Promemoria per la prova scritta
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Promemoria per la prova scritta
NORME ORIENTATIVE PER LA STESURA DI UN TESTO Considerazioni generali. Il testo va steso con chiarezza e spirito di servizio nei confronti del lettore, con l’idea di offrire alla comunità (il lettore) un contributo di carattere “scientifico”, cioè oggettivo, finalizzato a essere uno strumento di consultazione – dunque chiaro alla comprensione, tendenzialmente univoco, facile da percorrere, verificabile. L’osservanza di criteri come quelli che seguono (ne esistono importanti varianti, a seconda del tipo di testo – scientifico, umanistico, ecc.; dell’area linguistica - romanza, anglosassone, ecc; della tipografia e delle sue esigenze) è condizione necessaria seppur non sufficiente per la produzione di un testo con tali caratteristiche; e qualsiasi variazione (dalla scelta di un carattere, a una diversa impaginazione, a un diverso apparato di note) deve essere adeguatamente motivata. In genere, fatta salva la specificità di ogni lavoro, si richiede che il testo abbia almeno: a) un titolo sintetico che rispecchi il contenuto (opportunamente inserito nel frontespizio con tutte le informazioni istituzionali richieste: università, scuola, corso di laurea, laureando, referente, coreferente, anno accademico); b) un indice chiaro e sufficientemente articolato, collocato all’inizio, in quanto specchio del progetto di scrittura e nello stesso tempo guida alla consultazione; c) una adeguata bibliografia, posta in fondo, di sviluppo adeguato agli scopi della ricerca. IL TESTO 1. Il testo, particolarmente se presenta un certo sviluppo, va scritto preferibilmente in un carattere di gradevole lettura, dunque graziato (Times New Roman), corpo 12 (proporzionato al formato di stampa A4), interlinea 1,5 e giustificato (per evidenti motivi di chiarezza e ordine); si consigliano margini di impaginazione di default, che tengano conto dell’eventuale rilegatura. Tendenzialmente vanno usati solo il tondo normale e il corsivo; il grassetto solo per i titoli dei capitoli; il tutto maiuscolo solo in casi speciali (sigle, ecc.); da evitare sempre il maiuscoletto e il sottolineato (salvo motivazioni grafiche che però non riguardano una tesi) e l’utilizzo contemporaneo di due formati (ad es.: grassetto e corsivo) in quanto ridondante. 2. L’articolazione in parti, capitoli, paragrafi deve rispecchiare fedelmente la gerarchia dell’indice: a) nel corpo dei titoli e b) nella spaziatura; si consiglia ad esempio di assegnare l’intera pagina ai titoli di parti, e di andare a nuova pagina a ogni cambio di capitolo. La numerazione di capitoli e paragrafi (“Parte Prima”; “Capitolo 6”; oppure semplicemente “1.2.2.”, ecc.) di norma segnala una parziale rinuncia alla capacità di significazione e di scansione dei titoli; è funzionale a lavori di carattere scientifico; è però moderatamente accettabile negli indici molto articolati. I titoli di sezioni o paragrafi non devono finire col punto fermo, seguendo il vezzo di alcune pubblicità (l’a capo si considera già equivalente a un punto fermo). È ovviamente consigliabile servirsi correttamente della normale articolazione in frase, periodo, paragrafo, utilizzando l’a capo solo in quest’ultimo caso (come una specie di superpunto); ogni capoverso deve essere preceduto da una tabulazione di invito - almeno tre spazi. 3. Lo stile. Il segno di interpunzione segue sempre immediatamente la parola ed è seguito da uno spazio; tranne l’apostrofo, che appunto non prevede spazi; e la parentesi di apertura, che è subito seguita dalla parola (come qui). Fra le note norme che regolano la punteggiatura, vale almeno ricordare qui che i due punti introducono uno sviluppo dimostrativo, mentre il punto e virgola separa/congiunge due correlative (o diversi elenchi). La virgola va usata con discrezione; ad es. non è indispensabile per isolare espressioni singole (come ‘infatti’) o avverbi di tempo o semplici complementi indiretti, qualora non li si voglia evidenziare; soprattutto non va mai tra il soggetto e il predicato o vicina alle congiunzioni ‘e’ e ‘o’ (anche qui con le dovute, motivate, eccezioni stilistiche); naturalmente se apre un inciso, lo deve anche chiudere. Il trattino (-) è una risorsa in più, che introduce una affermazione che si colloca su un piano di contemporaneità o di approfondimento rispetto a quello che precede (un po’ più e un po’ meno di un punto e virgola), articolando ulteriormente la gerarchia degli enunciati; non se ne deve abusare, perché potrebbe sortire l’effetto contrario, dare l’impressione di confondere o smarrire le connessioni logiche. Il trattino unificante all’interno delle parole composte si usa solo fra parole intere (senza spazi!): ad esempio ‘politico-culturale’ (e non ‘politico – culturale’); non si usa negli altri casi (‘socioculturale’). Evitare di segnalare le enfasi e le sottolineature lessicali con le virgolette inglesi (“ ”); meglio apici semplici (‘ ’) per una singola parola, il corsivo per una espressione. Tutti i titoli di opere (saggi, romanzi, articoli, ma anche film e spettacoli), vanno in corsivo; in corsivo vanno anche i titoli dei testi poetici (in mancanza di titolo originale diviene titolo - tutto corsivo - il primo verso). Le parole in lingua straniera vanno in corsivo (tranne quelle ormai di uso comune, come film, garage, stress, choc, ecc.; o quelle frequenti/tipiche dell’argomento trattato: ad esempio scanner, download, back up in una tesi di informatica; marketing, advertising, headline in una tesi di pubblicità; ecc.); le parole dialettali sono equiparate alle straniere (dunque in corsivo); le parole in caratteri diversi dai latini (greco, russo, cinese ecc.) vanno traslitterate, secondo i criteri più accreditati (oggi non si traslittera più ‘Mao Tse-tung’, ma si preferisce ‘Mao Zedong’, all’inglese; ‘Bombay’ è oggi ‘Mumbai’; ecc.). In un testo di carattere umanistico è opportuno trascrivere quanto possibile i numeri in lettere (salvo numeri complessi; elenchi; date); però attenzione, si scrive 18 febbraio 2012, e non 18/02/12, come in una lettera commerciale; ed è scorretto apostrofare le cifre arabe (“l'8 settembre” va sciolto in “l'otto settembre”); il numero in cifra romana è già un ordinale (‘X’ significa ‘decimo’; dunque X° è sbagliato). Ancora: attenzione all'accento acuto o grave (‘è’, ‘perché’, ‘sé’, ecc.), che può essere perfino fonte di errore nelle lingue straniere (nel dubbio si usi un dizionario); digitare ‘È’ e non ‘E'’; attenzione al genere delle parole straniere (il Bauhaus e non la Bauhaus); le note musicali si scrivono alto/basso (Fa Sol Re, e non fa sol re), ‘bemolle’, ‘bequadro’, ‘diesis’ vanno scritti per esteso; pure per esteso vanno santi e chiese (San Marino e non S. Marino); il ‘d’ eufonico (ed, ad, od) è preferibile solo quando la vocale che segue è uguale (es.: “ed essi dissero”; ma è meglio “e ora”, per non aggiungere inutilmente una sillaba); quando si citano persone, la prima volta è corretto dare nome e cognome, le volte successive solo il cognome. 4. Le citazioni: quelle corte (fino a tre righe; ma non è questione di battute, semmai di contesto) vanno poste all’interno del testo fra virgolette; nel caso di versi la separazione dovrà essere indicata con il segno di barretta verticale fra due spazi: «se cerca, se dice | l’amico dov'è?». Quelle lunghe vanno a) a capo, dopo una linea; b) in corpo minore (meglio 10), interlinea singola e c) rientranti di una tabulazione (senza virgolette!); iniziano con la maiuscola o con la minuscola a seconda del testo che le introduce; i versi seguono le stesse indicazioni, rispettando i propri a capo originali. Qualora le virgolette ne debbano contenere delle altre, seguono il seguente ordine: angolari, inglesi, apici (« “ ‘ ’ ” »): «Diceva Giotto: “Non è facile fare un cerchio o uno ‘zero’ senza usare il compasso”; e in effetti aveva ragione». Le omissioni vanno riportate con [...] e non con i semplici puntini (che sono sempre tre!); in caso di omissione di un intero paragrafo o più, il segno [...] sarà portato a capo e la citazione riprenderà di nuovo a capo; il segno non serve a inizio e fine della citazione, dove l’interruzione è già resa evidente dal cambio di corpo. Le interpolazioni di chi scrive all’interno della citazione (solo se indispensabili) vanno fra [ ]; es.: [sic] per segnalare un grafia scorretta o incomprensibile. L’APPARATO NOTE-BIBLIOGRAFIA Va inteso come uno strumento predisposto e coordinato fin dal principio: la bibliografia va stesa via via secondo le modalità prescelte, e tutte le note vi faranno riferimento in modo uniforme e univoco, con le abbreviazioni convenute. Le note servono a: a) fornire al lettore gli strumenti per verificare l’attendibilità di una affermazione: dunque la bibliografia riscontrabile di una citazione, il rimando complessivo a un testo di riferimento, una riflessione generale sulla bibliografia esistente, ecc. b) sviluppare osservazioni secondarie, troppo digressive rispetto al testo principale, ma pur sempre utili al lettore (dunque non considerazioni eccentriche o troppo personali!). La bibliografia serve a: a) fornire tutte le indicazioni per la reperibilità dei testi citati; b) ma anche, nel complesso, delineare l’orizzonte metodologico entro cui la ricerca si è mossa (e può essere proseguita); c) in casi particolari, la bibliografia può essere anche oggetto della ricerca stessa, quando ad esempio si dà per la prima volta la bibliografia o la teatrografia completa di un autore (per contro, se questa esiste già, è corretto rimandare ad essa, piuttosto che copiarla!). 1. Le note si intendono sempre a piè di pagina (in chiusura solo per motivate eccezioni). Vanno segnalate nel testo al punto giusto (immaginando che la lettura della nota prosegua dal punto in cui è stato apposto l’indicatore); con numerazione progressiva araba, in esponente (senza parentesi); se si riferiscono a una citazione nel suo complesso, l’esponente deve essere esterno alle virgolette e gli eventuali segni di interpunzione seguono l’esponente (es.: “questo dice Pisistrato”1.) A piè di pagina troveremo dunque: il riferimento esteso della fonte secondo le norme generali della bibliografia (v. qui oltre), più il numero romano dell’eventuale tomo e il numero della pagina preceduto da p. o da pp., plurale; sempre chiuso da un punto fermo. Es.: 12. Nome Cognome, Titolo, Città, Editore, Anno, vol. IV, pp. 18-19. Pagine diverse vanno separate dalla virgola (pp. 222, 236 e 250); se consecutive, dal trattino (pp.120-126); se sparse, si dà la prima seguita da una abbreviazione (pp. 18 e ss.; ma meglio non abusarne, perché rende poco verificabile la citazione). Dei testi teatrali, dopo autore e titolo, basta il riferimento di atto e scena in numeri romano e arabo (es. W. Shakespeare, Hamlet, II, 1); per opere molto conosciute (la Bibbia, la Divina Commedia, ecc.) si segue la rispettiva consuetudine (libro o canto, numero dei versetti o dei capoversi, ecc.). Sempre nell’ottica della sintesi, si adopereranno le seguenti abbreviazioni: cit. op. cit. v. cfr. ivi, p. ibidem per non ripetere per esteso un libro già citato sopra; es.: “v. A. La Trippa, Le elezioni politiche, cit.” (eventualmente seguito dalle pagine della nuova citazione) per non ripetere per esteso un libro già citato sopra, nonché l’unico di quell’autore, per cui non serve neppure il titolo; es. “v. La Trippa, op. cit.” (eventualmente seguito dalle pagine della nuova citazione) rimanda a un testo che può approfondire quanto appena esposto rimanda a un testo che può comprovare quanto appena esposto indica che la citazione si trova nel libro citato nella nota precedente, ad un’altra pagina indica che la citazione si trova nel libro citato nella nota precedente, alla stessa pagina Altre abbreviazioni non usuali (sigle di riviste o di volumi spesso citati o eventuali segni diacritici per trascrizioni fonetiche inusuali) devono essere segnalate in una nota introduttiva. 2. La bibliografia segue le seguenti regole internazionali, sia in nota che in Bibliografia. a) citazioni di libri, saggi da libri, saggi da volumi miscellanei - Nome Cognome, Titolo del libro, Città, Editore, Anno [ev. numero dell’edizione in esponente: 19803 per indicare la terza edizione], (trad. it., a cura di Nome Cognome, Anno) [se si cita direttamente in traduzione, si consiglia di indicare la data dell’edizione originale dopo il titolo italiano fra parentesi quadre] - Nome Cognome, Titolo del saggio, in Nome Cognome [se è lo stesso, Id.], Titolo del libro, Città, Editore, Anno - Nome Cognome, Titolo del saggio, in (meglio non usare le sigle Autori Vari, AA VV o AA. VV.) Titolo della miscellanea. Eventuale sottotitolo, a cura di Nome Cognome, I-IV (se è in più tomi), Città, Editore, Anno b) citazioni di articoli da giornali, riviste, periodici - Nome Cognome, Titolo dell'articolo, «Titolo del Quotidiano», Data, p. o pp. - Nome Cognome, Titolo dell'articolo, «Titolo della Rivista», Numero (Mese), Anno, p. o pp. - Nome Cognome, Titolo dell'articolo, «Titolo del Periodico», Annata [anno di vita del periodico, in numero romano], Anno [in numero arabo; non servono editore o luogo di edizione], p. o pp. Per qualsiasi altra questione, e anche per approfondire le motivazioni funzionali di queste regole (importanti per comprenderne e declinarne l’uso in modo non pedestre) si consiglia la lettura di Umberto Eco, Come si fa una testi di laurea. Le materie umanistiche, Milano, Bompiani, 1977.