Thomas Sankara il Che Guevara africano

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Thomas Sankara il Che Guevara africano
Thomas Sankara il Che Guevara africano
Ventisette anni fa, ad Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, oggi uno
degli stati più poveri dell’Africa Nera, veniva assassinato, all’età di
trentasette anni, il presidente e statista Thomas Sankara.
Sankara non fu solo un uomo di stato del Burkina Faso, fu soprattutto un
servitore dell’Africa intera, che aveva a cuore le sorti non solo del suo
paese, ma dell’intero continente Africano.
Sankara sfido' i potenti del mondo e disse che la politica aveva senso solo
se lavorava per la felicità dei popoli. Affermo',con il proprio esempio personale, che la politica era servizio, non
potere o arricchimento personale. Sostenne le ragioni degli ultimi,dei diversi e delle donne. Denunciò lo
strapotere criminale della grande finanza. Irrise le regole di un mondo fondato su di una competività che
punisce sempre gli umili e che arricchisce sempre i burattinai di questa stupida arena. Urlò che il mondo era
per tutti e che non era giusto che tanti, troppi potessero solo guardare la vita di pochi ricchi e tentar di
sopravvivere. Visto come una figura carismatica e iconica della rivoluzione, è comunemente indicato come
"il Che Guevara africano".
Thomas Sankara nacque il 21 dicembre 1949 aYako, Alto Volta. Di famiglia cattolica, dopo aver frequentato il liceo,
venne incoraggiato dai genitori a prendere i voti, ma a quella vita preferì la carriera militare, che lo portò in Madagascar
dove ricevette una formazione da ufficiale dell'esercito
Là fu testimone delle rivolte popolari degli anni settanta contro il presidente Philibert Tsiranana e cominciò a nutrire
simpatie per la causa antimperialista, che lo portò a condividere in parte gli ideali rivoluzionari di Marx e di Lenin, dei
quali lesse le opere.
Tornato in patria, stato che allora si chiamava ancora Alto Volta, fu impegnato dal 1972 al 1974 al fronte nella guerra
contro il Mali, durante le quale si distinse per le azioni eroiche e per il suo coraggio, conflitto che anni dopo definì “inutile
ed ingiusto”.
In seguito divenne noto ad Ouagadougou come chitarrista del gruppo "Tout-à-Coup Jazz".
Nel 1976, mentre svolgeva le mansioni di comandante in un campo di addestramento, durante la presidenza del
colonnello Saye Zerbo, conobbe diversi ufficiali tra cui Blaise Compaoré,
con i quali fondò un’associazione segreta che prendeva il nome di ROC,
acronimo francese per “Gruppo di Ufficiali Comunisti”.
Negli anni successivi la sua brillante carriera gli consentì di avere importanti
incarichi dal governo del paese, da cui spesso si dimise vedendo la
corruzione che regnava nell’amministrazione dello Stato,
Nel settembre del 1981, divenne Segretario di Stato, ma rassegnò le
dimissioni il 21 aprile 1982, in disaccordo con il regime, secondo lui troppo
lontano dai lavoratori.
Dopo un colpo di Stato nel novembre 1982, che portò al potere JeanBaptiste Ouedraogo, Sankara divenne Primo Ministro, ma venne destituito
dal suo incarico e messo agli arresti domiciliari in seguito alla visita di JeanChristophe Mitterrand, figlio dell'allora presidente francese François
Mitterrand.
L'arresto di Sankara e di altri suoi compagni causò un’ondata di contestazioni finché, il 4 agosto 1983, con un colpo di
stato guidato dai suoi fedelissimi, capeggiati da Blaise Compaoré e divenne il quinto ed ultimo presidente dell’Alto Volta
all'età di 35 anni.
Il golpe, un duro attacco alla secolare sovranità francese in quella regione, fu sostenuto economicamente dalla Libia, che
era sull’orlo di un conflitto militare proprio conla Francianei territori del Ciad.
Esattamente un anno dopo il suo insediamento, nel 1984, Sankara cambiò il nome del Paese in Burkina Faso (nome in
lingua burkinabè che significa “paese degli uomini onesti”), per sancire la definitiva rottura con il passato coloniale che
aveva da sempre caratterizzato l’esistenza di quella nazione e ne divenne il primo presidente dal 1983 al 1987.
Cambiò inoltre la bandiera e lo stemma nazionale e scrisse un nuovo inno, Une Seule Nuit.
La sua ascesa al potere fu rapida, ed altrettanto rapidamente si mise al lavoro per attuare quelle riforme che sarebbero
servite
ad
eliminare
la
povertà
e
modernizzare
il
paese
rendendolo
autosufficiente
.
I primi interventi furono mirati a ristabilire la sovranità dell’autorità centrale in tutte le regioni dello Stato, per questo
vennero aboliti i poteri dei capi villaggio, poteri che andavano dall’esercizio di alcune forme di schiavitù fino alla
possibilità di pretendere delle tasse, e sostituiti con leggi ed una fiscalità uguali in tutto il Paese. Fornì due pasti e cinque
litri d'acqua al giorno a ciascun cittadino burkinabé, fornendo assistenza sanitaria e una massiccia campagna di
vaccinazioni.
Il programma politico di Sankara comprendeva soprattutto il miglioramento delle condizioni delle donne. incoraggiandole
a ribellarsi al maschilismo.
Vennero abolite la poligamia e la mutilazione genitale femminile, e per la prima volta, furono affidate a delle donne
alcune cariche militari e di governo. Venne promossa l’istruzione di donne e bambini e incentivò la costruzione di scuole
ed ospedali.
Sankara fu inoltre uno dei primi a mettere in guardia la popolazione dai rischi dell'AIDS, invitando i compatrioti a
prendere dei contraccettivi per evitare eventuali sieropositività.
Con una campagna per la riduzione della spesa pubblica e una drastica lotta alla corruzione , tolse numerosi privilegi a
politici e militari , e vendette tutte le Mercedes in dotazione ai
ministri, sostituendole con le più economiche Renault 5.
Si decurtò inoltre lo stipendio, arrivando a guadagnare 450$
al mese e molte volte fu costretto a chiedere prestiti ai
familiari. Questo insieme di riforme gli inimicò le fasce più
conservatrici della società, che erano però poca cosa rispetto
alla massa che lo sosteneva.
La sua ispirazione rivoluzionaria lo spinse anche a scelte coraggiose e rischiose quali l’espropriazione dei grandi latifondi
per ridistribuire le terre ai contadini, decisione che in due anni portò il Paese a produrre abbastanza grano per essere
autosufficiente, furono avviate una serie di grandi opere, stradali e ferroviarie, per unire il Paese. Venne eseguito un
censimento generale della popolazione e si costruirono scuole ed ospedali in ogni centro abitato, perché il parere di
Sankara era che una rivoluzione si fa partendo dall’istruzione del popolo. L’obiettivo era quello di insegnare a tutti
un mestiere, in modo che ognuno avesse la possibilità di vivere del proprio lavoro e contribuire ad uno sviluppo futuro
dello Stato, sviluppo che consentì di vaccinare contro la malaria due milioni di persone e di sconfiggere la fame che
attanagliava il Paese.
Durante un suo discorso all'ONU il 4 ottobre 1984, avanzò la richiesta di sospensione di Israele e di espulsione
del Sudafrica dalle Nazioni Unite, che all'epoca deteneva in prigione Nelson Mandela. Inoltre fece costruire la ferrovia del
Sahel, che tuttora collega Burkina Faso e Niger, la principale arteria di comunicazione del Paese, successivamente
ampliata.
Nel dicembre 1985 durante il censimento generale della popolazione burkinabé, per errore, gli addetti al censimento
sconfinarono in Mali, causando l'ira dei vertici di Stato del Paese maliano, che fecero pressione su Sankara. Le ostilità
sfociarono in un conflitto, noto come "Guerra di Natale", che durò cinque giorni e che causò 100 morti, perlopiù nella
città di Ouahigouya, bersagliata dagli aerei militari maliani.
Nel luglio del 1987 ci fu, ad Addis Abeba, la ventitreesima assemblea dei capi di Stato e di governo dell’Unione Africana,
e lì pronunciò un celebre discorso che gli procurò l’inimicizia di tutto l’Occidente.
« Per l'imperialismo è più importante dominarci culturalmente che militarmente. La dominazione culturale è la
più flessibile, la più efficace, la meno costosa. Il nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità. »
Con il suo intervento Sankara espresse quelli che erano i suoi ideali ed i suoi obiettivi, suggerì l'istituzione di un nuovo
fronte economico africano che si potesse contrapporre a quello europeo e statunitense e chiese a tutti i suoi colleghi
dell’Unione di consumare solo prodotti africani, di produrre beni con le risorse africane, perché il loro era un continente
ricco, soprattutto di materie prime, che dovevano appartenere solo a loro e a nessun altro. Per dare l’esempio mostrò i
suo vestito, realizzato interamente in Burkina Faso, senza nessun bisogno di commerciare con l’Occidente. Invitò tutti i
governi a non comprare più armi, perché un’arma comprata da un africano sarebbe servita solo per
uccidere un altro africano, rafforzando le potenze imperialiste che vorrebbero dominare il continente e la sua
popolazione.
La parte principale del suo discorso, e quella che più diede fastidio all’Occidente, fu però quella dedicata al debito verso
le banche e verso i Paesi più ricchi. Cercò di convincere, ma invano, gli altri capi di Stato africani a rifiutarsi di saldare i
debiti con gli Stati Uniti e i paesi europei, poiché era convinto che i soldi da restituire agli altri Stati potevano essere
reinvestiti in riforme sanitarie e scolastiche e perché quelli che avevano prestato soldi all’Africa erano anche la causa
della sua stessa povertà, dovuta a secoli di colonialismo e sfruttamento. Quel debito verso le potenze imperialiste era
colpa di quelle stesse nazioni e non degli africani che, come affermò, non erano quindi obbligati a pagarlo, perché se un
povero non paga un debito ad una banca quella banca non fallisce, ma se invece lo paga il povero muore di
fame.
« Parlo in nome delle madri che nei nostri Paesi impoveriti vedono i
propri figli morire di malaria o di diarrea, senza sapere dei semplici mezzi
che la scienza delle multinazionali non offre loro, preferendo investire nei
laboratori cosmetici o nella chirurgia plastica a beneficio del capriccio di
pochi uomini e donne il cui fascino è minacciato dagli eccessi di
assunzione calorica nei loro pasti, così abbondanti e regolari da dare le
vertigini a noi del Sahel »
Grazie al sistema finanziario neo colonialista occidentale l’Africa era, ed è ancora, un continente assoggettato al volere
di banche e multinazionali che ne sfruttano il sottosuolo e la popolazione.
L’ideale panafricano che aveva Sankara piacque a molti presenti all’assemblea, ma nessuno in seguito si operò per
metterlo in atto, anche a causa del totale assoggettamento alle potenze estere della maggior parte dei presidenti
dell’Unione Africana.
Dopo numerosi attacchi al presidente francese Mitterand, reo di appoggiare il governo di Pieter Willem
Botha in Sudafrica, dopo aver rifiutato l'appoggio militare a Charles Taylor e a tre mesi di distanza da quel discorso
tenuto ad Addis Abeba, il 15 ottobre 1987, il governo di Thomas Sankara venne rovesciato con un colpo di stato francoamericano guidato dal suo ex compagno Blaise Compaoré e lui fu giustiziato insieme ai dodici dei suoi ufficiali più fedeli.
In poco tempo Compaoré, diventato capo del Governo, ripristinò lo status quo come desiderava la Francia, abolendo
tutte le riforme fatte dal suo predecessore, accettando gli “aiuti” della Banca Mondiale e degli altri istituti di credito privati,
che riportarono il Burkina Faso ad essere lo Stato suddito dell’Occidente che ancora è oggi.
La tesi più accreditata, sostenuta da un testimone oculare, è che Sankara e Compaoré la sera dell'uccisione stessero
discutendo animatamente intorno ad un tavolo, con il presidente che accusava il collaboratore di essere un traditore.
Improvvisamente, Compaoré avrebbe preso il suo revolver e avrebbe sparato un colpo, mortale, al petto di Sankara, che
si sarebbe accasciato senza vita sulla sedia. Compaoré ha sempre negato questa versione dei fatti, affermando
inizialmente che quel giorno era malato e che ad uccidere il presidente fosse stata un'altra persona, salvo poi ritrattare,
affermando che fu lui ad uccidere Sankara, ma che il colpo partì accidentalmente dalla pistola.
Sankara venne sepolto in una tomba anonima ad Ouagadougou, tuttavia in occasione del ventennale della sua morte la
tomba è stata ricostruita e abbellita dai familiari, salvo poi essere danneggiata dai miliziani pro-Compaoré. Nell’aprile
2006 il Comitato per i Diritti Umani dell’ONU, a cui si è appellato a nome della famiglia il Collettivo Giuridico della
Campagna Internazionale Giustizia per Thomas Sankara (CIJS), diede ragione ai ricorrenti e ordinò allo Stato burkinabé
di fare chiarezza sulla morte di Thomas Sankara, di assicurare alla famiglia una giustizia imparziale, di rettificare il suo
certificato di morte, di provare il luogo della sua sepoltura, di indennizzare la famiglia per il trauma subito e di divulgare
pubblicamente le decisioni del comitato.
Tuttavia, il 21 aprile 2008 il Comitato per i Diritti Umani dell’ONU chiuse il fascicolo senza muovere ulteriori inchieste
Tratto da: Thomas Sankara: l’uomo del Burkina Faso che voleva un’Africa liberata dagli imperialismi stranieri