DELLE FIGURE
Figura 1. 28 - Ramo plastico dei legami tensione-deformazione in compressione con
strain-rate per l’adesivo epossidica polimerizzato a caldo e a freddo ___ 41
Figura 1. 29 - Coefficiente di incremento dinamico della tensione in compressione per
la resina epossidica ___________________________________________ 42
Figura 1. 30 - Legami sforzo-deformazione in trazione con strain-rate dell’adesivo
epossidico ___________________________________________________ 42
Figura 1. 31 - Coefficiente di incremento dinamico della tensione in trazione per
l’adesivo epossidico ___________________________________________ 43
Figura 1. 32 - Risposta meccanica in compressione del sistema composito con fibre
orientate nella direzione dell’azione sollecitante ___________________ 43
Figura 1. 33 - Risposta meccanica in trazione del sistema composito con fibre orientate
nella direzione dell’azione sollecitante ___________________________ 44
Figura 2. 1 - Schema della barra di Hopkinson classica per prove di compressione _ 49
Figura 2. 2 - SHPB della University of California San Diego ____________________ 49
Figura 2. 3 - Schema del provino inserito tra la barra incidente e riflettente per una
prova con la barra di Hopkinson ________________________________ 51
Figura 2. 4 - Esemplari di MHB del laboratorio DynaMat dell’University of Applied
Scienses of Southern Switzerland _______________________________ 54
Figura 2. 5 - Modified Hopkinson bar per prove di trazione ____________________ 55
Figura 2. 6 - Registrazione delle onde incidente, riflessa e trasmessa misurate
sull’input ed output bar durante una prova con la barra di Hopkinson
modificata __________________________________________________ 57
Figura 2. 7 - Provino metallico sagomato ed avvitato tra le due barre incidente e di
trasmissione per una prova con la barra di Hopkinson modificata ____ 58
Figura 2. 8 - Set-up della barra di Hopkinson modificata per test su provini metallici
___________________________________________________________ 59
Figura 2. 9 - Set-up della barra di Hopkinson modificata per test su provini in
calcestruzzo _________________________________________________ 60
Figura 2. 10 - Provino in calcestruzzo con strain-gage applicato pronto per una prova
con la barra di Hopkinson modificata____________________________ 61
Figura 2. 11 - Schema di funzionamento della drop-weight impact machine _______ 63
Figura 2. 12 - Drop-weight impact machine di un laboratorio tedesco _____________ 64
Figura 2. 13 - Versione di dimensioni ridotte di drop-weight impact machine_______ 64
Figura 2. 14 - Provino in calcestruzzo armato dopo il test con la drop-weight impact
machine ____________________________________________________ 65
Figura 2. 15 - Hydro-pneumatic machine per prove a media velocità di deformazione
___________________________________________________________ 65
Figura 2. 16 - Schema della hydro-pneumatic machine _________________________ 67
Figura 3. 1 - Legame costitutivo plastico in funzione di ε& nello spazio (σ , ε , ε& ) ____ 74
Figura 3. 2 - Formulation for rate effect - possibili applicazioni degli effetti dello
strain-rate al ramo plastico di un legame costitutivo ________________ 75
Figura 3. 3 - Superficie di crisi di Mohr-Coulomb con limiti di Tresca utilizzati dal
MAT 016 ___________________________________________________ 78
Figura 3. 4 - Curve di danno e di rottura utilizzate dal modello MAT 016 _________ 79
Figura 3. 5 - legame costitutivo plastico tridimensionale secondo ε& ______________ 81
Figura 5. 1 - Schema applicativo del metodo a fibre per sezione generica __________ 99
Figura 5. 2 - Punti fondamentali della risposta della sezione nel piano χ-M _______ 100
Figura 5. 3 - Punto di incipiente fessurazione in condizioni quasi-statiche ________ 101
139
INDICE DELLE FIGURE
Figura 5. 4 – Confronto tra le modalità di rottura duttile e fragile per due sezioni
diverse ____________________________________________________ 101
Figura 5. 5 - Esempio di rottura fragile per schiacciamento del calcestruzzo in zona
compressa__________________________________________________ 102
Figura 5. 6 - Esempio di rottura duttile per trazione nelle armature inferiori _____ 102
Figura 5. 7 - Confronto tra le risposte flessionali di una sezione in c.a.p. con e senza
l’applicazione dei coefficienti parziali di sicurezza ________________ 103
Figura 5. 8 - Influenza della forma della sezione resistente sul legame M-χ _______ 104
Figura 5. 9 - Influenza della resistenza dei materiali sul legame M-χ ____________ 105
Figura 5. 10 - Legame parabolo-rettangolo utilizzato dalla normativa italiana ____ 105
Figura 5. 11 - Legame costitutivo di Sargin utilizzato dal CEB _________________ 105
Figura 5. 12 - Influenza del legame costitutivo dei materiali sulla curva M-χ _____ 106
Figura 5. 13 – Influenza dello sforzo normale sul legame M-χ __________________ 106
Figura 5. 14 - Legame costitutivo del calcestruzzo parabolo-rettangolo __________ 108
Figura 5. 15 - Legame costitutivo dell’acciaio elasto-plastico ideale _____________ 108
Figura 5. 16 - Andamento del DIF dei parametri meccanici del calcestruzzo e
dell’acciaio utilizzati per le analisi numeriche ____________________ 109
Figura 5. 17 - Sezione trasversale della colonna utilizzata nelle analisi numeriche _ 109
Figura 5. 18 - Legame M-χ al variare della velocità di deformazione con ν=0.15___ 111
Figura 5. 19 - Legame M-χ al variare della velocità di deformazione con ν=0.25___ 112
Figura 5. 20 - Legame M-χ al variare della velocità di deformazione con ν=0.50___ 112
Figura 5. 21 - Variazione della distanza dell’asse neutro dal lembo teso in funzione
della velocità di deformazione nei tre casi di rapporto di sforzo assiale
considerati _________________________________________________ 113
Figura 5. 22 - Variazione della deformazione limite nel calcestruzzo e nell’acciaio in
funzione della velocità di deformazione per ν=0.15 ________________ 113
Figura 5. 23 - Variazione della deformazione limite nel calcestruzzo e nell’acciaio in
funzione della velocità di deformazione per ν=0.25 ________________ 114
Figura 5. 24 - Variazione della deformazione limite nel calcestruzzo e nell’acciaio in
funzione della velocità di deformazione per ν=0.50 ________________ 114
Figura 5. 25 – Energia specifica al crescere della velocità di deformazione con ν=0.15
__________________________________________________________ 115
Figura 5. 26 - Energia specifica al crescere della velocità di deformazione con ν=0.25
__________________________________________________________ 115
Figura 5. 27 - Energia specifica al crescere della velocità di deformazione con ν=0.50
__________________________________________________________ 116
Figura 5. 28 - Legame M-χ per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε& costante
pari a 3·10-5 s-1 ______________________________________________ 117
Figura 5. 29 - Legame M-χ per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε& costante
pari a 1·10-4 s-1 ______________________________________________ 117
Figura 5. 30 - Legame M-χ per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε& costante
pari a 1·10-3 s-1 ______________________________________________ 118
Figura 5. 31 - Legame M-χ per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε& costante
pari a 1·10-2 s-1 ______________________________________________ 118
Figura 5. 32 - Legame M-χ per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε& costante
pari a 1·10-1 s-1 ______________________________________________ 119
Figura 5. 33 - Legame M-χ per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε& costante
pari a 1·100 s-1 ______________________________________________ 119
Figura 5. 34 - Legame M-χ per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε& costante
pari a 1·101 s-1 ______________________________________________ 120
Figura 5. 35 - Legame M-χ per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε& costante
pari a 1·102 s-1 ______________________________________________ 120
140
INDICE DELLE FIGURE
Figura 5. 36 - Energia specifica per tre valori del rapporto di sforzo assiale
con ε& costante pari a 3·10-5 s-1 __________________________________ 121
Figura 5. 37 - Energia specifica per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·10-4 s-1 _______________________________________ 122
Figura 5. 38 – Energia specifica per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·10-3 s-1 _______________________________________ 122
Figura 5. 39 - Energia specifica per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·10-2 s-1 _______________________________________ 123
Figura 5. 40 - Energia specifica per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·10-1 s-1 _______________________________________ 123
Figura 5. 41 - Energia specifica per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·100 s-1 _______________________________________ 124
Figura 5. 42 - Energia specifica per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·101 s-1 _______________________________________ 124
Figura 5. 43 - Energia specifica per tre valori del rapporto di sforzo assiale con ε&
costante pari a 1·102 s-1 _______________________________________ 125
141
INDICE DELLE TABELLE
INDICE DELLE TABELLE
Tabella 1. 1 - DIF per calcestruzzo con max aggregati di 5 mm __________________ 20
Tabella 1. 2 - DIF per calcestruzzo con max aggregati di 10 mm _________________ 21
Tabella 1. 3 - DIF per calcestruzzo con max aggregati di 25 mm _________________ 21
Tabella 1. 4 - DIF per calcestruzzo asciutto __________________________________ 22
Tabella 1. 5 - DIF per calcestruzzo con R.H. 50% _____________________________ 22
Tabella 1. 6 - DIF per calcestruzzo saturo ___________________________________ 22
Tabella 1. 7 - Assortimento granulometrico della sabbia utilizzata per confezionare i
due conglomerati cementizi ____________________________________ 24
Tabella 1. 8 - Assortimento granulometrico degli aggregati utilizzati per confezionare
il calcestruzzo con inerti grossi __________________________________ 25
Tabella 1. 9 - Assortimento granulometrico degli aggregati utilizzati per confezionare
il calcestruzzo con inerti fini ____________________________________ 25
Tabella 1. 10 – Incremento percentuale di resistenza a compressione e trazione tra i
due provini con aggregati diversi________________________________ 26
Tabella 2. 1 - Schema delle metodologie di indagine per i diversi strain-rate con
indicazioni sulle tecniche sperimentali utilizzate e le relative criticità __ 48
Tabella 4. 1 - Valori del DIF per il calcestruzzo in compressione e per le barre
d’acciaio in funzione del tipo di esplosione e della sollecitazione agente 93
Tabella 4. 2 - Valori del DIF per la tensione di snervamento dell’acciaio in funzione
della sollecitazione e del tipo di acciaio ___________________________ 94
Tabella 4. 3 - Valori del DIF per la tensione di rottura dell’acciaio per diverse
tipologie di barre _____________________________________________ 94
Tabella 4. 4 - Tensioni di calcolo per analisi dinamiche in funzione dello stato di
sollecitazione ________________________________________________ 95
Tabella 5. 1 - Caratteristiche meccaniche dei materiali in condizioni quasi-statiche 107
Tabella 5. 2 - Dati utilizzati per le elaborazioni numeriche dinamiche fatte con il
software Biaxial _____________________________________________ 108
Tabella 5. 3 - Tabella riepilogativa dei valori della curvatura in condizioni di
incipiente fessurazione χcr in funzione della velocità di deformazione per i
tre livelli del rapporto di sforzo assiale __________________________ 125
Tabella 5. 4 - Tabella riepilogativa dei valori della curvatura in condizioni di
snervamento dell’armatura tesa χy in funzione della velocità di
deformazione per i tre livelli del rapporto di sforzo assiale__________ 126
Tabella 5. 5 - Tabella riepilogativa dei valori della curvatura in condizioni ultime χu in
funzione della velocità di deformazione per i tre livelli del rapporto di
sforzo assiale _______________________________________________ 126
Tabella 5. 6 - Tabella riepilogativa dei valori del momento flettente in condizioni di
incipiente fessurazione Mcr in funzione della velocità di deformazione per
i tre livelli del rapporto di sforzo assiale _________________________ 126
142
INDICE DELLE TABELLE
Tabella 5. 7 - Tabella riepilogativa dei valori del momento flettente in condizioni di
snervamento dell’armatura tesa My in funzione della velocità di
deformazione per i tre livelli del rapporto di sforzo assiale__________ 127
Tabella 5. 8 - Tabella riepilogativa dei valori del momento flettente in condizioni
ultime Mu in funzione della velocità di deformazione per i tre livelli del
rapporto di sforzo assiale _____________________________________ 127
Tabella 5. 9 - Tabella riepilogativa dei valori di energia specifica in funzione della
velocità di deformazione per i tre livelli del rapporto di sforzo assiale 127
Tabella 5. 10 - Tabella riepilogativa dei valori di incremento di energia specifica in
funzione della velocità di deformazione per i tre livelli del rapporto di
sforzo assiale _______________________________________________ 128
143