I manifesti invadono Roma Col bancomat al

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I manifesti invadono Roma Col bancomat al
Anno III - Numero 4
Settimanale della Scuola Superiore di Giornalismo della Luiss Guido Carli
Reporter
4 Febbraio 2010
nuovo
Regionali Lazio
I manifesti
invadono Roma
Moneta alternativa
Col bancomat
al mercato
Peggio del Gabon?
Piccolo paese
grandi contrasti
15 anni di meno
Vale per tutti
l’età scontata?
IL FATTO
DESNUDO
IL LOOK DI MONICA SETTA SUL TG2 RILANCIA LE SEXY CONDUTTRICI
Politica
Verso le elezioni. Forze politiche in campo con budget milionari e strategie diverse
Sui muri di Roma domina la Polverini
Ma Emma Bonino punta sul web e invita gli elettori a tenere pulita la città
Tommaso Rodano
Aumenta la temperatura
del termometro politico, mentre si entra nel vivo della campagna per l’elezione del consiglio regionale del Lazio prevista il 28 e 29 marzo. E come
succede ad ogni appuntamento elettorale, i muri di
Roma sono presi d’assalto dai
manifesti dei candidati. L’impressione che si ottiene osservando la città già tappezzata da
tonnellate di carta stampata è
che i partiti abbiano disponibilità finanziarie enormi per sostenere una pubblicità così
massiccia.
Il merito di tanto sfarzo va
attribuito a una legge particolarmente generosa approvata
dal parlamento italiano nel
2002, la quale stabilisce il diritto al rimborso di un euro per
voto ricevuto per ogni partito
che abbia raggiunto la soglia
minima dell’uno percento.
Ecco spiegato, per esempio,
come le due principali formazioni italiane, il Pdl e il Pd, abbiano ricevuto rispettivamente 206 e 85 milioni di euro a
fronte delle spese di 53 e 18
milioni per le ultime politiche,
dati della Corte dei Conti alla
mano.
Non sorprende, allora, che
Roma sia sommersa da valanghe di manifesti. Quelli di Renata Polverini, aspirante governatrice del centrodestra,
sono in circolazione da diverse settimane e sono per la
maggior parte abusivi. Si è
già discusso dell’allusione poco
elegante all’affaire Marrazzo
contenuto nelle sue prime af-
MANIFESTI
La campagna elettorale
per l’appuntamento
del 28 e 29 marzo
invade tutti gli spazi
della città:
molti sono abusivi
e non risparmiano
nemmeno le panchine
delle fermate
dell’autobus
fissioni. Ma i suoi nuovi poster
non hanno suscitato meno
polemiche. Per esempio, alcuni
maliziosi osservatori hanno
notato un particolare della fotografia della Polverini che ha
invaso le strade di Roma: dal
polso della sindacalista è scomparso un rolex da tremila euro,
presente invece nella prima
versione della stessa immagine. Per non parlare del logo
rosso della sua lista civica: oltre a suscitare più di una per-
plessità di natura cromatica negli alleati, è stato accusato di
plagio per la sua somiglianza
con quello di Sinistra Democratica. L’affissione abusiva è un
fardello che sta diventando
insopportabile per la città e il
comune di Roma ha promesso un impegno speciale per
tutto il periodo precedente
alle elezioni: un dispiegamento straordinario di pattuglie
dell’Ama (diciotto notturne e
quattro diurne) con il compi-
ALLE RADICI DI RENATA NELL’INCONTRO ALL’EUR PER LE CANDIDATURE
Assieme ai vessilli tricolore e agli striscioni in carattere gotico, sventolano
bandiere rosse nella sala stracolma del
Palazzo dei Congressi dell’Eur. Ma attenzione: sono del Popolo di Roma, movimento della destra radicale capitolina.
La cerimonia che dà il via alla campagna elettorale del consigliere regionale
del Pdl Pietro Di Paolo ha due officianti d’eccezione: il sindaco Alemanno e la
candidata alla presidenza del Lazio Renata Polverini. I militanti hanno risposto gremendo il palazzo; molti sono stati costretti a rimanere in piedi sulle scalinate, altri, rimasti fuori, seguono gli interventi attraverso i monitor e gli altoparlanti. E’ una dimostrazione della vitalità dei militanti della destra sociale: an-
Scritte in gotico
e slogan
da destra sociale
cora galvanizzati dalla storica vittoria di
Alemanno, ora assaporano la prospettiva
di piazzare una loro donna alla presidenza della regione. Un entusiasmo
che si riflette nelle immagini del video
introduttivo dell’evento, nel quale si vede
il sindaco della capitale in festa sotto al
Campidoglio e la scritta: “abbiamo preso Roma, ora riprendiamoci il Lazio”.
Renata Polverini è espressione di questo gruppo dirigente romano che sull’onda dei successi politici locali coltiva
ambizioni di ribalta nazionale. Ha il compito di tenere unite le anime divergenti della destra post missina: quella più radicale, garante dell’alleanza con Storace nel Lazio, e quella moderata e liberale che fa capo a Gianfranco Fini. Impresa non facile: il suo background di
sindacalista e alcune esternazioni “eccessivamente progressiste” in materia di
lavoro e coppie di fatto hanno lasciato
perplesso più di un elettore conservatore.
Ma per la destra romana è un momento storico, per la prima volta ha la
possibilità di concentrare governo nazionale, regionale e capitolino. Un’occasione troppo ghiotta: il richiamo del
potere appiana le differenze politiche.
T. R.
to di monitorare l’affissione dei
manifesti e di rimuovere quelli abusivi.
Nel frattempo però alcuni
gruppi di cittadini hanno cominciato a fare da sé: diciotto associazioni di quartiere si
sono unite nella campagna
“Adotta un muro” al fine di “ripulire” le zone maggiormente mortificate dall’attacchinaggio illegale, mentre altri
gruppi, raccolti attorno ai blog
Riprendiamoci Roma e Degrado Esquilino, sono passati
dalle parole ai fatti, realizzando una nottata di “defissione
organizzata” tra piazza Magnanapoli e via IV Novembre.
Nel contesto di malcostume
diffuso a cui si assiste in questi periodi, ha meritato un
plauso la scelta di Emma Bonino, candidata del centrosinistra, di adottare una strategia politica diversa. “Cambiamo metodo e abitudini: non
imbrattiamo il nostro territorio con i manifesti” ha promesso presentando il suo comitato elettorale. “Addobbate
piuttosto i vetri delle vostre
auto, delle vostre case, le vostre biciclette: sul nostro sito
metteremo a disposizione immagini del formato adatto”.
La campagna elettorale lanciata dalla radicale si chiama
“open party”: l’idea è di aprire al pubblico una “piazza
virtuale” sul web per seguire gli
appuntamenti della campagna elettorale in diretta su internet. Una comunicazione
che punta su strumenti meno
statici del classico manifesto,
con buona pace del decoro delle strade del Lazio.
Già al lavoro Massimo D’Alema al vertice del Comitato per il controllo dei Servizi
Stefano Petrelli
Massimo D’Alema è già al
lavoro. Dopo essere stato
nominato Presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica e
dopo aver smentito chi vedeva nel nuovo incarico un
ritiro temporaneo dalla politica attiva, l’ex presidente
del consiglio ha dato il via
alla sua nuova attività mercoledì 3 febbraio. Sotto esame ci sono i procedimenti in
corso presso gli uffici giudiziari di Perugia e di Milano.
Il primo è quello a carico dell’ex capo della sezione operativa del Sismi (oggi Aise)
Marco Mancini, accusato in
concorso con Tavaroli per il
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4 Febbraio 2010
Caso Pollari e Telecom i primi nodi
caso “Telecom-Pirelli” in merito al dossieraggio illegale.
L’altro procedimento è relativo alla richiesta da parte
della procura della Repubblica di Perugia del rinvio a
giudizio dell’ex direttore del
Sismi Niccolò Pollari e dell’ex funzionario Pio Pompa,
accusati di peculato, per aver
costituito un archivio illegale con fondi e mezzi dei servizi segreti militari, senza
alcuna utilità per attività
istituzionali. Su entrambe le
inchieste la presidenza del
consiglio ha apposto il “segreto di Stato”.
Ma quali sono i poteri ed il
funzionamento del Comitato?
Il Copasir è un organo del
parlamento italiano, composto da cinque deputati e cinque senatori, nominati dal
presidente della camera e da
quello del senato ed ha funzione di controllo sui Servizi
segreti. Il Presidente viene
eletto tra i componenti appartenenti ai gruppi parlamentari dell’opposizione, per
precisa disposizione di legge.
Il Comitato può intervenire in materia di conferma
dell’apposizione del segreto
di Stato da parte del presi-
dente del consiglio che, in
ogni caso di conferma dell’apposizione di tale segreto,
è tenuto a dare comunicazione al Copasir, il quale,
qualora la ritenesse infondata, riferisce a ciascuna delle camere per le conseguenti valutazioni.
Per l’esercizio delle proprie funzioni di controllo, il
Comitato può procedere all’audizione di soggetti titolari
di informazioni ritenute di
interesse, tra cui il presidente del consiglio dei ministri, il Ministro o il sottosegretario preposto al coor-
dinamento dei servizi di informazioni e sicurezza, i Ministri che fanno parte del Comitato interministeriale per
la sicurezza della repubblica
(Cisr) e i responsabili di
vertice dei Servizi segreti
(Dis, Aise, Aisi). Il Comitato ha anche il potere di disporre le audizioni di chiunque, facente parte o estraneo
al Sistema di informazione
per la sicurezza, sia ritenuto
in grado di fornire elementi
di informazione, ferma restando la facoltà del presidente del consiglio dei ministri di opporsi per giusti-
ficati motivi. Nel caso di riscontrate violazioni delle
norme che regolano l’attività di informazione della sicurezza, il Copasir informa il
presidente del consiglio e
riferisce ai presidenti delle
due camere. Il Comitato,
inoltre, presenta annualmente una relazione al parlamento sulla propria attività, al quale può presentare
anche informative o relazioni urgenti.
D’Alema è il terzo Presidente del Copasir, che dopo
la sua istituzione, avvenuta
con la legge 124 del 3 agosto
il 2007, ha sostituito il Copaco, Comitato parlamentare di controllo sui Servizi segreti.
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Politica
Nella ex sede del Manifesto si installerà l’associazione Democratica, nuova iniziativa di Veltroni
Walter sceglie il rosso Ferrari
Ecco chi dovrebbe andare con l’ex segretario del Pd in via Tomacelli
Giacomo Perra
Appena oltre l’ingresso
dello stabile, dei cartelli in
piedi sull’asfalto segnalano
lavori in corso. Sul citofono,
un foglio bianco sostituisce
una delle stringhe della pulsantiera; c’è scritto: “Cassa di
compensazione e garanzia,
3° piano”. Il portiere avverte: “Al terzo piano non c’è
nessuno. E’ tutto chiuso da
tre mesi”. Fino a due anni fa,
in quelle stesse stanze, dove
ora si fa di conto e si discute di azioni e mercati, lavorava la redazione del manifesto. “Ci saranno stati quasi trent’anni”, ricorda il portiere con la malcelata soddisfazione di chi sa più del suo
interlocutore. Ora da queste
parti a sventolare la bandiera rossa è rimasto giusto il
negozio Ferrari, un numero
civico più in là. E’ qui dal
2003; il rosso vincente dello sport che scaccia quello
ormai sbiadito della politica.
Eppure, proprio nella vecchia casa del manifesto, al
numero 146 della centralissima Via Tomacelli, sarà un
po’ il caso, un po’ il destino,
qualcosa di sinistra è rimasto. Magari non sarà a tinta
unita, ora che il rosso è accompagnato, nel simbolo,
dal bianco e dal verde del tricolore; sarà pure in cantiere,
però, presto, potrebbe diventare una realtà. Sì, perché,
fra non molto, (non si conoscono ancora i tempi), in
uno dei tanti interni dell’edificio già caro a Luigi
Pintor e a Rossana Rossanda,
porrà le tende la nuova associazione dell’ex segretario del Partito democratico
Walter Veltroni. Si chiamerà Democratica e segnerà il ritorno in politica dell’ultimo
grande sconfitto del centro sinistra, dimessosi dalla guida del partito il diciassette
febbraio del 2009, all’indomani della debacle delle regionali sarde, ultimo avamposto caduto in mani nemiche nella guerra a distanza
con il Popolo della Libertà di
Silvio Berlusconi. L’indiscrezione è riportata dal settimanale L’Espresso che indica
nelle persone dell’economista Michele Salvati, docente
WALTER Una curiosa espressione dell’ex segretario del Partito democratico Veltroni
di Economia politica all’Università Statale di Milano
e deputato Ulivo nella tredicesima legislatura, e del politologo Salvatore Vassallo,
eletto alla Camera per il Pd
nel 2008, i collaboratori del
progetto a venire. Non a caso
due fedelissimi dell’ex leader
Pd. Il primo, teorico della pri-
ma ora e in tempi non sospetti, insieme a Nino Andreatta, della costruzione di
un partito riformista di sinistra sul modello dei Democratici statunitensi; il secondo, giovane e valente pupillo del Walter nazionale, nominato nel 2007, proprio
per sua autorevole interces-
sione, presidente della Commissione per lo Statuto del
Pd, eletta dall’Assemblea Costituente Nazionale del partito. Un pranzo con Arturo
Parisi, consumato al ristorante della Camera qualche
giorno fa, avrebbe rinsaldato
in Veltroni la prospettiva di
un impegno attivo, di una
nuova discesa in campo, tanto per utilizzare una metafora inflazionata nel linguaggio
politico. Come ai bei tempi
dell’Ulivo, si tratterebbe di riproporre con il contributo di
tutte le forze di sinistra, compreso Di Pietro con l’Italia dei
Valori, quel patrimonio di
idee dispersosi solo l’anno
scorso tra mille sconquassi interni, sanzionati irrimediabilmente dal voto degli elettori. Un dejavù pericoloso
che comunque non sembra
preoccupare Veltroni. Walter
è convinto di farcela e per nutrire la sua creatura è alla ricerca di alleanze e sponsor; sa
di poter contare, in ogni caso,
su una folta schiera di illustri
sostenitori: attori, cantanti,
intellettuali; insomma tutto
quel nutrito parterre de roi
che l’aveva sostenuto alle politiche del 2008. In più la porta è aperta ai professionisti
dell’imprenditoria e al mondo
del volontariato. Senza dubbio, l’avvento di Democratica
si pone in sintonia con lo stato di confusione di cui è preda il Pd targato Bersani. Un
partito litigioso e più diviso
che mai ogni giorno che passa. Non che quello veltroniano fosse immune da peccati
ma il nuovo corso 2009 è riuscito a batterlo. Correnti e correntine si combattono strenuamente, associazioni e fondazioni spuntano come funghi. E adesso c’è Veltroni ad
accrescere i galli nel pollaio.
Come se non bastassero le
beghe degli ultimi tempi;
dal caso Delbono, l’ex sindaco di Bologna dimessosi il
28 gennaio scorso in quanto indagato, dalla Procura del
capoluogo emiliano, dei reati di peculato, truffa aggravata e abuso d’ufficio, alle divisioni nel Lazio per le Regionali di fine marzo, i problemi non mancano mai.
Ma, si sa, le vie del Pd sono
infinite.
Dove abitano i segretari. Come un gioco dell’oca che riguarda tutti
Il partito ha il trasloco facile
Francesco Alfani
I pacchi di penne, bandiere rosse e ritagli dell’Unità accumulati negli anni nella sede
del Pci, che Massimo D’Alema
e gli altri reduci del Bottegone si sono idealmente caricati sulle spalle nel 1998, hanno visto un buon numero di
palazzi di Roma. Ma gli ex comunisti non sono stati gli
unici a faticare nei traslochi,
carichi dei pezzi della loro storia: insieme a loro, tanti uomini di partito italiani, certamente quasi tutti quelli di più
vecchia generazione, negli
ultimi vent’anni hanno cambiato indirizzo. E hanno ogni
volta lasciato le stanze vuote
e le vecchie sedie ammucchiate nei corridoi delle segreterie, ognuna pronta per
un destino diverso.
La storia più interessante è
quella del Pci, anche perché il
pellegrinaggio degli ex comunisti ha radici lontane nel
tempo, in quegli ultimi mesi
del 1989 quando i ragazzi a
Berlino Est picconavano il
Reporter
nuovo
muro e anche Achille Occhetto alla Bolognina dava le
sue martellate a un partito in
crisi di identità. Nonostante la
svolta socialdemocratica del
Pds Occhetto non cambiò
sede della segreteria del partito, vissuto per anni con il
peso ingombrante di quel
nome, le Botteghe Oscure,
delle Botteghe Oscure il destino ha fatto arrivare, con fin
troppo facile ironia, il colosso angloamericano della consulenza
aziendale
Ernst&Young. In un residuo
slancio di attaccamento al
passato, i Democratici hanno
conservato la sede di “Rinascita”, la storica libreria del
Destini incrociati: il Pci ha abbandonato
Botteghe Oscure
e molti ex Dc sono finiti a via dell’Umiltà
che sembrava fatto apposta
per spaventare gli italiani moderati e per evocare la fosca
immagine di avamposto della Russia sovietica. C’è voluto il liberal Walter Veltroni, segretario Ds, per abbandonare
il Bottegone e operare un
prudente trasferimento a via
Palermo. Oggi la segreteria del
Pd è a via Sant’Andrea della
Fratte, una sede nuova e anonima poco citata dai giornali, mentre al numero 5 di via
partito, dove oggi Antonio
Polito dirige “il Riformista”.
La diaspora degli ex democristiani è stata non meno
complicata; da piazza del
Gesù Pierferdinando Casini e
Franco Marini hanno seguito
segretari, e strade, diverse,
trovandosi alla fine più vicini in parlamento ma separati nella capitale, il primo a via
Due Macelli, il secondo anche
lui a Sant’Andrea delle Fratte.
Un bel pezzo dei politici
della Prima Repubblica nel
1994 hanno imboccato prontamente via dell’Umiltà per
saltare sulla barca di Silvio Berlusconi, dove sono rimasti a
remare per la causa di Forza
Italia, prima, e del Popolo della Libertà, poi. Socialisti, democristiani e anche quasi tutti i dirigenti della destra transitata dal postfascismo ad Alleanza Nazionale. A Via della Scrofa, la vecchia sede del
partito di Gianfranco Fini,
restano le bacheche con le prime pagine del “Secolo d’Italia”, e poco altro.
Chi è rimasto sempre fedele alle proprie quattro mura
è il Partito Radicale: Marco
Pannella ha benedetto a Largo di Torre Argentina la “sua”
Emma Bonino per le elezioni
di marzo nel Lazio. E anche il
Partito Repubblicano: nonostante sia passato in pochi
anni dal centrosinistra al centrodestra, le lettere bianche,
rosse e verdi del nome campeggiano imperturbabili sulla facciata della segreteria di
Corso Vittorio Emanuele.
SEDI Sopra la Segreteria della Democrazia Cristiana e sotto
un’adunata in via delle Botteghe Oscure, storica sede del Pci
4 Febbraio 2010
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Economia
Il denaro si smaterializza. Carte di credito e ticket aziendali sono sempre più diffusi
Ormai col bancomat anche al mercato
In aumento i dati diffusi dalla banca d’Italia. I vantaggi e i rischi
Francesco Alfani
Al popolare mercato di Ponte
Milvio, a Roma Nord, capita già di
trovare qua e là un Pos (Point of
Sale), la macchinetta su cui strisciamo bancomat e carte di credito per
pagare la spesa o il conto del ristorante. Un segno chiaro, al di là dei
numeri, che le abitudini economiche
degli italiani sono cambiate. Anche
di quelli un po’ in là con gli anni, che
quando vanno a fare la spesa ai
banchi di frutta e verdura o dal macellaio di fiducia lasciano sempre più
di frequente a casa il portamonete.
Insomma, la moneta virtuale sostituisce la moneta reale, e il percorso
sembra irreversibile. Tutto parte,
come al solito, dagli Stati Uniti, che
guidano il cambiamento, e sono lo
specchio per capire come le cose si
trasformeranno da noi. Un paese, gli
Usa, dove il contante si tiene per pagare le mance al tassista o per pagare il biglietto dell’autobus, e spesso
nemmeno per quello. Il resto dei pagamenti si fa con le carte di credito
o di debito (il bancomat), senza
trasferimenti reali di moneta, ma attraverso pure scritture elettroniche.
L’Italia, con ritardo, sembra seguire
questa strada. Le statistiche della Banca d’Italia parlano così: il numero
MERCATO
I commercianti
si sono adeguati al
fatto che gli italiani
rinunciano sempre
più spesso
al borsellino
e pagano con
bancomat e carte di
credito. Un’abitudine
che viene dagli
Stati Uniti
e che si sta
imponendo anche
qui da noi.
Dobbiamo dire addio
alle vecchie
banconote?
delle carte di credito è aumentato di
quasi il 10 per cento tra il 2006 e il
2008; quello dei bancomat del 15 per
cento. In totale, in Italia circolano oltre 52 mila strumenti di pagamento
elettronico, che ogni italiano usa in
media più di una volta a settimana.
Solo con le carte di credito gli italiani
hanno speso, nel 2008, 50 miliardi
di euro, quasi 10 miliardi in più rispetto ad appena due anni prima. E
ci sono anche strumenti più semplici,
come i ticket aziendali, usati al bar
o nei supermercati senza dover tirare fuori il portafoglio.
Se il denaro si smaterializza, lo
stesso fanno banche e assicurazioni;
le polizze stipulate on line crescono
ogni anno, così come i conti virtuali che spesso offrono sui soldi depositati tassi di interesse più alti di quelli garantiti dalle banche tradizionali. E gli italiani ricorrono sempre più
spesso ai sistemi di home banking,
la consulenza finanziaria individuale, che si svolge nella maggior parte
dei casi per via telefonica o telematica.
I vantaggi della smaterializzazione del denaro sono molti; riduzione
dei costi di emissione e di trasferimento delle banconote e delle monete metalliche, semplificazione delle transazioni, minori pericoli legati al possesso materiale della moneta (smarrimenti e soprattutto furti).
Tuttavia ci sono anche dei rischi.
I sistemi di pagamento virtuale, e
quelli on line in particolare, hanno
Aste giudiziare: beni mobili e immobili a prezzi stracciati. Come al Monte di Pietà
Affari d’oro con i fallimenti
Stefano Silvestre
Un furgone Iveco del 2005
a 7.500 euro, una Citroen
Xsara del 1998 a poco più di
100. Una Cadillac sport luxury full-option a 24mila
euro e una Chevrolet Corvette
a metà prezzo. E ancora, l’intero inventario di un negozio
di videogiochi a 27.000 euro,
gru e macchinari edilizi a
poco meno di 40.000. Sono
solo alcuni dei beni mobili destinati alle aste giudiziarie, visibili sul sito del tribunale di
Milano. Molto presto saranno
battuti all’asta direttamente in
tribunale o da uno dei gestori online concessionari del
Ministero della giustizia e incaricati di organizzare la vendita dei beni. Le modalità di
pubblicazione degli avvisi di
vendita sono definite dalla
legge 14 maggio 2005 n. 80.
L’articolo 490 del Codice di
procedura civile prevede che
in caso di vendita all’asta di
oggetti e immobili derivanti
da un atto esecutivo, venga
pubblicato un avviso conte-
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4 Febbraio 2010
nente tutti i dati di pubblico
interesse. L’avviso deve essere affisso per tre giorni consecutivi nell’albo dell’ufficio
giudiziario davanti al quale si
svolge il procedimento esecutivo.
Tutti i materiali provengono da fallimenti di aziende che
operano nei settori più di-
golo. Anche a Milano le aste
sugli immobili la fanno da padrone e una lussuosa villa di
tre piani a Corso Turati, del
valore di milioni di euro, parte “solo” da 600.000. A Porta Sempione, si può trovare un
appartamento di 200 metri
quadri con poco più della
metà.
Una villa all’Olgiata su due livelli
a poco più di 300.000 euro,
una in pieno centro a Roma 400.000
sparati, dall’informatica all’edilizia, fino all’alimentare. E
gli immobili? Le case rappresentano la più grossa fetta del
mercato delle aste giudiziarie
e gli affari non mancano. Un
appartamento in pieno centro
a Roma parte da una base
d’asta di 400 mila euro, un locale per bar a Piazza Mazzini
a mezzo milione. Una villa all’Olgiata su due livelli a poco
più di 300 mila euro. L’affare
potrebbe essere dietro l’an-
Prezzi vantaggiosi dunque, ma che fino a ieri non
erano per tutti. Per comprare alle aste giudiziarie serviva
infatti la “dritta” giusta, bisognava controllare minuziosamente le affissioni ai palazzi
di giustizia o cercare gli introvabili fogli di annunci legali. Ora, dopo l’iniziativa del
tribunale di Milano, partita nel
settembre scorso, sembra che
davvero chiunque potrà avere la possibilità di accaparrarsi
beni mobili e immobili a basso prezzo partecipando a
un’asta. Dopo aver deciso
cosa acquistare, bisogna versare tramite carta di credito o
bonifico una cauzione e fare
la propria offerta d’acquisto.
La gara dura 15 giorni durante
i quali è sempre possibile seguire online l’andamento della competizione e intervenire
con nuove offerte. Sembra, si
è detto, perché fino ad oggi i
noti “squali” delle aste – vedi
Monte di Pietà a Roma – non
rendono la vita facile a chi, per
la prima volta, si affaccia nel
mondo delle vendite giudiziarie. Le nuove normative
dovrebbero aumentare la trasparenza e porre un freno ai
“furbetti” che, tramite una
rete di “imbeccate” e suggerimenti, a volte di commessi
compiacenti, riescono a sapere dove e quando saranno
battute le aste migliori. Stavolta chi crede di poter fare il
furbo, tirando bidoni come
nelle aste tra i privati, dovrà
stare attento: si rischia la galera.
dimostrato di essere poco sicuri. Le
forme di protezione dei dati personali attivate dai siti commerciali
non riescono ad evitare che l’acquirente si ritrovi all’improvviso con la
carta svuotata da uno “smanettone”
neanche troppo bravo.
Il secondo rischio, più di sostanza, riguarda il controllo sulla propria
spesa che ciascuno di noi può effettuare. Usare gli strumenti di pagamento virtuali incentiva la spesa e riduce la propensione al risparmio, se
è vero che gli americani, quelli che
le carte di credito le usano più di tutti, sono anche i più indebitati con
banche e altri istituti di credito.
I commercianti hanno le loro riserve, e spesso accettano malvolentieri di non essere pagati in contanti. Alcuni non vogliono proprio sentir parlare di carte di credito, altri
mettono un tetto massimo ai ticket
che i clienti possono spendere nei
loro negozi. E c’è anche una ragione economica per questo: su ogni
operazione di questo tipo le banche
e le società di emissione trattengono
una percentuale, anche se piccola
(per i ticket siamo tra il 6 e il 10 per
cento del totale). Insomma: anche se
stropicciato, il vecchio pezzo di carta ha motivo di continuare a riempirci
(volentieri) le tasche.
COME FUNZIONA LA VENDITA FORZATA
All’incanto vanno tutti
ma il debitore resta fuori
Le aste giudiziarie sono uno strumento per attuare la vendita forzata di un bene. La legge prevede che, se un privato
o una società sono gravati da debiti insoluti, i loro beni possano essere oggetto di vendita forzata. Viene, così, permesso ai creditori di assicurarsi il soddisfacimento del loro
avere e all’acquirente di ottenere i diritti sul bene che spettavano a colui che ha subito l’espropriazione, fatti salvi gli
effetti del possesso di buona fede.
Il codice di procedura civile, all’art. 579, prevede che
“ognuno, eccetto il debitore, è ammesso a fare offerte all’incanto”. Non è prevista la necessità della rappresentanza tecnica. Le offerte, infatti, possono essere fatte personalmente o a mezzo di mandatario munito di procura speciale.
Esistono due ipotesi di vendita: senza incanto e all’incanto. Nella prima, l’offerta è depositata in busta chiusa in
Cancelleria. Se viene stabilito che la cauzione debba esser versata tramite assegno circolare, esso andrà inserito
nella busta. L’offerta è irrevocabile salvo che il giudice non
disponga la gara tra gli offerenti sull’offerta più alta.
Nella vendita con incanto, la cauzione viene restituita integralmente, dopo la chiusura dell’incanto, se l’offerente non
diviene aggiudicatario del bene. Nell’ipotesi in cui, però, questi non abbia partecipato affatto all’incanto, la cauzione viene restituita solo nella misura dei nove decimi dell’intero.
L’ art. 490 prevede l’obbligo di pubblicazione dell’avviso di vendita, dell’ordinanza del giudice e della relazione
di stima su appositi siti internet almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell’incanto.
Stefano Silvestre
Reporter
nuovo
Mondo
Con Jamila Mascat di Internazionale un’analisi sulle attuali condizioni del Gabon
Un piccolo paese pieno di contrasti
Il confronto con l’Italia stimolato dal rapporto della Banca Mondiale
Daniele Serio
I numeri forniti dalla
Banca Mondiale hanno messo in allarme i protagonisti
della giustizia italiana, su
tutti Vincenzo Carbone, Primo presidente della Corte di
Cassazione il quale, in occasione dell’inaugurazione
dell’anno giudiziario, ha affermato che “la crisi della
giustizia italiana ha conseguenze che si estendono
alla fiducia dei cittadini e
alla credibilità delle istituzioni democratiche. Siamo
peggio del Gabon”, ha concluso. Un paragone forte,
provocatorio benchè basato
sulle statistiche. Ma siamo
sicuri che in Italia vada
peggio che in Gabon?
In effetti, secondo
“Doing Business”, risolvere
i contenziosi civili nel piccolo paese centrafricano è
più facile che da noi ma il
fenomeno della corruzione, soprattutto dei giudici,
è molto diffuso. Ce lo ha
confermato Jamila Mascat,
giornalista di Internazionale ed esperta di paesi africani. “Il dato è sorprendente. Il Gabon è uno dei
paesi più corrotti del continente –ha spiegato- E’ stato governato per oltre 40
anni da un autocrate terribile, Omar Bongo, che non
è stato deposto né sconfitto ma, alla sua morte, gli è
succeduto il figlio, Ali, in
seguito ad elezioni molto
contestate”.
“Il potere politico - ha aggiunto Mascat- è sempre
LE GRADUATORIE
Tempi per recupero crediti
nei paesi più industrializzati
Posizione
6
7
8
18
20
23
31
52
58
156
Tempi in giorni
Francia
Germania
Stati Uniti
Cina
Giappone
Regno Unito
Media Ocse
Spagna
Canada
Italia
331
394
300
406
360
399
462
515
570
1.210
I paesi del “gruppo Italia”
153
154
155
156
157
158
159
Gabon
Guinea Bissau
Sao Tome Principe
Italia
Gibuti
Liberia
Slovenia
stato gestito in maniera personalistica. E poi se la giustizia è più rapida credo
sia dovuto al fatto che in
Gabon hanno pochi processi”.
Di sicuro, il nuovo presidente sta inviando segnali importanti di rinnovamento: la nomina di un governo ristretto, composto da
appena 29 ministri, e la ri-
1.070
1.140
1.185
1.210
1.225
1.280
1.290
mozione di alcuni ‘baroni’
del vecchio regime sostituiti
da giovani provenienti dalla società civile, possono essere considerati una scossa
quasi rivoluzionaria per una
nazione in cui da decenni la
situazione è di totale immobilismo. Ali Bongo, però,
dovrà far dimenticare il
modo poco limpido in cui è
stato eletto e i facili arric-
La ricerca di Doing
Business fornisce i parametri regolatori per
intraprendere un’attività economica: come
ottenere i permessi di
costruzione, l’impiego
dei lavoratori, la registrazione delle proprietà, il credito, il pagamento delle tasse, il
commercio entro i confini nazionali, il rispetto dei contratti.Si
parte da una premessa
fondamentale: in ecoGABON Il neo presidente Ali nomia servono regole
Bongo
chiare. Significa, quindi, stabilire con certezza i diritti sulle proprietà e cercare di ridurre i costi per la risoluzione delle controversie. Si tratta di precetti volti a incrementare il grado di prevedibilità delle interazioni economiche e proteggere i partners contrattuali da ogni abuso.
Il progetto Doing Business racchiude due tipologie di dati. Il primo viene estratto dalla lettura di leggi e regolamenti. Il secondo considera tempo e indicatori di movimento che misurano l’efficienza nel raggiungere un obiettivo regolatorio (come la garanzia
dell’identità legale di un business).
Di solito, i governi reagiscono con diffidenza ai dati
che vengono fuori da questo tipo di rapporti, mettendone in discussione la qualità e la rilevanza.
chimenti della vecchia classe dirigente, dando risalto ai
problemi dei più poveri,
come i bassissimi salari.
“Nonostante il Gabon abbia
uno dei più alti redditi pro
capite dell’Africa, rimane secondo la Mascat- il problema della diseguale distribuzione della ricchezza”.
In questo momento, il
paese si divide tra sostenitori del nuovo presidente,
contenti della direzione che
stanno prendendo le sue
politiche e fiduciosi nel
nuovo governo, e detrattori che non credono, invece,
a un cambiamento duraturo. Il fronte unito contro Ali
Bongo considera queste prime misure solo una facciata dietro cui si nasconde
un’immutata architettura
del sistema.
In ogni caso, investire in
Italia è davvero difficile.
Lo si ricava dal rapporto
“Doing Business “ redatto
dalla Banca Mondiale che
stima, tra le altre cose, l’efficienza del sistema giudiziario di una nazione e le
conseguenze che ricadono
sulla sua economia. Si tratta di un dossier che le imprese di tutto il mondo utilizzano per trarre indicazioni utili riguardo ai paesi nei quali è più conveniente impiegare
le proprie risorse finanziarie. Dall’Italia, a quanto
pare, è meglio stare alla
larga. I nostri tempi processuali, infatti, vanno a
passo di lumaca e non possono che scoraggiare gli
operatori internazionali. A
cominciare dai 1.210 giorni necessari per recuperare
un credito, fino ai 1.549
per risolvere una causa civile davanti alla Corte d’Appello. Altri 1.021 ce ne vogliono per un processo di
previdenza, 1.039 per un
processo in materia di lavoro non pubblico e 740
per uno pubblico. Il tutto
accompagnato da un consistente spreco di denaro.
Nel 2009, come nel 2008
quindi, l’Italia figura in fondo alla classifica, al 156esimo posto (su 183 nazioni
considerate) tra i paesi più
rapidi in materia di giustizia civile. A dispetto di una
media Ocse che si attesta al
31esimo posto.
Per quali motivi la strategia dell’Occidente nei confronti dell’Afghanistan
Talebani moderati giovano agli Usa?
Giacomo Perra
NEGOZIATI Gli Usa disposti a
trattare con i talebani moderati
Reporter
nuovo
Invisibili come fantasmi,
nascosti da qualche parte tra le
aride montagne del sud dell’Afghanistan, eppure così presenti; anche la settimana scorsa alla Conferenza di Londra.
Con i rappresentanti di circa 70
paesi impegnati a decifrare
nelle loro imperscrutabili mosse il destino del paese asiatico
e, insieme, della sicurezza
mondiale. Sono i Talebani gli
attori protagonisti della scena
politica e mediatica internazionale. Ancora di più adesso
che Hillary Clinton ha aperto
definitivamente a una trattativa con la parte “moderata”,
quella, per intenderci, disposta a sganciarsi da Al - Qaeda.
Lo stesso Robert Gates, segretario alla Difesa dell’amministrazione Obama, ha affermato che i Talebani “fanno parte
della storia politica afghana e
quindi è necessario includerli
nel processo politico complessivo”. Il premier Karzai
ha già approntato un piano di
“reintegro” che prevede l’allestimento di un fondo fiduciario di circa un miliardo di
euro. Naturalmente sul groppone dei paesi occidentali che,
pertanto, prima di impegnarsi, chiedono garanzie. Tra queste, la resa delle armi e l’accettazione dei valori della Costituzione. D’altro canto i Talebani
chiedono che tutte le forze
straniere si ritirino dall’Afghanistan e senza nessun accordo
riguardo al futuro del paese e
alla sua forma di governo.
Karzai si è spinto fino al punto di chiedere la loro presenza
alla Loya Jirga, l’assemblea degli anziani di prossima convocazione. L’accordo sembra alla
portata ma non si può commettere l’errore, osservano gli
analisti, di confondere la com-
ponente meno estremista con
il mullah Omar e i suoi seguaci. Come potrebbe il cognato di
Bin Laden, (ha sposato una sua
sorella), rinnegare il legame con
lo sceicco del terrore?
Saltan Amir Tarar, eroe della resistenza ai russi negli anni
Ottanta, capo istruttore del
mullah e di una generazione di
mujhaiddin e ora uomo di
punta dell’Isi, lo spionaggio pachistano, la fa facile: “ Al – Qaeda non è un problema. Gli afgani non la vogliono, e se gli
americani sono in buona fede,
si troverà un accordo”. Così
sembrano affermare anche i
sondaggi commissionati a dicembre dalle tv Bbc, Ard e Abc:
il 90 per cento degli afghani
preferisce il governo attuale all’emirato di Omar. In realtà, e
lo sostiene anche Tarar, la situazione è molto più complessa e la “questione talebana”
si configura in più come centro di un’inquietante guerra
geopolitica che non coinvolge
solo l’Afghanistan. “Americani e indiani – afferma - vogliono trasformare il Pakistan in
uno staterello irrilevante, in un
altro Bhutan. Ma nessuno si
faccia illusioni. Questa non è
l’Europa Orientale, che s’inchinò all’Armata Rossa. La nostra è gente povera, molto religiosa. Più la opprimete, più
reagirà”.
4 Febbraio 2010
5
Cronaca
Sempre più cartelloni pubblicitari. Anche Palazzo Venezia tutto impacchettato per restauri
Dal fatidico balcone ora parla Belen
L’impegno di associazioni e assessorato. Il parere di Alberto Benzoni
Paolo Riva
Ieri Benito, oggi Belen. Poco più
a sinistra del balcone di Palazzo Venezia dal quale il Duce nel 1940 annunciò l’entrata in guerra, un gigantesco manifesto pubblicitario di una
nota compagnia telefonica con l’ammiccante soubrette Belen Rodriguez
occupa oggi buona parte dell’edificio
ingabbiato dai ponteggi. É il simbolo di una Roma dove i cartelli pubblicitari, piccoli o grandi, autorizzati o abusivi, la fanno sempre più da
padroni.
In verità, la pubblicità di Palazzo
Venezia è stata voluta dal Ministero
dei Beni culturali per abbassare i costi dei restauri, ma la scelta non è la
regola. Alla Normale di Pisa, per
esempio, nonostante il vantaggio
economico, rifiutarono di coprire
con reclame un palazzo di Giorgio Vasari e lasciarono la sola riproduzione
della facciata sopra le impalcature.
Al di là dei restauri, però, il problema è più ampio e chiama in causa politiche comunali e installazioni
abusive. “È qualcosa di antico e
complesso” spiega Alberto Benzoni,
vicesindaco socialista della capitale dal
‘76 al ‘81 e oggi presidente dell’associazione Roma Nuovo Secolo. “Per
l’abusivismo, in particolare, è troppo
IN RESTAURO
Palazzo Venezia
circondato
da impalcature
e ricoperto da una
riproduzione della
facciata.
Sulla parte destra
dell’edificio, però,
campeggia
un gigantesco
manifesto
pubblicitario con
Belen Rodriguez:
servirà ad abbattere
i costi dei lavori
difficile riscontrare la notizia di reato perché intervenga la magistratura
e così la questione molto sentita dai
cittadini rimane irrisolta”.
Numerosi, infatti, sono le segnalazioni, i comitati e le iniziative che
si contano in città per protestare contro l’eccessiva presenza di cartelloni
che non solo attentano al decoro urbano, ma sono anche pericolosi per
la sicurezza di guidatori e pedoni. Per
Athos De Luca, consigliere d’opposizione, “è la peggior situazione di
sempre: quella dei cartelli è una pre-
senza ormai oppressiva”.
Per l’assessore competente Davide Bordoni, invece, la giunta Alemanno sta facendo la sua parte. E la
delibera 37 del Consiglio Comunale, che nel marzo scorso ha ridisciplinato la materia, sta dando riscontri positivi. “Ha introdotto uno strumento utile alla regolamentazione del
fenomeno -spiega l’assessore alle attività produttive- come la banca dati
delle aziende del settore: prima molte società non pagavano il canone di
locazione, ora hanno sanato il loro de-
bito nei confronti della municipalità”.
Il risultato, in un settore che secondo Benzoni ha sempre reso economicamente al di sotto delle sue possibilità, è stato un aumento degli introiti per il Comune. Con circa
32mila impianti pubblicitari censiti
e più di 7mila abusivi scoperti (dati
settembre 09), da otto milioni di euro
incassati nel 2008, si è passati ai 19
dichiarati per l’anno appena concluso. Il tutto in attesa dell’entrata in vigore un piano regolatore, previsto per
In via petroselli solo poche file grazie al decentramento amministrativo
L’Anagrafe più snella funziona
Francesco Salvatore
Quello che per i romani è
sempre stato il monumento
della burocrazia è nel grosso
edificio in laterizio rosso e ornamenti di marmo posizionato in un’area in cui ci sono monumenti tra i più illustri di
Roma: l’Anagrafe di via Petroselli. Intorno, il Teatro Marcello, il Tempio d’Ercole e il Tevere, poco più distante Bocca
della Verità e Circo Massimo.
Questo enorme palazzo, costruito nel 1937, figlio del periodo fascista, oggi non ne
rappresenta più le complicate
logiche. Il Comune di Roma
nell’arco degli anni lo ha affrancato dalla morsa burocratica attraverso un meccanismo
di decentramento che ha permesso una più semplice relazione con i cittadini che devono fare i conti con questo
“monumento” amministrativo.
Adesso i diciannove municipi
della capitale, hanno tutti al
proprio interno un ufficio anagrafico che sbriga le pratiche
che un tempo causavano file
6
4 Febbraio 2010
chilometriche nell’Anagrafe
comunale di via Petroselli.
Come si entra si vede che i
quattro piani del palazzo, hanno ancora l’aria di un vecchio
archivio. Solo il piano terra, più
simile a un ufficio delle poste,
è condiviso con gli uffici del
primo municipio di Roma.
All’ingresso ecco il chiosco
Il viaggio continua al primo
piano, allo sportello estratti di
nascita, ma solo per non residenti a Roma. È per questo
motivo che dalla fila si sentono accenti non italiani e, delle persone in attesa, almeno la
metà è straniera. Al secondo
piano le stanze si moltiplicano
e le etichette sulle porte indi-
Grazie a un “timbro digitale” che autentica i
documenti, in futuro
sarà possibile scaricare da internet i certificati
informativo e poco più in là un
grande grafico che indica gli
uffici dei diversi piani. Il corridoio di destra conduce al reparto “denunce di morte”
dove, buon segno, gli sportelli non sono troppo affollati. Un
altro avviso indica la sede dell’ufficio relazioni con il pubblico: non c’è gente in fila. Due
impiegati dietro alle rispettive
scrivanie indirizzano al secondo piano, direzione generale, per parlare con qualcuno.
cano “matrimoni religiosi celebrati in Roma”, ”trascrizione matrimoni dall’estero”, “ufficio divorzi”, “ufficio nascite”,
“cittadinanza”, “giuramento
cittadinanza”. Davanti all’ufficio “prenotazione matrimoni
civili” una futura coppia di
sposi prende il numeretto in attesa di essere ricevuta. È di
1200 euro la quota che dovrà
pagare se non residente a
Roma. 1400 euro se la cerimonia è di sabato o di dome-
nica. Davanti alla porta “cittadinanza” ci sono stranieri che
aspettano il loro turno. Uno di
loro, del Bangladesh, ha tutti
i documenti ma poi dovrà
prendere appuntamento per il
giuramento di cittadinanza.
Va comunque detto che la direzione generale conserva la
vecchia ruggine di una burocrazia complicata: per poter
parlare con un addetto c’è bisogno di una richiesta scritta
vidimata dall’assessore all’Anagrafe. Sarà lui, poi, a concedere o no l’autorizzazione.
Infine per spiegare come il
Comune si stia muovendo
viene ricordato che il 31 luglio
del 2009 c’è stata la firma di un
protocollo d’intesa tra Comune di Roma e Ministero dell’Interno che sposterà ancora
di più il confine tra amministrazione e cittadinanza a favore di quest’ultima. Grazie a
un “timbro digitale” per l’autenticazione dei certificati anagrafici e di stato civile, in futuro
si potranno scaricare i documenti direttamente dal portale del Campidoglio.
il 2011, che decida una volta per tutte dove e come fare pubblicità nella
capitale senza pericoli o brutture.
Intanto, prosegue lo sforzo per limitare gli abusivi con la task force dei
vigili urbani che controlla e segnala
i cartelloni non conformi al codice
stradale (troppo vicini a semafori o incroci) e il raddoppio dell’appalto
per la loro rimozione. Inoltre, ha annunciato Bordoni, “sono stati posizionati nella zona di Viale AventinoPiazza Albania i nuovi impianti di colore grigio, realizzati in materiale
eco-compatibile, con stemma e identificativo” che in futuro saranno la tipologia standard per tutto il territorio cittadino. Uno sforzo che però non
convince Athos De Luca, consigliere comunale Pd che si occupa del
tema da tempo e che ha proposto una
petizione contro “il cartellone selvaggio di Alemanno”. “La logica seguita dall’amministrazione ha dequalificato il mercato –spiega. Le
strutture pubblicitarie, in una città
della bellezza di Roma, dovrebbero essere poche, belle e di alta qualità. Questo permetterebbe di salvaguardare sicurezza e decoro facendo comunque
cassa. Senza contare che le rimozioni gestite in maniera centralizzata non
sono efficienti: andrebbero affidate ai
singoli municipi”.
QUALI CERTIFICATI ALL’ANAGRAFE E AI MUNICIPI
Matrimonio nella sede centrale
La residenza fa la differenza
All’Anagrafe centrale
■ Estratto di nascita. Per i non residenti nel comune di Roma
■ Estratto di matrimonio. Richiedibile dai non residenti nel comune di Roma
■ Matrimonio civile
■ Matrimonio in imminente pericolo di vita
■ Matrimonio per cittadini stranieri non residenti a Roma
■ Denuncia di morte
Nei municipi
■
■
■
■
■
■
■
■
■
Estratto di nascita. Per i residenti nel comune di Roma
Stato libero. Richiedibile da tutti
Estratto di morte. Richiedibile per tutti i cittadini
Godimento dei diritti politici. Richiedibile da tutti
Estratto di matrimonio. Richiedibile da tutti, per i matrimoni
contratti a Roma
Cittadinanza. Richiedibile da tutti e per ogni cittadino
Stato di famiglia. Richiedibile da tutti e per ogni cittadino
Pubblicazioni. Richiedibile da tutti
Matrimonio per cittadini stranieri residenti a Roma
Reporter
nuovo
Costume & Società
Dopo i dati medico sanitari sui cinquantenni di oggi che avrebbero quindici anni di meno
Per chi vale l’età con lo sconto
Da Schumacher a Celentano a Margherita Hack e Rita Levi Montalcini
Stefano Silvestre
A volte ritornano, e spesso vincono ancora. Il 2010 sarà l’anno del
ritorno in Formula 1 di Michael
Schumacher, il leggendario sette
volte campione del mondo, ritiratosi
dalle corse a fine 2006. Il pilota tedesco, fresco dei suoi 41 anni, si
“sente come un bambino” e, nonostante il forfait dell’estate scorsa, non
accusa cali nella motivazione dovuta
alle tante vittorie (91) accumulate
nel corso della sua quindicennale avventura nella competizioni. Avere
quarant’anni in Formula 1 equivale all’età pensionabile, in uno sport
in cui la resistenza fisica è essenziale,
si stima che, passata la soglia dei 35
anni l’uomo non sia più in grado di
gestire al meglio la fatica che comporta la velocità.
Ma è davvero così?
Schumacher come Prost prima di
lui, è un immortale delle corse, un ring, ma se la cavò contro il tempo:
highlander delle competizioni, che incrociò i guantoni fino a 48 anni.
proprio non ne vuole sapere di la- E Michael Jordan? Il cestista amesciare il passo ai giovani e scalpitanti ricano è risorto addirittura due volcolleghi. “Il professore” Alain Prost te, dopo la morte del padre nel
tornò nel 1993 a 38
1995 e nel 2001,
anni suonati dopo un
quando, alla venerananno sabbatico e il
Cavalli di razza da (per il basket) età
bruciante licenziadi 38 anni riuscì ad acdello sport
mento dalla Ferrari,
cumulare una media
portando a casa il suo che danno battaglia di quasi 23 punti a
quarto titolo iridato.
partita. Due i ritorni
anche da anziani di Lance Armstrong,
Ma lo sport internazionale è ricco di
che, dopo aver vinto
campioni che in “tarla sua battaglia contro
da età” hanno raccolto anche di più il tumore nel 1998, ha inanellato una
che in gioventù.
serie record di sette vittorie al tour de
Mohammed Alì riprese la licen- France. Al giro del 2009 non è però
za nel 1970, evitando la guerra del riuscito a confermare l’impresa, chiuVietnam e perdendo la corona mon- dendo al 12° posto finale.
diale ma tornando più di prima sotCavalli di razza dello sport dati
to le luci della ribalta mondiale. Il per vecchi e bolliti che danno batcollega e rivale George Foreman non taglia, ma anche dello spettacolo, del
riuscì a resistere ai pugni di Alì sul cinema e nella ricerca.
SEMPREVERDI
Michael
Schumacher,
al suo rientro
in F1 dopo
3 anni e,
a destra,
Mickey Rourke.
Ha vinto il suo
primo Golden
globe a 57 anni
Dopo il suo “esilio” di tre anni in
Spagna, nel 1995 Raffaella Carrà tornò in Italia e, a quasi cinquant’anni, fece il suo nuovo esordio con
Carramba che Sorpresa, ballando e
cantando con il suo stile inconfondibile e riscuotendo un successo clamoroso che le valse una media del
30 per cento di share. “Il molleggiato” Adriano Celentano, a sessant’anni compiuti, riprese a saltare in televisione con “Francamente me ne infischio”, confermando in
pieno la sua fama di intrattenitore
a tutto campo.
L’America non è un paese per
vecchi? Forse è proprio il contrario.
Se si parla dei great comebacks, sui
quali negli Stati Uniti si costruiscono campagne pubblicitarie milionarie, non si può non citare la rinascita dello scalcinato Mickey
Rourke. Scomparso dalle scene
dopo il successo di 9 settimane e
ruolo in Pulp Fiction segna allo
stesso tempo la sua rinascita e il culmine della sua carriera cinematografica. George Clooney è stato
poco in vista finché i suoi capelli
non si sono ingrigiti. E le donne
hanno iniziato a impazzire per lui.
Anche Sean Connery, come il miglior whisky scozzese, è più ricercato da quando è invecchiato e ha
smesso i panni di James Bond. E ancora, Madonna ha superato i cinquanta ma continua nelle sue tournee mondiali, cantando e ballando
davanti al pubblico di tutto il mondo e non sembra perdere un colpo.
Si può essere ancora sexy anche a
mezzo secolo di età. Sharon Stone
ha posato nuda per Paris Match nel
luglio scorso e nessuno sembra
aver notato che, dai tempi di Basic
Instinct, sono passati due decenni.
E Sofia Loren? A settantatré anni è
stata immortalata nel calendario
mezzo per dedicarsi alla boxe è tor- Pirelli insieme ad altre colleghe molnato al vero successo vent’anni e to più giovani, ma nessuno ha nomolti pugni dopo, nel 2005. Oggi, tato la differenza.
a quasi sessant’anni mostra ancoAnche la scienza vanta i suoi dera un fisico invidiabile e il suo ca- cani eccellenti.
chet è considerevolRita Levi Montalcimente lievitato. Gli
ni, a 80 anni suonati
anni l’hanno invec- Dive di Hollywood continuava a fare richiato ma il volto da
cerca sulla sclerosi
che posano
duro di Clint Eamultipla, contribuenstwood è uno dei nude anche passati do enormemente allo
più acclamati e risviluppo di nuove, soi cinquant’anni
chiesti ad Hollywofisticate tecniche di riod, anche ora che
cerca. E ancora oggi il
gradisce di più stare
suo impegno non è
dietro la cinepresa. Anche John diminuito. Margherita Hack contiTravolta ha raccolto di più invec- nua a dare battaglia in campo scienchiando. Dopo il successo di Grea- tifico e soprattutto politico, candise e La febbre del Sabato sera, la data nel 2009 alle elezioni europee,
sua parabola è scesa in picchiata non ha però ottenuto il seggio a caunegli ’80 per trovare nuova luce nel sa del mancato raggiungimento
decennio successivo, solo dopo della soglia per il suo partito.
aver passato i quaranta. La nomiQuindi, chi l’ha detto che invecnation all’Oscar del 1994 per il suo chiare fa rima con peggiorare?
Il geriatra Graziano Onder spiega perché gli anziani oggi stanno meglio
Irene Pugliese
Età apparente contro età
anagrafica. Uno a zero. In
tutto il mondo occidentale
sembra questo l’esito della
partita. Conquistiamo tre mesi
di vita l’anno. Abbiamo i malanni del benessere, ma godiamo di una qualità della vita
mai raggiunta prima. Ne abbiamo chiesto conferma al
dottor Graziano Onder, geriatra del Policlino Gemelli di
Roma.
Si dice che i cinquant’anni di oggi corrispondano ai
trentacinque di un tempo, è
vero?
«È vero, perchè la vita si è
allungata e con lei è aumentata la sua qualità. Si tende a
Reporter
nuovo
Anche la vecchiaia arriva più tardi
vivere sempre più a lungo fino
a 80 anni e oltre. La vita attiva tende a corrispondere sempre di più a quella che è l’attesa di vita vera e propria.
Quindi si vive di più e si vive
meglio».
Ma il merito è della medicina?
«Di solito si sovrastima
un po’ quello che fa la medicina. Questo allungamento
della vita è sicuramente una
conseguenza del miglioramento dei progressi scientifici ma anche del progresso industriale, del progresso in
agricoltura, grazie ai quali
tutti riescono a nutrirsi bene.
Sicuramente la medicina di
progressi ne ha fatti e questo
ha inciso notevolmente, ma ci
sono anche campagne di igie-
ne e di salute pubblica, tutte condizioni che hanno
sostanzialmente ridotto il rischio di
contrarre malattie
prima ancora che
curarle».
Per quel che riguarda il suo ambito, come si lavora su questo fronte? E che cosa è
stato sperimentato scientificamente?
«Quello che noi misuriamo è la disabilità. Lavoriamo
sugli anziani, sul periodo in
cui riescono a vivere da soli,
a svolgere le attività di tutti i
giorni, sono autosufficienti
in pratica. E quello che si è visto è questo fenomeno: oltre
a quella che si chiama la
compressione della mortalità,
cioè che è compressa verso le
fasce di età più avanzate, si
muore sempre dopo in sostanza, c’è anche una compressione della morbidità,
cioè della cosparsa di malattie, della disabilità, per cui si
contraggono le malattie e si
diventa disabili sempre più
tardi».
Questo gap di quindici
anni quindi è estensibile anche alle altre età della vita?
«Decisamente. L’ipotesi può
essere generalizzabile. Chiaramente se il livello di vita
avanza, tutto il resto si muove
insieme, è tutto collegato».
Quali fattori influiscono
dunque sul benessere fisico
degli uomini dai cinquanta in
su?
«Una vita più facile, i lavori usuranti ridotti al minimo,
un’alimentazione giusta quando non si eccede, l’attività fisica, i farmaci sempre più mirati. Essere magri, per esempio,
è un’assicurazione sulla vita.
Nel nostro reparto si è testato
come un anziano snello ha
un’età biologica spesso assai
più bassa dei suoi anni».
4 Febbraio 2010
7
Costume
In televisione incalzano conduttrici e show-women in abiti succinti modello Ilaria D’Amico
Seminudo, “Il Fatto” funziona meglio
Davanzali da capogiro per Monica Setta nel talk show pieno di big
Irene Pugliese
Quando si parla di politica, agli italiani piace piccante. E lei sicuramente questo l’ha capito. Monica Setta ha deciso di conquistare l’attenzione
del pubblico del Fatto del giorno a
suon di scollature mozzafiato e cosce
al vento. Ma non è né la prima né l’ultima. Donne formose in minigonna
e top ridotti al minimo, mentre la telecamera zoomma su decoltè e gambe lunghe: ormai è un classico in tv.
Nuove conduttrici sexy crescono.
In Rai e in Mediaset. Molte delle novelle presentatrici provengono da
esperienze televisive di programmi di
successo dove rivestivano ruoli di
concorrenti o vallette. Le varie Cristina Chiabotto, Caterina Balivo, Ilaria D’Amico, Silvia Toffanin sono
solo alcune delle bellissime che si
sono affermate nel panorama televisivo italiano, in cui sembra dominare l’immagine della donna come oggetto di desiderio e ad essere richiesta è quasi mai la competenza. Presenza di contenitore, e qualche vol-
PROROMPENTE Monica Setta esibisce una delle sue scollature durante
la conduzione del programma
ta di contenuto. Ma non sempre. Monica Setta, infatti, vanta un curriculum da invidia quasi quanto il suo decolté. La rossa anchorwoman, percorrendo un territorio più vicino
alla non giornalista Barbara D’Urso
che alle titolate Monica Maggioni e
Lilli Gruber, è riuscita dove altre
colleghe hanno fallito: trasformare
Porta a Porta in una “cosa da femmine”. Grazie a lei e al suo programma, il salotto della politicaspettacolo ha conquistato il daytime.
In onda tutti i giorni nel primo pomeriggio di Raidue il talk show mira
ad accendere con cautela la miccia
dell’attualità con dibattiti, collegamenti in diretta e faccia a faccia tra ministri, leader di partito e gruppi finanziari. Ma questo non significa che
anche la Setta non sia condizionata da
quell’immagine di donna estremamente seducente che deriva dal mondo della pubblicità e dai mass media.
Anzi ne è la più autorevole rappresentante. La conferma viene dalla rete:
tra i video più cliccati su youtube si
piazzano quelli ritraenti le sue scol-
lature da capogiro e gli spacchi inguinali. E i blog sono scatenati, la soprannominano “Poppea”. E mentre
queste “promesse” della televisione
italiana si sforzano di presentare importanti personaggi della politica o
servizi di cronaca, il rischio (o forse
lo scopo?) è che chi le guarda non
ascolti minimamente le loro parole,
ma si accontenti di osservare. Che ne
è dunque dei sobri completi delle varie Maria Giovanna Elmi e Angela
Buttiglione che hanno dominato lo
scenario televisivo dell’Italia nei primi cinquant’anni? Sebbene il sex appeal di una donna venga decisamente preferito a questo vecchio
modello, il rapporto donna-informazione è ancora oggi difficile. La visibilità femminile nei tg non supera
il 20 per cento, mentre il 10 per cento è la quota rosa di partecipazione ai
dibattiti informativi. È il terreno su cui
si muovono ad essere limitato: alle
donne vengono riservate le soft news:
spettacolo, istruzione, cronaca rosa,
mentre resta agli uomini lo scettro in
politica, sport ed economia.
La voce dei lettori. Dalle battaglie di Indro Montanelli alla posta del cuore
Sfoghi di rabbia e passione
Vanno forte le rubriche su quotidiani e settimanali
Dario Parascandolo
Lettere di denuncia, di
commento o di sfogo costituiscono un appuntamento
fisso, e oggi sono veri e propri indicatori di gradimento,
al punto che le versioni online dei più importanti quotidiani offrono uno spazio di
commento a ogni articolo
pubblicato. E i lettori fanno
sentire la propria voce. Talvolta alle missive rispondono
firme autorevoli in vere e proprie rubriche. È il caso di
Corrado Augias su Repubblica e Sergio Romano sul Corriere, che rispondono a tematiche di tipo politico.
Il primo giornalista ad aver
ampliato lo spazio quotidiano
riservato alla posta dei lettori è Indro Montanelli. La parola ai lettori è stata una delle novità editoriali annunciate sin dalla nascita del Giornale, il 25 giugno 1974. «Il lettore è il mio padrone. Il lettore
è un padrone che mi mette al
riparo dagli altri padroni e che
è stato in più occasioni la mia
guardia del corpo. E al lettore devo rendere conto, senza
assecondarne i pregiudizi,
8
4 Febbraio 2010
senza scrivere quello che vuole sentire. Una pagina al giorno, tutti i giorni». La continua
corrispondenza fra Montanelli e il suo pubblico è testimoniata dal volume Caro direttore, pubblicato da Rizzoli nel 2002, all’indomani della sua morte. Fino al 2007 il
mille domande alle lettere
pervenute alla redazione romana del giornale. Le lettere
a Ci pensa il Corriere trovano
la risposta diretta degli enti e
delle istituzioni tramite la
voce dei giornalisti. Clarida
Salvatori, una delle curatrici
della rubrica, sottolinea che «i
Nella pagina della posta del Corriere della Sera
anche le risposte
dirette di enti e istituzioni sotto accusa
Venerdì di Repubblica ha ospitato due pagine di missive nella rubrica Scalfari risponde, in
cui il direttore trattava temi
politici o di stretta attualità,
partendo dallo spunto del lettore. Dillo al Messaggero è una
rubrica del quotidiano romano che offre uno spazio a segnalazioni e denunce di carattere prevalentemente urbano, dalla strada dissestata ai
mezzi pubblici, dalle code
agli sportelli ai disservizi. Simile è quella presente sul
Corriere della Sera, dove Paolo Conti, firma storica della testata, risponde in Una città
problemi sottoposti dai cittadini trovano spesso una soluzione. Talvolta accade che
un cittadino riscriva per comunicare il buon fine dell’intervento. Ci pensa il Corriere
è, quindi, uno spazio che garantisce un contatto diretto fra
il cittadino e gli enti urbani, sia
pubblici che privati»
Un caso a sé è la posta del
cuore, delle delusioni d’amore, dei tradimenti, dei divorzi e dei ritorni di fiamma. Pioniera di questi problemi è
stata Susanna Agnelli, che
per anni ha curato la rubrica
Risposte private sul settima-
nale Oggi. Il suo grande successo era dovuto alle risposte
brevi e telegrafiche ai problemi sentimentali delle lettrici.
Di taglio più letterario sono le
pagine di Questioni di cuore
sul Venerdì di Repubblica,
curate da Natalia Aspesi. Il rotocalco Di Più di Sandro Mayer ospita puntualmente le lettere inviate allo psichiatra e
sessuologo Marco Rossi, reso
celebre dalla trasmissione di
Mtv Loveline, rispondendo a
domande riguardanti la sfera
sessuale e sfatando così uno
degli ultimi tabù. Il successo
della posta del cuore è riscontrabile anche dalla quantità infinita di blog e siti web
dedicati agli affari di cuore.
Schiere di psichiatri, sessuologi, psicanalisti e legali dispensano consigli e risposte
a un pubblico sempre più numeroso. In particolare, su
postadelcuore.myblog.it le
missive sono suddivise in
sottocategorie. Amori virtuali, diritti civili, gelosia,
suocera, tradimenti, vita d’ufficio e homosex sono soltanto alcune di esse, e dimostrano quanto sia fragile il cuore
degli italiani.
LA POSTA
DEL CUORE
innamorati e traditi,
i cuori degli italiani trafitti e
sanguinanti si sfogano su internet
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della LUISS Guido Carli
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