“Oggi sarai con me in paradiso”

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“Oggi sarai con me in paradiso”
Prima Meditazione – Novembre 2015
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“Oggi sarai con me
in paradiso”
Luca 23,43
Dalla morte alla vita
«Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti... Passano presto e noi ci
dileguiamo» (Sal 90). Questa frase, attinta dalla Bibbia, sembra lasciar intendere una cosa: la vita è un
continuo "tendere verso la morte". La prima domanda che viene spontaneo farsi è: la vita è questo? Che
cosa c'è dopo la morte?
Le statistiche ci dicono che ogni uomo può contare, in media, su venticinquemila giorni di vita:
qualche migliaio in più, qualche migliaio in meno. Se, quando si è giovani, non si pensa alla morte, a una
certa età ci si pensa tutti i giorni e anche più volte al giorno. Tutti conosciamo quando è iniziata la nostra
vita, ma nessuno sa quando essa finirà: «Nessuno può decidere sul giorno della sua morte» (Qo 8,8). Il
mistero è grande ed è uguale per tutti!
Ma perché si muore? Che ne sarà di noi? Che senso ha la vita? Esiste un progetto, uno scopo oppure
tutto è un gioco, frutto del caso? La fede cristiana ci assicura che la morte non è la fine di tutto ma l'inizio
di un'altra vita, la vita eterna, la vita con Dio. Nella Sacra Scrittura leggiamo: «Le anime dei giusti sono
nelle mani di Dio... la loro dipartita appare a noi uno sfacelo, ma in realtà sono nella pace» (Sap
3,1ss).
Onorare i morti è costume degli uomini, fin dall'antichità. Nella prospettiva cristiana, al ricordo e
alla venerazione per i defunti si aggiunge la preghiera di suffragio, attraverso la quale affidiamo a Dio e alla
sua infinita misericordia tutte le persone care che ci hanno lasciato. Inoltre, tutti amiamo pensare che i
nostri cari defunti siano nella gioia e nella pace con Dio. La rivelazione cristiana parla appunto di una
condizione di pace e di felicità con Dio per i giusti (Paradiso) e della possibilità reale di non salvarsi, per
altri. Ma, sempre secondo la fede cristiana, esiste un'altra condizione in cui possono venire a trovarsi le anime dei defunti dopo la morte, ed è la condizione di quanti hanno ancora bisogno di purificarsi prima di
entrare nella visione beatifica di Dio. Comunemente noi chiamiamo questa condizione "Purgatorio'. Il
Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 1030, dice: «Coloro che muoiono nell'amicizia con Dio, ma
sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono sottoposti ad una
purificazione prima di entrare nella gioia del cielo».
Da sempre la Chiesa invita i fedeli ad accompagnare, con preghiere di suffragio e opere di bene, i
nostri cari defunti. A tale proposito, il Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 211, afferma: «In virtù
della comunione dei santi, i fedeli ancora pellegrini sulla terra possono aiutare le anime del Purgatorio
offrendo per loro preghiere di suffragio, in particolare il Sacrifico eucaristico, ma anche elemosine,
indulgenze e opere di penitenza».
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La tradizione della Chiesa
«Per chi tiene sempre lo sguardo confidente in Dio non ci sono sorprese, neppure la sorpresa della
morte» (Giovanni XXIII).
Secondo la rivelazione cristiana, la Chiesa di Cristo è costituita dalla Chiesa militante (pellegrina
sulla terra), dalla Chiesa trionfante (quella in cielo) e dalla Chiesa purgante (le anime del Purgatorio). Tutte
e tre, insieme, formano il Corpo mistico di Cristo e vi è tra esse un'incessante comunicazione, detta
«comunione dei santi», che si concretizza in una reciproca solidarietà spirituale.
Il Purgatorio rappresenta la situazione di quelle anime che, al momento della morte, pur
essendo in grazia di Dio, non hanno espiato del tutto i loro peccati o non sono ancora degne di godere della
visione di Dio. Queste anime possono essere aiutate dalle preghiere di suffragio dei fedeli, in particolare
dal sacrificio della santa Messa.
A questo riguardo, il beato don Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia Paolina (18841971),
ha scritto: «La Comunione dei santi è uno dei più belli e cari dogmi di questa nostra santa religione;
giacché fa di noi, delle anime purganti e dei beati del paradiso una famiglia sola.[…] Tale dogma è il
fondamento di tutta la nostra carità verso i defunti. […] La Chiesa universale, cioè militante, purgante,
trionfante, forma il Corpo mistico di Gesù Cristo. Siamo tutti membra di Nostro Signore Gesù Cristo.
Come nel corpo dell'uomo l'attività di un membro, per esempio degli occhi o delle mani, ridonda a
beneficio di tutto il corpo, poiché l'occhio non vede per sé solo, ma per tutto il corpo, e la mano non lavora
per sé, ma per tutto il corpo; così tutto il bene che è e che si opera nel Corpo mistico di Gesù Cristo torna a
vantaggio delle singole membra, di tutti in una parola. […] La Chiesa militante onora i beati che sono in
paradiso come amici di Dio, come esemplari di virtù; li supplica a intercedere presso il Signore onde
ottenerci le grazie necessarie; anima i fedeli a ricopiarne gli esempi e a battere la strada del cielo come essi
hanno fatto. La Chiesa militante suffraga le anime che sono nel purgatorio, con Messe, penitenze,
indulgenze, ecc., onde siano abbreviate le loro pene e si affretti il loro ingresso in paradiso».
Cos'è il Purgatorio?
«Non indica un luogo ma una condizione di vita. Coloro che dopo la morte vivono in uno stato
di purificazione, sono già nell'amore di Dio» (Giovanni Paolo II).
Il termine "Purgatorio' (da "purgare", "purificare") sta a designare la fase di purificazione delle
anime dei defunti, prima di essere ammessi alla visione beatifica di Dio. Il Purgatorio non è che «il dolore
per l'amore non vissuto, per la carità non compiuta, per il bene non fatto quando si poteva fare» (Carlo
Carretto). Dopo la morte, alcuni potrebbero avere ancora bisogno di purificarsi. Infatti, «Dio è luce: non è
possibile immergersi in lui, avendo nel cuore una più piccola presenza di tenebra. Dio è amore: non è
possibile abbracciarlo, avendo nel cuore anche soltanto una tenua ombra di egoismo. Dio è perdono: non è
possibile vederlo, avendo dentro di sé anche un piccolissimo velo di odio. Dio è umiltà: non è possibile
accostarsi a lui, tenendo dentro di sé anche la più minima dose di orgoglio» (Angelo Comastri).
Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di
Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono sottoposti,
dopo la loro morte, a una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del
cielo» (n. 1030).
«La Chiesa chiama Purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt'altra cosa dal castigo
dei dannati. La Chiesa ha formulato la dottrina della fede relativa al Purgatorio soprattutto nei Concili di
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Firenze e di Trento. La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, parla di un fuoco
purificatore: per quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c'è, prima del Giudizio, un
fuoco purificatore, infatti colui che è la Verità afferma che, se qualcuno pronuncia una bestemmia contro
lo Spirito Santo, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro (Mt 12,31). Da questa
affermazione si deduce che certe colpe possono essere rimesse in questo secolo, ma certe altre nel secolo
futuro» (n. 1031).
«Questo insegnamento poggia anche sulla pratica della preghiera per i defunti di cui la Sacra
Scrittura già parla: "[Giuda Maccabeo] fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti
dal peccato" (2Mac 12,45). Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto
per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, affinché, purificati, possano giungere alla visione
beatifica di Dio. La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza a favore
dei defunti: "Rechiamo loro soccorso e commemoriamoli. Se i figli di Giobbe sono stati purificati dal
sacrificio del loro padre, perché dovremmo dubitare che le nostre offerte per i morti portino loro qualche
consolazione? Non esitiamo a soccorrere coloro che sono morti e ad offrire per loro le nostre preghiere"»
(n. 1032).
Le Messe Gregoriane
Sono così chiamate dal nome di san Gregorio Magno, Papa, che istituì questa pia pratica. Esse
consistono nella celebrazione di trenta Sante Messe consecutive, e senza interruzione, a beneficio della
stessa persona defunta. L'origine di questa pia pratica viene narrata nei Dialoghi di san Gregorio. Si
racconta che, essendo san Gregorio abate di Sant'Andrea in Roma, proibì la sepoltura in terra consacrata del
monaco Giusto perché, pur avendo fatto voto di povertà, aveva indebitamente conservato tre monete d'oro.
Nel contempo, però, fece celebrare in suo suffragio trenta Messe consecutive senza interruzione. Al
trentesimo giorno il defunto apparve a suo fratello, anch'egli monaco nella stessa abbazia, dicendo: «Finora ho
sofferto, ora non più». Si diffuse così la pia pratica e la convinzione che con essa l'anima veniva liberata dal
Purgatorio. La Chiesa ha sempre convalidato la pia pratica e tuttora la consiglia; ovviamente non afferma
che con essa è certa la liberazione dell'anima dal Purgatorio. Avendola però istituita un Papa santo, ed
essendo stata caldeggiata dalla Chiesa, possiamo nutrire viva speranza che il Signore, nella sua grande
bontà e misericordia, vorrà liberare l'anima per la quale vengono celebrate e applicate le trenta Messe.
«Così a poco a poco», scrive don Alberione «si introdusse nella Chiesa l'uso di far dire per i fedeli
defunti trenta Messe, le quali in memoria di san Gregorio furono dette Gregoriane, o trentenario
gregoriano. Questa pratica si estese rapidamente in tutti i paesi... [Tale pratica] ebbe pure l'approvazione
della Sacra Congregazione che nel 1884 rispose a una interpellanza, dicendo che i fedeli potevano avere
piena fiducia in dette Messe. Del resto, vi è nulla in contrario. Dio per effetto della sua bontà, e per onorare
il suo servo fedele che durante la sua vita ebbe una compassione grande per le anime del Purgatorio, può
dare una efficacia particolare alle Messe celebrate in tal modo. Inoltre per la celebrazione di dette Messe
non è affatto necessaria la commemorazione di san Gregorio e non è necessario che vengano celebrate in
uno stesso altare, né da uno stesso sacerdote, ma è bensì necessario che vengano dette durante trenta
giorni consecutivi, senza altra interruzione che quella che può risultare dall'incontro dei tre ultimi giorni
della settimana santa, e devono venire applicate all'anima di cui si impetra la liberazione dalla divina
misericordia. Le Messe Gregoriane non possono essere però [celebrate] per i vivi» (Giacomo Alberione)
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La nostra meta è il Paradiso
Scrive san Giovanni Crisostomo: «Come l'agricoltore nel vedere il frumento marcire non si abbatte
né si rattrista, ma proprio allora gioisce ed esulta sapendo che quello sfacelo diviene principio di una nascita
migliore a causa di maggior raccolto, così il giusto, che fa il vanto delle buone opere e aspetta ogni giorno il
regno, quando vede la morte davanti a gli occhi non s'affanna, come i più, non si turba, non si sgomenta, egli
sa che la morte per chi ha vissuto rettamente è la migrazione a uno stato migliore, è il passaggio a una vita
più bella, è la corsa a ricevere la corona».
E Papa Francesco aggiunge: «Il traguardo della nostra esistenza non è la morte, ma il Paradiso! Lo
scrive l'apostolo Giovanni: "Ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si
sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è" (1 Cv 3,2). I Santi, gli amici di
Dio, ci assicurano che questa promessa non delude. Nella loro esistenza terrena, infatti, hanno vissuto in
comunione profonda con Dio. Nel volto dei fratelli più piccoli e disprezzati hanno veduto il volto di Dio,
e ora lo contemplano faccia a faccia nella sua bellezza gloriosa... Con la loro testimonianza i Santi ci incoraggiano a non avere paura di andare controcorrente o di essere incompresi e derisi quando parliamo di
Lui e del Vangelo; ci dimostrano con la loro vita che chi rimane fedele a Dio e alla sua Parola sperimenta già
su questa terra il conforto del suo amore e poi il "centuplo" nell'eternità. Questo è ciò che speriamo e
domandiamo al Signore per i nostri fratelli e sorelle defunti. Con sapienza la Chiesa ha posto in stretta
sequenza la festa di Tutti i Santi e la Commemorazione di tutti i fedeli defunti. Alla nostra preghiera di lode
a Dio e di venerazione degli spiriti beati si unisce l'orazione di suffragio per quanti ci hanno preceduto nel
passaggio da questo mondo alla vita eterna» (Angelus, 2 novembre 2013).
Nella nostra vita di cristiani non servirebbe a nulla impegnarsi a fare il bene, servire Dio e amare il
prossimo, se la morte, e non la risurrezione, avesse l'ultima parola: «Se Cristo non è risorto, vuota è la
nostra predicazione, vuota anche la nostra fede» (1Cor 15,14).
Gesù Risorto è la sola speranza per la vita di ogni uomo, la grande "buona notizia" che interessa
tutti quanti credono in lui. Scrive san Paolo: «Se crediamo che Gesù è morto e risorto, Dio, per mezzo di
Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti» (1Ts 4,14).
Dal libro “100 Preghiere per i nostri cari defunti”
a cura di Vito Morelli (ed. San Paolo, 2015 – pp. 7-22)
Parrocchia San Pietro Apostolo - Lanciano