Linee di indirizzo e raccomandazioni per il

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Linee di indirizzo e raccomandazioni per il
Linee di indirizzo e
raccomandazioni per
il ricondizionamento dei
Dispositivi Medici Riutilizzabili
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REGIONE LIGURIA
Linee di indirizzo e raccomandazioni
per il ricondizionamento
dei Dispositivi Medici Riutilizzabili
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Indice
Progetto coordinato da:
Sticchi Camilla - Agenzia Regionale Sanitaria della Liguria, Referente PRP 2010/2012 Prevenzione ICA
Redazione e gruppo di lavoro
Assensi Marina - Azienda ASL1 Imperiese
Bellina Dorotea - IRCCS AOU San Martino - IST
Cattaneo Mauro - Azienda ASL3 Genovese
Centi Arianna - Azienda ASL 4 Chiavarese
Comito Franca - IRCCS Istituto Giannina Gaslini
Masi Vita Maria - Ospedale Evangelico Internazionale di Genova
Sacco Rosa Anna - IRCCS Istituto Giannina Gaslini
Tagliafico Maria Grazia - E.O. Ospedali Galliera
Revisione a cura di:
Baldelli Ivana - IRCCS Istituto Giannina Gaslini
Battistini Angela - IRCCS AOU San Martino - IST
Cristina Maria Luisa - Dipartimento DISSAL Università di Genova
Ganapini Andrea - Ospedale Evangelico Internazionale di Genova
Guastamacchia Roberto - Azienda ASL1 Imperiese
Lombardi Irene - Azienda ASL1 Imperiese
Massone Laura - IRCCS Istituto Giannina Gaslini
Melchiorre Giuditta - Azienda ASL 1 Imperiese
Mentore Bruno - Azienda ASL4 Chiavarese
Nelli Mauro - E.O. Ospedali Galliera
Orengo Giovanni - IRCCS AOU San Martino - IST
Penazzo Sabrina - Azienda ASL2 Savonese
Picasso Marco - Azienda ASL1 Imperiese
Samengo Ines - Azienda ASL4 Chiavarese
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Presentazione
Introduzione
Indagine conoscitiva sulle attività di sterilizzazione in Liguria
Servizi di sterilizzazione
Attrezzature
- Sterilizzatrici
- Termosaldatrici
- Termodisinfettori
Locali
Decontaminazione e detersione
Asciugatura e confezionamento
Controllo della sterilizzazione
Documentazione del processo di sterilizzazione
Deposito dei dispositivi medici sterili
Capitolo Primo
Requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi
Requisiti strutturali
- Ospedali di grandi/medie dimensioni
- Strutture sanitarie di piccole dimensioni
Requisiti minimi impiantistici
- Caratteristiche ambientali
- Zona “sporca”
Controlli in zona “sporca”
- Zona “pulita”
Controlli in zona “pulita”
- Zona “sterile”
Controlli in zona “sterile”
- Zona per la movimentazione e lo stoccaggio
- Sistema di controllo ambientale
Requisiti minimi tecnologici
Requisiti minimi organizzativi
- L’Infermiere Coordinatore
- L’Infermiere
- Gli Operatori Tecnici e Sanitari (OTA/OSS)
Piano di formazione
Capitolo Secondo
Aspetti generali di igiene e norme comportamentali
Igiene delle mani degli operatori sanitari
Comportamenti
Igiene ambientale
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Capitolo Terzo
Prevenzione del rischio nel processo di ricondizionamento
Prevenzione del rischio nel processo di ricondizionamento
Capitolo Quarto
Responsabilità
Matrice delle responsabilità
Capitolo Quinto
Il processo di ricondizionamento dei DMR
Generalità
Metodi e sistemi di sterilizzazione
Sterilizzazione con vapore saturo
- Generalità
- Autoclavi/sterilizzatrici
Indicazioni speciali
Piccole autoclavi
Sterilizzazione con Ossido di Etilene
- Fasi del processo di sterilizzazione a EtO
- Responsabilità del processo: Azienda Sanitaria committente
e Azienda appaltatrice della sterilizzazione a EtO
Sterilizzazione con Perossido di Idrogeno
Sterilizzazione mediante soluzioni di Acido Peracetico
Capitolo Sesto
Le fasi del processo di sterilizzazione
Raccolta e trasporto del materiale da processare
Decontaminazione
- Modalità
- Attività di controllo e verifica
Lavaggio
- Lavaggio automatico
Attività di controllo e verifica
- Lavaggio manuale
Condizioni di applicabilità del lavaggio manuale
Attività di controllo e verifica
- Trattamento in vasca ad ultrasuoni
Attività di controllo e verifica
Risciacquo
Asciugatura
- Attività di controllo e verifica
Controllo verifica e manutenzione del Dispositivo Medico
Confezionamento
- Requisiti necessari per il confezionamento
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- Sistema di imballaggio protettivo (PP)
Attività di controllo e verifica
- Tipologia di confezionamento
- Fogli per avvolgimento
Attività di controllo e verifica
- Buste preformate e rotoli
Attività di controllo e verifica
- Contenitori riutilizzabili (container)
Attività di controllo e verifica
- Durata della sterilità di un dispositivo medico: indicazioni generali
Termosaldatura
Etichettatura
Capitolo Settimo
Tracciabilità
Tracciabilità
Capitolo Ottavo
Utilizzo delle autoclavi a vapore
Vuoto test
Test di penetrazione del vapore
- Test di Bowie & Dick (BD)
- Helix Test
Carico del materiale nella camera di sterilizzazione
- Verifica del carico: scarico e controllo
Capitolo Nono
Indicatori
Indicatori chimici
- Classi di indicatori chimici
Indicatori biologici
Capitolo Decimo
Convalida
Definizioni e periodicità
Personale esecutore delle procedure di convalida
Capitolo Undicesimo
Documentazione e archiviazione
Documentazione
Archiviazione
Fascicolo tecnico
Utilizzo di strumentario chirurgico per uso temporaneo, in prova/sperimentazione
o in comodato d’uso
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Capitolo Dodicesimo
Outsourcing
Definizioni
Tipologie di outsourcing
Capitolato
- Elementi caratterizzanti il capitolato tecnico
Aspetti organizzativi e operativi
Capitolo Tredicesimo
Il processo di ricondizionamento dei DMR in ambito odontoiatrico
Requisiti minimi strutturali, impiantistici, tecnologici, organizzativi
Attività di sterilizzazione in ambito odontoiatrico
Glossario
Norme di riferimento e Bibliografia
Indice delle tabelle
Tabella n. 1: Dotazione organica
Tabella n. 2:Documentazione
Tabella n. 3: Esempio di Matrice delle responsabilità
Tabella n. 4: Cicli di sterilizzazione e parametri di riferimento
Tabella n. 5: Tipi di sterilizzatrici autoclavi/cicli previsti
Tabella n. 6: Tipologia di confezionamento in relazione all’agente sterilizzante
Tabella n. 7: Tipologia di confezionamento
Tabella n. 8: Differenze tra UNI EN 867-1 e UNI EN ISO 11140 -1
Indice delle figure
Figura n. 1: Igiene delle mani con acqua e sapone
Figura n. 2:Igiene delle mani con soluzione alcolica
Figura n. 3: Grafico fasi ciclo sterilizzazione
Figura n. 4: Le componenti del processo di sterilizzazione
Figura n. 5: Flow chart del processo di sterilizzazione
Figura n. 6: Pittogramma che indica DM monouso
Figura n. 7: Pittogramma che indica DM monouso non risterilizzabile
Figura n. 8: Esempio di confezionamento in ortogonale con fogli di carta crespata o TNT
Figura n. 9: Esempio di confezionamento in diagonale con fogli di carta crespata o TNT
Figura n. 10: Esempi di indicazioni dei tempi di scadenza dei SBS
Figura n. 11: Disposizione corretta del carico in autoclave
Figura n. 12: Disposizione non corretta del carico in autoclave
Figura n. 13: Flow chart per validazione del processo di sterilizzazione
Figura n. 14: Esempio di procedura per l’utilizzo dello strumentario chirurgico
ad uso temporaneo, in prova/sperimentazione o in comodato d’uso
Figura n. 15: Esempio di scheda per la richiesta di sterilizzazione
Figura n. 16: Esempio di scheda di attestazione di sanificazione degli strumenti
in uscita dall’azienda
Figura n. 17: Esempio di scheda di rilevazione qualità del Servizio Sterilizzazione
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La definizione diffusa nel mondo produttivo, secondo la quale “la qualità di un prodotto o
di un servizio è la conformità alle richieste implicite o esplicite del consumatore" mostra
importanti limiti se applicata in ambito sanitario, poiché difficilmente l'utente delle aziende sanitarie è in grado di formulare un giudizio obiettivo sul servizio di cui fruisce.
La pratica chirurgica si evolve in continuazione: l’introduzione di tecnologie avanzate e di
nuove tecniche ha indotto una modificazione sostanziale nell’assistenza. La rapidità delle
procedure diagnostiche, la riduzione della degenza rappresentano un beneficio indiscutibile per chi deve ricorrere a trattamenti assistenziali. Tuttavia, un sistema organizzativo
orientato all’efficienza può rappresentare un limite se non coincide con l’applicazione di
modelli assistenziali orientati all’efficacia.
I rischi correlati all’atto chirurgico sono ampiamente conosciuti, si riferiscono anche
all’insorgenza di complicanze di tipo infettivo attribuibili non solo al processo di sterilizzazione ma più propriamente alla gestione ed ai comportamenti correlati all’uso dei
dispositivi sterili. Sappiamo che almeno il 30% delle infezioni che si manifesta a seguito di
trattamento chirurgico è evitabile. Per ridurre le variabilità comportamentali, che possono
essere origine di complicanze infettive, è indispensabile la condivisione degli obiettivi.
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Sebbene sia necessario tendere alla centralizzazione del processo per garantire standardizzazione e qualità del servizio erogato, nel prendere in esame l’argomento sono
emersi elementi che caratterizzano le specificità dei contesti di applicazione del processo
quali le centrali di sterilizzazione, i blocchi operatori, gli ambulatori chirurgici e la loro
conformità ai requisiti e agli indicatori per l’accreditamento delle strutture pubbliche e
private della Regione Liguria.
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Se da un lato è diffusa la consapevolezza della necessità di utilizzare DM sterili nell’ambito
delle attività assistenziali, dall’altro è pressoché ignota la quantità di azioni da intraprendere per ricondizionare un dispositivo medico applicando norme tecniche, circolari, DPR,
linee guida e quant’altro, la cui osservanza è in alcuni casi imperativa.
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Il processo di ricondizionamento e sterilizzazione dei Dispositivi Medici (DM) è ancora
percepito come un elemento marginale delle attività sanitarie.
Ai più è sconosciuto, in parte avulso dalle pratiche chirurgiche o assistenziali.
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Nella consapevolezza che sia necessario applicare e sostenere pratiche di dimostrata
efficacia, è stato sviluppato questo documento di indirizzo contenente anche specifiche
raccomandazioni, che vuole essere un supporto tecnico per coloro che operano nel settore
del ricondizionamento dei Dispositivi Medici Riutilizzabili.
Per sviluppare il documento è stata operata una indagine conoscitiva nell’ambito delle
Aziende Sanitarie della Regione Liguria ed una approfondita analisi delle norme tecniche
che affrontano l’argomento, delle linee guida di riferimento, delle indicazioni di maggiore
rilevanza, giovandosi anche di lavori già elaborati da autorevoli colleghi.
Da questo documento potranno essere sviluppate procedure o istruzioni operative utili
agli operatori durante il processo di sterilizzazione che dovranno essere periodicamente
revisionate in base ai nuovi disposti legislativi, normativi e tecnici.
L’applicazione rigorosa di procedure codificate rappresenta uno strumento di garanzia di
professionalità e di salvaguardia per gli utenti per gli operatori.
Gruppo di Lavoro
Introduzione
Nonostante i notevoli progressi effettuati per la lotta e il controllo delle infezioni correlate
all’assistenza, esse rappresentano ancora oggi un importante fattore di rischio, soprattutto
per quei pazienti che si sottopongono a interventi diagnostici e/o terapeutici invasivi.
L'adozione di procedure sempre più sofisticate ha notevolmente migliorato i tempi, affinato
la capacità di diagnosi ed ha reso possibile interventi anche complessi migliorando,
rispetto al passato, la prognosi di molte malattie; tuttavia, tali innovazioni hanno nel
contempo aperto nuove problematiche relative agli aspetti di manutenzione, sterilizzazione e conservazione dei dispositivi medici.
Si ricorda, in particolare, che la maggior parte delle infezioni della ferita chirurgica viene
contratta in ambiente operatorio e proprio all’inquinamento dell’ambiente operatorio
deve essere quindi attribuita la responsabilità maggiore di tale complicanza.
Momento particolarmente critico per la prevenzione e il controllo delle infezioni è rappresentato dal processo di sterilizzazione le cui fasi comprendono tutte notevoli elementi
di complessità e richiedono perciò precise competenze e responsabilità da parte degli
operatori che vi sono coinvolti.1
Nel passato i servizi di sterilizzazione erano allocati pressoché esclusivamente in prossimità
delle sale operatorie, affidati al personale infermieristico presente, spesso privo di una
formazione specifica.
Con il tempo è emersa l’esigenza, sempre più diffusa, di centralizzare le attività di sterilizzazione presso locali a tal scopo destinati, in possesso delle caratteristiche strutturali e
logistiche necessarie a soddisfare i parametri di sicurezza ed affidabilità richiesti. Inoltre,
concentrare in un’unica area tutte le attività di sterilizzazione, oltre ad ottimizzare la stan1
- V. Franklin Sechriest et al. Incidence of Knee Sepsis After ACL Reconstruction at One Institution: The Impact of a Clinical
Pathway. Bone Joint Surg Am 2013 May 01;95(9):843-849
- Weaving P, Cox F, Milton S. Infection prevention and control in the operating theatre: reducing the risk of surgical site infections (SSIs). J Perioper Pract. 2008 May;18(5):199-204
- Mangram AJ, Horan TC, Pearson ML, Silver LC, Jarvis WR. Guideline for prevention of surgical site infection, 1999. Hospital
Infection Control Practices Advisory Committee. Infect Control Hosp Epidemiol. 1999 Apr;20(4):250-78.
- R. Johnson, S. S. Jameson, R. D. Sanders et al. Reducing surgical site infection in arthroplasty of the lower limb: A multidisciplinary approach. Bone Joint Res. 2013 March; 2(3): 58–65
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dardizzazione dei processi migliorando l’esito, consente ulteriori vantaggi in termini di
risparmio di gestione di impianti, attrezzature ed operatori.
Dall’altro lato, l’allontanamento delle attività di sterilizzazione dalla camera operatoria
consente un’ottimizzazione dei tempi ed un impiego più razionale del personale infermieristico non più incaricato del processo di sterilizzazione dello strumentario chirurgico.
A tutto ciò si aggiunge il processo di unificazione europea che, prevedendo la libera circolazione dei prodotti tra i Paesi dell’Unione Europea, ha implicato necessariamente
radicali modificazioni anche nella normativa tecnica relativa alla sicurezza e alla salute,
da garantire parimenti in ogni Stato membro, conducendo gradualmente verso la nuova
concezione delle direttive comunitarie.
In considerazione della particolare criticità, questo sostanziale cambiamento ha coinvolto
necessariamente anche il settore dei dispositivi medici; in particolare, alla luce delle
nuove definizioni inserite dalle norme europee, la sterilità viene controllata e verificata
non più solo tramite controlli chimici e biologici sul prodotto finito, bensì, come vedremo
in seguito, in virtù di controlli di tutte le fasi del processo di sterilizzazione.
Si intende rimarcare il concetto che le direttive comunitarie e le conseguenti norme tecniche
armonizzate hanno valenza d'obbligo inderogabile e pertanto devono essere applicate da
tutti gli Stati membri della Comunità Europea; è pertanto necessario che anche le Aziende
Sanitarie provvedano ad una rivisitazione generale del processo di sterilizzazione affinché
sia rispondente ai requisiti previsti dalla normativa vigente.
possibili complicanze infettive.
È stato quindi istituito un gruppo di lavoro tecnico, i cui componenti sono stati individuati
direttamente dalle Aziende liguri, con lo specifico compito di redigere raccomandazioni
regionali sulle procedure di disinfezione e sterilizzazione dello strumentario chirurgico e
materiali d’uso.
Propedeutica a tal fine è stata l’attivazione di un’indagine conoscitiva che fornisse informazioni sugli assetti organizzativi posti in essere da ciascuna Azienda e che ha messo
effettivamente in luce una certa disomogeneità.
L’argomento che il sopraccitato gruppo di lavoro si è trovato ad affrontare si è rivelato
sin da subito particolarmente complesso per la varietà dei sistemi di sterilizzazione, la
molteplicità dei prodotti, la tipologia delle apparecchiature impiegate e, non ultimo, la
eterogenea interpretazione della normativa esistente in materia.
Tuttavia, è nostro auspicio che il presente documento rappresenti un ausilio per gli
operatori direttamente coinvolti nei processi di sterilizzazione e fornisca indicazioni
rilevanti per i decisori nella programmazione ed organizzazione aziendali.
La Regione Liguria, con D.G.R. n. 1545 del 17/12/2010, ha approvato il Piano Regionale
della Prevenzione 2010 – 2012 i cui obiettivi di salute, contenuti nel punto 2.5 (linea di
intervento “Prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria”), prevedevano,
tra le attività, la revisione di linee guida e la diffusione di protocolli comportamentali relativamente ad aspetti assistenziali considerati maggiormente prioritari.
Dott.ssa Camilla Sticchi
Agenzia Regionale Sanitaria della Liguria
Referente PRP 2010/2012 Prevenzione ICA
In tale contesto è emersa la necessità di predisporre un documento regionale che
contenesse le indicazioni per l’esecuzione delle procedure di sterilizzazione nel rispetto
della vigente normativa; nell’ottica della sicurezza di pazienti ed operatori, la diffusa
conoscenza di comportamenti standard, la corretta e costante esecuzione delle opportune
misure di verifica rappresentano infatti il principale strumento di prevenzione delle
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Indagine conoscitiva sulle attività di sterilizzazione in Liguria
La raccolta e l’elaborazione di informazioni riguardanti il contesto d’intervento sono una
priorità per la costruzione di una conoscenza propedeutica delle criticità; tappa fondamentale per la stesura del presente documento era quindi l’acquisizione preliminare di informazioni relative alle singole realtà locali.
A tal fine è stato previsto e realizzato uno specifico questionario con la predisposizione degli
strumenti atti a rilevare ed elaborare i dati.
Obiettivo dell’indagine era non solo raccogliere informazioni sui processi di sterilizzazione in essere nelle Aziende sanitarie, ma acquisire, inoltre, un riferimento utile a misurare i
benefici prodotti dalle misure correttive eventualmente messe in atto.
Tabella n. 1: Dotazione organica
Ospedale/
Azienda
Coord.
Inf.
OSS
OTA
Op. tecn
Aus.
Totale
Operatore/
centrale
a
1
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3
0
0
0
8
8
b
1
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0
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c
Missing
Missing
Missing
Missing
Missing
Missing
Missing
-
d
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1
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1
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e
1
0
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0
3
0
9
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Sono pervenuti in tutto dodici questionari, ciascuno relativo alle attività di intere aziende (7)
o presidi (5) sede di una o più centrali di sterilizzazione. Da Gennaio a Settembre 2012 sono
stati raccolti ed elaborati i dati, sinteticamente descritti nei paragrafi a seguire.
f
1
1
0
0
6
0
8
8
g
1
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2
0
0
0
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Servizi di sterilizzazione
h
1
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5
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0
2
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1
1
2
0
0
0
4
4
l
1
2
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0
0
0
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0
0
48
0
50
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n
1
0
0
0
0
0
1
-
Media
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2,27
0,09
5,18
0,45
10,6
9,6
SD
0,3
3,76
2,24
0,3
14,33
0,82
14,14
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Tra gli ospedali/aziende partecipanti all’indagine, 9 hanno una sola centrale, un’Azienda
Ospedaliera ne possiede 2, mentre 2 sono completamente privi di centrale di sterilizzazione
pur avvalendosi di subcentrali dislocate in prossimità di sale operatorie e/o attività
ambulatoriali.
In un’Azienda Sanitaria Ospedaliera il servizio di sterilizzazione è in outsourcing.
Per quanto riguarda la dotazione organica di personale “dedicato” ai servizi di sterilizzazione,
sono presenti in media 10,6 operatori di cui 0,9 coordinatori, 2,16 infermieri, 2,08 OTA/OSS
e 0,45 ausiliari.
Per evidenziare eventuali disomogeneità, si è ritenuto opportuno rapportare tali valori al
volume di attività di ogni singola Azienda/Ospedale calcolando pertanto il numero medio di
operatori per centrale (media 9,6; range: 3-25; DS 6,5).
La formazione specifica del personale impegnato nelle attività di sterilizzazione risulta talora
incompleta (nel 33,3% dei casi) e l’aggiornamento periodico a volte completamente assente.
In tutte le realtà esaminate il processo di sterilizzazione è governato da protocolli operativi
attraverso il rispetto di specifici parametri tecnici.
Nonostante sia previsto dalla norma europea UNI EN 17665-1, non tutti sono dotati di un
archivio delle schede tecniche dei dispositivi medici trattati.
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Termosaldatrici
Tabella n. 2: Documentazione
Ospedale/
Azienda
Protocollo
operativo
Archivio schede
tecniche
Formazione
specifica
Formazione
periodica
Norme tecniche
e aggiornamenti
a
SÌ
Parziale
SÌ
SÌ
Parziale
b
SÌ
SÌ
Parziale
NO
SÌ
c
SÌ
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SÌ
SÌ
NO
d
SÌ
Parziale
Parziale
NO
NO
e
SÌ
Parziale
SÌ
SÌ
NO
f
SÌ
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g
SÌ
SÌ
Parziale
SÌ
Parziale
h
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
Parziale
i
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
NO
l
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
NO
m
SÌ
Parziale
SÌ
SÌ
SÌ
n
SÌ
SÌ
NO
NO
NO
%
100
58,3
66,7
75
25
Attrezzature
Sterilizzatrici
Ognuna delle sedi rispondenti al questionario è dotata mediamente di 8 termosaldatrici; per
effettuare un confronto misurato ai carichi di lavoro anche in questo caso è stato rapportato
il numero di termosaldatrici al numero dei siti di sterilizzazione individuati da ciascuna
Azienda/Ospedale (media 2,5; range: 1-12; DS 3,2).
La maggior parte delle termosaldatrici è in grado di verificare i parametri di termosaldatura
(83,3%) e possiede una stampante interna per la stampa delle buste (96%), ma nel 21,2% dei
casi non è prevista la stampa delle date di sterilizzazione e di scadenza della sterilità.
In più della metà dei casi (58,3%) non è prevista qualifica di prestazione annuale per le
termosaldatrici.
Termodisinfettori
La dotazione media è di circa 7 termodisinfettori per Ospedale/Azienda partecipante
all’indagine; pesando nuovamente il dato sui volumi di attività, si calcola una media di 2,03
termodisinfettori per sito di sterilizzazione (range: 0-7; DS 2,04).
Per quanto riguarda la tracciabilità dei cicli, il 58% delle lavastrumenti è dotato di software
di gestione dei dati e di stampante per la documentazione dei dati di processo di lavaggio.
Nel 41,7% dei casi non è mai stata eseguita una procedura di convalida e l’8,3% non effettua
alcuna manutenzione sulle lavastrumenti. Ove previsto, viene tenuto un registro delle
manutenzioni nella maggior parte dei casi (83,3%) ma con una periodicità variabile da 3
mesi (25%) a 1 anno (50%).
Locali
Per quanto riguarda l’utilizzo delle sterilizzatrici a vapore, nel 66,7% dei casi vengono
eseguite e documentate almeno annualmente le procedure di convalida (accettazione in
servizio e qualificazione di prestazione secondo la EN 17665-1), nel 91,7% vengono annotati
gli interventi di manutenzione su apposito registro, ma la riqualifica di prestazione in seguito
ad interventi tecnici importanti viene eseguita solo nel 58% di questi.
Il vapore utilizzato dalle macchine sterilizzatrici proviene più frequentemente (66,7%) dalla
centrale termica dell’ospedale e da generatore elettrico della macchina nelle rimanenti realtà.
Oltre alla metodologia a vapore saturo, vengono diffusamente impiegate altre tecnologie
per la sterilizzazione (nel 75% degli ospedali partecipanti), prevalentemente gas plasma
(66,7%).
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La rispondenza dei servizi di sterilizzazione ai requisiti strutturali, tecnologici ed impiantistici
definiti dal Decreto del Presidente della Repubblica del 14 Gennaio 1997 è pari al 58%.
Nell’83,3% dei casi le aree sporca e pulita sono fisicamente separate ed esiste un percorso
unidirezionale sporco-pulito-sterile.
I parametri di temperatura interna, umidità relativa e ricambi aria/ora sono osservati
rispettivamente nel 91,7%; 83,3% e 66,7%.
La pulizia dei locali di sterilizzazione non sempre viene effettuata con frequenza giornaliera
(91,7%) o è disciplinata da precisi protocolli operativi (83,3%).
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Decontaminazione e detersione
Documentazione del processo di sterilizzazione
Tutti effettuano la decontaminazione in contenitore dedicato (vasca, container o lavandino).
Laddove specificato, il tempo di contatto con l’agente decontaminante è inferiore a 30 minuti
nel 33,3% dei casi; il 50% effettua lo smontaggio dello strumentario successivamente alla
decontaminazione ed il 75% prevede una fase di risciacquo prima del lavaggio.
Un ospedale non effettua la tracciabilità del lotto di sterilizzazione; nei restanti casi le
centrali sono in gran parte prive di un sistema esaustivo di tracciabilità dell’intero lotto di
sterilizzazione, limitandosi ad alcune fasi del processo (per lo più la decontaminazione),
supportati da sistemi informativi nella metà dei casi. La documentazione inerente il processo
di sterilizzazione viene conservata per almeno 10 anni in 9 ospedali (75% dei rispondenti),
5 anni in 2 ospedali (16,7%) e 2 anni in un ospedale (8,3%).
Nella totalità dei casi il lavaggio viene eseguito in locale attiguo a quello di confezionamento
ma solo il 41,7% utilizza lavastrumenti passanti.
Per la detersione manuale vengono impiegati spazzole e scovolini (100%), mentre l’impiego
di pistole ad acqua per lo strumentario cavo è limitato al 66,7%. I container vengono lavati
al termine di ogni utilizzo nel 58,3% dei casi.
Asciugatura e confezionamento
Tutti dispongono di aria compressa per l’asciugatura dei corpi cavi ma solo il 58,3%
dispone di una fonte di luce per l’ispezione dello strumentario prima della successiva fase
di confezionamento.
Ancora, il 17% non utilizza Carta Medical Grade e TNT per il confezionamento.
Controllo della sterilizzazione
Il ciclo di sterilizzazione viene sempre registrato su stampa cartacea, nel 50% dei casi anche
su software.
Deposito dei dispositivi medici sterili
Le caratteristiche microclimatiche delle aree destinate allo stoccaggio dei dispositivi medici
sterili sono controllate solo nel 58,3% degli ospedali partecipanti all’indagine mentre i
parametri di umidità e temperatura sono osservati rispettivamente nel 75% e 83%. La
contaminazione particellare viene controllata in meno della metà dei casi (41,7%).
In conclusione, l’indagine ha evidenziato una marcata variabilità nell’organizzazione dei
servizi di sterilizzazione (presenza di centrali di sterilizzazione o subcentrali); il personale
che si occupa del processo di sterilizzazione è composto prevalentemente da OSS e
infermieri sebbene esistano realtà in cui la figura infermieristica è completamente assente
(diversamente da quanto previsto dal DPR 14 Gennaio 1997).
Inoltre, in molte realtà, aree originariamente sede di altre attività sono state successivamente
destinate al servizio di sterilizzazione, senza essere sottoposte prima ai necessari adeguamenti
strutturali e/o impiantistici.
Per quanto riguarda i controlli sul funzionamento dell’autoclave, vengono eseguiti nel
100% dei casi, quotidianamente, la prova di tenuta della camera e il test di Bowie & Dick;
l’Helix Test viene effettuato dal 75% degli ospedali partecipanti all’indagine e con frequenza
variabile da 1 a 30 giorni; 3 ospedali (25% del campione) dichiarano di non condurre alcuna
prova per la verifica dell’umidità residua.
Tutti utilizzano indicatori chimici di processo.
Dieci ospedali effettuano le prove biologiche di routine sul processo di sterilizzazione, la
metà con cadenza settimanale, due di questi eseguono test biologici anche giornalieri per i
dispositivi impiantabili; nel 50% dei casi si tratta di controlli biologici a lettura rapida; sette
ospedali rispondenti non effettuano prove biologiche ad hoc per il materiale protesico.
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CAPITOLO PRIMO
REQUISITI STRUTTURALI, TECNOLOGICI
E ORGANIZZATIVI
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19
REQUISITI STRUTTURALI, TECNOLOGICI E ORGANIZZATIVI
• servizi igienici per il personale.
Nella consapevolezza che le Strutture Sanitarie in generale manifestano limiti strutturali
determinati spesso dalla vetustà è comunque necessario elencare i requisiti che dovrebbero
essere base della tematica relativa alla sterilizzazione.
Le zone di lavaggio, confezionamento, sterilizzazione e stoccaggio devono essere separate e
comunicanti solo con apposite zone-filtro.
Il processo di sterilizzazione richiede, ove possibile, la centralizzazione delle attività in
ambienti con specifiche caratteristiche strutturali e tecnologiche.
I pavimenti nelle zone sporche devono essere antisdrucciolo con adeguate pendenze in modo
da garantire i necessari scarichi.
Requisiti strutturali
Nel Servizio di sterilizzazione si devono prevedere spazi ben definiti/separati, come:
• L’area destinata al ricevimento, lavaggio;
• L’area destinata al confezionamento dei materiali;
• L’area dedicata alla sterilizzazione, al deposito e alla distribuzione dei materiali
sterilizzati.
Il percorso deve essere progressivo dalla zona sporca a quella pulita.
I locali e gli spazi devono essere correlati alla tipologia e al volume delle attività erogate.2
Ospedali di grandi/medie dimensioni
In ogni struttura che non abbia esternalizzato il servizio dovrebbe essere presente una
centrale di sterilizzazione con le specifiche che comprendono i requisiti minimi richiesti dal
DPR 14 Gennaio 1997 e indicazioni date dall’ISPESL e da altre norme.
La dotazione minima degli ambienti è la seguente:
•
•
•
•
locali ricezione, cernita, pulizia;
locali ricomposizione kit, confezionamento, sterilizzazione;
filtro personale;
airlock (dispositivi che permettono il controllo e la minimizzazione delle
variazioni di pressione) per l’accesso al deposito del materiale sterile;
• locale per il deposito del materiale sterile;
• locale per il materiale sporco;
2
DPR 14 Gennaio 1997
20
Le pareti, i pavimenti e i soffitti devono essere costruiti con materiali lavabili che permettano
una facile pulizia e sanitizzazione.
Le finestre, se presenti, non devono essere apribili e devono essere prive di cassonetti.
Le apparecchiature di sterilizzazione devono essere preferibilmente passanti tra la zona di
confezionamento e la zona stoccaggio.
Vanno previsti servizi igienici per il personale, un ufficio per il coordinatore e uno per
l’archivio.
Strutture sanitarie di piccole dimensioni
Le caratteristiche strutturali possono essere limitate alla dotazione minima di ambienti
prevista dal DPR 14 Gennaio 1997 come di seguito specificato:
• gli ambienti di ricevimento e lavaggio devono essere separati dalla zona addetta
al confezionamento e sterilizzazione, a loro volta separati dal locale per il
deposito di materiale sterile;
• deve essere presente una zona filtro per il personale, preliminare all’accesso al
deposito dei materiali sterili e un locale deposito per materiale sporco, nonché
servizi igienici per il personale, un ufficio per il coordinatore e uno per l’archivio;
• le pareti, i pavimenti e i soffitti devono essere costruiti con materiali lavabili che
permettano una facile pulizia e sanitizzazione;
• i pavimenti nelle zone sporche devono essere antisdrucciolo con adeguate
pendenze in modo da garantire i necessari scarichi;
• le finestre, se presenti, non devono essere apribili e devono essere prive di
cassonetti.
Requisiti minimi impiantistici
I locali del Servizio di Sterilizzazione devono essere adeguatamente climatizzati con
caratteristiche tecniche relative agli ambienti a contaminazione controllata. Tali caratteristiche
devono essere certificate, documentate da periodiche verifiche effettuate secondo la serie
21
di norme tecniche UNI EN ISO 14644-1. I locali, ad eccezione della zona sporca, non
dovrebbero risultare contaminati da microrganismi patogeni, neppure in concentrazioni
ritenute minimali sotto il profilo epidemiologico e infettivologico.
I requisiti impiantistici sono differenziati, a seconda delle caratteristiche degli ambienti
adibiti al processo di sterilizzazione, in ambienti potenzialmente contaminati o sporchi e
ambienti puliti.
Caratteristiche ambientali
Le caratteristiche ambientali che influenzano il risultato del ricondizionamento sono
essenzialmente:
•
•
•
•
temperatura e umidità relativa,
contaminazione microbica dell’aria,
contaminazione delle superfici,
caratteristiche illuminotecniche.
Temperatura e umidità relativa. Influenzano i livelli di confort degli operatori e di
conseguenza i livelli di attenzione nello svolgimento di tutte le attività umane che costituiscono
parte integrante del processo di ricondizionamento, influenzano il funzionamento delle
apparecchiature e dei DM, influiscono negativamente sulle proprietà di barriera microbica del
Sistema di Barriera Sterile (SBS). Per avere certezza che i SBS mantengano le caratteristiche
previste dal loro fabbricante, è necessario garantire che le condizioni ambientali siano quelle
prescritte dal produttore.
Contaminazione microbica dell’aria. Le particelle possono essere un veicolo di trasporto
di microrganismi, quindi in alcune zone (zona “pulita” e zona “sterile”) è opportuno che il
numero di particelle sia il più basso possibile in modo da non ricontaminare i DM trattati. In
particolare, per la zona dedicata alla conservazione del materiale sterile, se si considera che i
SBS non sono barriere assolute, è naturale rilevare che più basso è il numero di microrganismi
presenti nell’ambiente e più bassa sarà la probabilità che gli stessi penetrino la barriera.
Contaminazione delle superfici. Durante il ricondizionamento i DM entrano in contatto
con diverse superfici quali scaffalature, armadi, tavoli, etc. e pertanto possono raccogliere i
contaminanti microbiologici presenti su tali superfici. È fondamentale che tutte le superfici
con cui i DM entrano in contatto siano pulite e sanitizzate con metodologie validate e
documentate.
Caratteristiche illuminotecniche. Generale ≥ 300 lux - localizzata ≥ 500 lux: per la corretta
esecuzione di tutte le attività previste nel processo di ricondizionamento.
22
Zona “sporca”
È la zona dove si svolgono le prime operazioni di ricondizionamento dei DMR provenienti
dai siti di utilizzo: ricevimento, decontaminazione, cernita, lavaggio e disinfezione.
In questa zona le caratteristiche dell’ambiente devono essere tali da garantire la sicurezza
degli operatori e devono limitare la fuoriuscita di contaminanti aerodispersi verso l’esterno.
Gli ambienti dovrebbero essere tenuti a pressione negativa rispetto a tutte le altre zone
della centrale di sterilizzazione e rispetto alla pressione dell’ambiente esterno in modo da
agevolare l’afflusso di aria dall’esterno all’interno piuttosto che favorire l’uscita dell’aria
verso l’esterno.
Le operazioni che potrebbero generare polveri e aerosol (per esempio spazzolature, soffiaggi,
etc.) dovrebbero essere eseguite in zone localmente compartimentate e adeguatamente
aspirate (per esempio sotto cappa di aspirazione).
Controlli in zona “sporca”
Le condizioni ambientali nella zona “sporca” sono finalizzate alla protezione dell’operatore
e hanno scarsa rilevanza sul processo di ricondizionamento, pertanto i controlli necessari e i
relativi limiti di accettabilità devono essere definiti dal Servizio di Prevenzione e Protezione.
Zona “pulita”
È la zona dove si svolgono le operazioni di ricondizionamento dei DMR successive al
lavaggio e alla disinfezione: controllo, montaggio, ricomposizione e confezionamento.
In questa zona le caratteristiche dell’ambiente devono essere tali da non incrementare la
contaminazione dei DM già sottoposti ad una parte del processo di ricondizionamento.
Per questo tipo di zone si ritengono adeguate le caratteristiche ambientali classificate come
Classe ISO 8 come definito dalla norma UNI EN ISO 14644-1.
Controlli in zona “pulita”
In un piano di convalida prestabilito devono essere verificati e documentati con periodicità
almeno annuale:
• Le condizioni microclimatiche;
• I differenziali di pressione fra locali confinanti e comunicanti;
• La classificazione particellare dell’aria;
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• La carica microbica dell’aria e delle superfici;
• La taratura degli strumenti di misura e controllo dell’impianto di trattamento
aria.
I limiti di riferimento sono i seguenti:
• Umidità relativa: 40 - 60%;
• Temperatura ambientale: 20 - 27 °C;
• Differenziale di pressione rispetto ai locali adiacenti (esclusa la zona sterile) e
all’esterno: ≥ 5 Pascal;
• Contaminazione particellare: classe ISO 8 come definito dalla norma UNI EN
ISO 14644-1 in normali condizioni operative.
Zona “sterile”
È la zona dove permane il materiale appena sterilizzato per il raffreddamento e l’equilibratura
barica. In questa zona le caratteristiche dell’ambiente devono garantire una bassa
contaminazione microbiologica in quanto, in fase di stabilizzazione del materiale, i sistemi
barriera potrebbero non essere sufficienti a preservare le caratteristiche microbiologiche
raggiunte durante il processo di sterilizzazione. Il raffreddamento del materiale crea
all’interno degli SBS depressioni che vengono equilibrate attirando aria dall’esterno.
L’aria che filtra dovrà avere caratteristiche adeguate a non compromettere le caratteristiche
microbiologiche raggiunte durante l’intero processo di ricondizionamento. Per questo tipo
di zone si ritengono adeguate le caratteristiche ambientali classificate come Classe ISO
7 (vedere UNI EN ISO 14644-1) come definito dalla UNI EN ISO 17665-2 punto 11.1
che specifica che l’asciugatura degli SBS umidi in ambienti controllati potrebbe evitare la
potenziale ricontaminazione dei DMR.
Qualora non fosse possibile realizzare una zona “sterile” nettamente separata (piccoli
ospedali, ambulatori, etc.) si consiglia l’adozione di una fase di equilibratura e raffreddamento
del materiale direttamente in sterilizzatrice.
Controlli in zona “sterile”
In un piano di convalida prestabilito devono essere verificati e documentati con periodicità
almeno annuale:
• Le condizioni microclimatiche;
• I differenziali di pressione fra locali confinanti e comunicanti;
• La classificazione particellare dell’aria;
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• La carica microbica dell’aria e delle superfici;
• La taratura degli strumenti di misura e controllo dell’impianto di trattamento aria.
I limiti di riferimento sono i seguenti:
• Umidità relativa: 40 - 60%;
• Temperatura ambientale: 20 - 27 °C;
• Differenziale di pressione rispetto ai locali adiacenti e all’esterno: ≥ 5 Pascal;
• Contaminazione particellare: classe ISO 7 come definito dalla norma UNI EN
ISO 14644-1 in normali condizioni operative.
Zona per la movimentazione e lo stoccaggio
I dispositivi medici devono essere movimentati e stoccati in ambienti aventi caratteristiche
definite e garantite con continuità, previste per le zone pulite; in caso contrario devono essere
dotati di imballaggi di protezione (armadi, carrelli-armadio, contenitori a chiusura ermetica).
Sistema di controllo ambientale
Al fine di assicurare la verifica delle caratteristiche microclimatiche e della qualità dell’aria
nonché di ridurre i costi energetici e di gestione, è preferibile avere a disposizione un sistema
che incorpori funzionalità di monitoraggio e controllo in continuo in grado di:
• Pilotare dinamicamente i regimi di ventilazione in funzione delle condizioni
operative rilevate in punti rappresentativi dello stato dell’ambiente;
• Rappresentare lo stato dei parametri ambientali nelle zone controllate;
• Ridurre i consumi energetici mediante adattamento delle portate in funzione delle
reali condizioni di inquinamento particellare dell’aria e in caso di postazione
inattiva;
• Tenere sotto controllo le pressioni differenziali fra i locali.
Requisiti minimi tecnologici
La dotazione minima tecnologica del Servizio di sterilizzazione deve comprendere:
• Apparecchiature di sterilizzazione;
• Apparecchiatura per il lavaggio del materiale da sottoporre a sterilizzazione;
• Bancone con lavello resistente ad acidi e alcalini;
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• Tavoli luminosi per il controllo dei materiali/dispositivi;
• Lampade ispettive (luce e lente di ingrandimento);
• Termosaldatrici predisposte per il rilascio dei dati per la tracciabilità per la
saldatura di buste;
• Scaffalature/armadi in acciaio inox per lo stoccaggio della biancheria e dei kit
sterili;
• Sistema per la tracciabilità preferibilmente informatizzato.
Requisiti minimi organizzativi
Ogni Servizio di sterilizzazione deve prevedere una dotazione organica di personale
rapportata al volume delle attività e, comunque, deve prevedere all’interno dell’équipe
almeno un infermiere (DPR 14/01/97 e Manuale Accreditamento Regione Liguria) e un
coordinatore (ASSR, Regione Emilia Romagna Memo 5 - Sterilizzazione in ambito sanitario
e sociosanitario, Luglio 2010), figure responsabili del rilascio del prodotto sterile.
Il personale coinvolto nel processo di ricondizionamento dei DM deve essere competente
sulla base di un adeguato grado di formazione specifica, addestramento, abilità ed esperienza
professionale acquisita in quanto assume un ruolo fondamentale in tutte le fasi del processo
di ricondizionamento. Gli operatori coinvolti nel ricondizionamento del DM oltre a essere
formati e preparati, devono essere consapevoli dei rischi insiti nel processo stesso e devono
rispettare le raccomandazioni e le procedure formulate per raggiungere il più alto livello
qualitativo possibile. Pertanto, la formazione del personale permette di ridurre i rischi di
errore presenti in tutte le fasi del processo di ricondizionamento.
L’Infermiere Coordinatore
L’Infermiere Coordinatore di una centrale di sterilizzazione, così come gli Infermieri
Coordinatori dei blocchi operatori o ambulatori chirurgici dotati di apparecchiature per il
ricondizionamento dei DMR, oltre a conoscere i requisiti minimi strutturali-tecnologiciimpiantistici, deve verificare la presenza delle specifiche richieste dalle norme sui metodi di
sterilizzazione in quanto coordina e controlla tutte le attività della produzione interna.
L’Infermiere Coordinatore ha autonomia operativa rispetto a:
•
•
•
•
L’Infermiere Coordinatore nell’ambito delle sue attività e competenze:
• Si attiene a quanto indicato nel Manuale di gestione aziendale, perseguendo,
per quanto di competenza, gli obiettivi stabiliti dalla politica della qualità,
programmando e pianificando le attività nell’ottica dell’ottimizzazione delle
risorse;
• È responsabile della qualità e sicurezza attenendosi alle disposizioni aziendali in
materia di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro;
• Verifica le procedure e segnala le non conformità rispetto ai requisiti specificati
al Direttore Sanitario o suo delegato;
• Propone interventi/azioni di miglioramento;
• Dirige, coordina e controlla il lavoro degli operatori (Infermieri, Operatori
Tecnici e Sanitari - OTA/OSS);
• Addestra, ogni qualvolta si renda necessario, il personale, registrando l’attività di
formazione e/o affiancamento e comunicando l’avvenuta formazione al Direttore
Sanitario;
• Gestisce ed è responsabile degli archivi relativi ai documenti di controllo degli
impianti destinati al ricondizionamento dei DMR;
• Segnala o richiede eventuali modifiche ai documenti aziendali in funzione delle
variazioni delle modalità del processo produttivo;
• Verifica la compatibilità dei prodotti che devono essere sottoposti al processo di
sterilizzazione;
• Recepisce le relazioni relative alle convalide delle apparecchiature;
• Recepisce le relazioni/report della qualità degli impianti aeraulici, idrici e
microclimatici;
• Mantiene i contatti con i responsabili delle strutture rifornite di articoli sterili;
• Frequenta, all’interno e all’esterno dell’Azienda, convegni e corsi di
aggiornamento tenuti da professionisti del settore, al fine di operare e revisionare
le procedure secondo recenti evidenze scientifiche e legislative;
• Predispone il piano di aggiornamento del personale.
Controllo dei processi di sterilizzazione;
Controllo dell’igiene e della pulizia dei locali;
Controllo del rispetto delle norme comportamentali del personale;
Autorizzazione del rilascio del prodotto sterile.
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L’Infermiere
Provvedono:
L’Infermiere:
• Provvede all’avvio giornaliero delle apparecchiature utilizzate per il processo di
sterilizzazione validando le prove richieste di funzionalità ed efficacia;
• Controlla l’idoneità dei DMR in ogni fase del processo;
• Predispone l’autoclave per il processo di sterilizzazione verificando il rilascio
dei parametri fisici di sterilizzazione e la loro compatibilità con i dati parametrici
di convalida (riproducibilità e ripetibilità);
• Imposta i dati relativi a carico, operatore e date (di sterilizzazione e di scadenza),
da apporre sul materiale per la tracciabilità;
• Al carico e scarico delle sterilizzatrici;
• Allo stoccaggio;
• Allo smistamento e consegna del materiale sterile.
Le attività dell’OTA/OSS sono eseguite sotto la supervisione dell’Infermiere in quanto unico
deputato al rilascio del prodotto sterile.
Piano di formazione
L’organizzazione deve redigere e attuare un piano di formazione continua per tutto il
personale coinvolto nel processo di ricondizionamento.
• Pianifica la produzione secondo le necessità;
La documentazione sul grado di formazione e sull’addestramento deve essere conservata
secondo direttive aziendali.
• Controlla tutti i processi di produzione, immagazzinamento, smistamento/
consegna del prodotto sterile;
Un piano di formazione deve prevedere almeno i seguenti contenuti minimi:
• Ripartisce i carichi di lavoro per ogni addetto;
• Archivia la documentazione.
Gli Operatori Tecnici e Sanitari (OTA/OSS)
Gli Operatori Tecnici e Sanitari (OTA/OSS) che lavorano in centrale di sterilizzazione hanno
compiti previsti nei protocolli della Struttura.
Si occupano:
• Delle condizioni igienico-sanitarie ambientali;
• Dell’accettazione del materiale;
• Elementi base di igiene ed epidemiologia e norme comportamentali;
• Regolamenti legislativi e norme di riferimento applicabili;
• Elementi base del processo di ricondizionamento (parametri di lavaggio e
sterilizzazione, principi chimico-fisici dei processi di lavaggio e disinfezione e
sterilizzazione, significato di SAL, etc.);
• Procedure operative interne (modalità di esecuzione delle fasi del processo,
istruzioni d’uso delle apparecchiature, schede tecniche dei prodotti e dei DMR,
piani di monitoraggio e controllo, lettura e valutazione delle registrazioni
rilasciate dalle apparecchiature, gestione delle non conformità, etc.);
• Principi di sicurezza sul lavoro correlati al processo di ricondizionamento.
• Del lavaggio;
• Del controllo visivo: qualitativo e quantitativo del materiale sottoposto a
lavaggio;
• Della preparazione dei DMR e del loro confezionamento;
• Della verifica, controllo e piegatura della teleria da sterilizzare, secondo le
modalità definite.
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CAPITOLO SECONDO
ASPETTI GENERALI DI IGIENE
E NORME COMPORTAMENTALI
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ASPETTI GENERALI DI IGIENE E NORME COMPORTAMENTALI
Figura n. 1: Igiene delle mani con acqua e sapone
Igiene delle mani degli operatori sanitari
L’igiene delle mani rappresenta un intervento fondamentale e una misura alla quale gli
operatori sanitari devono aderire per la sicurezza delle pratiche assistenziali. I microrganismi
presenti sulla cute delle mani sono rappresentati da flora batterica residente e da flora
batterica transitoria. La pratica dell’igiene delle mani ha l’obiettivo di eliminare rapidamente
quest’ultima e, per quanto possibile, la flora batterica residente.
Nell’ottica di prevenzione della contaminazione/ricontaminazione dei DMR, l’igiene delle
mani si inserisce in un contesto più ampio di igiene personale che si associa all’utilizzo di
tutti i dispositivi di barriera atti a prevenire la contaminazione dell’operatore e dei materiali
(guanti, camici, copricapo, etc.).
Nel processo di sterilizzazione l’igiene delle mani deve essere buona pratica non solo
del personale che si occupa di sterilizzazione ma, anche di tutti coloro che si trovano a
maneggiare i DMR sterilizzati curandone trasporto, stoccaggio e utilizzo; è infatti importante
ricordare che basta la mancata adesione anche a una sola pratica/procedura corretta per
inficiare l’intero processo. L’operatore, a seconda delle attività e del contesto, deve scegliere
la modalità più appropriata tra: lavaggio con acqua e sapone (Figura n.1) o frizione con
soluzione idroalcolica (Figura n. 2).
Nella linea guida del 2009, l’OMS ha espressamente indicato la frizione alcolica come
pratica da diffondere e da preferire per migliorare l’igiene delle mani degli operatori sanitari
e socio - sanitari. Rimane l’esigenza di un lavaggio con acqua e sapone in presenza di mani
visibilmente sporche. Indipendentemente dalla tecnica di igiene scelta, gli operatori non
devono indossare anelli, braccialetti, orologi, unghie artificiali. L’uso dei guanti non modifica
assolutamente le indicazioni per l’igiene delle mani e soprattutto non è sostitutiva di essa;
i guanti non rappresentano una barriera assoluta e le mani si possono quindi contaminare;
l’atto di rimuovere i guanti spesso comporta la contaminazione delle mani.
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Comportamenti
Figura n. 2: Igiene delle mani con soluzione alcolica
La qualità del risultato finale del ricondizionamento dei DMR dipende dai comportamenti
che gli operatori devono adottare durante le fasi di lavoro.
L’organizzazione deve stabilire procedure comportamentali atte a ridurre al minimo le
possibilità di contaminazione dei DMR:
• Utilizzare adeguati DPI che abbiano funzione barriera e tali da ridurre al minimo
l’esposizione del corpo;
• Indossare un abbigliamento in tessuto a bassa dispersione particellare;
• Procedere all’igiene delle mani ad ogni ingresso e uscita nella/dalla zona lavoro,
tra una procedura e l’altra e quando sono visibilmente sporche;
• Eseguire/controllare l’igiene delle superfici.
Igiene ambientale
I locali destinati al processo di sterilizzazione devono essere sanificati e disinfettati
quotidianamente con particolare considerazione ai piani di lavoro.
La norma UNI EN ISO 17665-1, al punto 7.10 cita:
“Deve essere specificato un sistema per garantire che la condizione del prodotto e/o del suo
sistema di confezionamento presentato per la sterilizzazione non comprometta l’efficacia
del processo di sterilizzazione. Detto sistema deve includere come minimo gli elementi
seguenti: … c) controllo ambientale nelle aree che potrebbero avere un impatto sulla carica
microbiologica del prodotto …”.
Inoltre anche le “Linee guida ISPESL sull’attività di sterilizzazione quale protezione
collettiva da agenti biologici per l’operatore nelle strutture sanitarie (D.Lgs 81/08 e s.m.i.)”,
così come altre norme di riferimento, definiscono il controllo almeno annuale della carica
microbica delle superfici oltre che delle condizioni microclimatiche, del numero di ricambi
di aria/ora, del differenziale di pressione e delle caratteristiche illuminotecniche dei locali di
sterilizzazione.
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CAPITOLO TERZO
PREVENZIONE DEL RISCHIO
NEL PROCESSO DI RICONDIZIONAMENTO
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PREVENZIONE DEL RISCHIO
NEL PROCESSO DI RICONDIZIONAMENTO
Il tema dell’errore in medicina è emerso, in modo predominante, negli USA, col rapporto
dell’Institute of Medicine (IOM) “To err is human: building a safer health system”,
pubblicato nel 1999.
Anche in Italia negli ultimi anni la sicurezza del paziente è diventata argomento sempre più
discusso; ogni struttura che eroga assistenza sanitaria oltre ad essere efficace ed efficiente,
deve garantire la sicurezza del servizio offerto: il paziente chiede un’assistenza che migliori
la sua condizione di salute e qualora si verificasse il contrario si produce un fallimento, non
solo della singola prestazione, ma dell’intero sistema, che viene meno alla sua mission.
Emerge pertanto l’importanza della segnalazione continua delle non conformità all’interno
del processo di sterilizzazione da parte dei professionisti coinvolti che porterà a:
• Effettuare un’analisi degli eventi/errori, indispensabile per attuare le procedure
di risoluzione dei problemi e di miglioramento;
• Migliorare in modo costante e continuo l’efficacia del processo;
• Ridurre i rischi caratteristici del processo sia per quanto riguarda l’operatore
(riduzione rischio chimico, fisico e biologico) sia per il paziente/utente/cliente a
cui viene messo a disposizione un prodotto sicuro.
A tale scopo, per garantire cure sicure e di qualità, ogni organizzazione sanitaria deve quindi
necessariamente implementare sistemi per la gestione del “rischio”, quest’ultimo inteso
come la condizione o evento potenziale, che può modificare l’esito atteso del processo e
quindi anche comportare perdite o danni per l’azienda e per le persone coinvolte.
È ovvio che il processo di ricondizionamento non è scevro da problemi che possono indurre
all’errore.
Se si considera il “Risk Management” (letteralmente “Gestione del Rischio”) come
l’insieme degli strumenti, dei metodi e delle azioni attivate, mediante cui si misura o si
stima il rischio e successivamente si sviluppano strategie per governarlo, è semplice (ma
non facile) pensare che l’introduzione di una metodologia di lavoro basata sull’applicazione
delle istruzioni operative/procedure/protocolli, sul controllo quotidiano delle attrezzature,
sul corretto utilizzo di una check list che prenda in esame tutte le fasi del processo, sulla
formazione di tutto il personale e sulla verifica costante e continua delle procedure applicate,
possa ridurlo in modo sostanziale.
Per attuare ciò è fondamentale che i professionisti impegnati in questo processo ricordino
che i punti chiave per identificare gli errori devono essere ricercati quindi nella:
• Sicurezza organizzativa;
• Sicurezza del sistema tecnologico (dall’installazione alla manutenzione delle
apparecchiature utilizzate);
• Formazione costante e continua del personale per la diffusione di una cultura
di adeguamento normativo, tecnologico, procedurale, al fine di giungere ad una
formazione intellettuale di prevenzione dell’errore e di segnalazione dei near
miss con conseguente monitoraggio periodico e relativo feedback informativo.
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CAPITOLO QUARTO
RESPONSABILITÀ
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RESPONSABILITÀ
• Pianificare il controllo, il monitoraggio e la manutenzione dei DM e delle
apparecchiature;
Secondo la normativa vigente ed in particolare il rapporto tecnico UNI TR 11408-Marzo
2011, all’interno dell’intero processo di ricondizionamento, dall’utilizzo al riutilizzo dei
DM, si individuano due ruoli di responsabilità:
• Il Direttore Sanitario
• Il Responsabile del processo.
Così come definito dalle norme, il Direttore Sanitario, da sempre considerato sia
responsabile dell’aspetto igienico sanitario sia della definizione e verifica dei protocolli
di sterilizzazione, viene chiamato dalla UNI TR 11408-Marzo 2011 a classificare i DM
attraverso un’appropriata analisi e in base a tale classificazione il Responsabile di Processo
sceglierà la corretta tipologia di ricondizionamento.
• Fornire addestramento e formazione continua al personale coinvolto nel
processo;
• Effettuare opportuna sorveglianza anche attraverso visite ispettive.
Per lo svolgimento di tutte le sue funzioni il Responsabile del processo può delegare ad altre
persone parti del processo definendone ruoli, qualifiche, competenze e responsabilità.
Tali figure possono essere:
• Responsabile di prodotto: è quella figura che, sulla base dei criteri forniti
dal responsabile di processo, progetta i kit e i processi d’applicare nel
ricondizionamento degli stessi e mette in opera i fascicoli tecnici;3
Il Responsabile di processo è la persona formalmente incaricata dall’Alta Direzione di:
• Progettare, organizzare e gestire l’intero processo di ricondizionamento
garantendo che il DM così come progettato e ricondizionato abbia le
caratteristiche definite nella sua etichettatura e nelle sue istruzioni d’uso;
• Garantire la qualità e la compatibilità dei DM con i requisiti legislativi e
normativi;
• Acquisire le schede tecniche e/o le istruzioni d’uso di tutti i DM e apparecchiature
per determinare le modalità di trattamento;
• Acquisire schede tecniche e di sicurezza dei prodotti chimici;
• Fornire la lista dettagliata dei DM per ogni kit;
• Regolamentare, verificare e controllare i DM non di proprietà dell’Azienda ed
introdotti per uso temporaneo (es. conto deposito, conto visione, sperimentazione
etc.);
• Assicurare che le procedure siano applicate;
• Responsabile di trattamento: è quella figura che, sulla base dei criteri forniti dal
responsabile di processo, organizza, gestisce e verifica le attività di trattamento
dei DM assicurando le condizioni previste per la loro destinazione d’uso.
Nelle strutture sanitarie, il Responsabile di trattamento potrebbe essere individuato nel
Coordinatore di centrale di sterilizzazione o di una Unità Operativa o nell’Infermiere addetto
alla sterilizzazione.
Ogni delega deve essere accettata e documentata.
Matrice delle responsabilità
La matrice delle responsabilità è una rappresentazione grafica che evidenzia in dettaglio i
singoli compiti assegnati a ciascuna figura coinvolta nella gestione di un sistema aziendale
complesso.
A titolo di esempio è riportata di seguito una matrice di responsabilità riguardante le attività
caratteristiche del processo di ricondizionamento di DMR.
• Gestire eventuali modifiche assicurandone l’efficacia e la registrazione;
• Registrare la documentazione delle convalide dei processi;
• Effettuare periodicamente il riesame del processo nell’ottica del miglioramento
continuo per assicurarne la continua idoneità, adeguatezza ed efficacia;
• Redigere e tenere aggiornato il fascicolo tecnico delle famiglie di kit da trattare;
42
Vedere paragrafo a pag. 112, “Fascicolo tecnico”
3
43
Tabella n. 3: Esempio di Matrice delle responsabilità
Figure/
Attività
Valutazione del
rischio**
Definizione
dei DM/ schede
tecniche***
Definizione dei
processi di
condizionamento
Progettazione dei
kit e dei set
Progettazione
e verifica delle
procedure
Applicazione
delle procedure
Verifica
convalide
Verifica
manutenzione
Direttore
Sanitario
o suo
Delegato
Coordinatore
InfermieriInfermiere
stico
addetto alla OTA/OSS
Centrale di sterilizzazione
sterilizzazione
Ingegneria
clinica/
Servizio
Tecnico
Coordinatore
Sala Operatoria/
Coordinatore
Strutture*
R
R
R
C
R
R
R
R
R
C
C
R
R
R
R
C
-
R
R
R
C
C
-
R
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C
-
-
R
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R
R
R
-
R
R
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C
-
R
R
R
R
C
-
R
R
CAPITOLO QUINTO
IL PROCESSO
DI RICONDIZIONAMENTO DEI DMR
Legenda: R = Responsabile, C = Coinvolto
*
**
***
Il coordinatore di una struttura o di un ambulatorio (sub-centrali) dove si utilizzano
DM ricondizionati o da ricondizionare.
Per valutazione del rischio, nel caso specifico si intende il rischio relativo alle
caratteristiche proprie del contesto definendo le procedure da adottare per il suo
contenimento (la valutazione del rischio è contesto-dipendente).
Il coordinatore di una struttura o di un ambulatorio dove si utilizzano DM deve
garantire la presenza della scheda tecnica correlata al DM che deve subire il
processo di ricondizionamento.
44
45
IL PROCESSO DI RICONDIZIONAMENTO DEI DMR
Lo scopo di questo documento è di fornire indicazioni, ritenute fondamentali e basate
sulla normativa nazionale ed internazionale vigente, che supportino i professionisti nello
svolgimento di tutte le fasi del processo di ricondizionamento dei DMR.
La buona pratica di sterilizzazione dei DMR si inserisce nel governo clinico e nella qualità
dell’assistenza; quest’ultima è un aspetto importante per i rapporti tra Azienda sanitaria
e assistiti, che devono basarsi su principi di trasparenza e garanzie, nonché sulla capacità
dell’Azienda di fornire prestazioni adeguate e di rendicontare sulle attività svolte. Ciò mira
a portare ad un clima incentrato sulla sicurezza dell’assistito, degli operatori e dell’Azienda
sanitaria.
La sterilizzazione è la fase del processo in cui si inattivano tutti i microrganismi vitali
(comprese le spore) rimasti presenti dopo il lavaggio e la disinfezione.
Generalità
Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) continuano a rappresentare un tema con notevole
impatto sanitario e sociale ad elevata percezione da parte dell’utenza.
La sterilizzazione rappresenta una pratica che necessita di standardizzazione dei processi,
di personale specializzato e di competenze gestionali peculiari per garantire la sicurezza del
processo.
Per ottenere ciò è fondamentale il lavoro in team con obiettivi condivisi e la chiara definizione
delle responsabilità degli operatori che lavorano in centrale di sterilizzazione.
Definendo la sterilizzazione come un processo che si compone di singole fasi (dalla
decontaminazione allo stoccaggio), è importante sottolineare la rilevanza di ogni passaggio:
è sufficiente non garantire una sola di queste fasi per compromettere l’intero processo ed
esporre a potenziali rischi il paziente, l’operatore, l’Azienda.
Il processo di ricondizionamento dei DMR è l'insieme delle attività necessarie all'abbattimento
della carica microbica presente su un dispositivo dopo il suo utilizzo fino al raggiungimento
delle condizioni di sterilità richieste per l'utilizzo successivo.
Tale processo è svolto in molteplici realtà sanitarie pubbliche e private: nelle centrali di
sterilizzazione, nelle sub centrali inserite nei blocchi operatori, negli ambulatori e/o centri
polispecialistici pubblici e privati, nelle centrali di sterilizzazione delle industrie che
forniscono DMR sterili, etc.
I DMR, oggetto del processo di sterilizzazione, sono spesso caratterizzati da notevoli
differenze in termini di geometria, materiali, struttura, resistenza al ricondizionamento,
grado di contaminazione iniziale e livello di ricondizionamento per l'utilizzo previsto.
Un DMR è considerato sterile quando è privo di microrganismi vitali. Le norme europee
richiedono per i DM sterili, che il rischio di contaminazione microbiologica sia ridotto al
minimo utilizzando tutti i mezzi pratici disponibili.
Nonostante sottoposti al lavaggio e alla disinfezione, i DM possono, prima della
sterilizzazione, essere veicolo di microrganismi.
Lo scopo del processo di sterilizzazione è quello di rendere inattivi i contaminanti
microbiologici e quindi di trasformare in sterili i DMR che non lo sono.
La norma tecnica UNI EN 556-1, tuttavia, stabilisce che per dichiarare un prodotto sterile è
sufficiente la probabilità di reperire un microrganismo sopravvivente all’interno di un lotto
di sterilizzazione inferiore a 10-6 (Sterility Assurance Level - SAL 10-6): “Un DM può essere
considerato sterile solo quando sia possibile dimostrare (attraverso la tracciabilità) che è
stato sottoposto ad un processo convalidato che garantisca la suddetta efficacia”.
Il processo di sterilizzazione è il tipico esempio di “processo speciale” in quanto è un
processo di produzione per il quale non è possibile verificarne il risultato con una successiva
ispezione del prodotto.
Per questa ragione le apparecchiature utilizzate per ogni fase del processo devono essere
convalidate prima dell’utilizzo e controllate regolarmente, così come il processo stesso in
ogni suo singolo passaggio.
La scelta del metodo di sterilizzazione avviene tenendo conto delle indicazioni del fabbricante
del dispositivo da processare e/o del fabbricante della sterilizzatrice, le indicazioni devono
riguardare la scelta del metodo, la temperatura e la possibilità di riprocessare il DMR.
Pertanto è imperativo esigere la scheda tecnica di accompagnamento del dispositivo medico
prima di sottoporlo al processo di sterilizzazione.
Per tali motivi il processo di ricondizionamento risulta molto complesso e necessita di
competenze specifiche che siano in grado di individuare, tra i vari metodi di trattamento,
quello più corretto in vista del risultato atteso.
46
47
Metodi e sistemi di sterilizzazione
Secondo la direttiva 93/42/CE, recepita in Italia con il D.Lgs 46/97 e con l'integrazione della
successiva direttiva 2007/47/CE, recepita con il D.Lgs 25 Gennaio 2010, n. 37, i Dispositivi
Medici devono essere progettati, fabbricati e confezionati in modo da:
• Non compromettere lo stato clinico o la sicurezza dei pazienti, utilizzatori o altri;
• Rispondere allo “stato dell’arte”;
• Fornire le prestazioni funzionali previste;
• Mantenere le caratteristiche e prestazioni invariate durante il ciclo di vita;
• Mostrare il grado di rischio/incidenza di possibili effetti indesiderati accettabile
in rapporto alle prestazioni previste.
Il decreto sopraccitato si rivolge ai produttori di dispositivi medici e agli utilizzatori. I processi
di sterilizzazione, che avvengono nelle strutture sanitarie sia pubbliche sia private, sono a
tutti gli effetti dei processi produttivi di forme sterili e, anche se questa produzione non viene
immessa nel mercato unico, è soggetta a garantire degli standard minimi di sicurezza che
hanno l’obiettivo di proteggere la salute e la sicurezza dei pazienti e degli utilizzatori.
Tra i metodi/sistemi di sterilizzazione comunemente utilizzati in ambito sanitario ricordiamo:
L'effetto letale del vapore saturo è rappresentato da idrolisi e denaturazione, le quali alterano
le strutture macromolecolari dei microrganismi.
L'inattivazione termica si ottiene per l'azione del calore sui vari siti bersaglio dei
microrganismi, quali la membrana esterna, la membrana citoplasmatica, le proteine e gli
acidi nucleici.
Le apparecchiature impiegate sono sterilizzatrici a vapore (autoclavi) dotate di una camera
a perfetta tenuta, resistente alle alte pressioni, dotata di una pompa aspirante che effettua
ripetuti vuoti intervallati da immissione di vapore (vuoto frazionato), consentendo un’efficace
rimozione di aria dalla camera della sterilizzatrice.
Il mezzo utilizzato che assicura l’efficacia del processo è il vapore saturo (senza aria,
senza gas incondensabili e impurità chimico-fisiche) sotto pressione che, mantenuto per
un determinato tempo e ad una certa temperatura sul dispositivo sottoposto al processo,
permette di ottenere la distruzione delle proteine batteriche.
La presenza di bolle d’aria non permette il contatto del vapore con la superficie del DM da
trattare inficiando il risultato del processo.
Il vapore utilizzato dall’autoclave deve avere caratteristiche di qualità specificate dalla
normativa UNI EN 285-1, sia se fornito da una centrale termica, sia se generato direttamente
dall’apparecchiatura.
• Sterilizzazione con vapore saturo (pag. 48);
Autoclavi/sterilizzatrici
• Sterilizzazione con Perossido di Idrogeno (pag. 56);
Le sterilizzatrici a vapore o autoclavi sono suddivise, in base alla loro capacità di carico, in
grandi e piccole autoclavi.
• Sterilizzazione con Ossido di Etilene (pag. 54);
• Sterilizzazione mediante soluzioni di Acido Peracetico (pag. 57).
Qualsiasi metodo o sistema di sterilizzazione utilizzato può essere efficace solo se i
dispositivi/materiali sono stati correttamente preparati (Capitolo Sesto).
Sterilizzazione con vapore saturo
Le autoclavi “grandi” sono di dimensioni pari o superiori a 1 unità di sterilizzazione (US:
parallelepipedo cm 30 x 30 x 60), le “piccole” sono autoclavi con capacità di carico inferiore
a un’unità di sterilizzazione, cioè non in grado di accogliere un modulo con volume di
camera pari o superiore a 60 litri.
Le autoclavi a più di un’unità di sterilizzazione e rispondenti alla norma UNI EN 285-1
generalmente funzionano secondo il principio del vuoto frazionato. Schematicamente il
funzionamento si può così sintetizzare:
Generalità
La sterilizzazione con vapore saturo all’interno delle strutture sanitarie, sia pubbliche sia private,
rappresenta il metodo di sterilizzazione più utilizzato in quanto consente il ricondizionamento
della maggior parte dei dispositivi medici. La precisione dei sistemi di controllo, la ragionevole
economicità del metodo, la possibilità di monitorare il processo in ogni sua fase, hanno reso
questa metodologia sempre più sicura e di relativa semplicità nella sua applicazione quotidiana.
48
• Fase dell’omogeneizzazione: ha lo scopo di rimuovere l’aria presente nel carico e
consiste in una alternanza di depressioni controllate (vuoti), fornite da una pompa
per l’estrazione dell’aria dalla camera di sterilizzazione e da pressurizzazioni
controllate (iniezione vapore), che hanno lo scopo di saturare il carico con il vapore;
49
• Fase di sterilizzazione: tale fase inizia con il raggiungimento della temperatura
e della pressione desiderate e mantenute per un determinato periodo di tempo
preimpostato. La temperatura di sterilizzazione normalmente impiegata è di 134
°C alla pressione di 2.1 bar e di 121 °C alla pressione di 1.1 bar. Il tempo, come
esposizione minima dei dispositivi, risulta essere dai 5 ai 7 minuti per il ciclo
a 134 °C (ciclo strumentario e teleria) e dai 15 ai 20 minuti per il ciclo a 121
°C (ciclo gomma). Sono previsti tempi diversi per i cicli speciali per Antrace e
Prioni (paragrafo "Indicazioni speciali", pag. 51);
• Fase dell’asciugatura: in questa fase viene estratto il vapore presente in camera
di sterilizzazione e ha lo scopo di asciugare il carico processato. Terminata
la fase di asciugatura, l’apparecchiatura procede a ristabilire la pressione
atmosferica, introducendo aria sterile in modo da consentire l’apertura delle
porte dell’autoclave.
La Figura n. 3 rappresenta graficamente le tre fasi appena descritte.
Figura n. 3: Grafico fasi ciclo sterilizzazione
Le autoclavi per la sterilizzazione a vapore di nuova generazione sono gestite da software,
con cicli già impostati e validati che vengono scelti dall’operatore in rapporto al tipo di
carico che si vuole eseguire e alla scheda tecnica del dispositivo da processare.
Le sterilizzatrici e le apparecchiature associate devono essere utilizzate esclusivamente per
sterilizzare il tipo di prodotti per cui sono state progettate; l’idoneità di una procedura di
sterilizzazione per un particolare prodotto deve essere verificata tramite convalida.
I requisiti per la convalida e il controllo sistematico della sterilizzazione sono quelli codificati
nella norma UNI EN ISO 17665 parte 1.
È quindi di fondamentale importanza attenersi alle indicazioni del produttore per quanto
riguarda tipologie, peso e caratteristiche del materiale sterilizzabile con ciascun ciclo
convalidato.
Le varie tipologie di carico richiedono prestazioni di ciclo diverse tra loro e sono descritte
nella Tabella n. 4.
Tabella n. 4: Cicli di sterilizzazione e parametri di riferimento
Materiale confezionato
Temperatura °C
Tempo (minuti)
Pressione (bar)
Tessili, strumentario, vetrerie
Materiale in gomma, plastica,
vetreria
134
5/7
2.1
121
15/20
1.1
Ciclo antrace *
121
45
1.1
Ciclo prioni **
134
18
2.1
Pacco test BD
134
3.5
2.1
Helix test
134
3.5
2.1
*/** Vedere paragrafo successivo “Indicazioni speciali”
1. Rimozione dell’aria
Indicazioni speciali
2. Immissione del vapore
3. Raggiungimento della temperatura e penetrazione del vapore nel carico
4. Sterilizzazione
5. Asciugatura
6. Bilanciamento barico
50
Negli ultimi anni, con l’emergenza del bioterrorismo e con la necessità di far fronte a patogeni
non convenzionali come i prioni, risulta fondamentale dare indicazioni di massima sul
trattamento di materiali o DMR che non rispondono alle normali procedure di sterilizzazione
in uso abitualmente. Il Ministero della Salute fornisce indicazioni sui centri di riferimento
nazionale a cui rivolgersi per le procedure organizzative ed operative da attuarsi nei casi
specifici.
51
Il documento del Ministero della Salute Unità di Crisi, Prot. 400.3/120.33/4786 del
23/10/2001, definisce le procedure per la gestione di materiale potenzialmente contaminato
da spore di antrace. Nell’allegato n. 1, la flow chart indica i passaggi fondamentali per la
gestione al rinvenimento di materiale sospetto.
Il Bacillus Antracis è un germe Gram positivo, capsulato, sporigeno, estremamente resistente
in forma sporale all’azione di disinfettanti chimici e fisici.
Tra i metodi ritenuti efficaci per l’inattivazione della spora, il documento indica il trattamento
in autoclave a temperatura di 121 °C per 45 minuti. Il centro di riferimento è l’Istituto
Zooprofilattico Sperimentale di Foggia.
Il Prione è definito come un agente infettivo non convenzionale di natura proteica. Nell’uomo
le patologie da Prioni costituiscono un gruppo di rare malattie del sistema nervoso centrale
che includono la malattia di Creutzfeldt-Jacob (CJD), il Kuru, la Sindrome di GerstmannSträssler-Scheinker (GSS) e l’Insonnia Fatale Familiare (FFI).
Le Linee Guida della Regione Liguria sulla “Prevenzione della diffusione delle malattie
da Prioni in ambiente ospedaliero”, inserite nella DGR n. 778 del 19/07/2002, forniscono
una serie di raccomandazioni suddivise per paziente, procedure, personale, trattamento del
materiale a rischio, ambienti, rifiuti.
Le misure precauzionali raccomandate per la prevenzione della trasmissione delle malattie
da Prioni in ambiente ospedaliero sono complesse, ma non devono essere considerate
eccessive: esse riflettono lo stato attuale delle conoscenze e non possono essere disattese.
L’introduzione delle misure precauzionali dovrebbe portare ad un cambiamento delle
procedure in ospedale, almeno nei settori maggiormente a rischio, come la neurochirurgia
e la chirurgia oftalmica. Considerate le caratteristiche dell’agente biologico, l’elevato
rischio di trasmissibilità da DMR con esso contaminato e la complessità delle procedure di
ricondizionamento, si consiglia di eliminare i DM utilizzati.
Piccole autoclavi
Le piccole autoclavi (capacità di carico inferiore ad 1 US) generano vapore per mezzo di
riscaldatori elettrici o utilizzano vapore generato da un sistema esterno. I requisiti tecnici
generali sono elencati nella norma UNI EN 13060 e sono simili a quelli richiesti per le
grandi autoclavi. Le piccole autoclavi sono molto diffuse sul mercato ed hanno una vasta
gamma di impieghi, sia in ambito sanitario, prevalentemente odontoiatrico, sia in ambito
estetico (centri tatuaggio, piercing, centri estetici, etc.).
La Tabella n. 5 mostra le differenze tra le diverse autoclavi/cicli previsti.
Tabella n. 5: Tipi di sterilizzatrici autoclavi/cicli previsti
Sebbene “per gli interventi su cervello, midollo o occhio e puntura lombare su pazienti
con CJD accertata o sospetta, deve essere utilizzato materiale a perdere che deve essere
immediatamente allontanato dopo l’uso come rifiuto sanitario pericoloso e incenerito”,
la flow chart relativa alla sequenza delle procedure raccomandate per il trattamento dei
dispositivi riutilizzabili potenzialmente contaminati da Prioni, indica:
B
N
• Una fase di decontaminazione da attuarsi con Idrossido di Sodio 1M,
S
• Una fase di lavaggio (preferibilmente automatizzato),
52
Big small sterilizer (grande piccola sterilizzatrice), tipologia utilizzata in ambito
sanitario
Tutte le tipologie di carico descritte nella norma come carichi di prova:
prodotti solidi, cavi e porosi sfusi o confezionati
Naked solid (solidi sfusi)
Sterilizzazione di prodotti solidi non confezionati
Specified by de manufacturer
(specificati dal produttore)
Solo le tipologie di prodotti specificati dal produttore della sterilizzatrice che
devono includere oltre ai prodotti solidi sfusi almeno una fra: “carico poroso”,
“piccolo carico poroso”, “carico cavo di tipo A”, “carico cavo di tipo B”,
carico in confezione singola e “carico in confezione doppia”
La normativa EN 13060 stabilisce le categorie di carico in base alla difficoltà d’esposizione al vapore saturo. Tra le categorie vengono
individuati i corpi cavi ovvero materiali o dispositivi con cavità, ostruzioni, etc. Questi vengono suddivisi in due classi definite attraverso una precisa descrizione di rapporto fra lunghezza e diametro:
•
Carico cavo di tipo A: dispositivi con spazi cavi, lumi molto fini e di profondità ragguardevoli quali ad es. manipoli, turbine
e dispositivi con fori ciechi o di piccole dimensioni;
•
Carico cavo di tipo B: dispositivi con spazi cavi grandi e corti quali ad es. capsule/scodelle per contenere antisettici, cannule
per chirurgia e tubi con passaggi considerevoli e larghi.4
• La fase di sterilizzazione in autoclave a vuoto frazionato con ciclo a 134 °C per
18 minuti oppure 6 cicli ripetuti consecutivamente a 134 °C per 3,5 minuti.
Il documento stabilisce che tutto il materiale contaminato da Prioni deve essere rigorosamente
tenuto separato dal resto durante la fase di immersione nell’idrossido, nella fase del lavaggio
e nella fase di sterilizzazione. Prevede inoltre che al termine della procedura di sterilizzazione
con le modalità sopradescritte, si rimettano i dispositivi nel circuito dello “strumentario
sporco”, si preveda cioè di ritrattare i dispositivi secondo le procedure di routine (lavaggio,
confezionamento, sterilizzazione). È fondamentale accertare che i DM siano resistenti alle
condizioni di trattamento sopraindicate, i fabbricanti dei dispositivi devono fornire adeguate
informazioni al riguardo.
USO PREVISTO:
tipologia del carico sterilizzabile
TIPO DI CICLO STERILIZZATRICE
Differenza tra carichi cavi A e carichi cavi B: secondo la definizione della EN 13060 i carichi cavi A sono costituiti da dispositivi
dotati di una cavità aperta da un solo lato dove il rapporto fra la lunghezza e il diametro della cavità è ≥ 1 e ≤ 750 (1= L/D =
750) e dove la lunghezza della cavità è non più grande di 1500 mm (L =1500 mm); oppure dispositivi dotati di una cavità aperta
da entrambe le estremità dove il rapporto fra la lunghezza e il diametro della cavità è ≥ 2 e ≤ 1500 mm (2= L/D = 1500) e dove
la lunghezza della cavità non è più grande di 3000 mm (L = 3000 mm). I carichi cavi B invece, sono costituiti da dispositivi dotati
di una cavità aperta da un solo lato dove il rapporto fra la lunghezza e il diametro della cavità è ≥ 1 e ≤ 5 (1= L/D = 5) e dove il
diametro della cavità è ≥ 5 (D = 5 mm); oppure dispositivi dotati di una cavità aperta da entrambe le estremità dove il rapporto fra
la lunghezza e il diametro della cavità è ≥ 2 e ≤ 10 mm (2= L/D = 10) e dove il diametro della cavità è ≥ 5 (D = 5 mm).
4
53
Sterilizzazione con Ossido di Etilene
Lʼutilizzo di tale metodica di sterilizzazione è riservato a dispositivi termolabili e a materiali
compatibili secondo le indicazioni del fabbricante dei DM.
LʼOssido di Etilene (EtO) è un gas infiammabile, incolore, tossico, altamente reattivo e
potenzialmente esplosivo. I vapori di EtO sono irritanti per l'apparato respiratorio, occhi e
mucose, ed è una sostanza dotata di capacità mutagene/cancerogene.
Per tali motivazioni, la sterilizzazione con EtO si può eseguire solo in ambienti con
caratteristiche specifiche (Circolare Ministeriale n.56 del 1983) e a cura di personale
specificatamente formato ed addestrato, in possesso di una particolare patente per la
manipolazione dei gas tossici.
La sterilizzazione ad Ossido di Etilene è una metodica che viene di prassi esternalizzata. La
norma tecnica UNI EN 1422:2000 (Sterilizzatrici per uso medico-Sterilizzatrici ad Ossido
di Etilene - requisiti e metodi di prova, attualmente aggiornata all'edizione 2009), che
sostituisce la UNI UN 550 del 1996, ha definito i criteri per la convalida, che comprende un
programma di accettazione in servizio e di qualificazione di prestazione.
Fasi del processo di sterilizzazione a EtO
Il processo avviene in specifiche sterilizzatrici di diversa capacità, i parametri monitorati
durante il processo sono: la concentrazione del gas, il tempo, la temperatura e l'umidità.
Il meccanismo d'azione dell'EtO è rappresentato dalla penetrazione, all'interno del
microrganismo, del gas che reagisce chimicamente con le proteine microbiche mediante
un processo di alchilazione dei gruppi polari. I parametri che caratterizzano il processo di
sterilizzazione (tempo di esposizione, temperatura, pressione, concentrazione del gas, umidità
relativa, tempi e modalità di aerazione) sono quelli definiti dalla UNI EN ISO 11135-1:2008
che sostituisce la UNI EN 550, essi devono essere controllati in fase di convalida.
Le fasi sono normalmente regolate da cicli automatici di:
• Eliminazione dell'aria,
• Umidificazione,
• Raggiungimento della temperatura,
• Iniezione del gas,
• Tempo, temperatura e concentrazione gas stabiliti,
• Eliminazione gas.
Lʼefficacia del processo è influenzata dalla condizione di pulizia del dispositivo, dalle
condizioni di partenza di umidità e temperatura dei dispositivi prima dell'introduzione
nella sterilizzatrice e dal tipo di confezionamento utilizzato. Data la tossicità del EtO, è
indispensabile che, alla fine del ciclo di sterilizzazione, il dispositivo sia sottoposto ad un
trattamento di degasaggio e aerazione al di fuori della sterilizzatrice (UNI EN ISO 10993-7)
in modo che si possano eliminare i residui tossici (EtO e cloridrina etilenica) e che si possa
rendere utilizzabile il dispositivo sul paziente in accordo con i criteri che definiscono i residui
massimi consentiti.5
Responsabilità del processo: Azienda Sanitaria committente e Azienda
appaltatrice della sterilizzazione a EtO
LʼAzienda Sanitaria che fruisce del servizio deve:
• Individuare i DM da sottoporre al trattamento con Ossido di Etilene;
•Eseguire le fasi dalla preparazione del materiale alla sterilizzazione e
garantirne la tracciabilità (decontaminazione, lavaggio, asciugatura, controllo e
confezionamento);
• Provvedere all’invio del materiale da sottoporre a sterilizzazione;
• Verificare, a processo avvenuto, la documentazione rilasciata relativa al
trattamento con EtO e il corretto viraggio degli indicatori di processo;
• Stoccare il materiale sterile.
La ditta appaltatrice deve:
• Rispettare la normativa vigente riguardo il corretto funzionamento delle
apparecchiature utilizzate in modo da garantirne la qualità del risultato del processo;
• Garantire l'efficacia dei cicli di sterilizzazione;
• Assicurare le periodiche valutazioni che garantiscono il corretto degasaggio dei
dispositivi trattati;
• Garantire la rintracciabilità del processo dei DMR trattati;
• Provvedere al corretto trasporto con relativa documentazione.
Riguardo la responsabilità di un servizio di sterilizzazione affidato ad un ente esterno vedere
il Capitolo Dodicesimo: “Outsourcing”.
5
La Circolare 56/83 indica come non eseguibile la risterilizzazione dei dispositivi processati in precedenza a raggi gamma, in
quanto nel processo di risterilizzazione si formerebbe l'etilenclorina in quantità tossiche.
54
55
Sterilizzazione con Perossido di Idrogeno
Il Perossido di Idrogeno nella sterilizzazione può essere utilizzato sotto forma di gas plasma o
di vapore. La sterilizzazione con Perossido di Idrogeno si può applicare ai DMR termolabili
e compatibili, secondo le dichiarazioni del fabbricante.
Con questo metodo possono essere trattati i dispositivi costituiti da materiali plastici, metalli,
fibre ottiche, componenti elettroniche e strumenti molto delicati (microchirurgia). Viceversa
non possono essere trattati i dispositivi in grado di assorbire il Perossido quali ad esempio,
la cellulosa (carta e teleria), i liquidi e le polveri.
Il metodo si applica con l'utilizzo di sterilizzatrici che sono composte da una camera di
sterilizzazione di dimensioni variabili e la pompa del vuoto che può essere ad acqua o ad olio.
Il ciclo è gestito da un microprocessore che controlla tutti i parametri fisici stabiliti (tempo,
temperatura, pressione e potenza della radiofrequenza, quest'ultimo solo nelle sterilizzatrici
a gas plasma). Il meccanismo d'azione dell'agente sterilizzante si basa sull'applicazione di
Perossido di Idrogeno allo stato gassoso che, sottoposto all'azione di un campo energetico,
viene portato allo stato di plasma.
Il processo determina la formazione di particelle altamente reattive (radicali liberi) che
hanno una forte capacità germicida in grado di danneggiare le membrane cellulari dei
microrganismi.
I parametri critici di questo metodo di sterilizzazione sono: concentrazione dell'agente
sterilizzante, tempo di contatto, tipologia della radiofrequenza, temperatura.
Le relazioni tra questi parametri devono essere valutate in fase di convalida e si deve
applicare la norma UNI EN ISO 14937:2009 (generalità per lo sviluppo e la caratterizzazione
di un agente sterilizzante; validazione e verifica periodica di un processo di sterilizzazione;
standard che si applica a processi di sterilizzazione nei quali i microrganismi sono inattivati
mediante agenti di tipo fisico e/o chimico).
I controlli con indicatori biologici devono essere eseguiti con modalità e periodicità definite
all'interno delle procedure aziendali.
I vantaggi che questo metodo offre sono:
• La possibilità di ottenere la sterilizzazione a basse temperature (da 40 °C a 55 °C),
• La possibilità di utilizzo immediato dei dispositivi dopo il trattamento in quanto,
al termine del processo, essi risultano freddi,
• Il rilascio di un prodotto sicuro per gli utilizzatori, i pazienti e l'ambiente.
56
Tra i principali svantaggi ricordiamo:
• L'impossibilità di utilizzare sistemi di confezionamento in cellulosa pertanto
devono essere utilizzati buste/rotoli in Tyvek o container dedicati,
• Non sono utilizzabili i contenitori standard per i quali non possa essere garantita
la propagazione dell'agente sterilizzante,
• Una particolare attenzione va posta all'asciugatura dei dispositivi prima del
loro confezionamento in quanto la presenza di umidità del carico è causa del
fallimento del ciclo,
•Nonostante esistano dei particolari adattatori/diffusori che migliorano la
penetrazione dell'agente sterilizzante, esistono importanti limitazioni per i
dispositivi caratterizzati da lumi particolarmente ridotti e con una rilevante
lunghezza (fare riferimento alle indicazioni fornite nel manuale d’uso dell’apparecchiatura),
• Gli indicatori chimici di processo per distinguere i dispositivi trattati da quelli
non trattati, devono essere specifici per questo sistema,
• Le check list e le etichette per la tracciabilità del prodotto, generalmente in
cellulosa, non possono essere applicate prima della sterilizzazione, si consiglia
di applicarle al termine del processo.
Sterilizzazione mediante soluzioni di Acido Peracetico
L'Acido Peracetico è un perossiacido organico incolore, odore pungente e un pH basso
composto da una miscela di Acido Acetico e Perossido di Idrogeno in soluzione acquosa.
La concentrazione utilizzata, in un sistema chiuso, è allo 0,2%, con una temperatura di 50/56 °C.
Essendo una sostanza che può presentare, se non diluita, tossicità per gli operatori esposti,
il metodo viene utilizzato mediante un'apparecchiatura a circuito chiuso al fine di prevenire
eventuali contaminazioni dell'ambiente di lavoro. Questo tipo di apparecchiatura garantisce
il corretto svolgimento del ciclo di sterilizzazione e il mantenimento dei parametri impostati.
L'Acido Peracetico è un potente agente ossidante. Questa caratteristica gli consente di avere
proprietà antimicrobiche anche a minime concentrazioni. I prodotti di degradazione, inoltre,
non sono tossici e si dissolvono facilmente in acqua.
La sterilizzazione mediante soluzioni di Acido Peracetico permette una processazione
rapida, a bassa temperatura, indicata per i dispositivi totalmente immergibili e termolabili.
Questo metodo, ad esempio, è elettivo per tutti gli strumenti utilizzati in campo endoscopico
(endoscopi flessibili) per i quali è richiesta la sterilizzazione tra un utilizzo l'altro.
57
Tra i vantaggi derivanti dall'utilizzo della sterilizzazione con Acido Peracetico ricordiamo:
• La possibilità di trattare dispositivi termolabili,
• La sicurezza per gli operatori e per i pazienti in quanto il processo si svolge in
un sistema chiuso.
Tra gli svantaggi ricordiamo:
• L’impossibilità di confezionamento dei dispositivi,
Inoltre, in base all'organizzazione interna della struttura, lo scontrino può essere utilizzato
come documentazione che attesti l'avvenuta sterilizzazione del dispositivo correlabile al
paziente sul quale è stato utilizzato.
Per la pulizia e la manutenzione di routine dell'apparecchiatura (sostituzione filtro acqua
sterile, filtro aria sterile, pre-filtri, sistema stampante) far riferimento al manuale d'uso e alle
procedure interne alla struttura.
I controlli con indicatori biologici dedicati devono essere eseguiti con modalità e periodicità
definite dal manuale d’uso e dalle procedure aziendali.
• Una particolare attenzione va posta al posizionamento dei materiali (soprattutto
quelli cavi) all'interno della camera, in modo da assicurare l'assenza di bolle
d'aria che impedirebbero il contatto con l'agente sterilizzante,
• Il processo deve essere svolto nelle immediate vicinanze rispetto al luogo di
utilizzo dei dispositivi trattati.
I parametri critici della sterilizzazione ad Acido Peracetico sono: concentrazione dell'agente
sterilizzante, tempo di contatto, temperatura della soluzione, pH della soluzione.
Le relazioni tra questi parametri devono essere valutate in fase di convalida e si deve applicare
la norma UNI EN ISO 14937: 2009 (generalità per lo sviluppo e la caratterizzazione di
un agente sterilizzante, validazione e verifica periodica di un processo di sterilizzazione,
standard che si applica a processi di sterilizzazione nei quali i microrganismi sono inattivati
mediante agenti di tipo fisico e/o chimico).
Per valutare l'efficacia dell'apparecchiatura sterilizzatrice, prima del suo utilizzo, deve essere
effettuato un ciclo diagnostico (a vuoto) che permette il controllo del sistema e del filtro
dell'acqua sterile.
Al termine del ciclo viene rilasciato uno stampato con la registrazione dei dati. Esso deve
essere conservato per documentare il buon funzionamento dell'apparecchiatura.
Ad ogni ciclo operativo è necessario utilizzare uno specifico indicatore chimico (strisce
viranti) all'interno della camera che serve a dimostrare la presenza delle condizioni chimico
fisiche ottimali per la sterilizzazione.
Lo scontrino (print-out) rilasciato ad ogni ciclo operativo e che riporta i parametri di
sterilizzazione, rappresenta il sistema di tracciabilità dei dispositivi trattati, deve essere
visionato e firmato dall'operatore che ha eseguito il ciclo.
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59
CAPITOLO SESTO
LE FASI DEL PROCESSO
DI STERILIZZAZIONE
60
61
LE FASI DEL PROCESSO DI STERILIZZAZIONE
Parole chiave: norma, normativa, rispetto del processo, prevenzione ICA
La Figura n. 5 mostra la flow chart del processo di sterilizzazione.
Figura n. 5: Flow chart del processo di sterilizzazione
Definendo la sterilizzazione come un processo che si compone di singole fasi (dalla
decontaminazione all’utilizzo, vedi Figura n. 4), è importante sottolineare la rilevanza di ogni
passaggio: non applicare o eseguire in modo non corretto una sola di queste fasi compromette
l’intero processo ed espone a potenziali rischi l’assistito, l’operatore e l’Azienda.
Figura n. 4: Le componenti del processo di sterilizzazione
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Raccolta e trasporto del materiale da processare
Decontaminazione
La raccolta e il trasporto del materiale da sterilizzare rappresentano il primo step nel
processo di sterilizzazione. In ambito sanitario il materiale utilizzato/contaminato deve
essere immediatamente immerso in un liquido decontaminante e trasportato in una zona/
area dedicata alle fasi successive. In base alle caratteristiche logistiche della struttura in cui
si opera, potranno essere elaborate ed adottate procedure specifiche allo scopo di assicurare
quanto indicato dal Decreto Ministeriale 28 Settembre 1990.
Modalità
Sia durante la raccolta sia durante il trasporto è necessario adottare tutti i dispositivi di
protezione individuale, come riportato nelle procedure aziendali ed in osservanza delle
indicazioni di legge.
NB: La Direttiva CEE 42 del 14 Giugno 1993 recepita con D.Lgs 46\97 e successive
modifiche (Secondo la direttiva 93/42/CE, recepita in Italia con il D.Lgs 46/97 e con
l'integrazione della successiva direttiva 2007/47/CE, recepita con il D.Lgs 25 Gennaio 2010,
n. 37), concernente i dispositivi medici NON PREVEDE il reprocessing o la risterilizzazione
del materiale monouso.
A tale proposito si ricorda la Circolare emessa dal Ministero della Salute il 1o Aprile 2005
che recita “sia per motivi tecnici che giuridici la pratica del riutilizzo del monouso non è
compatibile con il quadro normativo italiano”.
Tuttavia, recentemente, con il disposto normativo UNI CEI EN ISO 15223:2012 è stata
introdotta una nuova simbologia (Figura n. 7) atta ad indicare che il DM è utilizzabile una
sola volta e non risterilizzabile pertanto il simbolo della Figura n. 6 deve intendersi come
riutilizzabile se aperto accidentalmente o erroneamente e solo a condizione che il Produttore
definisca nella scheda tecnica la modalità di sterilizzazione ed il numero di volte massimo in
cui il DM può essere riprocessato. È comunque imperativo non ricondizionare un DM che
sia scaduto o che sia venuto a contatto con materiale organico.
Figura n. 6: Pittogramma che indica
DM monouso
Figura n. 7: Pittogramma che indica
DM monouso non risterilizzabile
La decontaminazione è una procedura finalizzata ad ottemperare quanto disposto dal DM
28/09/1990 ovvero le indicazioni individuate per il contenimento e la diffusione dell’HIV. Lo
scopo della decontaminazione è unicamente orientato alla tutela, intesa come prevenzione
ad esposizione ad agenti biologici, degli operatori.
La scelta del decontaminante da utilizzare deve tener conto della compatibilità del principio
attivo con i materiali dei DM da ricondizionare e deve essere documentata ed eseguita da
personale competente6.
La fase di decontaminazione deve essere effettuata in una zona dedicata e controllata7.
Ad oggi vengono distribuiti prodotti chimici su base schiumogena, certificati e normati,
che svolgono funzione di decontaminazione, equivalente o superiore a quella attribuibile
per immersione e conformi a quanto disposto dal D.Lgs 46/97, Allegato IX. 2.5 “se a un
dispositivo si applicano più regole, tenuto conto delle prestazioni che gli sono assegnate dal
fabbricante, si applicano le regole più rigorose che portano alla classificazione più elevata”.
Dato che per alcuni DMR (es. Strumenti assemblati o particolarmente complessi)
l’immersione nel decontaminante non è applicabile o non assicura un sufficiente grado di
protezione dell’operatore e poiché si sono acquisite maggiori conoscenze scientifiche e
tecnologiche (apparecchiature e DPI), è possibile, mediante l’analisi dei rischi8, evitare la fase
di decontaminazione applicando procedure che permettano una protezione dell’operatore
equivalente o superiore a quella ottenibile con una fase di decontaminazione9.
La decontaminazione può avvenire secondo due modalità: automatica e manuale.
È preferibile effettuarla in modalità automatica, opportunamente certificata e attestabile.
La decontaminazione manuale deve avvenire in contenitori adeguati allo scopo o in vasche
dedicate.
Attenersi alle indicazioni fornite dal fabbricante del DM da trattare (vedere UNI EN ISO 17664)
Vedi Capitolo Primo “Requisiti strutturali”
D.Lgs 81/08
9
Il Decreto Ministeriale 28 Settembre 1990 prevede che “i presidi riutilizzabili devono, dopo l’utilizzo, essere immediatamente immersi in un disinfettante chimico di riconosciuta efficacia sull’HIV prima delle operazioni di smontaggio o pulizia, da
effettuare come preparazione per la sterilizzazione”
6
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I DMR devono essere contenuti in griglie estraibili completamente immerse nella
soluzione preparata che deve essere a bassa tossicità, pur mantenendo l’efficacia sui virus,
non schiumogena, non aggressiva verso lo strumentario chirurgico, stabile in presenza di
materiale organico, facilmente asportabile durante le fasi successive di pulizia.
Anche i DM nuovi devono essere detersi prima di essere sottoposti al processo di
sterilizzazione per rimuovere i residui di lubrificante e/o altre sostanze utilizzate nella
produzione degli stessi poiché, al pari del bioburden, tali residui, anche se presenti in tracce,
ostacolano il contatto tra l’agente sterilizzante e il substrato.
L’operatore, dotato dei DPI previsti, si attiene alle indicazioni del produttore per quanto
riguarda la preparazione della soluzione, l’utilizzo e la durata della fase di immersione.
Trascorso il tempo di contatto si estrae la griglia/gli strumenti dalla soluzione, si risciacquano
i DMR con acqua corrente, eliminando residui organici e chimici. Solo dopo questi passaggi
preliminari si può procedere allo smontaggio dei dispositivi smontabili, e proseguire con la
fase successiva di lavaggio. La soluzione decontaminante, se non visibilmente sporca, può
essere utilizzata più volte (seguire le indicazioni del produttore e le procedure aziendali di
riferimento)10.
È importante che le operazioni di lavaggio abbiano luogo in una zona/spazio dedicato,
attrezzato e lontano dall’area dedicata al confezionamento; l’operatore deve sempre
indossare DPI adeguati.
Attività di controllo e verifica
Il lavaggio automatico, secondo la norma EN ISO 15883, “è da preferire a quello manuale
in quanto garantisce standardizzazione, riproducibilità del ciclo (ciclo convalidato),
tracciabilità del processo e riduce l’esposizione al rischio biologico per gli operatori”.
Attività di controllo e verifica da applicare alla decontaminazione manuale:
• Scadenza del flacone del decontaminante: verificare ogni volta che si prepara la
soluzione;
• Preparazione della soluzione: annotare la data e verificarla ogni volta prima di
introdurre i DMR;
• Presenza di residui organici visibili: controllare che siano assenti nella soluzione
prima di immergere i DMR;
• Idoneità dei contenitori utilizzati per la decontaminazione mediante ispezione
visiva.
Lavaggio
Il lavaggio di un DMR costituisce un prerequisito essenziale per un’efficace azione nelle
fasi successive di sterilizzazione. La presenza di materiale organico sui DMR impedisce
il contatto tra agente sterilizzante e superfici e ne riduce pertanto l’attività e l’efficacia. Il
risultato di una buona azione di lavaggio porta a una riduzione quali - quantitativa della
contaminazione microbica (bioburden), condizione irrinunciabile per un buon processo di
sterilizzazione.
Il lavaggio può avvenire in due modalità:
•Automatico;
• Manuale.
Prima dell’attività di lavaggio occorre:
• Aprire gli strumenti;
• Smontare gli strumenti composti da più parti;
• Assicurarsi che le estremità delle strutture cave siano pervie.
Disporre gli strumenti in modo da assicurare l’efficacia dell’azione detergente.
Lavaggio automatico
Gli apparecchi di lavaggio utilizzati devono avere un sistema di controllo automatico di tutte
le fasi del processo, con allarmi e blocchi dell’impianto in caso di non conformità o guasto.
Devono avere preferibilmente un sistema di registrazione dei parametri caratteristici delle
singole fasi del processo per dimostrare la conformità del ciclo convalidato ovvero, dosaggio
dei prodotti chimici utilizzati, tempi e temperature.
Il lavaggio automatico utilizza apparecchiature con programmi standardizzati, ripetibili e
quindi convalidabili.
Un programma tipo di lavaggio è costituito dalle seguenti fasi:
10
Indipendentemente dalla modalità scelta (automatica o manuale) è importante ricordare che tutti gli strumenti potenzialmente
pericolosi (taglienti, appuntiti, ecc) vanno posizionati con estremità rivolte verso il basso, non devono essere mai smontati ma,
posizionati nelle griglie senza ulteriori manipolazioni.
66
• Prelavaggio con acqua fredda (max 40 °C);
• Lavaggio con acqua calda e detergente;
67
L’operatore deve verificare:
• Neutralizzazione (se necessaria);
• Risciacquo;
• Data di scadenza del prodotto chimico: ogni volta che si cambia il contenitore;
• Disinfezione;
• Efficacia di pulizia (UNI EN ISO 15883-1, punto 6.10.3): quotidianamente;
• Asciugatura (se prevista).
• Parametri del ciclo: al termine di ogni ciclo prima del rilascio del DM;
La metodica di lavaggio automatico assicura un’omogenea rimozione dello sporco grazie
all’uso di una concentrazione di soluzione detergente costante, a condizione però che il
caricamento venga effettuato senza zone d’ombra (non sovrapposto).
A seconda del tipo di materiale possono essere impostati diversi cicli di lavaggio, assicurando
che i prodotti trattati abbiano un bioburden compatibile con il metodo di sterilizzazione.
Ai fini di ottenere una buona qualità del lavaggio occorre inoltre presidiare:
• Le caratteristiche dell’acqua di lavaggio;
• Le indicazioni del fabbricante, la qualità e i dosaggi dei prodotti detergenti;
• Il controllo dell’azione meccanica e un’accurata manutenzione delle componenti
interne della macchina (giranti e irrigatori);
• La verifica (automatica) dei parametri ad ogni ciclo;
• Il corretto caricamento e posizionamento degli strumenti (aperti e non sovrapposti);
• La pulizia degli strumenti cavi, che devono essere lavati al loro interno attraverso
un pre-trattamento manuale (pistole ad acqua), e scovolinatura, trattamento ad
ultrasuoni o appositi carrelli attrezzati.
Attività di controllo e verifica
La UNI EN ISO 15883-1 raccomanda una serie di prove di seguito indicate.
La periodicità riportata è quella indicata dalla norma, tuttavia programmi individuali di
prove periodiche possono essere ridotti sulla base di un’analisi dei rischi11 tenendo conto
delle condizioni, dell’affidabilità e dei sistemi di monitoraggio dell’apparecchio di lavaggio
e disinfezione.
11
L’analisi dei rischi in questo documento, se non diversamente specificato, è inteso contestualizzato ai Dispositivi Medici con riferimento specifico alla norma europea UNI CEI EN ISO 14971 (edizione Luglio 2012) - Gestione dei rischi per i dispositivi medici.
68
• Giranti di lavaggio: ad ogni ciclo di lavaggio verificare il libero movimento delle
giranti di lavaggio;
• Umidità residua (UNI EN ISO 15883-1, punto 6.12): trimestralmente se l’apparecchiatura è provvista di un ciclo di asciugatura.
I controlli tecnici consistono nel verificare:
• Efficacia di pulizia (UNI EN ISO 15883-1, punto 6.10.2): trimestrale;
• Termometrica su carico (UNI EN ISO 15883-1, punto 6.8.2): trimestrale;
• Sportelli e blocchi di sicurezza (UNI EN ISO 15883-1, punti 6.3.1, 6.3.3 e 6.3.4):
trimestrale;
• Dosaggio dei prodotti chimici (UNI EN ISO 15883-1, punti 6.9.1 e 6.9.2): trimestrale e ogni volta che si cambia tipo di prodotto chimico;
• Taratura della strumentazione presente sull’apparecchio di lavaggio e disinfezione
(UNI EN ISO 15883-1, punto 6.6.1): trimestrale;
• Controllo delle giranti di lavaggio: trimestrale;
• Residui chimici (UNI EN ISO 15883-1, punto 6.10.4): annualmente;
• Qualifica di prestazione (UNI EN ISO 15883-1 e UNI EN ISO 15883-2): almeno
annualmente.
Lavaggio manuale
Condizioni di applicabilità del lavaggio manuale
La procedura per la pulizia manuale può essere applicata alle seguenti condizioni:
1. Se si dispone di un lavello a due vasche, una delle due deve essere riservata
alla preparazione della soluzione detergente. In caso contrario utilizzare un
contenitore dedicato;
2. Preparare per il lavaggio una soluzione detergente a base di tensioattivo
69
enzimatico o plurienzimatico, rispettando sempre le indicazioni del fabbricante
in merito a concentrazione, temperatura e tempo di azione;
3. Immergere in questa soluzione il materiale decontaminato, smontato e aperto
affinché il detergente venga a contatto con tutte le parti (la soluzione detergente
deve essere sostituita ogni 24 ore e/o tutte le volte che si presenta visibilmente
sporca e/o seguendo le indicazioni riportate in etichetta);
4. Dopo la fase di immersione, gli strumenti devono essere spazzolati, utilizzando
accessori dedicati e idonei per composizione e forma (spazzolini di setola
morbida/scovolini). Particolare attenzione deve essere posta a quegli strumenti
che presentano incastri e zigrinature. In caso di strumentario cavo, irrigare con la
soluzione detergente l’interno del lume (con siringhe);
5. Il risciacquo deve essere abbondante per eliminare tutti i residui organici
e chimici e può essere eseguito con acqua corrente (è utile utilizzare l'acqua
demineralizzata nell'ultimo risciacquo), per gli strumenti cavi utilizzare pistole
ad acqua e siringhe;
6. È fondamentale asciugare immediatamente dopo il lavaggio, in quanto l’umidità
favorisce la crescita naturale dei microrganismi;
7. Tutti gli accessori utilizzati nella fase di lavaggio, se riutilizzabili, devono essere
lavati e sterilizzati onde evitare la contaminazione aggiuntiva dei materiali da
trattare.12
Attività di controllo e verifica
La periodicità raccomandata è quella riportata di seguito, tuttavia programmi individuali di
prove periodiche possono essere definiti sulla base dell’analisi dei rischi.
L’operatore deve verificare:
• Data di scadenza del prodotto chimico: ogni volta che si prepara la soluzione;
• Data di preparazione della soluzione detergente: ad ogni lavaggio dei DMR;
• Presenza di residui organici nella soluzione detergente: ad ogni lavaggio dei DMR;
• Funzionalità degli accessori per il lavaggio: mediante esame visivo.
Trattamento in vasca ad ultrasuoni
Il trattamento in vasca ad ultrasuoni è preventivo alla detersione manuale o automatica
dei DMR, in quanto permette il distacco dei residui organici dalle superfici difficilmente
raggiungibili.
Tale procedura non è alternativa al lavaggio: i DM sottoposti al lavaggio in vasca ad
ultrasuoni devono essere successivamente lavati per rimuovere i residui staccati in
precedenza.
Il lavaggio a ultrasuoni avviene attraverso un principio fisico chiamato cavitazione
ultrasonica, che consiste nella formazione di microbolle piene di gas all’interno di un liquido;
queste bolle, implodendo all’interno del liquido per aumento del loro volume, rilasciano
un’onda d’urto e producono un effetto simile alla spazzolatura meccanica. Tale principio
consente di staccare le incrostazioni più resistenti e anche di trattare gli strumenti delicati
(ad esempio strumentario per microchirurgia e odontoiatria) sostituendo l’azione manuale da
parte dell’operatore (che potrebbe causare rotture accidentali dei DM).
Solitamente il lavaggio a ultrasuoni avviene in apposite vasche (o macchine) riempite con
soluzione detergente proteolitica mantenuta a temperatura costante (tra i 40 e 50 °C), nelle
quali vengono immerse le griglie contenenti lo strumentario.
Per ottenere una buona qualità del lavaggio a ultrasuoni occorre presidiare:
• La concentrazione della soluzione detergente (indicazioni del produttore);
• La temperatura dell’acqua (indicazioni del produttore);
• La frequenza degli ultrasuoni (35 kHz);
• Il tempo di contatto (indicazioni del produttore);
• La corretta immersione (attenzione alle zone d’ombra).
La soluzione detergente può essere utilizzata più volte ma deve essere sostituita ogni
volta che risulta visibilmente sporca e comunque ogni 24 ore; è importante attenersi alle
indicazioni della scheda tecnica del prodotto utilizzato.
La vasca deve essere sanificata quotidianamente, seguendo le indicazioni del fabbricante.
12
Alcune tipologie di DMR particolari, ad esempio dispositivi a motore, non possono essere immersi né per la decontaminazione né per il lavaggio, in questi casi specifici far riferimento alla scheda tecnica del dispositivo e alle procedure aziendali.
70
71
Attività di controllo e verifica
L’operatore deve verificare:
La periodicità raccomandata è quella riportata di seguito tuttavia programmi individuali di
prove periodiche possono essere definiti sulla base dell’analisi dei rischi.
L’operatore deve verificare:
• Data di scadenza del prodotto chimico: ogni volta che si prepara la soluzione;
• Data di preparazione della soluzione: ad ogni lavaggio dei DMR;
• Presenza di residui organici nella soluzione: ad ogni lavaggio dei DMR.
I controlli consistono nel verificare almeno annualmente i parametri funzionali dell’apparecchiatura (temperatura, tempo e potenza ultrasonica).
Risciacquo
Dopo le procedure di lavaggio, manuale o a ultrasuoni, è fondamentale attuare un’operazione
di accurato risciacquo con acqua corrente, possibilmente demineralizzata, allo scopo di
rimuovere ogni traccia di detergente dal dispositivo medico.
Asciugatura
L’asciugatura è fondamentale in quanto la presenza di umidità sulla superficie dei dispositivi
medici favorisce la crescita naturale dei microrganismi e compromette il processo di
sterilizzazione.
Si precisa che le autoclavi sono in grado di asciugare la condensa generata durante la
fase di sterilizzazione, ma difficilmente quella presente all’avvio del ciclo derivante da
un’asciugatura non accurata.
Per l’asciugatura possono essere utilizzati:
• Panni di carta, TNT, tela a basso rilascio particellare;
• Pistole ad aria compresse (o siringhe) per asciugare gli strumenti cavi.
L’operatore deve indossare i DPI e proteggere la superficie di lavoro per prevenire la
contaminazione attraverso particelle aerosolizzate.
Attività di controllo e verifica
La periodicità raccomandata è quella riportata di seguito tuttavia programmi individuali di
prove periodiche possono essere definiti sulla base dell’analisi dei rischi.
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• Assenza di acqua residua su ogni DM trattato;
• Caratteristiche del panno/TNT/telo di asciugatura: ad ogni utilizzo.
I controlli tecnici consistono nel verificare:
• Efficienza dei filtri dell’impianto di aria compressa: ogni 6 mesi;
• Scadenza del filtro dell’aria compressa: secondo indicazione del fabbricante.
Controllo verifica e manutenzione del Dispositivo Medico
Dopo il processo di lavaggio ed asciugatura e prima del confezionamento, va sempre
controllata l’integrità e la funzionalità dello strumento che si sta sottoponendo a sterilizzazione.
I DMR devono essere sottoposti a ispezione visiva al fine di verificare:
• Pulizia, integrità, assenza di ruggine e corrosione per gli strumenti chirurgici;
• Assenza di eventuale materiale estraneo sulla teleria (per esempio aghi, tracce di
biadesivo, etc.).
Se si rileva un’anomalia (durante la verifica o in caso di segnalazione da parte degli operatori
della sala operatoria), lo strumento viene inviato al servizio di manutenzione e, se disponibile,
reintegrato nel kit con un altro dispositivo idoneo.
La manutenzione ordinaria dello strumentario prevede una lubrificazione di snodi,
cremagliere e parti dentellate, trapani e motori con lubrificanti idrosolubili (non siliconici),
attenendosi alle indicazioni del fabbricante dei DM.
L’ispezione degli strumenti ottici (cavi luce e ottiche) si effettua vicino a una sorgente di
luce controllando l’opacità delle lenti distali e prossimali, la pulizia dei vari raccordi e la
loro tenuta.
È necessario controllare la funzionalità dei DMR e dei container (in quanto gli stessi sono
dispositivi medici) seguendo la frequenza e le modalità che devono essere fornite dal
fabbricante secondo la UNI EN ISO 17664).
Eventuali riparazioni dei DMR sono ammesse solo se effettuate dal fabbricante o da
personale specificatamente formato e autorizzato dal fabbricante stesso.
73
Confezionamento
Requisiti necessari per il confezionamento
Il confezionamento, attività preliminare alla sterilizzazione, è la fase successiva all’asciugatura
ed alla ricomposizione dei kit.
Secondo la norma UNI EN ISO 11607-2 il processo di confezionamento deve essere
convalidato.
In ambito sanitario, per confezionamento si intende l’attività di inserimento dei DM in
un Sistema di Barriera Sterile (SBS) per essere sottoposti a sterilizzazione e consentire il
mantenimento della sterilità fino al loro utilizzo ovvero alla data di scadenza.
La convalida deve includere una qualifica di installazione, una qualifica operativa ed una
qualifica di prestazione per ogni famiglia di SBS.13
Il SBS è il sistema a diretto contatto con il dispositivo medico (container, busta, etc.) e deve
rimanere integro fino al momento dell’utilizzo.
I SBS devono essere conformi alla norma UNI ISO 11607-1.
Il SBS ha l’obiettivo di:
Come già specificato, il confezionamento deve essere effettuato in un ambiente dedicato e
controllato.
• Consentire la sterilizzazione;
Il tipo di confezionamento deve essere appropriato alla metodica di sterilizzazione, scelta
che a sua volta si basa su:
• Mantenere la sterilità fino al momento di impiego;
• Indicazioni del fabbricante del DMR (scheda tecnica);
• Indicazioni del fabbricante della sterilizzatrice;
• Compatibilità tra agente sterilizzante e DMR;
• Termolabilità;
• Tipologia, peso, volume del materiale;
• Biocompatibilità.
Il tipo di confezionamento viene individuato in base a:
• Indicazioni del fabbricante del SBS (scheda tecnica);
• Tipologia di sterilizzazione a cui il DMR deve essere sottoposto;
• Tipologia, peso, volume del DMR;
• Destinazione d’uso;
• Fornire protezione fisica;
• Permettere la presentazione asettica.
Prima di qualsiasi manovra confacente il confezionamento, ogni operatore:
• Si assicura che l’ambiente sia pulito e privo di polvere;
• Indossa una divisa pulita;
• Indossa una cuffia che contenga completamente i capelli;
• Si lava le mani.
Occorre inoltre ricordare che:
• Il materiale monouso per il confezionamento (Buste, Carta Medical Grade, TNT,
etc.) non deve MAI essere riutilizzato;
• Il confezionamento con involucri richiede la chiusura con nastro indicatore o
nastro adesivo neutro, evitando l’eccesso, in quanto possibile causa di danno ai
guanti degli operatori (perdita di integrità) ed anti-economico;
• I container devono essere sanificati prima del processo di sterilizzazione: lavati
o puliti accuratamente per rimuovere tracce di collanti, etichette, polvere, etc.;
• Metodo di stoccaggio;
• Procedura d’utilizzo.
• Ad ogni utilizzo, deve essere verificata l’idoneità della parte filtrante dei container
e, se monouso, sostituita;
13
Per includere nella stessa famiglia diversi SBS, si deve documentare un razionale che determini le analogie e identifichi la
configurazione dei casi più sfavorevoli per determinare la conformità alla norma UNI EN ISO 11607-2
74
75
• I container devono essere controllati periodicamente per verificare il
mantenimento delle proprietà di barriera di guarnizioni, chiusure, ferma-filtri,
filtri permanenti, etc.;
• Lo strumentario chirurgico non deve essere sterilizzato assieme a telini o garze
di cotone (UNI EN 13795);
Le norme di riferimento (UNI EN 868 - 2:2009; UNI EN 868 - 10:2009 e la già citata UNI
EN ISO 11607) impongono una attenta analisi del confezionamento.
La scelta del sistema d’imballaggio deve essere fatta in relazione:
• Alla sicurezza dell’utilizzatore e del paziente riducendo al minimo i pericoli;
• È sempre necessario valutare il peso e le dimensioni dei dispositivi da confezionare
in relazione alla tipologia di confezionamento. Lo strumentario in container non
dovrebbe mai superare i 7 Kg di peso14. Il materiale accidentalmente caduto a
terra va considerato sporco e quindi risanificato;
L’imballaggio protettivo deve essere lasciato fuori dalle aree a bassa carica microbica.
• Tubi e strumenti cavi devono avere le aperture libere per facilitare la penetrazione
dell’agente sterilizzante; tubi lunghi, cavi elettrici ed ottici devono essere
arrotolati in modo da non avere pieghe o strozzature e non devono essere legati
con elastici;
La UNI EN ISO 11607-2 ai punti 5.6.1 e 5.6.2 richiede che siano stabilite delle procedure
che assicurino che il processo di confezionamento sia sotto controllo ed entro parametri
definiti e che i parametri critici del processo vengano monitorati e documentati. I programmi
individuali di prove periodiche possono essere definiti sulla base dell’analisi dei rischi.
• Le telerie devono essere confezionate in modo tale da permettere la penetrazione
dell’agente sterilizzante.
Alcune condizioni di manipolazione, trasporto e stoccaggio successive alla sterilizzazione
richiedono un imballaggio di protezione per il SBS in modo tale d’assicurare il mantenimento
delle caratteristiche di barriera fino al momento dell’utilizzo e della presentazione asettica
del DM. È necessario che ogni organizzazione progetti i sistemi d’imballaggio di protezione
e definisca i parametri di controllo in base alla propria analisi dei rischi.
Sistema di imballaggio protettivo (PP)
Il sistema di imballaggio, complementare al sistema di confezionamento è finalizzato
al trasferimento del materiale sterilizzato e ha lo scopo di isolare il dispositivo dalla
contaminazione ambientale e proteggerlo dall’esposizione ad eventi avversi o critici
attraverso un sistema d’imballaggio.
• Al mantenimento dell’integrità del SBS.
Attività di controllo e verifica
Tipologia di confezionamento
Le Tabelle n. 6 e n. 7 sintetizzano i vari tipi di SBS, anche in relazione alla modalità di
sterilizzazione.
Tabella n.6: Tipologia di confezionamento in relazione all’agente sterilizzante
AGENTE STERILIZZANTE
Vapore saturo
TIPOLOGIA
DI CONFEZIONAMENTO
• Container
• Busta
• Carta Medical Trade e TNT
L’imballaggio protettivo deve garantire l’integrità del SBS.
Esso può essere rappresentato da carrelli dedicati in cui sono contenuti pacchi, container e
buste, oppure da contenitori rigidi specifici che possono contenere buste, o ancora buste/
sacchetti in plastica che costituiscono l'involucro esterno degli SBS.
Ogni Kg di strumentario chirurgico in fase di sterilizzazione produce 2 ml di H2O. Occorre valutare il peso per contenere
l’effetto condensa ed occorre inoltre contenere il peso in ragione del disposto D.Lgs 81/08 che definisce i limiti per la movimentazione dei carichi.
14
76
Ossido di Etilene
• Busta
• Carta Medical Trade e TNT
Gas plasma
• Busta
• Container dedicati
77
MATERIALI
• Container
- Con valvola
- Con filtro: monouso, permanente,
semipermanente
• Busta
- Rotoli piatti, buste piatte, rotoli a
soffietto, buste a soffietto
- Carta Medical Grade e TNT
- Doppio foglio o accoppiato
• Busta
• Rotoli piatti, buste piatte, rotoli a
soffietto, buste a soffietto
• Tyvek
• Carta Medical Grade e TNT
• Doppio foglio o accoppiato
• Tyvek (busta e rotolo)
Gli svantaggi sono rappresentati da:
Tabella n. 7: Tipologia di confezionamento
TIPOLOGIA
DI CONFEZIONAMENTO
Buste
MATERIALI
• Accoppiato carta kraft - laminato
plastico
• Tyvek
• Carta kraft
PRODOTTI
• Rotoli piatti, buste piatte, buste e
rotoli a soffietto
• Tubolari buste
• Buste
Pacchi
• Carta Medical Grade
• TNT
• Polipropilene
• Fogli singoli o accoppiati
Container
• In acciaio o in alluminio con
coperchio d'acciaio, alluminio,
plastica con filtro protetto
• Con valvola
• Con filtro: monouso, permanente,
semipermanente
Fogli per avvolgimento
• l’impossibilità di vedere il contenuto,
• richiede l'applicazione di un indicatore di processo (nastro indicatore) oltre al
nastro per la chiusura,
• costituisce un SBS facilmente deteriorabile (prima, durante e dopo il
confezionamento) in quanto suscettibile ad umidità, lacerazioni, perforazioni
che compromettono il mantenimento della sterilità,
• la manipolazione frequente e non appropriata (ad esempio con mani sporche/
bagnate) deteriora il sistema di barriera,
• non viene indicato il lotto di fabbricazione sul singolo foglio, ma solo sulla
confezione di trasporto,
• Il trasporto e lo stoccaggio devono essere molto accurati proprio per le criticità.
Possono essere di carta, TNT o interamente in materiale polimerico (vedi UNI EN 868-2).
Sono utilizzati per il confezionamento di teleria, di strumenti chirurgici in cestelli/griglie e a
completamento del confezionamento in container. Rappresentano il metodo più economico
di confezionamento di strumenti voluminosi e quello maggiormente adattabile ai DM da
trattare. Il pacco viene sigillato con l’utilizzo di appositi nastri che possono essere provvisti
di indicatore di processo (UNI EN ISO 11140-1, Classe 1). Il confezionamento avviene
seguendo procedure di piegatura che creino sistemi di chiusura a labirinto in modo da
impedire l’ingresso di microrganismi dall’esterno (metodo a busta o diagonale e a caramella
o ortogonale). Le dimensioni del pacco non devono mai superare le dimensioni dell’Unità
di sterilizzazione (cm. 30 x 30 x 60), i 5 Kg di teleria o i 7 Kg di strumentario chirurgico.
La penetrazione dell’agente sterilizzante avviene da tutti i lati della confezione.
I fogli sono disponibili in varie dimensioni e colori, sono porosi e vengono utilizzati in
doppio strato, non vanno mai riutilizzati e sono indicati per la sterilizzazione a vapore e ad
EtO.
L'utilizzo della Carta Medical Grade presenta tra i vantaggi:
•l’economicità,
• l’adattabilità alle esigenze (possibilità di tagliare i fogli secondo il formato
desiderato).
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L'utilizzo del TNT presenta i seguenti vantaggi:
• caratteristiche tecniche che assicurano uno standard di permeabilità/porosità,
impermeabilità, resistenza agli strappi e alle lacerazioni,
• versatilità dovuta all'ampia gamma di dimensioni, drappeggiabilità,
• se manipolato correttamente garantisce un mantenimento della sterilità maggiore
rispetto alla carta Medical Grade.
Tra gli svantaggi ricordiamo:
• l'impossibilità di vedere il contenuto,
• richiede l'applicazione di un indicatore di processo (nastro indicatore) oltre al
nastro per la chiusura,
• richiede attenzioni particolari durante il trasporto e lo stoccaggio per prevenire
danni al SBS.
Le Figure n. 8 e n. 9 mostrano due esempi di confezionamento dei pacchi. Sono ben visibili
le diverse piegature sia col confezionamento in ortogonale, sia in diagonale.
79
Figura n. 8: Esempio di confezionamento in ortogonale con fogli di carta crespata o TNT
Attività di controllo e verifica
I controlli dell’operatore consistono nel verificare:
• Scadenza dei fogli: all’apertura di ogni lotto;
• Idoneità ed integrità dei fogli: ad ogni utilizzo.
Buste preformate e rotoli
Sono utilizzati per il confezionamento di DM o kit di dimensioni e/o peso limitati, sono
molto pratici e maggiormente utilizzati nelle strutture sanitarie. Il confezionamento avviene
introducendo il materiale nella busta prestando attenzione a non provocarne tensioni o
lacerazioni. Gli strumenti devono presentare la parte della presa verso il lato di apertura.
Tutte le buste/rotoli devono riportare gli indicatori di processo.
Figura n. 9: Esempio di confezionamento in diagonale con fogli di carta crespata o TNT
Nelle confezioni ottenute da rotolo deve essere garantito che la saldatura disti almeno 3 cm
dal bordo per permettere un’apertura idonea. I rotoli riportano l’indicazione, sul lato carta
o sul bordo, del senso di apertura, con un simbolo stampato. Occorre inoltre verificare la
presenza dell’indicatore di processo nel tratto di rotolo tagliato, specialmente se fosse di
misure ridotte, ed eventualmente applicarlo.
La saldatura della confezione deve avvenire mediante termosaldatura (vedi paragrafo
"Termosaldatura" pag. 88) con uno spessore di almeno 6 mm e con temperatura, pressione
e tempo indicati dal fabbricante della busta/rotolo. Particolare attenzione deve essere riposta
durante la saldatura di SBS con soffietto in quanto più problematica.
La chiusura con nastro adesivo è vietata.
Buste e rotoli possono essere: piatte/i, con soffietto, autosigillanti (buste).
A seconda della tipologia dell’agente sterilizzante, buste e rotoli saranno composti da:
• Carta/laminato plastico multistrato (polietilene);
• Polietilene;
• Tyvek.
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L'utilizzo di buste e rotoli presenta i seguenti vantaggi:
• Facile identificazione del contenuto,
• Indicatore di processo incluso nella busta/rotolo.
Gli svantaggi sono:
• Indicazioni solo per oggetti di piccole dimensioni, leggeri, singoli;
sterilizzazione e stoccaggio dei DM processati. Sono costituiti generalmente da una vasca
ed un coperchio, la tenuta tra le due parti è garantita da una guarnizione senza interruzioni e
da una chiusura ermetica. Possono essere dotati di valvola o di filtro monouso, permanente,
semipermanente. I DM devono essere posizionati in una griglia di contenimento,
eventualmente avvolta in un telo TNT o TTR per una presentazione asettica. I cestelli a
fascia laterale non sono SBS e vanno quindi eliminati. I container senza guarnizione o senza
protezione dei filtri sul coperchio vanno eliminati.
Il fabbricante dei container deve indicare:
• SBS facilmente deteriorabile (prima, durante e dopo il confezionamento sterilizzazione) in quanto suscettibile ad umidità, lacerazioni, perforazioni che
influenzano il mantenimento della sterilità;
• Frequenza e metodo di pulizia;
• La manipolazione frequente e non appropriata del lato carta (ad esempio con
mani sporche/bagnate) deteriora il SBS.
• Controlli e manutenzioni programmate da eseguire in conformità alla scheda
tecnica (UNI EN ISO 17664);
Lo stoccaggio deve essere molto accurato in quanto lo sfregamento o l’ammasso di più
confezioni (ad esempio all’interno di un cassetto) possono creare sgualciture con micro
lacerazioni.
Attività di controllo e verifica
I controlli dell’operatore consistono nel verificare:
• Scadenza delle buste/rotoli: all’apertura di ogni confezione;
• Idoneità ed integrità delle buste/rotoli: ad ogni utilizzo.
I controlli tecnici consistono nel verificare:
• Parametri funzionali delle termosaldatrici (temperatura, pressione, tempo
di contatto come indicato dal fabbricante dei sistemi di imballaggio), con
la frequenza indicata dal fabbricante della termosaldatrice o, in assenza di
indicazioni, almeno annualmente (vedi paragrafo "Termosaldatura" a pagina 00);
• Prova di resistenza all’apertura della giunzione termosaldata (UNI EN 868-5
appendice E): almeno annuale.
Contenitori riutilizzabili (container)
Sono contenitori rigidi in grado di sopportare ripetute esposizioni ai cicli di sterilizzazione,
muniti di passaggio forzato per la penetrazione dell’agente sterilizzante, adatti al trasporto,
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• Manutenzione del sistema che permette l’ingresso dell’agente sterilizzante (filtro
o valvola);
• Deve garantire almeno 500 cicli di utilizzo per il container e 100 cicli d’uso per la
guarnizione. In linea generale si consiglia una revisione, a rotazione, ogni 2 anni.
La “vita utile” del container è solitamente indicata dal fabbricante.
Coperchi e basi, prodotti dallo stesso fabbricante, possono essere utilizzati in modo
interscambiabile, salvo la presenza di un codice univoco per il container completo. Il
container deve prevedere un sistema di chiusura “anti-manomissione” (UNI EN 868-8)
che evidenzi aperture anche parziali, le quali possono essere causa dell’interruzione della
barriera microbica. Il container non è un sistema di imballaggio ma un SBS.
Attività di controllo e verifica
Le modalità di esecuzione dei controlli devono essere definite in base alle informazioni
fornite dal fabbricante (UNI EN ISO 11607-1, punto 5.1.10g).
I controlli dell’operatore consistono nel verificare:
• Presenza ed idoneità dei filtri: ad ogni utilizzo. In caso di filtri poliuso verificarne
sempre usura, integrità, durata, n° del ciclo. Se esiste un n° massimo di cicli di
utilizzo dei filtri, questo n° dovrà essere registrato o rilevabile attraverso etichetta;
• Pulizia del container: ad ogni utilizzo;
• Integrità del container: fondo, coperchio, guarnizioni, chiusure, coprifiltro
(deformazioni, crepe, forellini, ecc.): ad ogni utilizzo;
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• Integrità degli elementi di tenuta (guarnizioni, ferma filtro, chiusure ,ecc.): ad
ogni utilizzo.
• Corretto trasporto utilizzando carrelli chiusi, imballaggi di protezione e percorsi
dedicati.
I controlli tecnici consistono nel verificare integrità del SBS: semestralmente e, comunque,
ogni volta che si abbiano ragionevoli dubbi sulla tenuta del SBS.
A scopo esplicativo e come esempio si riporta il modello descritto nel documento di
riferimento della Regione Emilia Romagna (Figura n. 10).
Durata della sterilità di un dispositivo medico: indicazioni generali
Ogni Azienda ha la facoltà di procedere alla validazione (compreso nella “convalida”)
del sistema di confezionamento che consente di determinare i tempi di conservazione del
materiale sterile prodotto al suo interno attraverso l’effettuazione di prove di stabilità, le
quali dovranno dimostrare che il SBS mantiene la sua integrità nel tempo.
Per durata della sterilità si intende l’arco temporale in cui un dispositivo medico sottoposto
a sterilizzazione mantiene le caratteristiche di sterilità. Le modalità di conservazione,
stoccaggio e trasporto, nonché le manipolazioni improprie dei confezionamenti e gli
ambienti incidono sulla durata della sterilità. Il mantenimento della sterilità di un sistema di
confezionamento è infatti legato più agli eventi che al tempo (UNI EN ISO 11607-1 6.1.5).
Pertanto, ogni Azienda sulla base della valutazione delle proprie strutture dove avviene
il trasporto e lo stoccaggio dei DMR sterilizzati, dovrà predisporre indicazioni in merito
tenendo conto di alcuni aspetti quali:
• Idoneità dei locali utilizzati per lo stoccaggio (rispetto dei requisiti minimi
strutturali impiantistici e organizzativi) rappresentati ad esempio da: locale
dedicato, locale con microclima controllato; locale con armadi chiusi o in
scaffali con il ripiano più basso ad almeno 30 cm da terra, il più alto a 50 cm dal
soffitto e staccati 5 cm dalla parete (per agevolare le operazioni di sanificazione),
locale attiguo alla centrale di sterilizzazione e frequentato solo da personale
autorizzato;
• Le confezioni devono essere disposte in ordine cronologico rispetto alla
scadenza e maneggiate il meno possibile;
• Il materiale pulito va conservato separatamente dal materiale sterilizzato;
• Se le confezioni sterili si bagnano o cadono a terra il dispositivo contenuto non
può essere considerato sterile, pertanto deve essere riprocessato;
• L'integrità della confezione deve essere verificata anche prima dell'uso e non
solo dopo la sterilizzazione;
• Istruzioni fornite dal produttore del materiale di confezionamento;
• Modalità di conservazione del materiale sterile: evitare tutte le azioni che
possono danneggiare le confezioni del DMR per esempio urti, sovrapposizioni,
luoghi non igienicamente idonei;
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Le prove di stabilità dovranno essere effettuate utilizzando invecchiamento naturale e con
protocolli di invecchiamento accelerato, tali prove dovranno iniziare contemporaneamente
(UNI EN ISO 11607-1 6.4).
Figura n. 10: Esempi di indicazioni dei tempi di scadenza dei SBS
Stoccaggio
critico*
Stoccaggio non
critico**
Stoccaggio
ideale***
Container
30 giorni
60 giorni
90 giorni
Busta/carta polipropilene
• busta singola
15 giorni
30 giorni
90 giorni
Busta/carta polipropilene
• busta doppia°
15 giorni
30 giorni
90 giorni
SBS (Sistema di Barriera Sterile)
Carta Medical Grade in doppio strato
TNT in doppio strato
60 giorni
7 giorni
30 giorni
90 giorni
180 giorni
60 giorni
Tyrek
60 giorni
180 giorni
2 anni
Legenda
° Il doppio involucro o doppia busta NON deve essere inteso come maggiore protezione e il tempo di mantenimento deve essere
uguale a quello di un dispositivo confezionato in una busta singola: la doppia protezione è una modalità di presentazione asettica
del dispositivo.
* Stoccaggio critico: esposto su scaffale o carrello; conservato in cassetto.
Manipolazione: potenzialmente impropria e continuativa.
** Stoccaggio non critico: armadio chiuso; locale dedicato alla conservazione dei disopositivi sterili (magazzino dedicato); locale
con microclima idoneo.
Manipolazione: propria ovvero solo al omento dell’utilizzo del dispositivo con mani igienizzate.
*** Stoccaggio ideale: locale dedicato; locale attiguo al punto di sterilizzazione; locale con microclima idoneo; locale con
accesso limitato solo agli operatori addetti, in armadi chiusi o scaffali e preservato con involucro protettivo.
Manipolazione: propria ovvero solo per la consegna del dispositivo ai fini dell'immediato utilizzo; eseguita da personale
dedicato e formato.
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Termosaldatura
Anche il processo di saldatura, in quanto processo speciale, è soggetto a validazione. Occorre
una Qualifica di Installazione (QI) e la definizione dei parametri critici secondo le specifiche
indicate dalla norma EN 868-5: 1999 richiamate nella norma ISO 11607-2.
Questi elementi costituiscono quello che viene definito semplicemente “lotto di
sterilizzazione”, ma solo l’intero processo validato dà garanzia della sterilità.
I parametri critici per una adeguata saldatura sono:
• Temperatura di saldatura: espressa in gradi centigradi;
• Pressione di saldatura: espressa in Newton;
• Tempo di saldatura: espresso in secondi per le macchine a barre (in disuso), in
metri/minuto (velocità) per le macchine rotative.
L’efficacia della saldatura è data da un mix del settaggio delle tre variabili suddette. Questi
parametri devono essere controllati e monitorati, pertanto le termosaldatrici devono possedere
dispositivi di controllo quali: allarmi, sensori e display certificati e tarati. È consigliabile
eseguire delle prove di funzionalità in base al carico di lavoro o, almeno annuali, in sede di
convalida ed il mantenimento del processo di saldatura convalidato deve essere garantito
attraverso la corretta manutenzione delle termosaldatrici. I parametri impostati e convalidati
devono anche tenere conto delle indicazioni del produttore dei materiali di confezionamento.
Etichettatura
Devono essere utilizzate delle etichette adesive per non scrivere direttamente sulle confezioni
con pennarello, penna, timbro, in quanto è possibile una alterazione della permeabilità
all’agente sterilizzante o una alterazione del SBS.
Sull’etichetta deve essere sempre riportato:
1)Data di sterilizzazione e scadenza;
2)Reparto o servizio di appartenenza;
3)Nome dell’operatore;
4)Contenuto;
5)Numero di riferimento del ciclo di sterilizzazione;
6)Riferimento della macchina sterilizzatrice15.
Per buste/rotoli i primi 3 dati possono essere inseriti automaticamente con la termosaldatura.
15
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CAPITOLO SETTIMO
TRACCIABILITÀ
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TRACCIABILITÀ
Si definisce sistema di tracciabilità un sistema di registrazione che mediante etichettatura
permetta di identificare in maniera univoca:
• Il DM;
• Tutti gli elementi che sono considerati critici che caratterizzano il processo cui
è stato sottoposto;
• Il paziente sul quale il DM è stato utilizzato.
Devono essere documentati almeno:
• I parametri fisici e/o chimici dei processi di lavaggio, disinfezione e sterilizzazione;
• Gli esiti delle verifiche e dei controlli periodici effettuati sulle apparecchiature;
• Gli esiti della manutenzione attuata sulle apparecchiature e sui DM ricondizionati
qualora richiesti dal fabbricante;
• I lotti produttivi dei SBS e i lotti degli indicatori utilizzati per il monitoraggio;
La tracciabilità è un requisito intrinseco della norma UNI EN 556-1, che al punto 4.2 riporta:
• I risultati dei monitoraggi e/o e gli indicatori utilizzati per il monitoraggio del
processo di sterilizzazione (per es. Bowie & Dick/Hollowload test);
“Il fabbricante o il fornitore (dei dispositivi sterili) devono dimostrare la conformità (alla
probabilità teorica che al massimo solo 1 dispositivo su 1 milione di dispositivi possa essere
NON sterile) fornendo la documentazione e le registrazioni che provano che i dispositivi
sono stati sottoposti ad un processo di sterilizzazione convalidato.”
• L’identificazione univoca degli operatori coinvolti nel processo e degli operatori
responsabili dei controlli previsti (per es. addetti al carico, alla ricomposizione,
al confezionamento dei kit, etc.);
Inoltre, la norma UNI EN ISO 13485, al punto 4.2.4, cita:
• L’effettiva composizione del singolo kit;
• Il lotto produttivo dei DM impiantabili (viti, placche, protesi, etc.);
… “Le registrazioni devono essere predisposte e conservate per fornire evidenza della
conformità ai requisiti e dell’efficace funzionamento del sistema di gestione. Le registrazioni
devono rimanere leggibili, facilmente identificabili e rintracciabili …. l’organizzazione
deve conservare le registrazioni per un periodo di tempo almeno equivalente alla vita del
dispositivo medico come definito dall’organizzazione, ma non meno di due anni 16 dalla data
di immissione del prodotto da parte dell’organizzazione o come specificato dai pertinenti
requisiti regolamentari.”
• Il numero di trattamenti subiti da ogni singolo DM o accessorio, definito dal
fabbricante come riutilizzabile, solo per un numero finito di ricondizionamenti.17
È consigliabile adottare sistemi di tracciabilità informatizzati in modo da documentare con
facilità e precisione tutte le fasi del processo di sterilizzazione, dalla decontaminazione all’uso
finale. Nelle strutture sanitarie non ancora dotate di sistemi di tracciabilità informatizzata
dovrà essere garantita la tracciabilità ovviando con la registrazione manuale dei dati. Tutti
i passaggi devono essere eseguiti secondo procedure predefinite e dichiarate nell’ambito
della propria Azienda. In seguito alla rivalutazione periodica dell’analisi dei rischi, che è un
documento in continua evoluzione per effetto dell’esperienza della maturazione tecnologica
e scientifica dello specifico settore, può essere necessario ottimizzare la tracciabilità.
Anche la norma UNI EN 285 e la norma UNI EN 17665-1-2 in considerazione di eventuali contenziosi, raccomandano la conservazione della documentazione per un tempo non inferiore a 11 anni, per essere a disposizione delle autorità responsabili della
gestione del contenzioso(17665-1-2).
17
Per la complessità della documentazione da produrre e conservare, l’utilizzo di sistemi informatici garantisce, rispetto al
sistema manuale, maggiore efficienza e efficacia del sistema di registrazione e conservazione dei dati e garantisce, in caso di
incidenti o mancati incidenti che richiedano rapide azioni correttive, una reattività del sistema nell’individuazione delle potenziali
cause e delle relative azioni di richiamo e/o gestioni del rischio.
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CAPITOLO OTTAVO
UTILIZZO DELLE AUTOCLAVI A VAPORE
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UTILIZZO DELLE AUTOCLAVI A VAPORE
La buona pratica di sterilizzazione dei DMR si inserisce nel governo clinico e nella qualità
All’avvio dell’attività di sterilizzazione sull’autoclave si prevede l’esecuzione di un ciclo
di riscaldamento allo scopo di ripristinare le condizioni di efficacia sia del vapore sia della
temperatura, seguito da vuoto test e test per la verifica della penetrazione del vapore routinari
come ad esempio Bowie & Dick, Helix Test.
In caso di fermo macchina la ripetizione dei test deve essere valutata sulle cause che ne
hanno generato il fermo nonché dalle indicazioni fornite dal fabbricante della sterilizzatrice
e comunque secondo indicazioni descritte nelle procedure aziendali. Solo a seguito dei cicli e
superamento dei test dichiarati come routinari prima dell’avvio dell’attività di sterilizzazione
è possibile l’utilizzo dell’autoclave.
Vuoto test
Serve a verificare la tenuta della camera di sterilizzazione assicurando che non entri aria
durante le fasi di vuoto. Dopo il ciclo di pre-riscaldamento, a camera vuota, impostando il
vuoto test, la pompa entra in azione creando il vuoto in camera, che viene mantenuto per 10
minuti. Il limite di perdita non deve essere superiore a 1,3 mbar/minuto (EN 285) e secondo
quanto dichiarato da QI, QP e QO e in sede di convalida (vedi paragrafo pag. 104).
Test di penetrazione del vapore
La norma UNI EN ISO 17665-1 al punto 12.1.6 cita: “se il processo di sterilizzazione si
basa sulla rimozione dell’aria dalla camera della sterilizzatrice al fine di conseguire
una penetrazione rapida ed uniforme del vapore nel carico della sterilizzatrice, deve
essere eseguita una prova di penetrazione del vapore ogni giorno prima di utilizzare la
sterilizzatrice”.
La versione del 2008 della norma UNI EN 285 ha introdotto la prova di penetrazione del
vapore per i corpi cavi anche per le grandi autoclavi. L’Helix test quindi si aggiunge alla
prova di penetrazione del vapore (test di Bowie & Dick) per i corpi porosi. Tale norma recita
che l'Helix test è “complementare e non sostitutivo del test di Bowie & Dick”. Il rapporto
tecnico UNI/TR 11408-2011 cita che “la scelta della tipologia della prova deve essere
effettuata in funzione della tipologia dei carichi da processare in base all’analisi dei rischi”.
carico da processare e la criticità più rappresentata nel superamento di uno dei due test, può
portare ad una decisione adeguata.
Test di Bowie & Dick (BD)
Il test di Bowie & Dick permette di verificare se la rimozione dell’aria si mantiene efficace
e se il vapore è ancora in grado di penetrare all’interno delle confezioni di materiale da
sterilizzare. Un test di penetrazione del vapore deve essere eseguito quotidianamente, dopo
l’effettuazione del pre - riscaldamento e del vuoto test. Per l’esecuzione del test Bowie &
Dick viene utilizzato un “pacco prova” standardizzato e conforme alle normative tecniche
(EN 285) oppure un simulatore del pacco standard che deve essere conforme a UNI EN ISO
11140-4. Deve essere eseguito a camera vuota, impostando il ciclo dedicato.
Helix Test
La capacità di rimozione dell'aria dai corpi cavi deve essere determinata utilizzando un
dispositivo di prova per carichi cavi (PCD) più comunemente chiamato Helix test. Tale test è
stato ideato inizialmente per le piccole sterilizzatrici e introdotto, con la versione 2008 della
norma EN 285, anche per le autoclavi con capacità maggiore a 1 Unità di sterilizzazione,
per dimostrare che la rimozione dell'aria dall'interno del dispositivo cavo è sufficiente per
permettere l'ingresso del vapore all'interno dello stesso. Il test deve essere conforme alle
specifiche della norma UNI EN 867-5.
Carico del materiale nella camera di sterilizzazione
I dispositivi medici da sterilizzare devono essere disposti in modo da favorire la penetrazione
dell’agente sterilizzante: il carico deve essere distribuito in maniera uniforme (tra una
Figura n. 11: Disposizione corretta del carico
in autoclave
Figura n. 12: Disposizione non corretta del carico
in autoclave
Se da un lato l'evoluzione normativa porta ad un miglioramento continuo in termini di
efficacia del processo, dall'altro è indubbia la confusione che si può creare negli utilizzatori,
che inevitabilmente devono scegliere la tipologia e la frequenza di tali test. Pertanto solo la
valutazione del proprio contesto, con l'analisi dei rischi che tenga conto della tipologia di
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95
confezione e l’altra deve passare comodamente una mano in verticale). Collocare il materiale
più leggero sul piano superiore e quello più pesante sul ripiano più basso del telaio di carico
(es. pacchi/buste sopra e container contenenti strumenti sotto).
Il carico deve rispettare quanto stabilito nelle fasi di qualifica prestazionale (QP) ed essere
conforme al ciclo convalidato di riferimento, facendo attenzione che non tocchi le pareti
della camera, che non sia ammassato e che sia sostenuto dalle apposite griglie di carico.
Verifica del carico: scarico e controllo
Terminato il ciclo di sterilizzazione sono necessarie due tipi di verifiche:
CAPITOLO NONO
INDICATORI
• Valutazione visiva del carico con cui si verifica che il materiale sia stato
processato (indicatori esterni virati) e si presenti asciutto e integro (confezioni
chiuse);
• Valutazione oggettiva attraverso lettura dei parametri registrati.18
18
Prima di essere manipolati per la consegna e/o lo stoccaggio, tutti i materiali in uscita dalle autoclavi devono essere raffreddati, possibilmente nella stessa zona di scarico dell’autoclave o comunque in un ambiente pulito/protetto
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INDICATORI
In considerazione del fatto che la sterilizzazione è definita “processo speciale”, è implicita
l’adozione di tutti gli elementi di controllo che concorrono ad attestare che i valori parametrici
scelti siano stati registrati ed osservati.
Tra questi si individuano gli indicatori chimici e biologici.
Essi rappresentano un elemento complementare sulle attività proprie di sterilizzazione e
permettono di rilevare che i dispositivi medici sono stati sottoposti all’azione dell’agente
sterilizzante. Tuttavia non assolvono alla funzione di indicatore di efficacia, è pertanto errato
considerarli quali strumenti attestanti l’ottenuta sterilità.
Indicatori chimici
Gli indicatori chimici, poiché rilasciano delle informazioni sulle condizioni interne della
camera di sterilizzazione, si utilizzano per consentire all’operatore di verificare che i
dispositivi siano stati sottoposti ad un processo di sterilizzazione.
N.B.: il viraggio finale dell'indicatore chimico non certifica la sterilità del prodotto, ma
indica soltanto che il DMR è stato sottoposto a sterilizzazione.
La normativa di riferimento è la serie UNI EN ISO 11140-1:2005 “Sterilizzazione dei
prodotti sanitari - Indicatori chimici - Parte 1: requisiti generali”, e la norma UNI EN ISO
15882: 2003: “Sterilizzazione dei prodotti sanitari. Indicatori chimici. Guida alla selezione,
l'uso e l'interpretazione dei risultati.”
Il principio di funzionamento degli indicatori chimici si basa sull'uso di sostanze (inchiostri)
applicate su un supporto generalmente di carta, in grado di reagire allo stimolo fisico (tempo,
temperatura, pressione, umidità e agente sterilizzante).
L’esposizione dell’indicatore a determinate condizioni di processo predefinite, induce
un viraggio (specificato dal produttore). Questa modificazione osservabile deriva da una
reazione chimica o dallo scioglimento di una sostanza chimica.
Classi di indicatori chimici
La norma ISO 11140-1, che ha sostituito la norma EN 867-1-2, identifica 6 classi di indicatori
chimici in relazione al tipo di monitoraggio che si intende effettuare. La Tabella n. 8 mostra
le differenze tra le due norme.
98
Tabella n. 8: Differenze tra UNI EN 867-1 e UNI EN ISO 11140 -1
UNI EN 867-1
UNI EN ISO 11140 -1
Definiva gli indicatori in 4 classi
Prevede la divisione degli indicatori in 6 classi
Classe A: indicatori di processo (vengono applicati alle
confezioni destinate alla sterilizzazione per dimostrare che
sono state sottoposte a processo).
Classe 1: idem
Classe B: indicatori per l’uso di prove specifiche.
Classe 2: idem
Classe C: indicatori a variabile singola (concepito per verificare il raggiungimento del valore richiesto di un singolo
parametro del processo di sterilizzazione).
Classe 3: idem
Classe D: indicatori a variabile multipla (concepito per
verificare il raggiungimento di due o più parametri del
processo di sterilizzazione).
Classe 4: idem
___________________
Classe 5: indicatori integrati (integratori) sono destinati a
reagire al ciclo di sterilizzazione con riferimento ai valori
D e dove possibile ai valori Z, degli indicatori biologici.
___________________
Classe 6: indicatori emulatori (sono concepiti per reagire
quando sono raggiunti e soddisfatti i parametri critici di
uno specifico ciclo di sterilizzazione).
Gli indicatori di processo (Classe 1) si applicano ad ogni confezione. Il loro viraggio indica
che la confezione è stata esposta al processo di sterilizzazione.
Sono indicatori posti normalmente all’esterno delle confezioni (Carta Medical Grade,
accoppiato polietilene/carta, Tyvek, etichette identificative per container, nastri indicatori,
etc.) e sono specifici per tipologia di sterilizzazione: vapore saturo, gas plasma di Perossido
di Idrogeno, Ossido di Etilene, etc. L'utilizzo di tali indicatori è necessario per distinguere i
DM sottoposti al processo da quelli da processare.
Gli indicatori di Classe 2 in commercio per specifici test (per esempio Bowie & Dick /
Helix test) sono sotto forma di fogli o pacchi pronti contenenti fogli indicatori, hanno la
funzione di effettuare i test per la verifica della penetrazione del vapore. Le altre classi di
indicatori rappresentano un sistema basato anch’esso sul ricorso ad un elemento chimico
che, a differenza dei precedenti, vira al raggiungimento di alcuni parametri specifici.
I parametri valutati sono: temperatura, tempo e vapore (per l’autoclave a vapore). In pratica,
questi indicatori virano solo quando all’interno della camera di sterilizzazione tutti i parametri
sono stati raggiunti. Vengono posizionati all'interno delle confezioni e sono costituiti da una
striscia a scorrimento dotata di finestra di lettura.
99
L'indicatore è protetto con materiale plastico in modo da non cedere sostanze (inchiostri)
che potrebbero interferire con il vapore e/o con i DM. Tali indicatori devono rispondere
alle condizioni minime di viraggio, devono tenere conto di 2 o più parametri necessari ad
ottenere la sterilizzazione e, posti all'interno delle confezioni, forniscono l’informazione sulla
mancata o insufficiente penetrazione del vapore all’interno della confezione o container.
L'utilizzo degli indicatori di Classe 1 e di Classe 2 risulta necessario ed irrinunciabile. Per
le altre classi di indicatori ogni azienda ne definisce l'eventuale modalità e frequenza di
utilizzo.
La scelta di utilizzare o meno tali indicatori rientra in un programma di controllo del
processo di sterilizzazione definito come “speciale”, ma non deve indurre a false sicurezze
sull'efficacia di un processo di sterilizzazione, tanto meno ad omettere la costante verifica dei
valori parametrici rilasciati dalle sterilizzatrici.
Indicatori biologici
Gli indicatori biologici sono dispositivi che possono essere forniti sia in forma di striscia che
in forma di fiale. Essi contengono spore definite per tipologia e quantità dalla Farmacopea
Ufficiale (es: per le sterilizzatrici a vapore si utilizza Geobacillus Stearothermophilus).Le
norme di riferimento sono la UNI EN ISO 11138:2006 parte 1-3 “Sterilizzazione prodotti
sanitari. Indicatori biologici” e la norma UNI EN ISO 14161:2000 “Sterilizzazione dei
prodotti sanitari, Indicatori biologici. Guida per la selezione, l’uso e l’interpretazione dei
risultati”.
La documentazione specifica per gli indicatori biologici, ove utilizzati, deve attestare la
carica microbica e la modalità di svolgimento. Come già descritto nei capitoli precedenti
la UNI EN ISO 177665-1 precisa che: “l’esposizione ad un processo di sterilizzazione
adeguatamente convalidato e accuratamente controllato non è il solo fattore associato con
l’ottenimento di affidabile assicurazione che il prodotto sia sterile e, di conseguenza, idoneo
per l’uso previsto”. Sono fondamentali aspetti quali:
a)lo stato microbiologico delle materie prime e/o dei componenti di ingresso,
b)la convalida e il controllo di routine delle procedure di pulizia e disinfezione
utilizzate sul prodotto,
c)il controllo dell’ambiente in cui il prodotto è fabbricato, assemblato e imballato,
d)il controllo dell’apparecchiatura e dei processi,
e)il controllo del personale e della loro igiene,
f) le modalità e i materiali in cui è confezionato il prodotto,
g)le condizioni di conservazione del prodotto.
100
Nell’allegato B della specifica tecnica ISO/TS 17665-2/2009 è descritto che la valutazione
di un processo di sterilizzazione a calore umido si può effettuare con tre metodi:
• “metodo di carica batterica”,
• “indicatore combinato biologico/metodo di carica batterica”,
• “metodo overkill”.
In ambito sanitario, per la sua semplicità, la robustezza e la facilità di convalida rispetto agli
altri approcci, è utilizzato il metodo overkill.
Essendo sconosciuta la reale contaminazione microbica di un dispositivo, si basa sull’offrire
una mortalità in eccesso rispetto a quanto necessario per distruggere la carica batterica.
Con questo metodo sono impostati margini di sicurezza molto grandi proprio per consentire
di trattare, ottenendo il raggiungimento del SAL 10-6, diverse tipologie di dispositivi (mix di
prodotti) per i quali non è determinabile il bioburden iniziale.
Nelle realtà sanitarie, dove è attuata la convalida dell’intero processo con la completa
standardizzazione e ripetitività delle fasi del ricondizionamento, è attuabile il “rilascio
parametrico” del prodotto sterile (verifica dei parametri fisici del processo: tempo,
temperatura, pressione): “Quando viene usato un metodo convalidato di sterilizzazione
mediante vapore, calore secco o radiazioni ionizzanti, può essere consentito un rilascio
parametrico …” Ministero della Salute F.U. XII edizione 2009.
Le attuali norme di riferimento sul processo di sterilizzazione non forniscono indicazioni
sulla periodicità dell’esecuzione dei test con indicatori biologici.
Esiste ancora un’ampia discussione sull’utilizzo o meno degli indicatori biologici nel
controllo di routine del processo di sterilizzazione.
Attualmente non sono disponibili evidenze sull’esecuzione di tali prove abbinate per esempio
al materiale impiantabile o dopo interventi tecnici di manutenzione sulle apparecchiature.
Ogni azienda, sulla base di un’attenta valutazione del rischio, determina la frequenza
dell’esecuzione di tale test tenendo conto che è da considerarsi supplementare e NON
sostitutivo della verifica dei parametri fisici ottenuti ad ogni ciclo di sterilizzazione e
rispondenti alle misure determinate in sede di convalida almeno annuale. “Ogni volta che gli
indicatori biologici sono utilizzati per confermare la letalità in luoghi prescritti, i parametri fisici
misurati durante il processo di sterilizzazione dovrebbero sempre essere utilizzati per verificare
che sia stato effettuato il processo di sterilizzazione definito.”(ISO/TS 17665-2/2009 8.5).
101
CAPITOLO DECIMO
CONVALIDA
102
103
CONVALIDA
Definizioni e periodicità
La convalida è la verifica dell’intero processo di ricondizionamento in tutte le sue fasi con
individuazione e misura dei parametri funzionali.
Così come definito dal rapporto tecnico UNI/TR 11408:2011, la procedura di convalida
riguarda tutti i processi speciali e quindi ogni fase del ricondizionamento ed è finalizzata
a verificare che i parametri predefiniti del processo siano mantenuti entro limiti prescritti.
I riferimenti normativi per l’esecuzione delle procedure di convalida, che riguardano il
vapore saturo, sono contenuti nella norma UNI EN ISO 17665-1:2007 “Sterilizzazione dei
prodotti sanitari. Calore umido. Parte 1: Requisiti per lo sviluppo, convalida e controllo di
routine di un processo di sterilizzazione per dispositivi medici”.
Per quanto concerne la convalida relativa alle piccole sterilizzatrici, oltre alla suddetta
norma, la norma di riferimento è la UNI EN ISO 13060:2010.
“Lo sviluppo, la convalida e il controllo di routine di un processo di sterilizzazione prevedono
una serie di attività separate ma intercorrelate; per esempio taratura, manutenzione,
definizione di prodotto, definizione di processo, qualificazione di installazione, qualificazione
operativa e qualificazione di prestazione”(UNI EN ISO 17665-1).
La convalida si compone di:
• Qualifica di Installazione (QI), processo per ottenere e documentare l'evidenza
che l'apparecchiatura è stata fornita ed installata in conformità alla relativa
specifica (ISO/TS 11139:2006);
• Qualifica Operativa (QO), processo che permette di ottenere e documentare
l'evidenza che l'apparecchiatura installata funziona entro i limiti predeterminati
quando utilizzata in conformità alle sue procedure operative (ISO/TS
11139:2006);
• Qualifica di Prestazione (QP), processo che permette di ottenere e documentare
l'evidenza che l'apparecchiatura installata e fatta funzionare in conformità alle
sue procedure operative si comporta sistematicamente in conformità ai criteri
predeterminati e pertanto fornisce un prodotto che soddisfa la sua specifica
(ISO/TS 11139:2006).
104
Per dimostrare la conformità ai requisiti della Direttiva 93/42/CEE sui Dispositivi Medici,
i concetti espressi nelle definizioni delle QI, QO, QP devono essere applicabili alle
sterilizzatrici, agli apparecchi di lavaggio e disinfezione (serie UNI EN ISO 15883) e ai
sistemi di confezionamento (serie UNI EN ISO 11607). Tuttavia è auspicabile l’applicazione
di tali criteri anche per la gestione degli impianti, ai prodotti e alle attrezzature che possono
influenzare il processo di ricondizionamento.
Le QI, QO e QP devono essere effettuate prima della messa in atto del processo di
ricondizionamento e devono essere ripetute completamente o in parte solo in caso di
modifiche sostanziali (per esempio sostituzione di software di controllo, dei sensori di
controllo e monitoraggio, della pompa del vuoto, del generatore di vapore, la nuova tipologia
di carico/sistema di confezionamento, etc.). Se non intervengono modifiche sostanziali,
come soprascritto, la QP deve essere ripetuta almeno annualmente.
Se non sono state effettuate modifiche che hanno determinato variazioni all'apparecchiatura
o ai sistemi di confezionamento, essa può essere limitata ad una parte della QP (Riqualifica
di Prestazione: RQP).
Nello specifico, la QP per le sterilizzatrici a vapore è il processo che permette di ottenere e
documentare l'evidenza che la sterilizzatrice a vapore saturo, quando installata e funzionante
in conformità alla procedure operative, si comporta sistematicamente in conformità ai criteri
predeterminati e fornisce quindi un prodotto “sterile” come previsto dalla norma EN 556-1.
Il metodo richiesto si basa sulla verifica del raggiungimento dei parametri fisici su tutte le
superfici dei dispositivi medici che devono risultare sterili.
La relazione tempo/temperatura è definita dalla Farmacopea Europea, ovvero 121 °C per un
tempo di mantenimento minimo di 15 minuti, o altre combinazioni tempo/temperatura, per
esempio 134 °C per un tempo di mantenimento minimo di 3 minuti.
Personale esecutore delle procedure di convalida
“Sviluppo, convalida e controllo di routine di un processo di sterilizzazione possono
coinvolgere una serie di parti separate, ognuna delle quali è responsabile di alcuni elementi
(I requisiti per la responsabilità sono definiti nella norma ISO 13485: 2003). La presente
parte ISO 17665 richiede che sia definita la parte che accetta particolari responsabilità
e che tale definizione di responsabilità sia documentata. Questa definizione di autorità
e responsabilità è documentata nell'ambito del sistema di gestione qualità delle parti
identificate. Alla parte che accetta le responsabilità per elementi definiti è richiesto di
assegnare tali elementi a personale competente adeguatamente addestrato e qualificato”
(UNI EN ISO 17665-1 A.4.2).
105
Il soggetto esecutore dell'attività di convalida, effettuata da un Ente terzo è particolarmente
importante. Così come dichiarato nelle Linee guida ISPESL del maggio 2010 sull'attività di
sterilizzazione e nel rapporto tecnico UNI/TR 11408:2011, deve dimostrare indipendenza
dal progettista, dal costruttore, dal fornitore, dall'installatore, dall'acquirente, dal proprietario,
dall'utilizzatore o dal manutentore delle apparecchiature/sistemi sottoposti a ispezione e non
deve essere il rappresentante autorizzato di una qualsiasi di queste parti.
Nella Figura n. 13 è rappresentata la flow chart dei controlli periodici per la validazione del
processo di sterilizzazione.
Figura n. 13: Flow chart per validazione del processo di sterilizzazione
La QI è di responsabilità del Committente che deve verificare la rispondenza alle specifiche
del contratto di fornitura avvalendosi, quando necessario, del fabbricante/fornitore e di altre
eventuali figure professionali.
La QO è di responsabilità del Committente che deve verificare che quanto installato, quando
utilizzato secondo le procedure operative previste, funzioni entro i limiti definiti.
Anche per la QO il Committente può avvalersi, se necessario, del fabbricante/fornitore e
di altre eventuali figure professionali. Il Committente, in fase di contratto di fornitura, deve
richiedere espressamente il supporto tecnico necessario per la QI e la QO.
La QP e la RPQ sono di responsabilità del Committente che deve verificare che il suo
prodotto, quando trattato secondo le procedure operative previste, sia sistematicamente
conforme ai risultati attesi.
Per la QP e la RPQ il Committente deve avvalersi di soggetti competenti che gli garantiscano
la necessaria imparzialità in relazione ai risultati delle prove.
Di fondamentale importanza è la qualità della documentazione finale relativa al processo
di convalida che deve essere completa, di facile lettura e nel contempo permettere l'analisi
dettagliata del processo ed indicare eventuali proposte di miglioramento.
106
107
CAPITOLO UNDICESIMO
DOCUMENTAZIONE E ARCHIVIAZIONE
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109
DOCUMENTAZIONE E ARCHIVIAZIONE
• Le attività di convalida;
• Le attività di manutenzione delle apparecchiature;
Documentazione
La documentazione relativa al processo di ricondizionamento, incluso il fascicolo tecnico,
serve a dimostrare che i DM sono stati sottoposti al processo, in osservanza con quanto
previsto sia dal punto di vista prestazionale sia dal punto di vista della tutela della salute
e sicurezza dei pazienti e degli utilizzatori. La documentazione deve essere catalogata,
archiviata e reperibile nei luoghi di utilizzo o facilmente accessibile al personale addetto e
conservata per un tempo definito in conformità alla legislazione e alle normative applicabili.
A titolo di esempio, così come descritto nel rapporto tecnico UNI/TR 11408:2011, la
documentazione inerente il processo di ricondizionamento si distingue in:
1) Documentazione che deve essere fornita dal fabbricante19:
• Manuali d’uso delle apparecchiature;
• Schede tecniche su DM e accessori;
• Schede di sicurezza dei prodotti chimici;
• Le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria degli strumenti
chirurgici;
• La tracciabilità dei DM;
• Il rilascio del DM20.
Archiviazione
La documentazione relativa al processo di ricondizionamento dei DMR deve essere
archiviata e conservata per un tempo indicato dalle procedure aziendali che necessariamente
dovranno rispettare le indicazioni normative specifiche per ogni tipologia di documento. A
titolo riepilogativo, oltre a garantire la conservazione della documentazione soprascritta, è
buona norma provvedere ad una gestione documentale sistematica del processo che tenga
conto anche di:
• Fornire la lista dettagliata dei DM per ogni kit;
• Istruzioni per la manutenzione ed il controllo delle apparecchiature e dei DM.
• Definire le procedure di tutte le fasi del processo di ricondizionamento,
incluse quelle per eventuali subfornitori, sia che operino all’interno o
all’esterno della struttura;
2) Documentazione che deve essere fornita dal Responsabile del processo
relativa:
• Alle responsabilità e agli incarichi del personale;
• Assicurare che le procedure siano applicate;
• Alle procedure operative, incluse quelle relative alla conservazione,
movimentazione e stoccaggio dei DM sterili;
•
• Gestire eventuali modifiche del processo di ricondizionamento
assicurandone l’efficacia e la registrazione;
• Alla progettazione del processo;
• Alle procedure comportamentali;
Effettuare periodicamente il riesame, anche con sistemi di autovalutazione;
• Redigere e tenere aggiornato il fascicolo tecnico delle famiglie di kit da
trattare;
• Al grado di formazione e addestramento del personale;
• Alla gestione delle non conformità.
• Elaborare i piani formativi specifici;
3) Documentazione relativa al processo di ricondizionamento che comprende:
• Fornire addestramento e formazione continua al personale coinvolto nel
processo.
• I risultati dei controlli e delle verifiche periodiche;
• Le registrazioni dei parametri chimici/fisici delle apparecchiature;
Per le informazioni che devono essere fornite dal fabbricante vedere UNI EN ISO 17664
19
110
Gli elenchi delle documentazioni non sono esaustivi.
20
111
Fascicolo tecnico
Figura n. 14: Esempio di procedura per l’utilizzo dello strumentario chirurgico ad uso temporaneo, in prova/
sperimentazione o in comodato d’uso
Il fascicolo tecnico costituisce raccolta della documentazione che consente di esaminare la
fabbricazione e le prestazioni dei dispositivi fabbricati, comprese le prestazioni previste, in
modo da consentire la valutazione della conformità dei prodotti ai requisiti della Direttiva
93\42 CEE del 14 Giugno 93.
Utilizzo di strumentario chirurgico per uso temporaneo, in prova/
sperimentazione o in comodato d’uso
Sempre più frequentemente accade che pervenga alle Sale Operatorie strumentario
chirurgico ad uso temporaneo ovvero in prova, in sperimentazione o in comodato d’uso
destinato ad interventi chirurgici specialistici e non. Al fine di salvaguardare la sicurezza
del paziente e prevenire eventuali rischi biologici per gli operatori, lo strumentario in
oggetto deve pervenire accompagnato da documentazione attestante che è stato sottoposto
a decontaminazione e lavaggio. La Ditta interessata deve fornire alla Struttura Sanitaria
accettante un elenco completo dello strumentario/dispositivi consegnati corredati dalle
relative schede tecniche e d’uso redatte in lingua italiana e complete. Si ritiene opportuno
precisare che per rilasciare un prodotto sicuro è necessario che lo strumentario introdotto in
azienda sia sottoposto a tutte le fasi del processo di sterilizzazione, nonostante sia presente
la certificazione di decontaminazione da parte della ditta che fornisce tali dispositivi. La
documentazione riguardante l’accettazione di strumentario ad uso temporaneo, il suo rilascio
come prodotto sterile e la sua uscita dall’azienda deve essere catalogata e archiviata secondo
gli stessi criteri descritti al paragrafo “Documentazione”, pag. 110.
Di seguito a titolo esemplificativo, non vincolante ma esaustive di tutte le necessità
organizzative, sono riprodotte:
• Una procedura che regolamenti l’utilizzo dello strumentario chirurgico ad uso
temporaneo, in prova/sperimentazione o in comodato d’uso,
• Una scheda per la richiesta di sterilizzazione,
• Una scheda di attestazione di sanificazione degli strumenti in uscita dall’azienda.
112
113
Figura n. 15: Esempio di scheda per la richiesta di sterilizzazione
114
Figura n. 16: Esempio di scheda di attestazione di sanificazione degli strumenti in uscita dall’azienda
115
CAPITOLO DODICESIMO
OUTSOURCING
116
117
OUTSOURCING
all’interno o all’esterno dell’Azienda Ospedaliera);
• Gli adempimenti burocratici e normativi (compresi i costi) per
l’autorizzazione all’esercizio;
Le dinamiche competitive sviluppatesi negli ultimi anni e la crescente necessità di conseguire
miglioramenti di efficienza hanno indotto le aziende a ricorrere talvolta alla esternalizzazione
o “outsourcing” di alcuni servizi o di intere funzioni aziendali.
• La messa in opera delle procedure di convalida e di qualifica di prestazione
delle autoclavi (UNI EN 17665-1);
Il servizio di sterilizzazione può rientrare in questa modalità organizzativa.
• Il relativo programma di manutenzione delle attrezzature;
Definizioni
L’Outsourcing, contrazione di outside resourcing (letteralmente “procurarsi dall'esterno”),
può essere definito come il processo attraverso il quale le aziende assegnano stabilmente a
fornitori esterni, per un periodo di tempo contrattualmente definito, la gestione operativa di
una o più funzioni in precedenza svolte all'interno. La Norma ISO 9001:2008 con il termine
“outsourcing” identifica la situazione nella quale uno o più processi, necessari all’erogazione
di un determinato servizio e rientranti nel sistema di gestione per la qualità aziendale, sono
affidati ad un’organizzazione esterna che provvede alla loro realizzazione. La Norma
ribadisce, quindi, che è obbligatorio pianificare le attività in outsourcing che impattano
sui requisiti dei prodotti e servizi, anche se riguardano processi di tipo gestionale, e che
bisogna esercitare un controllo adeguato sull’organizzazione a cui si affidano le attività,
esattamente come se l’attività fosse realizzata internamente. Poiché la responsabilità della
qualità del servizio erogato/prodotto fornito (come capacità di soddisfacimento di requisiti
del Cliente) appartiene comunque al Committente, l’azienda medesima deve assicurare che i
processi affidati in outsourcing siano tendenzialmente soggetti allo stesso grado di controllo
applicabile ai propri processi interni per assicurarne la conformità ai requisiti della Norma
UNI EN ISO 9001 che identifica la necessità di:
a. Una gestione pianificata dei processi in outsourcing (obbligatoria per tutti quei
processi che influiscono sui requisiti finali del prodotto e sulla qualità percepita
dal cliente);
b.Associazione di indicatori di performance per ogni processo.
Tipologie di outsourcing
Il servizio di sterilizzazione può essere esternalizzato secondo varie modalità, ma prevalgono
le seguenti tipologie: la modalità “Chiavi in mano o integrata” e il “Servizio misto”.
1) La modalità “Chiavi in mano o integrata” prevede che l’outsourcer fornisca
tutto quanto serve a garantire il processo di sterilizzazione:
• I locali della centrale di sterilizzazione (che possono essere collocati
118
• Il personale addetto alla sterilizzazione, adeguatamente formato;
• Tutti i dispositivi necessari al processo di sterilizzazione (autoclavi,
lavaferri, etichettatrici, etc.);
• La fornitura del materiale di consumo (indicatori di sterilizzazione, buste e
rotoli in carta Medical Grade, etc.) e dei dispositivi medici e accessori;
• Sistema informatico di controllo e tracciabilità del processo di
sterilizzazione;
• Adeguato sistema “Qualità” che garantisca la qualità del prodotto sterile;
• Il servizio di logistica (ritiro/consegna), etc.
2) Il “Servizio misto” si caratterizza per il fatto che uno o più aspetti del servizio
di sterilizzazione restano gestiti internamente dall’Azienda che decide di
esternalizzare il servizio.
Capitolato
Una condizione fondamentale per l’affidamento in outsourcing del servizio di sterilizzazione
è la stesura del capitolato. Il capitolato tecnico è un elaborato che definisce dettagliatamente
le attività da sottoporre ad appalto, sotto forma di noleggio o servizio. Tale documento
viene redatto dalla Committente ed è costituito da una parte tecnica, descrittiva del servizio,
e da una parte gestionale che rappresenta gli aspetti economici ed amministrativi. Viene
quindi indetta una gara a cui possono partecipare le ditte che abbiano i requisiti richiesti.
Un’apposita commissione istituita dalla Committente valuta l’offerta del servizio e l’offerta
economica quindi aggiudica al miglior offerente la fornitura del servizio. Un capitolato è
un documento contrattuale che descrive cosa si attende il Committente dall'Appaltatore.
Data la presupposta competenza tecnica dell’appaltatore nel proporre una soluzione tecnica
appropriata, il capitolato deve, di preferenza, far trasparire il bisogno in modo funzionale,
indipendentemente da qualsiasi soluzione tecnica, salvo precisare l'ambiente tecnico nel
quale la soluzione richiesta si deve inserire. Si tratta così di un documento che permette da
una parte di garantire al Committente che il materiale consegnato sia conforme a quanto
119
scritto, e dall'altra evita al Committente di modificare man mano il progetto a suo piacimento
chiedendo all'appaltatore delle nuove funzionalità non previste inizialmente. Un capitolato
deve inoltre contenere tutti gli elementi che permettono all'appaltatore di giudicare la
dimensione e la complessità del progetto per proporre l'offerta più adatta in termini di costi,
tempi di consegna, risorse umane e di qualità.
Elementi caratterizzanti il capitolato tecnico
Un contratto che preveda la definizione chiara e per iscritto delle responsabilità delle varie
fasi del processo di sterilizzazione, nonché la copertura dei rischi e le forme di eventuali
risarcimenti, è di fondamentale importanza per facilitare il controllo dell’attività esternalizzata.
L’outsourcer deve fornire, oltre alla dichiarazione delle proprie capacità tecnico-professionali, il progetto di gestione dell’intero processo di sterilizzazione, conforme alla normativa
vigente, al fine di verificare la validità dello stesso, e precisamente informazioni su:
• Attività di progettazione, programmazione e organizzazione del servizio;
• Utilizzo delle risorse umane;
al servizio, oltre all’organigramma e alle attribuzioni dei livelli di responsabilità.
Aspetti organizzativi e operativi
L’azienda Committente deve stabilire e descrivere nel capitolato tecnico le fasi e le modalità
di rilevazione del processo che devono essere sottoposte a controlli e verifiche. Al fine di
effettuare una corretta valutazione del servizio reso, ogni azienda sanitaria dovrà definire le
strategie di controllo elaborando apposite schede o strumenti di verifica e valutazione, che
prendano in esame:
• gli aspetti normanti la materia,
• l’efficacia del servizio reso,
• i criteri di verifica dell’intero processo da parte dell’azienda e ove necessario in
contraddittorio,
•la modalità di rilevazione delle non conformità e i conseguenti interventi
correttivi.
• Gestione delle attrezzature, delle tecnologie e degli arredi;
• Manutenzione e rinnovo tecnologico;
• Adattamento tecnico-impiantistico dei locali;
• Fornitura dei materiali di consumo;
• Sistema di gestione della qualità;
• Validazione degli impianti e dei processi;
• Monitoraggio e verifica sistematica dell’intero processo di sterilizzazione;
• Sistema di etichettatura e di rintracciabilità dei dispositivi;
• Sistema informatico per il controllo e la gestione del flusso del materiale.
La formazione e l’addestramento richiesto per il personale devono essere equivalenti alle
specifiche mansioni pertanto deve essere attestata un’adeguata preparazione degli operatori,
siano essi dipendenti di una struttura sanitaria o di una ditta che si occupa di sterilizzazione
in outsourcing.
L’Azienda Appaltatrice deve assumere la responsabilità di informazione e controllo del
personale che deve avere un comportamento conforme all’attività e al ruolo assunto in
osservanza della normativa vigente e dei regolamenti dell’Azienda sanitaria. L’Azienda
Sanitaria deve essere in possesso delle informazioni sul numero degli operatori in dotazione
120
121
Figura n. 17: Esempio di scheda di rilevazione qualità del Servizio Sterilizzazione
SCHEDA DI RILEVAZIONE DELLA QUALITÀ DEL SERVIZIO
STERILIZZAZIONE
Reparto/Servizio
Coordinatore infermiertico
SERVIZIO
FERRI CHIRURGICI
CAPITOLO TREDICESIMO
INDICATORI
Confezione integra
Quantità inviata corrispondente
Ferri chirurgici puliti
Orario consegna rispettato
Sistema tracciabilità presente
CONFORME NON CONFORME
IL PROCESSO DI RICONDIZIONAMENTO
DEI DMR IN AMBITO ODONTOIATRICO
Indicatori di viraggio presenti
Container pulito
GARZA E TELERIA
Confezione integra
Quantità richiesta corrispondente
Giorno consegna rispettato
Orario consegna rispettato
Sistema tracciabilità presente
Indicatori di viraggio presenti
Container pulito
CALZATURE
Zoccoli puliti
Quantità inviata corrispondente
Abbinamento numerico o nominativo
rispettato
Giorno consegna rispettato
NOTE
.................................................................................................................................................................................................
Data
Firma
122
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IL PROCESSO DI RICONDIZIONAMENTO
DEI DMR IN AMBITO ODONTOIATRICO
In campo odontoiatrico, la sterilizzazione dei DMR rappresenta una criticità intrinseca
legata alla pratica clinica stessa e al fatto che il processo di ricondizionamento è svolto
prevalentemente in strutture ambulatoriali, dove i requisiti minimi previsti per l'attività di
sterilizzazione devono essere necessariamente rispettati in ambiti strutturalmente più ristretti
con maggiori difficoltà di distinzione dei percorsi “sporco/pulito”.
I dati epidemiologici mondiali e nazionali riguardo la diffusione di alcune malattie infettive,
in particolare epatiti virali di tipo B, C e infezioni da HIV, devono portare ad un controllo
costante per la prevenzione della trasmissione delle stesse in odontoiatria nella pratica clinica
quotidiana.
La tipologia degli interventi erogati in ambito odontoiatrico è rappresentata da prestazioni
spesso brevi ma ripetute ed invasive ed erogate a più utenti in rapida successione.
L'utilizzo, inoltre, di dispositivi particolarmente complessi per geometria e per dimensioni
(frese, punte per ablatori, terminali per conservativa, centratori RX, manipoli, turbine, etc.),
sia privi di motore sia con motore, impongono la conoscenza e la completa adesione alle
buone pratiche di igiene e dei processi di disinfezione e di sterilizzazione.
Non ultimo, l'utilizzo del riunito (il sistema composto da poltrona e attacchi per la
strumentazione dentistica), implica un rischio infettivo derivante dalla contaminazione dei
circuiti idrici, dell'aria e delle superfici di lavoro.
Requisiti minimi strutturali, impiantistici, tecnologici, organizzativi
Il manuale per l'Accreditamento Regionale 2009: “Requisiti ed indicatori per l'accreditamento
delle attività sanitarie delle strutture pubbliche e private della regione Liguria ai sensi del
DPR 14 Gennaio 1997 e della LR 07/99 n. 20”, distingue gli ambulatori odontoiatrici in
Primo e Secondo Livello.
Sono ambulatori odontoiatrici di Primo Livello quelli eroganti prestazioni odontoiatriche di
base (quadro da B.9.1 a B.9.1.4 del manuale), di Secondo Livello quelli eroganti prestazioni
odontoiatriche di chirurgia maxillo-facciale (quadro da B.9.2.1 a B.9.2.3 del manuale).
Si rimanda a tale documento per l'identificazione dei requisiti minimi specifici per le aree
presenti all'interno della propria Azienda e alle procedure aziendali specifiche in uso.
Attività di sterilizzazione in ambito odontoiatrico
I requisiti minimi stabiliti per le attività di disinfezione e sterilizzazione in ambienti
ambulatoriali sono definiti nel Criterio B.10 del Manuale dell'Accreditamento della Regione
Liguria. Alcuni tra i requisiti inseriti nel documento sopraccitato definiscono che:
• Le attività di sterilizzazione possono essere gestite direttamente o tramite
convenzione;
• Tali attività di sterilizzazione devono essere svolte in un locale separato dotato di
bancone ed apparecchiatura per la sterilizzazione, spazio per la preparazione del
materiale, il pavimento deve essere adeguato per una corretta sanificazione;
• Il personale sanitario e/o tecnico è adeguato alla tipologia e al volume di
prestazioni erogate e l'organico minimo deve garantire almeno un infermiere
addestrato specificatamente;
• Il processo di sterilizzazione avviene in base a protocolli e/o linee guida approvate
e tale processo deve essere controllato.
Tutti i dispositivi che vengono a contatto con tessuti, sangue, secrezioni, cute e mucose lese
vanno sottoposti a sterilizzazione, previa decontaminazione, disassemblaggio, detersione,
etc., seguendo le indicazioni fornite nel capitolo 5 e attenendosi ai requisiti strutturali e
organizzativi minimi previsti dalla normativa di riferimento regionale.
I DM nuovi, devono essere detersi prima di essere sottoposti al processo di sterilizzazione
per rimuovere i residui di lubrificante e/o altre sostanze utilizzate nella produzione degli
stessi.
Tenendo conto di questi presupposti è importante sottolineare che:
• Spesso l'area dove avviene la decontaminazione dei DM non è separata dall'area
dove si svolgono le prestazioni odontoiatriche pertanto tali attività devono
svolgersi il più lontano possibile dal riunito o comunque in assenza del paziente
per evitare l'esposizione ad aerosol o schizzi durante la procedura di lavaggio
manuale dei DMR;
• La possibilità di avere un termodisinfettore costituisce un elemento migliorativo;
• Le autoclavi generalmente utilizzate negli ambulatori odontoiatrici sono “piccole
sterilizzatrici” pertanto devono rispondere alla norma EN 13060 e devono essere
validati i cicli di “tipo B” (vedi capitolo dedicato);
• É fondamentale garantire la rintracciabilità del processo (codice autoclave,
124
125
numero progressivo ciclo e tipologia di ciclo di sterilizzazione, data di scadenza,
codice operatore);
• Data la criticità di ricondizionamento dei dispositivi utilizzati in questo ambito,
utilizzare quanto più possibile materiali monouso e attenersi alle indicazioni del
fabbricante per il trattamento dei DMR (EN 17664);
• L'igiene ambientale negli ambulatori dentistici è particolarmente importante in
quanto le superfici possono essere facilmente contaminate dalla produzione di
aerosol da parte di strumentario rotante e/o ad ultrasuoni, pertanto è indispensabile
un'accurata sanitizzazione delle superfici di lavoro svolta frequentemente (tra un
paziente e l'altro);
• La contaminazione microbica dei circuiti idrici del riunito proviene
essenzialmente da due fonti: acqua di rete e reflussi d'acqua in corso di utilizzo
(aspirazione retrograda di materiale contaminato all'interno del manipolo
durante le numerose interruzioni degli strumenti rotanti).
Inoltre, la struttura dei componenti e la corrosione delle parti metalliche possono
favorire la contaminazione microbica del circuito con la formazione di biofilm
(ulteriore difficoltà alla decontaminazione).
Tra le possibili soluzioni per contenere tale rischio ricordiamo il flussaggio
(far scorrere l'acqua dai manipoli dalle siringhe aria/acqua e dai rubinetti per
almeno due minuti prima di iniziare l'attività odontoiatrica giornaliera e per
almeno 20-30 secondi tra un paziente e l'altro), l'uso di valvole antireflusso
e filtri antimicrobici, installazione di addolcitori, utilizzo di acqua sterile in
appositi contenitori e manutenzione igienica delle parti esterne. Per il sistema
disinfettante interno al riunito consultare le indicazioni del fabbricante sia per la
tipologia di disinfettanti da utilizzare sia per la modalità e la frequenza.
Ogni Azienda, in questo ambito così critico e delicato, deve prevedere di redigere
raccomandazioni specifiche, procedure e protocolli operativi propri, basati su un'attenta
valutazione del rischio.
GLOSSARIO
Agente sterilizzante
Airlock
Analisi dei rischi
Bacillus subtilis
Dispositivo che permette il controllo e la minimizzazione delle
variazioni di pressione da due ambienti che hanno diverse pressioni
Identificazione dei pericoli associati ai dispositivi medici, per
stimare e valutare i rischi associati, per controllare tali rischi e per
monitorare l’efficacia dei controlli in conformità con la norma UNI
CEI EN ISO 14971 - Gestione dei rischi per i dispositivi medici 2012. (La norma affronta la valutazione della conformità ai requisiti
obbligatori fissati dalla legislazione europea e nazionale in materia
di dispositivi medici e impiantabili e copre tutte le fasi di vita del
DM dalla progettazione alle informazioni di produzione e post
produzione)
Microrganismo in grado di formare spore e utilizzato per il controllo
biologico delle sterilizzatrici a gas (v. Indicatore biologico)
bar
Unità di misura della pressione atmosferica pari a 1 atmosfera, nel
sistema internazionale pari a 100.000 Pascal (Pa)
Battericida
Sostanza chimica o fisica in grado di distruggere i batteri
Bioburden
Carica microbica presente su un oggetto/substrato/dispositivo
Bowie & Dick
Prova applicabile alle sterilizzatrici a vapore che consiste nel
controllo della penetrazione del vapore con metodo indiretto.
Consente di verificare che non vi siano bolle d’aria all’interno
dell’autoclave dopo l’evacuazione forzata della stessa e prima
dell’immissione di vapore saturo
Carico cavo A
Carico cavo B
Convalida
126
Agente fisico, chimico o in combinazione che ha un'attività
microbicida sufficiente a conseguire la sterilità in condizioni definite
Spazio aperto a una sola estremità dove il rapporto lunghezza e
diametro della cavità è maggiore o uguale a 1 e minore o uguale a
750 e la lunghezza della cavità non è maggiore a 1.500 mm, oppure
spazio aperto ad entrambe le estremità il cui rapporto tra lunghezza
e diametro della cavità è maggiore o uguale a 2 e minore o uguale a
1.500 e la lunghezza della cavità non è maggiore di 3.000 mm
Spazio aperto a una sola estremità dove il rapporto lunghezza e
diametro della cavità è maggiore o uguale a 1 e minore o uguale a 5
e in cui il diametro è maggiore o uguale a 5 mm, o spazio aperto ad
entrambe le estremità il cui rapporto tra lunghezza e diametro della
cavità è maggiore o uguale a 2 e minore o uguale a 10 e il diametro
della cavità è maggiore o uguale a 5 mm Sono da intendersi cavità
anche cerniere, snodi e altri accoppiamenti meccanici.
Verifica dell’intero processo di ricondizionamento in tutte le sue fasi
con individuazione e misura dei parametri funzionali. Si compone
di: Qualifica di Installazione (QI), Qualifica Operativa (QO) e
Qualifica di Prestazione (QP)
127
Decontaminazione
Procedura eseguita con l’ausilio di agenti chimici/fisici per ridurre la
contaminazione microbica dagli oggetti o dalle superfici
Degasificazione - Degasaggio
Desorbimento dell’Ossido di Etilene e dei suoi prodotti di reazione
dal carico mediante un definito trattamento al di fuori della
sterilizzatrice dopo la conclusione del ciclo di sterilizzazione
Detersione
Processo di rimozione dei residui di sostanze organiche e inorganiche
Disinfezione
Procedimento in grado di ridurre o inibire la crescita dei
microrganismi sulle superfici inanimate. Generalmente non ha
effetto sulle spore batteriche
Dispositivo monouso
Dispositivo Sterile
Dispositivo sterilizzato
DM (Dispositivo medico)
Dispositivo destinato ad essere utilizzato una sola volta per un solo
paziente
Qualsiasi oggetto opportunamente confezionato, sottoposto a
sterilizzazione e in grado di mantenere nel tempo la condizione di
sterilità
Qualsiasi oggetto sottoposto a sterilizzazione e che non sia in grado
di mantenerla nel tempo perché privo di confezionamento adeguato,
ossia di SBS
Qualsiasi strumento, apparecchio, impianto, sostanza o altro
prodotto, utilizzato da solo o in combinazione (compreso il software
impiegato per il corretto funzionamento) e destinato dal fabbricante
ad essere impiegato nell’uomo a scopo di diagnosi, prevenzione,
controllo, terapia o attenuazione di una malattia
DMR
Dispositivo Medico Riutilizzabile
DPI (Dispositivo di
protezione individuale)
Qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta
dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi
suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro,
nonché ogni complemento e accessorio destinato allo scopo
Fabbricante
Famiglia di prodotti
Famiglie di kit
Fase di esposizione
Gas non condensabili
La persona fisica o giuridica responsabile della progettazione,
della fabbricazione, dell'imballaggio e dell'etichettatura di un
dispositivo in vista dell'immissione in commercio a proprio nome,
indipendentemente dal fatto che queste operazioni siano eseguite da
questa stessa persona o da un terzo per suo conto.
Gruppi o sottogruppi di prodotti destinati alla sterilizzazione con
caratteristiche similari quali massa, materiale, costruzione, forme,
lumi, sistema di imballaggio
Assemblaggio di DM appartenenti alla stessa tipologia con criticità
e caratteristiche simili
Fase durante la quale i Dispositivi Medici vengono a contatto con
l'agente sterilizzante
Aria e/o altri gas che non si liquefanno nelle condizioni di un
processo di sterilizzazione a vapore saturo
128
Geobacillus stearothermophilus
Helix test / Hollowload test
Indicatore biologico
Microrganismo in grado di formare spore resistenti alle alte
temperature e utilizzato per i controlli biologici nelle autoclavi a
vapore [v. Indicatore biologico]
Test per dimostrare la capacità di penetrazione del vapore nei corpi
cavi
Sistema di prova contenente microrganismi vitali che forniscono
una resistenza definita a un processo di sterilizzazione specificato
[ISO/TS 11139:2006, definizione 2.3]
Indicatore chimico
Dispositivo ad azione chimica o chimico-fisica con il quale vengono
monitorati uno o più parametri della sterilizzazione
Kit
Insieme di uno o più DM e dell’eventuale SBS
Lotto di sterilizzazione
Insieme di dati (n° dell’autoclave, n° progressivo del ciclo, codice
del ciclo selezionato e dell’operatore, date di sterilizzazione e di
scadenza) che permettono di individuare il materiale sottoposto ad
un preciso ciclo di sterilizzazione
Norma
Norma tecnica
Norma tecnica armonizzata
Documento che definisce le caratteristiche (dimensionali,
prestazionali, ambientali, di qualità, di sicurezza, di organizzazione
ecc.) di un prodotto, processo o servizio, secondo lo stato dell'arte
Specifica tecnica adottata da un organismo di normazione
riconosciuto, per applicazione ripetuta o continua, la cui osservanza
non sia obbligatoria e che appartenga a una delle seguenti categorie:
• norma internazionale (ISO)
• norma europea (EN)
• norma nazionale (UNI)
Una norma europea adottata sulla base di una richiesta della
Commissione ai fini dell'applicazione della legislazione dell’Unione
sull’armonizzazione
Overkill
Detto anche tempo di sicurezza, è il tempo da aggiungere al tempo
di uccisione per escludere rischi non calcolabili
PCD (Process Challenge Device)
Dispositivo di prova del processo
PP/SI (Proctetive Packing/
Sistema di Imballaggio)
Imballaggio protettivo
Qualifica di Installazione (QI)
Qualificazione di Prestazione (QP)
Qualificazione Operativa
Processo per ottenere e documentare l'evidenza che l'apparecchiatura
è stata fornita ed installata in conformità alla relativa specifica
Procedura per ottenere e documentare l'evidenza che
l'apparecchiatura, così come accettata in servizio, sia in grado di
fornire un prodotto accettabile quando utilizzata in conformità alle
specifiche di processo
Processo che permette di ottenere e documentare l'evidenza che
l'apparecchiatura installata funziona entro i limiti predeterminati
quando utilizzata in conformità alle sue procedure operative
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Riqualificazione di
prestazione (RQP)
SAL (Sterility Assurance Level)
SBS (Sistema di barriera sterile)
Scheda di sicurezza
Procedura per confermare i dati registrati durante la qualificazione
di prestazione
Livello di Sicurezza di Sterilità, corrisponde alla probabilità di
reperire un microrganismo sopravvivente all’interno di un lotto di
sterilizzazione inferiore a 10-6
Imballaggio minimo che impedisce l’ingresso di microrganismi e
consente la presentazione asettica del prodotto al sito di impiego
Scheda informativa che il responsabile dell'immissione sul mercato
di un preparato pericoloso deve fornire al destinatario del preparato
stesso. Deve essere redatta in lingua italiana, in modo chiaro e
fornire indicazioni utili all’adozione delle misure di sicurezza per
consentire agli utilizzatori di adottare le misure necessarie per la
protezione della salute, della sicurezza e dell'ambiente sul luogo di
lavoro
Scheda tecnica
Documento in lingua italiana che riporta le informazioni che devono
essere fornite dal fabbricante del Dispositivo Medico
Set
L’insieme di più kit destinato ad uno specifico utilizzo
Sistema di Confezionamento
Combinazione di sistema di barriera sterile e imballaggio protettivo
Sterilizzazione
Qualsiasi processo fisico o chimico e convalidato che porta alla
distruzione di tutte le forme di microrganismi viventi, comprese le
spore
Test del vuoto (vacuum test)
Verifica applicabile alle sterilizzatrici a vapore saturo per dimostrare
la tenuta della camera di sterilizzazione
TNT
Tessuto Non Tessuto
TTR
Tessuto Tecnico Riutilizzabile
US (Unità di sterilizzazione)
Unità di misura internazionale corrispondente ad un parallelepipedo
le cui dimensioni sono pari a cm 30 x 30 x 60
Vapore saturo
Vapore d'acqua in stato d'equilibrio tra condensazione ed
evaporazione
NORME DI RIFERIMENTO E BIBLIOGRAFIA
1 MINISTERO DELLA SALUTE, Circolare Ministeriale n. 56 del 22/06/1983 - Impiego
del gas tossico Ossido di Etilene
2 MINISTERO DELLA SANITÀ, Decreto Ministeriale 28 Settembre 1990 - Norme di
protezione dal contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali
pubbliche e private (G.U. Serie Generale, n. 235 del 08 Ottobre 1990)
3 Direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 Giugno 1993 concernente i dispositivi medici
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. L 169 del 12/07/1993
4 DPR 14 Gennaio 1997 - Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni
e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali,
tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle
strutture pubbliche e private Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 20 Febbraio 1997, n.
42, S.O.
5 D. Lgs 24 Febbraio 1997, n. 46 - Attuazione della direttiva 93/42/CEE, concernente i
dispositivi medici (Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 Marzo 1997, n. 54, Supplemento
Ordinario)
6 MINISTERO DELLA SALUTE, Circolare Ministeriale del 01/04/2005
7 D. Lgs 9 Aprile 2008, n. 81 - Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 Agosto 2007, n.
123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.(GU n. 101
del 30-4-2008 - Suppl. Ordinario n. 108 )
8 D. Lgs 25 Gennaio 2010, n. 37 - Attuazione della direttiva 2007/47/CE che modifica
le direttive 90/385/CEE per il ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri
relative ai dispositivi medici impiantabili attivi, 93/42/CE concernente i dispositivi
medici e 98/8/CE relativa all'immissione sul mercato dei biocidi (10G0053) (G.U. Serie
Generale, n. 60 del 13 Marzo 2010)
9 UNI EN 1422:2000 - Sterilizzatrici per uso medico - Sterilizzatrici ad ossido di etilene
- requisiti e metodi di prova (attualmente aggiornata all'edizione 2009)
10 UNI EN 556-1:2002 - Sterilizzazione dei dispositivi medici - Requisiti per i dispositivi
medici che recano l’indicazione "STERILE" - Requisiti per i dispositivi medici sterilizzati
terminalmente
130
11 UNI EN ISO 17664:2005 - Sterilizzazione dei dispositivi medici - Informazioni che
devono essere fornite dal fabbricante per i processi di dispositivi medici risterilizzabili
131
12 UNI EN ISO 11607-2:2006 - Imballaggi per dispositivi medici sterilizzati terminalmente
- Parte 2: Requisiti di convalida per il formato, la tenuta e i processi di assemblaggio
13 UNI EN ISO 17665-1:2007 - Sterilizzazione dei prodotti sanitari - Calore umido - Parte
1: Requisiti per lo sviluppo, la convalida e il controllo di routine di un processo di
sterilizzazione per dispositivi medici
14 UNI EN ISO 11135-1:2008 - Sterilizzazione dei prodotti sanitari - Ossido di Etilene Parte 1: Requisiti per lo sviluppo, la convalida e il controllo sistematico di un processo
di sterilizzazione per dispositivi medici
15 UNI CEN ISO/TS 17665-2:2009 - Sterilizzazione dei prodotti sanitari - Calore umido
- Parte 2: Guida all’ applicazione della ISO 17665-1
16 UNI EN 285:2009 - Sterilizzazione - Sterilizzatrici a vapore - Grandi sterilizzatrici
17 UNI EN ISO 10993-7:2009 - Valutazione biologica dei dispositivi medici - Parte 7:
Residui di sterilizzazione a Ossido di Etilene
18 UNI EN ISO 14937:2009 - Sterilizzazione dei prodotti sanitari - Requisiti generali
per la caratterizzazione di un agente sterilizzante e per lo sviluppo, la convalida ed il
controllo sistematico di un processo di sterilizzazione per dispositivi medici
19 UNI EN ISO 15883-1:2009 - Apparecchi di lavaggio e disinfezione - Parte 1: Requisiti
generali, termini, definizioni e prove
20 UNI EN ISO 15883-2:2009 - Apparecchi di lavaggio e disinfezione - Parte 2:
Requisiti e prove per apparecchi di lavaggio e disinfezione per strumenti chirurgici,
apparecchiature per anestesia, corpi cavi, piani, recipienti, utensili, vetreria, etc., che
utilizzano la disinfezione termica
21 UNI EN 868-10:2009 - Imballaggi per dispositivi medici sterilizzati terminalmente Parte 10: Materiali non tessuti rivestiti di adesivo a base di poliolefine - Requisiti e
metodi di prova
22 UNI EN 868-2:2009 - Imballaggi per dispositivi medici sterilizzati terminalmente Parte 2: Involucri di sterilizzazione - Requisiti e metodi di prova
23 UNI EN ISO 11140-1:2009 - Sterilizzazione dei prodotti sanitari - Indicatori chimici Parte 1: Requisiti generali
24 UNI EN 13060:2010 - Piccole sterilizzatrici a vapore
25 UNI/TR 11408:2011 - Guida alla progettazione, allo sviluppo e al controllo del processo
132
di ricondizionamento dei dispositivi medici riutilizzabili (DM) sterilizzabili mediante
vapore
26 UNI CEI EN ISO 14971:2012 - Gestione dei rischi per i dispositivi medici
27 UNI CEI EN ISO 13485:2012 - Dispositivi medici - Sistemi di gestione per la qualità Requisiti per scopi regolamentari 21
28 UNI CEI EN ISO 15223 - 1:2012 - Dispositivi medici – Simboli da utilizzare nelle
etichette del dispositivo medico, nell’etichettatura e nelle informazioni che devono
essere fornite – Parte 1- Requisiti generali
29 RREGIONE LIGURIA, D.G.R. n. 1545 del 17/12/2010, Piano Regionale della
Prevenzione 2010 - 2012
30 Regolamento UE 1025 del PARLAMENTO EUROPEO e del Consiglio del 25 Ottobre
2012 sulla normazione europea
31 Rapporto dell’Institute of Medicine (IOM), To err is human: building a safer health
system, 1999
32ISPESL Linee Guida sull'attività di sterilizzazione quale protezione collettiva da agenti
biologici per l'operatore nelle strutture sanitarie (D.Lgs.81/2008 e s.m.i.), Maggio
2010
33 M. Bezziccheri, C. Catalano, M. Catassi, A. Lorenzon, E. Noferini, E. Panni, R. Scaini,
S. Zalapi, Dal rischio clinico alla direttiva europea 93/42, al processo di sterilizzazione,
quali relazioni, ALINEA EDITRICE S.r.l. 2007
34 R. Scaini, La sterilizzazione ospedaliera alla luce della Direttiva Europea 93/42 sui
Dispositivi Medici, ALINEA EDITRICE S.r.l. Maggio 2010
35 Manuale Accreditamento Regione Liguria “Requisiti ed indicatori per l'accreditamento
delle attività sanitarie delle strutture pubbliche e private della regione Liguria”
36 Azienda Provinciale Servizi Sanitari - Provincia Autonoma di Trento, Quaderno di
lavoro, Il processo di ricondizionamento dei dispositivi medici riutilizzabili in ambito
odontoiatrico, 2013
21
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN ISO 13485 (edizione Febbraio 2012) Sostituisce UNI
CEI EN ISO 13485: 2004 - UNI EN ISO 13485: 2004 e tiene conto dell'errata corrige di Luglio 2012 (AC:2012). La norma
specifica i requisiti per i sistemi di gestione per la qualità che permettono ad una organizzazione di dimostrare la sua capacità
di fornire dispositivi medici e relativi servizi che siano conformi ai requisiti dei clienti e ai requisiti regolamentari applicabili a
tali dispositivi medici.
133
37 MINISTERO DELLA SALUTE - Unità di Crisi, Prot. 400.3/120.33/4786 del
23/10/2001
38 REGIONE LIGURIA DGR n. 778 del 19/07/2002 (dove sono inserite Linee Guida
sulla “Prevenzione della diffusione delle malattie da prioni in ambiente ospedaliero”)
39Agenzia Sanitaria e Sociale Regionale, Regione Emilia Romagna Memo 5 Sterilizzazione in ambito sanitario e sociosanitario, Luglio 2010
40 E.A.S.Y. “Dal rischio clinico, alla Direttiva Europea 93/42, al processo di sterilizzazione,
quali relazioni”, 2009
41 A.I.O.S. “Il processo di sterilizzazione: corrette procedure per un sistema di qualità”,
2006
42 IRCCS Giannina Gaslini, Gruppo controllo igienico aree degenziali, ICI Gruppo
Operativo CIO, Direzione Sanitaria, Fasi di progettazione delle procedure per la
prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza e iter di verifica, vol 4
Igiene ospedaliera, 2010
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Progetto grafico e stampa a cura di
NuovaSet Marketing e Pubblicità - Genova
Finito di Stampare
Maggio 2014
Copie stampate
500
Copia del volume può essere richiesta a
Agenzia Regionale Sanitaria, Ars Liguria
Piazza della Vittoria 15, 3° piano, interno 19 - 16121 Genova
Tel. 010.548.8219 - Fax 010.548.4147
Oppure può essere scaricata dal sito internet ARS Liguria:
http://www.arsliguria.it
I contenuti tecnici e le opinioni espresse sono di esclusiva responsabilità dellʼautore.
Il documento è di proprietà esclusiva dellʼAgenzia Regionale Sanitaria Ars Liguria.
Questa pubblicazione può essere utilizzata da terzi per fini informativi, di studio o didattici purché sia citata la fonte.
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Marketing e Pubblicità - Maggio 2014