La pedofilia Dinamiche socio-culturali e narcisismo deviato

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La pedofilia Dinamiche socio-culturali e narcisismo deviato
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI L’AQUILA
Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità Pubblica, Scienze della Vita e Ambiente
Corso di Laurea in Scienze dell’Investigazione
(classe di Laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche - classe L-34)
TESI DI LAUREA
IN
Comportamento ed Aggressività
La Pedofilia:
Dinamiche socio-culturali ed aspetti di un narcisismo deviato
Relatore:
Chiar.mo Prof.
Roberto Filippini
Laureanda:
Sciumé Giada
(matricola: 195776)
Anno Accademico 2011/2012
1
Qualcuno,con
… un sorriso addosso,
Mi dice, giochiamo insieme dai.
Ti compro, un aquilone rosso,
Se lo vuoi!
Avevo appena aperto gli occhi,
ma il buio, mi raggiungeva già.
Due mani rubavano al mio corpo
l'innocenza!…
Ma perché è toccato a me fra tanta gente?…
Ma che cosa c'entro io con quella gente?…
Qualcuno mi renda l'anima!
[...]
Madre, quei segni sul mio corpo…
Certo, non li hai capiti mai!
In quel gioco losco…
vinsi un aquilone,
E persi l'anima!!
[...]
Qualcuno mi renda l'anima!!!
Dio, qualcuno mi renda l'anima!
(R. Zero, Qualcuno mi renda l'anima)
2
Indice
Introduzione................................................................................................................................pag.5
1. Cos'è la pedofilia, cos'è il narcisismo?...................................................................................pag.7
1.1 Cos'è la pedofilia? Etimologia di un termine infinito.................................................pag.7
1.2 Chi è il pedofilo? Tipi di pedofilia esistenti..............................................................pag.12
1.3 La cultura pedofila....................................................................................................pag.17
1.4 Fenomenologia.........................................................................................................pag.20
1.5 Cos'è il narcisismo? Breve sintesi degli studi sul
narcisismo e idee sulle relazioni con la pedofilia.......................................................................pag.22
1.6 Brevi cenni sulla legislazione....................................................................................pag.29
1.6.1 La legislazione in Italia....................................................................................pag.30
1.6.2 La legislazione in Francia................................................................................pag.30
1.6.3 La legislazione in Grecia..................................................................................pag.31
1.6.4 La legislazione in Portogallo...........................................................................pag.32
1.6.5 La legislazione in Spagna.................................................................................pag.33
2. Pedofilia: la storia................................................................................................................pag.34
2.1 Cronaca mondiale della pedofilia...........................................................................pag. 34
2.2 La pedofilia e la società odierna.............................................................................pag. 47
2.2.1 Pedofilia femminile..........................................................................................pag.47
2.2.2 Pedofilia e Incesto............................................................................................pag.52
2.2.3 Pedofilia e sette sataniche................................................................................pag.53
2.2.4 Cyberpedofilia..................................................................................................pag.55
2.2.5 Pedofilia e Chiesa............................................................................................pag.58
2.2.6 Il turismo sessuale............................................................................................pag.61
2.3 Mito e pedofilia........................................................................................................pag.64
2.3.1 Favole e Fiabe, folklore popolare tra finzione e realtà …........................…..pag.67
2.3.2 Fantasia e società odierne: lolicon, shotacon ecc..........................................pag 75
3. Studi e Teorie.......................................................................................................................pag.83
3.1 La nascita della definizione di abuso sui minori: Kempe.......................................pag.83
3.2 Psicologia dinamica................................................................................................pag.85
3.3 Psicologia analitica.................................................................................................pag.88
3
3.4 Altre teorie.................................................................................................................pag.89
4. False memorie, tecniche di recupero e prevenzione...........................................................pag.95
4.1 False memorie...........................................................................................................pag.96
4.2 Espedienti pedofili.....................................................................................................pag 97
4.3 Tecniche di approccio ad un bambino abusato.........................................................pag.98
4.3.1 Step-wise interview.........................................................................................pag.99
4.3.2 Intervista cognitiva e intervista strutturata...................................................pag.99
4.3.3 Disegni...........................................................................................................pag.101
4.3.4 Esami medici e bambole anatomicamente corrette.......................................pag.102
4.3.5 Test proiettivi e semi-proiettivi......................................................................pag.102
4.3.6 Terapie cognitivo-comportamentali, familiari e di gruppo...........................pag.103
4.4 Il recupero dei soggetti devianti..............................................................................pag.103
4.5 La prevenzione.......................................................................................................pag. 106
5. Associazione Prometeo........................................................................................................pag.108
5.1 Intervista al fondatore: Massimiliano Frassi......................................................................pag.109
6. Conclusioni: la pedofilia è una malattia?..........................................................................pag.117
Appendice A.............................................................................................................................pag.119
Appendice B.............................................................................................................................pag.149
Ringraziamenti finali..............................................................................................................pag.171
Bibliografia e Sitografia..........................................................................................................pag.172
4
Introduzione
Questo elaborato nasce dall'interesse della candidata per il problema della pedofilia e le sue
ripercussioni nella società odierna. Come studentessa del Corso di Laurea in Scienze
dell'Investigazione, ha studiato in maniera puntuale molte materie-chiave, come Diritto Penale o
Psicologia Giuridica, oltre che Comportamento e Aggressività (ottenendo buoni risultati in tutte le
discipline) e intende approfondire la sua formazione in questo campo, iscrivendosi per prima cosa
ad un Corso di Laurea Specialistica affine ai suoi studi, e infine cercando di continuare questo suo
percorso anche nel mondo del lavoro. Partiamo dal presupposto che la pedofilia è un fenomeno
antico come il mondo, eppure può essere considerato un abominio presso molte culture o, al
contrario, un rito di passaggio accettato e incoraggiato in altre; da ciò si evince che la società e la
realtà giuridica rivestono un ruolo fondamentale nella comprensione del fenomeno. La tesi tenta di
inquadrare in prima battuta il problema, cercando di descrivere cos'è la pedofilia oggi.
Presenteremo i vari aspetti storici che hanno caratterizzato fin dall'alba dei tempi questo fenomeno
(i riti d'iniziazione e la storia mondiale, dall'antica Grecia fino ad oggi) e si cercherà di comprendere
come le diverse culture lo hanno introiettato ed assimilato nel proprio background culturale con
leggende, miti, fiabe e folklore, ma anche film e romanzi. Tutto questo precede un'analisi
approfondita degli aspetti del problema, come la classificazione secondo il DSM-IV-TR, le varie
figure del pedofilo e gli e studi di settore; in particolare l'elaborato si concentra su una teoria: il
collegamento tra pedofilia e disturbi narcisistici della personalità. C'è infatti una sottile linea di
contatto tra alcuni aspetti del narcisismo patologico, decritto magistralmente da autori come Kohut
o Kernberg, e alcune forme di pedofilia. Verrà spiegato nel dettaglio il narcisismo e il collegamento
che si instaura tra esso e la pedofilia, riferendo poi come oggi la psicologia, la psichiatria e la
medicina tentino strade di rieducazione e terapie per la vittima e per l'abusante. Inoltre, si collegherà
la ricerca ad una associazione specifica, la “Associazione Prometeo”, nata nel 2000 da un'idea di
Massimiliano Frassi, e tuttora impegnata nella sua lotta contro la pedofilia e la pedo-pornografia. La
candidata sceglie questa associazione perché il suo fondatore si riallaccia all'idea di malattia e
pedofilia, asserendo la non sussistenza di una “malattia”, ma di una perversione che (a parte
acclarati casi di insanità mentale, e/o patologie psichiche che minano la mente del soggetto, come
demenza senile o altro) viene compresa e assecondata, a volte in maniera inconscia, da parte del
soggetto; e questo modo di vedere si riallaccia appunto all'idea di un narcisismo deviato e
strutturato in maniera patologica. Nelle conclusioni, si cercherà di fornire (almeno parzialmente) un
nuovo punto di vista, meno conosciuto e poco approfondito in ambito accademico.
5
Seguiranno infine due brevi appendici: una contenente i testi delle fiabe citate nelle varie versioni
disponibili, utili per un confronto; l'altra contenente gli articoli menzionati nell'elaborato (alcuni in
lingua originale e tradotti dalla candidata), per fornire un approfondimento il più completo
possibile.
In conclusione, saranno riportate la bibliografia e sitografia delle fonti citate.
6
1. Cos'è la pedofilia? Cos'è il narcisismo?
La pedofilia è una perversione molto particolare, che non lascia mai indifferenti. Essa è abbastanza
peculiare rispetto alle altre parafilie riconosciute nel DSM-IV-TR, in quanto configura nella società
post-industriale un reato non solo di tipo penale, ma anche di tipo morale, che viene mal sopportato
perfino in carcere. Si aprirà ora una disamina semantica e lessicale sui vari termini che ad oggi
accompagnano la parola “pedofilia” (malattia, disabilità ecc.), parlando inoltre della fenomenologia,
delle varie legislazioni vigenti e spiegando cos'è il narcisismo, affrontando il tema sulla falsariga
degli studi di autori molto importanti del settore.
1.1 Cos'è la pedofilia? Etimologia di un termine infinito
Il termine “pedofilia” deriva dall'unione di due parole greche: “παῖς, παιδός”, cioè “paìs, paìdos”
(bambino) e “φιλία”, “filìa”(amicizia, affetto). A livello etimologico, quindi, questo lemma
corrisponde al significato di: “Affetto, amore per i bambini”. Nei comuni vocabolari1 ritroviamo:
“Deviazione sessuale caratterizzata da attrazione erotica verso i bambini, talora accompagnata da
forme di sadismo| (est.) Attrazione erotica verso persone giovanissime”. Nello stesso troviamo
inoltre la definizione del termine “pederastia”, al quale corrisponde tale significato:
“Omosessualità maschile, spec. verso i fanciulli”.
Questa parola è entrata ufficialmente nella lingua italiana nel 1935, e ciò ad una prima occhiata
indica come il fenomeno venisse considerato dalla società del tempo: un tabù, un segreto che era
misconosciuto perfino alla lingua italiana, nel tentativo forse di cancellarne l'esistenza omettendone
il nome. Nonostante questo, grazie alla proposta dello psichiatra svizzero Auguste Forel, essa era
già conosciuta e presente nei manuali di psichiatria fin dal 1905, e stava a significare: “passione
sessuale”. Pochissimi anni dopo, nel 1908, Freud pubblicò le “Teorie sessuali dei bambini”, trattato
in cui per la prima volta si parla del bambino come di un “essere pensante”, e delle sue pulsioni.
Egli infatti, descrivendo nelle sue teorie il complesso di Edipo, le varie fasi di sviluppo psicogenitale del bambino (orale, anale, fallica, di latenza e infine genitale, in età più avanzata), e la sua
celeberrima definizione del bambino: “polimorfo perverso”, rivoluziona di fatto il mondo
accademico dell'epoca e inizia a minare la stabile mentalità del tempo. Dopo di lui, vari studi si
sono susseguiti in campo antropologico, psicologico e psicanalitico, arrivando a fornire nuovi spunti
e nuovi stimoli dai quali partire per esplorare altre categorie dell'essere e patologie, come ad
esempio il narcisismo patologico.
E' interessante notare come in inglese il termine “homosexuality” corrisponda anche al termine
1 “Lo Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana”, dodicesima edizione, pag.1292.
7
“pederasta”2. Questo, a nostro avviso, è un punto importante, poiché in inglese si pone una
distinzione tra “pedofilo”, il quale colpisce tutti i generi e i tipi di bambino indistintamente e
“pederasta”, il quale presenta la caratteristica di essere “omosessuale”, quindi con un esclusivo
interesse per i maschi, e in generale per fanciulli che sono in quella fascia d'età chiamata
“adolescenza”, che va dai 12 ai 17 anni circa, e che presenta caratteri e maturità diverse rispetto a
quelle dei prepuberi. Secondo il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, arrivato ad
oggi alla sua quarta edizione riveduta e corretta (DSM-IV TR), la pedofilia è: “ L'attività sessuale
con bambini in età prima della pubertà da parte di individui che abbiano più di 16 anni ed almeno
5 anni in più di età e che avvertano questo desiderio in maniera intensa e ripetitiva per almeno sei
mesi.” e rientra nella categoria della “parafilie”.
Con il termine “parafilia” (dal greco, παρά = “presso”, “accanto”, “oltre” e φιλία = “amore”) si
indicano: “Fantasie, impulsi sessuali o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti
sessualmente, che possono riguardare oggetti, sofferenza o umiliazione di sé stessi o altri, bambini
o persone non consenzienti, che si manifestano per un periodo di almeno sei mesi”. Per noi e ai fini
del nostro elaborato, la perversione è l'espressione di un disturbo che risponde alla pulsione sessuale
e che si contrappone al concetto di perversità, che soddisfa bisogni diversi da quelli strettamente
sessuali, anche se entrambi possono presentarsi con modalità molto simili.
Innanzitutto bisogna però fare un distinguo: esistono fantasie erotiche, che possono essere più o
meno spinte o anche “perverse” (che sono presenti nella maggior parte delle persone), ma che
rimangono tali, e le fantasie che si tramutano in parafilie, che danneggiano il soggetto e la sua
visione della sessualità. Nel DSM III, il termine parafilia è andato a sostituire quello in voga fino ad
allora, perversione: con ciò si intende spiegare che il suddetto termine indica che la deviazione
deriva dall'oggetto-fonte di attrazione; si è cercato quindi di ridimensionare l'accezione
terminologica che rimandava ad un qualcosa di aberrante, e si è usciti dalla netta demarcazione che
esisteva tra “normalità” e “anormalità”, dimostrando come le parafilie siano tali solo se gravi e
senza scampo.
Gli atti sessuali devianti possono svolgersi sia abitudinariamente (quando la persona non può avere
una vita sessuale diversa da quella parafilica), o sporadicamente, in condizione di alterazione
dovute a stress, scompensi psico-fisici dati da abuso di droghe o alcool, ecc.
Anche la “Decima Revisione della Classificazione Internazionale delle Sindromi e dei Disturbi
Psichici e Comportamentali”, chiamata ICD-10, pone la pedofilia tra i disturbi della preferenza
sessuale, definendola: “preferenza sessuale per i bambini, siano essi maschi o femmine”, che può
2 Dizionario De Agostini Inglese-Italiano/Italiano-Inglese, pag. 949
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accompagnarsi o meno ad atti sessuali violenti. Ancora, De Leo e Petrucci3: “La pedofilia riguarda
tutti gli individui che vivono o confessano il loro amore erotico verso i bambini prepuberi e si
differenziano dai pederasti che si rivolgono ai maschi dagli undici ai sedici anni e dai corefili che
si rivolgono alle bambine”. Nella pedofilia, come abbiamo già accennato, esistono tipologie latenti
e attive: l'amore per i bambini non per forza coincide con l'abuso fisico, psichico o sessuale, ed
infatti la psichiatria e la criminologia distinguono nettamente i pedofili latenti, animati dal desiderio
che però rimane nella loro mente o, al massimo, confinato in atti di autoerotismo, dai “child
molester”, molestatori veri e propri che dopo una fase di fantasie sessuali o atti masturbatori che
hanno come protagonisti i bambini, passano di fatto all'abuso.
In generale, possiamo affermare che la pedofilia esclusiva è molto rara, e che non tutti coloro che
sperimentano fantasie pedofile le mettono in atto, controllando bene il proprio acting-out avendo
evidentemente un'integrità morale non compromessa.
Ad oggi, quindi, appare chiaro come la pedofilia definisca l'orientamento della libido del soggetto e
non un comportamento oggettivo; nonostante questo, spesse volte si incappa nell'errore di
generalizzare il fenomeno, dandogli un valore sostanziale che in realtà, non ha.
La pedofilia può essere infatti intesa come un fascio di fenomeni, ognuno con una genesi diversa e
ben distinta, quindi non totalmente ascrivibile all'insanità mentale piuttosto che alla perfetta
coscienza del soggetto. Ogni caso, ogni storia è a sé, e va approfondita e studiata in base al contesto
culturale, alle usanze e alla società di appartenenza dei protagonisti, oltre che alla storia personale e
al carattere di ognuno di loro.
La pedofilia effettivamente non è sempre stata vista come un comportamento sbagliato: spesso
veniva utilizzata come rito di passaggio e fattore di crescita in civiltà arcaiche, in quanto: “ L'amore
di un adulto per il fanciullo è fondato sulla trasmissione del sapere e della virtù. […] In questo
quadro, la relazione amorosa è vissuta come uno scambio: la potenza dell'eros che emana
dall'amato colpisce l'amante che ne è stimolato, per sublimazione, sul piano morale.”4, e tutt'oggi
esistono civiltà ove essa è accettata e supportata da credenze religiose o da convenzioni sociali. Ciò
che noi giudichiamo nella nostra società, con i nostri schemi e le nostre convenzioni, non è visto
allo stesso modo in un'altra società, dove magari è aberrante un altro tipo di pratica, da noi comune
e normale5.
3 De Leo e Petruccelli, 2000, p. 17
4 C. Calame, L'amore in Grecia, 2006, pag.XIV.
5 Ad esempio, mentre nella società occidentale la vedova può continuare a vivere e, se lo desidera, risposarsi, nella
società indiana è ancora pratica comune che la vedova muoia arsa viva sulla pira ove giace il marito. Coloro che
sfuggono a tale pratica sono destinata a vivere di stenti ai margini della società.
(http://www.famigliacristiana.it/informazione/news_2/articolo/vedove-in-india_230112111451.aspx ) (Appendice A,
pag 118)
9
In tutto il trattato, tenteremo di seguire un unico filo rosso, centrale nella nostra trattazione:
nonostante molti nella società odierna tentino di far passare il messaggio che tutte le persone che
compiono atti pedofili sono malate, a nostro avviso la pedofilia (come fenomeno) non è da
considerarsi una malattia, ma una pulsione sessuale deviata che porta il soggetto a desiderare di
intrattenere rapporti col minore. Il termine “malattia” proviene dal latino “male-aptus”, e da “maleactio”, entrambi traducibili con il termine di “mala-azione”; questo però non aiuta la nostra analisi,
poiché mentre nella lingua inglese si è provveduto a separare la dimensione oggettiva della malattia
(vissuta cioè dal medico e dalla società, “disease”) e quella soggettiva e personale del paziente
(“illness”), in italiano dobbiamo distinguere per forza la malattia su due distinti fronti:
1- Sul piano medico, intriso di oggettività ed esami specifici, capaci di rilevare il processo
patologico oggettivo;
2- Sul piano soggettivo e personale, cioè l'esperienza personale, non necessariamente accompagnata
dalla malattia oggettiva, che il soggetto prova.
Qualcuno tende anche a far passare la pedofilia come “disabilità”6; in realtà nella lingua italiana
tale termine sta ad indicare: “ s.f. 1 Mancanza di abilità, 2 Condizione di chi è disabile. SIN.
Handicap”7. Questa parola, a sua volta, sta a significare: “[...]4 (med.) Incapacità di provvedere da
sé, interamente o parzialmente, alle normali necessità della vita individuale e sociale , determinata
da una deficienza, congenita o acquisita, fisica o psichica, e da una conseguente incapacità a
livello della persona, e avente conseguenze individuali, familiari e sociali”. Non per nulla deriva
dalla locuzione latina “deficere”, che vuol dire “mancare, mancanza di qualcosa”.
Per questo, a nostro giudizio, non è possibile mettere sullo stesso piano persone che soffrono di una
disabilità di qualsivoglia tipo con soggetti che, nella maggior parte dei casi, sono consci del loro
comportamento e lo mettono in atto usando tutte le precauzioni che si possono pianificare in questi
casi: ad esempio, utilizzare internet come metodo per ricercare una potenziale vittima, tentare di
controllare o abolire gli aspetti trasgressivi della pedofilia costituendo gruppi organizzati nei quali il
pedofilo si sente accettato e riesce a superare il senso d'ansia della condotta. Anche il cosiddetto
“pedofilo occasionale”, cioè quello che non pianifica le sue azioni (come vedremo in seguito) a
nostro avviso non può essere considerato disabile, poiché una caratteristica della disabilità è la
permanenza nel tempo, mentre il pedofilo occasionale è “disabile” (se vogliamo usare il termine
scelto dal governo greco) in maniera transitoria e per ragioni diverse, che esamineremo più avanti.
Procedendo sul nostro ragionamento, dato che il narcisista rientra nell' Asse II del DSM-IV-TR,
(quindi nell'asse riferito ai disturbi di personalità, ad oggi presentati con una struttura di personalità
6 Cfr. pag. 32.
7 “Lo Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana”, dodicesima edizione, pag. 552.
10
stabile, strutturata e difficilmente risolvibile), possiamo dedurre come anche nel caso del narcisista
pedofilo, la causa disabilità non possa trovare fondamento, sempre a causa della sua non
sporadicità.
Inoltre si deve sottolineare come ulteriore punto a favore della nostra tesi, che la presenza della
pedofila, nella maggioranza dei casi, non altera la capacità di intendere e volere8 del pedofilo.
Da tutto questo si deduce come, a parte le cause sovraesposte che eludono la capacità di intendere e
volere (malattie neuro-degenerative, forte ritardo mentale, ecc.), non esista alcuno studio che provi
oltre ogni ragionevole dubbio il legame inscindibile tra pedofilia e mancanza di capacità di
intendere e volere. Ad oggi, la legge italiana considera reato a tutti gli effetti la pedofilia, e abbiamo
diverse sentenze (la più importante delle quali è riportata nell' Appendice A9) che avallano la
mancanza di un legame tra pedofilia e incapacità di intendere e volere10: spesso il pedofilo può
mettere in atto condotte di terrorismo psicologico e di minaccia al bambino, o nei casi peggiori alla
sua famiglia, atte ad evitare di essere scoperto. Così facendo, inculca il terrore nella sua vittima e
dimostra di avere cognizione riguardo al fatto che il suo atto è visto in maniera riprovevole dalla
società e che può essere penalmente o socialmente perseguito. Un discorso a parte va fatto per quei
soggetti che non fanno mistero della propria tendenza, paventando il diritto a vivere una piena e
completa relazione di coppia col minore, il quale non può ancora autodeterminarsi in virtù di una
fisiologica mancanza di maturità psico-sessuale, oltre che giuridica, che permetta di prestare pieno
consenso all'atto sessuale con un adulto e di gestirlo in un'ottica paritaria11.
Questi ultimi possono anche organizzarsi in vere e propri reti che, a seconda del Paese, possono
essere legali o meno: esempi di associazioni “legali” sono la “Danish pedophile Association”,
“Nambla”, “Martijn”, “BoyLover” ecc.
E' da questo groviglio di definizioni che partiamo per esplorare le infinite sfumature del fenomeno
anche se, in parte, riteniamo che il senso della tesi esposta sia chiaro: infatti crediamo che,
tralasciando le diversità culturali e sociali del fenomeno (che verranno comunque esaminate), e
coloro i quali non riescono a comprendere il concetto di bene\male esistente nella società in cui
8 La capacità di intendere e di volere può essere definita come l’attitudine a rendersi conto della portata delle proprie
azioni: la capacità di intendere è attitudine dell'individuo a comprendere il significato delle proprie azioni in un dato
contesto; la capacità di volere è invece il controllo dei propri stimoli e impulsi ad agire, che vengono consciamente
repressi o meno a seconda del background sociale e giuridico. Il concetto di capacità di intendere e volere è rilevante
ai fini della punibilità, poiché questa è subordinata alla capacità appunto di intendere e volere. Per approfondimento,
vedere Appendice A, pag. 143.
9 Appendice A, pag. 119.
10 http://www.siapol.it/sezione.php?d=676; http://avvrenatodisa.wordpress.com/2012/10/09/corte-di-cassazionesezione-iii-sentenza-8-ottobre-2012-n-39452-tentativo-di-reato-per-il-pedofilo-che-non-consuma/
http://static.ilsole24ore.com/DocStore/Professionisti/AltraDocumentazione/body/1350000113600000/13559161.pdf
11 G.Orfanelli, A.Tiberio, L'infanzia violata, 2005.
11
vivono (mancanza della capacità di intendere e volere dovuta a malattie psichiche gravi o abuso
cronico di sostanze), alcuni di questi soggetti devianti abbiano un disturbo narcisistico di
personalità, e che compiano i loro atti in assoluta e piena consapevolezza (anche se motivati da
bisogni e fragilità inconsce) per soddisfare la propria sessualità deviata verso un soggetto meno
stressante e facilmente manipolabile rispetto ad un adulto. Con ciò si tenta di dimostrare come la
pedofilia quindi non sia una “malattia”, nel senso medico del termine, da curare (dato anche che i
tentativi di riabilitazione dei pedofili hanno dato risultati molto scadenti), ma una deviazione
sessuale derivante da un disturbo narcisistico di personalità.
Porteremo a sostegno di questa nuova quanto (a prima vista) azzardata tesi molti studi e teorie, con
le quali tenteremo di studiare il fenomeno, cercando di capire almeno in parte i meccanismi che
scattano nella mente del pedofilo narcisista.
1.2 Chi è il pedofilo? Tipi di pedofilia esistenti
E' difficile stilare un rapporto completo sulla pedofilia, poiché è un fenomeno variegato che, come
già detto, comprende molteplici aspetti della personalità e del carattere. Il presente lavoro non
pretende certo di essere esaustivo in merito; tuttavia, occorre a nostro avviso tentare di stilare una
descrizione il più possibile vicina all'odierna considerazione del fenomeno.
Possiamo iniziare spiegando che il pedofilo è una persona di sesso maschile o femminile, con
tendenze eterosessuali, omosessuali o bisessuali, che ha una predilezione erotica verso i bambini
con un'età che può variare dai pochi giorni di vita fino ai diciotto anni (limite legale, nel nostro
Paese della maggiore età). Generalmente ricerca affetto, fiducia e fedeltà dal bambino, espressi col
silenzio. Ma a volte può ricercare maltrattamento e sevizie per raggiungere l'apice del piacere, e
allora si parla di Pedosadismo, che può portare in casi estremi all'uccisione del bambino.
Nella letteratura scientifica si rivelano diverse classificazioni, ma l'importante è ricordare prima di
tutto che esiste una distinzione tra soggetti psicopatologici e soggetti non psicopatologici. I primi
sono persone che presentano sintomi psichiatrici in comorbidità con la pedofilia; nel secondo sono
compresi individui con tratti di immaturità psicosessuale, passività, impotenza, infantilismo ed
inadeguatezza. Inoltre, un'altra fondamentale distinzione riguarda la pedofilia latente e quella attiva:
la latente presuppone l'esistenza di fantasie, desideri e pulsioni erotiche nei confronti dei bambini,
che però vengono stroncate sul nascere, in quanto il soggetto comprende la perversità dei suoi
pensieri e non li mette in atto per paura del giudizio sociale; il tipo attivo invece, vuoi per mancanza
di inibizione sociale, vuoi per assoluta indifferenza al giudizio e alle regole sociali, oppure ancora
per reali ed oggettivi problemi psichici, mette in atto i suoi propositi e, a volte, li pianifica
12
minuziosamente.Parleremo più avanti dei vari studi che hanno portato fino alle classificazioni
odierne. Esistono diversi schemi ai quali si fa riferimento, creati da autori con orientamenti diversi,
e con tecniche di ricerca variegate. Quello mostrato ora è stato redatto da Prentky e Burgess (2000),
che studiano non tanto il pedofilo in sé, come soggetto; piuttosto, studiano la relazione tra il
soggetto e la vittima dell'abuso:
 Tipo impersonale: Alto grado di pianificazione. Conosce la vittima, tende a stabilire con essa
una relazione a lungo termine di carattere affettivo. E' alla ricerca di un elevato contatto con
il bambino, ed è interessato ad atti sessuali non genitali.
 Tipo narcisistico: L'obiettivo primario è la gratificazione sessuale, con un enorme interesse
auto-concentrato. La vittima è generalmente sconosciuta, abusata una sola volta in un
contesto non pianificato. Abusi di natura fallica.
 Tipo situazionale: Aggressione per nulla pianificata, vittima sconosciuta e scarso contatto
con il bambino. Atti di natura fallica.
 Tipo sadico-inibito: Scarso contatto, con aggressione erotizzata e perversa. Ha un moderato
grado di pianificazione e lascia poche ferite.
 Tipo aggressivo: Scarso contatto, lascia molteplici ferite, con atti tipicamente fallici. Le
vittime sono con maggiore probabilità straniere, ed è un tipo con scarsa erotizzazione
dell'atto, ma molto violento.
 Tipo sadico: Scarso contatto, altissimo grado di pianificazione. La violenza è elevata,
l'azione molto erotizzata. Il tipo prova piacere ad elargire sofferenze alla vittima e a porla in
un contesto di sottomissione. Le vittime sono in genere sconosciute, gli atti bizzarri e
insoliti.
Anche Holmes e Holmes (1996) stilano una classifica, ma la creano tenendo conto del tipo di
soggetto e della sua psicogenesi, e non tanto della relazione che possono o meno instaurare con una
vittima. Si parte dalla suddivisione tra pedofili situazionali e pedofili preferenziali.
Il pedofilo situazionale, il quale non presenta un interesse esclusivo per i minori, può essere
ulteriormente classificato come:
 Situazionale in fase regressiva: Solo in alcuni momenti particolarmente difficili della sua
vita si rivolge ai bambini. In apparenza non presenta difficoltà nel rapporto coi pari, pur
potendo presentare problemi di alcool. In genere è sposato, vive con la sua famiglia, lavora.
Le vittime in genere sono femmine, sconosciute e scelte in modo opportunistico.
13
 Situazionale sessualmente indiscriminato: E' poco differenti da coloro in fase regressiva,
tuttavia gli abusi sono di natura quasi esclusivamente sessuale e coinvolgono l'aspetto più
bizzarro e perverso della loro sessualità.
 Situazionale inadeguato: Portatore di disturbi psichici, non sa scegliere fra bene e male in
maniera adeguata. Difficilmente è violento o lesivo, generalmente tende ad approcci
scarsamente invasivi.
Il tipo preferenziale, invece, è attratto in via esclusiva dal minore. Fortunatamente, secondo stime12
si aggirano attorno alle 700.000 unità in tutto il globo. Esso può presentare tali caratteristiche:
 Preferenziale sadico: Riscontra una connessione inscindibile tra violenza e gratificazione
sessuale. Porta sempre alla morte della piccola vittima. Sceglie vittime sconosciute,
prelevate a forza o con un tranello da luoghi ove spesso si reca. Non cerca di instaurare
alcuna relazione, non prova sentimenti. Sono delitti organizzati e studiati nei minimi
dettagli, per assicurare la completa sensazione di onnipotenza del carnefice.
 Preferenziale seduttivo: Esso “corteggia” i bambini con doni, affetto e attenzioni. Conosce
bene le proprie vittime e tende ad instaurare con loro relazioni a lungo termine.
 Preferenziale fissato: Desidera attenzioni e affetto da parte dei bambini, ai quali si lega
affettivamente. E' in uno stadio ipo-evolutivo di sviluppo psicosessuale, e non ha bisogno di
eventi scatenanti per ricercare “piccoli amanti”. Ha scarsi rapporti con gli adulti, è
immaturo ed infantile, vive solo e preferisce minori di sesso maschile. Per lui sono
facilmente dominabili e scarsamente ansiogeni.
Come afferma il prof. Orfanelli13, esistono diversi tipi di abusi su minori:
1- Intrafamiliare (commesso all'interno della famiglia: incesto);
2- Extrafamiliare (commesso da persone conosciute al minore: vicini di casa);
3- Istituzionale (commesso da rappresentanti di istituzioni: preti, insegnanti....);
4- Di strada (commesso da persone sconosciute al minore);
5- A fini di lucro (commesso da singoli o da gruppi criminali organizzati per guadagno);
6- Da parte di gruppi organizzati (commesso da sette, compagnie di pedofili...);
7- Rituale (commesso da sette sataniche o nuovi movimenti per fini religiosi o politici).
12 Dati FBI, Camarca e Paris, 2000.
13 Orfanelli G., Orfanelli V., Un doppio inganno: l'abuso intrafamiliare, 2007, pag.14
14
La pedofilia tende a entrare in ogni ambito della vita di una società; basti sapere per ora che, ad
oggi, diversi casi di pedofilia sono stati riscontrati in molteplici istituzioni: scuola, Chiesa, internet,
famiglia, turismo e figure genitoriali.
Quello che emerge secondo Storr, è che : “… It was stated above that a convinction of sexual
inferiority was regularly to be found in people suffering from sexual deviation”14, , e tale senso di
inferiorità può derivare da un rapporto primario negativo con la madre, oppure ad una difficoltà
nell'identificarsi nel ruolo di uomo/donna stabilito dalla società.
Per sopravvivere, egli ha due possibilità: cercare l'autostima carente in ambiti diversi dalla relazione
con l'altro, oppure aumentare l'importanza del suo mondo fantastico, dove realizza i suoi desideri,
creando però man mano una scissione dal mondo esterno. Più aumenta lo stress derivante da una
situazione reale, più il distacco sarà forte.
In questo caso, appare utile citare Meltzer e il suo concetto di “rifugi della mente” , ripreso poi da
Steiner: il concetto indica lo stato psichico in cui il paziente si trova bloccato in un mondo interiore
solo suo, non raggiungibile dall'esterno, che serve ad evitare al paziente l'ansietà. Perry et al.15
descrivono il modo in cui i neonati e i piccoli, a differenza della reazione lotta/fuga dell'adulto ad
uno stimolo ritenuto pericoloso, possiedano una risposta di iper-vigilanza o di tipo dissociativo.
Quest'ultima è definita come: “... un disimpegno da stimoli del mondo esterno e una
concentrazione sul mondo interno”. Più il soggetto è giovane, e più vi sarà una reazione di tipo
dissociativo piuttosto che di iper-vigilanza, e tale stato neurologico sembra utile per spiegare,
secondo alcuni studiosi16, l'idea che in alcuni casi delle organizzazioni atipiche di personalità
possano essere assolutamente resistenti al cambiamento, cristallizzandosi in uno stadio immune a
qualsivoglia cambiamento.
Altri teorici delle cause scatenanti la pedofilia sono Stoller, secondo cui il pedofilo mette in atto la
sua condotta per convertire un trauma infantile in un trionfo adulto; Mitchell, il quale ritiene che la
sessualità perversa sia una risposta del soggetto finalizzata a contrastare la minaccia di fusione con
gli oggetti interni ed esterni dai quali teme di essere risucchiato; Howells, che teorizza
l'apprendimento sessuale, secondo il quale la pedofilia è l'esito di un processo di condizionamento
collocabile nella masturbazione fra bambini, che all'ingresso nella pubertà possono manifestare
un'eccitazione per un soggetto prepubere associando il piacere derivante dall'autoerotismo ai
caratteri sessuali immaturi.
14 Storr A. , Sexual Deviation, 1970, pag. 29
15 “Childhood Trauma, the Neurobiology of Adaptation, and 'Use-dependent' Development of the brain: How 'States
become Traits'”, 1995, pag.280.
16 Di Ceglie D., “Straniero nel mio corpo”, 1998.
15
Clotilde Buraggi Masina, in un articolo17 molto interessante dal punto di vista psicoanalitico,
spiega come, a detta di diversi autori, il bambino che non vive nel “tranquillo isolamento” descritto
da Winnicott (... una tendenza a una scissione di base della struttura 'individuo-ambiente' può
nascere da una mancanza di adattamento attivo da parte dell'ambiente all'inizio della vita.
Nel caso estremo di scissione, la vita interna segreta trae molto poco dalla realtà esterna, vi è una
vera incomunicabilità...18) potrebbe essere esposto ad erotizzazione precoce (“Il bambino vittima
di una aggressione sessuale, può, sotto la pressione dell'urgenza traumatica, sviluppare le stesse
emozioni di una persona adulta (...) Si può allora parlare in opposizione alla tanto citata
regressione, di progressione traumatica -patologica- o di precocità -patologica-. Viene da pensare
a quei frutti che la beccata di un uccello ha fatto maturare troppo in fretta e reso troppo dolci o alla
precoce maturazione di un frutto bacato”19), portando il pedofilo ad essere un “bambino psicotico”
20 , che teme la realtà (“...L'Io infantile del pedofilo si sente minacciato dalla dipendenza
dall'oggetto esterno che lo espone alla perdita dell'onnipotenza del Sé...”)21 e che, in parte,
potrebbe derivare da un padre immaturo o madre psicotica22. Inoltre, spiega come il pedofilo sia
privo di empatia23 e presenti un Super-Io corrotto24, presentandosi anche come feticista25.
Per completezza, citeremo infine qualche nozione medico-scientifica utile a completare la nostra
analisi: alcune ricerche hanno dimostrato che il pedofilo può presentare disturbi dello sviluppo
neuronale o lesioni cerebrali (come peraltro già Krafft-Ebing aveva constatato in una autopsia nel
1886), in special modo nella regione orbito-frontale, deputata all'inibizione del comportamento e al
controllo dell' acting-out. In questo caso quindi si potrebbe parlare del pre-esistente interesse per i
bambini, che viene meno alla fase di controllo e repressione del soggetto, manifestandosi. Inoltre vi
sono, secondo un'altra ricerca26, possibili comorbidità tra patologie psichiche e pedofilia: disturbi
di personalità, dell'ansia e dell'umore che suggeriscono un nesso tra pedofilia e bassi livelli di
attività serotoninergica, implicata nell'umore, nell'aggressività e nella sessualità.
A nostro avviso però è bene precisare che, per quanto possano effettivamente esistere casi del
genere, e senza sminuire in alcun modo il contributo che la medicina può dare alla ricerca della
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
Appendice A, pag.135.
Winnicott, 1958, pag.270.
Ferenczi, 1932, pag.98.
Di Noto, 2002.
Gaddini 1976, pag.403.
Socarides, 1959.
Freud, 1905;1932.
Idem, 1932; Chasseguet Smirgel, 1975.
Phylip Greenacre, 1955 su Freud, 1938.
Kafka, 1997.
16
soluzione, il corpo non è solo “fisico”: esiste anche come contenitore dell'anima, ed è ciò che dà
visibilità e rappresentazione alla psiche, per cui non è possibile giudicare queste ricerche come
totalmente esaustive e risolutive.
1.3 La cultura pedofila
Per cultura pedofila si intende la filosofia di vita, gli usi, i simboli e le produzioni artistico-culturali
che vengono prese come modello d'ispirazione e d'esempio dai pedofili, i quali creano reti sociali di
diverso tipo (online, cartacee, face to face, ecc) per mantenersi in contatto e fondano gruppi,
associazioni e giorni di festa dedicati a loro stessi. L'idea celata dietro a questi comportamenti è che
l'amore per i bambini non sia assolutamente criminale: infatti c'è una logica ben definita che i
soggetti seguono. Essi ritengono che, se l'amore comprende diverse sfere, e se si può amare un
bambino per la sua tenerezza, dolcezza o altre qualità, non esiste motivo alcuno per cui non lo si
può amare anche a livello fisico, coronando la relazione con un rapporto sessuale, frutto e fine
ultimo e perfetto dell'amore tra due persone. A sostegno di questa tesi, le associazioni pedofile
riportano diverse “prove”: spesso storpiando e manipolando i dati storici, e privandoli del loro
contesto temporale, dimostrano come sia un fenomeno sempre esistito e ben tollerato, se non
addirittura incoraggiato; come i bambini siano “sessualmente attivi”, e ricerchino l'atto sessuale con
l'adulto con comportamenti maliziosi e seducenti,e come il pedofilo non riesca a sottrarsi a questa
seduzione, stabilendo anzi una relazione vera e propria. A questo proposito, riportiamo uno stralcio
di intervista27 ad un Salesiano-capo per l'Olanda a proposito della condotta di un suo compagno di
fede, prete salesiano di 73 anni pro-pedofilia, Padre Van B., che in Olanda è membro attivo e
militante di un'associazione che propugna la liberalizzazione della pedofilia e la depenalizzazione
dei rapporti sessuali con minorenni, di qualunque età28, ed ha avuto due volte problemi giudiziari
per atti osceni:
- Che cosa pensa delle relazioni sessuali tra adulti e bambini [sic: "kinderen"],
andrebbero consentite?
P. Spronck: Ci sono naturalmente alcune norme sociali alle quali tutti dovrebbero
attenersi. Ma ci si può chiedere se esse non siano troppo strette. Formalmente [sic:
"formeel"] dirò sempre che ognuno deve rispettare la legge. Ma simili relazioni non
sono necessariamente dannose.
27 http://www.rtl.nl/%28/actueel/rtlnieuws/
%29/components/actueel/rtlnieuws/2011/05_mei/20/verrijkingsonderdelen/interview-herman-spronck.xml
(Appendice A, pag. 127)
28 http://www.dailymail.co.uk/news/article-1389391/Dutch-Catholic-Church-investigation-revelation-priest-workedgroup-promotes-paedophilia.html
17
- Lei pensa che relazioni tra adulti e bambini non sono necessariamente dannose?
P. Spronck: Le faccio un esempio di ciò. Sono stato una volta avvicinato da un ragazzo
di 14 anni che aveva una relazione con un religioso più anziano. La cosa non era più
consentita e il ragazzo ne era davvero scosso, persino ferito. Diceva: "Padre Herman,
ma perché volete proibirlo?". Bene, che cosa diresti a un ragazzo così?
- Dunque, queste relazioni tra adulti e bambini dovrebbero essere consentite?
Personalmente, non condanno a priori["per definitie"] le relazioni tra adulti e bambini.
Conosce Foucault?E' un filosofo. Conosce i suoi scritti? No? Forse dovrebbe leggerli,
specialmente l'introduzione alla Parte Quarta. Dipende dal bambino. Non dovremmo
considerare l'età così rigidamente. Non si dovrebbe mai violare la sfera personale di un
bambino se il bambino non lo desidera, ma quello ha a che fare col bambino stesso. Ci
sono anche bambini che, loro stessi, indicano che si può fare. Il contatto sessuale è
allora possibile.
Riportiamo poi un significativo stralcio di un articolo29 datato 26 Giugno 2012, nel quale si
spiegano le vicende di una associazione pro-pedofilia vietata in Olanda.
”I PRO PEDOFILI”
Un tribunale olandese ha vietato ieri un’associazione di pedofili. Il gruppo, molto controverso, si
chiama Martijn, e conta una sessantina di associati, che si battono per far accettare il sesso tra
adulti e bambini. I magistrati di Assen ne hanno ordinato l’immediata chiusura, perché minaccia
l’ordine pubblico. Secondo il tribunale olandese la pedofilia rappresenta un comportamento
orribile, né normale né accettabile. Martijn lede inoltre i diritti dei piccoli, perché i bambini non
sono in grado di difendersi rispetto agli approcci erotici degli adulti. A novembre un tribunale
penale aveva rifiutato di procedere contro l’associazione fondata nel 1982. La procura allora si è
appellata alla magistratura civile, che ha accolto la sua richiesta di divieto. Martijn promuove un
sito che offre secondo i giudici una rete di supporto digitale e sociale ai criminali che molestano i
minorenni. […] Il presidente dell’associazione pro-pedofilia Martijn Uittenbogaard ha definito la
sentenza un giorno nero per la libertà di espressione e per lo stato di diritto. Il suo avvocato ha
confermato l’intenzione di appellarsi contro il divieto, già comunicata nei mesi scorsi, visto che
l’associazione non compie alcun reato, ma promuove la causa di chi apprezza il sesso tra adulti e
29 http://www.giornalettismo.com/archives/388063/siamo-pedofili-e-ce-ne-vantiamo/ (Appendice A, pag.130)
18
bambini. Il precedente presidente del gruppo Martijn, Ad van den Berg, era stato condannato a più
anni di prigione a causa del possesso di materiale pedo-pornografico. Van den Berg si era difeso
sostenendo che i filmati e le foto a luci rosse con protagonisti i bambini servivano a scopo di
ricerca. Anche a causa di questo caso era partita una petizione firmata da 72 mila olandesi che
chiedevano lo scioglimento di Martijn. L’anno scorso si era scoperto che c’era anche un prete
cattolico all’interno del consiglio direttivo del gruppo.”
La maggior parte delle associazioni pedofile ritengono che l'amore non comporti violenza, e che
quindi il bambino venga rispettato nella sua integrità psico-fisica. Sostengono la loro assoluta buona
fede e dolcezza in molti modi: ad esempio, i simboli delle associazioni si presentano con stili
accattivanti, colori zuccherosi (rosa confetto e celeste cielo), oltre a slogan inneggianti alla
libertà30, e si dimostrano oltremodo disponibili e cordiali, anche con regali e donazioni ai bambini
e alle loro famiglie. Amano libri come “Alice nel Paese delle meraviglie”, e particolari forme di
pubblicazioni, come giornaletti erotici e fumetti, dei quali parleremo più avanti. Esistono molte
produzioni che possono essere facilmente lette dal pedofilo come “autorizzazioni” a fare quel che
fa. Ad esempio, è del 2009 una canzone di Gino Paoli, chiamata “Il pettirosso”, la quale recita:
“Aveva gli occhi come un pettirosso/era una donna di undici anni e mezzo - recita il testo - si alzò
la gonna per saltare il fosso/aveva addosso un vestitino rosso. Mentre passava in mezzo a quel
giardino/di settant'anni incontrò un bambino/voleva ancora afferrare tutto/e non sapeva cos'è bello
e cos'è brutto/e l'afferrò con cattiveria/lei si trovò le gambe in aria/lui che cercava cosa fare/c'era
paura e c'era male[...] E il male lo afferrò proprio nel cuore/come succede con il primo amore/e lei
allora lo prese tra le braccia/con le manine gli accarezzò la faccia/così per sempre si addormentò
per riposare/come un bambino stanco di giocare". Il testo, anche se a nostro avviso contro la
pedofilia (la pedofilia viene rappresentata ai bambini come una sorta di favola nella quale il
pedofilo è il personaggio che non sa distinguere tra il bene ed il male e che al dunque sceglie di
agire con cattiveria, incapace di amare. Durante la violenza c'è paura e male e alla fine, come in
tutte le favole che si rispettino, il cattivo muore: il male che alberga in lui lo uccide, dritto al cuore.
E la bambina, essere buono e generoso, diffonde amore e perdono), viene interpretata diversamente:
il pettirosso è, secondo la tradizione popolare, l'unico uccellino che ha avuto pietà di Gesù Cristo,
poiché volava attorno alla croce ove era stato crocifisso e, mosso a pietà, tenta di alleviare la sua
sofferenza togliendo una spina dalla sua corona. Facendo questo, però, l'uccellino sacrifica la sua
stessa vita, trafiggendosi con un'altra spina e macchiando il suo petto di un color vermiglio. Il
pedofilo quindi legge in questa canzone una santificazione del suo operato: come un novello
30 http://tuecaa.files.wordpress.com/2009/07/clsymbols.jpg
19
Messia, sofferente, egli è ostracizzato dalla società, e la bambina-pettirosso allevia le sue sofferenze
e lo consola tra le sue braccia. La cultura pedofila tende quindi a strumentalizzare e confondere dati
oggettivi, che siano canzoni, libri o dati storici ed etnografici, presentando il passato come un'epoca
d'oro, nella quale pedofili e bambini vivevano in libertà e con il consenso delle leggi storie di amore
appassionate, libere e consenzienti, senza alcun freno inibitorio posto dalla società e dalla religione
odierna (tra l'altro, questo ragionamento porta poi all'unione tra pedofilia e satanismo di cui
parleremo).
Nell'arte i pedofili trovano altre “prove”, come ad esempio dipinti dove si vedono giovani efebici in
pose sensuali e maliziose. Basti pensare al Caravaggio: i suoi soggetti sono ragazzi seducenti intenti
a suonare uno strumento (allegoria dell' accompagnamento all'amore) o mangiare un frutto (simbolo
dell'appagamento dei sensi, e della consumazione dei rapporti sessuali); sono giovani raccolti dalla
strada, dai luoghi che lui amava frequentare come osterie, bische, bordelli e luoghi di malaffare
della città.
Possiamo muovere una critica per ogni punto esposto sinora: innanzitutto, abbiamo già ampiamente
spiegato come, in realtà, la relazione tra adulto e bambino sia limitata sia sul piano fisico che su
quello psicologico, e che quindi non vi sia questa parità che paventano; in secondo luogo i vari
rimandi a canzoni, libri o dipinti, oltre che strumentalizzati e manipolati per far risultare una verità
assoluta, senza tempo, non possono certo essere considerati come un'esternazione della giustezza di
tale cultura: ogni epoca ha avuto le sue abitudini e i suoi schemi sociali, non è detto che una
determinata pratica sia attuabile oggi e viceversa; infine, i pedofili non considerano il contesto
storico-culturale dell'epoca da loro definita “epoca d'oro”. L'idea di infanzia in tempi remoti era
assolutamente assente; si diventava uomini o donne molto presto, col compito specifico di produrre
o allevare la famiglia. Come ultimo cenno, ricordiamo la mascotte di una di queste associazioni: un
panda di peluche, con cucito addosso il simbolo dell' associazione. L'orso è stato scelto per gli ovvi
motivi citati prima (manipolazione, ispirare fiducia, dato che è un simbolo quasi universale
dell'infanzia), ma il fatto surreale è che lo stesso oggetto di peluche (teddy bear) è la mascotte di
un'altra associazione: l'Associazione Prometeo, della quale parleremo in un capitolo a parte, che
lotta per la tutela dei minori.
1.4 Fenomenologia
Dalle statistiche dei procedimenti penali in Italia emerge che il 90% degli abusi avviene in famiglia
(come suggerisce lo stesso DSM), e si precisa come tale attività venga svolta in maniera
20
preponderante all'interno delle abitazioni e delle famiglie, su parenti, figli o figliastri. In generale,
accade a persone che non si sentono amate dal partner, o che covano ostilità verso l'altro sesso in
generale (a nostro avviso, chiaro indicatore del forte senso di angoscia o inferiorità che li porta,
come narcisisti, a cercare partner meno problematici,), e che nel rapporto cercano gratificazione
presentandosi come vittime. Se invece il bambino non fa parte della famiglia, il pedofilo mette in
atto tecniche che gli permettono l'avvicinamento al minore: trovare lavori o hobby a contatto col
mondo infantile, diventare educatori, ecc.
Fare delle stime oggi è molto difficile: a tal proposito, il Prof. Vincenzo Mastronardi, assieme al
CENSIS, ha studiato che in Italia si registrano 21.000 nuovi casi di pedofilia ogni anno. “ Una metà
sono casi di violenza carnale, mentre l'altra metà si configurano come molestie gravi. Comunque in
questo campo il numero oscuro certamente rappresenta una percentuale molto alta in quanto molti
episodi purtroppo si svolgono all'interno della famiglia stessa: “[...]In un clima di omertà o di
incredulità, altri non si concretano in una vera e propria fruizione ma restano nell'ambito di una
melensa vischiosità, magari di una morbosa ed insistente gentilezza”.31
Anche basandoci su dati Istat, è molto difficile riuscire ad estrapolare indicazioni certe: spesso non
si fa differenza fra adulti o minori nei casi di violenza, oppure a volte la violenza nell'atto è
inesistente, come la denuncia.
Per dare un’idea sull’entità del fenomeno di abusi su minori possiamo prendere come esempio i dati
di una ricerca a cura di Pellai e collaboratori (2004) che mostra i risultati di uno studio
epidemiologico retrospettivo realizzato durante l’anno scolastico 2001-2002 nelle ultime classi di
alcuni licei di Milano. I risultati indicano che il 20,4% delle ragazze e il 8,8% dei ragazzi intervistati
aveva subito un abuso sessuale nell’infanzia o nell’adolescenza. Le persone denunciate all’autorità
giudiziaria, nella maggior parte dei casi, conoscono le vittime: 90,8% contro il 9,2% nel 2003,
82,7% contro il 17,3% nel 2004 e 77,7 contro il 22,3% nel 2005; l’ambito a cui appartengono tali
persone è soprattutto quello familiare (genitori, nonni, cugini, fratelli), seguito da quello scolastico
(insegnanti, dipendenti) e da quello sociale (medico curante, sacerdote, baby-sitter)32.
Altri dati33 permettono una comparazione tra il 2001 e il 2002; su 312 casi segnalati nel 2001, 184
riguardavano relazioni intraspecifiche (cioè interne al nucleo familiare), 128 extra-specifiche
(esterne al nucleo stesso); nel 2002 la situazione si ribalta con 115 casi extra-specifici su 101
intraspecifici. Da una analisi dei dati forniti durante le Giornate di apertura dell'anno giudiziario
dalle Procure, messi a confronto anche con i dati forniti dal Ministero di Giustizia e dal
31 http://xoomer.virgilio.it/criminologia/id24.htm
32 http://www.prevenzionepedofilia.it/documento.asp?sotto=4
33 M. Picozzi, M. Maggi, Pedofilia: Non chiamatelo amore, 2003, pagg. 18-19
21
Dipartimento Anticrimine, emerge un aumento di atti di violenza verso le donne, e un 30% in più di
casi di abuso sessuale su minori rispetto al precedente anno.
Le regioni più colpite risultano Lombardia, Veneto, Lazio e Campania. Altri dati si riferiscono ai
bambini scomparsi, il 20% dei quali non viene più ritrovato. Solo nel primo dicembre del 2006,
inoltre, i siti pro-pedofilia hanno avuto un incremento del 300%.
“Un altro dato a dir poco agghiacciante” spiega Massimiliano Frassi, presidente dell’Associazione
Prometeo, “è quello che emerge da uno studio fatto sui pedofili: su un campione scelto di ben 443
pedofili accertati, allo stato delle cose pare che il 67%, pari quindi a 299 abusanti, sia rimasto in
stato di libertà con l’aggravante di continuare a rimanere nella maggior parte dei casi a contatto
diretto con i bambini”34.
Inoltre, bisogna tenere in considerazione le miriadi di episodi non segnalati alle Forze dell'Ordine, e
non dimenticare anche i casi di “falsa testimonianza”, per colpa o dolo (cioè, fornita
intenzionalmente oppure in buona fede, cfr. “false memorie”), in seguito demolite durante il
dibattito e la cross-examination in ambito processuale.
Esse infatti creano non pochi problemi, sia per l'integrità del bambino (in quale si ritrova a ricordare
fatti non accaduti) che per la macchina giuridica, invasa da finti casi e false accuse, che finiscono
poi per dar vita a problemi di vario genere.
1.5 Cos'è il narcisismo? Breve sintesi degli studi sul narcisismo e
idee sulle relazioni con la pedofilia
Il “disturbo narcisistico di personalità” è un disturbo di personalità che rientra nell' Asse II del
DSM-IV-TR. Questo asse è caratteristico dei disturbi stabili, strutturati e difficilmente risolvibili. E'
un disturbo conosciuto anche alle popolazioni arcaiche: basti pensare al mito di Narciso, che
troviamo nelle “Metamorfosi” di Ovidio, oltre che in molte altre versioni.
Il mito racconta di Narciso, giovane di bellissimo aspetto che appare incredibilmente crudele, in
quanto disdegna ogni persona che lo ama. A seguito di una punizione divina si innamora della sua
stessa immagine riflessa in uno specchio d’acqua, lasciandosi infine morire resosi conto
dell'impossibilità del suo amore.
La chiave odierna di lettura del mito può essere ricercata nel “rischio del fallimento”: un fallimento
34 http://www.associazioneprometeo.org/
22
genera nell’individuo un sentimento di dolore, che istintivamente il narcisista debella, rifiutando il
rischio. Nonostante ciò, però, il mito non descrive appieno i sentimenti e le sensazioni che il
narcisista prova, quindi ai fini della nostra ricerca appare quantomeno incompleto35.
Il termine “narcisismo” nasce da un fraintendimento: nel 1898 il sessuologo Havelock Ellis coniò il
termine “narcissus-like” per indicare un atteggiamento patologico, e cioè : “... in reference to
excessive masturbation, whereby the person becomes his or her own sex object.”36
Nel 1899 Naecke utilizzò il termine per riferirsi ad un tipo di attenzione esasperata su Sé, connessa
ad altre perversioni.
Otto Rank, nel 1911 pubblicò il primo studio psicoanalitico concernente nello specifico al
narcisismo, collegandolo alla vanità (termine che, imprecisamente, ancora oggi viene usato come
sinonimo di narcisismo) e all'auto-ammirazione37. La vera svolta si ha nel 1914, quando Sigmund
Freud opera una vera e propria rivoluzione col suo saggio, formato da tre soli capitoli, intitolato:
“Introduzione al narcisismo”, ove egli descrive l'aspetto normale del narcisismo, riferito al
complemento libidico dell'egoismo della pulsione di autoconservazione, che porta quindi a ricercare
un partner per preservare il proprio patrimonio genetico (Eros), e riconosce l'esistenza di una libido
dell'Io, differente da quella pulsionale.
Esiste quindi un movimento narcisistico originario, grazie al quale un bambino rinuncia in larga
parte alla propria perfezione, che proietta su chi si occupa di lui. In questo modo abbiamo l'Io
ideale, che mantiene l'idealizzazione su di sé, e l'ideale dell'Io, la perfezione e l'ideale percepiti nei
genitori. In studi successivi del medico viennese si ha un perfezionamento di queste idee: Freud, nel
192238 considera il narcisismo una forza indipendente dall'Io: una situazione vitale precedente, preconcettuale e forse pre-natale39 alla comparsa dell'Io. Nel 1921, nel saggio “Analisi dell'Io e
psicologia delle masse”, Freud delinea un punto fondamentale, descritto da Tantini nel 1983: “Il
narcisismo non è più dunque semplice amore per sé, ma amore di sé attraverso una
identificazione40”.
Nel 1950 Hartmann considera il narcisismo: “ [il narcisismo è] un investimento libidico non dell'Io,
ma del Sé”.
35 R.Filippini, Avventure e sventure del narcisismo, pagg. 29-30
36 http://www.news-medical.net/health/Narcissism-What-is-Narcissism.aspx
37
38
39
40
Cfr. nota 23.
S. Freud, L'Io e l'Es, 1922.
R. Filippini, Avventure e sventure del narcisismo, pag. 38
Ibidem, pag. 39
23
Negli anni Settanta e Ottanta del Novecento abbiamo due importanti studiosi sul nesso pedofilianarcisismo, che sono Heinz Kohut e Otto Kernberg.
Kohut, negli anni Settanta, studia in maniera approfondita le dinamiche di identificazione delle
personalità narcisistiche, arrivando a delineare una specie di “transfert narcisistico”. In particolare,
legge la pedofilia come l'espressione di un disturbo narcisistico che affonda le sue radici
nell'infanzia, causata dalle frustrazioni inferte dalle figure genitoriali che non hanno fornito risposte
empatiche oggetto-Sé. L'attività risulta allora un tentativo di ristabilire l'integrità e la coesione del
Sé, percepito più stabile grazie al bambino che, ricercando il suo “eroe” nella persona sbagliata,
fornisce all'adulto risposte idealizzanti della sua immagine positiva mancante. Il narcisista deve
percepire l'altro con cui entra in contatto come un suo prolungamento, uno “specchio” entro il quale
trovare conferma della sua grandiosità. L'altro viene quindi vissuto come “oggetto-Sè” attraverso
due traslazioni: la speculare e l'idealizzante. Nella prima ipotesi l'adulto esprime un Sé ideale che
non ha introiettato i normali valori della crescita; il bambino viene quindi plagiato dal fare seduttivo
del pedofilo, che si mostra come perfetto e infallibile, e il minore sente di essere amato. Così, il
bambino si sente importante, e il pedofilo vede in lui il proprio Sé ideale.
Nella traslazione idealizzante invece, un illusorio Ideale de Sé emerge, e con esso il bisogno di
avere per noi qualcuno che sia il tutto. Il pedofilo in questo caso non ama il bambino , ma la sua
proiezione su di esso, perché egli rappresenta ciò che l'adulto è stato o vorrebbe essere stato. Anche
qui, le lusinghe del pedofilo giocano un ruolo importante, soprattutto se il minore è deprivato
affettivamente. Non è sviluppata la capacità di riconoscere l'altro come oggetto differente da se
stessi, e su tale presupposto Kohut conia il termine “oggetto-Sé”: “...Gli oggetti-Sé sono oggetti
esperiti come parte del nostro Sé; il controllo che ci attendiamo di esercitare su di essi è quindi più
vicino al concetto di controllo che un adulto si aspetta di avere sul proprio corpo e sulla propria
mente piuttosto che a quello del controllo che ci si aspetta sugli altri.”41
Questa concezione specifica rimanda a Winnicott e alla sua fase di non-integrazione, in cui il
bambino non riesce a vedere il proprio corpo separato dalla madre; analogamente le relazioni che
l'individuo intreccia con l'oggetto-Sé sono marcate dal non riconoscimento delle differenze che
intercorrono fra se stessi e gli altri, amati e desiderati fino a quando riescono a trasmettere al
narcisista l'illusione di essere sempre uniti, in un gioco di specchi dove ognuno rimanda l'immagine
dell'altro. Kohut individua quindi una relazione narcisistica Sé/oggetto-Sé che rappresenta la
possibilità di creare un Sé coeso anche dopo la mancata soddisfazione dei bisogni di idealizzazione:
lo specchio narcisistico. Questo è quindi tipo di transfert che si sviluppa come un sentimento di
41 Kohut H., 1978, pag. 165.
24
affinità elettiva molto forte nei confronti di un qualcuno che si ritiene molto affine a sé, col quale si
condivide (o si crede di condividere) sentimenti, sensazioni, valori ecc. Questo Oggetto-Sé
compensa il vuoto provato dal narcisista, e viene investito da una carica positiva e rassicurante per
il narcisista, che vede rispecchiata la sua enorme grandiosità in un oggetto (non considerato
persona, quindi, ma mero oggetto) che può farlo “risplendere”. Con questo tipo di idea è possibile
anche spiegare le esperienze riparatorie di alcuni tipi di relazione, sia essa amorosa o amicale.
E' interessante far notare che, utilizzando questa ottica, il pedofilo nega propria condizione di
superiorità, perché il suo scopo non è dominare il bambino (escludendo i casi di pedosadismo), ma
piuttosto di abolire ogni differenza con il bambino: gli viene imposta una sessualità adulta, oppure è
lui che regredisce allo stadio infantile. Seguendo quindi lo schema della traslazione speculare e di
quella idealizzante, si nota che le due dinamiche sono molto fuorvianti poiché viziano pesantemente
l'analisi della realtà oggettiva. L'idillio verrà spezzato in entrambi i casi solo dalla pubertà del
minore, ovvero da quelle modificazioni che, non potendo rientrare sotto il controllo del pedofilo,
faranno perdere l'empatia, lo “specchio”. Simili dinamiche si insediano anche in rapporti che non
dovrebbero divenire patologici: una madre che, ad esempio, non riesce a rinunciare alla crescita e
alla presa di consapevolezza riguardo al mondo esterno del figlio, potrebbe instaurare una relazione
perversa nella quale ella protrae e sessualizza (inconsciamente) le cure di cui necessita il bambino
(mostrando le proprie nudità, lavandolo anche quando il bambino potrebbe farlo da solo, facendolo
dormire nel letto accanto a lei, ecc.),rinunciando ad una sessualità adulta e scarica la propria libido
senza i sensi di colpa e l'ansia associati ad un rapporto intimo. Al tempo stesso, all'arrivo della
pubertà, la donna potrebbe rigettare quel figlio che ha tanto amato, facendolo uscire dalla relazione
oggetto-Sé.
Kernberg, altro studioso del fenomeno, individua cinque stadi delle relazioni oggettuali
interiorizzate, e pone il narcisista al quarto stadio, ovvero dove manca il consolidamento
dell'integrazione tra Io e Super-Io: “...La struttura delle personalità narcisistiche è è caratterizzata
da: 1- Condensazione patologica del Sé ideale, Sé reale e strutture oggettuali ideali; 2- Rimozione
e\o dissociazione delle rappresentazioni “cattive” del Sé; 3- Svalutazione generalizzata delle
rappresentazioni oggettuali; 4- Offuscamento dei normali confini fra Io e Super-Io. Il risultato
finale è costituito dallo sviluppo di un Sé grandioso incorporato in un'organizzazione difensiva
analoga a quella dell'organizzazione della personalità borderline”42.
Partendo da queste premesse, l'autore elabora due tipi di struttura anomala di personalità: un primo
tipo di narcisismo patologico, con una struttura di personalità abbastanza integrata ed con un
42 Kernberg O., 1974, pag.67.
25
possibile coinvolgimento emotivo con l'altro. Il problema risiede però nella identificazione del
proprio Sé con con la figura materna idealizzata e l'utilizzo dell'altro come rappresentante del Sé
bambino, ed è questo che rende la personalità anomala. Egli dedica attenzioni, cure e dedizione che
creano un'unione stabile, la quale si traduce in un sentimento rassicurante di Sé, che vede
idealmente ricostruito il rapporto madre-figlio, dove si vive una forte coesione ed un forte amore.
Ovviamente, la cosa riesce ancora meglio se il partner eletto è un bambino. L'autore sottolinea che
nel narcisismo patologico un sistema frequentemente attivato di difesa è la cosiddetta
“identificazione proiettiva”: con essa il narcisista (e il pedofilo) proietta i propri pensieri e le
proprie emozioni, sviando l'angoscia e il senso di colpa causati da questi pensieri. L'espediente è
semplice ed efficace: non è lui ad avere queste idee, ma il partner (e il bambino). In questo si può, a
nostro avviso, ricercare l'idea che il pedofilo ha del bambino: un malizioso seduttore, che attua ogni
tipo di condotta per farlo cadere nella sua rete e accendere il suo desiderio; inoltre molti di loro
ritengono di non fare alcun male al bambino, in virtù della chiara (a loro avviso) funzione educativa
che essi attuano con l'attività sessuale.
Nel secondo tipo di narcisismo patologico, invece, la particolarità si ritrova in un Sé grandioso
patologico. Questo è una barriera verso la struttura di fondo della personalità, ed evita l'emergere di
aspetti dissociati e proiettati delle rappresentazioni di sé e dell'oggetto. Riflette alcuni aspetti del Sé
reale, di quello ideale e dell'oggetto ideale. Mantiene quindi quella “fusione” alla quale,
normalmente, i bambini rinunciano, creando problemi poi nell'introiettare le comuni norme sociali e
di convivenza e nello sviluppare : “...Il Sé grandioso... riflette una condensazione patologica di
alcuni aspetti del Sé reale (“l'essere particolare del bambino rinforzato da precedenti esperienze),
il Sé ideale (l'immagine del Sé di potenza e onniscenza che hanno compensato le frustrazioni del
bambino) e l'oggetto ideale (la fantasia di un genitore che dà e ama, la sostituzione del reale
oggetto parentale svalutato).”43. Il Sé grandioso patologico riflette l'immagine confusa e fusa
dell'immagine di Sé, cioè di come uno si riconosce, e l'immagine della perfezione, bontà e valori in
generale assoluti, che in genere si identificano al di fuori di noi. Il bambino che, da piccolo, non
rinuncia a questa visione, sarà per forza di cose l'ideale di sé stesso per sé stesso, dovrà a tutti i costi
essere splendido e perfetto e, per farlo, occorre un partner che non dica mai no, che abbia una cieca
fiducia in lui e lo accolga completamente: un bambino, o una persona con una grande fragilità, e
probabilmente anche con problemi di labilità psichica. Questo particolare si rinviene anche nella
classica “foliè a deux”, che potremmo definire come una sindrome caratterizzata da sintomi
psicotici, come i deliri, condivisi da due persone che hanno una relazione intima, vicina e quasi
43 Kernberg O., 1957, pagg. 271-272.
26
simbiotica, tipica di alcune tipologie di serial-killers. Perché questa possa funzionare però, c'è
bisogno di un soggetto dominante e di un compagno sottomesso, che dipenda in tutto dal soggetto
dominante, il quale se ne serve per comandare e far eseguire ordini.
Nel Sé grandioso patologico ritroviamo il rifiuto dell'amore; sotto di esso aleggiano inadeguatezza,
inferiorità e insicurezza, con paure paranoidee di dissolvimento e disgregazione , ma anche una
rabbia profonda e terrore verso i sentimenti “teneri”, vissuti come ostativi alla propria salvezza:
“Prendere, soprattutto cose buone, conferisce una luce tutta particolare all'altro che dà: egli ha
cose buone e fa emergere il bisogno. Chi dà è malvagio, perché fa comparire la percezione di ciò
che manca, di ciò di cui si ha bisogno. E più sono realmente buone le cose che offre, più egli si
configura un reale pericolo.”44. In una situazione del genere, anche il rapporto col partner è
strumentalizzato al fine di affermare il proprio valore: è il segno distintivo della seduzione
narcisistica, una particolare modalità di relazionarsi con gli altri dove l'obiettivo non è condizionale
l'altro a fare o non fare qualcosa, ma stabilire un controllo dall' interno decidendo come l'altro deve
essere.
“Alla base della relazione perversa narcisistica troviamo sempre qualcuno che tenta di controllare
all'interno un altro, inducendolo ad essere perfetto per i suoi bisogni, e qualcun altro che tenta
disperatamente di essere perfetto per i bisogni dell' interlocutore, tentando così, a sua volta, di
controllarlo dall'interno. In pratica il narcisismo dell' uno tenta di controllare il narcisismo
dell'altro, e viceversa. Per distinguere questa forma perversa incentrata sul controllo narcisistico
dalle vere e proprie perversioni sessuali, Bergeret propone il termine di 'perversità' al posto di
quello di 'perversione'.”45. Se la pedofilia è perversione (intesa come sinonimo di parafilia) la
sessualità ricercata con i bambini può essere anche espressione di perversità. Nella perversione il
pedofilo è schiavo dei suoi istinti verso i soggetti prepuberi; nella perversità il soggetto cerca i
bambini perché deve affermare il controllo sull'altro, evitando che venga cancellato il suo potere per
mancanza di stimoli esterni. Kernberg sostiene anche che l'angoscia da castrazione possa giocare un
ruolo nella sessualità pedofila; a nostro avviso però, la relazione deve essere estrinsecata dal
concetto esclusivo della sessualità, arrivando a comprendere che la relazione permette di
sperimentare il trionfo e la gloria nel confronto con l'altro.
Ai fini della nostra ricerca, preme sottolineare come il pedofilo- narcisista scelga la sua vittima in
virtù della sua tendenza a fidarsi e ad idealizzare l'adulto, facendolo sentire grande ed autorevole e
riflettendo ciò che il pedofilo, inconsciamente, sente di non essere. In caso di Sé grandioso
44 R.Filippini, 2006, pag.146.
45 Idem, pagg. 195-196.
27
patologico, il pedofilo prova un eccessiva stima e sopravvalutazione di sé stesso, e risulta incapace
di provare empatia verso il prossimo, preso dal suo egoismo. Ha inoltre una attività di tipo
predatorio, cioè sbilanciato, con scarso impegno personale, ma molto impegno richiesto all'altro (in
questo caso si parla di narcisismo maligno).
Se vogliamo poi dare ulteriore lustro alla ricerca, possiamo affermare che De Masi classifica due
sottotipi di pedofilia, che possiamo far corrispondere ai due tipi di Kernberg in questo modo: il
primo tipo di De Masi, la “pedofilia romantica” è associabile al primo tipo di Kernberg, poiché
nella pedofilia romantica il bambino viene idealizzato da un adulto; il secondo tipo di De Masi, la
“pedofilia cinica”,è associabile al secondo tipo di Kernberg in quanto si prevede un interesse di
tipo prettamente sessuale, incentrato sull'abuso.
Un'altra spiegazione utile ai fini della nostra ricerca si può ritrovare nel concetto di “perversione”
studiato da Racamier, con il plagio e la manipolazione della vittima ad opera del suo aggressore.
Racamier spiega la perversione narcisistica partendo dall'unisono simbiotico (l'unione originale di
madre e figlio, che funge da riparo per entrambi da stimoli esterni e tensioni interne), a cui fa
seguito il lutto originario (il processo psichico col quale l'Io rinuncia all'unione narcisistica assoluta
dell'oggetto), con le figure del padre, della madre e del figlio stesso in ruoli diversi, rispettivamente:
se il padre fallisce in questa fase il suo compito di “delimitazione”, fallendo anche il lutto
originario, crea un movimento narcisistico che invece di scorrere nella complessità si cristallizza in
difesa di una totalità e di un ideale grandioso e illusorio; se la madre ritiene insopportabile la
rinuncia alla simbiosi originaria, crea un clima di controllo sui bisogni del bambino, prevenendoli
in maniera efficace, e portando il figlio ad un annullamento che, a lungo andare, porterà ad una
rabbia incontrollata per ogni desiderio insoddisfatto; se il figlio non riesce ad elaborare il lutto si
parlerà di “Antiedipo”.
Esso ha una sua idea narcisistica, ben descritta dall'autore stesso: “...investimento elettivo dei limiti
degli involucri del corpo, dello sguardo e della pelle e, soprattutto, […] il suo fantasma centrale di
auto-generazione, […] nella sua forma esclusiva e grandiosa, l'auto-generazione si fonda su un
diniego essenziale: quello delle origini; essa tende allora a inaridire la sorgente dei fantasmi così
come a confondere le generazioni”46.
Racamier identifica nell'impostore e nello scroccone il perverso, con una differenza di genere: nelle
donne “falloidi”, il pensiero è teso a dimostrare la superiorità della donna che “castra” gli uomini,
soprattutto quelli che le piacciono; negli uomini “sbruffoni” il pensiero verte sul dimostrare la
propria superiorità e il proprio non essere castrati, sentendosi i più forti, dotati e grandi47.
46 Racamier P.C., 1192, p.137, in R.Filippini, Avventure e sventure del narcisismo, 2006, pag. 243
47 Ibidem, pag. 255
28
Passando infine a studi ancora più recenti, possiamo citare autori, come Andrew Keen il quale, nel
suo libro “The Cult of the Amateur” spiega come il web partecipativo (blog, video-audio-foto
sharing autoprodotti, social network in genere) faciliti la creazione di prodotti autoreferenziali,
autocitazioni che vanno a gratificare appunto il narcisismo digitale, dove però non si trova un
riscontro “reale”, ma solo virtuale.
1.6 Brevi cenni sulla legislazione
Il minore è stato sempre assoggettato al volere degli adulti, e questo basta per capire come, nel
corso degli anni, non siano state promulgate leggi che ponessero su di lui una particolare attenzione.
All'inizio del secolo scorso inizia a farsi vedere un abbozzo di tutela minorile, che con gli anni
sarebbe andata avanti, in maniera diversa, in tutta l'Europa. Possiamo far risalire l'incipit del
mutamento alla “Convenzione per la Tutela dei Minori”, redatta nel 1902. Quasi vent'anni dopo
ritroviamo la “Convenzione n°5 promossa dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro”, del
1919. Questo è un ulteriore passo avanti in quanto, tra le altre cose, si stabilisce l'età minima di
ammissione al lavoro industriale (quattordici anni). Si sono susseguite poi convenzioni diverse, tra
le quali ricordiamo per importanza: la “Dichiarazione sui Diritti del Fanciullo” (1924), la
“Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo” (1959), che precisa e amplia la convenzione precedente, e
infine la “Convenzione sui Diritti del Fanciullo” (1989). C'è da sottolineare come la Convenzione
del 1959, per la prima volta, preveda una maggior protezione del bambino, che viene considerato in
quanto tale anche a livello psicologico e sociale. L'ultima convenzione, del 1989, specifica cosa si
intende per fanciullo: “Ogni essere umano avente un'età inferiore agli anni diciotto, salvo se abbia
raggiunto prima la maturità secondo le leggi del suo Stato” e viene sancito che l'interesse
principale sia, appunto, quello del minore.48
Passiamo ora in veloce rassegna, senza fermarci troppo su cavilli giuridici, le attuali norme di legge
vigenti in Europa, partendo dalla legislazione del nostro Paese. Noteremo che sono tutte
accomunate dalla attenzione rivolta alla salute psico-fisica del minore, e prevedono pene per chi
scambia materiale pedo-pornografico o molesta i bambini, anche se ognuna è peculiare per i limiti
d'età ad esempio, oppure per la metodologia di approccio al problema. E' notizia del 19 Settembre
49 che anche in Italia è stata ratificata la “Convenzione di Lanzerote”, per contrastare lo
48 G. Cifaldi, Pedofilia tra devianza e criminalità, 2004, pagg. 130-131
49 http://www.diritto24.ilsole24ore.com/guidaAlDiritto/comunitario/primiPiani/2012/09/la-convenzione-di-lanzarotee-legge-la-parola-pedofilia-entra-nel-codice-penale.html (Appendice A, pag. 133)
Per visionare il Testo del Disegno di legge, seguire il link:
http://static.ilsole24ore.com/DocStore/Professionisti/AltraDocumentazione/body/13500001-
29
sfruttamento e l'abuso sessuale sui minori.
1.4.1 La legislazione in Italia
In Italia la legislazione subisce uno scossone nel 1996, con la Legge del 15 Febbraio 1996, n° 66,
che rielabora l'intera disciplina in materia di reati sessuali, i quali diventano “reati contro la
persona”, e non più “reati contro la moralità e il buon costume”.
Nel 1998 una ulteriore legge, la n° 269 del 3 Agosto 1998, amplia ancora di più il ventaglio
legislativo, come recita l'intestazione della stessa: “Norme contro lo sfruttamento della
prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale a danno di minori, quali nuove forme di
riduzione in schiavitù”. Si cerca quindi di affrontare lo sfruttamento della prostituzione, la
produzione, detenzione e diffusione di materiale pedo-pornografico, oltre che il turismo sessuale
all'estero. Ad oggi, l'ultimo intervento legislativo risale al 2006, con la Legge datata 6 Febbraio
2006, n° 38, la quale è intitolata: “Norme contro la pedofilia e la pedo-pornografia anche a mezzo
internet”. Con l'avvento di Internet e dei social-network, i pedofili e i loro sostenitori hanno avuto
maggior possibilità di ritrovo e scambio, spesso tramite l'ausilio di siti protetti e difficili da
rintracciare: per questo il provvedimento del 2006, oltre ad inasprire le pene per chi si macchia dei
reati di pedofilia e pedo-pornografia on-line, ha predisposto una serie di misure volte ad affrontare il
fenomeno per la prima volta in modo globale.
Fra queste misure possiamo far rientrare l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri, dell'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile.
La legge specifica che :“Il compito dell'Osservatorio è di acquisire e monitorare i dati e le
informazioni relativi alle attività svolte da tutte le pubbliche amministrazioni per la prevenzione e
la repressione del fenomeno dell'abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori. Conoscere, infatti,
è condizione necessaria e indispensabile per poter mettere in atto le strategie necessarie per la
prevenzione ed il contrasto del fenomeno e per definire gli interventi più adeguati a tutela dei
minori”50.
1.4.2 La legislazione in Francia
In Francia, paese fin troppo noto per la triste vicenda del luogotenente Gilles de Rais (del quale
parleremo approfonditamente in seguito), a partire dagli anni Settanta inizia ad affermarsi una
13600000/13517347.pdf
50 http://www.pariopportunita.gov.it/quinonsitocca/osservatorio-pedofilia
30
maggior attenzione al minore. Nel corso di questi anni viene abolito il concetto di patria potestà, ad
entrambi i genitori sono attribuiti uguali diritti e doveri, così come si afferma l’uguaglianza dei
diritti tra i figli nati dal matrimonio o fuori da esso.
E’ doveroso far notare che la Francia ha disposto una legge in grado di assicurare l’attuazione degli
interventi di prevenzione e di recupero psicosociali a tutela del minore (legge del 10 Luglio 1989).
Questa legge ha, ad esempio, previsto l’istituzione di un ufficio preposto a raccogliere le
segnalazioni di casi e a rispondervi tramite un servizio di accoglienza telefonico nazionale pubblico
e gratuito, attivo 24 ore su 24.
Per la salvaguardia dell’infanzia oggetto di maltrattamenti l’art. 375 del codice civile dispone che il
giudice debba intervenire d’ufficio se la “sanità, la sicurezza, o la moralità di un minore non
emancipato sono in pericolo, o se le modalità della sua educazione sono gravemente
compromesse”. Il legislatore ha, però, evitato di fornire una definizione precisa di “pericolo” ed ha,
quindi, lasciato al giudice un’ampia discrezionalità.
La Francia è anche la nazione che si è maggiormente adoperata dal punto di vista giuridico ed
operativo contro lo sfruttamento sessuale minorile. Ne sono un esempio la legge 92-645 del 13
Luglio 1992 e quella del 1 Febbraio 1994, che prevedono di arginare questo fenomeno attraverso la
punibilità di coloro che promuovono e organizzano viaggi all’estero, finalizzati a realizzare incontri
con minori, e l’introduzione nella legislazione francese del principio di extraterritorialità.
1.4.3 La legislazione in Grecia
Dobbiamo innanzitutto notare che tra la legislazione greca e quella degli altri Paesi vi è una
differenza sostanziale relativa al raggiungimento della maggiore età, che per questo Paese è fissato a
diciassette anni. La Costituzione Greca del 1975 enumera tra i principi base della nazione la tutela
della famiglia e dei minori. Le disposizioni legislative (L. 1250/82 e L. 1329/83) vedono attribuire
ai genitori gli stessi diritti e doveri nella cura dei figli. Il principio di ogni intervento a tutela del
minore diviene quello di perseguire il suo interesse. Il Codice Penale tutela il minore con apposite
norme che hanno per oggetto i reati contro la persona e l’integrità fisica, i reati contro la libertà
personale e i reati di abuso e sfruttamento sessuale, con inclusione della pornografia. La
disposizione legislativa che invece si occupa della pornografia è datata al 1931 (L. n. 5060, art. 29),
ed è l’unica che in Grecia prevede la perseguibilità penale di coloro che immettono in circolazione
documenti che ritraggono minori impegnati in attività sessuali.
31
E' interessante a nostro avviso menzionare un recente articolo, datato 10 Gennaio 2012 e apparso
sulla rivista “Vanity Fair”, del quale riportiamo gli stralci più indicativi del testo51, scritto da
Francesca Bussi, che è possibile visionare interamente nell' Appendice A del presente lavoro:
PEDOFILIA, LA GRECIA LA CLASSIFICA COME “DISABILITA' ”
“Pedofili, piromani, feticisti e sadomasochisti saranno considerati «portatori di handicap». Fa
discutere la decisione del governo greco di ampliare la lista delle disabilità riconosciute per legge.
«Incomprensibile»: così la definisce Yannis Vardakastanis, presidente della Federazione greca delle
persone disabili. «Penso si stia commettendo un grande errore. Il ministero dovrebbe avere una
politica diversa», ha dichiarato Vardakastanis all'Associated Press. «La nuova lista contiene cambi
significativi ai quozienti di disabilità, e questo potrebbe impedire a molte persone di accedere ai
sussidi statali».
Secondo la Federazione, il provvedimento del governo comporterebbe il rischio che a pedofili e
piromani siano riconosciute pensioni di invalidità, andando ad assottigliare i fondi per quelle dei
«veri» disabili. […]”
A parte le polemiche, quello che ci preme sottolineare è quanto, ancora oggi, “con la consulenza di
un gruppo di medici ed esperti”, ad oggi si faccia passare la pedofilia come disabilità, con le
conseguenze descritte all'inizio del nostro lavoro.
1.4.4 La legislazione in Portogallo
Anche la legislazione portoghese prevede la salvaguardia del diritto del minore alla sua integrità
fisica. La tutela dei minori vittime di abusi sessuali è regolata dal DL. n. 48 del 15 marzo 1995 ed in
particolare mediante l’art. 172 onnicomprensivo di quasi tutti i reati contro l’autodeterminazione
sessuale dei minori di 14 anni. Si, punisce chi compie o fa compiere ad altre persone atti sessuali “di
rilievo” con un minore di 14 anni, chi compie atti osceni in presenza di un minore, e chi usi gli
stessi minori per la realizzazione di materiali, spettacoli o film pornografici.
Occorre sottolineare che il Portogallo è l’unico Paese che prevede e punisce specificamente il
compimento di atti omosessuali con minori infra-sedicenni. Qui si persegue, poi, l’istigazione e il
favoreggiamento della prostituzione di un minore. Tutti i reati sessuali sono soggetti inoltre a pene
aggravanti.
51 http://www.vanityfair.it/news/mondo/2012/01/10/grecia-pedofilia-disabilita-polemiche#?refresh_ce (Appendice A,
pag. 131)
32
1.4.5 La legislazione in Spagna
La Costituzione Spagnola del 1978, nell’elencare i principi su cui si è basata per la sua
elaborazione, fa esplicito riferimento al dovere da parte dei Pubblici Poteri di assicurare la
protezione sociale e giuridica della famiglia e in particolar modo dei minori. Diverse sono le leggi
emanate per raggiungere questo fine.
Tra queste si segnala la legge del 1981, che ha eliminato la precedente differenza di godimento di
diritti tra i figli legittimi e naturali, ed ha equiparato i diritti e i doveri della madre e del padre
nell’esercizio delle loro funzioni genitoriali.
La legge n. 21 del 1987 ha apportato dei miglioramenti nell’ambito della protezione del minore in
stato di abbandono, in quanto consente alle autorità pubbliche di intervenire tempestivamente sui
casi.
La legge n. 1/1996 :“Sulla protezione giuridica dei minori” ha una portata più ampia rispetto alle
precedenti e segue la linea di condotta adottata dai molti Paesi: recependo i contenuti delle varie
Dichiarazioni Internazionali, riconosce ai minori la titolarità piena dei loro diritti ed una capacità
progressiva di esercizio degli stessi. Per quanto riguarda la tutela penale del minore che subisce
abusi sessuali, la legge n. 10 del 23 novembre 1995 stabilisce che chiunque attenti alla libertà
sessuale di un'altra persona, con violenza o intimidazione, sarà punito in quanto colpevole di
aggressione sessuale con la pena di 1 a 4 anni di reclusione; l’art. 179 (congiunzione carnale)
dispone che, quando l’aggressione sessuale consiste in una congiunzione carnale o introduzione di
oggetti o penetrazione anale, la pena aumenta dai 6 ai 12 anni di reclusione.
Vi è un aumento di pena dai 4 ai 10 anni per i reati di aggressione sessuale (artt. 178 e 179
aggressione sessuale aggravata) nel caso in questi siano commessi su una vittima particolarmente
vulnerabile per ragione della età, infermità, oppure se l’azione sia consumata da chi abbia con la
vittima un rapporto di parentela o affinità; inoltre si persegue legalmente chi compie o fa compiere
ad altri atti osceni in presenza di minori, o chiunque con qualsiasi mezzo diffonda, venda o esibisca
materiale pornografico contenente immagini di minori (artt. 185 e 189 pornografia). L’art. 187
(prostituzione infantile), infine, prevede la perseguibilità penale per chiunque promuova, favorisca o
faciliti un minore con finalità o per esibizioni pornografiche.
33
2. Pedofilia: La storia
Come già accennato in precedenza, la pedofilia è un fenomeno antico quanto l'uomo stesso.
Troviamo testimonianza di ciò già nelle civiltà antiche, come ad esempio Greci e Romani. Partiamo
da una premessa: dobbiamo distinguere forzatamente i generi, in quanto bambini e bambine non
hanno mai avuto parità di trattamento, né a livello storico, né a livello fantastico, e la trattazione che
segue ne è un esempio abbastanza evidente. Con ciò non si intende fornire giudizi: cercheremo di
essere il più possibile imparziali, seguendo un filo cronologico che ci aiuterà a comprendere meglio
i vari fenomeni che investono la nostra società.
2.1 Cronaca mondiale della pedofilia
Le prime testimonianze a noi pervenute riguardo le relazioni sessuali fra adulti e bambini risalgono
al IV°-III° secolo a. C. All'epoca di Mosè, nonostante egli abbia duramente condannato la
corruzione infantile, i costumi ebraici (che erano rigorosissimi verso l'omosessualità tra adulti)
erano indulgenti nei confronti dei giovani e, se la sodomia su bambini di età superiore ai nove anni
veniva considerata cosa tanto grave da essere punita con la lapidazione, l'atto sessuale con bambini
di età inferiore non veniva neppure ritenuto tale. La sanzione si limitava a qualche frustata poiché
era semplicemente azione contraria all'ordine pubblico. Nella Grecia del V° secolo a. C. troviamo
l'amore efebico come pratica socialmente accettata. Cantarella (1995) tramite gli scritti di Plutarco,
ci fa notare come a Sparta i ragazzi, a dodici anni, erano affidati a degli amanti, scelti tra i migliori
uomini, e da questi imparavano a essere dei veri spartani. Per i Greci le parole “παιδοϕιλειυ”
(paidofilen) e “παιδοϕιλις” (paidofilis) erano indicative solo di relazioni amorose intrattenute fra
uomini adulti e ragazzi puberi in un'ottica di scambio pedagogico. Questo tipo di relazione è
comunemente chiamata pederastia. Essa non solo non era condannata, ma era incoraggiata in
quanto il fanciullo, per essere buon cittadino, doveva assimilare le virtù virili. Per questo, il
giovinetto eròmenos, cioè l'amato passivo, doveva sottostare all' anziano erastès, l'amante attivo,
che tramite rapporti passava le sue virtù al giovane attraverso lo sperma. Riguardo la figura del
maestro, eminenti studiosi52 descrivono come: “...il plasmare, l'istruire è uno dei dogmi della
pedofilia. [Il pedofilo] vuole sentirsi maestro, la guida che conduce a territori inesplorati”.
Grazie a Socrate, Platone, ma anche ai racconti e alle poesie di Alceo, Anacreonte e Teognide,
abbiamo un'ampia letteratura a riguardo.
Platone, nel Simposio, mostra Alcibiade che tenta di sedurre Socrate per approfittare del suo
52 Camarca, Parsi, 2000
34
insegnamento, ed è un esempio col quale possiamo notare che l'eròmenos “ama” il suo erastès per la
virtù propria dell'uomo adulto: il valore53. Sempre tramite Platone, Senofonte e lo pseudo-Luciano
sappiano che questa esperienza era perfettamente lecita da un punto di vista giuridico e morale,
anche se a volte i giovani accettavano i rapporti solo per una mutua rassegnazione ai propri doveri
sociali, e sviluppavano sentimenti di umiliazione, rabbia e anche rancore verso gli amanti dopo il
rapporto54. Ovviamente, tale pratica non era destinata agli schiavi o alle bambine, impossibilitati
dalla loro condizione schiava o femminile ad essere buoni cittadini.
A Creta, la relazione tra un ragazzo e un uomo era una tappa essenziale per diventare uomini, ed
assumeva la forma del “rapimento rituale”, nel quale il giovane veniva condotto fuori città per circa
due mesi, e intratteneva rapporti minuziosamente regolati dalla legge col suo amante.
Nelle società guerriere, come Tebe, Sparta o Creta, questa relazione era talmente importante da
portare l'amante, alla fine della stessa, a donare l'equipaggiamento di guerra al suo amato; ciò
rimanda simbolicamente all'entrata del giovane nel mondo degli adulti.
Ma, come sostiene Weitbrecht: “Tra l'eros paedagogos (cioè l'amore psichico e spirituale
dell'adulto verso il giovane discepolo da lui educato e formato) e il graduale scivolamento verso
una pedofilia sensuale il passo è breve”; e difatti sappiamo che i rapporti intrattenuti con i giovani
al di sotto dei dodici anni (quindi prepuberi, caratteristica eccitante per il pedofilo) erano
estremamente infamanti e sanzionati ad Atene anche con la pena di morte. Si considerava la
pederastia come un fatto che poteva essere altamente formativo o, al contrario, estremamente
pericoloso per i giovani. La vita dei paides, per quanto possibile, doveva svolgersi secondo regole
che avrebbero impedito amori volgari e non educativi. Grazie a Plutarco, comunque, sappiamo che
la violenza nei confronti dei più piccoli da parte di pedagoghi e insegnanti erano regolari, anche se
amare un fanciullo troppo giovane era considerato assai più riprovevole che amarne uno troppo
vecchio. Superare i limiti massimi di età era una questione personale; ignorare quelli minimi era una
colpa. Altra infamia era lo scambio di ruoli: l'adulto che diventava passivo era considerato con
vergogna e sdegno55, poiché non sussisteva più la donazione delle virtù da parte del maestro al suo
allievo.
Fa notare Schinaia che la relazione pederasta presenta due aspetti rilevanti e contraddittori: il primo
consiste nel fatto che amare i fanciulli era considerata una pratica libera, supportata da leggi e dalla
morale dell'epoca, ma soprattutto aveva una valenza formativa eccezionale, incoraggiata da filosofi
e letteratura. Il secondo aspetto riguarda invece la conflittualità insita in ogni relazione pederasta,
53 C.Calame, L'amore in Grecia, pag. XIII
54 Platone, Phaedr.,240 c-d-e; Xen., Symp. 8, 21-22, Amores, dialogo dello Pseudo-Luciano di Samostrata, par.27
55 Ames e Houston, 1990.
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che non era semplice e scontata: doveva, come già spiegato, sottostare a regole e convenzioni
precise. Pausania56, nel Simposio, ne indica una: il nomos da una parte incoraggiava l'amante a
corteggiare l'amato, e dall'altro voleva che l'amato resistesse al corteggiamento.
Foucault57 indica la prima barba come segno del passaggio da una condizione adolescenziale ad
una adulta, e si diceva che il rasoio che la tagliava doveva spezzare il filo degli amori. Una volta
raggiunta l'età adulta, cioè a circa venticinque anni, i maschi divenivano a loro volta parte attiva,
iniziando nuovi paides fino al matrimonio e, dopo esso, intrattenendo rapporti con la moglie ed altri
fanciulli.
Un ulteriore elemento di contraddizione sta nel fatto che, nonostante fosse accettata, i padri
cercavano in ogni modo di proteggere i figli da tresche o pedagoghi poco raccomandabili;
pretendevano controllo e biasimavano i coetanei o compagni coinvolti in tali pratiche58.
Anche le fanciulle venivano iniziate ad amori saffici. Un esempio è dato da Lesbo o Sparta, dove le
donne adulte usavano avere amanti adolescenti, e unirsi a loro per iniziarle al matrimonio, che in
genere avveniva verso i dodici-tredici anni con uomini adulti. Nei thiasoi, le tipiche comunità
femminili, le ragazze vivevano un'esperienza di tipo globale, ricevendo varie forme di educazione:
domestica, sessuale, ecc. Il più noto thiasos è quello di Saffo, la quale donava alle sue compagne
vari saperi, dal canto alla danza, dalla bellezza al fascino, alla seduzione e al sesso.
L'amore tra donne, però, non è uno strumento di formazione del cittadino greco; pertanto era
misconosciuto tanto ai filosofi, quanto alla legge. Quindi è logico dedurre che violenze su bambine
di pochi anni non venissero nemmeno prese in considerazione dalla morale, non ritenendole gravi
ed infamanti come quelle sui piccoli maschi, cittadini. Del resto, la donna greca neanche da adulta
godeva di protezioni e sicurezza: il suo compito era soltanto legato alla procreazione di nuovi
cittadini.
E' interessante notare come, se da un lato erano pratiche accettate, d'altro canto esistevano disprezzo
per i giovani troppo liberi o interessati, e la grande disistima per gli effeminati. Da varie opere
platoniane capiamo come la pederastia fosse, secondo l'autore, una forma di sopraffazione
ammantata da una pretesa formativa, perciò finalizzata al piacere del delatore. L'amato, continua
Platone, esiste in funzione dell'amante, lo ripaga della saggezza e la sapienza che gli infonde
attraverso l'annullamento del suo corpo, donandosi al maestro. Non c'è quindi quella logica di
“scambio”, tanto esaltata da Kierkegaard, tra il discepolo e il maestro: “Il discepolo è l'occasione
perché il maestro comprenda sé stesso, e viceversa il maestro è l'occasione perché il discepolo
56 Platone, Simposio.
57 Foucault, 1984
58 Platone, Simposio.
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comprenda sé stesso”, poiché al ricevimento della saggezza segue l'annullamento del corpo offerto,
e non una sua valorizzazione intrinseca o estrinseca.
Nell'antica Roma si perde quel carattere filosofico dell'amore per il fanciullo come pratica
pedagogica: se nei Greci era un “donare” virtù, tra i Romani conquistatori si perde quest'aura di eros
decantato, per cedere il passo ad un amore che era considerato un “male necessario”, basato sulla
sopraffazione, e a volte sulla forza bruta. Scrive ad esempio Marziale ad una matrona: “Cum tibi
nota tui sit vita fidesque mariti| nec premat ulla tuos sollecitetve toros| Quid quasi paelicibus
torqueris inepta ministris| in quibus et brevis est et fugitiva Venus? […] Scire suos fines matrona et
femina debet| cede sua pueris, utere parte tua.”59 Cicerone condanna fermamente la pederastia in
senso ellenico, vale a dire l'amore per ragazzi liberi, sia anche come forma greca di “dono della
sapienza”. La Lex Scatinia del 149 a. C. puniva lo “stuprum cum puero”, ed i genitori erano soliti
applicare una bulla d'oro (una specie di collarino) ai loro pargoli: questo metodo permetteva agli
estranei di riconoscerli come figli di cittadini romani, e non renderli oggetto di molestie. L'amore
era concesso solo per i figli di schiavi, schiavi giovani o a volte nemici sconfitti, sempre secondo la
logica della sopraffazione. Seneca, nelle “Controversie”, fa pronunciare all'avvocato di un liberto,
cioè uno schiavo liberato, criticato per avere una relazione col suo ex padrone, queste parole: “...la
passività sessuale (impudicitia) è un crimine per un uomo libero, una necessità per uno schiavo, un
dovere per un liberto”. La regola nel mondo romano è dunque assoggettare, dominare il mondo e
imporre la propria volontà; avere rapporti con ragazzi liberi avrebbe compromesso il giovane
cittadino, il quale avrebbe dovuto imparare a imporsi e non subire le decisioni altrui; in più il
modello di vita non sarebbe stato consono all'austerità e al rigore morale che i Romani esaltavano e
propagandavano. In epoca augustea troviamo alcuni cambiamenti, come il mutamento dell'età
matrimoniale (dodici anni le femmine, quattordici i maschi), e una riscoperta dell'amore romantico
tra adulti e giovani, anche liberi. Nonostante questo, Svetonio e Tacito criticano apertamente questo
costume, impersonato per eccellenza dall'imperatore Tiberio, il quale aveva l'abitudine di trastullarsi
durante il bagno con bambini molto piccoli. Riguardo al risvolto femminile della pedofilia, abbiamo
pochi cenni: Petronio, nel “Satyricon”, narra di come donne e uomini assistano, applaudendo, allo
stupro di una bambina di sette anni, e Tacito, negli “Annali”, descrive: “Tradit Cluvius ardore
retinendae Agrippinam potentiae eo usque provectam, ut medio diei, cum id temporis Nero per
vinum et epulas incalesceret, offerret se saepius temulento comptam in incesto paratam; iamque
lasciva oscula et praenuntias flagitii blanditias adnotantibus proximis, Senecam contra muliebris
59 M. V. Marziale, Epigrammi; XII, 96 ; a cura di S. Beta, Mondadori 1995: “ Dal momento che conosci la vita e la
fedeltà di tuo marito | e sai che nessun'altra donna agita o monta sul tuo letto, | perché sciocca ti tormenti per i suoi
schiavi come fossero | i suoi amanti, che amano di un amore breve e fuggitivo?[...] La vera matrona, la vera donna
deve conoscere i suoi limiti: | lascia ai ragazzi la loro parte, tu tieniti la tua”.
37
inlecebras subsidium a femina petivisse, immissamque Acten libertam, quae simul suo periculo et
infamia Neronis anxia deferret pervulgatum esse incestum gloriante matre, nec toleraturos milites
profani principis imperium. Fabius Rusticus non Agrippinae sed Neroni cupitum id memorat
eiusdemque libertae astu disiectum. Sed quae Cluvius, eadem ceteri quoque auctores prodidere, et
fama huc inclinat, seu concepit animo tantum immanitatis Agrippina, seu credibilior novae libidinis
meditatio in ea visa est, quae puellaribus annis stuprum cum [M.] Lepido spe dominationis
admiserat, pari cupidine usque ad libita Pallantis provoluta et exercita ad omne flagitium patrui
nuptiis.”60. Dopo la nascita di Cristo e l'avvento del Cristianesimo abbiamo vari interventi tesi in
primo luogo a contrastare l'omosessualità, e quindi conseguentemente anche l'amore pederasta: già
a partire dal II° secolo d.C. intuiamo un'inversione di rotta: da un lato neoplatonici e stoici invitano
all'autocontrollo;dall'altro i padri della Chiesa, come San Girolamo, indicano come peccaminosa
qualsiasi attività sessuale. Il primo intervento legislativo emanato contro l'omosessualità (e quindi,
indirettamente, anche contro la pederastia) sembra risalire agli imperatori Costanzo e Costante,
detentori nel IV° secolo dell'Impero Romano d'Occidente e d'Oriente. In una legge del 16 Dicembre
342, essi scrissero: “Quando l'uomo si accoppia unendosi a maschi come se fosse una femmina
cosa mai si brama, dato che il sesso sbaglia il suo soggetto? Che c'è una scelleratezza che non
giova conoscere? Che l'amore viene invertito in altra forma? Che l'amore ricercato non può essere
trovato? Comandiamo quindi che insorgano le leggi e che si armi il braccio della giustizia
vendicatrice, affinché gli infami che sono o saranno colpevoli di tale delitto subiscano le pene più
severe.61” Questa condanna venne aggravata dall'imperatore Teodosio, il quale in una disposizione
del “Codex Theodosianus”, nel 390 d.C. stabilisce: “Tutti coloro che hanno la vergognosa
abitudine di condannare il proprio corpo maschile alla sofferenza di un sesso diverso, facendogli
svolgere un ruolo femminile (essi difatti in appartenenza non sono diversi dalle donne) dovranno
espiare un così grave crimine nelle fiamme vendicatrici62”. L'imperatore Giustiniano, nelle sue
“Istituzioni di Diritto Civile” riordinate e semplificate tenendo conto del Vangelo, inserisce una
60 Tacito, Annales, Liber XIV-2: “ Narra Cluvio che Agrippina, per la smania di mantenere la sua potenza, in pieno
giorno, quando col vino e i cibi cresceva la foia di Nerone, sia giunta al punto di offrirsi a lui ubriaco, seducente e
pronta all'incesto. E che Seneca, per contrastare quell'adescamento femminile, notando anche gli intimi lì presenti i
baci lascivi e le carezze come avvisaglia di quell'obbrobrio, sia ricorso a un'altra donna, facendo intervenire la
libera Atte, la quale, preoccupata dei suoi rischi personali e dell'infamia di Nerone, lo informasse delle voci
circolanti sull'incesto, per le vanterie della madre, e che i soldati non avrebbero consentito di lasciare l'Impero ad
un principe incestuoso. Fabio Rustico ricorda invece che a desiderare quell'infamia non sia stata Agrippina, ma
Nerone, e che a distoglierlo sia intervenuta l'astuta mossa della stessa liberta. Ma la versione di Cluvio è
confermata da altri storici, e ad essa è incline la voce pubblica: Agrippina avrebbe davvero concepito un atto così
mostruoso, o forse è parso plausibile attribuire a lei il pensiero di questa orrenda libidine, lei che si era data ,
ancora giovanissima, per sete di potere, a Lepido, e che, sempre per la stessa smania, aveva tranquillamente
accettato di compiacere a Pallante, e che, dopo le nozze con lo zio, era rotta a ogni turpitudine.”
61 Corpo del Diritto, vol. II, 1,9,§ 31.
62 Codex Theodosianus, IX, 7,6.
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disposizione in cui riprende la condanna per omosessualità e prevede: “ Poiché taluni, posseduti
dalla forza del demonio, si abbandonano alle più gravi nefandezze e fecero cose contrarie alla
stessa natura, anche a costoro imponiamo di ospitare nel loro animo il timor di Dio e del giudizio
venturo, e di astenersi da queste diaboliche e sconvenienti turpitudini, affinché a causa di tali
azioni non vengano fatte perire assieme ai loro abitanti. Ci insegnano infatti le Sacre Scritture che,
per colpa di tali empie azioni, sono andate in rovina le intere città assieme ai singoli uomini (...).
Per colpa di tali crimini infatti avvengono carestie, terremoti e pestilenze, e per questo ammoniamo
costoro ad astenersi da tali delitti, per non perdere la loro anima. Se infatti, anche dopo questo
nostro avvertimento, alcuni verranno colti nell'ostinarsi in questi delitti, ebbene, per prima cosa
essi si renderanno indegni della clemenza di Dio,e inoltre dovranno anche subire i castighi previsti
dalle leggi. Abbiamo infatti ordinato (…) di catturare chi si ostina in tali sconvenienti ed empie
azioni e di sottoporlo all'estremo supplizio, allo scopo di evitare che le città e lo Stato debbano
subire danni a causa della negligenza messa nel punire tali nefandezze63.”
Arrivati a questo punto, si nota l'enorme differenza di pensiero che caratterizza il Medioevo dai
secoli precedenti e da quelli successivi. E' più di altri, il “secolo buio”, colmo di superstizioni e
paura di Dio, della fine del mondo e dei peccatori. La tradizione giudaico-cristiana risulta meno
incisiva nella difesa delle bambine, poiché anche se la legge fissava a dodici anni l'età minima per
sposarsi, i matrimoni tra bambine di dieci anni e uomini molto più anziani di loro non erano una
rarità64. A quel tempo di pedofilia non si doveva nemmeno parlare, ed in effetti non esistono molte
cronache o testi giuridici di riferimento. Nel XIII° secolo era normale per i più piccoli assistere a
scene non adatte a loro, a causa dell'enorme promiscuità esistente: effusioni e rapporti sessuali dei
genitori (con i quali condividevano stanza e giaciglio) e dei componenti della famiglia allargata
erano all'ordine del giorno. Allo stesso modo, i piccoli potevano essere oggetto di attenzioni o
molestie da parte degli stessi componenti, e questo poteva riguardare sia i i figli della casta
nobiliare, che di quella contadina. Era usanza del tempo mandare i propri figli “a bottega”, cioè
affittare a botteghe e padroni i propri figli. Essi potevano apprendere il del capo-bottega, col quale
condividevano la vita quotidiana, suscitando una sicura promiscuità relazionale. Tale apprendistato
iniziava attorno agli otto-dodici anni, e terminava verso i dodici-quattordici. Il bambino poteva
apprendere a giostrare da un cavaliere, studiare teologia da un chierico o imparare un mestiere,
apprendendo attraverso la pratica e continuando la sua formazione anche nella sfera privata:
l'estrema arrendevolezza dei garzoni sottolineava la difficoltà dell'epoca, e l'interiorizzazione di un
modello ancestrale di sottomissione, utile alla sopravvivenza, dimostrano come fosse difficile
63 Giustiniano Imperatore, Institutiones Juris Civilis, nov. LXXVII, c.1, proemio e capitoli 1-2
64 Aguglia e Riolo, 1999.
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vivere e sopravvivere in quel periodo storico. Le emozioni e gli affetti all'interno dei rapporti che si
stabiliscono in bottega è un'ulteriore elemento da considerare come possibile scusa per la nascita di
relazioni amorose, o anche solo sessuali. L'educazione religiosa e sociale era basata su prediche e
sermoni ascoltati in chiesa. Si racconta che nel 1412 un maestro della Scuola di Venezia fece
giocare a scacchi in una locanda un gruppo di suoi alunni, mentre due di loro vennero portati nel
retrobottega, e là “selvaggiamente violentati65”. Le Roy Ladurie sembra rilevare che la sodomia e
la pederastia sono pratiche che si svolgono nelle città, anche se gli scolari sedotti sono generalmente
di nascita campagnola, ma di famiglia abbastanza agiata che, pertanto, ha la possibilità di mandarli
a studiare in città. L'abuso sessuale sul bambino non viene ancora investito da una grande
riprovazione sociale in quanto, come sottolinea Ariès, è proprio il sentimento dell'infanzia che
risulta carente (se non completamente assente) in questo periodo storico. L'invenzione dell'infanzia
come mondo separato, categoria epistemologica a parte, concetto sociale e fase della vita (e non
mera transizione) si ha a partire dal XIV° secolo d.C. La comparsa di uno specifico atteggiamento
dell'adulto nei confronti del bambino va ricercata in età moderna con l'affermazione della famiglia
borghese. Quel poco che si conosce del passato del non-adulto è relativo perlopiù a maschi e
bambini di ceti elevati, anche se riguarda una condizione collettiva ma relativamente anonima,
oppure singoli fatti eccezionali per la loro gravità, ma non rappresentativi di una generale
condizione bambina.
Emblema di quanto detto è la storia del barone di Rais, Gilles de Laval. Egli nacque nel 1404 a
Champtocé. Rimasto orfano a undici anni, fu allevato dal nonno Jean de Craon, uomo violento e
senza scrupoli. Si ritiene che sia lui il fautore della follia del nipote, poiché lo inizia a diverse
pratiche, quali l'occultismo, la stregoneria e il satanismo. Nel 1422 si sposa e nel 1429 la sua
carriera militare raggiunge il culmine: è compagno d'armi di Giovanna D'arco, ed a soli 25 anni è
considerato il più grande guerriero di Francia. Quando nel 1432 muore il nonno, egli attua la sua
attività criminale, e fa sparire tutti i ragazzini che andavano a chiedere l'elemosina o ospitalità al
barone che non avessero più di dieci anni. Le scomparse e le uccisioni continuarono fino al 1438, ed
il suo comportamento era molto probabilmente assimilabile ad una violenta parafilia sodomitica di
tipo sadico-pedofilo; egli ricavava la massima eccitazione sessuale nell'uccidere le sue vittime
durante l'abuso, in genere per strangolamento o decapitazione, e spesso dopo ciò compiva atti di
autoerotismo mentre sventrava e palpava gli intestini delle vittime. In tutto, si ritiene che esse
ammontino a centoquaranta circa66. Infine, quando tra le sue vittime iniziarono a finire bambini di
ceti più alti, venne arrestato, processato e condannato a morte nel 1440.
65 L.Gatto, Il Medioevo giorno per giorno, 2003, pag. 235
66 H. Schechter, Furia Omicida, Sonzogno Editore 2005, pagg. 111-112.
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Negli scritti dei Padri della Chiesa la parola “fanciullo” designava la condizione, il luogo perfetto
dell'imperfezione: le debolezze infantili erano la prova inconfutabile dell'esistenza del peccato
originale e della viziosità della natura umana. Sant'Agostino chiamava “peccati” tutte quelle azioni
che nei fanciulli rivelavano fragilità e malizia: avidità, prepotenza, ribellione, gelosia ed egoismo.
L'infanzia, soprattutto la prima infanzia, era una mancanza, un'infermità che sarebbe guarita solo
con la crescita dell'individuo secondo le norme religiose. Soltanto nei secoli della rinascita la
riscoperta dell'uomo nella sua naturalità aprirà la porta al riconoscimento delle potenzialità infantili
e a un maggior senso di tenerezza.
Raramente si trovano testimonianze come quella riportata da Leguay, che narra di un giovane
mercante spagnolo, Jehannico Darbieto, che nel giugno del 1466 insieme a due amici bretoni
violentano la figlia dodicenne di un imbianchino, Margot Simmonet, nella città di Rennes. Il padre,
Jehan, si accontenta di un risarcimento di trenta scudi bretoni d'oro. Secondo l'autore, queste storie
nascono dalla noia che prende i giovani delle famiglie benestanti e nella mancanza di associazioni
giovanili capaci di distrarre e inquadrare gli adolescenti. Inoltre, non dobbiamo dimenticare il peso
delle costrizioni morali, della segregazione sessuale e della misoginia dell'epoca, che potevano
portare i giovani irrequieti ad approfittare di ogni occasione utile a soddisfare i propri desideri.
In epoca rinascimentale troviamo ampia letteratura67 secondo la quale, le strade di Firenze erano
piene di bimbi e bimbe che vendevano il loro corpo, e il mercato di Valencia in pieno Settecento era
il luogo ove poter trovare senza difficoltà piccoli prostituti.
Una delle cronache più famose di quel periodo, nella storia italiana, riguarda il caso di Beatrice
Cenci, figlia del conte Francesco Cenci, uomo violento e dissoluto, e di Ersilia Santacroce. Dopo la
morte della madre, fu mandata a sette anni presso le monache francescane del Monastero di Santa
Croce a Montecitorio. Ritornata in famiglia, all'età di quindici anni, vi trovò un ambiente difficile e
fu costretta a subire le insidie del padre, che poco dopo sposò la vedova Lucrezia Petroni, che aveva
già avuto una figlia (uccisa dal padre di Beatrice). Pur di non pagare la dote della giovane, la
segregò assieme alla matrigna in un castello a Petrella Salto (in provincia di Rieti), ma poi
esasperato dai debiti si ritirò anch'egli nel castello, iniziando una serie di abusi sulla figlia. Si narra
che lei, esasperata, fosse giunta alla decisione di organizzare l'omicidio di Francesco con la
complicità della matrigna Lucrezia, i fratelli Giacomo e Bernardo, il castellano ed il maniscalco. Per
due volte il piano fallì, ma al terzo tentativo il conte morì. Ben presto però si scoprì il complotto, e
Beatrice fu condannata dal Papa, Clemente VIII, alla decapitazione. C'è da notare che il popolo
disapprovò moltissimo la sentenza, tentando di sovvertire l'ordine con tumulti e risse68.
67 Goodrich, 1976; Carrasco, 1989.
68 Beatrice Cenci, Romana storia del secolo XVI, Roma, 1849.
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Le vicende di Beatrice non potevano non suscitare un certo interesse, commozione e partecipazione
sincera; ma anche curiosità morbosa. La bellezza di Beatrice, le passioni paterne e il tabù
dell'incesto, la vendetta e il supplizio finale culminato con la morte della sventurata fecero in modo
di mantenere vivo il ricordo della ragazza, anche in ambiti come quello artistico, teatrale e
cinematografico, dei quali parleremo più avanti.
Suscita particolare attenzione la comparazione della pena esemplare inferta a Beatrice e ai suoi
complici con quella toccata ad un maestro di novizi che, secondo i resoconti dell'epoca descritti da
Carrasco: “...esercitava dentro il suo convento incessanti e fruttuose pressioni sessuali sui giovani
che gli erano stati affidati”. Il consiglio della Suprema Inquisizione fa arrestare in gran segreto il
pedofilo, ma ferma il processo all'istruttoria, dichiarando che: “La cura, fatalmente scandalosa,
sarebbe stata peggiore della malattia.” Nella seconda metà del Seicento si iniziò a guardare con
sospetto a questo tipo di licenze e, proprio alla corte di Francia, nacque una letteratura pedagogica
ad uso degli educatori che aveva la funzione di salvaguardare l'innocenza infantile. Si
raccomandava tuttavia di non far dormire più bambini nello stesso letto, di evitare di coccolarli, di
sorvegliare le loro letture, di non lasciarli soli con i domestici69.
In pieno Ottocento, nonostante libri come l' “Émile ou De l'Éducation” di Rousseau (il quale vedeva
nel bambino una mente completamente libera, in cui “scrivere” le cose migliori per educarlo), si
diffonde l'idea che la natura del bambino sia incline al male, provata dal fatto che esistono
debolezze e capricci infantili non coscienti e non volontari, derivanti dal peccato originale. In
questo stesso periodo si assiste ad una “esplosione”70 di reati sessuali a danni di bambine.
Sohn afferma che in Francia, tra il 1826 e il 1830 si contano in media 137 stupri su adulti e 136 su
bambini; nel periodo tra il 1856 e il 1860 le violenze su adulti erano 203, ma quelle su bambini
erano diventate addirittura 684. L'acme fu toccato, con 791 processi all'anno, nel periodo 18761880, per poi ridiscendere a 600 casi nel 1885-1886, 345 casi nel 1910-1914, e ridursi ancora a 150180 pratiche tra le due guerre. A parere di chi scrive, questi dati potrebbero però essere viziati: si
tiene conto di statistiche e di stupri denunciati, ma non si tiene formalmente conto, ad esempio,
degli stupri da parte dei soldati, non denunciati; di incesti nelle campagne e su minorati mentali,
oltre che di rapporti avuti con minorenni disagiate in case di piacere o bordelli. Queste tipologie di
soggetti, sommate agli anni della Grande Guerra e, successivamente, della Seconda Guerra
Mondiale (durante le quali molti archivi sono andati distrutti, e non c'era né il tempo né il luogo per
denunciare simili abusi), ci fanno capire come i dati relativi alla regressione siano forse dovuti a
69 Oliverio Ferraris A., Graziosi B., Il volto e la maschera, Casa Editrice Valore Scuola, Roma, 1999
70 C. Schinaia, Pedofilia Pedofilie, 2003, pag. 126
42
errori di raccolta e che, comunque, non siano completi. Si è detto che nei primi del Novecento la
diminuzione del lavoro infantile, la liberalizzazione dei costumi sessuali fra adulti e il
rafforzamento della sorveglianza abbia contribuito, con i suoi pro e contro, alla diminuzione dei
fenomeni. Sappiamo però che l'86% delle bambine sedotte ha meno di quindici anni, un quarto
meno di dieci e tre quarti hanno al massimo tredici anni,mentre le più piccoline hanno tre anni. La
giovane età, la debolezza ad essa correlata, l'ignoranza e la bassa condizione sociale possono a
nostro parere spiegare in parte il dilagare di questi fenomeni, e il rafforzamento della sorveglianza
paradossalmente potrebbe contribuire alle pratiche, soprattutto quelle di tipo incestuoso.
I soggetti che, in questo periodo, vengono definiti “pedofili” dalla medicina sono:
 Uomini che, non avendo mai avuto contatti sessuali, ha la sua iniziazione con soggetti
minori;
 Uomini alcolisti o impotenti che pretendono, in sostituzione del salario, prestazioni sessuali
da deformi e deboli mentali.
 Libertini e viziosi, impossibilitati a loro dire a frenare gli istinti pedofili.
La pedofilia viene definita come un'inclinazione, una passione, che implica il carattere irreprimibile
di questo gusto. Il disonore derivante per la piccola vittima può essere combattuto in due modi: o
richiedendo una riparazione pubblica o, caso di gran lunga preferito, nascondendo lo scandalo, che
deriva maggiormente dalla viziosità dei minori, come abbiamo già specificato.
Lombroso (nel primo periodo de suoi studi), in totale antitesi con Rousseau, dichiara che l'uomo
nasce come criminale puro, e che solo l'educazione può mirare a recuperare il bambino come “tipo
sociale”, e quando essa viene a mancare, si ha il fenomeno del “delinquente”. Il delinquente infatti
diventa tale a causa di una serie di anomalie che portano a presentare caratteristiche feroci e
impulsive proprie delle fasi primordiali, incompatibili con la società71. Egli, in linea con la
mentalità del suo tempo, tenta di spiegare su basi oggettive e su studi effettuati tramite autopsie
come mai esistano queste tipologie e come mai ci siano viziosi sia nei bambini che negli adulti.
Proseguendo fino ai giorni nostri, troviamo infine le varie Convenzioni, descritte precedentemente,
che hanno stabilito che esiste un'infanzia che deve essere tutelata e rispettata. Nonostante ciò, e i
vari cambiamenti di mentalità che si sono susseguiti fino ad oggi, abbiamo vari serial-killer
pedofili72, come ad esempio Carl Panzram, Robert Black, Westley Allan Dodd e, passando in Italia,
71 F.Sidoti, Il crimine all'italiana, pag. 63.
72 V. M. Mastronardi, R. De Luca, I serial Killer, Newton e Compton editore, 2005.
43
Luigi Chiatti e i “Mostri del Quadraro”, ognuno con la sua storia e le sue motivazioni.
Carl Panzram nacque nel 1891, e fin da piccolo ebbe la propensione per il furto, e questo lo portò al
suo primo arresto ad undici anni. In riformatorio divenne violento e fu messo in isolamento. Dopo
tre anni fu iscritto nella scuola di Warren. Il rapporto con l'insegnante fu però burrascoso,
soprattutto perché questa lo malmenò diverse volte davanti ai compagni di classe. Alla fine decise di
abbandonare scuola e famiglia. A quindici anni si ritrovò nel Montana, tra vagabondi, ladri,
prostitute e truffatori di ogni genere, e l'elemosina diventò l'unico modo per sopravvivere. Una sera
venne raggirato da quattro uomini che lo portarono in un luogo isolato e lo violentarono tutta la
notte. Per tre anni Panzram visse tra furti e violenze, fino quando si arruolò nell'esercito, dove
venne sorpreso a rubare, e per questo imprigionato. Nel 1921 conobbe un ragazzo di undici anni, a
cui offrì dei soldi in cambio di compagnia. Quando i due si appartarono, lo violentò e uccise con un
masso. Alcune volte si recava in piccoli villaggi, alla ricerca di ragazze minorenni. Pagava per avere
la loro compagnia per tutto il giorno, e poi si divertiva sodomizzarle e umiliarle, prima di riportarle
terrorizzate a casa dai genitori. Approfittando dell'ignoranza di quelle genti, si lamentava anche del
fatto che le ragazze non avessero fatto bene la propria parte. Dopo molte altre aggressioni, stupri e
omicidi venne condannato a morte nel 1930.
Robert Black nacque invece nel 1947. All'età di dodici anni, insieme a un compagno di classe, cerca
di stuprare una bambina. Spedito in un istituto per ragazzi problematici, viene regolarmente
sottoposto ad abusi sessuali da un uomo del personale di servizio. A 15 anni, Black viene rilasciato
dall'istituto e trova lavoro come fattorino in una cittadina vicino Glasgow. Nei due anni successivi
molesta almeno quaranta bambine durante i suoi giri di consegna, e continua fino al 1967, quando
viene incarcerato per un anno dopo essere stato riconosciuto colpevole di tre episodi di atti di
libidine violenta. Si ritiene che fra Luglio 1982 e Marzo 1986 abbia rapito, violentato e soffocato
cinque ragazzine fra Inghilterra e Scozia, ma è sospettato di altri dieci omicidi, anche se si è sempre
rifiutato di confessare.
Robert è stato arrestato nel luglio 1990, mentre stava cercando di rapire un'altra bambina. E' stato
condannato all'ergastolo, che sta scontando tutt'oggi. E' recente la notizia che gli attribuisce un'altra
piccola vittima73.
Westley Allan Dodd è nato nel 1961. La sua esecuzione per impiccagione, il 5 gennaio 1993, fu la
prima impiccagione legale negli Stati Uniti dal 196574. Dodd iniziò gli abusi sessuali sui bambini
quando aveva 13 anni, e le sue prime vittime furono i suoi cugini. Tutte le vittime (oltre 50 in tutto),
73 http://www.crimeblog.it/post/8031/uk-il-serial-killer-pedofilo-robert-black-condannato-per-un-quarto-delitto
(Appendice A, pag. 132)
74 http://unmondoaccanto.blogfree.net/?t=3814593
44
sono stati bambini di età inferiore ai 12 anni, alcuni dei quali di appena 2 anni. Dodd scrisse che
avrebbe voluto anche mangiare i genitali delle sue vittime. Quando fu arrestato, la polizia trovò
nella sua casa strumenti di tortura. Venne condannato a morte per aver molestato e poi ucciso tre
bambini. Prima dell'esecuzione disse: “Dovrebbero essere puniti con la pena massima di legge, tutti
i criminali sessuali e assassini”. Rifiutò di appellarsi affermando: “Devo essere giustiziato prima
che abbia l'opportunità di fuggire oppure uccidere qualcuno all'interno del carcere. Se per caso mi
fate scappare, prometto che ucciderò le guardie carcerarie, le stuprerò e godrò di ogni minuto di
esso”. Il metodo di esecuzione tramite impiccagione fu scelto perché aveva ucciso la sua ultima
vittima in quel modo. In tribunale disse anche che se fosse scappato di prigione, sarebbe tornato a
uccidere bambini. La sentenza venne eseguita nel 1993.
Luigi Chiatti, nato come Antonio Rossi nel 1968, visse in orfanotrofio finché non venne adottato
dalla famiglia Chiatti. Il 4 Ottobre 1992, il piccolo Simone Allegretti scomparve nella campagna
fra Foligno e Bevagna, e ritrovato senza vita venne due giorni dopo lungo una scarpata non molto
lontano da dove era scomparso. Poco prima del ritrovamento del cadavere, in una cabina telefonica
in pieno centro a Foligno venne trovato un biglietto che rivendicava l'omicidio e forniva dettagli
precisi su dove si trovasse il corpo. Il biglietto, inoltre, asseriva la volontà dell'omicida di colpire
ancora. Il 7 Agosto 1993 il mostro tornò a colpire: il cadavere di Lorenzo Paolucci, di tredici anni,
venne ritrovato poco dopo il delitto e a poche decine di metri dalla villetta abitata da Luigi. Le
tracce lasciate dal killer portavano dritte alla villetta, dove Luigi venne catturato. Il giovane
confessò quasi subito l'omicidio, attribuendosi anche quello di Simone Allegretti. La Corte d’Assise
d'Appello di Perugia riformò la sentenza di primo grado, dichiarando Luigi Chiatti semi-infermo di
mente e condannandolo a 30 anni di reclusione. Nel 1997 la Cassazione confermò la sentenza
d'appello, rendendo quindi definitiva la condanna inflitta in quella sede. Tra le testimonianze portate
dalla difesa, si ebbe quella di un compagno di orfanotrofio di Chiatti che affermò che egli stesso e
Chiatti erano stati al tempo vittime di abusi sessuali da parte di un sacerdote. Si trova tuttora nel
carcere di Prato.
I “mostri del Quadraro” erano invece Elvino e Mario Gargiulo, padre e figlio rigattieri
nell'omonimo quartiere romano. Nel 1991 uccisero Luigina Giumento, 56 anni, e Valentina
Paladini, di dieci anni. La nonna venne uccisa dal figlio Mario dopo un rapporto sessuale non
consumato; la nipotina invece dal padre Elvino, già conosciuto come adescatore di minori. Vennero
condannati a 24 e 16 anni di carcere. Elvino fu anche accusato di aver ucciso, nel 1994, Luca
Amorese, di 14 anni. Ad oggi, Elvino è morto in carcere, mentre Mario ha scontato la sua pena ed è
libero.
45
Mentre le storie qui mostrate hanno a che fare con il “mostro”, considerato tale nel nostro sistema
culturale, troviamo in altre parti del mondo una diversa dea riguardo i rapporti sessuali con minori.
Più precisamente, troviamo una pratica molto simile a quella greca in Nuova Guinea, documentata
dall'antropologo Gilbert Herdt negli anni Settanta: essa consiste in un rapporto orale tra bambino di
dieci anni e un anziano scelto nel gruppo, il quale fa un grande dono al fanciullo in un arco di tempo
di circa 6-8 anni: gli dona il suo seme. Il beneficiario acquisisce un pieno di potenza per i suoi futuri
bisogni sessuali e riproduttivi. Terminata la fase di accumulo, il beneficiario diventa a sua volta
donatore75. In questo caso c'è tecnicamente la pedofilia, ma con fini e ritualità diverse. Ma del
resto, come abbiamo ampiamente descritto prima, esistono molte culture favorevoli alla pedofilia,
lontane nel tempo ma anche dei nostri giorni: un esempio molto comune si trova in Paesi come
l'India o l'Iran76.
La disanima ci fa comprendere come la pedofilia sia un fenomeno estremamente complesso e
variegato: dare giudizi, inficiando in questo modo la ricerca di valutazioni più profonde del
fenomeno è quantomeno sconsigliabile. Come abbiamo notato, in diverse epoche si assiste ad un
diverso approccio alla materia: pedagogico nell'antica Grecia, di dominazione nell'antica Roma e
così via, ed è quindi molto difficile non cadere nell'errore di assolutizzare il fenomeno, e
trasformarlo in un fatto sostanziale, così come non si deve credere che ci sia un solo comune
denominatore. La pedofilia racchiude un fascio di fenomeni, ognuno a sé, e tutti derivanti da diverse
cause. La pedofilia deve essere inscritta all'interno di una cultura e della società di riferimento
poiché la sessualità umana non va e non deve essere considerata solo sul profilo biologico; un ruolo
preponderante viene rivestito anche dai costumi, dalle tradizioni e dalle norme sociali, che possono
mutare nel tempo e nello spazio, ed avere le più profonde motivazioni, che spaziano dal sacro
all'iniziatico.
Esistono diversi piani dell'esistenza, e ogni fenomeno umano o sociale deve essere studiato senza
mischiare i vari piani e le varie categorie; noi cercheremo il più possibile di attenerci a questa regola
basilare della logica, per riuscire a comprendere fino in fondo le motivazioni intrinseche e
discutere, per quanto possibile, la nostra idea, anche se ciò non significa dare giudizi o etichette di
valore, ma semplicemente raffrontarci in un ottica paritaria al problema.
75 J. Margolis, Storia intima dell'orgasmo, 2005.
76 http://www.corriere.it/esteri/08_agosto_24/milioni_di_spose_bambine_9fd3d40a-718a-11dd-817400144f02aabc.shtml
46
2.2 La pedofilia e la società odierna
Ad oggi, come accennato, esistono diverse sfumature del fenomeno, sublimate in pseudo-attività o
nascoste nei meandri delle istituzioni e delle famiglie. Dietro la facciata di perbenismo, spesso, si
celano realtà che vengono manipolate o addirittura taciute, per l'esistenza di meccanismi inconsci di
perversità, che devono trovare uno sfogo.
2.2.1 La pedofilia femminile
Esiste una forma poco conosciuta e meno frequente di pedofilia che, seppur rara, provoca effetti se
possibile anche più devastanti di quella classica: stiamo parlando della pedofilia femminile. Come
suggerisce il nome, questo tipo di pratica viene svolta da donne, le quali sono raramente estranee, e
molto più frequentemente madri, nonne, sorelle o cugine. E' un fenomeno che, nonostante le poche
stime a noi pervenute, è conosciuto ma spesso taciuto: parlarne non è né comune né semplice in
quanto, nell'immaginario collettivo, il termine pedofilia viene associato al sesso maschile, il quale
ha storicamente interpretato da sempre un ruolo “attivo”: la pedofilia è infatti “l'azione”, ciò che si
compie sulla vittima. Nella nostra lingua, la spiegazione dei vocaboli riflette la natura e il pensiero
inconscio della società, e così, mentre accanto al lemma “maschio” troviamo: “Individuo portatore
di gameti maschili atti a fecondare quelli femminili”; “Uomo aitante e robusto, capace di rilevanti
prestazioni sessuali”, accanto a quello di “femmina”, leggiamo: “Individuo portatore dei gameti
femminili atti ad essere fecondati da quelli maschili ai fini della riproduzione”, “Meretrice, mala
femmina”; “Persona debole, timida e vile”; “Moglie, sposa”.
Queste definizioni saltano subito all'occhio per la forte antitesi: da un lato l'uomo conquistatore,
virile, mentre dall'altro la donna moglie, sposa e curatrice del focolare e, quindi, dei figli. Risulta
impensabile perciò che la donna possa compiere questo tipo di atti, in special modo sui suoi figli;
essa è sempre stata considerata un “essere inferiore”, e per questo priva di intelletto o desideri.
L'emancipazione e il progressivo interesse per la psiche femminile ha portato alla luce come le
fantasie delle donne siano meno conosciute e più imprevedibili di quelle maschili, e quindi
difficilmente riconoscibili (come ricordano gli psicologi analitici, la mente maschile è un “labirinto
verticale”, mentre quella femminile è una “scala che scende nell'acqua”). I maggiori ambiti ove si
manifesta questa forma di pedofilia sono l'abuso intra-familiare e il turismo sessuale. Ad oggi, la
donna non si nasconde più dietro a pudore o sensi di colpa dati dall'appartenenza al suo genere; può
essere indagata ed arrestata per abusi su minori, può coalizzarsi su siti internet e reti specifiche, e
può pubblicare il giorno dell'orgoglio pedofilo femminile, l'Alice Day, celebrato il 25 Aprile (il
47
nome deriva dal giorno in cui Lewis Carrol conobbe, nel 1856, una bimba di quattro anni di nome
Alice Lidden, sulla quale creò il suo libro più famoso).
Nella trasmissione “The sexual abuse by women of children and teenagers”, in onda sulla BBC il 6
Ottobre 1997, è emerso che il 75% dei predatori sessuali di sesso maschile, mentre il 25% è di
sesso femminile. Stime del Centro Nazionale “Child Abuse and Neglet”, negli Stati Uniti,
affermano che 36.000 bambini siano stati vittime delle “female predators”, anche se si ritiene che
sia una sottostima, data la forte tendenza a non denunciare77. Altri studi americani hanno rivelato
che gli abusi sono molto più diffusi di quanto si pensi78. Nel 2009, nel Regno Unito, il numero dei
bambini che denunciano è più che raddoppiato, negli ultimi cinque anni79. ChildLine, una
associazione che si occupa del fenomeno e gestisce una linea telefonica creata appositamente per
questo, stima che il numero di denunce contro le donne sia cresciuto del 132%, contro il 27% di
quelle maschili. I bambini accusatori nei confronti delle donne sono stati 2142, e quelli che hanno
accusato uomini 6000. Anche in Italia abbiamo stime che possono aiutarci a comprendere meglio il
fenomeno: il 20 giugno 1997, “Il Corriere della Sera” pubblicò un articolo dal titolo: “Pedofilia,
quando l’aguzzino è femmina”. L’articolo metteva in luce un nuovo aspetto di un fenomeno
collegato anche alla pedofilia femminile, che è quello del turismo sessuale80. Per comprendere
questi meccanismi e cercare di dare un volto e un perché a questi fenomeni, è di fondamentale
importanza sfatare i falsi miti della assoluta bontà e perfezione di ogni donna e madre, dato che
essere mamma e prendersi cura dei propri figli non è un fatto istintivo: un autore81 sulla base di
documentazioni ampie e multi-prospettiche dimostra come l'istinto materno sia un'invenzione, in
quanto anche nel regno animale non sono scontati gesti finalizzati alla sopravvivenza dei cuccioli.
Piuttosto, si può parlare di un comportamento appreso a cui le donne sono inclini, ma non di certo
di un istinto presente in ogni donna. Altro mito da sfatare è la dicotomia “mamma-perfezione”:
nessun essere è perfetto, e fare un figlio suscita nella donna sentimenti e sensazioni ambivalenti, un
“amore-odio” naturale, ma che può portare in alcuni casi alla depressione post-partum o all'abuso. Il
ruolo di questa tipologia di donne va da un abuso attivo e cercato, per motivi di piacere o di denaro,
a un abuso per così dire assistito, compiuto da altri e taciuto, nascosto, a volte addirittura facilitato.
Possiamo portare come esempio molti casi: un’infermiera milanese nel 1995 venne arrestata dalla
squadra mobile per essere stata complice passiva dei reati sessuali commessi dal marito sulla
77
78
79
80
81
Children and Youth Services Review, 26(5), maggio 2004, pp. 481-487.
BBC- Mark Easton's UK: The spectre of the paedophile, 26 Giugno 2008.
Ansa, 9 Novembre 2009.
Il Corriere della Sera, 20 giugno 1997 pagina 17 “Pedofilia, quando l’aguzzino è femmina”.
Hdry, 2001.
48
figliastra82; un padre di Bari ha denunciato la propria moglie per pedofila avendo scoperto, la notte
del Capodanno del 2004, la moglie a letto con i loro figli, assieme ad una vicina di casa e due
amici83. Lucia Cammarano è stata condannata a 3 anni per atti osceni e di libidine su tre dei suoi
cinque figli, dai sei ai quindici anni. La famiglia era già stata al centro di un episodio di violenza, in
quanto il marito di Lucia, Raffaele Saturno, era stato arrestato per violenza nei confronti della figlia
femmina84. Nel 2001, Dumitrita M., sposata, di professione baby-sitter, laureata in filologia e con
un master in studi europei comparati, si offre di accudire due bambini. Dopo due anni di abusi e
minacce (“vi ammazzo il cane se parlate”), la confessione dei bimbi porterà la baby-sitter in
prigione85. Inoltre possiamo ricordare la vicenda di Soledad, una suora di origine peruviana che
insegnava in una scuola materna di Vallo della Lucania, in provincia di Salerno: i bambini della
scuola raccontarono alle mamme delle strane lezioni della maestra, e proprio questi racconti hanno
portato la ventenne in carcere con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di minori. Sono donne
di tutti i tipi, quindi: ricche e povere, analfabete e colte, che in egual misura abusano di minori, e
questo ci dimostra che il fenomeno non è circoscritto solo a persone disagiate o ignoranti.
Proveremo ora a tracciare un identikit della donna abusante, anche se deve essere dedotto dalle
testimonianze in nostro possesso e quindi non ha la pretesa di essere completo ed esaustivo:
1. Madre che, sottilmente, mette la figlia in condizioni di “doversi prendere cura” del padre
durante la sua assenza86. Queste usano come “surrogato” le loro figlie per accondiscendere
alle voglie del marito, spinte da diversi motivi: frigidità, rapporto interrotto col marito,
servilismo, sottomissione, ecc.
2. Madre che sa, vede e sente tutto, ma non fa alcun gesto per fermare ciò che avviene al
figlio/a, facendo finta di nulla. Ciò è dipeso da molti fattori, come la paura di perdere la
sicurezza economica, la rispettabilità o per paura che il partner abbandoni la famiglia. Sono
incapaci ad essere indipendenti e dirigere la propria esistenza87.
3. Madre che abusa in prima persona dei figli, mettendo in atto un meccanismo di “coazione a
ripetere”: questo atteggiamento appartiene a madri abusate che, proiettando sui figli
82 Il Corriere della Sera, 4 ottobre 1995 pagina 49 “Non denunciò il marito che violentava la figlia. Arrestata”.
83 La Repubblica, 16 febbraio 2005 pagina 6 “Denuncia la moglie per pedofila”, Cristina Zagaria.
84 Il Corriere della Sera, 20 agosto 1994 pagina 12 “Mamma in carcere, abusava dei 3 figli maschi”, Fulvio
Bufi.
85 Il Corriere della Sera, 18 febbraio 2004 pagina 18 “Due bambini molestati da baby-sitter con laurea e
master”.
86 Kaufman et al., 1954; Rhinehart, 1961; Heims Kaufman, 1963; Machotka et al., 1967.
87 Kaufman et al., 1954; Cormier et al., 1962; Lukianowicz, 1972; Bal Filoramo, 1996,
49
l'immagine dell'abusatore, si vendicano88. La violenza sulle femmine potrebbe suggerire
una tendenza omosessuale della donna.
4. Madre che assieme al proprio partner o ad un altro adulto compiono atti di natura sessuale a
danno dei propri figli, maschi o femmine. Spesso sono donne che provano risentimento
verso la madre, che non è stata in grado di proteggerle o che a sua volta ha abusato di
loro89.
5. Madre che spinge il partner o altre persone ad abusare dei propri figli90. A volte questo
comportamento è dato da una incapacità da parte della donna, che attraverso questa pratica
di voyeurismo osserva la scena, per lei altamente erotica ed eccitante. Inoltre, in questo
contesto ha l'occasione di “dominare” la scena: può comandare i due di assumere
determinate posizioni o fare determinate cose, dominando e sottomettendo i figli, e
ricreando le scene che lei, per bassa autostima o paura, o eccessivo narcisismo, non riesce a
praticare con un suo pari. Può anche cercare il plauso dell'adulto o favori particolari,
vendendo o scambiano il minore con denaro o altro, utile a lei e alla famiglia.
6. Madre che, sistematicamente e con un introito specifico e fisso, vende i propri figli al miglio
offerente. Tale atteggiamento denota una donna assolutamente priva di sentimenti nei
confronti dei figli, che considera merce di scambio al pari di animali da cortile, e che mette
al mondo per poter avere introiti. Non ha ricevuto un'adeguata educazione affettiva, e
probabilmente non è mai stata amata da nessuno, essendo orfana o cresciuta da un abusatore.
Il bambino abusato, da parte sua, sviluppa un senso di sfiducia verso il mondo. Neumann91 ritiene
che la madre sia fondamentale per le successive relazioni del minore. Se si viene minati da una
madre abusante, si ha un profondo senso di colpa, rabbia e tristezza. Le donne vittime di questo
incesto si odiano, poiché rivedono nel loro corpo la madre, e minacciano la loro integrità fisica o la
loro maternità, colpendo inconsciamente la madre. Esistono diverse tecniche terapeutiche per
cercare di evitare la reiterazione del reato da parte della donna abusante, e le più conosciute sono:
-Acquisizione di strategie di coping: Permette loro di imparare a risolvere i problemi e acquisire
strategie mentali e comportamentali che le possano aiutare ad uscire dalla spirale “vittimaabusante”.
88 Elridge e Saradjian riportano la testimonianza di una offender: “ Fantastico di infliggere danni ai genitali del mio
abusante da bambina, infliggendo danni ai genitali di mio figlio maggiore” (2000, pag. 402).
89 Elliot, 1993.
90 Mathews, Matthews, Speltz, 1989.
91 Neumann, 1959.
50
-Acquisizione di tecniche di rilassamento: Sono semplici esercizi ginnici, che possono aiutare le
offenders a gestire l'enorme stato d'ansia in cui versano.
-Acquisizione dell'autostima: Questo aspetto è di fondamentale importanza, in quanto l'offender
dovrà imparare a guardarsi senza paraocchi e senza criticarsi, ma cercando di cogliere la realtà.
-Acquisizione delle abilità di auto-monitoraggio e auto-riflessione.
Questi lavori sono preliminari alla terapia vera e propria della donna, che può essere:
terapia comportamentale, ristrutturazione cognitiva, training assertivo e psicoterapia ipnotica, oltre
all'educazione sessuale e all'arte-terapia.
Infine è utile vedere come anche un sito web americano92, nato proprio per enfatizzare la sicurezza
dei bambini, abbia una pagina interamente dedicata alla pedofilia femminile, che proponiamo in
appendice A con il testo e la sua traduzione integrale del testo. Ora riportiamo solamente gli stralci
più significativi: “[...] Most studies of convicted predators say female pedophiles aren’t as common
as males (…) Officials typically break female offenders down into one of three different categories:
1. Women who target kids ages 6 and under, 2. Women who target adolescents, and 3. Women who
molest kids with their partner. (…) For decades, society refused the thought that women could ever
hurt a child that way. But the public’s view is finally beginning to change toward the female
pedophile.
People are finally becoming more aware of them, more conscious of their tactics and their abusive
impact on children.”
Nell'articolo si passa a spiegare le tre tipologie di donna e i suoi “target”, cioè gli obiettivi, e si
specifica che esistono donne che preferiscono i bambini al di sotto dei sei anni, altre che
preferiscono gli adolescenti e infine, le donne che molestano col partner i bambini. Mentre quelle
che molestano bimbi sotto i sei anni possono essere suddivise in altre due sotto-categorie ( le
sadiche e le vittime, che han subito a loro volta abusi), quelle che amano gli adolescenti rendono a
tutti i costi “romantica” la loro relazione e incarnano la vera personalità pedofila. Le ultime tendono
a fare quello che il compagno (molestatore) ordina loro, avendo una personalità completamente
dipendente da quest'ultimo.
L'articolo termina spiegando che si sta iniziando a prendere sempre più confidenza con questo “tabù
nel tabù”, e si stanno cercando le soluzioni e le terapie più adeguate per le vittime e per le abusanti.
92 http://www.child-safety-for-parents.com/female-pedophile.html (Appendice A, pag. 121)
51
2.2.2 Pedofilia e Incesto
Questa tipologia di pedofilia si ricollega in parte a quella trattata precedentemente, ma il contatto
pedofilo in questo caso può avvenire anche tra padre-figlio\a, madre e figlio\a, o altri tipi commessi
da parenti, come nonni o zii.
Esistono alcuni aspetti peculiari dell'abuso93 intrafamiliare, elencati di seguito:
1- Inizio di vittimizzazione più precoce, maggiore durata e rilevanti conseguenze su di un piano
psico-fisico rispetto agli abusi “classici”;
2- Elevato livello d'intrusione degli atti;
3- I minore sono oggetto di minore uso di violenza fisica e\o verbale e di allettamento\seduzione,
ma maggiormente pressati per “mantenere il segreto”;
4- Si ricorre alla violenza su vittime di età maggiore;
5- Non c'è differenza di genere, possono essere scelti maschi o femmine indistintamente.
Esistono diverse teorie sulla famiglia incestuosa, che ha come fondamento nel rapporto coniugale la
funzione di evitamento e quella di controllo94. La prima si trova in famiglie con un forte
disequilibrio emotivo, la seconda in quelle famiglie fortemente violente e conflittuali. Barudy95
propone tre categorie rappresentative delle famiglie incestuose:
a) Padre dominante, madre sottomessa, figlia adultizzata e protettrice.
b) Padre sottomesso, madre dominante, figlia dominata.
c)Padre dominante, madre dominante, figlia regolatrice della relazione.
Le caratteristiche tipiche del padre abusante sono state messe in luce da Merzagora96, che lo
scompone in quattro categorie:
1. Padre psicotico: Affetto da disturbi psichiatrici conclamati.
2. Padre padrone: Prevalgono in lui elementi culturali che lo portano a ritenere che la disponibilità
sessuale debba essere un dovere da parte dei figli.
3. Padre endogamico: Limita al minimo i contatti sociali e ritiene peccaminose le relazioni extraconiugali all'esterno.
93
94
95
96
Fischer e McDonald, 1998.
Furniss, 1984.
Barudy, 1997
Merzagora, 1986.
52
4. Padre razionalizzatore: Giustifica il suo comportamento con razionalizzazioni: punizioni,
dimostrazioni di affetto.....
Il ruolo dei fratelli all'interno della relazione incestuosa può essere vario. Possiamo avere più fratelli
abusati, il fratello abusante, il fratello non abusante. Ognuna di queste figure tende, ovviamente, ad
avere un diverso approccio con la vittima, dal supporto all'abnegazione, alla violenza nei casi
peggiori.
La terapia nei casi di incesto tende alla ricostruzione della famiglia e dell'ambiente familiare, anche
se non è scontata la riparazione della figura abusante, incapace di ravvedersi dal suo
comportamento. I percorsi terapeutici possono essere individuali e familiari; quest'ultimo tende a:
 Rompere il tabù del silenzio;
 Ripristinare la competenza genitoriale;
 Riformulare la struttura relazionale familiare;
 Affrontare il tema della sessualità individuale.
2.2.3 Pedofilia e sette sataniche
Un' altra forma conosciuta e studiata di abuso è quella rituale, cioè perpetrata a danno dei minori in
nome di una ideologia, di una fede politica o, soprattutto, religiosa. Più specificatamente, stiamo
parlando del satanismo. Esso è: “Lo stato di ciò che è satanico, cioè sottoposto all'azione di Satana,
o consacrato all'antagonista di Dio, o pervaso dal suo spirito”97. Le tendenze new-age sorte a
partire dal satanismo del noto occultista A. Crowley hanno portato a tendenze più o meno macabre.
Il satanismo “puro”, non quindi quello che simo abituati a conoscere, violento e sadico, si basa sul
principio di libertà: ognuno può fare ciò che vuole, senza freni inibitori. Chiaramente però, anche
questo può portare a condotte pedofile, poiché fare ciò che vogliamo senza freni potrebbe
sottendere a condotte che possono ledere l'altro. Mastronardi98 stila una classifica psicodinamica
sul satanista, che può essere:
- Purificatore (espiatore delle negatività dei fedeli);
- Ingraziante la divinità (se ne accorda i favori per per trarne potere);
- Propiziatore di controllo sulla vita e sulla morte;
97 Romeo A., Satanismo, in EC, vol. X, col. 1935.
98 V. Mastronardi, R. De Luca,M.Fiori, Sette sataniche, 2006, Newton e Compton editori
53
- Orgiastico (preludio o culmine di pratiche erotico-religiose);
- Ringraziante le divinità;
- Caratterizzante da volontà di approvvigionamento di umani da usare a scopo rituale;
- Alla ricerca di accettazione gruppale;
- Sensations'searcher (cercatori di sensazioni);
- Trasgressore trans-generazionale (tipico degli adolescenti)
- Muti murder (tecnica secondo la quale l'uccisione rituale di una vergine e il bere il suo sangue
previene alcune malattie).
Il satanismo spesso è una scusa per dare sfogo alle proprie perversioni trovando comunque un
gruppo di appoggio e supporto che possa fornire il materiale e l'aiuto necessario, come già Crowley
spiegava99 nella prima metà del Novecento. Esistono vari casi di pedofilia e satanismo,
documentati da inchieste giornalistiche e associazioni, anche se privi di prove inoppugnabili. Già
nel “Corriere della Sera”, il 18 Marzo 1990, titolava: “Londra. Bambini torturati e violentati nel
corso di riti satanici, feti estratti a forza dal ventre di madri minorenni e immolati... Ai confini della
realtà suonano, infatti, i racconti di bambine e adolescenti offerte agli alti sacerdoti di una setta e
ai loro adepti per essere violentate. Una volta gravide, le piccole verrebbero costrette ad abortire e
il feto di quattro mesi sacrificato per la purificazione dei satanisti che ne berrebbero il sangue o se
ne ciberebbero. ...Un’inchiesta condotta da 66 gruppi di ricerca della "Società nazionale per la
prevenzione della crudeltà contro i bambini" nel Regno Unito conferma l’esistenza di tali
pratiche...”. Ciò dimostra che ai racket della prostituzione minorile e della pedofilia si sono
affiancati gli abusi delle sette sataniche e, spesso, le attività di questi due universi si intersecano.
Secondo Jan Wagdeton, consulente nel 2005 della National Children's Home, i rituali servono per
spaventare i minori e indurli al silenzio, e la partecipazione alle cerimonie li fa sentire colpevoli e li
coinvolge100. Uno dei dati più allarmanti è la diretta complicità e partecipazione di genitori e altre
figure vicine ai bambini. In un articolo pubblicato sul quotidiano “The Indipendent” Wagtendon
sostiene che molte vittime di tali pratiche (orge, riti con animali e torture) sviluppano personalità
multiple: parlano cioè con voci di donne o uomini, anche di diverse età, e a volte si esprimono con
versi di animali. Il rapporto tra pedofilia e satanismo è stato più volte provato. Diverse inchieste
giornalistiche e molti responsabili di centri di protezione per l’infanzia hanno lanciato il messaggio
che il racket della prostituzione dei minori e della pedofilia sono gestiti da sette sataniche. In
99 M. Del Re, Riti e crimini del satanismo, Jovene , Camerino, 1994, p. 106.
100V. Mastronardi, R. De Luca,M.Fiori, Sette sataniche, 2006, Newton e Compton editori, pag.45.
54
Inghilterra un bambino ha fatto rivelazioni allucinanti. Il quotidiano “Il Giorno”101 scrive: “Nei
suoi racconti confusi emergono truculente storie di uccisioni di neonati, di tombe aperte di notte, di
cannibalismo e di riti misteriosi con diavoli e fantasmi e bambini costretti a bere pozioni misteriose
prima di venir violentati e chiusi in gabbia. Le rivelazioni erano state fatte dal piccolo e da sua
sorella in marzo, con l’aiuto di bambole e disegni”. Sono misfatti che sembrerebbero godere di
protezioni ad alto livello: è molto difficile ricercare i colpevoli, i quali spesso sono persone
insospettabili e anche molto in vista nella società. Per questo si sente parlare poco di satanismo o, se
lo si fa, se ne parla per casi eclatanti (ad esempio, il caso di cronaca nera noto come “Le Bestie di
Satana”), tralasciando altri aspetti per mancanza soprattutto di prove e fonti certe.
2.2.4 Cyberpedofilia
La Cyberpedofilia è la “rete nella rete”, il network creato dai pedofili di tutto il mondo al fine di
scambiarsi materiale proibito. E' molto difficile imbattersi in questi siti: se a volte si riesce a trovare
inavvertitamente materiale pedo-pornografico, ciò accade su siti di file sharing, peer-to-peer (come
ad esempio E-Mule o Torrent), dove non si certifica la lecita provenienza dei files; a volte quindi
può accadere che il filmato incriminato possa nascondersi sotto nomi innocenti, come quelli di un
cartone animato o di un film, e venga scaricato inconsapevolmente dal fruitore del servizio. Per
cercare di proteggersi, si possono programmare facilmente i browsers per escludere l'accesso a siti
pericolosi anche se, più che nelle pagine web, il pericolo si annida nelle chat e nei newsgroup.
Non bisogna però generalizzare o criminalizzare questi ambienti virtuali, dove si chiacchiera e
discute sugli argomenti più disparati, e che nella maggioranza dei casi sono sicuri e inoffensivi.
Una ricerca102 suggerisce che il pedofilo crei reti in per un motivo ben preciso: la rete permette,
come già detto, di superare le angosce e le ansie dovute alla condotta perversa, riuscendo in tal
modo a integrarsi e sentirsi accettato nella rete dei suoi simili; e ciò favorisce l'allargamento della
rispettabilità della pedofilia, per la quale i discepoli tentano l'avvio a un processo di inculturazione.
I massimi esperti italiani in crimini informatici, ad oggi, sono i docenti del Gruppo di ricerca
permanente sul Computer-Crime dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma103. L'equipe,
coordinata dal prof. Marco Strano, studia da anni i comportamenti dei cyberpedofili e ha adottato
una serie di suggerimenti per genitori e ragazzi, che vengono illustrati di seguito:
Consigli per i genitori dei bambini che usano Internet
101Il Giorno, 15\09\1990.
102Tre Re G., 1999.
103 http://www.criminologia.org.
55
1. Tenere il computer in un posto centrale della casa, non nella stanza del bambino. Il
computer dovrebbe essere un'attività per tutta la famiglia, non un pretesto del bambino
per isolarsi.
2. Cercare di imparare ad usare Internet, per riuscire a capire cosa fanno i bambini.
3. Cercare di conoscere gli amici online dei bambini.
4. Leggere e visionare le e-mail con i bambini. Molti pedofili allegano foto di pornografia
infantile alle e-mail inviate ai bambini. La pornografia viene usata dal pedofilo per
convincere il bambino che altri bambini compiono atti sessuali. Assicurarsi di
controllare tutti gli attachment alle e-mail (file di testo o di immagini allegati).
5. Aiutare i bambini ad usare il computer in maniera equilibrata. Molti bambini si
appassionano troppo al computer, dimenticando di giocare con gli amici reali.
6. Stabilire delle regole ben precise su come utilizzare Internet.
7. Assicurarsi che essi comprendano che non possono incontrare nessuno nella vita reale,
conosciuto online, senza il consenso dei genitori, e che le persone online non sempre
sono così sincere su chi sono.
8. Insegnare ai bambini a non dare informazioni personali alle persone che incontrano
online, specialmente in luoghi pubblici come le chatroom.
9. Tenere i bambini lontani dalle chatroom o dall'IRC, a meno che non siano controllati.
10. Incoraggiare discussioni su ciò che trovano divertente online.
11. Insegnare ai bambini a non rispondere quando ricevono e-mail offensive o dannose,
messaggi da chat o altre comunicazioni, specie su argomenti sessuali.
12. Seguire i bambini quando sono online e vedere dove vanno (senza pressarli troppo).
13. Se non si può essere a casa quando i bambini sono online, usare dei software di
protezione (i quali riconoscono alcune parole chiave, tipo 'sex', 'erotico' ecc., e non
consentono l’accesso ai siti che le contengono) per tenerli sotto controllo.
14. Installare sul computer un programma che memorizza gli indirizzi Internet visitati dal
bambino e controllare quali sono quelli più frequenti.
15. In generale, insegnare ai bambini quali possono essere i rischi di Internet senza
terrorizzarli e senza dimenticare che la rete è come il mondo reale: ci sono le cose belle
56
e le cose brutte; adottando un minimo di precauzioni si può esplorare in tutta
tranquillità.
I consigli per i bambini che usano Internet sono invece i seguenti:
1. Quando sei su Internet non dare mai a nessuno il tuo indirizzo di casa, il tuo numero di
telefono o il nome della tua scuola, a meno che i tuoi genitori non ti diano il permesso.
2. Non prendere appuntamenti con persone conosciute su Internet, anche se dicono di essere
tuoi coetanei, senza prima avere il permesso dei tuoi genitori e fai venire anche loro al primo
incontro.
3. Se frequenti una chat-room e qualcuno ti dice qualcosa di strano o preoccupante (ad esempio
discorsi sul sesso), parlane appena possibile con i tuoi genitori.
4. Non rispondere mai a e-mail o messaggi fastidiosi o allusivi, specie se di argomento sessuale
e se ti capita di notare fotografie di persone adulte o bambini nudi parlane sempre ai tuoi
genitori.
5. Ricorda che se qualcuno ti fa un'offerta che sembra troppo bella per essere vera,
probabilmente non lo è.
6. Se non riesci a parlare subito con i tuoi genitori di situazioni particolari che ti sono accadute
su Internet, (magari perché sono occupati o sono assenti per lavoro), parlane appena puoi
con i tuoi insegnanti.
7. Ricorda che Internet è come il mondo reale: ci sono le cose belle e le cose brutte. Basta
seguire queste regole e fare un po’ di attenzione per divertirsi e per imparare tante cose
interessanti senza rischiare brutte sorprese.
Riguardo ai files che possono girare in rete, essi di distinguono in:
1. Fotografie, che possono essere a loro volta:
- Soft (sono le più frequenti e le meno costose, in genere riguardano scatti rubati in parchi pubblici,
sulle spiagge o in parchi divertimento oppure presi da riviste di moda per bambini. La caratteristica
principale è che i bambini possono essere spogliati, con costumi da bagno, oppure vestiti in maniera
accattivante per il pedofilo, ma in esse non si rinviene alcun intento erotico).
- Medium (Queste sono foto leggermente più costose ed esplicite. Possono ritrarre bambini nudi, in
pose particolari o in atteggiamenti spinti con altri bambini, adulti, animali o oggetti, ma non ripresi
in atti sessuali espliciti)
57
- Hard (Queste sono (a parere di chi scrive) le foto peggiori, più costose e ricercate. Ritraggono i
piccoli sottoposti ad ogni genere di violenza: costretti a rapporti con uomini, donne, bambini,
animali e, a volte, anche durante pratiche e torture che portano alla mutilazione o addirittura alla
morte delle vittime. Queste ultime foto hanno un valore che può arrivare fino a diecimila euro, e
sono conosciute come appartenenti al genere “snuff”).
2. Video, i quali si dividono anch'essi in diverse produzioni, dall'amatoriale ripresa di una corsa
o di altri giochi nel parco, a vere e proprie riprese di rapporti sessuali e uccisioni (snuffmovies).
E' un mercato florido e in continuo aumento: comodamente seduti dietro un pc, infatti, i pedofili
possono scegliere il genere, la razza e l'età della vittima, scaricare i file desiderati o, rivolgendosi a
reti specializzate, riuscire ad avere contatti con bambini scelti in base ai gusti sessuali.
2.2.5 Pedofilia e Chiesa
Un altro scandalo recente è quello che riguarda il legame tra pedofilia e Chiesa. Nel Vangelo di
Matteo (Mt cap. 18, vers. 6), Gesù disse ai suoi discepoli: “Chi invece scandalizza anche uno solo
di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina
girata da asino e fosse gettato negli abissi del mare”. E' quindi chiaro come la pedofilia venga
condannata dalla religione cristiana, senza dubbi o remore. Dopo la riforma della Chiesa, però, si è
assistito ad un fenomeno vicino alle popolazioni vessate dai fenomeni di mafia, ovvero l'omertà.
Recita104 infatti un articolo del Corriere della Sera del 22 Maggio 2012, a cura della redazione
online: “ Pedofilia, la Cei: «Vescovo non obbligato a denunciare un sacerdote alle autorità»
«Non c'è obbligo giuridico perché non è pubblico ufficiale» Com'è il processo canonico a chi viola
il sesto comandamento. MILANO - Per un vescovo è «importante» collaborare con le autorità civili
nei casi di presunta pedofilia da parte di un sacerdote, ma non è obbligatorio in ogni caso. Sono
state presentate martedì all'Assemblea generale della Cei - Conferenza episcopale italiana - le
«linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici» approvate a
gennaio dal consiglio permanente e poco dopo dalla Congregazione per la Fede. In febbraio il
prefetto e cardinale William Joseph Levada, durante un simposio internazionale, aveva chiarito che
la Chiesa «ha l'obbligo» di rispondere alle «richieste della giustizia civile» per quanto riguarda «le
denunce dei crimini alle autorità competenti», ma non quello di denunciare. In ogni caso, «la
104 http://www.corriere.it/cronache/12_maggio_22/pedofilia-linee-guida-cei-nessun-obbligo-denunciavescovi_0625b4ce-a429-11e1-80d8-8b8b2210c662.shtml
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responsabilità nel trattare» questi abusi appartiene in primo luogo alla Diocesi.
DIRITTO CANONICO AUTONOMO - In Italia il vescovo nelle sue indagini e nei suoi giudizi
«non può far riferimento ad atti o conclusioni definitive o non definitive del procedimento statale»,
cioè di un processo, «onde esimersi da una propria valutazione». In pratica, anche durante un
processo penale, il vescovo procede secondo il diritto canonico.
IL PROCESSO - Nel caso un vescovo riceva denuncia di un abuso deve prima verificare la
fondatezza delle accuse badando alla privacy delle persone coinvolte ed evitando di dare seguito a
voci palesemente pretestuose o diffamatorie o senza riscontro. «Restano fermi i vincoli posti a
tutela del sigillo sacramentale», cioè la confessione. Dopodiché, se il caso viene verificato, il
chierico può essere trasferito e il suo incarico eventualmente modificato, ma «l'adozione dei
provvedimenti non potrà essere subordinata al consenso del chierico». Se l'accusa si rivela
particolarmente credibile, il chierico viene deferito direttamente alla Congregazione per la
Dottrina della Fede, altrimenti viene prosciolto da ogni addebito. Se invece viene esclusa la
verosimiglianza delle accuse, tutto il materiale rimane in un archivio segreto del Vescovo stesso.
LE PENE DEL DIRITTO CANONICO - «Le misure canoniche applicate nei confronti di un
chierico colpevole dell'abuso sessuale sono generalmente di due tipi: 1) misure che restringono il
ministero pubblico in modo completo o almeno escludendo i contatti con i minori. Tali misure
possono essere accompagnate da un precetto penale; 2) pene ecclesiastiche, fra cui la più grave è
la dimissione allo stato clericale», ricorda il testo della Cei. Inoltre un sacerdote trovato colpevole
«potrà attuare un percorso impegnativo di responsabilizzazione e serio rinnovamento della sua
vita». In pratica, secondo il diritto canonico, tra i più gravi delitti «contro i costumi», «il delitto
contro il sesto comandamento del Decalogo (non commettere atti impuri, ndr) commesso da un
chierico con un minore di diciotto anni» o il possesso o la diffusione a scopo di libidine di
materiale pedo-pornografico possono portare alla dimissione o alla deposizione. Viene anche
precisato che l'abuso di minore ha un tempo di prescrizione di 20 anni da quando il minore diventa
maggiorenne (i tempi, rispetto alla consuetudine, sono stati raddoppiati due anni fa da Papa
Benedetto XVI).
LA COOPERAZIONE CON LO STATO - I vescovi sono esonerati dall'obbligo di deporre in
tribunale o di esibire i documenti del proprio archivio (quindi delle eventuali indagini già svolte), e
lo Stato può chiedere l'esibizione di atti di un procedimento canonico ma non può sequestrarli o
emanare un ordine di esibizione. Inoltre, «nell'ordinamento italiano il vescovo, non rivestendo la
qualifica di pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio, non ha l'obbligo giuridico di
59
denunciare all'autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto in merito ai fatti illeciti».
Viene però sottolineato come vada «sempre dato seguito alle prescrizioni delle leggi civili per
quanto riguarda» le denunce, ma «senza pregiudicare il foro» ecclesiastico. La volontà di
collaborare, quindi, c'è, ma non è obbligatoria”.
Questo articolo dimostra come la reazione a questa pratica sia l'omertà di chi conosce i fatti, e il
semplice “trasferimento” del pedofilo da una parrocchia ad un altra, che permette al sacerdote
abusante di perpetrare il reato in altri luoghi ove ancora non è conosciuto. Inoltre c'è il rischio di
fuga, come sottolinea Frassi, che ha portato molti sacerdoti passati in giudicato per atti di pedofilia a
sparire nel nulla, diventando latitanti105. Come spiega Frassi: “Il papa si è rivolto di recente ai
vescovi irlandesi, ed è intervenuto più volte nello scandalo statunitense, ma nessuno conosce
l'estensione del problema pedofilia nella Chiesa italiana. Eppure dal 2000 le cronache giudiziarie
hanno segnalato le vicende di 40 sacerdoti finiti sotto inchiesta per questi reati. Pochi
statisticamente, ma indicativi di un malessere dai confini inesplorati. Perché alla discrezione che
giustamente protegge indagini con vittime minorenni, si aggiunge un rispetto verso le gerarchie
ecclesiastiche che porta a tutelare il segreto istruttorio in modo eccezionale. Una cortina di
riservatezza che, secondo molte denunce, incentiva anche una spinta al silenzio da parte delle
curie. Dove la preoccupazione non è punire i colpevoli ma evitare la pubblicità negativa, tentando
ogni strumento per delegittimare chi trova la forza di ribellarsi alla violenza.”
C'è da dire che non tutti i sacerdoti ovviamente sono pedofili; solo una piccola parte di essi,
sfruttando la fiducia riposta in loro dai fedeli e la scusa della “vocazione”, si comportano in questo
modo (il che, a nostro avviso, avalla di nuovo l'ipotesi del pedofilo che sa bene cosa sta facendo, ma
cerca di proteggersi come meglio può).
Jane Mundy ha svolto un reportage fotografico in Canada, dove raccoglie le numerose
testimonianze di uomini abusati da vari religiosi106. Essi, oltre a fornire una testimonianza
fotografica, hanno concesso alla fotografa le loro storie sotto forma di poesia, talvolta mostrando il
loro disagio e quello degli abusatori stessi, spesso con modi e termini abbastanza forti.
Ma come può un sacerdote diventare un abusatore? A questa domanda cerca di rispondere Giuseppe
Crea, che nel suo libro: “Pedofilia e preti” tenta un approccio psicologico al fenomeno.
Egli spiega che: “Il più delle volte, tale disagio affettivo è mascherato dietro un modo di vivere il
ministero e le relazioni pastorali che apparentemente sembra altruistico, ma che in effetti sottende
105http://www.associazioneprometeo.org/; http://www.massimilianofrassi.org
106J. Mundy, Ragazzi feriti, uomini coraggiosi, Associazione Prometeo Edizioni, 2010.
60
il bisogno di soddisfare il proprio Io.”107 Egli parla inoltre di crisi pedagogica all'interno della
Chiesa, che deve fortemente riscoprire i suoi valori e puntare il dito contro questi elementi che
infamano e sporcano il nome e l'operato di tantissimi sacerdoti, volontari e credenti che ogni giorno
lottano per i più deboli.
2.2.6 Il turismo sessuale
Il turismo sessuale è una pratica molto in voga, che consiste in viaggi di uomini e donne nelle zone
più povere del mondo a caccia di “piccoli amanti”. Essi sono preadolescenti, figlie\i di famiglie
povere o fortemente indebitate, che vendono letteralmente i minori per sopravvivere, oppure
schiave\i di organizzazioni pedocriminali. Le vittime hanno un costo relativamente basso (da 5 a 20
dollari), e i compratori (uomini dai 20 ai 40 anni, ma anche donne) fanno veri e propri “tour del
sesso”, alla scoperta di piaceri proibiti lontano dal paese di origine. Il ragionamento medio del
compratore è: “Sono povere\i, così le\li aiuto”.
Il profilo del mostro che parte in cerca di preadolescenti con cui fare sesso a poco prezzo è
elementare e insospettabile: uomo o donna, di ceto medio-elevato, sopra i 20 e fino ai 40 anni. A
volte sono padri di famiglia con figli della stessa età delle piccole vittime.
A disegnare il quadro dello sfruttamento sessuale nel mondo è Daniela Bernacchi, Direttore
Generale di Intervita, organizzazione non governativa di cooperazione allo sviluppo,
aconfessionale, apartitica e indipendente108. Nata a Milano nel 1999, opera nei paesi del Sud del
mondo, con partner locali, per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni delle aree più
povere. Ad esempio, in Cambogia, si stima che ogni anno atterrino oltre 20.000 italiani in cerca di
sesso. Il 60% sono uomini, e il 35% di essi cercano il sesso coscientemente. Alcuni si documentano
su internet, altri prima di partire sanno già quali quartieri frequentare per comprare una bambina.
L'offerta è altissima perché in Asia, ma anche in America Latina, i minori sono molti di più che in
Europa, mentre i controlli si riducono a zero. Spiega Daniela Bernacchi: “L'idea è che pagare un
rapporto con un minore sia una cosa quasi lecita, anzi un'opera di bene. Gli uomini e le donne che
compiono questi atti si sentono puliti. E' la povertà, nel 55% dei casi, a facilitare lo sfruttamento
dei minori. Tra le ragioni che spingono certe famiglie a cedere la propria piccola c'è infatti
l'indebitamento, che pesa nel 30 per cento dei casi. Stando ai dati raccolti dall'associazione, le
vittime dello sfruttamento sono quasi sempre donne, tra i 7 e i 17 anni (56%) ma, sono donne (di
circa 30 anni e povere), anche le figure chiave nel reclutamento delle minori, sia sul fronte del
107G. Crea, Pedofilia e preti, 2010,EDB Edizioni, pag. 13.
108 http://www.intervita.it/
61
traffico di esseri umani che su quello del reperimento per lo sfruttamento sessuale in loco (77% dei
casi)”. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), vi sono fino a 100.000 bambini
sfruttati nel mercato della prostituzione: dal sesso a pagamento nelle strade alle case chiuse, dai
locali da ballo ai centri massaggi, nelle navi o nei battelli per turisti, la schiavitù sessuale serve per
accumulare i soldi necessari al pagamento della retta scolastica o per aiutare la famiglia, che non ha
fonti sufficienti di guadagno. Alla prostituzione è connesso l’aumento di malattie a diffusione
sessuale, come Aids e sifilide109.
Almeno 40.000 bambini in Sud Africa vengono sfruttate come prostitute\i ogni anno. Il numero di
bambini trafficati e sfruttati non è noto. Turisti, uomini d'affari in visita e locali, abusano e sfruttano
questi bambini vittime di tratta e schiavitù. Fair Trade in Tourism South Africa (FTTSA) ha portato
il “Bambino-Protection Code of Conduct”110 (Il Codice) in Sud Africa. Il Codice è uno strumento
di autoregolamentazione e di responsabilità sociale delle imprese, che fornisce una maggiore
protezione dei bambini dallo sfruttamento sessuale nei viaggi e del turismo. Questo impegno
richiede l'aderenza a sei criteri che sono stati trovati per prevenire e combattere lo sfruttamento
sessuale dei bambini :
1. Stabilire un' etica per quanto riguarda il ripudio dello sfruttamento sessuale dei bambini;
2. Formare il personale del paese di origine e destinazioni del viaggio;
3. Introdurre una clausola nei contratti con i fornitori, indicando un ripudio comune di
sfruttamento sessuale e commerciale dei bambini;
4. Fornire informazioni ai viaggiatori attraverso cataloghi, brochure, home page, ecc.;
5. Fornire informazioni riguardo ai cittadini del paese di destinazione;
6. Riferire annualmente i risultati.
Sebbene il Sudafrica non sia una meta nota per il turismo sessuale, in alcune realtà esistono fattori
facilitanti il turismo: l'afflusso di turisti, la facilità con cui le persone possono attraversare i propri
confini e i livelli di povertà elevati, oltre alla mancanza di una specifica legge anti traffico. Queste
carenze consentono il traffico e lo sfruttamento, che rimangono in gran parte inosservate
misconosciute.
A Pattaya, in Thailandia, c'è una destinazione popolare per i viaggiatori in cerca piacere.
L'inizio del fenomeno può essere fatto risalire convenzionalmente al tempo della guerra del
Vietnam, quando questo villaggio è diventato un rifugio per i marines di stanza nelle vicinanze, i
quali si incuriosirono alla vista delle donne tailandesi. Da allora, l'industria del sesso nel Sudest
109 http://it.bing.com/images/search?
q=sfruttamento+minorile+nelle+filippine&view=detail&id=1EF172F2A2FABE8EC8932C948851A1F3513B7534&
FORM=IDFRIR
110 http://www.thecode.org/
62
asiatico ha continuato a crescere: attualmente in Vietnam, i bambini e le bambine che lavorano
come prostituti e prostitute guadagnano 1.000 dollari al mese, mentre il salario medio mensile è di
25 dollari al mese. Le ragazze si stanno quindi muovendo dai loro villaggi per fare più soldi
possibile, intraprendendo questa strada e alimentando paradossalmente il mercato.
I viaggiatori si organizzano le tappe del tour con amici e colleghi di lavoro prima del viaggio, o con
tassisti locali o camerieri all'arrivo. Riferendoci al ragionamento del “fare un'opera di bene a questi
poveretti”, c'è in realtà da sottolineare che è il proprietario del bordello a ricevere la maggior parte
dei soldi, quindi non si può credere di migliorare le condizioni di vita dei bambini in questo modo:
questa è piuttosto una “giustificazione” logica del turista sessuale (un evitamento della colpa e
dell'ansia, proiettando sul bambino la colpa di essere povero e di avere bisogno di concedere
prestazioni per vivere.
Essere all'estero, inoltre, dà un senso di libertà e di anonimato che incoraggia ad essere
sessualmente irresponsabili. Alcuni pensano anche che bambini siano in minor casi portatori di
malattie sessualmente trasmissibili, il che è ovviamente falso. Secondo l'UNICEF111, 1 milione di
bambini entreranno nel settore del turismo sessuale il prossimo anno. Si stima che 1,2 milioni di
bambini siano stati vittime del traffico lo scorso anno e sfruttati per vari tipi di lavoro, compresa la
prostituzione.
World Vision112, un'organizzazione impegnata a migliorare la vita dei bambini, attribuisce agli
americani il 25% delle visite a sfondo sessuale in Thailandia. Gli Stati Uniti, d'altro canto, hanno
approvato una legge per tenere sotto controllo questi atti; la “Law Enforcement Act”113, nel 1994,
dichiara illegale, per qualsiasi cittadino, viaggiare all'estero con l'intento di impegnarsi in atti
sessuali con un minore.
Per quanto riguarda il turismo sessuale femminile, si può affermare che è comparso, all'incirca,
durante gli anni Settanta del Novecento. In quel periodo donne americane e canadesi, per lo più
divorziate e vedove, favorite dall'emancipazione economica, hanno iniziato a recarsi verso spiagge
lontane alla conquista dei “beach boys” soprattutto, ma anche delle “beach girls” che potevano farle
sentire per 100 dollari, “regine per una notte”. Alcune indagini giornalistiche come quella del
settimanale Panorama, hanno messo in luce che oggi l'età di queste donne varia dai 25 anni circa ai
50 anni, mentre le motivazioni che le spingerebbero ad alimentare il desiderio di vivere una notte di
sesso con bimbi di 6-7 anni o di 11-12 sono la soddisfazione sessuale e, ad un tempo, l'appagamento
materno. Esse, potendo difficilmente usufruire di infrastrutture organizzate al loro servizio come i
111http://www.unicef.it/
112http://www.worldvision.it/
113http://www.austlii.edu.au/au/legis/nsw/consol_act/leara2002451/
63
pedofili maschi, sono costrette ad abbordare i ragazzini per strada e a viaggiare senza la protezione
di un'articolata rete di agganci: non hanno alle spalle la tutela di organizzazioni che garantiscono
loro la certezza di raggiungere il luogo di destinazione avendo già tutto stabilito, come accade per la
maggior parte dei pedofili maschi. Ci sono mete differenti: le donne nordamericane si indirizzano,
per la maggior parte, verso i Caraibi; mentre le europee provenienti dai ricchi paesi occidentali
preferiscono come mete il Marocco, la Tunisia e il Kenya e, per le destinazioni più lontane, la
Giamaica e il Brasile. La Thailandia, invece, e' la meta preferita dalle donne giapponesi che, con i
voli charter, raggiungono i centri specializzati in massaggi sadomaso di Bangkok. E a Marrakesh
trascorrono dei lunghi periodi di riposo le scandinave e le olandesi che consumano notti d'amore in
acconto, il che sta a significare che se la notte trascorsa non e' stata soddisfacente, la prestazione
non viene pagata. Sulle donne che praticano la pedofilia all'estero, si sa che per permettere l'atto
sessuale iniettano nei testicoli di bambini di 6-7 anni ormoni e droghe che permettono l'erezione e,
soprattutto, la sua durata. Poco si conosce sull'uso di tali sostanze, a parte gli effetti collaterali
estremamente sgradevoli per il minore. Dalla testimonianza di volontari dello Sri Lanka, si
apprende che sono le donne pedofile stesse a portare le droghe da iniettare nei bambini. Il
trattamento ormonale causa l'abnorme ingrossamento dell'organo sessuale ad un ragazzino di 11-12
anni, che non tollera più di 5-6 di tali iniezioni.
Molti turisti, inoltre, girano filmini pedo-pornografici, immortalando le loro prestazioni, e vendendo
a caro prezzo (come si è già detto) i filmati e le foto in base alla tipologia.
2.3 Miti e pedofilia
Finora abbiamo ampiamente discusso della storia reale della pedofilia, ma essa è una pratica
talmente forte e caratterizzante, da essere entrata a pieni voti nell'immaginario collettivo di ogni
popolo. La pedofilia doveva essere raccontata senza tuttavia suscitare il terrore nei piccoli, oppure
confondere le idee con concetti troppo grandi ed incomprensibili per loro. Così nascono i racconti
orali, le leggende e le fiabe, delle quali ora ripercorreremo la storia, così come è già stato fatto per la
storia reale.
Campbell dice che: “Attraverso i racconti fantastici che sembrano narrare la vita di eroi
leggendari, la potenza delle divinità della natura, lo spirito dei morti o gli antenati leggendari di
una comunità, viene data un’espressione simbolica a desideri, paure e tensioni inconsce che sono
alla base dei meccanismi coscienti del comportamento umano. In altri termini la mitologia non è
altro che psicologia in forma di biografia, storia e cosmologia”.
I miti hanno sempre costellato la vita dell'uomo, e i più famosi sono certamente quelli greci: famose
64
le tragedie e le storie che narrano di incesti e rapporti pedofili, ognuno con una “morale” insita nello
svolgimento della storia stessa. Picozzi e Maggi114 sostengono: “I miti hanno consentito di rendere
rappresentabili e dicibili fantasie universali, fra cui anche quelle pedofile che, senza un relativo
substrato narrativo, avrebbero rischiato un evacuativo passaggio all’atto, trasformandosi in eventi
reali capaci di distruggere il tessuto connettivo della convivenza umana. Il mito come contenitore
narrativo di angosce primordiali ha avuto un’enorme funzione di profilassi sociale attraverso
l'evitamento della concretizzazione delle fantasie più violente, comprese quelle pedofile, in atti
distruttivi, compresi quelli pedofili”.
C'è da dire che fin dal Neolitico troviamo figure connesse alla pedofilia e all'antropofagia, a quel
tempo diffusa. La figura del lupo, vista dalle prime civiltà cacciatrici come una divinità
propiziatoria ed amichevole, si trasforma in un nemico da combattere nei villaggi di
contadini\raccoglitori. In principio concorreva con i cacciatori nomadi alla conquista della preda
ma, a differenza dell'uomo, aveva sensi più sviluppati e doti fisiche che permettevano prestazioni
maggiori. Bisognava quindi “ingraziarsi” lo spirito-lupo per riuscire a cacciare: questo avveniva in
alcune culture sciamaniche per via imitativa, ovvero lo spirito si riversava nel cacciatore facendogli
assumere le virtù del lupo e permettendogli di cacciare. Invece, per gli agricoltori e i raccoglitori
esso era un enorme problema: divorava il bestiame, che però era prezioso per la sopravvivenza della
comunità stanziale. Abbiamo quindi la successiva demonizzazione della figura del lupo e del suo
insaziabile istinto a cibarsi, che può benissimo essere trasportato nel nostro ambito: basti pensare
alla figura del “lupo cattivo”, e alla stretta correlazione tra atto sessuale inteso come “unione,
inglobazione” dell'altro, e il cibarsi, che porta ad inglobare ciò di cui si ha bisogno per vivere. Un
esempio della correlazione “lupo-cibo” è dato da Plinio, che nelle sue “Storie Naturali” racconta la
vicenda del pugile Demeneto il quale, avendo sacrificato un bimbo a Giove Attico e avendone
mangiato le interiora, venne trasformato in un lupo, e restò tale per nove anni. Nasce da qui allora la
fama del lupo-persecutore di bambini, in correlazione anche ad un altro aspetto: i lupi aggrediscono
i membri più deboli di un gruppo, quindi preferiscono i cuccioli, meno capaci a difendersi degli
adulti. Veniva anche utilizzato come spauracchio per i bimbi: la lupa Mormolice era un demone
femminile, nutrice di Acheronte, con la quale le madri greche spaventavano i piccoli, e che si diceva
rendesse zoppi i bimbi cattivi e disubbidienti115.
I miti greci descrivono la figura del pedofilo senza troppe allegorie: chiari esempi sono la tragedia
di Pelope, la storia di Laio e Crisippo, o ancora Zeus e Ganimede. La tragedia di Peolope prende
spunto da antichi rituali antropofagi eseguiti nella Grecia antica, i quali (come accennato)
114 Picozzi e Maggi, 2003, p. 78
115AA.VV., Storie di lupi mannari, I Mammut Edizioni, 1994, pagg. 9-10
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prevedevano il sacrificio e l'ingestione di pezzi delle vittime immolate agli dei. Essi, in relazione
all'evoluzione della cultura, mutarono nell'immaginario collettivo i loro sentimenti verso tale uso:
dapprima ben felici, nella Grecia classica rifiutano la pratica antropofaga. Pelope era figlio di
Tantalo, re di Lidia. Egli, per ringraziare gli dei del nettare e dell'ambrosia gustati insieme a loro ad
un banchetto, ordinò di far uccidere e tagliare a pezzi il figlio, che venne cucinato e servito a tavola.
Gli dei inorriditi da tanta crudeltà non toccarono cibo, ad eccezione di Demetra che mangiò
affamata una spalla del ragazzo e, furiosi, maledissero Tantalo condannandolo alla fame e alla sete
eterni. Per senso di giustizia, riportarono in vita Pelope, e gli donarono una spalla d'avorio per
sostituire quella mangiata da Demetra. In seguito, Poseidone si innamorò di lui e lo fece suo
coppiere e amante. Ma la tragedia non finisce qui: tornato sulla terra, Pelope divenne potente e
feroce: fece a pezzi Stinfalo, re dell'Arcadia, così come Tantalo fece con lui. Si nota chiaramente la
coercizione a ripetere l'atto, tipico di alcuni abusati-abusatori. La storia di Laio e Crisippo non è
certo più felice: Laio, figlio del re di Tebe, si rifugiò da Pelope e si innamorò di suo figlio, Crisippo.
Approfittando dell' interesse del fanciullo per i carri, lo portò su uno di questi e lo violentò. Il
ragazzo si uccise per la vergogna, ed a Laio fu predetto dall'oracolo di Delfi che, data la violazione
delle norme sacre dell'ospitalità, la costrizione al rapporto sessuale di un minore e la responsabilità
del suo suicidio, sarebbe stato destinato a procreare un figlio che lo punirà. Ed in effetti, Laio sarà
punito dal figlio Edipo, che ucciderà il padre e sposerà sua madre, in una spirale di maledizioni e
odio, di colpa ed espiazione. Per quanto riguarda il mito di Zeus e Ganimede, è per certi versi il
fulcro dell'amore corrisposto e ricambiato, che dà la vita eterna: Zeus, travestito da aquila, rapisce
Ganimede per farne il suo coppiere e amante. In cambio, Zeus donò al padre di Ganimede i suoi due
cavalli immortali ed un tralcio d'oro e, per garantire l'immortalità di Ganimede, lo mutò nella
costellazione dell'Acquario. Con l'avvento della cristianità, e del divieto di parlare di certi peccati e
di ciò che riguardava il paganesimo, ci fu il bisogno di trasformare in fiabe e figure allegoriche il
pedofilo e i suoi movimenti. Ed ecco allora fiorire racconti e favole per mettere in guardia i bambini
senza traumatizzarli o porli in condizione di totale sfiducia nei confronti del mondo esterno: Pelle
d'asino, Cappuccetto Rosso, Il pifferaio magico, Pollicino e tante altre. Le fiabe, le favole morali e a
scopo educativo hanno quasi sempre delle figure antagoniste ben precise: il lupo, la strega, l'orco,
più raramente il vampiro. Abbiamo già accennato ala figura del lupo, essere antico portatore di
forze ancestrali e che in un secondo tempo, si trasforma in “licantropo”, o “lupo mannaro”, per
sottolineare la dualità uomo-lupo; una figura molto in voga per descrivere gli stupratori in generale,
e i predatori pedofili, ricorrente anche in molte miniature d' epoca. Il vampiro, essere non morto
notturno, succhia il sangue (cioè la vita della vittima) in un atto estremamente erotizzato, e che
ricorda moltissimo l'atto sessuale. La condizione che si nutrisse del sangue di giovani vergini
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permette di comprendere ancora di più l'allegoria ad unioni con persone che non hanno mai
conosciuto il sesso, e quindi giovani prima del matrimonio116. L'orco è un mostro antropomorfo
gigantesco e ripugnante, che si ciba di carne umana; è una figura correlata a quello della mitologia
germanica che deriva certamente dall'Orco della mitologia romana, sovrano del Regno degli Inferi e
divoratore di uomini insieme al suo mostruoso cane Cerbero. Caratteristica fondamentale è la sua
stupidità, che spesso è ciò di cui l'eroe della storia si serve per sconfiggere l'orco. In alcune varianti,
gli orchi sono anche in grado di mutare forma. Vivono spesso in palazzi o castelli sperduti, ma
anche in grotte e paludi. Nelle fiabe, l'orco è spesso il guardiano di una principessa prigioniera,
oppure tiene in schiavitù o divora bambini. Molti personaggi delle fiabe, pur non essendo
esplicitamente descritti come orchi, ne riproducono diversi elementi tipici; due esempi celebri sono
Mangiafuoco di Pinocchio (che schiavizza le marionette e, metaforicamente, i bambini) e Barbablù.
La strega non è propriamente una figura che impersonifica il pedofilo, ma nella favola di Hansel e
Gretel e in una variante di Cappuccetto Rosso, dove si trova addirittura un “orchessa”, si può
cogliere un aspetto di pedofilia femminile.
Passando alle favole e alle fiabe vere e proprie dopo questa premessa, sarà più facile ricostruirne le
allegorie e notare come da sempre, nonostante la poca attenzione all'infanzia, si sia cercato di
raccontare e trasportare la realtà nel mondo fanciullesco.
2.3.1 Favole e Fiabe, folklore popolare tra finzione e realtà
Prima di addentrarci nelle favole che hanno costellato la nostra infanzia, è opportuno precisare che
già in età antica esisteva un modo per “raccontare” ciò che avveniva sotto forma di satira: i canti. I
più famosi sono i cosiddetti “Carmina Burana”, una raccolta di canti medievali composti in latino e
medio-alto tedesco, databili tra il XII secolo e i primi anni del XIII secolo. In questa raccolta,
troviamo opere satiriche e morali (Carmina moralia), d'amore (Carmina veris et amoris) e infine
canti bacchici e gioiosi (Carmina lusorum et potatorum). In particolare, un canto facente parte delle
operette satiriche e morali ha catturato la nostra attenzione, e viene qui riportato :“6. In diebus
iuventutis| timent annos senectutis,| ne fortuna destitutis! Desit eis splendor cutis.| Et dum querunt
medium,| vergunt in contrarium;| fallit enim vitium| specie virtutis| 7. Ut iam loquar inamenum:|
sanctum chrisma datur venum,| iuvenantur corda senum| nec refrenant motus renum.| Sense et
decrepiti| quasi modo geniti| nectar illiciti hauriunt venenem.|117”.Italo Calvino era solito dire: “Io
116AA.VV., Storie di vampiri, I Mammut Edizioni, 1994.
117“6. Nei giorni della giovinezza temono già gli anni gli anni della vecchiaia, per la paura che la fortuna li
abbandoni e il loro splendore venga meno. E mentre cercano il rimedio cadono nel male: li inganna infatti il vizio sotto
l'apparenza di virtù.7. Per dire ormai l'amara verità, il santo crisma è profanato, i vecchi si comportano come giovani
vogliosi e non sanno astenersi dai piaceri della carne. E ormai vecchi decrepiti, come fossero appena nati, succhiano il
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credo questo: le fiabe sono vere, sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre
varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e
serbata nel lento ruminìo delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini che
possono darsi a un uomo e a una donna”. E non è affatto errato approvare la sua affermazione, dato
che abbiamo delle prove sulla veridicità di certe favole.
Cappuccetto Rosso118, ad esempio, è una delle fiabe europee più popolari al mondo, se non
addirittura la fiaba universalmente più conosciuta e riconosciuta. Ne esistono varie versioni, ognuna
delle quali ha soppiantato la precedente poiché si è tentato di modernizzare e adeguare la fiaba
all'epoca del racconto, oppure “addolcita” sempre più: è presente addirittura in circa una trentina di
versioni, e la più antica sembra una vecchia fiaba esopica di circa 2600 anni fa. La prima
testimonianza la possiamo trovare in un libro latino dell’anno 1023, intitolato “Fecunda Ratis” (La
barca della fecondità). L’autore è Egberto de Lieja e in uno dei suoi passaggi appare: “una bambina
in compagnia di lupi con vestiti rossi”, che sono molto importanti per lei, a quanto spiega il libro.
un’antitesi tipicamente medievale. Sembra quindi che, dall'antica Grecia, essa sia stata trasportata
in tutto il mondo ed adattata al luogo e alla cultura in cui veniva narrata: ad esempio, il lupo si
trasforma in una tigre in Cina, oppure in Iran, dove è contro i costumi morali il fatto che una bimba
circoli da sola nel bosco, Cappuccetto Rosso viene accompagnata da un ragazzo. Fiabe simili sono
state elaborate anche in Corea, Giappone, Birmania, ecc.
La favola contiene riferimenti a violenza, pedofilia, prostituzione e cannibalismo: è incentrata sul
contrasto tipicamente medievale tra il mondo luminoso del villaggio e l'oscuro bosco. Il nome di
Cappuccetto Rosso appare per la prima volta solamente nella versione di Charles Perrault. Nella
tradizione orale esiste anche una versione italiana della fiaba (ambientata in Abruzzo), conosciuta
col titolo di: “La finta nonna”, in cui Cappuccetto Rosso riesce a sconfiggere un orco femmina
basandosi esclusivamente sulla propria astuzia. Questa versione è più vicina all’originale, e
sappiamo perciò che il personaggio del taglialegna (o del cacciatore) è stato aggiunto nelle versioni
successive della fiaba.
In ogni caso, la versione scritta più antica e somigliante a quella che conosciamo è del 1697, “Le
petit Chaperon Rouge” di Charles Perrault, dove sia nonna che nipote vengono mangiate. In seguito
i fratelli Grimm, in “Rotkäppchen”del 1812, aggiungono il lieto fine salvando la piccola e la nonna
grazie al cacciatore, anche se rimangono i temi della violenza e del cannibalismo. Una sostanziale
differenza la troviamo nella fiaba di Perrault, che finisce con la bimba mangiata dal lupo, dove
troviamo questo monito: “Qui si vede che i bimbi, ed ancor più le care bimbe, così ben fatte,
veleno di questo nettare proibito.”, Carmina Burana,1989, pagg.12-13
118 Appendice B pag. 143, 144.
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belline ed aggraziate, han torto di ascoltare persone non fidate, perché c'è sempre il Lupo che se le
può mangiare. Dico il Lupo perché non tutti i lupi son d'una specie, e ben ve n'è di astuti che, in
silenzio, e dolciastri, e compiacenti, inseguon le imprudenti fin nelle case. Ahimè, son proprio
questi i lupi più insidiosi e più funesti!”, mentre nella fiaba dei Grimm c'è il lieto fine, quindi il
monito risulta inutile.
Agli occhi dei piccoli fruitori, il lupo che divora la bambina non doveva sembrare qualcosa di così
distante dalla realtà poiché nelle versioni orali dove appare il lupo, quest’ultimo deve intendersi
come un pericolo reale e non metaforico. Ad esempio, il primo caso documentato in Lombardia di
una simile aggressione risale all’anno 1490. Questa pericolosità del lupo determinò la sua mattanza
in tutta Europa durante i secoli menzionati. Esiste anche una vera storia di Cappuccetto Rosso, che
probabilmente potrà aver condizionato qualche versione successiva della favola. In Francia, tra il
1764 e il 1767 avvennero numerosi episodi violenti a causa di una sorta di enorme lupo che
divorava soprattutto bambini e fanciulle mentre conducevano gli animali al pascolo.Tra questi
episodi troviamo nei documenti di archivio anche quello di una reale Cappuccetto Rosso, di cui
conosciamo anche i dati anagrafici: Gabrielle Pélissier, diciassette anni, mandriana assassinata
nell’aprile del 1765 nel giorno della sua prima comunione (allora le vesti della comunione erano
rosse, non bianche). Stando al referto sarebbe l’ennesima vittima del lupo di Gévaudan. In realtà
tale versione dei fatti non convince e lascia spazio a ragionevoli dubbi sulla possibilità che si tratti
invece di un episodio di violenza domestica. Ecco la testimonianza giornalistica dell’epoca: “Dopo
aver fatto la prima comunione, andò a pascolare le mucche a Champ-de-la-Dame. La
accompagnava il padre, che rimase con lei tutta la sera. Ma poco prima del tramonto, le disse:
“Non credo che la Bestia sia qui vicino. Di’ le preghiere da sola, nel frattempo inizierò il cammino
e tu rientrerai con le mucche tra poco”. Il padre aggiunse qualche parola di incoraggiamento e se
ne andò. Ma non appena si fu allontanato, la Bestia si avvicinò furtiva alla ragazza e la uccise.
Probabilmente le sue mucche intervennero per difenderla, poiché il giorno seguente quasi tutte
erano ricoperte dagli schizzi di sangue che la Bestia aveva lanciato.”
Come fu dimostrato da indagini successive, è molto strano che il padre di Gabrielle fornisca una
versione del genere, ed è sospetto che sempre il padre sia stato il primo a guidare le ricerche verso
la radura dove il corpo della giovane è stato ritrovato in posizione rannicchiata, come se stesse
dormendo. Nel momento di un eventuale assalto da parte della Bestia, il corpo non sarebbe certo
stato ricomposto in quella posizione; e le mucche sarebbero subito fuggite. Invece, il fatto che
abbiano continuato a pascolare, tanto da essere raggiunte perfino dagli schizzi di sangue della
povera Gabrielle dimostra che non si sono sentite affatto minacciate da quella presenza, molto
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probabilmente familiare per loro: quella del padre della ragazza, che è stata prima stuprata e poi
assassinata. Il lupo (o l’orco) in questo caso è quindi senza ombra di dubbio il padre, ma all’epoca
tale comportamento veniva, come sappiamo, celato, e quindi nessuno pensò di istituire un processo
contro l'uomo.
Anzi, all'epoca si dava un'enorme responsabilità alle vittime: una prova la possiamo trovare nella
lettera pastorale riportante data 31 Dicembre 1764 scritta dal vescovo di Mende, monsignor de
Choiseul-Beaupré, che si rende complice della verità negata, del sistema che considera la donna
come principale colpevole e responsabile del crimine, e appunto parla della Bestia come un castigo
divino sorto per contrastare la dissolutezza, l'eresia e la scabrosità del popolo. Dopo quasi un secolo
di successo in Francia, Cappuccetto Rosso venne esportata grazie agli ugonotti esiliati alla fine del
diciassettesimo secolo, che portarono con loro i racconti fin nei paesi non cattolici come Inghilterra,
Svezia, Paesi Bassi, Nord America e appunto Germania.
Fu così che i racconti di Perrault si fusero con il sostrato locale popolare, finché i fratelli Jacob e
Wilhlelm Grimm raccolsero, assieme ad altri racconti, la versione popolare tedesca di Cappuccetto
Rosso. Il Cappuccetto Rosso dei fratelli Grimm integra e amplia quello di Perrault e, come detto, è a
lieto fine.
In realtà la favola dei Grimm finisce con due lieti fine, poiché i fratelli crearono una specie di
epilogo non molto conosciuto in cui Cappuccetto Rosso incontra un altro lupo, ma questa volta
scappa correndo verso casa di sua nonna per tendere insieme a lei una trappola e ucciderlo.
L’introduzione del cacciatore è fondamentale in ambito psicanalitico perché, nella versione di
Perrault, la favola termina con una regressione della bambina “intrappolata” nel ventre materno:
non si verifica un’iniziazione al mondo adulto, permessa invece nella versione col cacciatore. In
entrambe le versioni l’esperienza sessuale prematura è presentata come un inghiottimento con
connotazioni fortemente distruttive. Il tema della crescita e della rinascita nella versione di Perrault
non viene toccato: infatti la storia finisce con il lupo che mangia Cappuccetto Rosso e con un
monito; al contrario quella dei fratelli Grimm finisce con l’arrivo del cacciatore buono, di cui non si
sa niente e che dà poca confidenza a Cappuccetto Rosso (e quindi non può sedurla), contrapposto al
lupo cattivo espansivo e seduttore con la piccola. Il cacciatore apre la pancia del lupo e fa uscire
Cappuccetto Rosso e la nonna: qui troviamo la rinascita, il passaggio da uno stato di bambina ad
uno adulto, dove Cappuccetto Rosso sa cosa fare per evitare di cadere nelle grinfie del lupo. E’ lei,
appena uscita dalla pancia, ad avere l’idea di riempirla di sassi, cosa che in seguito farà morire il
lupo. Il cambiamento, la rinascita ad un livello di maturità diversa permette a Cappuccetto Rosso di
allontanare il lupo da sé per sempre. Nella versione di Perrault nessuno raccomanda alla
protagonista di non allontanarsi dalla giusta strada; nella versione dei Grimm la bimba viene
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avvisata dalla mamma.
In molte versioni orali, come ad esempio nella versione italiana, Cappuccetto Rosso pratica anche il
cannibalismo, anche se involontariamente: il lupo impostore invita la bambina a mangiare un po’ di
carne e vino, che sono in realtà il corpo triturato e il sangue della nonna; oppure i denti della nonna
che restano appiccicati alla carne vengono fati passare per chicchi di riso o piselli acerbi. O ancora,
l’orchessa fa mangiare alla bambina affamata i denti e poi le orecchie della nonna. Il cannibalismo
presente in tutte le versioni antiche e testimoniato anche dalle “Fiabe Italiane” raccolte da Calvino,
ha un significato rituale: simboleggia la fanciulla fertile che prende il posto della donna anziana
ormai infertile, o più in generale la morte metaforica della vecchia generazione, soppiantata di
quella nuova. Il fatto che nelle versioni più antiche della fiaba la figura antropofaga fosse
interpretata da un’orchessa, un elemento antropomorfo e di sesso femminile, anziché da un lupo (un
animale di sesso maschile la cui antropofagia, pur negativa, è naturale) danno supporto a queste
interpretazioni ed al fatto che la fiaba orale si sia evoluta nel corso del tempo, per andare a
rispondere a diverse esigenze formative, oltre che presentare una forma allegorica di “pedofila”.
La furbizia è un altro elemento fondamentale, sottolineato in questo estratto della favola: “Nonna,
non posso addormentarmi se prima non vado a fare un bisognino. La nonna disse: -Vai a farlo
nella stalla, ti calo io per la botola e poi ti tiro su. La legò con una fune, e la calò nella stalla. La
bambina appena fu giù si slegò, e alla fune legò una capra.- Hai finito?- disse la nonna. -Aspetta
un momentino!-. Finì di legare la capra:-Ecco, ho finito, tirami su.-.”
Nessun provvidenziale cacciatore risolve la situazione in questo caso: la bambina supera la prova
confidando solo su se stessa, e riesce a sfuggire alla bramosia dell’orchessa evitando di essere
ingoiata e scappando dal letto con la scusa di dovere evacuare, dove tale azione si contrappone
fortemente all’inghiottimento.
Una nuova versione della fiaba è stata creata da M.R. Parsi nel 2000, la quale attualizzando il lupo
con un “omino dal sorriso smielato”, rivisita in chiave moderna il racconto, senza però togliere il
carattere di messaggio e la caratteristica fiabesca insita nel racconto.
La storia di “Pelle d'Asino”119 ( o “D'Ognipelo”, o ancora “MillePeli”) affronta un tema anche
peggiore: una regina, morendo, si fa promettere dal re che non si risposerà se non con una donna più
bella di lei. Ma l'unica persona in grado di rivaleggiare con la regina per bellezza era solo la sua
stessa figlia, ed è a lei che il re chiede di sposarlo. Per sfuggire a questa unione incestuosa, la
fanciulla, su consiglio della sua fata madrina, richiede al padre per degli abiti irrealizzabili (uno
color della luna, uno color del sole, uno color del tempo), ma il re riesce a procurarglieli. Allora la
119 Appendice B, pag. 146.
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principessa chiede al padre la pelle dell'asino magico la cui lettiera, anziché essere coperta di sterco,
è coperta ogni giorno di nuove monete d'oro; ella è sicura che il padre non acconsentirà mai. Invece
la pelle dell'asino magico le viene recapitata senza indugio (nel caso di D'Ognipelo, la pelliccia è
fatta con le pellicce di tutti gli animali della Terra). La principessa fugge allora dal castello, rivestita
solo della pelle d'asino, mentre un baule con i suoi tre vestiti la segue viaggiando sottoterra. La
principessa viene presa a servizio come guardiana in una fattoria di un altro reame. E' brava e
diligente, anche se ripugnante d'aspetto, e così la padrona le si affeziona e la protegge. La
principessa rimane quindi nascosta, ma decide di lavarsi e di indossare i suoi vestiti per ogni
occasione di festa. Un giorno il principe ereditario del reame, venendo da una battuta di caccia, si
ferma alla fattoria per pranzare. Mentre passeggia, sbircia dove vive Pelle d'Asino e vede la
principessa bellissima e magnificamente abbigliata. Intimidito, si ritira, ma non riesce a non pensare
alla visione, tanto che cade ammalato. Davanti alle suppliche della madre e del padre, il principe
chiede una focaccia fatta da Pelle d'Asino, e i sovrani le ordinano di cucinare la focaccia. Lei lascia
cadere un anello nell'impasto, e don la focaccia al principe. Egli mangia voracemente e trova
l'anello, cadendo più ammalato di prima. Timoroso di rivelare ai propri genitori l'amore per Pelle
d'Asino, chiede che venga indetto un bando, in base al quale egli sposerà solo la fanciulla alla quale
calzerà l'anello. Dopo aver passato in rassegna tutte le ragazze del regno inutilmente, viene
chiamata anche Pelle d'Asino. La comparsa della sua mano bianca e affusolata al di sotto della pelle
e la rivelazione di una fanciulla riccamente abbigliata lascia tutti senza fiato. Immediatamente, il
principe la chiede in moglie, ma la principessa pone come condizione il consenso del padre. Egli,
ormai guarito dalla sua folle ossessione e risposato con un'altra donna, viene invitato alle nozze e
acconsente di buon grado al matrimonio, chiedendo perdono alla figlia. Il tema centrali del racconto
è l'incesto, il tabù supremo. La fata madrina della fanciulla scioglierà ogni malinteso, insegnando
alla principessa a distinguere i vari tipi di amore: i genitori vanno amati, ma non sposati. La
sporcizia che la fanciulla sente su di sé è qui materializzata dalla pelle d'asino, l'abito ripugnante che
ella decide di indossare, divenendo di conseguenza essa stessa un essere sudicio; ricorda il senso di
colpa e lo “sporco” che sentono addosso le vittime d'abuso, addossandosi la colpa di quell'amore
malato e tentando di dissiparlo, nascondendosi sotto una coltre di sporcizia, o al contrario
assumendo forme ossessivo-compulsive di lavaggi frequenti e dannosi per la salute. Il percorso che
condurrà il principe azzurro fino alla principessa ed alla sua liberazione sarà lungo e tormentato. La
prova conclusiva permetterà al principe di eliminare ogni relazione “impropria”: infatti, le donne
anziane, o almeno troppo mature, avrebbero avuto il dito troppo grande per l'anello, le ragazzine il
dito troppo piccolo, e il matrimonio con una donna di condizione inferiore non sarebbe potuto
avvenire in quanto le donne, avvezze al lavoro, sarebbero state impossibilitate a inserire l'anello per
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calli o altri problemi.
“Il pifferaio di Hamelin”120 o “Il pifferaio magico” è la trasposizione, come Cappuccetto Rosso, di
un fatto di cronaca avvenuto realmente. E' una fiaba tradizionale tedesca, trascritta, fra gli altri,
anche dai fratelli Grimm. La storia si svolge nel 1284 ad Hamelin, in Bassa Sassonia. Un uomo con
un piffero si presenta in città e promette di disinfestarla dai topi; il borgomastro acconsente
promettendo un adeguato pagamento. Non appena il Pifferaio inizia a suonare, i ratti restano
incantati dalla sua musica e si mettono a seguirlo, lasciandosi condurre fino alle acque del fiume,
dove muoiono annegati. I cittadini, ormai liberi dai ratti, decidono di non pagare il Pifferaio, e
questi, per vendetta, riprende a suonare mentre gli adulti sono in chiesa, attirando dietro di sé tutti i
bambini della città. Centotrenta bambini lo seguono in campagna, e vengono rinchiusi dal Pifferaio
in una caverna. Nella maggior parte delle versioni, non sopravvive nessun bambino, oppure se ne
salva uno solo che, zoppo, non era riuscito a tenere il passo dei suoi compagni. Varianti recenti
introducono un lieto fine in cui un bambino, sfuggito al rapimento, riesce a liberare i propri
compagni. Un'altra variante dice che i bambini entrano in questa caverna seguendo il pifferaio
magico e fuoriescono da un'altra caverna, la grotta di Almaş in Transilvania, dando vita ad una delle
leggende che spiega l'arrivo dei sassoni in Transilvania. Il più antico riferimento reale a questa fiaba
si trovava in una vetrata della chiesa di Hamelin non più esistente, ma di cui si hanno descrizioni
precise su diversi documenti. Si pensa che questa vetrata fosse stata creata in ricordo di un tragico
evento effettivamente accaduto nella città; pare anche che esista tuttora una legge che vieta di
cantare o suonare in una particolare strada di Hamelin, per rispetto nei confronti delle vittime.
Nonostante le numerose ricerche, tuttavia, non si è ancora fatta pienamente luce sulla natura di
questa tragedia. In ogni caso, è stato appurato che la parte iniziale della vicenda, relativa ai ratti, è
un'aggiunta: la misteriosa vicenda aveva a che fare solo con i bambini. Esistono diverse teorie, ma
un racconto tedesco degli eventi, purtroppo non molto oscuro, è sopravvissuto in una iscrizione del
XVII secolo, trovata proprio nella città della fiaba:
“Nell'anno 1284, il giorno di Giovanni e Paolo|il 26 di Giugno|Da un pifferaio, vestito di ogni
colore,|furono sedotti 130 bambini nati ad Hamelin|e furono persi nel luogo dell'esecuzione vicino
alle colline”. Uno storico menziona la vicenda identificando il Pifferaio con il diavolo; questa
ultima visione ci porta a sospettare fortemente che ci sia stato un uomo che ha “sedotto” i bambini e
li ha fatti sparire, quindi un soggetto che ai giorni nostri potrebbe essere classificato come serialkiller (per il numero degli omicidi, perpetrati probabilmente con lo stesso modus operandi e per lo
stesso fine), sadico (porta alla morte dei bimbi) e pedofilo.
120 Appendice B, pag. 153.
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“Pollicino” e “Hansel e Gretel” sono altre due favole che provano a descrivere la crudeltà umana
usando delle allegorie comuni. Le due fiabe hanno molti punti di contatto, tanto da essere quasi
sorelle.
“Pollicino”121 (Le Petit Poucet) è una fiaba di Charles Perrault, originariamente pubblicata nei
“Racconti di Mamma Oca” nel 1697. Alcune traduzioni italiane la riportano con titoli diversi, come
“Buchettino”. La miseria e la carestia regnano sul paese; un boscaiolo e sua moglie decidono di
abbandonare i loro sette figli nel bosco. Il più piccolo dei fratelli, Pollicino, avendo udito per caso il
volere dei genitori, si riempie le tasche di sassolini bianchi. Il giorno dopo, quando i genitori
conducono i figli nella foresta con una scusa, Pollicino lascia cadere i sassolini dietro di sé, e
seguendoli riesce a riportare i fratelli a casa. Il giorno dopo la cosa si ripete, ma questa volta
Pollicino ha a disposizione solo briciole di pane, che vengono mangiate dagli uccelli. I sette
fratellini, perduti nel bosco, chiedono ospitalità in uno stupendo palazzo. La padrona di casa decide
di accoglierli, ma li avverte che il marito è un Orco che mangia i bambini, e li nasconde con cura
per proteggerli. Quando il marito rientra, però, sente odore di “carne fresca” e presto scopre gli
intrusi, decidendo di ucciderli il giorno successivo. Nel frattempo Pollicino scopre che l'Orco ha
sette figlie, che egli ama tanto, e che ognuna di esse ha una coroncina dalla quale non si separano
mai. Nottetempo, si introduce nella camera delle orchette, sottrae loro le corone, e le appoggia sulla
testa dei propri fratelli. L'Orco, svegliatosi nella notte con l'intento di sgozzare i bambini, viene
tratto in inganno e sgozza le proprie figlie. Pollicino e i suoi fratelli fuggono e l'Orco, dopo aver
scoperto la tragedia, indossa gli stivali delle sette leghe per raggiungere i bambini in fuga. Anche
questa volta Pollicino lo supera in furbizia: aspetta che l'Orco si addormenti, e dopo ruba gli stivali
con i quali torna dalla moglie dell'Orco, raccontandole che egli è stato rapito dai briganti, e che c'è
bisogno di un riscatto. La donna dà tutto l'oro che possiede a Pollicino, il quale può tornare con i
fratelli dal padre con denaro sufficiente a liberarli per sempre dalla fame. In questa fiaba notiamo
sia la figura dell'Orco che quella della moglie, sottomessa, che non fa nulla per evitare che il marito
mangi i bambini. In questo caso però la vicenda si ritorce contro di loro: muoiono infatti le figlie
dell'Orco, che egli ama molto. Ricorda molto lo stile di alcune famiglie incestuose, dove la moglie
per sottomissione, dipendenza o paura, permette al marito di fare ciò che più gli aggrada senza
cercare di fermarlo o fargli cambiare idea.
“Hänsel e Gretel”122 (Hänsel und Gretel) è una fiaba tedesca riportata dai fratelli Grimm che
presenta, come già accennato, numerosi punti di contatto con Pollicino. I due, figli di un povero
taglialegna che non riesce più a sfamare la famiglia, vengono condotti nel bosco e abbandonati.
121 Appendice B, pag. 155.
122 Appendice B, pag. 161.
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Hänsel, che aveva sentito di notte i genitori confabulare, si era procurato dei ciottoli bianchi che
aveva abbandonato nel bosco mentre seguiva il padre, e così i bambini tornarono a casa. Mentre il
padre fu felice di ciò, la madre era furiosa, e propose di nuovo di abbandonarli nel bosco. Stavolta
Hänsel non poté cogliere i sassi, così utilizzò delle briciole di pane, che però furono mangiate dagli
uccelli. Così, i due fratellini si persero. Vagando per la foresta, trovarono finalmente una radura,
dove videro una piccola casa. Si avvicinano e, con stupore, scoprirono che la casetta era fatta di
dolci che loro, per la fame, si mettono a mangiare. Mentre stavano sgranocchiando le pareti di
marzapane, dall'interno della casa spunta una vecchietta che si offre di ospitare i due fratelli. I
bambini, non sapendo dove andare, accettano la sua ospitalità, ma ben presto si rendono conto di
non essere più liberi, bensì prigionieri di una strega: il maschietto viene messo all'ingrasso, dentro a
una gabbia, Gretel invece è costretta a fare le pulizie, ed è libera di girare per la casa. Essa riesce
con un trucco a spingere la strega dentro la stufa, uccidendola. Libera Hänsel e così, i due bambini,
impadronitisi dei beni della morta, tornano a casa dal padre (la mamma è morta) ormai ricchi e
senza problemi economici per il futuro. La fiaba dei fratelli Grimm ha certamente origine nel
Medioevo, epoca in cui la scarsità di cibo e la diffusione della fame facevano dell'infanticidio una
pratica comune. Hänsel e Gretel non condannano il proprio genitore per il tentato abbandono; al
contrario, portano al padre grandi ricchezze con cui sfamarli. La trama di Hänsel e Gretel è in gran
parte identica a quella di Pollicino; l'episodio dei sassolini e delle briciole di pane, per esempio, è
identico in entrambe le fiabe, sebbene in tal senso venga ricordata di più la fiaba di Perrault. Di
Hänsel e Gretel è soprattutto nota l'immagine della “casa di marzapane”, che costituisce l'opposto
della casa povera dei bambini, e la materializzazione dei loro desideri, ma si rivela al contempo una
trappola per trasformarli in cibo; vi si potrebbe leggere a parere nostro qualche analogia con il Paese
dei Balocchi di Carlo Collodi, nel quale vengono trasportati Lucignolo e Pinocchio da un signore
affabile quanto viscido, che ricorda molto un pedofilo, e che scoprono ben presto che il Paese dei
Balocchi è una diabolica macchinazione per imprigionare i bambini pigri; e in questo senso, mentre
Pinocchio riesce a capirlo e salvarsi, Lucignolo muore.
2.3.2 Fantasia e società: il fenomeno odierno della narrazione
pedofila
Dopo le fiabe e le favole, nate nel Medioevo e in voga ancora oggi, molti sono i romanzi e le
produzioni cinematografiche create dal Novecento ad oggi. Alcuni esempi li abbiamo con “Morte a
Venezia”, di Thomas Mann; “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar, “Lolita” di Vladimir
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Nabokov, “Teresa Battista stanca di guerra” di Jorge Armando. Ancora, ne troviamo spunti in
“Eva Luna racconta”, di Isabel Allende, “Gilles et Jeanne” di Michel Tournier, o nei racconti di
Susanna Tamaro.
In “Morte a Venezia”, scritto nel 1912, l'intellettuale cinquantenne Gustav Aschenbach si innamora
di un giovane polacco, Tadzio, e cerca di giustificare la sua passione con le giustificazioni storiche
tipiche di chi sa di commettere un atto sbagliato. L'amore non lo porta a consumare alcunché, e lo
uccide mentre il ragazzo va via in mare.
In “Memorie di Adriano”, del 1951, incontriamo la vicenda d'amore tra l'imperatore romano
Adriano ed il fanciullo Antinoo. Lo incontra in una serata letteraria, e dopo un po' ne scaturisce una
intimità che permette all'imperatore di sentirsi di nuovo giovane e forte. Antinoo lo accompagna
ovunque, rinunciando alla sua giovinezza. Quando il piccolo, divenuto ormai adulto, si uccide per
l'oppressione che sente, Adriano recepisce tutta la malinconia e la disperazione di tale perdita
provocata dalla sua bramosia.
“Lolita”, del 1955, narra di un professore quarantenne che si innamora e fugge con la figlia
dodicenne di una vedova. Egli vede in questo amore una giustificazione, e tenta di ricercare
analogie sia con la vicenda di Raab123, una prostituta biblica di soli dieci anni, sia con i costumi del
mondo classico. Alla morte della madre di Lolita, il professore riesce ad avere totalmente in suo
possesso l'oggetto del desiderio, struggendosi per l'effimero scorrere del tempo e la crescita della
fanciulla.
“Teresa Batista stanca di guerra”, del 1971, narra del capitano Justiniano Duarte Da Rosa, che in
parte rivisita l'orco classico delle fiabe: egli percorre le campagne a bordo di un camion alla ricerca
delle sue vittime, con le quali non cerca un rapporto d'amore o scampoli di giovinezza: a lui
interessa dominare, essere forte e terrorizzare. Solo due bambine porteranno Justiniano a
intraprendere una relazione, che però finiranno entrambe con la morte: la prima, Doris, si assoggetta
al suo aguzzino poiché ne è innamorata, e non prova quindi terrore, anche se alla fine muore per
mano sua; la seconda, Teresa, è prigioniera, e sopporta i soprusi con orgoglio, senza mai offrirsi al
suo carnefice. Stavolta, sarà lei a svelare la vulnerabilità dell'orco, uccidendolo.
“Eva Luna racconta” è un romanzo uscito nel 1990. Una delle sue storie, “Bimba Perversa”, narra
di una bambina, Elena, che vive con la madre locandiera. Alla locanda arriva un certo Juan Josè
123 Secondo il racconto biblico di Giosuè 2:1-23, dopo la morte di Mosè, Giosuè mandò in esplorazione a Gerico due
spie israelite prima della conquista della città. Le due spie trovarono alloggio nella casa di Raab che, decisa a
salvarli da alcuni emissari giunti per uccidere le spie, li nascose sulla terrazza fra steli di lino accatastati. In seguito,
chiese di essere risparmiata assieme alla sua famiglia, convertendosi a Dio e diventando un' antenata del Re Davide
e, quindi, di Gesù.
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Bernal, del quale la bambina si innamora. Tenta allora di sedurlo nel sonno, copiando gli
atteggiamenti della madre che spia di nascosto. Juan, svegliatosi, fa nascere uno scandalo, che
spedisce la bambina in collegio. Da quel momento l'uomo diventa un feticista ed un pedofilo,
ossessionato da Elena, che rincontrerà e a cui confesserà il proprio amore, senza però ricevere altro
che indifferenza dalla bambina abbandonata e tradita dal suo primo amore.
“Gilles et Jeanne”, edito per la prima volta nel 1983, narra di come il barone Gilles de Rais sia
diventato un pedofilo serial-killer. Questo libro ripercorre la vita del barone, fino all'incontro con
Jeanne D'Arc, che lascia in lui un segno indelebile. E' alla sua morte sul rogo che l'autore fa risalire
la follia omicida del protagonista. Tournier non cerca di giustificare o redimere il protagonista;
tuttavia molti lo considerano una “bibbia pedofila”, che tenta di spiegare lo stato d'animo e la
sofferenza di un uomo che vede in ogni vittima il dolce viso della perduta Jeanne.
“Per Voce Sola” è un romanzo del 2002 di Susanna Tamaro. Tra i tanti racconti spicca quello
intitolato “Love”: narra di una piccola zingara con il labbro leporino, venduta dai genitori ad una
organizzazione che la sfrutta, anche sessualmente. Un giorno incontra un uomo che le accarezza la
mano, e questo le rimane particolarmente impresso. Dopo un po', l'uomo torna e la porta in un
appartamento, dove la lava, la veste e la coccola. Passano così quattro giorni, dichiarandosi amore e
avendo rapporti, con i quali lei immagina di riuscire ad avere un bambino. Una volta tornata al
campo, viene di nuovo violentata, ma non vede l'ora di rivedere di nuovo “Love”, ovvero
quell'uomo gentile. Dopo aver scoperto di essere rimasta incinta, corre dal suo Love, ma suonando
il campanello lo sente impedire alla moglie e al figlio di aprire la porta.
L' ultimo romanzo che vogliamo ricordare in questo elenco è il celeberrimo “Alice nel Paese delle
Meraviglie”, di Lewis Carrol, pseudonimo di Charles Lutwidge Dodgson. Seguendo un coniglio
bianco, Alice cade in un onirico mondo fatto di paradossi, assurdità e non-sensi. Nella sua caccia al
coniglio le accadono le più improbabili disavventure: arrivata in fondo alla tana, trova una stanza
piena di porte, ma tutte chiuse e tutte minuscole. Guardando attraverso una serratura, scorge un
bellissimo giardino e vuole raggiungerlo, ma la sua grandezza glielo impedisce. Allora scorge su un
tavolo di vetro una chiave, ma lei è sempre troppo grande per passare attraverso la porta. Viene in
suo aiuto una bottiglia con su scritto “Drink me”, e infatti il contenuto la fa rimpicciolire, ma giunta
alla porta, si rende conto d'aver lasciato la chiave sul tavolo. Assaggiato un pasticcino comparso dal
nulla con su scritto “Eat me” diventa enorme. Ora può prendere la chiave ma di nuovo non passa
dalla porta. Affranta, scoppia in lacrime, che allagano la stanza. Ritrovata la bottiglia, riesce a
rimpicciolirsi e si trova in compagnia di un topo e altri animali. Il topo abbozza una storia ma poi
scatta la “corsa confusa”, dove tutti gli animali corrono in circolo, chi inizia dopo e chi smette
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prima. Allontanatasi, Alice ritrova il coniglio e la sua casetta. Entra in casa per cercare i guanti e
ventaglio del coniglio, ma mangia di nuovo i pasticcini e diventa ancora una volta enorme, tanto che
le braccia le escono dalle finestre. Il coniglio, allarmato, chiama Bill la lucertola che prova a passare
attraverso il camino, ma Alice lo scaccia con un calcio. Allora il coniglio tira sassi ad Alice, i quali
però diventano pasticcini. Mangiatone uno, ridiventa piccolissima, fugge dalla casa e si intrattiene
col Brucaliffo, che trova su un fungo a fumare un narghilè. Prima d'andarsene, dopo essere
diventato farfalla usando una nuvola di fumo come bozzolo, il bruco le rivela che le due parti del
fungo la possono far crescere e rimpicciolire a suo piacimento. Al primo tentativo, Alice si ritrova
con un collo lunghissimo, che fa sì che un piccione la scambi per un serpente ma, ritrovate le giuste
proporzioni, si rimette in moto. Nel bosco giunge alla casa della duchessa e assiste allo scambio
d'inviti dei due messi (un pesce e un ranocchio) col quale la regina di cuori invita la duchessa a una
partita di croquet. La casa della duchessa è molto strana: lei sta infastidita a cullare un bambino che
urla e starnutisce per l'aria satura di pepe, mentre la cuoca di tanto in tanto lancia stoviglie e
pentole. La duchessa lascia presto Alice per andare a prepararsi alla partita, donandole il bimbo in
fasce che si trasforma in un porcellino e corre via nel bosco. Dopo aver scambiato quattro
chiacchiere col gatto del Cheshire che sogghigna e compare e scompare a pezzi, Alice giunge alla
casa della Lepre Marzolina che sta prendendo il te' col Cappellaio Matto. Questi due, in compagnia
del ghiro, prendono il tè cambiando continuamente posto e spostandosi di tazza in tazza. Dopo aver
lasciato il ricevimento, Alice trova la strada per il castello della regina, dove trova i soldati con il
corpo costituito da carte di picche che dipingono di rosso le rose bianche del castello. In quel
momento arriva il corteo della regina: ci sono le picche, quadri, fiori e cuori. La Regina aggressiva
(rappresenta la Furia), invita Alice a giocare a croquet, ma il campo è pieno di buche, le carte
giocano come porte, gli istrici come palle e i fenicotteri come mazze. Il gioco è subito una gran
confusione di giocatori che urlano e giocano all'unisono, e spesso le carte devono assentarsi per
decapitare chiunque la Regina mandi a morte in quel momento. Riappare la duchessa,
momentaneamente uscita dalla prigione in cui la regina l'aveva destinata, che presenta ad Alice il
grifone, il quale la porta a fare la conoscenza della “finta tartaruga”, che serve a fare il finto brodo
di tartaruga. Ella racconterà ad Alice di come studiava sul fondo del mare e balla, in coppia col
grifone, la quadriglia delle aragoste. Alice deve però interrompere, perché nel frattempo è stato
istituito il processo col quale si giudicherà il fante di cuori, accusato di aver rubato le tartine pepate.
Al processo, annunciato dal coniglio bianco che ora è abbigliato come un araldo, sono presenti i
giurati (varie specie di animali) e i testimoni (il cappellaio matto, la cuoca della duchessa e la stessa
Alice). Il ritrovamento di una lettera senza firma con una poesia senza senso, convince tutti che il
vero colpevole sia il fante di cuori. “Sentenza prima, verdetto poi” declama la regina, ma Alice (che
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ha iniziato a diventare sempre più grande) non è d'accordo, e quando si alza per testimoniare, con la
sua gonna spazza il tavolo della giuria, facendoli cadere tutti. Dopo poco è diventata così grande
che non si preoccupa più di re e regine ritrovando la giusta misura della realtà: “Non siete altro che
un mazzo di carte!”. Il sogno ed il racconto finiscono con Alice che si risveglia tra le braccia della
sorella, e si dirige a casa per l'ora del tè.
La visione della vita di Dodgson domina i suoi rapporti con la società e il suo maggiore hobby, la
fotografia: di tutte le foto, oltre la metà erano nudi di bambine. Si pensa che l'autore abbia distrutto,
o restituito alle famiglie le fotografie di nudo. Tuttavia, almeno sei stampe son sopravvissute e
quattro di esse sono state pubblicate. La passione di Dodgson per le ragazze e le bambine (e in
particolare per Alice Liddell, la bambina che ispirò la storia di Alice), le foto che lo stesso scattò e
altri elementi della sua biografia hanno da lungo tempo portato alla nascita di teorie sulla sua
presunta pedofilia, sebbene pochi siano arrivati a suggerire che Dodgson abbia mai oltrepassato i
confini dell'amore platonico per le sue amiche. L'argomento è controverso. Il cosiddetto “mito di
Carroll” (come pedofilo) iniziò, secondo ricerche124, con alcune affermazioni che si trovavano nel
saggio “The Life of Lewis Carroll” di Langford Reed. Senza alludere in effetti alla pedofilia, egli
osservò che le amicizie di Carroll terminavano quando le bambine raggiungevano la pubertà.
Questa nota fu raccolta da altri biografi che ne trassero le ragionevoli conseguenze. Al tempo stesso
si aggiunse l'idea che Dodgson non avesse una reale vita adulta, e che si trovasse a suo agio solo in
un mondo mentale infantile. Quest'ultimo elemento venne in seguito dato quasi per scontato, e il
dibattito si concentrò sulla questione della morbosità o meno delle amicizie infantili dello
scrittore125. Secondo Cohen, Dodgson chiedeva sempre alle madri delle bambine di essere presenti
quando si accingeva a ritrarre le loro figlie, sebbene anche in questo caso possa esserci l'ipotesi di
una scelta dettata da un atto di autodisciplina. Quello che secondo Cohen è certo, è che Dodgson
ispirava fiducia alle famiglie. L'unico caso noto di attrito fra lui e i genitori delle bambine è quello
che avvenne nel 1879, ovvero una “improvvisa rottura dell'amicizia” di Dodgson con la famiglia
Mayhew dopo che questi gli ebbero rifiutato il permesso di fotografare nude le loro tre figlie
maggiori di 6, 11 e 13 anni. Recentemente, il dibattito si è arricchito di un contributo
completamente diverso, a difesa dello sventurato scrittore-fotografo: nel suo libro, Leach sostiene
124 Karoline Leach.
125 Morton Cohen, Lewis Carroll, a Biography, 1995: “Non possiamo sapere fino a che punto la preferenza di
Charles per i bambini nei disegni e nelle fotografie nasconda un desiderio sessuale. Lui stesso sostenne che tale
preferenza aveva motivi strettamente estetici. Ma dato il suo attaccamento emotivo ai bambini e il suo apprezzamento
estetico per le loro forme, l'affermazione che il suo interesse fosse strettamente estetico è ingenua. Probabilmente
sentiva più di quanto volesse ammettere, anche a se stesso. Certamente, cercò sempre di avere un altro adulto presente
quando soggetti prepubescenti posavano per lui.”
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che il sospetto di pedofilia nei confronti di Carroll sia conseguenza di una errata interpretazione
della morale vittoriana e dei rapporti dell'autore con gli adulti. Leach porta, tra l'altro, numerose
prove che Dodgson abbia avuto molte relazioni con donne adulte, sia sposate che nubili126. A
parere di chi scrive, la prova delle relazioni di Carrol non sono certo correlabili alla sua assoluta
estraneità alla pedofilia: sappiamo infatti che un pedofilo può avere famiglia e figli, e vivere una
vita parallela che, ad una prima analisi superficiale, può sembrare assolutamente normale, cercando
spesso dei ripieghi per svolgere le loro faccende senza problemi, come fare i baby-sitter, gli
insegnanti o gli animatori; quindi, fare il fotografo e per di più di bambine prepuberi nude, lascia
poco da interpretare. Se le accuse fossero vere, egli potrebbe essere considerato un “pedofilo
latente”, ovvero un soggetto con fantasie che non porta l'atto alla sua consumazione per
l'introiezione delle norme sociali, paura o altri fattori.
Esistono anche film di buona popolarità che trattano la pedofilia: i più noti a noi sono “Evilenko - Il
comunista che mangiava i bambini” (la storia del mostro di Rostov, che ha violentato, ucciso e
talvolta mangiato più di cinquanta bambini), “Happiness”, (che tratta le vicende professionali e
amorose di tre sorelle e dei loro genitori in procinto di divorziare, le quali si intrecciano con vari
altri personaggi, tra i quali un vicino ossessionato dal sesso, una vicina sessuofobica, un marito
pedofilo e un molestatore telefonico), “Mysterious Skin” (La storia di due adolescenze contrapposte:
Neil porta con sé un segreto che lo guiderà nelle scelte durante la crescita, fino a sospingerlo a New
York, dove la sua vita verrà messa a dura prova da una realtà durissima; Brian è alla ricerca della
verità su di un trauma subito, di cui non ricorda nulla e che lui vorrebbe affibbiare agli alieni. La
verità è molto più scomoda, e gli verrà rivelata proprio dall'ex amico Neil), “Riflessi sulla pelle”
(Un paesino di provincia degli anni '50 viene sconvolto da una banda di pedofili che uccide alcuni
bambini. Del primo omicidio viene ingiustamente accusato il padre del piccolo Seth, che si suicida.
L'evento riporta in paese il fratello maggiore di Seth, Cameron. Egli si innamora della vedova
Dolphin, che Seth crede una vampira), oppure “Una storia americana”. Questo film merita una
attenzione particolare: diretto da Andrew Jarecki, è un documentario premiato al Sundance Festival,
che narra la storia vera della famiglia Friedman (da cui il titolo originale “Capturing the
Friedmans”), un’agiata famiglia borghese di Long Island. Un giorno, nel novembre del 1987, la
polizia intercetta una rivista dal contenuto pedofilo indirizzata a Arnold. In breve, l’uomo è
accusato, assieme al figlio Jesse, di aver adescato molti bambini della zona, sottoponendoli a
violenze sessuali, accusa che si fonda esclusivamente sulle testimonianze dei ragazzi coinvolti. Il
clamore che nasce attorno al caso è enorme e i mass-media si buttano a capofitto su un piatto così
126 Karoline Leach, In the Shadow of the Dreamchild, 1999.
80
ghiotto. Nella prima parte il regista sembra quasi voler accusare i due, salvo poi tornare sui propri
passi e mostrare l’incongruità delle accuse e gli stratagemmi della polizia per incastrare padre e
figlio. Ricordiamo anche “La malà education” di Pedro Almodovar del 2004. Il film inizia a
Madrid nel 1980: Juan, che si finge suo fratello maggiore Ignacio, va da Enrique (un regista, già
compagno di collegio di Ignacio) per proporsi come attore. Enrique, in piena crisi, delude le
aspettative di Juan, che comunque gli lascia il suo ultimo manoscritto. Il racconto, parzialmente
autobiografico, narra la storia di due compagni di collegio negli anni sessanta. I due protagonisti, gli
stessi Ignacio ed Enrique, hanno condiviso i primi turbamenti adolescenziali e la scoperta della loro
omosessualità. Padre Manolo, il direttore del collegio, ha un interesse per Ignacio, che abusa, e per
questo fa allontanare Enrique dal collegio. Dopo diversi anni Ignacio, travestito da donna, torna da
Padre Manolo per vendicarsi del fatto che quest'ultimo, tanti anni prima, avesse allontanato il suo
Enrique dal collegio nonostante gli avesse promesso il contrario. Lo ricatta: se Padre Manolo non le
darà 1.000.000 di pesetas, farà pubblicare il racconto su quello che avveniva all'interno del collegio
rivelando quindi la sua colpevolezza. La storia si conclude con l'uccisione di Ignacio da parte di un
confratello di padre Manolo, avvisato e assoldato per ucciderlo ed evitare che lo scandalo venga alla
luce.
Infine, ricordiamo “Il fiore delle Mille e una Notte”, film di Pier Paolo Pasolini. E' al sesso in tutte
le sue manifestazioni che è affidato il compito di illustrare il riscatto dell'uomo sulla Storia. Per il
regista l'amore eterosessuale, omosessuale e anche pedofilo, nella sua nella purezza dei modi, nella
dolcezza dei corpi e del reciproco abbandono, e soprattutto nell'assenza in ogni atto di ogni forma di
potere e di mercificazione, permette di vedere l'uomo come padrone e signore della propria vita e
della Storia stessa.
Per concludere questa trattazione sulle opere che trattano di pedofilia, citeremo in questa sede due
tipologie di fumetti molto in voga tra i cultori del genere, ovvero i Lolicon (ロリコン) e gli
Shotacon (ショタコン) . I due nomi sono una abbreviazione di Lolita complex (ロリータ・コ
コン
ン
プレックス,letteralmente «complesso di Lolita») e Shōtarō complex (しょうたろうコンプレック
ス), e almeno il primo deriva dal libro di Vladimir Nabokov. In Giappone, il primo termine descrive
l'attrazione per le giovani ragazze, o l'individuo che prova tale attrazione; il secondo indica
l'attrazione, quasi sempre in senso sessuale oltre che affettivo, nei confronti di ragazzini prepuberi o
appena adolescenti. Al di fuori del Giappone, invece, il termine è meno comune e spesso viene
riferito a un genere di manga (fumetti giapponesi) e anime (cartoni animati) dove sono presenti
personaggi femminili dall'aspetto fanciullesco, soprattutto se dipinti in maniera erotica. Alcuni
critici hanno contestato che questo genere inciti alla pedofilia, mentre altri sostengono che ci siano
81
addirittura indizi che lasciano presupporre il contrario. Alcuni Paesi considerano le forme
sessualmente esplicite di Lolicon come pedopornografia, ad esempio Australia, Canada, Nuova
Zelanda, Norvegia, Sud Africa, Svezia. In Olanda le leggi che riguardano la pornografia, modificate
nel 2002, definiscono pedopornografia "immagini realistiche di minori in comportamenti
sessualmente espliciti", escludendo il Lolicon poiché non è considerato realistico. In Italia il Lolicon
non è considerato illegale poiché le leggi non possono perseguire dei disegni che, in quanto tali, non
coinvolgono persone reali. Tra i paesi in cui la legalità di questo genere di pubblicazione è oggetto
di discussione vi sono l'Inghilterra, gli U.S.A e anche lo stesso Giappone.
82
3. Studi e Teorie
In questo capitolo ci soffermeremo sugli studi e le teorie delle due più grandi scuole psicologiche
esistenti, la psicologia dinamica, con capostipite Freud, e quella analitica, promossa da Jung e
Hillman. Cercheremo inoltre di inserire tutti i maggiori contributi,in modo che che possano aiutare a
comprendere meglio come la psicologia e la psichiatria si siano mosse, e come viene ad oggi
considerata la pedofilia dai maggiori studiosi127.
3.1 Nascita della definizione di abuso sui minori: Kempe
Come già detto, il concetto di minore si è sviluppato molto tardi rispetto alla storia dell'uomo, e con
esso anche il concetto di abuso. Il primo a parlare di abuso fu il pediatra statunitense Hedmund
Kempe, che insieme a Silverman, nel 1962 coniò un nuovo termine: “Sindrome del bambino
battuto”. Con essa si specifica: “ L’insieme dei comportamenti di violenza familiare, sociale o
istituzionale che il fanciullo subisce”. Nel 1984, al V° Congresso Internazionale sull'infanzia
maltrattata e abbandonata, egli affermò: “E' definito abuso ogni atto omissivo o autoritario che
metta in pericolo o danneggi la salute e lo sviluppo emotivo del bambino, comprendendovi anche
la violenza fisica e le punizioni corporali irragionevolmente severe, gli atti sessuali, lo sfruttamento
in ambito lavorativo e la mancanza di rispetto dell'emotività del fanciullo”, e proprio riguardo agli
atti sessuali, il pediatra ci spiega come: “l'abuso sessuale è il coinvolgimento di bambini o
adolescenti in attività sessuali che essi non comprendono ancora completamente, alle quali non
sono in grado di acconsentire in piena consapevolezza o che sono tali da violare tabù di una
particolare società”.
Riportiamo inoltre dal sito del “Kempe Center for the Prevention and Treatment of Child Abuse and
Neglect”, nato nel 1972: “In 1962, Dr. C. Henry Kempe and his colleagues led the identification
and recognition of child abuse with their defining paper, The Battered Child Syndrome. This paper
was regarded as the single most significant event in creating awareness and exposing the reality of
abuse. It gave doctors a way to understand and do something about child abuse and neglect. Dr.
Kempe was a tenacious researcher and a relentless advocate, working tirelessly to change policy,
laws and perceptions to better protect children. For his efforts, he was nominated for a Nobel Prize.
He was our founder, and is always our inspiration. We are proud to carry on his important
work128”.
127 Ci siamo avvalsi, nella costruzione del capitolo, del sito www.psychomedia.it , dal quale riportiamo le varie teorie
elencate nel capitolo.
128“Nel 1962, il Dott. C. Kempe e i suoi colleghi diressero l'attenzione del mondo sull'identificazione e il
riconoscimento dell'abuso su minore con uno specifico articolo, “La sindrome del bambino battuto”. Questo articolo
83
Tutto ciò ci fa notare quanto il dottor Kempe esuli dalla dicotomia “abuso = violenza fisica”,
argomentando l'abuso come non solo violenza, ma anche deprivazione del proprio diritto di essere
bambini, cioè essere umani non ancora pronti a confrontarsi con determinate realtà, e come egli
presti attenzione al concetto della società di riferimento per trattare o meno di abuso.
Una delle definizioni più utilizzate perché ritenuta più appropriata, forse per la sua ampiezza e
genericità, è quella avanzata appunto da Kempe129. L'autore infatti afferma che si deve considerare
“abuso sessuale” sui minori: “Il coinvolgimento di bambini e adolescenti, soggetti quindi immaturi
e dipendenti, in attività sessuali che essi non comprendono ancora completamente, alle quali non
sono in grado di acconsentire con totale consapevolezza o che sono tali da violare tabù vigenti
nella società circa i ruoli familiari”. Il pediatra quindi elabora una nuova forma ideale del bambino,
lo considera una persona e riconosce che possa essere “maltrattato”. Anche in campo medico,
quindi, iniziano ad essere riconosciuti gli effetti di una perversità già studiata da un po' in ambito
psicologico. A partire da queste definizione, le principali modalità di attuazione dell’ “abuso ed
incuria verso l’infanzia” sono quattro, così come indicato da Kempe nel 1978 e Rezza nel 1983:
1) Abuso sessuale;
2) Violenza fisica;
3) Incuria fisica;
4) Maltrattamento ed incuria emozionale.
Montecchi invece considera forme di abuso le seguenti forme:
1) Abuso fisico;
2) Abuso psicologico;
3) Incuria (o trascuratezza);
4) Discuria;
5) Ipercuria (ad esempio, Sindrome di Munchausen)
6) Abuso sessuale.
fu giudicato come il solo, e il più significativo, per creare una nuova consapevolezza su questo fenomeno ed esporre
la realtà degli abusi. Esso dava una interpretazione di tipo medico utile per capire, e quindi fare qualcosa riguardo
all'abuso su minore e sull'incuria verso lo stesso. Il dr. Kempe era un tenace ricercatore ed un implacabile avvocato,
che ha lavorato senza mai stancarsi per cambiare il modo di pensare, le leggi e la percezione comune, con il solo
scopo di proteggere meglio i bambini. Per il suo sforzo, fu nominato per il Premio Nobel. Lui è stato il nostro
fondatore, ed è sempre una fonte d'ispirazione. Siamo orgogliosi di portare avanti questo importante lavoro.”
129R.S. Kempe, C.H. Kempe, Le violenze sul bambino, Sovera Multimedia, Roma (Tivoli), 1989, pag. 69.
84
3.2 Psicologia dinamica
La psicologia dinamica studia la psiche come un insieme dinamico, dove il concetto di conflitto
psichico è centrale e fondamentale. Esso si riferisce primariamente all'idea freudiana del costante
conflitto fra desiderio e difesa, vale a dire fra un movimento verso un oggetto, un obiettivo ed una
serie di “impedimenti” dettati dalla morale o da altre regole comportamentali apprese. Si è
largamente sviluppata grazie al contributo di Sigmund Freud, ed è tuttora un indirizzo riconosciuto.
Volendo dare qualche informazione clinica sul pedofilo, possiamo dire che secondo Freud il
pedofilo vede il pedofilo come un’immagine a specchio di sé stesso bambino: è come se il pedofilo
facesse una scelta oggettuale narcisistica, in quanto egli sceglie come oggetto qualcuno che riflette
sé stesso come le sue caratteristiche da bambino. Nei primi studi di psicologia, il pedofilo fu
considerato un impotente dal carattere debole. Si supponeva che il pedofilo non si sentisse
all’altezza di competere con altre persone del suo stesso sesso nel corteggiare un partner, e perciò
ripiegava le sue attenzioni e preferenze sui bambini, perché oppongono minori resistenze e, in caso
di rifiuto, provavano meno ansia da frustrazione e meno angoscia di castrazione. Il pedofilo ci tiene
ad essere stimato dai bambini perché questo sostiene la sua bassa autostima130.
La concezione psicoanalitica classica sostiene che l'atto pedofilo è legato a fissazioni e regressioni
rivolte a forme di sessualità infantile. Viene sottolineata l'importanza della teoria delle pulsioni, ma
anche al contempo gli aspetti relazionali nella genesi del comportamento deviante. La spiegazione
di tale comportamento trova base nell'arresto improvviso dello sviluppo psicosessuale,causato da un
trauma riguardo la propria sessualità, vissuta in ambienti restrittivi, oppure il rimasuglio di conflitti
sessuali raggiunti senza il contributo della fantasia a causa di un insuccesso o per una coscienza
distorta da una patologia (discorso questo che si riallaccia all'idea dell'impossibilità, in tal caso, di
riconoscere le conseguenze delle proprie azioni). Secondo Dettore e Fulgini: “In ogni caso,
l'approccio di Freud che considera la pedofilia come una perversione nel 1927 e nel 1938, ripreso
più recentemente da Kernberg (1992), si fonda sull'angoscia di castrazione, che ostacola il
perverso nel raggiungimento di una sessualità adulta e lo fa regredire ad una pulsione parziale
(anale, orale). La paura di affrontare una donna adulta lo fa ripiegare verso un soggetto meno
potente e quindi, meno ansiogeno, con il quale può evitare la penetrazione o, se l'affronta ciò
avviene da una posizione di forza”. Gli ultimi studi in merito sembrano chiarire ancora di più
questo significato. Destituita ormai l'idea che il pedofilo non si senta all'altezza (poiché è
indiscutibile che molti hanno normali relazioni sociali), si è posto l'accento sul tipo di pensiero che
può fare, e si inizia a credere che il pedofilo metta in atto una “coazione a ripetere”. In opere più
130 http://www.synergiacentrotrauma.it/modules/wfsection/article.php?articleid=73
85
recenti, si distingue tra comportamento o fantasia pedofila occasionale, ed il vero pervertito
pedofilo ossessivo, che deve avere un'attività sessuale con un bambino per non soffrire di ansia. Il
pedofilo occasionale è la tipologia più diffusa. La teoria si fonda però su osservazioni cliniche, e in
ogni caso spiega poco del perché viene scelta (come meccanismo di difesa) la pedofilia. Socarides,
ad esempio, afferma in tal senso che: “Il meccanismo più importante nella pedofilia omosessuale è
l'incorporazione del bambino maschio al fine di rinforzare il senso di mascolinità, sconfiggere
l'ansia della morte, rimanere giovani per sempre e poter ritornare al seno materno.” Si sono svolte
ricerche sul passato di alcune di queste persone, per vedere se la teoria poteva essere applicabile. Le
ricerche non sono molte, e si basano su questionari sottoposti ai pedofili dai ricercatori. Uno di
questi ricercatori131 disse che, dopo aver condotto una ricerca in carcere, si era reso conto che un
uomo aveva bisogno di almeno sei mesi di colloqui con lui per ammettere di aver subito molestie.
Per questo motivo si crede che il numero di esperienze traumatiche infantili riferite dai pedofili
potrebbe essere di molto inferiore alla realtà, come si è verificato nella ricerca, dove in un primo
tempo il 54% degli intervistati ha riferito di aver subito abusi sessuali nell’infanzia; solo poi, con
l’approfondimento dei colloqui, il numero era molto aumentato. Un’altra ricerca132 riferisce che il
70% dei pedofili omosessuali intervistati ha avuto nella propria infanzia esperienze sessuali, anche
se non sempre venivano riferiti come “abusi” ma come semplici esperienze sessuali con degli
adulti. Altre ricerche forniscono dati discordati, indicando una percentuale intorno al 30-40% dei
pedofili in carcere aggrediti da bambini. L’abusante può essere mosso da motivazioni ostili e
sadiche verso il minore che abusa: Stoller, ad esempio, sostiene che l’ostilità prende la forma di una
fantasia di vendetta che permette di convertire il trauma dell’infanzia nel trionfo dell’adulto133. La
pedofilia può avere origine nella rimozione di traumi sessuali infantili, ma anche solo della
sofferenza non necessariamente sessuale. Come ormai documentato da numerosi autori (fra tutti
Miller e De Zulueta), ogni comportamento distruttivo ha le sue radici in esperienze traumatiche
infantili, anche se è importante ricordare che il trauma non è necessariamente un fatto episodico, ma
può nascere da atteggiamenti sottili ed insidiosi, che agiscono sul soggetto per un certo periodo di
tempo134. In ambito psicopatologico si rilevano gli aspetti principali della personalità del soggetto,
che presenta generalmente tratti di immaturità psicosessuale, passività, infantilismo, oltre a
manifestazioni compensatorie di carenze affettive135.
131Wenet, 1987.
132 Wolfe, 1987.
133 http://www.synergiacentrotrauma.it/modules/wfsection/print.php?articleid=73
134 Ibidem.
135 Petruccelli, 2000.
86
E' una personalità polimorfa, nella quale si delineano principalmente:
 immaturità affettiva, distinta da impulsi sessuali definiti dall'urgenza e da un tipo di
affettività egocentrica e non adattiva;
 un processo identificatorio deficitario e insoddisfacente rispetto alla realtà;
 relazioni interpersonali instabili e inadeguate.
E' quindi una personalità compromessa nella sua evoluzione, in difficoltà nei rapporti e nella
comunicazione con le figure adulte. Non è da escludere, comunque, la strutturazione di un disturbo
della personalità caratterizzato da manifestazioni antisociali. Lo sdoppiamento della personalità
consente di presentarsi come persone riservate, ma assolutamente rispettabili e dalle condotte
irreprensibili. Alcune variabili sessuali e non convergono nel configurare l'eziologia dei
comportamenti pedofili: la pratica clinica riporta che la storia del pedofilo è spesso segnata da
sofferenze rimosse e negate, derivanti da violenze sessuali, maltrattamenti e circostanze traumatiche
di umiliazione, avvertite con forte odio. Il desiderio di vendetta trasforma poi la perversione in una
condotta che permette al pedofilo di rinnovare l'antico trauma infantile, assumendo però il ruolo del
persecutore136, portando ad una spirale infinita. Il passaggio all'atto sessuale con il minore sembra
tendere a compensare il vuoto creato dal bisogno frustrato di indipendenza personale.
Comunque, gli studi psicoanalitici che a noi premono di più sono quelli che interpretano la
relazione ricercata con il bambino come una gratificazione narcisistica. Il soggetto perverso avverte
la necessità di amare se stesso tramite il coinvolgimento di un bambino reale, secondo un
meccanismo di identificazione proiettiva. La relazione instaurata con il bambino è del tipo
oggettuale, svuotata di ogni umanità ed empatia, orientata allo sfruttamento interpersonale. Nel
narcisista appare compromesso il Super-Io, l'istanza psichica di natura morale, mentre presenta un
Sé patologico smisurato137. Quando il disturbo narcisistico di personalità si unisce con marcati
tratti asociali, possono rilevarsi comportamenti sadici di ritorsione e di predominio nei confronti
della piccola vittima. L'obiettivo primario quindi dell'intervento realizzabile per il trattamento del
pedofilo è la prevenzione delle ricadute e delle recidive. Il trattamento può variare da quello
medico-farmacologico, che può comprendere forme di castrazione chimica, a quello finalizzato alla
modificazione del comportamento attraverso terapie comportamentali, per approdare al trattamento
psicoterapeutico. E' però dimostrato che la castrazione chimica non sopprime i pensieri pedofili, ma
solo la possibilità di perpetrare l'atto; ergo, il pedofilo potrebbe agire servendosi di altri strumenti
che non siano il suo corpo per la penetrazione. Infine, gli interventi di tipo psico-farmacologico
136 Miller, 1999.
137 Kernberg, 1975.
87
richiedono costanza e durata nel tempo, cosa che non sempre avviene data l'irreperibilità dei
pedofili liberi e non consenzienti al trattamento.
3.3 Psicologia analitica
La psicologia junghiana ha una concezione diversa rispetto alla psicologia dinamica. Essa spiega
come la realtà sia una rappresentazione del cervello: è la realtà psichica che dà forma all'esterno,
creando un rapporto tra significato e densità emotiva (per fare un esempio, la bandiera della propria
nazione suscita in molti sentimenti di patriottismo, mentre lascia completamente indifferenti molti
altri). Secondo questa teoria, ciò che eccita il pedofilo è la sofferenza masochistica del
raggiungimento del suo scopo, e insieme il sadico stato di ricordo del proprio Sé infantile, la
coazione a ripetere di un Puer intrapsichico che è stato violato, rendendolo pervertito; in questo
modo però egli riesce solo ad avere una parvenza di completezza, un completamento incompleto,
palesando la sua mancanza. Un gap, un “salto” intrapsichico inconsapevole, che nega la sua
“castrazione” tramite la scissione: in questo modo, se da una parte il pedofilo è conscio delle
differenze sessuali, dall'altra la differenza viene negata e la parte mancante ritrovata in un
“feticcio”, come il bambino, che diviene quindi un oggetto, per il quale non c'è bisogno di provare
pietà. Alcuni di essi sono semplicemente “oggetti scenici”, altri vengono eletti a feticcio per
eccellenza, oggetto preferito ed esclusivo del pedofilo.
Riguardo la coazione a ripetere, gli psicologi junghiani ritengono che: “ […] se il trauma è
avvenuto in una fase immediatamente preedipica, la perversione si può mantenere anche solo a
livello di fantasia, ma se è avvenuta in uno stadio precoce di sviluppo troverà più possibilità di
attuazione138”.
In pratica, la mancanza del Padre, del Senex, crea angoscia e non permette all'eterno Puer di
sviluppare una corretta sessualità.
Un gruppo di analisti139 sostiene che per comprendere la pedofilia è essenziale considerare la sua
versione non patologica, in pratica la pedofilia cosiddetta “normale”. Essa è costituita
dall'interazione adulto-bambino, ma al contempo è mediata ed alterata dalle caratteristiche
dell'infanzia. Nella condotta pedofila potrebbe esserci una tendenza a conservare l' idealizzazione
della purezza e dell' innocenza infantile; ed una caratteristica che Gordon ha rilevato con il
trattamento psicoanalitico di alcuni pedofili è il gran senso di vulnerabilità che sembra opprimerli
138 http://www.aliudcrimen.it/nelregnodelragnoinfanticida3.htm
139 Gordon 1976
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per essere stati oggetto di una seduzione sessuale inconscia da parte di uno o di entrambi i genitori.
Per difendersi il bambino si sarebbe costruito una facciata, una maschera di protezione, riflessività e
maturità. Nelle situazioni che distruggono questa difesa, però, il bambino sperimenta un gran senso
di panico e crescendo, nel rivivere eventi simili, il pedofilo arriva a scambiare i ruoli, in modo
sadomasochistico, ripetendo così le paurose sensazioni dell'esperienza infantile. Una delle tante
difficoltà che s'incontrano nel considerare queste spiegazioni consiste nel fatto che esse non
spiegano il comportamento sessuale manifesto, che costituisce poi l'aspetto più drammatico della
pedofilia.
3.4 Altre correnti di pensiero
Alcuni psicoterapisti che trattano coloro che perpetrano abusi sessuali contro i bambini sembrano
aderire alla teoria che la pedofilia è causata dagli abusi che essi stessi hanno subito nell'infanzia140.
Questa teoria prende il nome di “Teoria dell'abusato-abusatore”141. I reati possono essere una
ripetizione ed un riflesso di una aggressione sessuale subita o un tentativo di creare una via d'uscita
per traumi sessuali precoci irrisolti: possiamo notare che alcune aggressioni ripetono gli aspetti
della vittimizzazione da loro subita, come l'età della vittima, i tipi di atti e via dicendo. Questa
teoria pone in risalto che statisticamente ci sia un certo numero di vittime di abuso sessuale tra i
pedofili, e in principio si fondava su due spiegazioni psicodinamiche: da un lato l'adulto replica il
suo vissuto da bambino con le stesse modalità di allora e ottiene il trionfo dove una volta era
perdente; dall'altro, l'atto è un “odio erotizzato”, una vendetta dove il passato di sofferenza si
trasforma in un presente di piacere e vittoria. Queste vittime agirebbero sessualmente ed
aggressivamente per diverse ragioni:
1. Ridurre gli effetti dolorosi e indesiderati, oltre che eliminare le sensazioni provate con l
trauma;
2. Superare il senso di impotenza e di un Sé negativo e sbagliato. Inoltre, cercare di ridurre la
perdita di fiducia negli altri ed il timore di essere costantemente in pericolo, che sono tutti
effetti legati alla “sindrome post-traumatica da stress” (PTSD) provata dalle vittime.
Groth afferma che la motivazione non è però di natura sessuale, ma è semplicemente l'espressione
di bisogni e aspetti esistenziali non ancora risolti: l'abuso diventa quindi un “atto pseudo-sessuale”,
al servizio di bisogni che però non sono non sessuali. Questo autore ha anche distinto i molestatori:
140 Groth, 1979.
141 Garland e Dougher, 1990.
89
i “regrediti”, cioè che hanno uno sviluppo normale per la loro età ma che, in talune circostanze,
possono regredire e rivolgersi ai bambini, e i “fissati”, cioè persone che hanno come interesse
primario i minori.
Numerosi dubbi però ostacolano la teoria: per prima cosa, la mancanza di campioni rappresentativi
data dalla grande varietà di tipologie di abusatori e degli ambienti ove agiscono, l'assenza di gruppi
di controllo, scarse statistiche, e per ultimo una mancanza di definizione chiara e condivisa di
“abuso”: non tutti i pedofili hanno lo stesso concetto di “abuso sessuale”.
Un'altra branca di studi sostiene che i “child molester” sono con molta probabilità cresciuti in
famiglie disastrate, disfunzionali e devianti. In uno studio svolto per tentare di cercare il grado di
identificazione genitoriale degli abusanti, risultò che i soggetti di studio avevano un grado di
identificazione molto basso verso i loro genitori,mentre al contrario, altri gruppi di controllo
(studenti del college e criminali in generale) presentavano un livello di identificazione normale.
Queste scoperte supportano l'idea che i pedofili siano differenti da altri soggetti nella percezione di
identificazione genitoriale142. La mancata identificazione può allora avere un ruolo fondamentale
nello sviluppo di un disordine psicosessuale143.
Esiste poi il cosiddetto “modello delle precondizioni”: oltre che avere presente l'idea che il pedofilo
non riesce a costruire e gestire relazioni con persone adulte e mature, bisogna considerare cosa lo
porti a commettere l'abuso. Molti dei dati presentati dl modello sono deboli od incompleti, ma
nonostante questo, la forza del modello nasce dalla sua capacità di mettere in luce la molteplicità
delle cause della pedofilia.
Il comportamento abusante si può spiegare in base alla compresenza di quattro fattori:
1. Primo fattore: perché l'abusatore ritiene i bambini sessualmente attraenti. L'abuso sessuale
soddisfa alcune esigenze:
1a. Sensazione di dominio dopo esser stato vittimizzato, oppure il fatto che è infantile. Il
bambino è fonte di gratificazione e, per questo, è presente una preferenza per partner
infantili;
1b. Condizionamento, o l'essere stato a sua volta vittima di abuso. Fonti alternative di
gratificazione sessuale sono inibite, e quindi l'abusatore non riesce a soddisfare le sue
esigenze con soggetti adulti;
1c.
Fobie, scarse abilità sociali e mancanza di autostima.
2. Secondo fattore: cosa permette all'abusante di superare le inibizioni e i divieti sociali che
142 Bandura e Walters, 1963.
143 Hartogs, 1951; Groth, 1979.
90
dovrebbero impedire l'abuso sui minori. Possono essere fattori interni al soggetto (ad es.
abuso di sostanze, percezioni distorte dei desideri del minore, senilità, psicosi), oppure
relativi all'ambiente culturale (tolleranza sociale per interessi sessuali verso i bambini, o
deboli sanzioni contro chi commette abusi su minori).
3. Terzo fattore: cosa riesce ad eliminare le inibizioni esterne contro l'abuso, come nel caso di
una madre assente, malata o vittima lei stessa di abuso da parte del partner.
4. Quarto fattore: che cosa permette all'abusatore di superare le resistenze della vittima.
Possono essere messe in atto varie strategie, come la coercizione, il fare regali, oppure avere
a che fare con un bambino emotivamente insicuro e depresso.
Finkelhor144 ha proposto una nuova teoria, secondo cui l'abusato prova l'esigenza di agire su altri
la vittimizzazione subita da piccolo solo se questa è stata accompagnata da intensa umiliazione.
Inoltre, lo stesso sottolinea come l'inibizione all'abuso sessuale altrui dovrebbe essere associata allo
sviluppo di un'adeguata coscienza sociale e della capacità di identificarsi con gli altri.
Un altro orientamento è costituito dalla psicodiagnostica psichiatrica. Essa ipotizza l'esistenza di:
- Una “pedofilia primaria” che porta un'integrazione dell'Io pedofilo ed una conseguente
stabilizzazione della sua personalità;
- Una “pedofilia secondaria”, conseguente ad altre patologie (come la schizofrenia, alcune psicosi
ed altre condizioni cliniche) in cui la personalità si disintegra, provocando i comportamenti
perversi.
Secondo Glasser145, la pedofilia fa parte di un gruppo di perversioni che condividono un nucleo di
aspetti:
1. Aggressività (che impone la sofferenza ed è finalizzata a neutralizzare le minacce alla
sopravvivenza psico-fisica dell'individuo);
2. Annientamento (le relazioni intime con gli altri vengono viste come pericolose o distruttive,
poiché in tali situazioni si sentono completamente sotto il controllo dell'altro).
Il focus della relazione pedofilo-altri è sé stesso. L'autore sottolinea che gli standard normativi
della società non diventano parte integrante della personalità del pedofilo, poiché egli ha una forte
repulsione per i genitori e le altre figure autoritarie che lo hanno maltrattato durante l'infanzia, e ciò
spiega come possa commettere atti che la sua società condanna. Ciò che viene perseguito è proprio
la protesta contro di loro e i loro modelli normativi. E' presente una lotta tra i bisogni interiori e le
144 Finkelhor, 1986.
145 Glasser, 1989.
91
pressioni della società, che porta all' auto-inganno del pedofilo.
Dopo aver parlato della psicopatologia, un cenno deve esser fatto anche per il modello
“neuropsicologico e biologico”. Scott e altri146, durante una ricerca, hanno confrontato le
valutazioni neurologiche di un gruppo di pedofili con quelle di un gruppo di violentatori, tutti
detenuti in un manicomio giudiziario del Nebraska. I risultati sono: nel gruppo dei pedofili, il 36%
dei soggetti rivelava caratteristiche corrispondenti ad una disfunzione cerebrale, il 29%
caratteristiche di tipo borderline ed il 35% caratteristiche neuropsicologiche nella norma. Gli autori
hanno concluso in questo caso che, per una parte consistente di pedofili una disfunzione cerebrale
potrebbe essere il fattore scatenante. Una critica a questo modello deriva dal fatto che i soggetti del
campione erano stati inviati al manicomio giudiziario per una valutazione psichiatrica: essi
potrebbero quindi esser stati selezionati, e conseguentemente contenere una percentuale di soggetti
disturbati più alta. Un approccio simile ha cercato di misurare l'attività cerebrale utilizzando
l'elettroencefalogramma (EEG). Flor-Henry e altri147 hanno confrontato un gruppo di pedofili con
un gruppo normale ed hanno rilevato una differenza (nei pedofili) per quanto riguarda la potenza e
la coerenza del tracciato. I ricercatori affermano che la perversione risulta da idee devianti, che
nascono dai cambiamenti nelle funzioni dell'emisfero cerebrale dominante. Una patologia
dell'emisfero dominante favorirebbe allora idee sessuali perverse, e sarebbe coinvolta nelle
difficoltà di comunicazione tra le due metà. Ovviamente ci sono alcune difficoltà anche nel
sostenere tale teoria: per prima cosa, questa non ha conferme dirette; inoltre non spiega come mai
solo i pensieri riferiti al sesso diventano devianti nei pedofili, mentre gli altri processi di pensiero
restano normali. Wright e collaboratori148 hanno esaminato forma e peso del cervello di una serie
di criminali sessuali, rilevando che l'emisfero sinistro dei criminali tende ad essere più piccolo di
quello dei soggetti normali. I pedofili in particolare differiscono dai soggetti normali e dai
violentatori per la caratteristica di avere l'emisfero sinistro più piccolo rispetto a quello destro. I
ricercatori hanno concluso che, probabilmente, anomalie cerebrali strutturali sono più comuni e
diffuse tra i criminali sessuali. Non ci sono ricerche che colleghino la pedofilia a disfunzioni
ormonali, una delle spiegazioni che gli studiosi hanno dato di quest'affermazione è che gli ormoni
sessuali dei pedofili sono in qualche maniera peculiari: troppo numerosi o troppo scarsi, sempre o in
alcuni momenti particolari del giorno. Altri scienziati149 hanno condotto una revisione delle
ricerche sui profili ormonali di soggetti pedofili ed incestuosi, e sono giunti alla conclusione che
una porzione compresa tra il 5 ed il 15% degli uomini con comportamenti sessuali anomali, sembra
146 Scott et al. 1984.
147 Flor-Henry et al., 1991.
148 Wright et al., 1990.
149 Lang, Flor-Henry e Frenzel, 1990.
92
avere una anomalia ormonale. Essi hanno inoltre esaminato un gruppo di soggetti pedofili, testando
la concentrazione ormonale nel sangue: i risultati indicano che tra il 9 ed il 20% dei soggetti
presenta un livello clinicamente anormale di prolattina, cortisolo ed androsterone. Bisogna
comunque fare attenzione con questi risultati, dal momento che i livelli ormonali alterati potrebbero
essere dovuti anche ad altri eventi stressanti subiti dai soggetti (arresto, reclusione, riprovazione
morale).
Ora presentiamo il modello “cognitivo”. Esso sostiene che i pedofili cerchino qualsiasi mezzo per
giustificare le loro azioni, ed utilizzino per esempio la pornografia come fonte di rassicurazione: i
pedofili vedono altri adulti fare ciò che loro stessi fanno o vorrebbero fare, e questo crea un'aurea di
“normalità” intorno all'abuso che allenta le loro inibizioni, e costituisce il primo passo verso il
peggioramento dei comportamenti. In tale ottica viene rifiutata decisamente l'idea che la
pornografia serva come “valvola di sfogo”. La pedofilia viene considerata dai cognitivisti alla
stregua di un comportamento additivo,e perciò non può essere contenuta e combattuta offrendogli
materiale che invece la alimenta. Tra le caratteristiche dello stile cognitivo dei pedofili vi è la
minimizzazione dell'abuso: infatti, nei loro racconti, l'abuso viene definito come qualcosa di
consensuale ed in un certo senso desiderato dal bambino stesso. I pedofili spesso si difendono,
adducendo come scusa la disoccupazione o un fallimento familiare. Queste non sono altro che
razionalizzazioni difensive, che fungono da fragili giustificazioni. Wyre sottolinea infatti che:
“When the paedophiles are sincere (if ever), they admit that they are sexually attracted to children
and their masturbatory fantasies are those typically obsessive; It are fantasies of pedophiles who
had and continue to have sex with children.150”. Le giustificazioni fornite da questi soggetti
arrivano talvolta ad accusare il bambino, descrivendo l'accaduto come un incidente di cui il
bambino o la bambina sono stati la causa. In questo senso, i pedofili, ritenuti da Wyre “men with an
higer intelligence than normal”, cioè uomini di intelligenza superiore alla norma, sono molto abili
nel manipolare chi sta loro intorno e coinvolgere anche gli eventuali psicologi ed assistenti sociali
in questo pericoloso circolo di etero-attribuzione dell'abuso. La tendenza di molti operatori a
considerare il pedofilo primariamente ed essenzialmente come parte di un sistema relazionale
rinforza involontariamente questo circolo, e permette al pedofilo stesso di avere buon gioco nel
gettare su un sistema familiare o sociale disfunzionale la colpa del suo comportamento. Alcuni
autori151 hanno ipotizzato la presenza di distorsioni cognitive, anche se questa ipotesi è abbastanza
controversa dal momento che non tutti definiscono tali distorsioni allo stesso modo: alcuni, infatti,
150 “Quando i pedofili sono sinceri - se mai lo sono - essi ammettono che sono sessualmente attratti dai bambini e che
le loro fantasie masturbatorie sono quelle tipicamente ossessive di pedofili che hanno avuto e che continuano ad
avere rapporti sessuali con bambini”, Wyre in Tate, 1990.
151 Phiters, 1989; Marshall, 1997.
93
includono nel concetto la negazione e la minimizzazione degli effetti dell'abuso, altri si limitano
invece alla percezione distorta degli atti del bambino, ed altri ancora vi inseriscono atteggiamenti
più generali ancora verso la sessualità. Anche in questo caso, però, la presenza di distorsioni
cognitive non può essere considerata fattore eziologico specifico, in quanto gli abusatori distorcono
le percezioni a loro vantaggio, e solo secondariamente riferiscono il loro desiderio deviante: questo
è il precursore indicativo, non la percezione distorta. Quindi, le interpretazioni distorte del
comportamento dei bambini possono portare a convinzioni non appropriate, mentre è più difficile
che siano le convinzioni a produrre le percezioni stesse.
Un altro modello meritevole di attenzione è il “sexual learning”, teorizzato da Howells152: esso
spiega che nel momento in cui i bambini sono coinvolti frequentemente in forme di attività sessuale
con i loro coetanei, l'associazione tra eccitamento e caratteristiche corporee ancora immature degli
altri bambini condiziona una risposta sessuale a lungo termine (quando diventano adulti) nei
confronti dei corpi immaturi. Decisivo in questo processo è la potenza dell'impulso sessuale
adolescenziale, che potrebbe facilitare tale distorto processo d'apprendimento. Se questa teoria
spiega facilmente come cominci l'attrazione sessuale per i bambini, non spiega perché la maggior
parte degli individui passi l'adolescenza con esperienze sessuali normali. L'autore suggerisce che la
repulsione da parte dei coetanei e l'ostilità genitoriale potrebbero agire come rinforzi negativi e
produrre così un'avversione per il rapporto sessuale adulto-bambino, favorendo così lo sviluppo di
una sessualità adulta; viceversa, se l'adolescente si sentirà ansioso sulla possibilità di avere contatti
con un individuo sessualmente maturo, ancor più cercherà il contatto con i bambini. Problemi
relazionali con gli adulti potrebbero svilupparsi per la difficoltà incontrata di crescere uscendo dalla
spirale della pedofilia. Come la maggior parte delle teorie fin qui considerate, anche questa lascia
irrisolte alcune importanti questioni, quali, ad esempio, come il pedofilo giunga a compiere il suo
primo abuso.
152 Howells, 1981.
94
4. False memorie, tecniche di recupero e prevenzione
Nei bambini abusati sessualmente, i disturbi sono reattivi e aspecifici, ed essendo l'abuso un evento
fortemente traumatico e stressante, possono riguardare vaste aree della personalità,. In tali soggetti
sono frequenti sintomi post-traumatici da stress, seppure la risposta allo stress è estremamente
variabile da soggetto a soggetto ed è in funzione delle specifiche risorse personali possedute.
Possono presentarsi nei soggetti anche quadri psicopatologici più complessi, quali le patologie
psicosomatiche, del comportamento alimentare, della vita relazionale, del comportamento sessuale
e dello sviluppo affettivo, dell'immagine del Sé e del senso dell'autostima e, infine, gravi disturbi
della personalità (borderline, stati depressivi o del tipo antisociale, ecc.). Le conseguenze dell'abuso
possono effettivamente assumere rilevanza psicologica, essere relative allo stile di vita e dei
rapporti interpersonali e sociali.
Complessivamente gli indicatori principali dell'abuso si rilevano in vaste aree, e possono essere
divisi in certi (deflorazione, presenza di malattie veneree, comportamenti sessuali di tipo adulto,
sanguinamenti, gonfiore ed escoriazione delle zone genitali e peri-anali ecc.), o probabili (lividi ed
ecchimosi, conoscenza vaga di comportamenti sessuali, sfiducia verso l'adulto, disturbi alimentari o
problemi a scuola, eccessiva timidezza ecc.)
Dal punto di vista emozionale, la vittima di abuso sessuale può mostrare paura (dell'abusante o
anche di adulti diversi) e resistenza agli accertamenti medici; rabbia (verso l'abusante; verso gli
adulti vissuti come non protettivi e verso sé stesso per sentirsi co-responsabile); isolamento
(solitudine e impotenza); tristezza (avverte che qualcosa gli è stato portato via e che ha perso parte
di sé, di essere cresciuto troppo velocemente e di essere stato tradito); colpa (per non essere riuscito
a fermare l'abuso o per essere stato, nella sua visione manipolata,consenziente; per aver parlato o
aver taciuto sul fatto); vergogna (per essere stato coinvolto nell'esperienza e aver risposto con
l'eccitamento); confusione (perché i sentimenti sono ambivalenti). Ovviamente, è solo la presenza
di più segnali, la loro frequenza e la loro durata a procurare maggiore certezza e conferme circa
l'estensione del disagio provato dal soggetto abusato e l'urgenza di un intervento153.
Esiste però anche un'altra faccia della medaglia, quella delle false memorie. Esse sono dei ricordi
instillati nella mente del bambino, che potrebbe essere deviata a ricordare fatti in realtà mai
avvenuti. Di seguito riportiamo inoltre le attuali strategie di trattamento degli abusati e alcuni
aspetti di prevenzione.
153Di Blasio, 2000.
95
4.1 False memorie
Le false memorie sono dei ricordi di eventi che non sono mai accaduti nella realtà, o che si
discostano molto da essa. Come spiega magistralmente Giuliana Mazzoni nel suo testo, “Si può
credere ad un testimone?”154, esistono diversi tipi di ricordi: la testimonianza ideale, la
testimonianza perfetta ,la menzogna consapevole e intenzionale e infine la menzogna in buonafede
(quella più interessante per il nostro caso). Come si evince dalle nomenclature, la prima riguarda un
tipo di ricordo molto dettagliato e corrispondente al vero, ma è un'utopia riuscire a trovare un
ricordo simile; la seconda indica una testimonianza che non viene riportata, in quanto non viene
ricordata; la menzogna consapevole e intenzionale si ravvisa quando il soggetto mente oppure
omette ricordi con l'intenzione di sviare o non ricostruire la verità; invece la menzogna in buona
fede è il caso più particolare ed ostico, in quanto il soggetto racconta di ricordi, vissuti o esperienze
che crede di aver vissuto, in buona fede e senza malizia.
Questo caso è quello che più interessa ai fini della nostra trattazione, poiché raccontare dei fatti veri
per il soggetto, che però non corrispondono a realtà, possono inficiare le testimonianze ad un
processo, o come nel nostro caso, creare un danno alla persona sospettata di pedofilia.
La falsa memoria può essere generata e modificata da molti fattori: il tempo intercorrente tra
l'episodio e la testimonianza, conoscere la differenza tra verità e menzogna, eccetera.
Di queste ed altre tipologie si occupa il centro di documentazione “Falsi Abusi”155, che raccoglie
casi ove si ravvisa una forte componente di falsità del fatto.
Un bambino può essere indotto a credere che alcuni abbiano avuto degli interessi particolari verso
di lui attraverso i racconti, la manipolazione psicologica o le domande suggestive. I racconti
possono riguardare la vita del bambino e il suo vissuto, mescolati ad elementi che il bambino non
ricordare (perché mai accaduti) e inculcati in maniera tale da indurlo, in assoluta buona fede, a
credere di essere vittima di un abuso. Le ragioni per cui può essere compiuto questo atto sono le più
disparate: madri intente a vendicarsi sul marito, gelosie, rancori...
La manipolazione psicologica è simile ai racconti inventati, ma usa una strategia più sottile: si
inculca nel bambino un'immagine totalmente distorta del soggetto “scelto”, e lo si manipola in
maniera tale da portarlo non solo a testimoniare in buona fede, ma anche ad inventare e caricare le
sue bugie, col solo scopo di far soffrire e vedere sconfitto il personaggio.
Le domande suggestive sono, infine, una delle insidie che si incontrano con maggior frequenza:
l'esaminatore porta il bambino a rispondere ciò che ci si aspetta da lui, inficiando il valore
154 Si può credere ad un testimone? La testimonianza e le trappole della memoria, Il Mulino contemporanea, 2010,
pag.16.
155 http://www.falsiabusi.it/
96
probatorio della testimonianza.
4.2 Espedienti pedofili
Ciò che segue è un breve elenco, tratto sempre dal sito dell'Associazione Prometeo, realizzato da
alcuni studiosi del settore, per comprendere meglio con quali espedienti i pedofili attirino a sé le
loro piccole vittime.
Tra le locuzioni più usate, ritroviamo:
1- “Ti faccio un regalo”: Al bimbo viene offerto qualcosa che egli desidera, come dolci o giochi. A
volte il predatore porta via al bambino oggetti a lui cari, ricattandolo per mantenere segreto l'abuso
o per piegarlo alla sua volontà.
2-” Sei un bambino molto cattivo”: Il molestatore accusa il bambino di aver sbagliato, e promette al
bambino che se scenderà a patti con lui, egli non “farà la spia” ai genitori.
3- “Voglio farti vedere un cucciolo”: I bambini vengono tratti in inganno, e portati in un luogo
isolato.
4- “Voglio farti vedere delle foto”: Con la scusa di essere agenti della televisione, invitano i bambini
o i pre-adolescenti a posare nudi o a fare filmini, con la promessa di diventare famosi o partecipare
alle loro trasmissioni preferite.
5- “Aprimi la porta, devo darti una cosa”: Quando il bambino è in casa da solo (e il molestatore lo
sa bene, essendosi appostato più giorni davanti alla sua casa), cerca di farsi aprire la porta con le
scuse più disparate (questa modalità ricorda un po' la favola dei “Tre Porcellini).
6- “Nessuno ti crederà”: Il molestatore anticipa il bambino, il quale finisce per credere che nessuno
lo aiuterebbe e che, anzi , i genitori lo punirebbero.
7- “Puoi aiutarmi, per favore?”: Questo metodo è il prediletto dagli sconosciuti, che fingono di aver
bisogno di aiuto. I bambini, nella loro ingenuità, non percepiscono il pericolo e aiutano chiunque lo
chieda, perché in questo modo si sentono validi.
8- “Perché non vieni a casa mia a giocare con me?”: Spesso dietro questa richiesta c'è l'intenzione di
svolgere attività non lecite.
97
4.3 Tecniche di approccio ad un bambino abusato
Prima di discutere delle tecniche di approccio ad un bambino vittima di pedofilia, dobbiamo
distinguere un fenomeno che investe una certa tipologia di bambini: alcuni provano un trauma
maggiore ad essere allontanati dal pedofilo che non a subire la relazione stessa. Il trauma è dovuto
alle forti reazioni emotiva genitoriali piuttosto che all'esperienza sessuale precoce, ed è spiegabile
con la pronta capacità del pedofilo di instaurare un rapporto duraturo e senza violenza con il
piccolo; inoltre, il minore ha una limitata capacità di di comprendere se l'atto che il pedofilo compie
è giusto o sbagliato, ed essendo il mondo infantile portato alla fiducia, ecco che quest'ultima è il
perno su cui ruota la relazione. Il soggetto trova un bambino solo, vulnerabile, ne conquista la
fiducia e poi mette in atto le sue azioni. A questo punto entra in gioco il silenzio, altro tema
centrale: il silenzio crea un'unione tra i due, nella quale il pedofilo si sente sicuro e protetto, e il
bambino altrettanto, anche se prova comunque confusione e smarrimento. Spesso, il bambino
sviluppa un'ipersensibilità al sesso, che a volte non riesce a gestire da adulto, portandolo a
problemi di natura sessuale. Uno studio156 ha svelato l'esistenza di fattori protettivi che possono
sostenere le persone vittime di un trauma:
○ Età;
○Temperamento;
○Abilità cognitive;
○Livello di autostima;
○Tendenza a proiettare al di fuori di sé la colpa;
○Supporto familiare;
○ Supporto extra-familiare.
Riuscire quindi ad instaurare una relazione di carattere terapeutico con un bambino abusato è
complicato, per una serie di motivi: oltre a quelli citati, si deve cercare di non ferire o disturbare
ancora di più la sua psiche turbata, si devono usare terminologie appropriate all'età e alla maturità
del bambino, oltre a non cadere nell'errore di “indurre” false memorie, che creano disordini e bias,
portando inevitabilmente la verità lontana dall'essere raggiunta.
156 Heller et al., 1999. in Oliviero Ferraris A., Graziosi B., 2004, pp. 148-149.
98
4.3.1 Step-wise interview
Questa tecnica venne elaborata da Yuille e collaboratori157 per cercare di creare uno strumento
attendibile e condiviso dalla comunità scientifica. E' una intervista che cerca di minimizzare il
trauma del minore e le contaminazioni, e tende invece ad esaltare e amplificare le informazioni
ottenute dal bambino. Questa prevede che l'intervista venga condotta in un luogo tranquillo, senza
oggetti o persone distraenti; deve essere svolta dall'intervistatore che, singolo, parla col piccolo.
Ovviamente, ogni qualvolta si applicano queste tecniche occorre che la stanza sia sorvegliata
telematicamente, e che vengano registrati audio e video. L'intervista inizia con discorsi vaghi e
neutri, con i quali creare un minimo di empatia. Mano a mano, l'intervistatore va più a fondo e tocca
l'argomento critico. Come suggerisce il nome, il tutto è regolato da “step”, passi ben precisi, che
sono, secondo le nuove linee-guida158:
1. Costruzione del rapporto;
2.
Regole dell'intervista;
3.
Chiarire la necessità di dire la verità (facoltativo);
4.
Introdurre l'argomento di interesse;
5.
Fase di raccolta delle informazioni (narrazione libera, domande aperte, domande specifiche)
6.
Chiusura
Inoltre, per rendere più agevole il lavoro, si possono utilizzare alcuni ausili, come i disegni o le
bambole anatomicamente corrette.
4.3.2 Intervista cognitiva, strutturata e Statement Validy Analysis
Questa tipologia di intervista è stata elaborata da Geiselman e Fisher159, e si basa su due assiomi: il
primo di questi riguarda la struttura del ricordo, facendo presente che il ricordo è composto da
diverse caratteristiche, e il livello di rievocazione dello stesso dipende quindi dal grado in cui
l'intervista riesce a scendere in profondità; il secondo principio ricorda che esistono diverse maniere
e gradi per raggiungere un ricordo; le informazioni che non sono recuperabili con la rievocazione
possono essere ricostruite con altre tecniche.
L'intervista cognitiva consta di più fasi: quella introduttiva, quella del racconto libero del bambino,
la fase delle domande (aperte, chiuse, ecc.), ed infine la fase di chiusura. E' consigliabile scindere le
157 Raskin e Yuille 1989; Yuille et al.,1993;Yuille, 1998.
158 Yuille, J., C., Cooper, B., S., Hervé, H., F., (2009) La nuova generazione delle Linee guida Step Wise per l'intervista
dei minori, in Pedoparafilie: prospettive psicologiche, forensi, psichiatriche, Milano: Franco Angeli
159 Geiselman e Fisher, 1993.
99
fasi e utilizzarne alcune a discapito di altre nel caso di presunti abusi, o bambini che ancora non
hanno rivelato l'abuso, per non influenzarli.
Quella strutturata è stata invece elaborata per ottenere dettagli maggiori e maggiormente accurati.
Essa consta di maggiori fasi rispetto a quella cognitiva, che sono:
1- Presentazione e personalizzazione dell'intervista;
2- Costruzione di un rapporto con il soggetto;
3- Spiegazione dello scopo dell'intervista e del suo svolgimento;
4- Fase del racconto libero del fanciullo;
5- Fase delle domande dell'intervistatore;
6- Fase finale di chiarimenti e domande;
7- Chiusura dell'intervista.
Tra l'intervista strutturata e quella cognitiva, alcuni studi160 hanno dimostrato la maggiore
incidenza ed efficacia della prima.
La Statement Validity Analysis venne proposta agli inizi degli anni '50 da Undeutsch. All'inizio si
chiamava Statement Reality Analysis, ed era finalizzata a valutare la credibilità della dichiarazione
rilasciata dalla vittima; alla fine degli anni '80 sono state apportate alcune modifiche sostanziali161,
e da allora è conosciuta come Statement Validity Analysis.
Questa tecnica consta di tre parti: la procedura d'intervista, quella di analisi delle informazioni e la
lista di controllo e validità, ed è utile a raccogliere informazioni senza influenzare l'intervistato. Il
materiale raccolto viene sottoposto ad un controllo attraverso il metodo della CBCA ( CriteriaBased Content Analysis), che distingue questa tecnica dalle altre. E' costituita da 19 elementi:
- Caratteristiche generali
1. Struttura logica
2. Produzione non strutturata
3. Quantità di dettagli
- Contenuti specifici
4. Ancoraggio contestuale
5. Descrizione di interazioni
160 Pool e Lamb, 1988; Cavedon e Campagnola, 1999.
161 Yuille, Steller, Koehnken, Raskin, 1988.
100
6. Riproduzione di conversazioni
7. Complicazioni impreviste intervenute nel corso dell'evento
-Peculiarità del contenuto
8. Particolari insoliti
9. Dettagli superflui
10. Riferimento accurato di dettagli fraintesi
11. Associazioni esterne correlate
12. Indicazione di stati d'animo (pensieri e sentimenti) soggettivi
13. Attribuzione di stati d'animo (pensieri e sentimenti) all'aggressore
- Contenuti legati alla motivazione
14. Correzioni spontanee
15. Ammissione di vuoti di memoria
16. Dubbi sulla propria testimonianza
17. Disapprovazione del proprio comportamento
18. Disponibilità a perdonare il responsabile
-Elementi specifici del reato
19. Dettagli caratteristici del reato
E' quindi l'analisi delle dichiarazioni dell'abusato, filtrate grazie a questa griglia, che permette di
avere un quadro quantomeno scevro da illazioni gratuite e “false memorie”, che possono inficiare
tutto il processo penale e il recupero della vittima stesso.
4.3.3 Disegni
Questi vengono utilizzati con diverse metodiche, ma comunque la finalità ultima del disegno è di
tipo diagnostico-teraputico. Durante il disegno, l'intervistatore può chiedere delucidazioni e farsi
narrare dal bambino cosa sta effettivamente rappresentando. Esistono delle evidenze circa il fatto
che nei disegni di soggetti abusati compaiano dei particolari precisi, come genitali, atti sessuali,
figure o parole sessualizzate, ecc. Il disegno ha finalità diagnostiche e terapeutiche: ad esempio, nel
caso in cui si sospetti che il bambino subisca violenza da un parente, si può chiedere di disegnare
tutti i familiari impegnati in diverse attività. Si noteranno delle difformità rispetto ai disegni creati
da bambini della sua età, come ad esempio:
101
-Regressione del tratto e dello stile di disegno a due-tre anni prima;
-Un passaggio da figure ben organizzate, a figure disorganizzate;
- Un cambiamento di rappresentazione delle trasparenze, o rappresentazione non realistica della
casa o delle persone;
- Autoritratto del bambino che evidenzia un'immagine del Sé e del corpo deformata o impoverita.
I disegni, da soli, non costituiscono certo delle “prove”, ma devono essere suffragati da altri
elementi desumibili dai colloqui, dalle interviste o dai giochi. Per questo, delle volte, vengono usati
nelle fasi iniziali delle interviste.
4.3.4 Esami medici e bambole anatomicamente corrette
Gli esami medici sono sempre un passo traumatico per il bambino, che subisce tecniche di
esplorazione più o meno invasive volte a scoprire gli abusi e le conseguenze di esso sulla salute
fisica del bambino. Si cercano i cosiddetti “indicatori certi dell'abuso sessuale”, chiari e
inequivocabili segni, come ad esempio: deflorazione, malattie sessuali, infezioni tipiche alle vie
urinarie o genitali, ano dilatato, ecc. Le bambole anatomicamente corrette sono invece oggetti usati
in particolare nel mondo anglosassone come stimolo o aiuto durante l'intervista. Le prime,
fabbricate nel 1978, erano bambole abbastanza “pudiche”, senza molti dei dettagli anatomici
presenti oggi, e che aiutano a indicare meglio le zone interessate dall'abuso. Alcuni studi162 però
tendono a sminuire l'importanza di questi ausili, poiché i bambini tendono ad esplorare e
manipolare gli oggetti, e quindi non ci sono significative differenze tra l'utilizzo che ne fanno i
bimbi abusati e quelli non abusati.
4.3.5 Test proiettivi e semi-proiettivi
Questi test sono mirati all'esplorazione della personalità e della mente del bambino per ottenere
informazioni da integrare con gli altri contenuti delle indagini. Un esempio di questi test può essere
il Rosharch (quello delle macchie d'inchiostro) per valutare l'Io del bambino, la sua struttura
cognitiva e il suo sviluppo affettivo. Altri test famosi sono il Black Picture Test, le Favole della
Duss (piccole storie nelle quali un protagonista si trova in una situazione determinata che
rappresenta uno stadio di evoluzione dell'inconscio, quella situazione si può concludere in vari
modi. La Duss per ogni favola indica un elenco di risposte normali e di risposte patologiche),
162 Ceci e Bruck, 1995.
102
eccetera.
Questi test possono mettere in risalto anche la presenza di eventuali disturbi psicopatologici del
minore.
4.3.6 Terapie cognitivo- comportamentali, familiari e di gruppo
Le terapie di questo intervento mirano a far riaffiorare le esperienze vissute, le emozioni e i
pensieri: infatti, non bisogna nascondere e dimenticare, ma imparare a dominare i sentimenti
correlati a quel ricordo, prenderne il controllo e evitare di farsi dominare. Il circle-group e i giochi
di ruolo possono aiutare in queste fasi.
Se è ben condotta, la terapia di gruppo crea uno spazio dove la persona può ritrovare le sue
esperienze e quindi “depolarizzare”il fatto, cioè creare una distanza dall'evento utile e terapeutica.
La terapia familiare mira invece ad osservare le relazioni nella famiglia, discutere e dare un giudizio
di recuperabilità, e metterla in pratica, come abbiamo spiegato nel capitolo sull'incesto. Se però si
riscontra l'irrecuperabilità dei soggetti, gli interventi sono finalizzati ad un cambio drastico della
vita degli abusati, tramite strumenti giuridici quali l'affidamento e l'adozione; ciò deve avvenire in
maniera controllata e non traumatica.
4.4 Il recupero dei soggetti devianti
Uno dei maggiori problemi resta il trattamento dell'abusante, del pedofilo. Partiamo dalla premessa
che nessuna terapia, se presa singolarmente, può essere considerata risolutiva ed efficace. Esistono
approcci fatti “su misura”, e indicativi per ogni tipologia di abusante. In genere, il trattamento
ormonale può essere associato ad una terapia individuale (che però porta a risultati modesti, con
tempistiche molto lunghe) o di gruppo, più efficace.
E' del 12 Settembre 2012 una interessante inchiesta163 di “L'Espresso”, nella quale Walter
D'Amario e Simone Weihs descrivono un progetto sperimentale, creato a Milano, per tentare un
recupero dei pedofili. L'aspetto interessante dell'articolo è il plauso dei genitori : “Qualsiasi cosa
tuteli i bambini da nuovi abusi va bene”. Di seguito, riportiamo l'articolo, nelle sue parti più
importanti:
163 http://espresso.repubblica.it/dettaglio/siamo-orchi-aiutateci-a-smettere/2190907
103
'Siamo orchi, aiutateci a smettere'
“[...] Assistiamo ad una seduta del "Progetto di trattamento e presa in carico di autori di reati
sessuali", una sperimentazione avviata quattro anni fa dal Centro Italiano per la Promozione della
Mediazione di Milano (CIPM) e il carcere di Bollate, nella quale i "sex offender", così chiamati nel
gergo degli psicologi, svolgono parte del loro trattamento terapeutico.
"Non sono un mostro", ci dice Pino, uno dei pedofili con i quali abbiamo modo di parlare. Uscito
dal carcere e in attesa del giudizio ha deciso di intraprendere questo percorso. "Sapevo che sarei
stato scoperto prima o poi, tutte le mattine aspettavo i carabinieri, ma non riuscivo a fermarmi,
l'impulso e la voglia aumentano ogni volta sempre di più, è irrefrenabile, anche se ci sono degli
attimi di lucidità con il passar del tempo svaniscono del tutto [...] Senza questo trattamento, non
sarei mai riuscito a controllarmi e sarei certamente tornato a molestare dei bambini".
La recidività, infatti, sembra essere il vero problema. Si possono aumentare le pene, si possono
varare norme che tengano i pedofili lontani dalle possibile "prede", come viene fatto in diversi
paesi europei, ma se non s'intraprende un percorso di "cura", il sex offender di turno tornerà a
commettere le violenze, fino a quando verrà scoperto nuovamente. Ma prima di tornare in carcere,
quanti bambini avranno subito abusi? Sì, perché la pedofilia "è un orientamento sessuale che non
può cambiare nell'individuo (nostra sottolineatura). Il paziente può solo diventare consapevole del
proprio problema e con il trattamento riuscire a gestire i propri istinti" ci dice il Dott. Luigi
Colombo, uno psicologo che opera nel Centro. [...] Una volta che c'è questa volontà [di guarire],
l'equipe, composta da criminologi, psicologi, psichiatri ed educatori, comincia il trattamento.
Giorno dopo giorno, i colpevoli di reati sessuali devono affrontare il loro mostro interiore. Il lavoro
è giornaliero e i colloqui sono individuali e di gruppo e tutto il progetto è incentrato sul
riconoscimento del reato. Perché se c'è una cosa che il sex offender fa è proprio questa: negare,
negare e negare. Il lavoro principale è allora quello sulla negazione, segue quello riabilitativo.
I dati parlano chiaro: "La terapia conviene: su 120 pazienti trattati solo 3 sono stati i casi di
recidiva" ci dice il Presidente del CIPM, Prof. Paolo Giulini. [...]Le vittime e i familiari degli
abusati che abbiamo incontrato non sono contrari alla terapia: "Qualsiasi cosa che può essere
fatta e che tuteli i bambini da queste persone, va bene" ci dice il padre di una ragazzina che è stata
abusata dal suo insegnante di ginnastica. [...]Le associazioni delle vittime contestano, non tanto
che all'interno delle possibili strade che andrebbero intraprese ci sia anche la possibilità di un
trattamento terapeutico, ma pongono come paletto il fatto "che siano tenuti alla larga dai bambini
e che vengano monitorati i loro spostamenti" ci dice il Presidente dell'Associazione Prometeo,
Massimiliano Frassi.
104
"I Bambini non votano", dice, durissimo, Roberto Mirabile, presidente di un'altra Associazione in
difesa delle vittime, La Caramella Buona. "Perché è inspiegabile come su questo problema la
politica in Italia abbia accumulato questo ritardo".
Dall'inchiesta si desume il basso grado di fallibilità della terapia, incentrata però non sul
cambiamento dell'impulso sessuale, quanto piuttosto sulla scoperta e la maggior consapevolezza dei
propri istinti, e le tecniche per controllarli al meglio. Inoltre, c'è anche un video164 che completa
l'intervista, nel quale si ascoltano direttamente gli abusanti e le personalità sopra citate.
A nostro avviso, può essere un interessante punto di partenza, che però non deve prescindere
dall'idea che la pedofilia è un orientamento, e non una semplice idea dell'individuo; quindi, non si
può, ad oggi, modificare un orientamento (se non con terapie che alienerebbero la persona
portandola ad una grave alterazione psico-fisica) e, soprattutto,scompensare con tali interventi la
sua integrità e personalità irrimediabilmente. Infine consideriamo che, essendo un fascio di
fenomeni, le manifestazioni pedofile non possono essere curate tutte allo stesso modo.
In molte nazioni esistono centri per la cura dei pedofili, ai quali si rivolgono pedofili che desiderano
liberarsi dalla perversione, oppure pedofili con sentenza passata in giudicato, che avranno uno
sconto sulla pena se accettano di curarsi. Le terapie sono pressappoco le stesse che si usano per le
vittime, con la differenza di trovare reticenze o aperta ostilità, dato che la maggior parte di loro non
ritiene di essere malato o di avere problemi.
La prevenzione delle ricadute è un modello di intervento multi-modale, con terapie di
ristrutturazione cognitiva ed educativa, con particolare attenzione al miglioramento delle strategie di
coping e di problem-solving. Inoltre, il terapeuta può creare una “rete informativa” di amici e
familiari, che possono riferire qualsiasi deviazione dal percorso terapico.
Pithers e Gray hanno riadattato il modello di Marlatt (riguardante le tossicodipendenze) all'abuso.
Con tale riadattamento, esistono dei punti da rispettare:
1-Insegnare all'abusante che esistono delle conseguenze nefaste del suo comportamento, e quindi di
non concentrarsi sulla gratificazione immediata, ma sul dolore che l'atto genera in seguito;
2- Convincerlo della gravità delle proprie colpe, e a non reiterare l'atto.
Il nodo della terapia è proprio l'insegnamento a non reiterare l'atto, in quanto sbagliato. Tale sistema
è usato negli USA, dove esiste la concezione di “libertà sulla parola”, a patto quindi che il pedofilo
si curi.
164 http://espresso.repubblica.it/multimedia/video/32233261
105
4.5 La prevenzione
Oltre alle piccole regole esplicate nel capitolo sulla cyberpedofilia, è utile che gli operatori del
settore e la società si adoperino allo scopo di prevenire ed evitare il più possibile il perpetrarsi della
pedofilia da parte di soggetti anche “conosciuti” come abituali molestatori.
Una buona prevenzione può essere svolta su tre livelli:
1- Promozione del benessere della famiglia, con adulti consapevoli e attenti ai bisogni dei più
piccoli;
2- Rilevazione e monitoraggio delle situazioni a rischio;
3- Creare le situazioni per cui l'abuso non possa più essere messo in atto.
Bisogna mettere in atto tutte queste accortezze, però, senza andare a pregiudicare la fiducia e la
stima che il bambino pone nel mondo degli adulti: non bisogna instaurare un regime “del terrore”,
dove ogni adulto è cattivo e mira a far del male ai bambini. Dato che i bambini possono capire ciò
che viene loro spiegato se si usano i modi e i termini appropriati, si deve tenere un dialogo fondato
sulla chiarezza e sul rispetto del minore, spiegando i pericoli e come evitarli. Negli ultimi tempi,
anche nelle scuole sono stati creati dei programmi di prevenzione. Tutte queste sono accomunate
dalle “quattro R”:
Riconoscere (i pericoli);
Resistere (non cedere alle tentazioni o agli espedienti dei pedofili);
Riferire (ad un adulto di riferimento i comportamenti sospetti);
Rassicurare ( i piccoli devono sapere che non hanno colpe e che saranno protetti da ulteriori
tentativi di seduzione).
Prenderemo ad esempio quello dell'Associazione Prometeo: “IMPARIAMO A DIFENDERCI”
“Da più di dieci anni organizziamo una media di 200 incontri all’anno, alternando corsi di
formazione, di prevenzione, conferenze serali (spesso con i toni forti della denuncia sociale),
incontri per i bambini.
Parliamo con tutti.[...].Poiché l’arma migliore è l’informazione e non è un caso che sia proprio
l’informazione la prima cosa che cercano (inutilmente) di bloccare quando vogliono remare contro
di noi. Tra i vari corsi che facciamo quello a cui siamo più legati è quello per i bambini dalla terza
alla quinta elementare.
È chiamato “Impariamo a difenderci” ed è strutturato sotto forma di giochi interattivi e racconto
di storie.
Giocando insegniamo loro, ad es., che ci sono (e sono la maggioranza) degli adulti di fiducia a cui
parlare sempre, chiedere aiuto senza alcuna vergogna né esitazione. Che ci sono segreti belli,
106
buoni che di li a poco andremo a svelare e che in quanto buoni ci fanno appunto stare bene, ma che
ci sono anche segreti cattivi o velenosi, che ci avvelenano, ci fanno male. Sono quelli che qualcuno
ci obbliga a non dire. Minacciandoci. Facendoci paura. Se li teniamo dentro ci ammaliamo. Stiamo
male. Meglio allora trovare insieme il modo per raccontarli, svelarli, e capire che non ci accadrà
nulla di brutto. E nessuno farà del male ai nostri cari se quel segreto sarà svelato.
Quando il corso finisce i bimbi sono tristi. Perché si sono divertiti tantissimo.
E le informazioni restano dentro di loro, con la speranza che non le debbano mai usare.
[...]”.
Per la prevenzione del turismo sessuale e dello sfruttamento della prostituzione, l'unica cosa da fare
è affidarsi alla legislazione del Paese colpito da tale pratica, sperando che (come molte Nazioni
stanno facendo) si possa arrivare ad un livello di sicurezza accettabile per i piccoli.
107
5. Associazione Prometeo
L'Associazione Prometeo è una associazione nata nel 2000 che si occupa degli abusi e della
violenza sui minori.
Il suo fondatore (nonché presidente) Massimiliano Frassi, nasce a Lovere (Bergamo) il 13 Agosto
1969. Dopo la laurea in giornalismo decide di impegnarsi nel sociale, operando dapprima nel campo
dell’emarginazione grave adulta (con particolare attenzione alle povertà di strada, alla
tossicodipendenza ed all’AIDS), e successivamente diventa fondatore e presidente
dell’Associazione Prometeo Onlus, che da più di 10 anni si occupa di lotta alla pedofilia, dedicando
la sua vita a sostenere le vittime dei pedofili e lavorando per creare una presa di coscienza del
problema da parte della società. Questo l’ha portato a prendere spesso delle posizioni molto
scomode ed impopolari, ma sempre e solo “dalla parte dei bambini abusati”.
È autore di cinque libri best-seller che hanno venduto quasi 200mila copie in Italia e Svizzera, “I
bambini delle fogne di Bucarest” (con prefazione di Maria Rita Parsi), “L’inferno degli angeli” (con
prefazione di Maurizio Costanzo) “I Predatori di bambini” (primo libro in Italia a parlare anche di
Chiesa e Pedofilia), “Ho conosciuto un angelo – la storia di Tommaso Onofri” (scritto con la
collaborazione della mamma del piccolo Tommaso), “Favole di Bambini e dei Loro Orchi”
(Edizione I Nuovi Quindici, 2009), “Il libro nero della Pedofilia”( Edizione La Zisa), e in uscita in
questi giorni, “Ma perché nessuno mi crede? Storia di Stella” ( Edizioni La Zisa).
Frassi è stato anche promotore di una proposta di legge contro la pedofilia; attualmente, tiene circa
200 conferenze all’anno. Molto amato dalla gente è invece da sempre duramente attaccato da
movimenti pedofili italiani e stranieri.
Massimiliano Frassi è stato insignito di numerosi riconoscimenti tra cui il premio Kiwanis – We
Build International 2000, la medaglia della Polizia di Stato, conferitagli dal Questore di Bergamo
nel 2003 e la medaglia d’oro del F.B.I., assegnata a lui (ed alla Prometeo) dal responsabile del F.B.I.
di New York nel 2004. Inoltre ha ricevuto, con la sua associazione (primo caso in Italia) il
prestigioso Premio Livatino “Pro Bene Justitiae”, intitolato al noto Giudice anti-mafia. Frassi è
inoltre consulente nel campo dei servizi sociali, e collabora con la catena Epolis da cinque anni, con
degli editoriali pubblicati a cadenza settimanale sul tema dell’infanzia violata.
Con l’Associazione Prometeo ha creato il coordinamento nazionale delle vittime di abuso, che
riunisce adulti che sono stati abusati da piccoli e genitori di bambini vittima di pedofili. Inoltre con
la stessa collabora attivamente con realtà internazionali come Scotland Yard.
108
5.1 Intervista al fondatore: Massimiliano Frassi
Di seguito, riportiamo l'intervista che ci è stata concessa da Massimiliano Frassi, il fondatore e
presidente della Associazione “Prometeo”.
D: Buongiorno Massimiliano! Ti seguo con interesse perché ho a cuore l'odiosa problematica di cui
ti occupi. Studio Scienze dell'Investigazione a L'Aquila, e sono al III° anno. La mia tesi è incentrata
sulle connessioni dinamiche tra pedofilia e narcisismo. [...]Posso citarti e usare il nome della tua
associazione, ovviamente illustrando le sue finalità e come lavora? E se accetti, ovviamente, posso
chiederti se mi concedi l'onore di intervistarti?
R: Con piacere! Grazie, io e la mia Associazione ne siamo onorati!
D: Grazie a te! Allora iniziamo con la prima domanda: cos'è l'Associazione Prometeo? Di cosa si
occupa?E per quale motivo è stato scelto proprio il nome “Prometeo”?
R: E’ una Onlus da me fondata circa 15 anni fa a Bergamo (anche se il nome Prometeo l’abbiamo
scelto un paio d’anni dopo). Nasce con un compito importante, una “mission” come si dice in gergo
tecnico: dare voce all’infanzia violata. Cosa che negli anni abbiamo fatto a seconda delle
circostanze con toni diversi, a volte urlando a volte sussurrando. Dare voce all’infanzia significa
aiutare le vittime di abuso di ogni età. Chi è piccolo oggi, o chi oggi a distanza anche di 40 anni non
è stato creduto e deve ancora fare i conti con quel lontano ma presente abuso. Il nome Prometeo
prende ispirazione da un cd di Renato Zero (di cui io sono fan) il cui titolo è appunto “Prometeo”.
La spiegazione che diede Renato, con la storia di Prometeo che rubò il fuoco agli Dei per darlo agli
uomini, e che lottando per un’intera esistenza riuscì poi a garantire quel fuoco che è vita, calore,
amore, mi piacque e lo trovai azzeccato per quello che sarebbe stato il nostro compito.
D: Nel vostro sito è specificato che siete una "associazione nazionale vittime di abuso". Quindi,
parliamo anche di altri tipi di abusi oltre la pedofilia?
R: Parliamo di tutti quei maltrattamenti di cui l’infanzia è vittima, anche se il tema che prevale sono
gli abusi sessuali.
D: Come mai avete scelto come "mascotte" proprio un orsacchiotto?
R: Se ci pensi è il “teddy bear”, l’orsetto che è il primo amico di ogni bambino. Lui quello che lo
coccola, che lo ascolta, a cui il bimbo si stringe forte quando ha paura.
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D: E' vero che siete la prima associazione ad aver creato un "coordinamento nazionale vittime della
pedofilia"? Potete spiegare cos'è?
R: E’ un’esperienza unica in Italia per portata. Più di duemila adesioni da parte di chi ha deciso di
alzare la testa guardare negli occhi il proprio carnefice e godere il momento in cui è “lui” ad
abbassarla. Il coordinamento riunisce adulti che da piccoli han subito abusi e genitori di bimbi
abusati, che insieme fanno un percorso comune. Il coordinamento ha al suo interno un percorso con
un gruppo di auto aiuto che credimi dà risultati a dir poco “miracolosi” per chi davvero ha deciso di
rimettere mano alla propria vita, uscendo dal ruolo di vittima.
D: Quali sono i maggiori ostacoli che, come associazione, avete incontrato e continuate ad
incontrare?
R: L’ignoranza. Dire che questo concetto racchiude tutti i problemi che si possono incontrare nella
difesa di un bimbo abusato. Ignoranza e complicità. Due termini che spesso si accompagnano
peraltro.
D: Tra le tantissime storie di vita che vi arrivano ogni giorno, qual è la storia che secondo voi
rappresenta meglio gli sforzi e i sacrifici che fate ogni giorno come associazione?
R: Non ce n’è una in particolare. Tutte sono uguali per portata di dolore. Tutte possono essere
uguali per riuscita positiva, perché alla fine se si concede alla più piccola luce di entrare
nell’oscurità, questa sarà in grado davvero di farsi spazio e riportare chi vive al buio nella luce più
piena.
Se vuoi una storia ti faccio un nome unico, quello di Maria, la Maria di due mesi che seguiamo e
quella di 86 anni che poco tempo fa ha trovato il coraggio di raccontarsi per la prima volta dopo 70
anni dalla fine di quegli abusi iniziati quando di anni ne aveva tre.
D: Vi avvalete di un team di esperti per aiutare le persone in difficoltà?
R: Sì, soprattutto per singole specifiche richieste di tipo terapeutico o legale.
D: Notoriamente a te, Massimiliano, non piace che chi subisce abusi venga chiamato "vittima".
Puoi spiegarci il perché?
R: Perché è un termine passivo…carico pure di pietismo…e che non porta da nessuna parte.
Preferisco la parola “sopravvissuti”, perché significa che hanno vissuto oltre, e quindi si trovano
con una forza, una marcia in più. Non passivi quindi ma pro attivi sulla scena della propria vita.
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D: La nostra tesi è incentrata sull'idea che, a parte acclarati e gravi disturbi psichici, il pedofilo
abbia alcuni aspetti narcisistici, e non possa essere considerato un malato da curare. Cosa ne pensi
della dicotomia "pedofilo= persona malata da curare?" E perché?
R: Concordo. E lo dico citando tutti gli studi scientifici sull’argomento. Tale dicotomia è
scientificamente falsa. Creata ad arte per supportare l’insupportabile. Il pedofilo è un criminale, e
come tale va trattato.
D: Per concludere, abbiamo un'ultima domanda. Qualche studio parla di finti abusati e "false
memorie". Qual è la tua opinione a riguardo?
R: Anche qua dico che qualsiasi ricerca scientifica ha smentito quanto pochi poveri disturbati
elementi in Italia ancora portano avanti, per difendere i propri interessi di abusanti.
D: Grazie ancora, Massimiliano, per l'intervista e per il lavoro che quotidianamente
svolgete...Continuate così!
R: Grazie a te per la pazienza. Buon lavoro e tienimi aggiornato.
Inoltre, vorremmo segnalare un'altra intervista, che Massimiliano ha concesso ad un'altra
studentessa, Donatella Mastroianni, per una tesi dal titolo: “ Infanzia violata, dal maltrattamento
all'abuso sessuale”, e che egli ha pubblicato sul suo blog in data 15 Gennaio 2013165:
D: Massimiliano Frassi, presidente dell’Associazione Prometeo, lavora in questo campo da più di
10 anni, com’è nato questo impegno e qual è la “battaglia” che ricorda di più?
R: L’impegno dell’associazione nasce circa 15 anni fa. Dopo avere organizzato alcune conferenze
su varie tematiche ne organizzammo una sulla pedofilia e benché il pubblico presente fosse
numericamente scarso, ne parlarono i giornali, da quando uscì quell’articolo incominciò a suonare il
telefono e dall’altro capo c’era chi chiedeva aiuto, passammo un primo periodo a formarci, in Italia
e soprattutto all’estero, e aprimmo un primo sportello che raccoglieva anche segnalazioni, si
scoperchiò un sommerso che fino ad allora non aveva nessuno che lo potesse ascoltare, la battaglia
più grossa è stata fare capire quanto “l’orco”, sia una persona normale e, l’identikit che si può
andarne a tracciare è quello di una persona al di sopra di ogni sospetto, questa è anche la grande
fregatura della pedofilia, perché in questo identikit, a livello teorico ci rientriamo tutti; è chiaro che
la battaglia più grossa, è fare cambiare testa alla gente nel modo di porsi rispetto a questo problema,
165 http://www.massimilianofrassi.it/blog/intervista-a-massimiliano-frassi-per-tesi-di-laurea-sulla-pedofilia.html
Ringraziamo Massimiliano Frassi e Donatella Mastroianni per averci concesso di riportare l'intervista.
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fino a quando avremo casi che quando emergono fanno si che ci sia una difesa ad oltranza
dell’abusante e il vuoto intorno alla vittima, la battaglia resta aperta e che la lotta resta culturale.
D: Il linguaggio che la contraddistingue è la chiarezza e il non avere peli sulla lingua, è un modo
per attirare l’attenzione sul tema?
R: Il linguaggio è fin dall’inizio un linguaggio senza peli sulla lingua, fatto non per presunzione, ma
è più un grido di dolore, è chiaro non poteva avere sfumature, doveva essere o nero o bianco non
c’era una via di mezzo e doveva essere fatto anche con un linguaggio urlato, forte, aggressivo,
qualcuno da quel linguaggio ne è rimasto turbato ma è servito per abbattere certi muri e farsi notare,
oggi quel linguaggio è in parte uguale in parte cambiato perché vuoi per l’esperienza vuoi la storia
che ci portiamo appresso o per alcune situazioni e il contesto in cui si presentano che sono
cambiate, ci sta che quel linguaggio a seconda della situazione possa avere toni e impatti diversi e a
volte anche un maggiore equilibrio e un grido meno forte e meno urlato.
D: Perché siamo afflitti da questa carenza di cultura sociale? Perché non si parla di pedofilia?
R: Questa è “una domanda da un milione di euro”, noi siamo i primi a parlare di pedofilia con ogni
mezzo, blog, social network, pubblicazioni, convegni, andando ovunque e incontrando ogni tipo di
pubblico; la riflessione da tecnico su come mai non se ne parla è un punto che noi stessi spesso ci
poniamo, come mai su 10 storie ne passa solo una sui giornali, quando ne hai altrettante 9 nella
stessa città, con un uguale impatto emotivo? Da una parte forse, non passano perché la pedofilia è
ancora un tabù, tocca alcuni tasti che possono essere una sorte di nervo scoperto, quindi uno non se
ne occupa perché è disturbante l’argomento, perché fa male, altre volte perché dare spazio alla
vittima, significa dare voce a chi ha subito abusi magari da realtà a loro vicine che devono
proteggere di cui sono direttamente o indirettamente complici, gli aspetti sono tanti e la lotta è
culturale, uno dei nostri modi è chiedere a forti lettere che se ne parli spesso, perché l’arma più
grande che il pedofilo ha è il silenzio e l’omertà che vanno rotti con qualsiasi informazione
ovviamente la più corretta che sia, e in qualsiasi modo la si riesca a farla.
D: Collaborate con Scotland Yard, con la quale avete organizzato corsi di formazione per le forze
dell’ordine italiane in tema di pedofilia, com’è stata la risposta italiana?
R: Da circa un anno con una certa periodicità, riuniamo in varie parti d’Italia una selezione di
operatori delle forze dell’ordine, mandando random inviti a tutte le questure, caserme e quant’altro,
e si è creato un gruppo solido che ci segue ovunque andiamo, una risposta molto positiva che si
riassume con la frase dettami alcuni giorni fa al telefono da un carabiniere il quale dice: “Mi è
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accaduto in passato di ricevere in ufficio una donna con dei lividi e di dirle signora torni a casa
capita a tutti di litigare con il proprio partner e magari di esagerare un po’, oggi non lo farei, cosi
come è capitato di commettere perché non c’era la formazione, l’errore di male interrogare un
bambino o non decifrare quei segnali, quelle richieste che il bambino dava” questo corso ha il
compito grazie anche ad esperti esterni prima su tutti, quelli di Scotland Yard e dell’F.B.I di New
York, di dare uno strumento formativo che dal punto di vista ministeriale non viene fornito nel
giusto modo, dall’altra parte creare un fronte comune e sapere che se capita un caso a Reggio
Emilia, a Bologna, o a Lamezia Terme sappiamo lì di potere indirizzare le persone che fanno un
esposto, che portano una richiesta di aiuto all’autorità giudiziaria a persone preparate e competenti
che potranno investigare e intervenire nel modo migliore, per l’associazione questo progetto è un
fiore all’occhiello anche se razionalmente è assurdo che un associazione si debba autotassare per
offrire un corso di questo tipo che dovrebbe essere obbligatorio, fatto in ogni città, in modo
costante, completo e ufficiale.
D: Una delle cose che ripete spesso è che bisogna svestirsi dall’abito di vittime, cosa non semplice,
anche perché per molti è più facile restare in quel ruolo, perché?
R: È purtroppo vero in questo tema come in altri, a volte capita che il male si cronicizzi e pur
stando nella sofferenza, paradossalmente è più facile rimanere con quel vestito che provare a
toglierselo, qualcuno ci ha provato, sbagliando non per colpa sua ma perché magari ha cercato un
aiuto sbagliato o ha provato nel momento sbagliato in cui non era pronto, a togliersi quel vestito, c’è
stata una ricaduta che è umana e più che ovvia, però questo ha fatto pensare che in realtà da quel
vestito non ci si potesse più spogliare, c’è un po’ un arrendersi e crogiolarsi nella parte della vittima
in tutta la sofferenza che quel vestito porta con tutta la scomodità di quel vestito ma c’è quasi la
paura che se uno si toglie quel vestito non riceva più quelle attenzioni, che invece avrebbe, ma
avrebbe nel modo più pulito e meno filtrato da richieste di aiuto da bisogno, togliersi il vestito da
vittima, non è facile ma è un passaggio necessario, sicuramente difficile ma c’è tutta una vita che
uno può viversi riscattandosi del tempo perduto, questo è un passaggio che si deve
obbligatoriamente fare; su chi lì vuole rimanere non possiamo fare nulla, ci auguriamo che arrivi un
giorno in cui razionalmente torni a chiedere aiuto a rimettersi in discussione; nella relazione di aiuto
per ricevere aiuto devi anche tendere una mano e lasciare che la mano venga presa, quando questo
capita, il risultato ci può essere.
D: Bisogna educare i più piccoli a difendersi, come associazione state svolgendo un lavoro nelle
scuole, in cosa consiste?
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R: Abbiamo da più di otto anni questo corso che si chiama “Impariamo a difendersi”, un corso in 4
moduli per i bimbi di terza, quarta e quinta elementare, inizialmente molto osteggiato, era difficile
entrare nelle scuole, oggi abbiamo delle liste di attesa che si rilanciano di anno in anno e questo è
positivo perché chi ci ha ospitati ci chiede la garanzia che si ritorni l’anno dopo; si svolge con un
percorso che tocca le emozioni, che insegna ai bambini a non avere segreti cattivi, che sono quelli a
cui il pedofilo o chi fa del male obbliga, il segreto buono è quel segreto che va a breve svelato,
legato ad una manifestazione buona, un compleanno, un regalo che viene fatto, la differenza è che il
primo ti fa star male, ti viene imposto e ti tiene legato a chi può continuare a nuocerti, al bambino
insegniamo a cercare nel suo mondo ad identificare delle figure di adulti di fiducia e, dico agli
adulti poi, quando diamo la restituzione del corso augurandoci che loro lo siano davvero, che una
volta che c’è questa richiesta d’aiuto, la loro risposta ci sia davvero, è un corso dove il bambino
divertendosi mette in atto alcune situazioni con alcune storie che andiamo a leggere loro
sdrammatizzandole recitandole e mettendole in atto, imparano a tenere alzata la e sanno di non
dover aver segreti, di dover chiedere aiuto di poter dire di no a chi fa loro delle richieste disturbanti,
fosse anche solo “il poterlo fotografare senza vestiti o il poterlo fotografare a prescindere senza il
suo consenso, è un corso che dimostra che il bimbo che ha questi strumenti, può rispondere nel
modo più deciso e avere una risposta molto più serena e costruttiva rispetto ad un’aggressione da
parte di un adulto verso un bimbo che non ha la conoscenza di questo problema.
D: Gruppi di auto aiuto, si tengono a cadenza mensile presso l’associazione, tanto dolore ma anche
tanto riscatto, qual è l’immagine che più di tutte riassume questi incontri?
R: Altro progetto di cui ci vantiamo e che è un fiore all’occhiello, un progetto studiato per anni e
dopo sette o otto anni di riflessioni, di partenze bloccate perché non volevamo rischiare di fare un
passo falso, è partito ed è nato un coordinamento nazionale che oggi riunisce più di duemila
sopravvissuti all’abuso, la storia che colpisce di più è chi arriva e magari ha una lametta nella borsa
perché soffre di autolesionismo e si punisce anche a distanza di trenta anni da quell’ultimo abuso, o
chi arriva e ha disturbi dell’alimentazione, a chi arriva e pensa di essere un bambino sporco, da
punire poiché tutto sommato quello che gli è accaduto se lo meritava che arriva a testa bassa, non
riesce ad abbracciarti, a guardarti quasi ti saluta a fatica e poi va via a testa alta, noi non facciamo
nulla di magico, di speciale, facciamo da specchio, siamo uno specchio ben pulito, e quello che
suggeriamo è di provare per un attimo a guardare in quello specchio, noi sappiamo che c’è una
persona fantastica, con un sacco di ferite che vanno cicatrizzate e quando quella persona
specchiandosi vede che la ferita diventa una cicatrice vede due occhi che sorridono, una bocca che
sa di potere sorridere torna a casa, e poi, seguita nel tempo, dà veramente dei risultati che parlano di
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vita e in questa storia ci stanno tutti, che dai due mesi agli ottanta sei anni, che è la fascia di età che
copre al momento il gruppo, con la bimba più piccola e la “bimba” più anziana, è veramente la
risposta più bella.
D: Siamo abituati ad immaginare il pedofilo come un mostro, di sesso maschile, perché è cosi
difficile immaginare che possa essere una donna ad abusare?
R: Nell’immaginario collettivo “l’orco” è di sesso maschile, ed è pur vero che se guardiamo ai dati,
abbiamo una percentuale numericamente molto bassa, però una percentuale al femminile comincia
ad esserci, una percentuale bassa ma molto disturbante, perché quando l’abuso è di tipo familiare
per quel bambino che sia la mamma o la nonna l’abusante attiva, crea in quel bambino dei dolori,
delle ferite che necessiteranno di un tempo sicuramente maggiore per essere rimarginate, se è chi ti
ha messo al mondo a farti del male questo atto, fa nascere mille quesiti che portano una mole di
dolore enorme, che necessita quindi di un impegno doppio per elaborarla e poterla smaltire però se
guardiamo le percentuali sicuramente resta per più dei tre quarti dei casi, per un 95/97%, parlo dei
casi conosciuti, può darsi che il sommerso porti a non dico a ribaltare ma sicuramente a fare
cambiare questi numeri però parliamo di una percentuale che resta altissima di una pedofilia al
maschile e una percentuale qualitativamente pesante ma quantitativamente bassa di una pedofilia al
femminile.
D: La pedofilia è vista come malattia, ma da una malattia si può guarire e dall’essere pedofili?
R: Tecnicamente parlando la pedofilia è una parafilia e quindi sappiamo essere un disturbo della
sfera sessuale e quindi è considerata dall’OMS come una malattia, non dimentichiamoci che fino a
non molti anni fa l’OMS considerava anche l’omosessualità come una malattia, cosa poi sminuita e
smentita dalla scienza che oggi sta facendo la stessa cosa sulla pedofilia, il pedofilo non è una
persona sana, e quindi non volendo fare dei giochi di parole, non essendo sano è insano e di
conseguenza malato, nel senso più dispregiativo del termine, il pedofilo è un criminale, un soggetto,
dice la cassazione italiana, perfettamente in grado di intendere e di volere sa ciò che vuole, sa come
ottenerlo e quindi non può essere considerato alla stregua di una persona non in grado di controllare
le proprie azioni che camminando in strada vede un bambino e lo aggredisce, quello non è un
pedofilo, ci può stare che lo sia anche quello, ma la percentuale di possibilità che quel bimbo ha di
essere aggredito è la stessa che ho io adulto se passo vicino a quell’adulto, il pedofilo è un astuto
che conosce il mondo del bambino, che si intrufola nel suo mondo e lo studia, che si guadagna la
fiducia del bambino e dei genitori, se non è un caso dove è il papà o la mamma l’abusante, e che
intrufolato in quel mondo, di li ad un giorno, un mese, un anno, lui ha tutto il tempo che vuole,
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incomincerà a colpire e lo farà con una logica assolutamente scientifica. Il termine malato è spesso
un alibi che questi soggetti hanno, è un termine utilizzato spesso dicendo una cosa che oggi la
scienza ha abolito, quella per cui un bambino abusato diventerà un adulto abusante, non è vero, può
anche capitare, ma la scienza dati alla mano, dati anche nostri, in 15 anni non abbiamo mai
incontrato un pedofilo che avesse avuto un infanzia infelice.
D: Quali sono gli obiettivi a breve e lungo termine dell’associazione?
R: Continuare a dare voce all’infanzia violata cercando di raggiungere un numero sempre maggiore
di persone per creare una sorta di esercito, di persone che hanno conosciuto questo male che oggi
vogliono spendersi per chi è all’inizio di un percorso, ha appena scoperto che il proprio bambino è
stato ferito, vuole lui adulto fare i conti con quella ferita e cicatrizzarla e nell’ottica del reciproco
aiuto fare questo tipo di percorso e poi il formare in questo modo il maggior numero di persone
possibili ma che vanno dalla casalinga alla mia vicina di casa, al questore della piccola o grande
città.
D: Un’ultima cosa, un suo messaggio rivolto a chi ha conosciuto l’orrore dell’essere abusato?
R: Una frase che nell’ultimo periodo utilizzo sempre è “nessun dolore è per sempre” che non è una
frase da bacio perugina o per far contento qualcuno che così torna a casa felice, ma nasce da anni di
fatti concreti ed osservazione diretta, ed è una frase che una volta un adulto, o meglio un bambino
oggi cresciuto, disse in uno dei nostri coordinamenti e disse: “è vero nessun dolore è per sempre,
oggi sono qua, mi sono sposato, sto per diventare papà e fino a pochi anni fa questa cosa se me
l’avessero prospettata, l’avrei ritenuta folle e comunque impossibile”, quindi il messaggio che passa
è che richiede sforzo, richiede impegno, ma veramente nessun dolore è per sempre.
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6. Conclusioni: la pedofilia è una malattia?
Arrivati alla fine di questa nostra disanima, è opportuno cercare di tirare le somme e riepilogare
cosa è stato detto. Riteniamo che il fenomeno pedofilia sia stato spiegato e correlato in maniera
abbastanza precisa da ricerche e studi specifici, i quali possono farci affermare con una certa
sicurezza che esso è, per certi aspetti, controverso e confuso. Se è vero infatti che, da un lato, la
pedofilia è stata studiata da moltissimi autori di grande importanza, e si è cercato di dare il più
possibile in ogni ricerca una forte componente oggettiva, dall'altro lato troviamo sempre più spesso
generalizzazioni di sorta, che portano a distorcere ancor di più il problema e a renderlo ancora più
ostico. Infatti è possibile, semplicemente aprendo un qualsiasi giornale o accendendo tv e radio,
assistere ad uno spettacolo mediatico che porta ad una grave manipolazione dei fatti di cronaca,
rischiando di trasformare quello che dovrebbe rimanere un dibattito in un'aula di tribunale virtuale;
ed a parere di chi scrive ciò accade proprio per la poca o errata conoscenza delle cause e dei motivi
che possono portare una persona a compiere atti di quel genere. Con ciò non si sta tentando di
giustificare i pedofili, ma semplicemente di ridimensionare un fenomeno che, in ambito mediatico,
si è trasformato quasi in una "caccia al mostro", con il concreto e inquietante rischio di riuscire a
rovinare la vita di alcune persone semplicemente attraverso un programma televisivo o radiofonico,
piuttosto che una testata giornalistica, senza avere delle prove oggettive concrete (che si avvicinano
il più possibile cioè alla verità oggettiva) tipiche di un procedimento giudiziario. Inoltre, c'è da
tenere in considerazione che, nonostante la legge sotto questo punto di vista abbia fatto molti passi
avanti, il pedofilo continua ad essere considerato come un malato da curare. Il problema è (dato che
finora non si è riusciti a trovare un metodo che riesca il tutto per tutto a modificare il
comportamento di queste persone) che, invece di fare qualcosa di concreto per tentare una forma di
prevenzione e limitazione del rischio, si giudicano i pedofili come persone con problemi mentali,
familiari, e psicologici, portando la gente a considerarli dei pazzi senza via di scampo ma, al
contempo, giustificandoli inconsciamente per le loro azioni, in quanto secondo l'immaginario
collettivo essi non riescono a tenere a freno le loro pulsioni, oppure hanno una coazione a ripetere
dettata dall'enorme sofferenza patita da bambini. Abbiamo già espresso le nostre idee in merito:
grazie al supporto di ricerche condotte da eminenti studiosi, possiamo tranquillamente affermare
che la malattia mentale non sussiste per ogni caso di pedofilia, come è illogico pensare che ogni
pedofilo abbia una storia di abusi alle spalle. Più semplicemente, sembra che senza alcuna reale
spiegazione, si tenti di liquidare il fatto come irrisolvibile, data la presunta malattia. Il nostro
augurio finale è una riflessione: anziché scaricare le responsabilità e le colpe su un disturbo, e
anziché attaccare e ricercare lo scoop ad ogni costo, sarebbe di buon grado accettato un punto di
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vista obiettivo e scevro da influenze e pregiudizi di tipo religioso-nazionalpopolare, che possa
instillare nelle persone l'idea che se un pedofilo agisce (tranne nei casi di acclamata insanità
mentale), lo fa perché spinto da pulsioni che egli comprende, ma che non intende frenare. Nel caso
dei narcisisti, poi, abbiamo ampiamente e lungamente discusso come le motivazioni che li spingono
a compiere certi atti possano essere inconsce e non riconosciuta dal soggetto; ma ciò non toglie
all'azione il significato, e questo significato nel suo fine ultimo è proprio la ricerca del piacere
(sessuale, materno, sadico, di controllo, di rassicurazione eccetera eccetera). Gli autori del testo si
augurano che si possa finalmente uscire da questa mentalità che associa la pedofilia ad una malattia,
poiché abbiamo dimostrato come in realtà il concetto di malattia sia leggermente più complesso di
come viene presentato: la malattia presenta sintomi e segni che possono essere curati o attenuati con
la cura adatta, che da persona a persona varia di poco (es. cambiare i farmaci per colpa di una
allergia). La pedofilia è un fascio di fenomeni che non hanno valore sostanziale, cioè non sono tutti
uguali per ogni persona; ciò implica che al pedofilo ci si debba approcciare ogni volta in una
maniera unica e particolare, adatta per il soggetto. Uscire da questa "mentalità-cuscinetto", che in
qualche modo ovatta il problema, può essere un buon punto di partenza per riuscire a trovare uno
spiraglio di luce nell'oscurità degli avvenimenti. Fatto ciò si potrebbe anche trovare un buon
equilibrio tra prevenzione e cura, magari aprendo dei centri specializzati per aiutare il pedofilo a
scoprire le cause del suo comportamento, e tentare un recupero che possa reinserirlo nella società.
Per le vittime (o potenziali tali), invece, possiamo auspicare un sistema di prevenzione e di aiuto
post-trauma adeguato, che possa rispondere alle esigenze dei traumi subiti (come del resto accade
grazie a delle associazioni come quella di Frassi) e un sistema di controllo per permettere che
determinati soggetti, a causa di queste problematiche, non possano entrare in contatto con i bambini
in ambito hobbistico e lavorativo. Per concludere, vogliamo sottolineare ancora una volta come il
sistema culturale giochi un ruolo fondamentale nella comprensione e introiezione di tale
comportamento; quindi il nostro finale augurio è che il relativismo culturale possa portare la nostra
società a non giudicare più il pedofilo come "un malato da curare" piuttosto che "un mostro da
imprigionare o uccidere", ma a calarsi nei panni di coloro che devono scavare nell'anima di questi
uomini, con oggettività e distacco, senza giudicare. Solo in questo modo a nostro parere sarà
possibile tentare una strada di recupero per le vittime di questi abusi e una prevenzione davvero
efficace sia per i pedofili, che per i narcisisti.
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Appendice A
In questa appendice verranno trascritte in forma estesa alcune delle le fonti citate più importanti, dai
testi delle sentenze agli articoli che abbiamo utilizzato per creare il lavoro.
 “India, la maledizione delle vedove” di Marta Franceschini.
(www.famigliacristiana.it) 23/01/2012
Rinchiuse in ospizi, spesso costrette alla prostituzione per sopravvivere, comunque condannate
all'isolamento. Il destino delle vedove è ancora una pagina nera dell'India.
Non c'è ancora posto per le vedove nella società indù. Il film Water, della regista indo-canadese
Deepa Metha, uscito nel 2005, che denunciava l'atroce condizione delle vedove indiane, non è
bastato a scuotere le coscienze.
Rinchiuse in ospizi simili a prigioni, spesso costrette alla prostituzione per sopravvivere, o
comunque condannate all'inerzia e all'isolamento, una volta rimaste senza marito,
indipendentemente dall'età in cui le colpisce il lutto, le donne appartenenti alla fede indù non hanno
altra possibilità che attendere in silenzio la propria morte.
Il film, premiato in numerosi festival internazionali, è stato girato in Sri Lanka, dopo che il set di
Varanasi aveva subito ripetute minacce e violente intrusioni da parte dei movimenti ortodossi indù.
E la censura indiana ha impiegato più di due anni per autorizzare la circolazione della pellicola nelle
sale.
Ma, a distanza di anni, sembra che la situazione non sia affatto migliorata. Tra i rifiuti di un ospizio
governativo per vedove, nello stato dell'Uttar Pradesh, sono stati rinvenuti resti di cadaveri fatti a
pezzi. Per evitare le spese funerarie, che per la fede indù prevedono la cremazione del corpo,
sembra che la direzione dell'ospizio consegnasse i cadaveri agli spazzini, con l'incarico di tagliarli a
pezzi e gettarli nella spazzatura.
Ma la condanna delle vedove indiane è una storia antica. Risale infatti al rito del “sati”, che
prevedeva l'immolazione “volontaria” della vedova sulla pira funeraria del defunto consorte.
Secondo la tradizione indù, la moglie doveva seguire il marito nell'altro mondo per ribadire
l'eternità del vincolo matrimoniale, che si crede perduri per sette generazioni. Il sacrificio del “sati”
avrebbe assicurato fortuna e prosperità alle famiglie di entrambi i coniugi.
Scortata dai parenti, spesso drogata e sotto la minaccia di armi, la vedova non aveva altra scelta che
obbedire alla volontà della famiglia, anche perché l'alternativa sarebbe stata peggiore della morte
immediata. Il rito era accompagnato dal rullo forsennato dei tamburi, anche per coprire le urla
strazianti delle sventurate. Nonostante una serie di leggi varate dal Governo indiano per prevenire
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l'odioso rito, soprattutto nelle zone rurali, il “sati” e' ancora occasionalmente praticato. Tuttavia,
l'alternativa della reclusione obbligatoria a vita, anche se meno cruenta, resta una pratica infamante
e disumana, e una delle pagine più nere che la moderna democrazia indiana dovrebbe rimuovere al
più presto dalla propria storia.
 Cassazione - Sez. III Penale - Sentenza n. 43135 del 12/11/2003
Pedofilia non è una malattia mentale e non attenua capacità di intendere e volere.
Cassazione
Sezione Terza Penale
Sentenza 12 novembre 2003 n. 43135
(Presidente R. Raimondi - Relatore A. Postiglione)
Fatto e diritto.
La Corte di Appello di Perugia, con sentenza del 9.7.2002, in parziale riforma di quella del
Tribunale di Perugia del 18.5.1998, condannava i coniugi P. R. e T. R. alla pena di anni quattro di
reclusione e M. A. alla pena di anni otto di reclusione perché colpevole del reato di cui agli artt. 609
bis n.c., 609 ter n. 1, 609 quater n. 2 c.p..
Riteneva la Corte che M. A. nel periodo dal 1985 al 16.6.1997 aveva indotto il minore (omissis) a
compiere e subire atti sessuali, quali toccamenti, rapporti anali ed orali, in una occasione anche con
violenza e che i genitori del minore, P. R. e T. R. avevano consentito che il proprio figlio facesse
visita al M., percependo da lui somme di denaro.
La Corte fondava il suo convincimento sulle dettagliate e ripetute dichiarazioni del minore; sulla
dichiarazione testimoniale di un assistente scolastico che assistette all'ultimo episodio del
16.6.1997; sul rinvenimento di materiale pornografico nella casa del M.; sulla relazione dei Servizi
Sociali; sulle ammissioni dei genitori di aver ricevuto 150 mila lire al mese per consentire la
compagnia del minore.
Contro questa sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione gli imputati, deducendo violazione
di legge ed erronea motivazione.
Deduce il M. la inammissibilità della costituzione di parte civile nei propri confronti per carenza di
procura speciale del difensore ed osserva che la scelta del rito abbreviato, se comporta la rinunzia
all'esercizio del diritto alla prova e l'accettazione che il processo sia deciso allo stato degli atti, non
comporta la improponibilità delle eccezioni riguardanti la nullità degli atti rilevabili di ufficio. Nel
merito il M. lamenta carenza di corretta motivazione sulla mancata ammissione di una nuova
perizia del minore, l'eccessività della pena ed il disconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche.
120
P. R. e T. R. assumono che sarebbero inutilizzabili le loro dichiarazioni rese alla Polizia Giudiziaria
e che mancherebbe la prova della conoscenza degli abusi commessi in danno del loro figlio.
I ricorsi sono infondati. Come correttamente motivato nella sentenza impugnata la costituzione di
parte civile contro M. A. è del tutto regolare, sia perché l'avvocato aveva una speciale procura datata
8.7.2002, sia perché la mancanza di conclusioni non comporta alcuna nullità ed inefficacia, ove sia
stata specificata la ragione giuridica della domanda, siano stati indicati i fatti e sia infine precisata
l'entità della somma (nel caso in esame 300 milioni di lire).
Nel merito il ricorso del M. è egualmente infondato, perché ripropone in sede di legittimità
questioni già sollevate davanti ai giudice di merito e respinte con congrua motivazione.
L'errata valutazione delle prove ed in particolare delle dichiarazioni del minore, non va confusa con
l'apprezzamento di merito e, perciò, non può trovare ingresso in sede di legittimità.
Comunque la deposizione della persona offesa può essere assunta anche da sola come prova della
penale responsabilità, ove ritenuta coerente e precisa, senza necessità di riscontri esterni. Nel caso
in esame è stato effettuato un controllo rigoroso della attendibilità, pur in presenza di riscontri
esterni (la testimonianza dell'assistente scolastico B. G., che assistè all'episodio del 17.6.1997),
sicché sul punto la sentenza impugnata non merita censure.
Circa la questione della capacità di intendere e volere riconosciuta all'imputato M., la Corte di
Appello di Perugia si è attenuto alle conclusioni del perito di ufficio, motivando correttamente sulla
non necessità di una nuova perizia: anche questa valutazione non appare censurabile in sede di
legittimità, essendosi spiegate le ragioni del dissenso dalle conclusioni del consulente di parte. Nella
sentenza impugnata si dà atto che l'imputato, anche per i suoi precedenti, era incline alla pedofilia,
ma da ciò non si fa giustamente discendere una automatica conseguenza della mancanza o
diminuzione della capacità di intendere e volere.
Se è vero che la pedofilia, come modifica dell'oggetto sessuale in direzione dei minori, presenta
ordinariamente carattere di abitualità, ai fini penali questa condizione non esclude né attenua la
capacità di intendere e volere e, di conseguenza, la penale responsabilità per abusi sessuali contro i
minori.
Sarà il giudice, nel caso concreto, sulla base dell'esame dei test psicologici e psichiatrici, di colloqui
clinici e di altri elementi a valutare se ricorrono 12 condizioni di una vera e propria malattia in
grado di escludere o grandemente scemare la capacità di intendere e volere. Nel caso in esame un
pur sussistente disturbo alla personalità, con problematiche di tipo narcisistico, disadattivo e
antisociale, non è stato ritenuto in concreto idoneo ad escludere la capacità, pur costituendo in
astratto retroterra in cui possono inserirsi episodi critici abnormi. A fronte della teorica possibilità
che le azioni del pedofilo siano commesse sotto l'influenza di un forte stress fisico e psichico,
121
giustamente i giudici di merito hanno escluso tale evenienza, con una valutazione obiettiva e
realistica, mirante a tutelare la dignità delle persone, l'infanzia e la società da gravi abusi sessuali.
Anche le censure relative alla pretesa eccessività della pena ed alla mancata concessione delle
attenuanti generiche sono infondate, perché i giudici di merito hanno tenuto conto della particolare
gravità del fatto, della modalità dei rapporti sessuali orali ed anali, con il minore, della ripetività di
essi per lungo periodo, del coinvolgimento della famiglia, profittando del degrado economico e
sociale di essa per averne il consenso.
Anche la condanna dei coniugi P. R. e T. R. appare adeguatamente motivata.
La sentenza impugnata ha precisato che al momento nel quale i predetti coniugi furono sentiti dalla
polizia giudiziaria in relazione al reato di violenza sessuale in danno del loro figlio minorenne, non
esistevano indizi di reità a loro carico, sicché essi non rivestivano la qualità di indagati od imputati.
Questa Corte ha più volte ritenuto che la valutazione relativa alla sussistenza ab initio degli indizi di
reità a carico dei soggetti che hanno reso dichiarazioni costituisce un apprezzamento di fatto, che se
correttamente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità (Cass. Sez. VI, 10230 del 27.8.99, rv
214377).
Quando la T. fu sentita con l'assistenza del suo difensore davanti al giudice, confermò dopo la
lettura integrale delle precedenti dichiarazioni rese come persona informata dei fatti il loro
contenuto e solo successivamente si avvalse della facoltà di non rispondere.
In questa situazione non sussiste la violazione dell'art. 63 c.p.p., perché la T. ha confermato
spontaneamente davanti al giudice e con l'assistenza del difensore le precedenti dichiarazioni e solo
successivamente si è avvalsa della facoltà di non rispondere in ordine a successive richieste. La
valutazione di tali dichiarazioni, utilizzabili per legge, è stata effettuata con congrua motivazione e
ne è emerso un quadro grave di consapevolezza ed acquiescenza, accompagnato addirittura dalla
percezione di somme di danaro.
Su tali fatti e sulla misura della pena (peraltro ridotta per la concessione delle attenuanti generiche)
esiste una corretta e dettagliata motivazione.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
122
 Testo originale e traduzione del dossier “ Surprising Habits Of The Female Pedophile”
( www.child-safety-for-parents.com)
Testo originale
Traduzione
Most studies of convicted predators say female
La maggior parte degli studi di predatori pedofili
pedophiles aren’t as common as males. Then
condannati sembra confermare che le donne
again, most professionals haven’t really focused pedofile non sono comuni come i maschi. C'è
on researching female predators until recently.
anche da dire che fino a poco tempo fa, la
[...] Back in 1984, a study done by Finkelhor &
maggior parte dei professionisti del settore non
Russell estimated that about 5% of female
erano molto concentrati sulla ricerca di predatori
children and 20% of male children exposed to
femminili. [...] Nel 1984, uno studio fatto da
sexual predation were abused by women. More
Finkelhor & Russell stima che circa il 5% delle
recent research among victims suggests that the bambine e il 20% dei figli maschi sono esposti
rate of female predation is alarmingly higher
alla predazione sessuale, e sono stati abusati da
than we thought back then. [...]It’s important not donne. La ricerca più recente tra le vittime
to ever underestimate a female pedophile just
suggerisce che il tasso di predazione femminile è
because of her gender. Officials typically break
di molto superiore a quello che pensavamo fino
female offenders down into one of three different ad oggi. [...] E' importante non sottovalutare
categories:
1. Women who target kids ages 6 and
under,
2. Women who target adolescents, and
3. Women who molest kids with their
partner.
mai un pedofilo femmina solo a causa del suo
sesso. In genere queste predatrici vengono divise
in tre categorie:
1. Donne che prendono di mira i bambini dai 6
anni in giù;
Each category is surprisingly different in their
motives and feelings toward their victims.
2. Donne che prendono di mira gli adolescenti;
[...]The category 1 is for women who molest
partner.
kids ages 6 and under. These women really
Ogni categoria è totalmente differente dalle altre
should be split into 2 subcategories: those who
nelle motivazioni e nei sentimenti provati verso
were victimized by their own parents (prey
le loro vittime.
turned to predator), and those who were never
[...] La categoria 1 è per le donne che molestano
victimized but simply find sexual pleasure in
i bambini dai 6 anni in giù. Queste donne in
molesting children (self-made pedophile). [...]
realtà dovrebbero essere suddivise in 2 sotto-
The women in Category 1 tend to be very
categorie: quelle che sono stati vittime dei loro
3. Donne che abusano dei bambini con i loro
sadistic - they get satisfaction from their victim’s genitori (la vittima diventa predatore), e quelle
123
pain. Female pedophiles who were victimized as che non sono mai state vittime, ma
kids usually target their own children. As she
semplicemente trovano piacere sessuale nel
abuses, she relives all the horrible things she
molestare bambini (pedofilo auto-creato). [...] Le
experienced from her childhood and begins to
donne in categoria 1 tendono ad essere molto
hate her own victim more and more. The abuse
sadiche, e ottengono soddisfazione dal dolore
grows more frequent and more sadistic.
della loro vittima. I pedofili femmine che sono
When the child is disobedient – just like any
state vittime da bambini, di solito indirizzano le
child is – the female pedophile sees it as
loro voglie sui propri figli. Come la donna ha
deliberate maliciousness or rebellion. Sexual
subito abusi, così reiterandoli rivive tutte le cose
abuse becomes a means of revenge or
orribili vissute nella sua infanzia, e comincia ad
punishment.
odiare la sua vittima sempre di più. L'abuso
Many times, her child is an unwanted child; why
wouldn’t she want her own kid? Here are just a
couple of reasons: Incest or Rape. Sometimes
the reason is shallow: “Your dad left me
because you were a girl and not a boy.”
[...] The female pedophile who finds sexual
cresce in frequenza e sadismo.
Quando il bambino è disobbediente (proprio
come qualsiasi bambino), il pedofilo femmina lo
vede come un atto di malizia deliberata o
ribellione. L'abuso sessuale diventa un mezzo di
vendetta o di punizione.
Molte volte, il suo bambino è un bambino
satisfaction in children has different reasons for indesiderato,e perché non dovrebbe voler suo
molesting altogether. She molests whatever
figlio? In questo caso possono esserci solo un
target is convenient, her own children or others. paio di motivi: incesto o stupro. A volte il
When looking for victims outside her home, this motivo è frivolo: “Tuo padre mi ha lasciato
perché eri una bimba e non un maschio”.
woman finds ways to groom both parents and
child. She becomes a trusted babysitter, friend,
[...] Il pedofilo femminile che trova
and confidant.
soddisfazione sessuale nei bambini ha diverse
Then she finds ways to be alone with her
victims, abuse them, confuse them, and send
them back home. She manipulates the child to
believe that the abuse is “normal” or that “this
is how people show they care”.
ragioni per molestare tutti. Lei molesta con
qualsiasi modalità le conviene i propri figli o
quelli degli altri.
Quando cerca le vittime al di fuori della casa,
questa donna trova il modo di conquistare
entrambi i genitori e il bambino stesso. Diventa
These women claim to see molestation as a way una baby-sitter di fiducia, amica e confidente.
of connecting with the child. She justifies it as
Poi trova il modo di essere da sola con le sue
"loving" her child the way her mother or father
124
did.
vittime, abusare di loro,le confonde e le rimanda
Regardless of how she may try to validate
a casa. Si manipola il bambino, e lo si porta a
herself, she is still a child molester and a
credere che l'abuso sia “normale”, o che “questo
predator of the most sadistic kind.
è come le persone mostrano di avere cura degli
[…] The category 2 is for Women Seeking
Adolescents. The teacher-lovers tend to fall into
this category. These women truly personify the
pedophile definition. She romanticizes her
victims, overlooking or denying any faults or
negatives. The child is her “ideal partner” and
“better” than other kids the same age. […]
These predators typically lack self-esteem, are
co-dependent and afraid of rejection. If the child
doesn’t do something she wants him to do, she
blames herself in a manipulative way against
the child. She fools herself with thoughts that if
the child doesn’t want to be intimate, it’s
because she didn’t please the child in some way
- not enough gifts, not enough affection, not
enough… whatever. To get the child to do what
she wants, she increases the amount of
attention, affection and gifts until she can coerce
the child into a sexual encounter. For some that
even means supplying the kids with drugs or
alcohol. Some women threaten the child who
won’t comply with the predator’s deluded
dreams of sexuality. These threats are less
physical and more emotional. She may threaten
to tell lies to the child’s parents, to humiliate the
child in front of peers, or to withhold good
grades… in the case of a teacher. But this
coercion is almost inevitably followed up with
lavish affection and presents. Sometimes the
altri”.
Queste donne pretendono di vedere le molestie
come un modo per collegarsi con il bambino.
Lei lo giustifica come “amare” il suo bambino
nel modo in cui la madre o il padre lo han fatto
con lei.
Indipendentemente da come può tentare di
giustificare sé stessa, è ancora una molestatrice
di bambini e un predatore del tipo più sadico.
[...] La categoria 2 riguarda le donne che cercano
adolescenti. L'insegnante e i suoi amanti
tendono a rientrare in questa categoria. Sono
queste le donne che veramente personificano la
definizione pedofilo. Lei “romanticizza” le sue
vittime, e si affanna a negare eventuali errori o
problematiche. Il bambino è il suo “partner
ideale” ed egli è “meglio” di altri bambini della
stessa età. [...] Questi predatori in genere
mancano di autostima, sono interdipendenti e
convivono con la paura del rifiuto. Se il
bambino non fa qualcosa che lei vuole che
faccia, dà la colpa in modo manipolativo al
bambino. Lei stessa pensa poi, con pensieri
sciocchi, che se il bambino non vuole avere
rapporti intimi con lei, è perché lei non piace al
bambino in qualche modo (non fa abbastanza
regali, non dona al ragazzo abbastanza
attenzioni, non fa abbastanza... qualunque cosa
le venga in mente). Per ottenere che il bambino
125
female pedophile believes she has found a
faccia ciò che lei vuole, aumenta quindi la
"mutually consenting" sexual relationship
quantità di attenzione, affetto e regali fino a che
between adult and child, but in most cases she is non costringere il bambino ad un incontro
wrong.
Women in the category number 3 typically have
a romantic relationship with someone (typically
male) who is also a child molester. To keep the
relationship, she may participate in child
molestation, or at least help her partner get his
victims.
Sometimes she instigates the sexual abuse to
keep her partner happy.
sessuale. Per alcune, questo significa anche
fornire ai bambini droghe o alcool. Alcune
donne minacciano il bambino che non rispetta i
sogni delusi del predatore. Queste minacce sono
meno fisiche e più emotive. Può minacciare di
dire bugie ai genitori del bambino, per umiliare
il bambino di fronte a coetanei, o di trattenere
buoni voti ... nel caso di un insegnante. Ma
questa coercizione è quasi inevitabilmente
seguita da affetto e regali sontuosi. A volte il
This woman’s nature tends to be very needy,
pedofilo donna crede di aver trovato una
easily manipulated, and overly co-dependent.
"mutualmente consenziente" relazione sessuale
Some women are pressured into it. She starts out tra adulto e bambino, ma nella maggior parte dei
casi si sbaglia.
by trying to please her partner. Her partner
coercively insists on her molesting or he is
Le donne nella categoria 3, in genere, hanno una
going to leave. She’s needy enough that the very relazione romantica con una persona
(tipicamente maschile), che è anche un
thought of her partner leaving is worse than
anything else in the world. So she will molest
molestatore di bambini. Per mantenere il
just to keep him around.
rapporto, si può partecipare a molestie su minori,
The fact that she would put her romance above
a child’s well-being makes her very dangerous.
o per lo meno aiutare il suo compagno ottenere
le sue vittime. A volte si istiga l'abuso sessuale
per mantenere il partner felice.
Other women need no coercion. A woman like
La natura di questa donna tende ad essere molto
that generally molests alone as well as with her
bisognosa, facilmente manipolabile, e troppo co-
partner.
dipendente.
A common example is a mother who feels her
Alcune donne sono spinte in esso: si inizia
daughter has a better sexual relationship with
cercando di compiacere il suo partner. Il partner
the husband (or boyfriend, or father, or…) than
insiste coercitivamente su di lei, dicendole che o
the mother does. Her feelings of competition
molesta, o la abbandona. E per la donna è
and jealousy influence the mother to abuse the
sufficiente il solo pensiero di essere lasciata dal
126
child on her own while the husband is not
suo partner, che è peggio di qualsiasi altra cosa
around to abuse.
al mondo. Così lei inizia a molestare solo per
Another example is that of a woman who views
mantenere il suo rapporto con lui.
children as an annoyance, a frustration, or even Il fatto che lei metta la sua storia d'amore al di
simply as a tool.
sopra del benessere di un bambino rende questa
One woman, looking for love online, offered her categoria molto pericolosa.
Altre donne non hanno bisogno di coercizione.
baby as a sex toy hoping it would be incentive
enough for him to come meet her in person. The Una donna così molesta generalmente da sola,
così come con il suo partner.
baby wasn’t even a year old.
[…] Dr. Anna Salter, author of Predators, says a
Un esempio comune è dato da una madre che
sente che sua figlia ha un migliore rapporto
female pedophile doesn't get tried in court as
sessuale con il marito (o fidanzato, o il padre, o
often and is harder to convict than male
altro...) che la madre stessa. I suoi sentimenti di
predators simply because no one wants to
competizione e gelosia possono influenzare la
“believe that women, particularly the child’s
madre ad abusare del bambino da sola, mentre il
own mother, could do such a thing.”
marito non c'è. Un altro esempio è quello di una
And if child molestation turns to murder, the
donna che vede i bambini come un fastidio, una
female pedophile wrongfully gets off easier than frustrazione, o anche semplicemente come uno
the male pedophile.
If she is charged – and that is a big IF – she
likely won’t be charged with molestation. Nope.
She will only be charged with infanticide,
manslaughter or murder.
For decades, society refused the thought that
women could ever hurt a child that way. But the
public’s view is finally beginning to change
toward the female pedophile.
strumento.
Una donna, in cerca di amore on-line, ha offerto
il suo bambino come un giocattolo sessuale
sperando che fosse un incentivo sufficiente per
fare in modo che un uomo potesse incontrarla di
persona. Il bambino non aveva nemmeno un
anno.
[...] La Dr.ssa Anna Salter, autrice di
“Predators”, dice che un pedofilo femmina non
viene portato in tribunale come accade spesso
People are finally becoming more aware of
per i predatori maschi, e che è più difficile da
them, more conscious of their tactics and their
condannare semplicemente perché nessuno
abusive impact on children.”
vuole credere “che le donne, in particolare la
madre stessa del bambino, possano fare una cosa
del genere.”.
127
E se molestie su minori si trasformano in
omicidio, il pedofilo femmina rimane
ingiustamente fuori più facilmente rispetto al
pedofilo maschio.
Se lei paga (e questo è un grande se),
probabilmente non sarà accusata di molestie.
Assolutamente no. Potrà solo essere accusata di
infanticidio, omicidio colposo o omicidio.
Per decenni, la società ha rifiutato l'idea che le
donne potessero mai far del male ad un bambino
in questo modo. Ma la visione del pubblico sta
finalmente cominciando a cambiare nei
confronti della pedofilia femminile.
La gente sta finalmente diventando più
consapevole circa la loro esistenza, più
consapevole delle loro tattiche e del loro impatto
sui bambini abusati.”
128
 Articolo in lingua originale (olandese) con traduzione affiancata: “Seks met 12-jarige
moet kunnen” ;“Si dovrebbe permettere di avere rapporti sessuali con i dodicenni”
Una sintesi della recente intervista condotta con Herman Spronck, Superiore salesiano olandese.
(www.rtl.nl) 20/05/2011
Testo originale
Traduzione
Wist u van het lidmaatschap van pater Van B.
van de pedofielenvereniging Martijn?
Ja, ik kan mij herinneren dat hij ooit zoiets
verteld heeft. Ik heb toen niet doorgevraagd. Ik
weet niet precies wanneer dat was.
-Sapeva dell'appartenenza di padre Van B.
all'associazione di pedofili Martijn?
Sì, ricordo di aver detto forse una cosa del
genere. Non mi è stato chiesto. Non so
esattamente quando fosse.
-Hij was al vanaf 1994 lid, wist u dat?
Dat kan ik mij niet precies meer herinneren,
maar dat zou kunnen. Ik ben zelf pas overste
vanaf 1995.
-Era membro fin dal 1994, lo sapeva questo?
Non lo ricordo esattamente, ma potrebbe essere.
Sono Superiore salesiano solo dal 1995.
-Wist u van dat pater Van B. bestuurslid was
(2008-2010) van de pedofielenvereniging
Martijn?
Dat kan ik mij niet herinneren. Wel gaf hij ooit
aan dat hij bestuurslid wilde worden van een
vereniging. Was hij niet secretaris ofzo? Ik heb
toen niet doorgevraagd wat voor vereniging dat
dan precies was. Hij vertelde mij ook op een
gegeven moment dat hij ermee wilde stoppen.
Dat leek mij verstandig. Maar ik heb niet naar
de details gevraagd.
-Lo sapeva che padre Van B. era membro del
consiglio (2008-2010) dell'associazione
Martijn?
Non riesco a ricordare. Tuttavia, egli ha sempre
detto di voler essere un membro del consiglio di
un'associazione. Era un segretario o qualcosa
del genere? Non è stato chiesto che cosa era tale
associazione. Mi ha anche detto a un certo
punto che voleva venirne fuori. Il che sembrava
ragionevole. Ma non sono sceso in dettagli.
-Vond u het te verenigen met de ideeën van de
kerk dat pater Van B. lid was van de
pedofielenvereniging?
Ik wist niet precies wat voor soort vereniging
dit was. Maar als je kijkt naar de vereniging
Martijn dan is het niet verboden wat zij doen. Ik
denk dat pater Van B. hulp zocht bij zijn
gevoelens. Ik heb hem altijd gezegd dat hij zich
aan de wet moest houden.
-C'è unione tra le idee della Chiesa e il fatto che
padre Van B. era un membro dei pedofili
associazione?
Non sapevo esattamente in che tipo di
associazione fosse coinvolto. Ma se ci si
riferisce all'associazione Martijn, allora
possiamo affermare che non è vietato ciò che
fanno. Credo che padre Van B. abbia cercato
aiuto per suoi sentimenti. Ho sempre detto che
doveva osservare la legge.
-Wat vindt u ervan dat pater Van B., die twee
keer veroordeeld is, zich niet aan de wet heeft
gehouden?
Ik heb hem keer op keer gezegd dat hij dat wel
moest doen. Hij heeft zich verschillende keren
als potloodventer gedragen, zo’n ernstig
vergrijp is dat natuurlijk niet.
-Cosa ne pensa di padre Van B., che è stato
condannato per due volte, non ha rispettato la
legge?
Gli ho più volte detto cosa doveva fare. Ha più
volte ostentato un comportamento esibizionista,
che non è di certo un reato grave.
129
-U vond het lidmaatschap van Martijn en de
veroordelingen voor zedendelicten nooit een
reden om pater Van B. uit de orde te zetten?
Nee. Ik heb hem een waardig leven willen
geven. Iemand uit de orde zetten doe je pas als
er sprake is van een ernstig zedendelict, zoals
verkrachting. En dat is nooit aan de orde
geweest.
-Ha mai trovato che l'adesione a Martijn e le
condanne per reati sessuali potessero essere un
buon motivo per emettere un ordine atto a non
far tornare più Padre Van B.?
No. Voglio dargli una vita dignitosa. Si può
emanare l'ordine di allontanamento solo se vi è
un grave reato sessuale, come lo stupro. Il quale
non è mai stato citato.
-Maar om een pedofiele pater te laten werken in
kerken waar hij ook in contact komt met
kinderen, zonder dat ze het daar weten, is dat
wel een goed idee?
Ik heb pater Van B. altijd gezegd dat hij zich
aan de wet moest houden en er is ook nooit echt
iets voorgevallen. Dus ik zag ook geen reden
om aan pater Van B. te twijfelen.
-Ma è una buona idea secondo lei che un prete
pedofilo possa lavorare nelle chiese, dove entra
in contatto con i bambini, senza che loro lo
sappiano?
A padre Van B. ho sempre detto che doveva
osservare la legge e non c'è mai stato alcun
episodio grave. Così, non ho visto alcun motivo
per dubitare padre Van B.
-Pater Van B. zegt zelf dat het voor hem juist
nodig is om in de buurt van kinderen te zijn. Als
dat niet zo is, dan loopt de spanning op en is hij
bang dat het misgaat. Wat vindt u daarvan?
Ik heb nooit reden gezien waarom hij niet met
kinderen kon werken. Pas in 2007 – na het
incident toen hij werkte in de Sint
Lucasparochie in Amsterdam - heb ik besloten
dat het niet langer verstandig was dat hij met
kinderen werkte. Ik heb hem toen naar de regio
Nijmegen gehaald. Daar zorgt hij nu voor
oudere medebroeders.
-Padre Van B. dice che per lui necessario
correggere i bambini da vicino. In caso
contrario, la pressione aumenta e teme che
qualcosa possa andare male. Cosa ne pensa di
questo?
Non ho mai visto motivo per cui non avrebbe
potuto lavorare con i bambini. Non fino al 2007
- dopo l'incidente in cui ha lavorato nella
parrocchia di San Luca ad Amsterdam-; in
quella occasione ho deciso che non era più
saggio che lavorasse con i bambini. L'ho portato
alla regione Nijmegen. Là aiuterà i nostri
fratelli di età maggiore maggiori.
-Kunt u zich voorstellen dat mensen vinden dat
u hem jarenlang de hand boven het hoofd heeft
gehouden?
Wat zou u doen als een familielid van u zo zou
zijn? Wij zijn bij de Salesianen één familie, zo
kunt u het zien. Zoals gezegd, ik heb hem een
waardig leven willen geven.
-Potete immaginare che la gente sappia che lui è
ben protetto da voi?
Cosa fareste se una cosa del genere succedesse
ad una persona della vostra famiglia? Siamo la
famiglia salesiana, come si può vedere. Come
ho detto, voglio dargli una vita dignitosa.
-Hoe denkt u over seksuele relaties tussen
volwassenen en kinderen, moeten die kunnen?
Er zijn natuurlijk bepaalde maatschappelijke
normen waar iedereen zich aan moet houden.
Maar je kunt je afvragen of die niet te ver gaan.
Formeel zeg ik altijd dat iedereen zich aan de
wet moet houden. Maar die relaties hoeven niet
per se schadelijk te zijn.
-Cosa ne pensa dei rapporti sessuali tra adulti e
bambini, andrebbero consentite?
Ci sono naturalmente alcune norme sociali alle
quali tutti devono obbedire. Ma c'è da chiedersi
se queste non siano troppo rigide. Formalmente,
dico sempre che ognuno deve rispettare la
legge. Ma queste relazioni non sono
necessariamente dannose.
-U denkt dat relaties tussen volwassenen en
-Pensa che le relazioni tra adulti e bambini non
130
kinderen niet per se schadelijk zijn?
Ik heb daar een voorbeeld van. Ik ben ooit
benaderd door een jongen van 14 die een relatie
had met een oudere pater. Dat mocht niet meer
en die jongen heeft daar enorm veel last van
gehad, die heeft juist schade opgelopen. Hij zei
tegen mij: ‘Pater Herman, waarom wilt u dat
verbieden?” Ja, wat zeg je dan tegen zo’n
jongen.
siano necessariamente dannose?
Ho un esempio di questo. Una volta sono
avvicinato da un ragazzo di 14 anni che aveva
una relazione con un prete più vecchio. Questo
non era più permesso e quel ragazzo ne era
scosso, quasi ferito. Mi disse: "Padre Herman,
perché si proibisce?" Beh, cosa diresti ad un
ragazzo così.
-Die relaties tussen volwassenen en kinderen
moeten dus kunnen?
Persoonlijk wijs ik relaties tussen volwassenen
en kinderen niet per definitie af. Kent u
Foucault? De filosoof. Kent u zijn geschriften?
Nee, dan moet u die maar eens lezen, vooral de
inleiding van deel 4. Het hangt wel van het kind
af. Je moet niet zo rigide naar leeftijd kijken. Je
moet nooit in de persoonlijke ruimte van een
kind komen als een kind dat niet wil, maar dat
heeft met het kind zelf te maken. Er zijn ook
kinderen die zelf aangeven dat dat wel kan. Ook
seksueel contact is dan mogelijk.
-Quindi, queste relazioni tra adulti e bambini
devono essere consentite?
Personalmente, credo le relazioni tra adulti e
bambini non siano necessariamente da
condannare. Conosce Foucault? Il filosofo.
Conosce i suoi scritti? No? Beh, dovrebbe
leggerli almeno una volta, in particolare
l'introduzione della parte 4. Dipende sempre dal
bambino. Non dovremmo essere così rigidi nel
considerare le varie età. Non si dovrebbe mai
violare lo spazio personale di un bambino, se
esso non vuole, ma concordarlo con gli stessi.
Ci sono anche bambini che indicano che si può
ricercare questo contatto. E allora, il contatto
sessuale in questi casi è possibile.
-Er is een grote groep slachtoffers die door
Salesianen in ’s Heerenberg seksueel zijn
misbruikt? Zij hebben toch schade opgelopen?
Er is inderdaad een grote groep die meent
schade te hebben overgehouden aan die tijd. Als
je echt gaat kijken, dan is er maar een kleine
groep bij wie dat echt zo is.
-Vi è un grande gruppo di vittime di abusi
sessuali da parte dei salesiani a Heerenberg?
Sono stati davvero danneggiati?
Vi è in effetti un grande gruppo che crede di
aver subito del male da quel momento. Ma se
sei veramente andando a guardare, ti sarai
accorto che c'è solo un piccolo gruppo per cui
ciò è vero.
-Vanaf welke leeftijd zijn die seksuele relaties
dan volgens u mogelijk?
De leeftijd van 18 jaar vind ik rigide.
-A che età pensa che siano possibili i rapporti
sessuali?
L'età di 18 anni la trovo molto rigida.
-Vindt u een leeftijd vanaf 12 jaar dan kunnen
voor seksuele relaties met volwassenen?
Als het aan mij zou liggen, zou dat moeten
kunnen.
-Se si decidesse per legalizzare i rapporti
sessuali con persone di età superiore a 12 anni,
pensa che sarebbe giusto?Se dipendesse da me,
sarebbe possibile.
-Komen er binnen de orde van de Salesianen
vaker relaties voor tussen ouderen en kinderen?
U moet zich voorstellen dat wij in de jaren
50/60 allemaal met elkaar woonden in ’s
Heerenberg. We waren allemaal weg van onze
familie en hadden alleen elkaar. Ouderen en
-Entrate mai nel merito delle questioni
riguardanti i rapporti tra i salesiani più anziani e
ai bambini?
Devi immaginare che negli anni 50/60
vivevamo tutti insieme a Heerenberg. Eravamo
lontano dalla nostra famiglia, e avevamo
131
jongens – er was geen vrouw te zien – leefden
met elkaar samen en dan ontstaan die dingen.
soltanto noi stessi. Ci sostenevamo l'un l'altro.
Anziani e ragazzi - non c'era alcuna donnahanno convissuto insieme, e poi sono uscite
fuori quelle cose.
-Heeft u nu u terugkijkt goed gehandeld als het
gaat om pater Van B.?
Ik had niet meer kunnen doen. Ik heb hem altijd
gesteund.
-Ora si guarda mai indietro per chiedersi se è
stata fatta la cosa giusta riguardo a padre Van
B.?
Non avrei potuto fare di più. L'ho sempre
sostenuto.
-Is het bestuurslidmaatschap nu reden om hem
uit de orde te zetten?
Nee, dat lijkt me veel te ver gaan.
-Sarà ora di mettere fuori coloro che firmano la
scheda di adesione a tali movimenti?
No, sarebbe andare troppo lontano.
 “Siamo pedofili e ce ne vantiamo” di Dario Ferri.
(www.giornalettismo.com) 28/06/2012
Il gruppo Martijn è stato vietato nei Paesi Bassi perché reputa positivo il sesso tra adulti e bambini
I PRO PEDOFILI -Un tribunale olandese ha vietato ieri un’associazione di pedofili. Il gruppo,
molto controverso, si chiama Martijn, e conta una sessantina di associati, che si battono per far
accettare il sesso tra adulti e bambini. I magistrati di Assen ne hanno ordinato l’immediata chiusura,
perché minaccia l’ordine pubblico. Secondo il tribunale olandese la pedofilia rappresenta un
comportamento orribile, né normale né accettabile. Martijn lede inoltre i diritti dei piccoli, perché i
bambini non sono in grado di difendersi rispetto agli approcci erotici degli adulti. A novembre un
tribunale penale aveva rifiutato di procedere contro l’associazione fondata nel 1982. La procura
allora si è appellata alla magistratura civile, che ha accolto la sua richiesta di divieto. Martijn
promuove un sito che offre secondo i giudici una rete di supporto digitale e sociale ai criminali che
molestano i minorenni.
RIFIUTO DI SCIOGLIMENTO - Il presidente dell’associazione pro pedofilia Marthijn
Uittenbogaard ha definito la sentenza un giorno nero per la libertà di espressione e per lo stato di
diritto. Il suo avvocato ha confermato l’intenzione di appellarsi contro il divieto, già comunicata nei
mesi scorsi, visto che l’associazione non compie alcun reato, ma promuove la causa di chi apprezza
il sesso tra adulti e bambini. Il precedente presidente del gruppo Martijn, Ad van den Berg, era stato
condannato a più anni di prigione a causa del possesso di materiale pedopornografico. Van den Berg
si era difeso sostenendo che i filmati e le foto a luci rosse con protagonisti i bambini servivano a
scopo di ricerca. Anche a causa di questo caso era partita una petizione firmata da 72 mila olandesi
che chiedevano lo scioglimento di Martijn. L’anno scorso si era scoperto che c’era anche un prete
132
cattolico all’interno del consiglio direttivo del gruppo.
 “Pedofilia, la Grecia la classifica come <<disabilità>> di Francesca Bussi
(www.vanityfair.it) 10/01/2012
Pedofili, piromani, feticisti e sadomasochisti saranno considerati «portatori di handicap». Fa
discutere la decisione del governo greco di ampliare la lista delle disabilità riconosciute per legge.
«Incomprensibile»: così la definisce Yannis Vardakastanis, presidente della Federazione greca delle
persone disabili. «Penso si stia commettendo un grande errore. Il ministero dovrebbe avere una
politica diversa», ha dichiarato Vardakastanis all'Associated Press. «La nuova lista contiene cambi
significativi ai quozienti di disabilità, e questo potrebbe impedire a molte persone di accedere ai
sussidi statali». Secondo la Federazione, il provvedimento del governo comporterebbe il rischio che
a pedofili e piromani siano riconosciute pensioni di invalidità, andando ad assottigliare i fondi per
quelle dei «veri» disabili. «Non è giusto che ai maniaci venga attribuita una disabilità del 20 o 30
per cento, mentre per i diabetici, che devono iniettarsi insulina quattro o cinque volte al giorno, sia
solo del 10 per cento», afferma Vardakastanis. Il diritto al sussidio scatta dal 67 per cento di
disabilità riconosciuta in su: una percentuale facile da raggiungere, secondo Vardakastanis,
sommando vari handicap riconosciuti. Per questo la Federazione vorrebbe che il provvedimento
venisse cambiato prima che il Parlamento lo
Pedofili, piromani, feticisti e sadomasochisti saranno
considerati «portatori di handicap». Fa discutere la decisione del governo greco di ampliare la lista
delle disabilità riconosciute per legge. «Incomprensibile»: così la definisce Yannis Vardakastanis,
presidente della Federazione greca delle persone disabili. «Penso si stia commettendo un grande
errore. Il ministero dovrebbe avere una politica diversa», ha dichiarato Vardakastanis all'Associated
Press. «La nuova lista contiene cambi significativi ai quozienti di disabilità, e questo potrebbe
impedire a molte persone di accedere ai sussidi statali». Secondo la Federazione, il provvedimento
del governo comporterebbe il rischio che a pedofili e piromani siano riconosciute pensioni di
invalidità, andando ad assottigliare i fondi per quelle dei «veri» disabili. «Non è giusto che ai
maniaci venga attribuita una disabilità del 20 o 30 per cento, mentre per i diabetici, che devono
iniettarsi insulina quattro o cinque volte al giorno, sia solo del 10 per cento», afferma Vardakastanis.
Il diritto al sussidio scatta dal 67 per cento di disabilità riconosciuta in su: una percentuale facile da
raggiungere, secondo Vardakastanis, sommando vari handicap riconosciuti. Per questo la
Federazione vorrebbe che il provvedimento venisse cambiato prima che il Parlamento lo approvi.
Il ministero del Lavoro greco, però, respinge le accuse al mittente. In un comunicato stampa
133
ufficiale sostiene che la decisione di includere alcuni disordini comportamentali nell'elenco delle
disabilità sia stata presa con la consulenza di un gruppo di medici ed esperti. Le nuove categorie
individuate, inoltre, non hanno diritto per il momento a benefici e prestazioni particolari. La nuova
lista, insomma, sarebbe stata emanata soltanto per fini pratici, a causa della «necessità di aggiornare
la vecchia regolamentazione, che risaliva al 1993». Le rassicurazioni del governo non convincono
però le associazioni dei disabili, che già il mese scorso sono scese in piazza ad Atene per chiedere
più lavoro per le fasce protette e maggiori sussidi. Anche i programmi di welfare, infatti, sono stati
tagliati per poter ricevere i prestiti di emergenza del Fondo monetario internazionale e di altri Paesi
dell'Eurozona, e molti disabili hanno visto le loro condizioni peggiorare drasticamente. Secondo
Vardakastanis, oggi in Grecia un disoccupato non vedente ha diritto a 700 euro al mese di sussidio
di disabilità, mentre un non vedente che lavori guadagna in media 360 euro. Il Paese, che lotta
contro la bancarotta dal 2009, ha un debito di 350 miliardi di euro.
 “UK, il serial killer pedofilo Robert Black condannato per un quarto delitto”, di
Daniele Particelli
(www.crimeblog.it) 28/10/2011
Ancora un ergastolo per l’assassino pedofilo Robert Black, 64enne inglese che sta già scontando
una condanna al carcere a vita per aver rapito, ucciso e stuprato tre bambine tra il 1981 e il 1986.
Black, originario di Grangemouth, in Scozia, ieri è stato giudicato colpevole di un quarto omicidio,
quello di Jennifer Cardy, bimba di 9 anni uccisa il 12 agosto 1981 a pochi chilometri da Belfast,
Irlanda del Nord. L’omicidio della Cardy era stato archiviato come irrisolto e anni veniva ormai
considerato un ‘cold case‘. Solo recentemente la polizia aveva deciso di riprenderlo in mano e di
rivedere le prove alla luce delle più moderne tecniche di analisi. Gli investigatori sono sempre stati
convinti che le vittime di Black furono molte di più delle tre accertate e per questo motivo da
qualche anno hanno iniziato a rivedere i casi di omicidi infantili rimasti irrisolti. Quello della Cardy
era uno di questi. Ad oggi la bimba risulta essere la prima vittima del serial killer: a lei seguirono
Susan Maxwell (11 anni), violentata e strangolata il 30 luglio 1982 a Cornhill on Tweed; Caroline
Hogg (5 anni), stuprata ed uccisa in circostanze mai chiarite l’8 luglio 1983 ad Edimburgo; Sarah
Harper (10 anni), rapita, stuprata e massacrata il 26 marzo 1986 a Leeds. E mentre gli investigatori
stanno cercando di attribuire a Black altri 12 delitti, la stampa locale rivela che la situazione
carceraria dell’uomo non subirà alterazioni: Robert Black non potrà mai uscire dal carcere in cui è
rinchiuso dal 1990.
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 “La convenzione di Lanzarote è legge: la parola pedofilia entra nel codice penale”
(www.diritto24.ilsole24ore.com) 19/09/2012
Il Senato approva all'unanimità, con 262 sì, la ratifica della Convenzione per la protezione dei
minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, siglata a Lanzarote nel 2007. Dopo la sesta lettura
è finalmente legge. Entra nel nostro codice penale (art.414-bis) la parola pedofilia.
Le finalità della Convezione di Lanzarote
La Convenzione di Lanzarote risponde alla necessità riscontrata dal Consiglio d'Europa di elaborare
nuovi strumenti vincolanti per gli Stati parte del Coe per il contrasto allo sfruttamento e all'abuso
sessuale dei minori. La Convenzione è stata adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio
d'Europa il 12 luglio 2007 e aperta alla firma il 25 ottobre 2007 a Lanzarote. Allo stato attuale, il
testo é stato sottoscritto da 41 Stati, tutti membri del Coe, fra i quali l'Italia, che l'ha sottoscritta il 7
novembre 2007. Sono 10 gli Stati ad averla ratificata: Albania, Danimarca, Francia, Grecia, Italia,
Malta, Olanda, San Marino, Serbia e Spagna. Avendo raggiunto l'obiettivo di 5 ratifiche, la
Convenzione è entrata in vigore il 1 luglio 2010. Si tratta di un documento con il quale i paesi
aderenti si impegnano a rafforzare la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso
sessuale, adottando criteri e misure comuni sia per la prevenzione del fenomeno, sia per il
perseguimento dei rei, nonché per la tutela delle vittime. L'obiettivo è contrastare quei reati che,
come la pedopornografia, sempre più spesso, vengono compiuti con l'ausilio delle moderne
tecnologie e sono consumati al di fuori dai confini nazionali del Paese di origine del reo.
Il recepimento italiano e l'introduzione dei nuovi articoli del codice penale
Il disegno di legge italiano che recepisce le disposizioni della Convenzioneprevere l'introduzione
nel codice penale dell'articolo 414-bis ("Pedofilia e pedopornografia culturale") che punisce con la
reclusione da tre a cinque anni chiunque, con qualsiasi mezzo, anche telematico, e con qualsiasi
forma di espressione, istiga a commettere reati di prostituzione minorile, di pornografia minorile e
detenzione di materiale pedopornografico, di violenza sessuale nei confronti di bambini e di
corruzione di minore. Alla medesima pena sarà sottoposto anche chi, "pubblicamente, fa apologia di
questi delitti". Viene, inoltre, introdotto l'articolo 609-undecies ("Adescamento di minorenni grooming"), che stabilisce che per «adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia
del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l'utilizzo della rete
Internet o di altre reti o mezzi di comunicazione« e che tale condotta sia punita con la pena da uno a
tre anni. Previste pene più severe per tutta una serie di reati: dai delitti di maltrattamenti in famiglia
a danno di minori ai reati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati a
sfondo sessuale a danno di minori.
È inoltre previsto un inasprimento delle pene anche per i reati di prostituzione minorile e di
135
pornografia minorile. Infine non si potrà più dichiarare di non essere a conoscenza della minore età
della persona offesa nel caso di commissione di uno dei delitti contro i minori.
Le reazioni
Save the children esprime "grande soddisfazione" per l'approvazione da parte del Senato del testo
di ratifica della Convenzione di Lanzarote per la protezione dei minori e contro lo sfruttamento e
l'abuso sessuale anche a mezzo internet, ferma in parlamento dal 2007. Con l'approvazione
definitiva al Senato, al termine di un iter durato 5 anni, l'Italia rafforza il proprio sistema di
protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso e si adegua agli altri paesi europei ".
"Secondo una ricerca di Save the children «tra i giovani che utilizzano internet il 13% invia proprie
foto o immagini di sé nudo ad adulti - dichiara Calerio Neri, direttore generale dell’organizzazione
in Italia - con l'approvazione di oggi, l' Italia potrà finalmente avvalersi di uno strumento
fondamentale di protezione e di contrasto dai frequenti casi di abuso e sfruttamento sessuale che
avvengono anche attraverso la rete".
Unicef Italia accoglie con favore la notizia dell'approvazione del Ddl di Ratifica della Convenzione
di Lanzarote. "La Convenzione, infatti - dichiara Giacomo Guerrera, Presidente dell'Unicef Italia rappresenta uno strumento fondamentale per la tutela dei minorenni, da gravi violazioni come
l'abuso e lo sfruttamento sessuale. Inoltre, sarà maggiormente efficace l'azione di contrasto a questi
gravi reati, spesso portata avanti in collaborazione con altri Stati, grazie a mezzi ancora più
incisivi".
 “Psicogenesi della pedofilia” di Clotilde Buraggi Masina
Articolo pubblicato in S. Leone (a cura di), “L'innocenza tradita. Pedofilia: il punto sulla
questione”, Ed. Città Nuova, 2006.
I bisogni primari del bambino
Adulti che per una loro voglia di tenerezza o per eccitazione sessuale non si rivolgono ad altri adulti
ma a bambini: un fenomeno che sembra più che mai diffuso anche in Italia e avvertito
particolarmente dagli psicoanalisti, che in anni di terapia vengono a conoscere profondamente non
soltanto i loro pazienti ma anche l'ambiente che li circonda. La vecchia psichiatria definiva tali
persone "degenerati psichici", "geneticamente tarati", ma l'attuale ricerca analitica e delle
neuroscienze getta una luce diversa sulla genesi di questi comportamenti. Agli scienziati, infatti,
appare con sempre maggiore evidenza che le esperienze relazionali della prima infanzia sono
fondamentali.
Eugenio Gaddini scrive (1984 b) che nel passato non si è tenuto abbastanza conto del fatto che la
struttura dell'Io comincia a funzionare solo a un certo livello di integrazione, che la funzione
136
principale dell'Io - il rapporto dinamico con l'oggetto - ha inizio solo a un certo punto dello sviluppo
mentale infantile, e che le funzioni dell'Io nelle sue prime fasi sono influenzate dalle vicissitudini
dello sviluppo mentale precedente. Nei primi mesi di vita, per poter sviluppare un vissuto di sé, una
organizzazione mentale di base integrata (OMB), il bambino ha assoluta necessità che le sue
sensazioni tattili. gustative, olfattive trovino risposta nelle figure di accudimento, con un contatto
nutritivo, che non è solo alimentare. Ha bisogno di essere toccato dalle mani, dallo sguardo della
madre, toccato dalla sua voce che lo accarezza con toni e timbri unici, e reciprocamente di guardare,
di toccare. Quando le risposte sono adeguate - continua Gaddini - il bambino è in grado di
affrontare le normali frustrazioni, cioè quelle della graduale separazione dalla madre, e compaiono
le pulsioni istintuali. Siccome lo scopo primario della libido, nella prima infanzia, è quello di servire
i bisogni del Sé, se tali bisogni non sono stati adeguatamente soddisfatti, l'originaria spinta del Sé
alla sopravvivenza tenderà a permanere come forza dominante, influenzando negativamente lo
sviluppo strutturale, la formazione del senso di identità, la formazione dell'oggetto distinto da sé, e,
quindi, lo sviluppo del rapporto oggettuale. Nella patologia dell'età adulta, come avviene nelle
perversioni, l'intera attività sessuale potrà allora essere messa al servizio della spinta incessante,
perentoria, dispotica e indiscriminata del Sé, invece che al servizio dello sviluppo del rapporto
oggettuale. Se la mancata soddisfazione di un bisogno nel primo periodo della vita, è ripetuta o
troppo persistente, essa ha gravi conseguenze sullo sviluppo mentale successivo e produce "dolore
mentale". Questo dolore mentale insopportabile è generatore, a sua volta, di una terribile angoscia,
quella di perdita di sé, (angoscia di integrazione e di disintegrazione)..
La più recente osservazione madre-bambino, confermando le teorie di Gaddini, indica che le
risposte alle richieste sensoriali sono indispensabili per attivare l'apparato percettivo del bambino,
per fondare quel rapporto di attaccamento e quel reciproco riconoscimento che sono le basi su cui si
costituisce il senso di sicurezza Sono queste le condizioni, inoltre, perché si sviluppi nel bambino la
capacità di regolare gli affetti e i comportamenti in sintonia con gli altri (Beebe e Lachmann 2002).
Il bambino necessita di un "tranquillo isolamento"
Secondo Winnicott, un altro autore fondamentale per capire il fenomeno della pedofilia, è
l'ambiente che, adattandosi attivamente ai bisogni del bambino, gli permette di esistere in un
isolamento tranquillo. In tali condizioni è il neonato che fa un movimento spontaneo verso
l'ambiente, scoprendolo senza che vi sia perdita del senso del Sé, senza che si produca un
annichilimento del Sé, cioè una frattura nel senso della continuità. Se vi è, invece, un'eccitazione del
bambino, che porta a uno sviluppo prematuro delle pulsioni, a uno stadio in cui l'Io non è ancora
abbastanza forte per poterle gestire, per avere la capacità di contenere l'esperienza, vi è una
distorsione psicotica della struttura individuo-ambiente (Winnicott 1958).
137
L'ambiente deve dunque proteggere il bambino: tale protezione è particolarmente necessaria quando
il piccolo sta giocando: "L'eccitamento corporeo delle zone erogene minaccia costantemente il
gioco e quindi minaccia nel bambino il senso di esistere come persona, Gli istinti costituiscono la
minaccia principale per l'Io; nella seduzione, qualche agente esterno approfitta degli istinti del
bambino e concorre ad annientare in lui il senso di esistere come entità autonoma" (1971, ed. it. 6970). "Se vi è un fallimento ambientale, su una base di compiacenza verso la seduzione, si costituisce
un falso Sé, che ha la funzione difensiva di proteggere il vero Sé. Ma solo il vero Sé può sentirsi
reale; quando il vero Sé si ritira e il falso Sé viene trattato come reale, avviene una scissione", la
quale produce un senso di futilità e di disperazione (1958, ed. it.. 271).
"Mi sento vuoto, non vivo" ripeteva, seduta dopo seduta, un mio paziente, che, cresciuto in un
ambiente affettivamente misero, aveva, da adulto, propensioni pedofile.
Winnicott ha insistito molto su questo punto: "Una tendenza a una scissione di base nella struttura
'individuo-ambiente' può nascere da una mancanza di adattamento attivo da parte dell'ambiente
all'inizio della vita. Nel caso estremo di scissione, la vita interna segreta trae molto poco dalla realtà
esterna, vi è una vera incomunicabilità" (1958, ed. it. 270). Commenta Modell: il bisogno di
comunicare, e l'incapacità di farlo, possono essere un bozzolo-prigione del vero Sé (Modell, 1984,
ed .it. 26). Rodman, un recente biografo di Winnicott, riflette su questo punto cruciale: "In presenza
di pressioni ambientali, il vero Sé è respinto sempre più all'interno, e perciò non ha contatti con il
mondo esterno, mentre, se ci sono delle cure ambientali sufficientemente buone, può essere disposto
a esprimersi in certe occasioni" (Rodman 2003, ed .it. 176). Io aggiungerei: esprimersi in modo
gioioso.
L'erotizzazione precoce del bambino
Il grande e umile Ferenczi, per anni dimenticato, scriveva nel 1932: " Se ai bambini che
attraversano la fase della tenerezza si impone più amore o un amore diverso da quello che
desiderano, ciò può avere delle conseguenze altrettanto patogene della privazione d'amore, su cui
fino a oggi si è quasi esclusivamente insistito (…) Non c'è trauma che non abbia come conseguenza
una scissione della personalità". E con immagini toccanti, che rivelano la sua partecipazione alle
sofferenze dei piccoli abusati, scrive anche: "Il bambino vittima di una aggressione sessuale, può,
sotto la pressione dell'urgenza traumatica, sviluppare le stesse emozioni di una persona adulta (…)
Si può allora parlare in opposizione alla tanto citata regressione, di progressione traumatica
(patologica) o di precocità (patologica), Viene da pensare a quei frutti che la beccata di un uccello
ha fatto maturare troppo in fretta e reso troppo dolci o alla precoce maturazione di un frutto bacato
(1932, ed. it. 98).
Lo sviluppo prematuro della libido - erotizzazione precoce - è osservabile nelle terapie dei pazienti
138
schizofrenici e, del resto, un' inchiesta americana del 1959 ha rilevato l'alto numero di schizofrenici
presenti tra i pedofili.
In accordo con le teorie esposte, Robert Stolorow (2005), prende in consi-derazione la contestualità
fondamentale del nostro senso di essere, e la situazione soggettiva in cui può essere perso e
riacquistato. Egli ricorda l'importanza delle esperienze non pensabili, non ricordabili del periodo
preverbale, "inconscio preriflessivo", sottolineando, anche, che le esperienze vissute dal bambino
come minacciose nei confronti dei legami necessari con chi si prende cura di lui vengono rimosse,
(personalmente direi anche: scisse), mentre quelle non convalidate dalla risposta genitoriale
rimangono inibite e non sviluppate, compromettendo il suo sviluppo.
I dati rilevati da questi psicoanalisti, che lavorano in stretto contatto con i neuroscienziati,
permettono di affermare quanto sia ancora valido il sistema diagnostico proposto da Winnicott per
classificare le patologie più gravi, tra cui la pedofilia: cioè la valutazione del grado di fallimento
ambientale e le sue anomalie, e il momento dello sviluppo dell'individuo in cui operano tali
anomalie . Anche Gaddini si è rivelato un precursore. Egli scrive che è importante chiedersi se la
patologia dell'Io sia frutto di frustrazioni avvenute quando il bambino era già in grado di avere un
rapporto con un oggetto esterno a lui (frustrazione dei desideri), o avvenute nel periodo precedente
(frustrazioni dei bisogni). Nel primo caso, l'Io può procedere nel suo sviluppo con un
funzionamento mentale dinamico, in luogo di quello precedente che è caratterizzato da stati mentali.
Nel secondo caso, c'è un "asseragliamento nella strutturazone oro-anale" statica. (Vorrei sottolineare
come il sadismo, fissazione anale, sia presente nei rapporti pedofili.). L'Io asservito ai bisogni del
Sé è incapace di autonomia, autenticità e spontaneità, non è in grado di contrapporsi agli altri,
perché non è in grado di sostenere conflitti (Gaddini 1984b).
Il pedofilo: un bambino psicotico
Quando persone soltanto anagraficamente mature hanno ancora bisogni infantili impellenti, possono
sentirsi in diritto di usare gli altri, anche se sono bambini, per i loro scopi. È importante capire la
differenza tra questo stato e quello della persona "sufficientemente matura": tutti hanno bisogno di
amore ma il pedofilo ne ha un bisogno disperato. Negli anni '80, estremizzando le conclusioni tratte
dall'osservazione madre-bambino della Malher, in alcuni ambienti psicoanalitici si era arrivati a
ritenere che la méta dello sviluppo fosse quella di raggiungere la separatezza e l'autonomia. Gli
psicoanalisti relazionali, in anni più recenti, hanno sottolineato, invece, che la mèta di una persona
matura è quella di poter sperimentare la propria soggettività in presenza dell'altro, in una posizione
di dipendenza matura (Benjamin 1995). È evidente che questa dipendenza matura è molto diversa
dalla dipendenza del bisogno infantile. Freud scrive: "Con il progredire dello sviluppo le vecchie
condizioni dell'angoscia dovrebbero venire a cadere (…) a causa del rafforzamento dell'Io, ma ciò
139
accade solo in maniera imperfetta. Molte persone non sanno superare la paura della perdita d'amore,
non diventano mai abbastanza indipendenti dall'amore altrui e sotto questo aspetto si comportano in
maniera infantile" (1932, ed. it.198).
I pedofili rientrano nella categoria delle persone descritte sopra, che sono rimaste bambini, come ha
scritto Di Noto (Di Noto 2002), però bambini psicotici, i quali a differenza di altri, in stato di
sofferenza si rivolgono a bambini piuttosto che ad adulti, magari competenti per fornire aiuto, per
avere sollievo e per scaricare la propria aggressività.
Da un punto di vista psicoanalitico, i pedofili vanno considerati individualmente, in ragione delle
differenze delle loro esperienze, di quelle che esistono nella forza del loro Io di modulare affetti,
pulsioni, comportamenti; di mantenere la coesione dei frammenti del Sé o della molteplicità degli
stati del Sé, come si tende a dire oggi (Mitchell 2000), dato che il Sé è costituito da una complessa
articolazione di esperienze, che iniziano già nella vita fetale. Le differenze di sviluppo dell'Io del
pedofilo si rivelano nelle varietà dei comportamenti che il pedofilo ha nei confronti del bambino
che abusa: dalla seduzione dentro alle mura di casa, al voyeurismo di siti pornografici,
dall'adescamento nelle chat-lines fino allo stupro assassino. Tuttavia, nonostante le diversità
individuali, è possibile elencare alcune caratteristiche che accomunano i pedofili. Il pedofilo, come
indicano le serie e meritevoli indagini dei rapporti annuali Eurispes-Telefono Azzurro, è stato di
solito abusato quando era bambino da genitori (anche madri!) o da parenti, amici di famiglia,
educatori, tutte persone appartenenti alla classe dei genitori, (ciò che è molto rilevante dal punto di
vista dell'Inconscio). I suoi genitori, nel caso in cui non siano stati loro i seduttori, non solo non
hanno svolto un doveroso compito di vigilanza, ma hanno negato o coperto l'abuso, diventando in
tal modo complici del seduttore. Sono stati, quindi, genitori non adeguati, "incompiuti", secondo
una felice definizione di Caffo (1992).
Padri immaturi e madri seduttive
Le indagini sulla pedofilia hanno rivelato che il padre è spesso un padre immaturo, violento, sadico
e poco presente; e che la madre è una madre seduttiva fino all'abuso, la quale non ha risposto ai
bisogni orali, tattili- orali del bambino (Socarides 1959). Genitori che rimangono dentro di lui,
interiorizzati, soprattutto se è stato violentato nella prima infanzia, come genitori cattivi, che gli
alimentano dentro la dolorosa sensazione di sentirsi sempre rifiutato, e una aggressività non
"legata", non mitigata dalla libido che genera in lui forti tendenze di rappresaglia (Cassity 1957).
Tali oggetti interni persecutori si proiettano come un'ombra sugli adulti che circondano il pedofilo,
presentificando figure potenti, terrorizzanti e minacciose, qualche volta addirittura diaboliche,
associate con ricordi intollerabili. Si capisce quindi che egli abbia paura degli adulti e che non sia in
grado di relazionarsi con loro per i suoi bisogni di tenerezza e sessuali.
140
Ferenczi, a proposito di questa paura, scrive pagine attualissime. "È difficile indovinare il
comportamento e i sentimenti dei bambini dopo violenze di questo tipo. Il loro impulso sarebbe di
rifiuto, odio, disgusto, energica difesa. "No, non voglio, mi fa male, lasciami", con queste o altre
parole analoghe, si esprimerebbe la loro immediata reazione, se non fosse inibita da una paura
immensa: i bambini si sentono indifesi, fisicamente e moralmente. La loro personalità è ancora
troppo debole per potere protestare, sia pure solo mentalmente; la forza e l'autorità degli adulti li
ammutolisce, spesso toglie loro la facoltà di pensare". Questa paura produce conseguenze indelebili
nella psiche del bambino divenuto adulto. Scrive sempre Ferenczi: "Questa stessa paura, quando
raggiunge il culmine, lo costringe automaticamente a sottomettersi alla volontà dell'aggressore, a
indovinarne tutti i desideri, a obbedirgli ciecamente, a identificarsi completamente con lui. Con
l'identificazione o meglio con l'introiezione dell'aggressore, quest'ultimo scompare come realtà
esterna e diventa intrapsichico (Ferenczi, 1932, ed. it. 96). Ed è tale identificazione che, nell'età
adulta, rende l'abusato un pedofilo.
C'è però un altro aspetto che va tenuto presente. Soprattutto quando l'abusante è la madre, c'è stato
un perdurare di un contatto fisico, a cui la madre non ha saputo rinunciare, e andato oltre ai limiti:
sia quelli consentiti dall'età del bambino, sia quelli relativi alla soglia di tollerabilità
dell'eccitazione. Il bambino si abitua a questa intimità falsamente protettiva, che lo tiene invece a un
livello di sviluppo molto primitivo. Cercando di ritrovare quell'unione magica, quell'unione
completa con l'oggetto originario (McDougall, 1972), quei momenti così speciali che con un adulto
non avrebbero più il sapore dell'infanzia, il pedofilo si rivolge a un bambino, un oggetto facilmente
manipolabile e controllabile. Per realizzare questa fantasia illusoria, la psiche ricorre allora a una
manovra molto complessa: non è del tutto esatto dire che il pedofilo si mette al posto del bambino
con un'identificazione alla rovescia, come la chiama Fenichel. Secondo Gaddini, non si tratta di una
vera identificazione, la quale ha sempre elementi di realtà, ma di una regressione patologica
dall'identificazione all'imitazione, in cui il pedofilo, nella sua fantasia inconscia onnipotente, si
sente veramente lui stesso il bambino. Egli non cerca dunque il rapporto come espressione di una
sessualità adulta, ma come una trasformazione, in un contatto magicamente unificante, tale da
eliminare la separazione e i conflitti istintuali (Gaddini 1968).
Il pedofilo teme la realtà
Questa fantasia inconscia irrealistica sarebbe distrutta dal contatto con la realtà: "L'Io infantile del
pedofilo si sente minacciato dalla dipendenza dall'oggetto esterno che lo espone alla perdita
dell'onnipotenza del Sé" (Gaddini 1976, 403) e gli fa sentire una incontenibile angoscia di perdita di
sé. È per questo che ha bisogno di vivere il rapporto con il bambino in una complicità clandestina
(Kluzer Usuelli 1989), come in un gioco segreto che non deve assolutamente essere scoperto. La
141
richiesta che l'adulto fa al bambino di non dire niente a nessuno, deriva anche da questo motivo, e
non solo dal fatto che l'adulto teme di essere punito.
Il meccanismo psichico della scissione è rilevante anche per un altro motivo. Quando abusa del
bambino, il pedofilo può negare, attraverso la scissione, la propria aggressività e quella con cui
l'hanno ferito i propri genitori (Socarides, 1976): egli può assumere una personalità diversa, con cui
cerca di dare amore al bambino che sente come se stesso, convincendosi che la propria sessualità è
un'offerta d'amore.
Quando il pedofilo vuole dare risposta a bisogni infantili e ad eccitazioni sessuali più mature, il suo
stato interno, molto disomogeneo rispetto allo sviluppo psichico, gli fa confondere bisogni sensuali
con bisogni sessuali; e del resto egli è figlio di genitori che hanno alimentato questa confusione,
avendola dentro di loro. Essi sono di solito genitori che usano i propri figli per riparare le deficienze
e i danni del proprio Sé e che hanno insegnato ai loro figli a fare altrettanto. Essi sono adulti, come
scrive Gaddini, "la cui attività sessuale, anche se svolta con aspetti riusciti e apparentemente
genitali, è al servizio della spinta incessante e perentoria del Sé a sopravvivere" (1976, 399). I figli
ripetono ciò che hanno subito: ripetere non equivale a ricordare, elaborando i ricordi; si può ripetere
senza avere coscienza di ripetere. Però le indagini statistiche sono, almeno su questo punto,
consolanti; non tutti gli abusati diventano pedofili, la ripetizione non avviene necessariamente nella
seconda generazione.
Per i suoi problemi di sviluppo, il pedofilo ha una sofferta identità di genere, un rapporto cattivo
con il proprio corpo e, in particolare, con i propri genitali, che ritiene inadeguati. Stoller ( 1973 a )
pensa che la pedofilia sia un disturbo particolarmente centrato sull'apparato sessuale. La povera
immagine che il pedofilo ha del proprio corpo e dei propri genitali lo spinge verso un'attività
sessuale attraverso la quale cerca un rinforzo narcisistico della propria immagine (Steele, 1994);
talvolta con impulsi esibizionistici improvvisi, con cui cerca di essere rassicurato sulle dimensioni e
virilità del proprio pene. È evidente che questa "ammirazione" è più facile ottenerla da un bambino
che da un adulto, il quale criticherebbe certe esibizioni e una prestazione sessuale inadeguata.
Il pedofilo è privo di empatia
Il pedofilo, per le sue carenze di sviluppo, non è capace di immaginare le conseguenze che i suoi
atti hanno sul bambino: egli è privo di empatia. Per Freud, infatti, è solo a metà della fase sadicoanale che compare per la prima volta la considerazione per l'oggetto (1932, 207). L'Io rimasto
fragile, non raggiunge, inoltre, una organizzazione capace di subordinare le altre tendenze al
primato della genitalità (1905). Il pedofilo predilige ancora quelle attività preliminari, le quali
possono essere presenti in un rapporto adulto, ma che non costituiscono, da sole, una relazione
sessuale soddisfacente. La debolezza dell'Io lo rende anche incapace di provare tenerezza nei
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confronti degli altri e in particolare dei bambini. Perché si arrivi alla tenerezza - scrive Freud occorre che, pur partendo dalle fonti del bisogno sessuale, si sia capaci di rinunziare a soddisfarlo
(1932, 205). Un Io forte sa governare le pulsioni, sa neutralizzarle, sa inibirle nella mèta (1932,
198): il pedofilo, invece, non è capace di tutto ciò: quando ha un bisogno pulsionale, lo vuole
esaudito subito, come i bambini piccoli, e non è nemmeno capace di differire la scarica delle sue
pulsioni utilizzando la fantasia. Come si è detto, il vero Sé del pedofilo, rimasto imbozzolato in una
prigione che lo coarta, rimasto "clandestino" in un'organizzazione psichica difensivamente scissa,
talvolta emerge, con impulsi coatti di violenza inaudita travolgendo il proprio Io e forzando il
bambino, diventato sua preda, a fare quello che chiede da lui. Dipende dallo sviluppo dell'Io del
pedofilo la capacità di mantenere un controllo difensivo su questa emergenza e di restare, più o
meno, in contatto con la realtà. Nel caso in cui l'Io sia stato gravemente lacerato, e quindi
depotenziato rispetto alle proprie capacità difensive, uno stimolo, per altri insignificante, può
innestare una catena associativa di ricordi e di terrori che provoca angoscia, fino al disimpasto delle
pulsioni libidiche e aggressive (Freud 1932, 213). Pao (1979,) un esperto di patologie gravi e di
schizofrenia, definisce questo stato "panico organismico". Il panico organismico è paragonabile a
uno tsunami interno la cui aggressività allagante disaggrega la coesione del Sé e produce atti
talvolta irreparabili, come lo stupro di un bambino.
Un Super-Io corrotto
Freud ci insegna che, quando il superamento del complesso edipico avviene solo in parte, il Superio "langue e si atrofizza" (1932,177) e che il Super-io viene costruito non secondo il modello dei
genitori ma su quello del loro Super-io (1932, 179). Il Super-io del pedofilo è, quindi, un Super-io
corrotto, come quello dei genitori (Masciangelo, 1989). Scrive Freud: "L'angoscia di fronte al
Super-io non dovrebbe mai venir meno, perché è indispensabile nei rapporti sociali come angoscia
morale" (1932, 198); invece nel pedofilo viene negata o addirittura "preclusa", cioè gettata via,
espulsa, rigettata con uno smantellamento della coscienza. È per questo che il pedofilo, spesso, non
sente sensi di colpa per le proprie azioni; in alcuni "cosiddetti intellettuali", questa atrofia del Superio può essere così grave da indurli a razionalizzare la legittimità della pedofilia, e purtroppo avviene
che qualche operatore dei mass-media, anche importante, divulghi tale opinione.
Autori come la Chasseguet Smirgel (1975), una autorità nel campo delle perversioni, sottolinea tale
malformazione del Super-io quando scrive che i perversi non sono fermati né dal tabù dell'incesto
né da quello delle differenze generazionali.
Il pedofilo è un feticista
Un ultimo punto: Phylip Greenacre mette in relazione il difettoso sviluppo dell'immagine corporea
del pedofilo con il feticismo (1955). Per negare l'angoscia della propria evirazione, il feticista, come
143
dice Freud, (1938), nega anche la realtà o perlomeno la nega con una parte del Sé scisso. Il feticista,
quindi, è uno psicotico, il quale, per non ammettere una realtà che lo terrorizza, vuole, in modo
onnipotente, trasformarla, manipolarla, controllarla a suo piacimento. Il bambino nelle sue mani può
assumere come feticcio tutti i significati che il pedofilo gli attribuisce. Può essere vissuto come un
pene potente, come un seno che il pedofilo non accetta di avere perduto, come un fallo che vorrebbe
possedere - se è una donna. (È mio parere che talvolta anche il dito fallico che penetra il bambino
possa essere un feticcio). Nella fantasia onnipotente del pedofilo, il bambino non può avere, quindi,
vita propria; deve corrispondere in modo inerte alle aspettative del pedofilo; deve essere de-animato
per essere usato come un pupazzo. Se il bambino si ribella, urla e si dimostra vivo è come se
infrangesse le proiezioni del suo aggressore; allora il pedofilo si sente sopraffatto da una realtà che
non riesce più a deformare a suo piacimento e che distrugge la sua onnipotenza. E allora fa a pezzi
il suo bambolotto.
 Glocal Book “Narcisismo tra mito e criminologia” di Flaminia Bolzan Mariotti
Posocco.
Capitolo 2.2 “Rilevanza dei disturbi di personalità ai fini dell’imputabilità”, pag. 33
(http://www.scribd.com/doc/111116407/Flaminia-Bolzan-Mariotti-Posocco-Narcisismo-TraMito-e-Criminologia)
In ambito criminologico e psichiatrico forense le considerazioni di natura psicodinamica devono
ovviamente essere inquadrate e organizzate all’interno della giurisprudenza e devono quindi essere
analizzate in modo da fornire chiare indicazioni circa la capacità di intendere e di volere del
soggetto al momento del reato.
L’imputabilità consiste in un presupposto necessario affinché un soggetto possa essere chiamato a
rispondere giuridicamente di un determinato fatto avente rilevanza giuridica (Rossi, 2005).
Dottrina e giurisprudenza concordano, pertanto, nel ritenere che l’imputabilità non sia soltanto una
condizione soggettiva necessaria ad applicare la conseguenza di un reato (la pena) ma anche la
condizione dell’autore del reato che rende possibile la rimproverabilità del fatto; non è
rimproverabile, infatti, una persona che al momento della commissione del fatto non era capace di
intendere e di volere.
L’articolo 85 del nostro codice penale così recita quando parla di imputabilità: “Nessuno può essere
punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se, al momento in cui l’ha commesso non era
imputabile. E’ imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere”.
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Un soggetto penalmente perseguibile deve quindi possedere la capacità di intendere, cioè
l’attitudine del soggetto medesimo non solo a conoscere la realtà esterna, ma a rendersi conto del
valore sociale, positivo o negativo, degli atti che egli compie (Mantovani, 2001).
Altresì la capacità di “intendere” può essere considerata come la capacità di discernere rettamente il
significato e il valore, nonché le conseguenze morali e giuridiche, di determinati fatti e la chiara
consapevolezza di ciò che è bene e di ciò che è male, cioè la capacità di apprezzamento e di
previsione della portata delle proprie azioni od omissioni, sia sul piano giudiziario, sia su quello
morale (Ponti, 1993).
Parimenti necessaria ai fini dell’imputabilità è la capacità di “volere”, intesa come l’attitudine del
soggetto a determinarsi in modo autonomo tra i motivi antagonistici coscienti in vista di uno scopo,
volendo, quindi, ciò pag.34 che l’intelletto ha giudicato preferibile fare e adeguando il proprio
comportamento alle scelte fatte (Mantovani, 2001).
In senso più ampio la capacità di “volere” implica la capacità di esercitare in modo autonomo la
propria scelta, di pianificare delle azioni, di incanalare l’affettività e infine di agire in modo
coerente alle intenzioni iniziali, autoregolando il proprio comportamento.
Il nostro sistema giuridico considera quindi l’imputabilità collegata a questi due fattori, venendo
meno nel momento in cui sia mancante anche solo uno di questi.
Il sistema riduce tuttavia le dimensioni dell’essere umano ad una semplice dicotomia, non tenendo
conto del complesso delle funzioni psichiche, tra loro inscindibili, che fanno parte integrante del
nostro essere e quindi del nostro agire, inoltre non considera tutta un’altra serie di dimensioni che
attengono ai meccanismi dell’inconscio, dimensioni non consapevoli, eppure capaci di
condizionare, talvolta completamente, il nostro comportamento (Andreoli, 1999).
Proprio per questo motivo, la responsabilità di un individuo dovrebbe essere esaminata studiando
nel loro insieme queste dimensioni e verificando il grado di incidenza delle stesse nello svolgersi
del reato.
Va sottolineata poi la difficoltà nell’analisi dei sopraccitati presupposti, non tanto relativamente alla
capacità di intendere, quanto a quella di volere; è più facile infatti verificare l’incidenza
dell’infermità sulla prima di quanto non lo sia sulla seconda.
L’esperto sarà infatti in grado di ricercare come l’autore di un reato abbia potuto rappresentarsi la
situazione, in che misura sia stato capace di prevederne i risultati, in che grado abbia avuto
coscienza del carattere delittuoso del gesto, ma avrà grandi difficoltà a compiere una valutazione
145
sulle capacità volitive del soggetto, su quanto sia stato pressante l’impulso ad agire, ma soprattutto,
se tale impulso abbia realmente impedito di poter scegliere tra azioni alternative.
Secondo il nostro ordinamento, in ogni caso, l’imputabilità può essere esclusa o diminuita
aprioristicamente in talune specifiche circostanze.
In particolare gli articoli 88 (art.88 c.p. “Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il
fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità d’intendere o di volere”)e 89
(art.89 c.p. “Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente
da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità d’intendere o di volere, risponde del reato
commesso, ma la pena è diminuita”) ed alterazioni biologiche riconducibili alle classificazioni
documentabili elaborate dalla psichiatria. del codice penale fanno riferimento al concetto di
infermità mentale.
I principali orientamenti giurisprudenziali che considerano l’infermità di mente come causa di
esclusione della capacità di intendere e di volere si riassumono in due paradigmi; il primo
“paradigma medico”, il secondo “paradigma psicologico”.
Il paradigma medico intende il concetto di infermità come “malattia mentale”, ovvero, stato
patologico avente origine da una deficienza organica.
Tale modello, elaborato sul finire dell’ottocento, afferma in sostanza la piena identità tra infermità
di mente
Questa tendenza affonda le sue radici in considerazioni di natura general preventiva considerando il
fatto che un’eccessiva estensione della sfera di non punibilità potrebbe avere gravi ripercussioni sul
piano della deterrenza.
Solo le psicosi endogene od organiche possono quindi escludere le capacità di intendere e di volere,
mentre le nevrosi e le psicopatie, pur essendo nosograficamente inquadrate, non assumerebbero
rilevanza ai fini dell’imputabilità.
Nello specifico si considerano “psicosi organiche” quelle malattie psichiche provenienti da un noto
agente patogeno e accompagnate da conosciute alterazioni anatomopatologiche (traumi, epilessia,
ecc.).
Vengono invece definite “psicosi endogene” le alterazioni mentali prive di cause organiche che
tuttavia alterano profondamente i processi mentali rispetto a quelli abituali (schizofrenia, paranoia,
psicosi depressiva).
Il paradigma psicologico ha avuto origine, invece, nei primi anni del novecento sotto l’influenza
146
dell’opera di Freud e considera i disturbi mentali come disarmonie dell’apparato psichico, in cui le
fantasie inconsce raggiungono un potere tale che la realtà psicologica diventa, per il soggetto, più
significante della realtà esterna.
In questo modo il concetto di infermità si allarga fino a comprendere, non solo le psicosi organiche
ed endogene, ma anche altri disturbi morbosi dell’attività psichica, come le nevrosi, le psicopatie e i
disturbi dell’affettività.
Per una migliore comprensione andremo ora ad analizzare nello specifico il significato dei termini
“nevrosi” e “psicopatia”.
La nevrosi fa riferimento ad una condizione di sofferenza della psiche che si manifesta con ansia in
misura eccedente e duratura, espressione di una conflittualità non risolta, generata da conflitti
interiori o con l’ambiente sociale.
Nelle nevrosi le risposte a certi stimoli (frustrazioni, conflitti psichici ecc.) si traducono
essenzialmente in sofferenza personale del soggetto (autoaggressività).
La psicopatia sottintende invece ad una grave e permanente anomalia del carattere che favorisce
comportamenti di disturbo e di sofferenza per gli altri (eteroaggressività).
Lo psicopatico, senza ansie e conflitti interiori, riflette le proprie dinamiche psichiche sull’ambiente
attraverso condotte disturbanti (personalità istrioniche, impulsivi, disaffettivi, sessuali, ecc.)
(Mantovani, 1984).
Tuttavia il termine psicopatia non risulta di facile classificazione, infatti, nel manuale statistico e
diagnostico dell’American Psychiatric Association DSM-II tale termine coincise con l’espressione
“personalità antisociale”; Kernberg, invece, identificò la psicopatia come una variante primitiva del
“disturbo narcisistico di personalità”, che fa affidamento su difese primitive e relazioni d’oggetto
interne altamente patologiche (Kernberg, 1975).
Oggi i concetti clinici di psicopatia e disturbi di personalità coincidono per descrivere un tipo di
personalità non psicotica e non nevrotica ma che può, in alcuni casi, avere caratteristiche simili ad
entrambe.
Attualmente nella scienza psichiatrica sono presenti orientamenti che affermano un “modello
integrato” della malattia mentale, in grado di spiegare il disturbo psichico sulla base di diverse
ipotesi riguardo la sua natura e la sua origine; n pratica il modello integrato tiene conto di tutte le
variabili biologiche, psicologiche, sociali, relazionali, che entrano in gioco nel determinismo della
malattia.
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Nell’attuale giurisprudenza si tende quindi ad attribuire rilevanza, ai fini dell’imputabilità del
soggetto agente, anche ai disturbi di personalità ed all’incidenza che tali disturbi possono avere
sulla capacità di valutazione del fatto-reato.
Il fatto di aver ancorato la valutazione del disturbo alla sua incidenza sulla capacità di valutare
l’azione ha sottolineato quindi un nesso eziologico tra infermità e reato come requisito della non
imputabilità.
Il merito della sentenza della Corte di Cassazione (Corte di Cassazione-Sezioni Unite Penali,
sentenza n.9163/2005 Massima: “Anche i disturbi di personalità, come quelli da nevrosi e
psicopatie, possono costituire causa idonea ad escludere o grandemente scemare, in via autonoma e
specifica, la capacità di intendere e di volere del soggetto agente ai fini degli art.88 e 89 c.p.,
sempre che siano di consistenza, intensità, rilevanza e gravità tali da concretamente incidere sulla
stessa; per converso, non assumono rilievo ai fini dell’imputabilità le altre “anomalie caratteriali” o
gli “stati emotivi e passionali”, che non rivestano i suddetti connotati di incisività sulla capacità di
autodeterminazione del soggetto agente; è inoltre necessario che tra il disturbo mentale e il fatto di
reato sussista un nesso eziologico, che consenta di ritenere il secondo casualmente determinato dal
primo”.
La sentenza può essere letta, fra le altre, su www.filodiritto.com)che si è pronunciata dichiarando i
disturbi di personalità atti ad incidere sull’imputabilità, quindi, è certamente quello di aver superato
un contrasto giurisprudenziale, affermando un principio di diritto sulla base del quale orientare, da
qui in avanti, una valutazione sul tema dell’imputabilità.
E’ dunque in questa prospettiva che va letto lo spazio dato ai “disturbi di personalità”, superando il
rilievo finora attribuito alle sole malattie mentali, ferma restando la necessità di una correlazione
diretta tra disturbo e azione delittuosa che costituisca un’importante criterio delimitativo della
nozione allargata di infermità.
Tale correlazione, se da un lato può garantire un maggiore rispetto delle regole general preventive,
dall’altro assicura comunque che il giudizio di colpevolezza rispecchi le reali componenti, psichiche
e soggettive, del fatto reato e consenta una risposta individualizzata che tenga conto delle condizioni
totali dell’imputato.
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Appendice B
In questa appendice vengono raccolti i testi delle varie fiabe citate nel lavoro.
1a. Cappuccetto Rosso (I° versione)
C'era una volta in un villaggio una bambina, la più carina che si potesse mai vedere. La sua mamma
n'era matta, e la sua nonna anche di più. Quella buona donna di sua madre le aveva fatto fare un
cappuccetto rosso, il quale le tornava così bene a viso, che la chiamavano dappertutto Cappuccetto
Rosso.
Un giorno sua madre, avendo cavate di forno alcune focaccia, le disse: "Va' un po' a vedere come
sta la tua nonna, perché mi hanno detto che era un po' incomodata: e intanto portale questa focaccia
e questo vasetto di burro".
Cappuccetto Rosso, senza farselo dire due volte, partì per andare dalla sua nonna, la quale stava in
un altro villaggio. E passando per un bosco s'imbatté in quella buona lana del Lupo, il quale avrebbe
avuto una gran voglia di mangiarsela; ma poi non ebbe il coraggio di farlo, a motivo di certi
taglialegna che erano lì nella foresta.
Egli le domandò dove andava. La povera bambina, che non sapeva quanto sia pericoloso fermarsi
per dar retta al Lupo, gli disse: "Vado a vedere la mia nonna e a portarle una focaccia, con questo
vasetto di burro, che le manda la mamma mia". "Sta molto lontana di qui?", disse il Lupo. "Oh,
altro!", disse Cappuccetto Rosso. "La sta laggiù, passato quel mulino, che si vede di qui, nella prima
casa, al principio del villaggio." "Benissimo", disse il Lupo, "voglio venire a vederla anch'io. Io
piglierò da questa parte, e tu da quell'altra, e faremo a chi arriva più presto." Il Lupo si messe a
correre per la sua strada, che era una scorciatoia, con quanta forza aveva nelle gambe: e la bambina
se ne andò per la sua strada, che era la più lunga, baloccandosi a cogliere le nocciuole, a dar dietro
alle farfalle, e a fare dei mazzetti con tutti i fiorellini, che incontrava lungo la via.
Il Lupo in due salti arrivò a casa della nonna e bussò. "Toc, toc." "Chi è?" "Sono la vostra bambina,
son Cappuccetto Rosso", disse il Lupo, contraffacendone la voce, "e vengo a portarvi una focaccia e
un vasetto di burro, che vi manda la mamma mia." La buona nonna, che era a letto perché non si
sentiva troppo bene, gli gridò: "Tira la stanghetta, e la porta si aprirà". Il Lupo tirò la stanghetta, e la
porta si aprì. Appena dentro, si gettò sulla buona donna e la divorò in men che non si dice, perché
erano tre giorni che non mangiava.
Quindi rinchiuse la porta e andò a mettersi nel letto della nonna, aspettando che arrivasse
Cappuccetto Rosso, che, di lì a poco, venne a picchiare alla porta. "Toc, toc." "Chi è?" Cappuccetto
Rosso, che sentì il vocione grosso del Lupo, ebbe dapprincipio un po' di paura; ma credendo che la
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sua nonna fosse raffreddata rispose: "Sono la vostra bambina, son Cappuccetto Rosso, che vengo a
portarvi una focaccia e un vasetto di burro, che vi manda la mamma mia". Il Lupo gridò di dentro,
assottigliando un po' la voce: "Tira la stanghetta e la porta si aprirà." Cappuccetto Rosso tirò la
stanghetta e la porta si aprì. Il Lupo, vistala entrare, le disse, nascondendosi sotto le coperte: "Posa
la focaccia e il vasetto di burro sulla madia e vieni a letto con me". Cappuccetto Rosso si spogliò ed
entrò nel letto, dove ebbe una gran sorpresa nel vedere com'era fatta la sua nonna, quando era tutta
spogliata.
E cominciò a dire:
"O nonna mia, che braccia grandi che avete!". "E' per abbracciarti meglio, bambina mia."
"O nonna mia, che gambe grandi che avete!" "E' per correr meglio, bambina mia."
"O nonna mia, che orecchie grandi che avete!" "E' per sentirci meglio, bambina mia."
"O nonna mia, che occhioni grandi che avete!""E' per vederci meglio, bambina mia."
"O nonna mia, che denti grandi che avete!" "E' per mangiarti meglio."
E nel dir così, quel malanno di Lupo si gettò sul povero Cappuccetto Rosso, e ne fece un boccone.
La storia di Cappuccetto Rosso fa vedere ai giovinetti e alle giovinette, e segnatamente alle
giovinette, che non bisogna mai fermarsi a discorrere per la strada con gente che non si conosce:
perché dei lupi ce n'è dappertutto e di diverse specie, e i più pericolosi sono appunto quelli che
hanno faccia di persone garbate e piene di complimenti e di belle maniere.
1b. Cappuccetto Rosso (II° versione)
C'era una volta una dolce bimbetta; solo a vederla le volevano tutti bene, e specialmente la nonna
che non sapeva più che cosa regalarle. Una volta le regalò un cappuccetto di velluto rosso, e poiché‚
le donava tanto, ed ella non voleva portare altro, la chiamarono sempre Cappuccetto Rosso. Un
giorno sua madre le disse: "Vieni, Cappuccetto Rosso, eccoti un pezzo di focaccia e una bottiglia di
vino, portali alla nonna; è debole e malata e si ristorerà. Sii gentile, salutala per me, e va' da brava
senza uscire di strada, se no cadi, rompi la bottiglia e la nonna resta a mani vuote."
"Sì, farò tutto per bene," promise Cappuccetto Rosso alla mamma, e le diede la mano. Ma la nonna
abitava fuori, nel bosco, a una mezz'ora dal villaggio. Quando Cappuccetto Rosso giunse nel bosco,
incontrò il lupo, ma non sapeva che fosse una bestia tanto cattiva e non ebbe paura. "Buon giorno,
Cappuccetto Rosso," disse questo. "Grazie, lupo." - "Dove vai così presto, Cappuccetto Rosso?" "Dalla nonna." - "Che cos'hai sotto il grembiule?" - "Vino e focaccia per la nonna debole e vecchia;
ieri abbiamo cotto il pane, così la rinforzerà!" - "Dove abita la tua nonna, Cappuccetto Rosso?" - "A
un buon quarto d'ora da qui, nel bosco, sotto le tre grosse querce; là c'è la sua casa, è sotto la
macchia di noccioli, lo saprai già," disse Cappuccetto Rosso. Il lupo pensò fra sé: Questa bimba
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tenerella è un buon boccone prelibato per te, devi far in modo di acchiapparla. Fece un pezzetto di
strada con Cappuccetto Rosso, poi disse: "Guarda un po' quanti bei fiori ci sono nel bosco,
Cappuccetto Rosso; perché‚ non ti guardi attorno? Credo che tu non senta neppure come cantano
dolcemente gli uccellini! Te ne stai tutta seria come se andassi a scuola, ed è così allegro nel
bosco!"
Cappuccetto Rosso alzò gli occhi e quando vide i raggi del sole filtrare attraverso gli alberi, e tutto
intorno pieno di bei fiori, pensò: Se porto alla nonna un mazzo di fiori, le farà piacere; è così presto
che arrivo ancora in tempo. E corse nel bosco in cerca di fiori. E quando ne aveva colto uno,
credeva che più in là ce ne fosse uno ancora più bello, correva lì e così si addentrava sempre più nel
bosco. Il lupo invece andò dritto alla casa della nonna e bussò alla porta. "Chi è?" - "Cappuccetto
Rosso, ti porto vino e focaccia; aprimi." - "Non hai che da alzare il saliscendi," gridò la nonna, "io
sono troppo debole e non posso alzarmi." Il lupo alzò il saliscendi, entrò, e senza dir motto andò
dritto al letto della nonna e la inghiottì. Poi indossò i suoi vestiti e la cuffia, si coricò nel letto, e tirò
le cortine.
Ma Cappuccetto Rosso aveva girato in cerca di fiori, e quando ne ebbe raccolti tanti che più non ne
poteva portare, si ricordò della nonna e si mise in cammino per andare da lei. Quando giunse si
meravigliò che la porta fosse spalancata, ed entrando nella stanza ebbe un'impressione così strana
che pensò: "Oh, Dio mio, che paura oggi! e dire che di solito sto così volentieri con la nonna!"
Allora si avvicinò al letto e scostò le cortine: la nonna era coricata con la cuffia abbassata sulla
faccia, e aveva un aspetto strano. "Oh, nonna, che orecchie grandi!" - "Per sentirti meglio." - "Oh,
nonna, che occhi grossi!" - "Per vederti meglio." - "Oh, nonna, che mani grandi!" - "Per afferrarti
meglio." - "Ma, nonna, che bocca spaventosa!" - "Per divorarti meglio!" E come ebbe detto queste
parole, il lupo balzò dal letto e ingoiò la povera Cappuccetto Rosso.
Poi, con la pancia bella piena, si rimise a letto, s'addormentò e incominciò a russare sonoramente.
Proprio allora passò lì davanti il cacciatore e pensò fra sé: "Come russa la vecchia! Devi darle
un'occhiata se ha bisogno di qualcosa." Entrò nella stanza e avvicinandosi al letto vide il lupo che
egli cercava da tempo. Stava per puntare lo schioppo quando gli venne in mente che forse il lupo
aveva ingoiato la nonna e che poteva ancora salvarla. Così non sparò, ma prese un paio di forbici e
aprì la pancia del lupo addormentato. Dopo due tagli vide brillare il cappuccetto rosso, e dopo altri
due la bambina saltò fuori gridando: "Che paura ho avuto! Era così buio nella pancia del lupo!" Poi
venne fuori anche la nonna ancora viva. E Cappuccetto Rosso andò prendere dei gran pietroni con
cui riempirono il ventre del lupo; quando egli si svegliò fece per correr via, ma le pietre erano così
pesanti che subito cadde a terra e morì.
Erano contenti tutti e tre: il cacciatore prese la pelle del lupo, la nonna mangiò la focaccia e bevve il
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vino che le aveva portato Cappuccetto Rosso; e Cappuccetto Rosso pensava fra sé: "Mai più
correrai sola nel bosco, lontano dal sentiero, quando la mamma te lo ha proibito."
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Raccontano pure che una volta Cappuccetto Rosso portava di nuovo una focaccia alla vecchia
nonna, e un altro lupo le aveva rivolto la parola, cercando di convincerla a deviare dal sentiero Ma
Cappuccetto Rosso se ne guardò bene, andò dritta per la sua strada e disse alla nonna di aver visto il
lupo che l'aveva salutata, guardandola però con occhi feroci: "Se non fossimo stati sulla pubblica
via, mi avrebbe mangiata!" - "Vieni," disse la nonna, "chiudiamo la porta perché‚ non entri." Poco
dopo il lupo bussò e disse: "Apri, nonna, sono Cappuccetto Rosso, ti porto la focaccia." Ma quelle,
zitte, non aprirono; allora il malvagio gironzolò un po' intorno alla casa e alla fine saltò sul tetto per
aspettare che Cappuccetto Rosso, a sera, prendesse la via del ritorno: voleva seguirla di soppiatto
per mangiarsela al buio. Ma la nonna capì le sue intenzioni. Davanti alla casa c'era un grosso
trogolo di pietra, ed ella disse alla bambina: "Prendi il secchio, Cappuccetto Rosso; ieri ho cotto le
salsicce, porta nel trogolo l'acqua dove han bollito." Cappuccetto Rosso portò tanta acqua, finché‚ il
grosso trogolo fu ben pieno. Allora il profumo delle salsicce salì alle nari del lupo; egli si mise a
fiutare e a sbirciare giù, e alla fine allungò tanto il collo che non poté più trattenersi e incominciò a
scivolare: scivolò dal tetto proprio nel grosso trogolo e affogò. Invece Cappuccetto Rosso tornò a
casa tutta allegra e nessuno le fece del male.
2. Pelle D'Asino
C'era una volta un re così grande, così amato dai suoi popoli, così rispettato dai vicini e dagli alleati,
che si poteva dire il più avventurato dei sovrani. La sua fortuna era anche confermata dalla scelta
fatta d'una principessa non meno bella che virtuosa, con la quale viveva nel massimo accordo. Dalla
loro unione una figlia era nata, così colma di grazia che non faceva lor lamentare di non avere una
più larga figliolanza.
Il lusso, il gusto, l'abbondanza regnavano a palazzo; i ministri erano bravi e giudiziosi; i cortigiani
virtuosi e affezionati; fedeli e laboriosi i servi; vaste le scuderie, con cavalli magnifici coperti di
ricche gualdrappe; se non che gli stranieri che venivano ad ammirare quelle scuderie stupivano in
vedere nel posto più appariscente un asino con tanto d'orecchi. Non già per capriccio aveva il re
collocato la bestia a quel modo. Le virtù di quel rarissimo asino meritavano la distinzione, poiché
così straordinariamente la natura lo aveva dotato, che il suo strame, non che apparir sudicio, era
tutte le mattine largamente coperto di scudi e monete d'oro d'ogni sorta, che si andava a raccogliere
al suo primo svegliarsi.
Ora, poiché le vicende della vita non risparmiano mai i re e poiché ai beni si mescola sempre
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qualche male, volle il cielo che la regina fosse colta da un subitaneo malore, contro il quale la
scienza medica nulla potette. La desolazione fu generale. Il re, sensibile e affezionato, tuttoché si
dica che il matrimonio è la tomba dell'amore, si affliggeva smisuratamente, portava voti a tutte le
chiese del regno, offriva la propria vita in cambio di quella della sposa adorata; ma i numi e le fate
furono sordi. Sentitasi prossima a morire, disse la regina al marito piangente: "Permettetemi, prima
di morire, che io vi domandi una grazia: se mai vi venisse voglia di riammogliarvi..." A. queste
parole, il re mandò un grido da spaccare il cuore, afferrò le mani della moglie, le bagnò di lacrime,
giurò che era inutile di parlare di seconde nozze. "No, no, disse, cara regina, parlatemi piuttosto di
seguirvi. — Lo Stato, riprese la regina con fermezza, esige un erede e poiché soltanto una figlia io
vi ho data, è naturale che vi si faccia pressione perché abbiate dei figli a voi somiglianti; ma io vi
chiedo ardentemente, per tutto l'amore che mi portaste, di non cedere alle insistenze del vostro
popolo, se non quando avrete trovato una principessa più bella di me. Voglio che me lo giuriate, e
così morrò contenta."
Si sospetta che la regina, la quale non mancava di amor proprio, avesse preteso quel giuramento,
nella sicurezza che nessuna donna al mondo potesse rivaleggiar con lei. Finalmente morì. Lo
strepito che fece il marito non si può dire: pianti, singhiozzi giorno e notte, furono la sua unica
occupazione.
Ma i grandi dolori non durano. E poi anche i grandi dello Stato si riunirono e vennero a pregare il re
che si riammogliasse. La proposta provocò un novello scoppio di lacrime. Il re si scusò col
giuramento fatto, sfidando tutti i consiglieri a trovare una principessa più bella della buon'anima.
Ma il consiglio non fece caso della promessa, e disse che poco importava della bellezza, purché la
regina fosse virtuosa e non sterile; che la sicurezza dello Stato esigeva un erede; che la figlia del re
possedeva, in verità, tutte le doti d'una gran regina, ma che bisognava poi darla in moglie ad uno
straniero; e che allora o costui se la porterebbe via o, regnando con lei, i figli non sarebbero più
considerati dello stesso sangue, e che quindi, non essendovi ora altri principi del suo nome, i popoli
vicini potrebbero suscitar delle guerre da portare la rovina del regno. Il re, colpito da queste
considerazioni, promise che avrebbe pensato a contentarli.
Cercò infatti, fra le principesse da marito, quella che più gli convenisse. Tutti i giorni gli si
portavano bellissimi ritratti; ma non uno che avesse le grazie della defunta regina; epperò il re non
si decideva. Per mala sorte, gli venne in testa che la propria figlia non soltanto era un incanto di
bellezza, ma sorpassava inoltre la mamma in quanto a spirito e modi graziosi. La giovinezza di lei,
la freschezza della carnagione, infiammarono a tal segno il re da spingerlo a rivelare ogni cosa, a
dirle schietto di aver risoluto di sposarla, potendo ella sola scioglierlo dal giuramento.
Virtuosa e pudica com'era, poco mancò che la giovane principessa non venisse meno a quella
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orribile proposta. Si gettò ai piedi dei padre, e con quanto calore aveva nell'anima, lo scongiurò di
non costringerla a commettere un tal delitto.
Il re, messosi in capo quel progetto bisbetico, aveva consultato un vecchio Druido, per rassicurare la
principessa. Il Druido, più ambizioso che pio, sacrificò all'onore di essere il confidente d'un gran re,
l'interesse dell'innocenza e della virtù, e così abilmente s'insinuò nell'animo del re, tanto seppe
temperare l'orrore del delitto, da persuadergli perfino che sposar la figlia era un'opera meritoria.
Lusingato dai discorsi del furfante, il re lo abbracciò e tornò a palazzo più caparbio che mai. Fece
dunque ordinare alla figlia di prepararsi all'obbedienza.
Straziata dal dolore, la giovane principessa non seppe altro immaginare che ricorrere alla fata dei
Lillà, sua madrina. La stessa notte partì in una carrozza tirata da un grosso montone che sapeva tutte
le vie. Arriva sana e salva. La fata, che le voleva bene, le disse di saper già tutto, che non si desse
pena, che niente di male sarebbe successo, purché eseguisse appuntino le sue istruzioni. "Perché
sarebbe un gran peccato, disse, di sposar vostro padre, ma voi, cara, potete, senza contraddirlo,
evitare il male; ditegli che vi dia, per contentare un vostro capriccio, una veste color del tempo; mai
e poi mai, con tutto il suo amore e il suo potere, riuscirà ad averla".
La principessa ringraziò la madrina, e il giorno appresso parlò al re, dichiarandogli che non avrebbe
dato una risposta se prima non le si dava una veste color del tempo. Il re, animato dalla speranza,
chiamò i più famosi operai, e ordinò loro la veste, minacciando, se non riuscivano, di farli tutti
appiccare. Non gli toccò il dispiacere di ricorrere a questo eccesso; due giorni dopo la veste era
pronta. Il firmamento, cinto da nuvole d'oro, non è così azzurro com'era quella splendida veste. La
principessa ne fu afflitta e non sapeva come cavarsela. Il re insisteva per concludere. Bisognò di
nuovo rivolgersi alla madrina, e questa, sorpresa di veder sventato il suo stratagemma, le consigliò
di chiedere un altro vestito color della luna. Il re, che nulla le sapeva rifiutare, fece chiamare i più
esperti operai, e ordinò loro con tanta premura un vestito color della luna che tra l'ordine e
l'esecuzione nemmeno ventiquattr'ore passarono.
La principessa, assai più contenta della magnifica veste che non delle tenerezze paterne, si disperò
quando si trovò sola con le sue donne e con la sua nutrice. La fata dei Lillà, che tutto sapeva,
accorse in aiuto dell'afflitta, e le disse: "Se non m'inganno, io credo che domandando un vestito
color del sole, si verrà a capo di disgustare il re vostro padre, perché non riuscirà mai ad averlo: ad
ogni modo avremo guadagnato tempo".
Il vestito fu chiesto; e il re innamorato diede volentieri tutti i diamanti e i rubini della corona per
agevolare il lavoro, con ordine espresso di non risparmiare niente perché il vestito fosse come il
sole. E tale fu; tanto che, appena spiegato, tutti i presenti furono costretti a chiuder gli occhi. Fu
allora che s'inventarono gli occhiali verdi e neri. Figurarsi la principessa! Una cosa così bella, un
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lavoro così artistico nessuno aveva visto mai. Confusa, allegando di aver male agli occhi, si ritirò in
camera sua, dove la fata l'aspettava, più che mai mortificata; peggio ancora, arrabbiata.
"Ah! perbacco! esclamò, vedremo ora di mettere a una dura prova l'amore di vostro padre. Lo so
che è testardo; ma sarà certo sbalordito della domanda che gli farete ora: chiedetegli la pelle d'asino
a lui così caro e che sopperisce a tutte le spese della corte: andate, dite che quella pelle vi è
indispensabile".
La principessa, senza perder tempo, obbedì. Benché sbalordito davanti a quel nuovo capriccio, il re
non esitò un momento. Il povero asino fu sacrificato, e la pelle fu galantemente presentata alla
principessa, che si diede nel punto stesso a percuotersi le guance e a strapparsi i capelli.
"Che fate, figlia mia? le gridò la madrina accorrendo. Ecco il momento più felice della vostra vita.
Avvolgetevi in questa pelle, uscite dal palazzo, correte finché le gambe vi bastano: quando si
sacrifica tutto alla virtù, non può mancare il compenso. Andate. Penserò io a farvi seguire dai vostri
vestiti: dovunque vi fermiate, la vostra cassetta con gli abiti e i gioielli vi seguirà sotto terra; ed ecco
pure la mia bacchetta: battendo la terra, quando ne abbiate bisogno, subito la cassetta verrà fuori.
Partite subito, non perdete tempo".
Mille volte la principessa abbracciò la madrina, la pregò di non abbandonarla, s'infagottò nella
brutta pelle, dopo essersi sporcato il viso con la fuliggine del camino, ed uscì dal ricco palazzo
senza esser riconosciuta da anima viva.
La sparizione della principessa fece colpo. Il re, che aveva fatto preparare una festa magnifica, era
inconsolabile. Più di cento gendarmi e di cento moschettieri furono spiccati sui passi della
fuggitiva; ma la fata che la proteggeva la rese invisibile ad ogni ricerca.
Così, fu forza consolarsi. La principessa intanto camminava. Cammina, cammina, non trovava mai
chi la volesse, tanto la trovavano sporca. Entrò in una bella città, e proprio sulla porta trovò una
fattoria, dove la fattoressa aveva bisogno d'una massaia per lavare gli strofinacci, pulire i tacchini e
il trogolo dei maiali. La principessa tanto era stanca, accettò l'offerta, e fu subito cacciata in un
cantuccio della cucina, dove fu fatta segno alle beffe della servitù, tanto era ributtante nella sua
pelle d'asino. A poco a poco, non si badò più a lei; anzi la fattoressa prese a proteggerla, tanto la
vide sollecita dei suoi doveri. La principessa guidava le pecore e i tacchini, come se altro non
avesse mai fatto; e checché facesse, non sbagliava mai.
Un giorno, seduta tutta afflitta presso una fontana, pensò di mirarvisi, e uno spavento la prese
quando si vide così infagottata in quella orrenda pelle di asino. Tutta vergognosa, si lavò il viso e le
mani, e diventò più bianca dell'avorio. La gioia di vedersi così bella le fece venir la voglia di fare un
bagno; ma subito dopo, ebbe di nuovo a indossar la pelle per tornare alla fattoria. Fortunatamente, il
giorno appresso era festa; sicché ella ebbe modo di tirar fuori la sua cassetta, di cavarne i vestiti,
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d'incipriarsi i capelli, d'indossare la bella veste color del tempo. La camera era così piccina che lo
strascico della veste non trovava posto. La principessa si mirò e si ammirò, tanto che decise alla
fine, per scacciar la noia, di indossare i suoi bei vestiti tutte le feste e le domeniche: e così fece.
S'intrecciava nei capelli fiori e diamanti; dolevasi spesso che soli testimoni della sua bellezza
fossero i montoni e i tacchini, che pur le volevano bene con tutta la sua orribile pelle d'asino.
Un giorno di festa che Pelle d'Asino aveva indossato il vestito color di sole, il figlio del re, a cui la
fattoria apparteneva, vi si fermò per riposarsi dalla caccia. Era giovane, bello, adorato dai genitori,
idolatrato dal popolo. Gli fu offerta una rustica refezione; dopo della quale, egli si diede a girare di
qua e di là per i cortili. Entrò così in un oscuro androne che aveva in fondo una porta chiusa. La
curiosità lo spinse a metter l'occhio al buco della serratura; ma che colpo fu il suo, quando vide la
principessa così bella, così sfarzosamente vestita, così nobile all'aspetto da parere una divinità? La
furia del sentimento lo avrebbe spinto a sfondar la porta se non fosse stato il rispetto inspiratogli
dalla magica apparizione.
Uscì a malincuore dall'oscuro androne, e subito domandò chi fosse la persona che abitava quella
camera. Gli risposero che era una massaia, chiamata Pelle d'Asino perché d'una pelle d'asino era
vestita, che tanto era sudicia ed unta, che nessuno la guardava o le parlava; e che la si era presa per
guardiana dei montoni e dei tacchini.
Poco soddisfatto di questi chiarimenti, il principe capì essere inutile chieder notizie a quella gente
grossolana. Tornò alla reggia, più che mai innamorato, avendo sempre davanti agli occhi la divina
visione balenatagli attraverso la serratura. Si pentì di non aver picchiato, e decise di farlo un'altra
volta. Ma la furia del sangue, effetto dell'amore, gli diede la stessa notte una febbre così forte che in
brevissimo tempo lo ridusse agli estremi. La regina madre, avendo in lui l'unico suo figlio, si
disperava. Prometteva ai medici i più straordinari compensi; ma i medici, con tutta la loro scienza, a
niente riuscivano.
Indovinarono finalmente che la causa del male era un dolore profondo; e ne avvertirono la regina, la
quale corse subito al capezzale del figlio per interrogarlo e supplicarlo: "Parlasse franco:
quand'anche si trattasse di ceder la corona, il re suo padre scenderebbe volentieri dal trono perché il
figlio vi montasse; se desiderava una principessa, dato pure che si fosse in guerra col padre di lei,
tutto si porrebbe in opera per contentarlo; ma ad ogni modo, non si abbandonasse così, non morisse,
poiché dalla vita di lui dipendeva la loro."
Così parlando, un fiume di lacrime le sgorgava dagli occhi. "Signora, rispose il principe con un fil
di voce, io non sono così snaturato da ambire la corona di mio padre; faccia il cielo che egli viva a
lungo e che mi abbia come il più fedele e devoto dei sudditi! In quanto a principesse, non ho ancora
pensato ad ammogliarmi; e voi sapete che, obbediente come sono, farò sempre ed a qualunque costo
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il vostro volere. — Ah, figlio mio! proruppe la regina, nulla ci costerà per salvarti la vita; ma tu
salva la mia e quella di tuo padre, confessandomi quel che desideri, e sta pur certo che ti sarà
accordato. — Ebbene, signora! disse il principe, vi obbedirò: non voglio affrontare il delitto di
mettere in pericolo due esseri che mi son cari. Sì, madre mia, io desidero che Pelle d'Asino mi
faccia una torta, e che questa subito dopo mi sia portata."
La regina domandò sbalordita chi mai fosse Pelle d'Asino. "È la più brutta bestiaccia che si possa
immaginare, rispose un ufficiale che per caso aveva visto la ragazza; una sudiciona, guardiana di
tacchini, alloggiata nella vostra fattoria. — Non importa, disse la regina; mio figlio, tornando dalla
caccia, avrà forse mangiato qualche cosa cotta da lei; è un capriccio d'ammalato; in somma, io
voglio che Pelle d'Asino gli faccia subito una torta.
Si corse alla fattoria, si chiamò Pelle d'Asino, le si ordinò di fare una torta per il principe.
Vogliono alcuni che Pelle d'Asino si fosse accorta del principe, quando questi spiava dalla serratura;
e che poi, corsa alla finestra, l'aveva visto allontanarsi ed era rimasta colpita dalla bellezza del
giovane. Comunque sia, o che l'avesse visto, o che ne avesse inteso a parlare, tutta lieta di aver un
mezzo per farsi conoscere, Pelle d'Asino si chiuse in camera, gettò via la pelle, si lavò il viso e le
mani, si pettinò i biondi capelli, indossò un bel busto di argento, una gonna simile, e si diede a
manipolare la torta con farina purissima, uova e burro. Mentre lavorava, sia per caso, sia a posta, un
anello che aveva al dito cadde e si mescolò nella pasta. Fatta la torta, rimise la pelle, e consegnò
quella all'ufficiale, a cui domandò notizie del principe; ma l'ufficiale le voltò le spalle senza
degnarsi di risponderle.
Il principe prese la torta e con tanta furia la divorò, che i medici dichiararono esser quello un brutto
segno. Poco mancò infatti che il principe non s'affogasse con l'anello; ma destramente se lo cavò di
bocca, e mangiò più a rilento, mentre esaminava il fine smeraldo, incastonato in un così stretto
cerchietto d'oro, che non poteva adattarsi che al più bel ditino del mondo.
Mille volte baciò quell'anello, se lo mise sotto il guanciale, e ad ogni poco lo tirava fuori, quando
credeva non esser visto. Ma come fare per trovare colei cui quell'anello si adattasse? Come ottenere
che gli si facesse vedere la manipolatrice della torta? Come confessare quel che aveva visto dal
buco della serratura, senza far ridere del fatto suo ed esser trattato da visionario? Tutti questi dubbi
lo tormentarono a segno, che la febbre lo riprese; e i medici, non sapendo più che farsi dichiararono
alla regina che il principe era ammalato d'amore.
La regina e il re accorsero insieme dal figliuolo. "Figlio, figlio mio! esclamò disperato il sovrano,
parla, nomina colei che tu vuoi, noi giuriamo di dartela, fosse anche la più brutta delle schiave." La
regina, abbracciandolo, confermò il giuramento del re. "Babbo, mamma, rispose il principe
commosso da quelle lacrime, io non penso mica a fare un matrimonio che vi dispiaccia; e, in prova
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di ciò, io vi dichiaro che sposerò solo colei, a cui andrà bene questo anello; (e così dicendo, tirava lo
smeraldo di sotto al guanciale); non è credibile che una persona con un così bel dito sia una
zoticona o una contadina."
Il re e la regina presero l'anello, l'osservarono, e conclusero che esso non poteva appartenere che ad
una nobile damigella. Abbracciato il figlio e pregatolo di guarire, il re uscì, fece dar nei tamburi,
fece sonar pifferi e trombe, non che gridare dagli araldi per tutta la città che si venisse a palazzo per
provare un anello, e che colei cui l'anello si adattasse sposerebbe il principe ereditario.
Arrivarono prima le principesse, poi le duchesse, le marchese e le baronesse; ma checché si
sforzassero ad assottigliarsi il dito, a nessuna riuscì d'infilar l'anello. Si dovette scendere alle
crestaie, le quali, per belline che fossero, avevano sempre troppo grosse le dita. Il principe che stava
meglio, faceva da sé la prova. Finalmente si arrivò alle cameriere: peggio di peggio. Non c'era più
alcuna che non si fosse provata a infilar l'anello, quando il principe domandò le cuoche, le sguattere,
le pecoraie. Vennero anche queste, ma le dita rosse e corte non entrarono nemmeno più in giù
dell'unghia.
"Si è fatta venire quella tale Pelle d'Asino, che mi ha fatto in questi giorni una torta?... domandò il
principe. Tutti si misero a ridere, rispondendo di no, tanto quella era sudicia e unta. "Si vada a
cercarla all'istante, disse il re; non sarà mai detto ch'io abbia eccettuato qualcuno."
Si corse, ridendo a più non posso, a cercare la guardiana di tacchini.
La principessa, che aveva inteso i tamburi e le grida degli araldi, aveva ben sospettato che l'anello
suo fosse il motivo di tanto fracasso. Amava il principe; e poiché il vero amore è timido e senza
vanità, trepidava sempre che qualche signorina non avessero il dito sottile come il suo. Fu dunque
lietissima di sentir picchiare alla sua porta e di esser chiamata a corte. Da che aveva saputo che si
cercava un dito adatto all'anello, non so che speranza l'aveva spinta a pettinarsi con più cura, a
mettersi il busto d'argento con la gonna ricca di balze, di pizzi d'argento cosparsi di smeraldi. Alla
prima bussata, si nascose subito nella pelle d'asino, ed aprì la porta. I messi, burlandosi di lei, le
dissero che il re la voleva per farle sposare il principe; poi, sempre ridendo, la condussero dal
principe, il quale, sbalordito a vederla così vestita, non osò credere che fosse la stessa da lui vista
così bella e fastosa. Triste e mortificato esclamò: "Siete proprio voi che alloggiate in fondo
all'androne nel terzo cortile della fattoria? — Sì, o signore, rispose ella. — Mostratemi la mano,
disse il principe, tremando e sospirando.
Perbacco! chi mai se l'aspettava? Il re, la regina, i ciambellani, i signori di corte, tutti restarono a
bocca aperta, quando videro uscire di sotto a quella pelle nera ed unta una manina delicata, bianca e
color di rosa, con un ditino incantevole cui l'anello si adattò senza fatica... Poi, ad un leggero
movimento della principessa, la pelle cadde a terra, ed ella apparve così fulgida di bellezza che il
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principe, con tutta la sua debolezza, si mise alle ginocchia di lei e le abbracciò con un ardore che la
fece arrossire; ma nessuno se ne accorse, perché il re e la regina vennero ad abbracciarla,
domandandole se voleva essere la sposa del loro figliuolo. La principessa, confusa da tante carezze
non che dall'amore del principe, stava per ringraziare, quando il soffitto si aprì e la fata dei Lillà,
discendendo sopra un carro fatto di rami e fiori del suo nome, narrò con grazia squisita la storia
della principessa.
Il re e la regina, contentissimi di scoprire una grande principessa in Pelle d'Asino, raddoppiarono le
loro carezze; ma il principe fu ancor più commosso e più innamorato alla virtù di lei.
L'impazienza fu tale in lui per affrettare il giorno delle nozze, che appena s'ebbe il tempo di fare i
preparativi. Il re e la regina non facevano che abbracciare la futura nuora. Questa aveva intanto
dichiarato di non poter sposare, senza il consenso del padre; epperò lo s'invitò subito, senza dirgli
chi fosse la sposa, come appunto aveva consigliato la fata dei Lillà, che a tutto presiedeva.
Arrivarono sovrani da tutti i paesi, chi in portantina, chi in baroccio; i più lontani, montati su tigri,
aquile, elefanti; ma il più magnifico e il più potente fu il padre della principessa, il quale s'era
fortunatamente scordato della sua folle passione e aveva sposato una regina vedova e bella, da cui
non aveva avuto figli. La principessa gli corse incontro; egli la riconobbe, l'abbracciò teneramente,
non permise che s' inginocchiasse. Il re e la regina gli presentarono il figlio, che da lui fu accolto
con affetto. Le nozze si fecero con tutta la pompa immaginabile. Ma i giovani sposi, poco curanti di
tante magnificenze, non guardavano che a sé.
Il re, padre del principe, fece il giorno stesso coronare il figlio, e checché questi si opponesse, lo
mise in trono. Durarono le feste circa tre mesi; ma l'amore dei due sposi durerebbe tutt'ora, tanto si
volevano bene, se essi non fossero morti cento anni dopo.
3. Il Pifferaio Magico
C’era una volta la città di Hamelin in Germania. Era una città molto graziosa, ma aveva due grossi
difetti: i suoi cittadini erano molto avari e le sue cantine piene di topi.
Di gatti neanche l’ombra perché, siccome qualcosina costavano ai padroni, erano stati cacciati.
Fatto si è che i topi diventavano tanti e tanti che non era più possibile vivere nella città.
Si pensò allora di far tornare i gatti scacciati, ma i topi li misero in fuga.
Era una vita beata la loro.
Ce n’erano di tutti i tipi: topi, topini, ratti, rattoni e per tutti c’era da mangiare: nei granai, nelle
cucine, dove c’erano molte forme di formaggio.
I poveri cittadini, non sapendo più che fare, si rivolsero al loro sindaco, ma anche quello più che
dire: – Cercherò… Farò… Non so… – non faceva.
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Ma ecco, che una mattina comparve in città un ometto minuto tutto brio e allegria che disse al
sindaco: – Io vi libererò dai topi, ma voglio in cambio mille monete d’oro.
Al sindaco la richiesta non parve esagerata e promise la ricompensa, scambiando con l’ometto una
bella stretta di mano.
L’ometto, allora, prese da un sacchetto che portava a tracolla un piffero e diede due o tre zufolate.
Subito i topi che erano nello studio del Sindaco, nascosti qua e là, balzarono fuori e, quando l’uomo
uscì, lo seguirono.
Il pifferaio continuò a suonare in strada e nugoli di topi lo seguirono squittendo felici.
Nelle loro testoline vedevano montagne di formaggio tutte per loro, vedevano dispense con ogni
ben di Dio pronte ad essere saccheggiate.
- Tutto per voi, tutto per voi, bei t’opini! – prometteva la musica che li attraeva e li affascinava.
E la marcia trionfale del suonatore continuò: da tutte le case uscivano a centinaia topi di tutte le
dimensioni, di tutte le età: anche i più saggi e i più furbi tra loro credevano a ciò che la musica
magica prometteva!
E la gente, affacciata alle finestre, appoggiata ai muri delle case guardava esterrefatta e felice quella
smisurata fila di roditori che seguiva il suonatore.
- Se ne vanno! Se ne vanno! Ma è possibile? Oh, che gioia! Che il cielo sia benedetto!
Finalmente quando tutti i topi della città furono riuniti dietro a lui, il suonatore si avviò verso il
fiume e le bestiole dietro, sempre più affascinate dalla musica magica. Il pifferaio entrò ad un tratto
nell’acqua e quelli ancora dietro; avanzò ancora finché fu immerso fino al collo e i topi lo seguirono
incantati e fiduciosi.
Egli allora si fermò in mezzo alla correte e seguitò a suonare e i topi per un po’ nuotarono e poi,
siccome da lui non potevano allontanarsi finirono per annegare tutti, nessuno escluso! Allora il
suonatore uscì dal fiume, si scrollò l’acqua di dosso e si recò dal sindaco per ricevere la dovuta
ricompensa.
Il sindaco, come lo vide entrare, arricciò il naso e gli chiese: – Che vuoi tu?
- Essere pagato per tutto quello che ho fatto per la città!
- Mille monete d’oro per aver suonato il piffero per poco più di un’ora?
- Senza di me i topi avrebbero distrutto le vostre case!
- Ebbene io non ti do niente!
- Chiedi ai cittadini se sono del tuo parere.
Il sindaco si affacciò al balconcino del municipio e chiese ai concittadini quel che doveva fare e tutti
furono d’accordo con lui, da quegli avaracci che erano.
Il pifferaio allora amareggiato e molto arrabbiato minacciò: – Vi pentirete oh, se vi pentirete di
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quello che mi fate!
Uscì in strada ed eseguì una scala col flauto soffiando a tutte gote poi, aiutandosi con le agili dita,
emise dolcissimi suoni.
Tosto si videro teste di bimbi guardare giù dalle finestre, volgersi verso il pifferaio, poi un ragazzino
uscì dalla casa e guardò con entusiasmo l’uomo che suonava.
A lui si unirono due, tre compagni e tutti guardavano come affascinati il suonatore.
E questi non smise di suonare, anzi la sua musica diventò più dolce e persuasiva e nella mente dei
bambini faceva nascere visioni di città tutte balocchi, di città tutte dolci, senza scuole, senza adulti
che volevano comandare ad ogni ora del giorno.
E la schiera ingrossava sempre più e tutti i componenti erano felice e ridevano, e tenendosi per
mano cantavano seguendo sempre più affrettatamente il pifferaio.
Ed ecco i genitori rincorrere quella schiera di gioiosi figlioli che se ne andavano con l’omino così,
come i topi che lo avevano seguito sino alla morte!
- Non andate con lui! Tornate per carità! – gridavano disperati i padri e le madri mettendosi a loro
volta in fila.
Ma essi si stancavano da morire e non riuscivano a tenere il passo con i loro figli che camminavano
sognando cose meravigliose…
Il sindaco, chiuso nelle sue stanze, si strappava disperato i capelli.
Intanto il suonatore si avviava verso la grande montagna che si trovata proprio alle spalle della città.
I bimbi dietro cantavano: erano così felici di seguire quell’omino che nessuno li avrebbe distolti dal
loro proposito.
Giunsero così a metà montagna: al suono del piffero questa si aprì e tutti, pifferaio in testa,
entrarono nella fenditura che si richiuse ermeticamente dietro l’ultimo della fila.
Ne restò fuori solo uno zoppo che non era riuscito a camminare veloce come i compagni.
I cittadini che giunsero sul luogo dopo qualche tempo, lo trovarono là che piangeva disperato per
non aver potuto raggiungere i suoi amici.
Dei bambini non c’era più traccia e nessuno seppe mai ciò che ne fosse stato.
4. Pollicino
C'era una volta uno spaccalegna e una spaccalegna, che avevano sette bimbi, tutti maschietti. Il
maggiore aveva solo dieci anni e il più piccolo sette. Come mai, direte, tanti figli in così poco
tempo? Gli è che la moglie andava di buon passo e non ne faceva meno di due alla volta.
Era poverissima, e i sette bimbi la infastidivano
assai, visto che nessuno di essi era in grado di buscarsi da vivere. Per giunta di cordoglio, il più
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piccino era molto delicato e non apriva mai bocca, sicché si scambiava per grulleria quello che era
un segno di bontà di cuore. Era piccolissimo, e quando venne al mondo non era mica più grosso del
pollice, ed è però che lo chiamarono Pollicino.
Questo povero bimbo era il bersaglio della casa, e sempre a lui si dava il torto. Era però il più
giudizioso e fine di tutti i fratelli, e se poco parlava, ascoltava molto.
Venne una gran brutta annata, e tanta fu la carestia, che quella povera gente decise di sbarazzarsi dei
piccini. Una sera che questi erano a letto, lo spaccalegna disse tutto afflitto alla moglie, seduta con
lui davanti al fuoco: "Tu vedi che non possiamo più dar da mangiare ai piccini; vedermeli morir di
fame sotto gli occhi non mi dà l'animo, e ho deciso di menarli domani al bosco perché vi si
sperdano. La cosa sarà facile; quando li vedremo occupati a far fascine, tu ed io ce la svigneremo.
— Ah! esclamò la moglie, e avrai proprio cuore di far smarrir i figli tuoi?" Aveva un bel parlare di
miseria il marito, la poveretta non si faceva capace; era povera sì, ma era la loro mamma.
Se non che, considerando quanto avrebbe sofferto a vederli morir di fame, finì per acconsentire e se
ne andò a letto, piangendo.
Pollicino aveva intanto udito ogni cosa, perché essendosi accorto che discorrevano di affari, era
sgusciato fuori dal suo lettuccio e s'era insinuato sotto lo sgabello del padre. Andò subito a
ricoricarsi, non chiuse più occhio, pensando a quel che avesse da fare. Si alzò di buon mattino e se
n'andò sulle rive d'un ruscello, dove si riempì le tasche di pietruzze bianche, e poi se ne tornò a
casa. Si misero in cammino, e Pollicino non disse niente ai fratelli di quanto sapeva.
Entrarono in un bosco foltissimo, dove a dieci passi di distanza non si vedevano l'un l'altro. Il padre
si mise a spaccar legna, e i piccini a raccoglier frasche per farne fascine. Vedendoli così occupati, il
babbo e la mamma si allontanarono a poco a poco e poi, per una straducola di traverso, via di corsa.
Quando si videro soli, i bambini si dettero a gridare e a piangere il più che potevano. Pollicino li
lasciava gridare, ben sapendo per che via ritornare a casa; poiché camminando, aveva lasciato cader
per terra le pietruzze portate in saccoccia. "Non abbiate paura, disse, fratelli miei; il babbo e la
mamma ci han lasciati qui, ma io vi ricondurrò fino a casa: seguitemi."
Lo seguirono, e per lo stesso cammino, guidati da lui, traversarono il bosco e tornarono a casa. A
bella prima, non osarono entrare, ma si fermarono davanti alla porta, per sentire quel che la mamma
e il babbo dicevano.
Arrivati a casa dal bosco, lo spaccalegna e la moglie ricevettero dieci scudi, che da un pezzo
dovevano riscuotere dal signore del villaggio e sui quali non contavano più. Si sentirono rinascere,
tanta era la fame che li tormentava. Il marito mandò subito la moglie dal beccaio. E poiché da molto
tempo si stava digiuni, la donna comprò tanta carne che poteva bastar per sei persone non che per
due. Saziati che furono, disse la poveretta: "Ahimè, dove saranno ora quei poveri piccini! Che festa
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farebbero di questi avanzi. Colpa tua, Guglielmo, che volesti perderli; io te lo dissi che ci saremmo
pentiti. Che faranno ora nel bosco? O Dio! chi sa che i lupi non gli abbiano mangiati! Sei proprio
cattivo tu di aver così perduto i figli tuoi!" Lo spaccalegna, gli scappò la pazienza, e minacciò di
batterla, se non si stava zitta. Non già che non fosse più addolorato di lei; ma la moglie ciarliera gli
rompeva la testa ripetendogli che l'aveva detto, ed egli era come tanti altri, cui piacciono le donne
che dicono bene, ma che non possono soffrire quelle che hanno sempre ben detto.
La moglie si struggeva sempre in lacrime e badava a ripetere: "Ahimè! dove saranno i miei figli, i
miei poveri figli!" E così forte disse queste parole, che i piccini gridarono di fuori: "Siamo qui!
siamo qui!" Subito corse ad aprir la porta ed esclamò abbracciandoli: "Come son contenta di
rivedervi, anime mie! Dovete essere stanchi ed affamati; e tu, Pietruccio, come sei inzaccherato!
Vien qui, che ti lavi".
Pietruccio era il maggiore dei figli, il beniamino suo, perché era rosso di capelli come lei!
Si misero a tavola, e mangiarono con una fame che faceva piacere al babbo e alla mamma, ai quali
raccontarono la paura che aveano avuto nel bosco, parlando quasi sempre a coro. La contentezza dei
genitori fu grande, ma durò solo fino a che durarono i dieci scudi; finiti questi, ricaddero i poveretti
nella disperazione di prima, e da capo decisero di perdere i figli, portandoli, per non mancare il
colpo, molto più lontano della prima volta.
Per segreto che fosse il complotto, Pollicino ne afferrò qualche parola, e subito contò di cavarsi
d'impaccio come la prima volta; ma, benché si alzasse di buon mattino per raccoglier pietruzze, non
riuscì nell'intento, perché trovò chiusa a doppia mandata la porta di casa. Non sapeva che fare,
quando, avendo la mamma dato a ciascuno un pezzo di pane per la colazione, egli pensò di servirsi
del pane invece che delle pietruzze, sbriciolandone la mollica lungo la strada che avrebbero fatto;
epperò se la cacciò bene in saccoccia.
Il babbo e la mamma li menarono nel punto più fitto e scuro del bosco, e poi, infilata una
scorciatoia, li piantarono soli. Pollicino non se ne curò granché, credendo di poter ritrovare la via di
casa per mezzo del pane sbriciolato camminando; ma fu molto sorpreso, quando non riuscì a
trovarne nemmeno una briciola: gli uccelli erano venuti e aveano mangiato ogni cosa.
Figurarsi la loro afflizione! Più camminavano, più si sperdevano e si sprofondavano nel bosco.
Venne la notte, e un gran vento si levò, che faceva loro una paura terribile. Da tutte le parti pareva
loro di sentire gli urli dei lupi che venivano per mangiarli. Non osavano quasi parlare né voltar la
testa. Sopravvenne un acquazzone, che li bagnò fino all'osso; sdrucciolavano ad ogni passo,
ruzzolavano nella mota e si rialzavano tutti inzaccherati, non sapendo che fare delle loro mani.
Pollicino si arrampicò in cima ad un albero, per vedere se gli riuscisse di scoprir qualche cosa; voltò
la testa di qua e di là, e scorse alla fine un piccolo chiarore come d'una candela, ma lontano assai, di
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là dal bosco. Discese dall'albero, e quando fu a terra non vide più niente, purtroppo. Nondimeno,
dopo aver camminato ancora, un po' coi fratelli verso la parte del chiarore, lo rivide uscendo dal
bosco. Arrivarono finalmente alla casa dov'era la candela, non senza molta paura; perché spesso la
perdevano di vista, quando scendevano in qualche sentiero più basso. Bussarono alla porta. Una
buona donna venne ad aprire, e domandò che cosa volessero. Rispose Pollicino che erano dei poveri
bambini sperdutisi nel bosco, e che domandavano per carità un posticino per dormire. La donna,
vedendoli tutti così bellini, si mise a piangere. "Ahimè! disse, poveri piccini, dove siete capitati!
Sapete voi che questa è la casa d'un Orco, che si mangia i bimbi? — Ahimè! signora, rispose
Pollicino, che tremava tutto come i fratelli, e che faremo noi? Se non ci date ricovero, non può
mancare che stanotte stessa non ci mangino vivi i lupi del bosco. Se così dev'essere, meglio è che ci
mangi il signor Orco; può anche darsi che abbia pietà di noi, se voi vi compiacerete di pregarlo".
La moglie dell'Orco, credendo di poterli nascondere al marito fino alla mattina, li lasciò entrare e li
fece scaldare davanti a un bel fuoco; perché c'era un montone intero allo spiedo per la cena
dell'Orco.
Cominciarono a scaldarsi, quando udirono tre o quattro colpi bussati forte alla porta: era l'Orco che
tornava. Subito la donna li fece nascondere sotto il letto, e corse ad aprire. L'Orco domandò prima
se la cena era pronta e se il vino era spillato, e senz'altro si mise a tavola. Il montone era ancora
sanguinolento, ma egli lo trovò squisito. Fiutava intanto a dritta e a sinistra, dicendo che sentiva
odore di carne fresca. "Dev'essere, disse la moglie, quel vitello, che or ora ho apparecchiato per
cucinarlo domani. — Io sento la carne fresca, ti ripeto, riprese l'Orco guardando di sbieco alla
moglie. Gatta ci cova! E così dicendo, si alzò dalla tavola e andò diritto al letto.
"Ah! esclamò, ecco come mi vuoi infinocchiare, strega maledetta! Non so chi mi tenga dal mangiar
te per la prima. Fortuna per te che sei una bestia vecchia. Ecco della caccia che mi arriva a
proposito per trattare tre Orchi amici miei, che verranno fra giorni a farmi visita".
Li tirò uno dopo l'altro di sotto al letto. I poveri piccini si gettarono in ginocchio, domandando
pietà: ma pur troppo avevano da fare col più feroce di tutti gli Orchi, il quale, non che impietosirsi,
li divorava già con gli occhi, e diceva alla moglie che sarebbero stati con una buona salsa
manipolata da lei altrettanti bocconi appetitosi.
Andò a prendere un coltellaccio, e avvicinandosi ai bimbi, lo andava affilando sopra una lunga
pietra che teneva nella mano sinistra. Ne aveva già agguantato uno, quando la moglie gli disse:
"Che volete fare a quest'ora? Non avrete forse tempo domani? — Zitto là! le gridò l'Orco, saranno
così più teneri. — Ma ne avete tanta della carne, ribatté la moglie: ecco qua un vitello, due montoni
e mezzo maiale! — Hai ragione, disse l'Orco; dà loro una buona cena, perché non dimagrino, e
mettili a letto".
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La buona donna, tutta contenta, portò loro da cena; ma nessuno di loro poté mangiare tanta era la
paura. L'Orco intanto si rimise a bere, felice di aver sotto mano un bel pasto per i suoi amici.
Tracannò una dozzina di bicchieri più del solito, il che gli diede un poco alla testa e lo costrinse a
mettersi a letto.
L'Orco aveva sette figlie, tutte piccine. Queste piccole orche aveano tutte una bella carnagione,
perché mangiavano carne fresca come il padre; ma aveano degli occhietti grigi e tondi, il naso ad
uncino e una boccaccia fornita di denti lunghi, puntuti e slargati. Molto cattive non erano ancora;
ma davano di sé belle speranze, perché già mordevano i bimbi per succhiarne il sangue.
Di buon'ora le avena mandate a dormire e tutte e sette erano distese in un gran letto, ciascuna con in
capo una corona d'oro. Nella stessa camera c'era un altro letto, egualmente grande; e fu in questo
che la moglie dell'Orco fece coricare i sette bambini; dopo di che, se n'andò a pigliar posto nel letto
del marito.
Pollicino aveva intanto notato che le figlie dell'Orco aveano in capo delle corone d'oro; e poiché
temeva che l'Orco s'avesse a pentire di non averli scannati la sera stessa, si alzò verso la mezzanotte,
prese il berretto proprio e quelli dei fratellini, e piano piano li andò a mettere in capo alle figlie
dell'Orco, dopo aver loro tolto le corone d'oro. Queste qui poi se le misero lui e i fratelli, affinché
l'Orco scambiasse loro per le figlie, e le figlie per i ragazzi che voleva scannare. La cosa andò per
l'appunto come l'aveva pensata; perché l'Orco, svegliatosi sulla mezzanotte, si rammaricò di aver
rimandato al domani quel che poteva fare il giorno prima. Saltò dunque dal letto e, afferrato il
coltellaccio: "Orsù, disse, andiamo a vedere come stanno quei birichini: non ci pensiamo su due
volte".
Salì a tentoni nella camera delle figlie, e si accostò al letto dov'erano i ragazzi, i quali tutti
dormivano, meno Pollicino che ebbe una paura terribile quando si sentì toccare la testa dalla mano
dell'Orco, che già aveva toccato la testa dei fratelli. L'Orco che sentì le corone d'oro: "Stavo per
farla grossa, brontolò; si vede che ho bevuto troppo iersera. Si accostò poi al letto delle figlie, e
quando ebbe palpato i berretti: "Ah! eccoli, disse, i bricconcelli! Lavoriamo da bravi!" Così
dicendo, e senza esitare un momento, tagliò la gola alle sue sette figlie, e tutto contento della
bravura, se ne tornò da basso accanto alla moglie.
Non appena udì russare l'Orco, Pollicino destò i fratelli e disse loro che si vestissero presto e lo
seguissero. Discesero in punta di piedi in giardino e saltarono di sopra al muro. Corsero quasi tutta
la notte, tremando sempre e senza sapere dove andassero.
Svegliatosi l'Orco, disse alla moglie: "Va di sopra e apparecchiami quei furfantelli di iersera."
L'Orca si meravigliò di tanta bontà nel marito, e subito montò di sopra, dove ebbe un colpo quando
vide le sette figlie scannate che nuotavano in un mare di sangue.
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Cominciò per venir meno, perché questo è il primo espediente che le donne trovano in casi simili.
L'Orco, vedendola tardare, andò anche lui di sopra ed ebbe a trasecolare davanti all'orribile
spettacolo. "Che ho fatto! esclamò. Me la pagheranno, e subito!"
Gettò una pentola d'acqua nel naso della moglie, e quando la vide tornare in sé: "Dammi presto,
disse, i miei stivaloni dl trenta miglia, affinché li raggiunga". Detto fatto, si mise in cammino, e
dopo aver corso lontano di qua e di là, entrò finalmente nel sentiero dove camminavano i poveri
ragazzi, che erano solo a cento passi dalla casa del babbo. Videro l'Orco che andava di montagna in
montagna e traversava i fiumi come se fossero ruscelletti. Pollicino, visto non lontano una roccia
scavata, vi si nascose coi fratelli, guardando sempre a quel che l'Orco faceva. L'Orco, che si sentiva
spossato dal lungo cammino, perché gli stivaloni di trenta miglia stancano maledettamente chi li
porta, volle riposarsi e andò a sedere, per caso, proprio sulla roccia dove i piccini stavano nascosti.
Siccome non ne poteva più, pigliò sonno dopo un poco, e cominciò a russare con tanto fracasso che
i poveri bambini ebbero la stessa paura di quando l'aveano visto col coltellaccio in mano, pronto a
scannarli. Pollicino ebbe meno paura degli altri, e disse ai fratelli che subito scappassero a casa
mentre l'Orco dormiva sodo, e che di lui non si dessero pensiero. Quelli seguirono il consiglio e in
meno di niente furono a casa loro. Pollicino si accostò all'Orco, gli cavò pian pianino gli stivaloni e
se li mise. Gli stivaloni erano molto grandi e larghi; ma siccome erano anche fatati, aveano il dono
di allargarsi o di stringersi secondo la gamba di chi li calzava; sicché a Pollicino andarono a
pennello, come se per lui fossero stati fatti a misura.
Se n'andò difilato alla casa dell'Orco, dove trovò la moglie di lui che piangeva sempre accanto alle
figlie scannate. "Vostro marito, le disse Pollicino, è in gran pericolo; è incappato in una banda di
ladri, e questi hanno giurato di ammazzarlo se egli non dà loro tutto il suo danaro. Nel punto che gli
tenevano il pugnale alla gola, egli mi ha visto e mi ha pregato di correre ad avvertirvi e di dirvi che
mi consegniate tutti i valori, nessuno escluso, se no lo scannano senza misericordia. Siccome la cosa
è urgente, ha voluto anche che prendessi i suoi stivaloni di trenta miglia, sì per far presto sì perché
non m'aveste a pigliare per un imbroglione".
La buona donna, più impaurita che mai, gli diede subito quanto aveva; perché l'Orco era un marito
eccellente, con tutto che mangiasse i bimbi. Pollicino, carico di tutte le ricchezze dell'Orco, se ne
tornò alla casa paterna, dove fu accolto a braccia aperte. A questo particolare molti non credono.
Pollicino, dicono costoro, non ha mai fatto questo furto all'Orco; e se gli prese gli stivaloni, lo fece
perché l'Orco se ne serviva per correre dietro i bambini: questo essi sanno di sicuro, avendo anche
mangiato e bevuto in casa del taglialegna. Affermano poi che quando ebbe calzato gli stivaloni
dell'Orco, Pollicino se n'andò alla corte, dove sapeva che si stava in gran pensiero per un esercito
che si trovava lontano 700 miglia e che aveva dato battaglia chi sa con quale esito. Si presentò,
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dicono, al re, e gli disse che se voleva notizie gliene avrebbe portato prima di sera. Il re gli promise,
dato che riuscisse, una grossa somma. Pollicino portò la notizia la sera stessa; e così, fattosi un
nome per questa prima bravura, guadagnava quel che voleva; perché il re lo pagava
profumatamente per portar gli ordini ai soldati e moltissime dame gli davano quanto più volesse per
aver notizie dei loro amanti, anzi fu questo il suo guadagno più grosso. C'erano anche di quelle che
lo incaricavano di portar le lettere ai mariti; ma lo pagavano così male che egli non si degnava
mettere a conto quel che guadagnava per questa mano.
Dopo aver fatto un certo tempo il corriere, ammassando una bella fortuna, Pollicino tornò dal padre,
dove non si può figurarsi quanto si fu contenti di rivederlo. La famiglia nuotò nell'abbondanza.
Pollicino comprò altrettanti impieghi per babbo e per i fratelli, e quando gli ebbe tutti ben collocati
seguitò egli stesso a vivere in corte da gran signore.
5. Hänsel e Gretel
Davanti a un gran bosco abitava un povero taglialegna che non aveva di che sfamarsi; riusciva a
stento a procurare il pane per sua moglie e i suoi due bambini: Hänsel e Gretel. Infine giunse un
tempo in cui non poté più provvedere neanche a questo e non sapeva più a che santo votarsi. Una
sera, mentre si voltava inquieto nel letto, la moglie gli disse: "Ascolta marito mio, domattina all'alba
prendi i due bambini, dai a ciascuno un pezzetto di pane e conducili fuori in mezzo al bosco, nel
punto dov'è più fitto; accendi loro un fuoco, poi vai via e li lasci soli laggiù. Non possiamo nutrirli
più a lungo." - "No moglie mia" disse l'uomo "non ho cuore di abbandonare i miei cari bambini nel
bosco, le bestie feroci li sbranerebbero subito." - "Se non lo fai," disse la donna, "moriremo tutti
quanti di fame." E non lo lasciò in pace finché‚ egli non acconsentì.
Anche i due bambini non potevano dormire per la fame, e avevano sentito quello che la madre
aveva detto al padre. Gretel pensò che per loro fosse finita e incominciò a piangere amaramente, ma
Hänsel disse: "Stai zitta Gretel, non ti crucciare, ci penserò io." Si alzò, si mise la giacchetta, aprì
l'uscio da basso e sgattaiolò fuori. La luna splendeva chiara e i ciottoli bianchi rilucevano come
monete nuove di zecca. Hänsel si chinò, ne ficcò nella taschina della giacca quanti poté‚ farne
entrare e se ne tornò a casa. "Consolati Gretel e riposa tranquilla," disse; si rimise di nuovo a letto e
si addormentò.
Allo spuntar del giorno, ancor prima che sorgesse il sole, la madre venne e li svegliò entrambi:
"Alzatevi bambini, vogliamo andare nel bosco; qui c'è un pezzetto di pane per ciascuno di voi, ma
siate saggi e conservatelo per mezzogiorno." Gretel mise il pane sotto il grembiule perché‚ Hänsel
aveva le pietre in tasca, poi si incamminarono verso il bosco. Quando ebbero fatto un pezzetto di
strada: Hänsel si fermò e si volse a guardare la casa; così fece per più volte. Il padre disse: "Hänsel,
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che cos'è che ti volti a guardare e perché‚ ti fermi? Su, muoviti!" - "Ah, babbo, guardo il mio gattino
bianco che è sul tetto e vuole dirmi addio." Disse la madre: "Ehi, sciocco, non è il tuo gattino, è il
primo sole che brilla sul comignolo." Hänsel però non aveva guardato il gattino, ma aveva buttato
ogni volta sulla strada uno dei sassolini lucidi che aveva in tasca. Quando giunsero in mezzo al
bosco, il padre disse: "Ora raccogliete legna, bambini, voglio accendere un fuoco per non gelare."
Hänsel e Gretel raccolsero rami secchi e ne fecero un mucchietto. Poi accesero il fuoco e quando la
fiamma si levò alta, la madre disse: "Adesso stendetevi accanto al fuoco e dormite, noi andiamo a
spaccare legna nel bosco; aspettate fino a quando non torniamo a prendervi."
Hänsel e Gretel rimasero accanto al fuoco fino a mezzogiorno, poi ciascuno mangiò il proprio
pezzetto di pane. Credevano che il padre fosse ancora nel bosco perché‚ udivano i colpi d'accetta;
invece era un ramo che egli aveva legato a un albero e che il vento sbatteva di qua e di là. Così
attesero fino a sera, ma il padre e la madre non tornavano e nessuno veniva a prenderli. Quando fu
notte fonda Gretel incominciò a piangere, ma Hänsel disse: "Aspetta soltanto un poco, finché‚ sorga
la luna." E quando la luna sorse, prese Gretel per mano; i ciottoli brillavano come monete nuove di
zecca e indicavano loro il cammino. Camminarono tutta la notte e quando fu mattina giunsero alla
casa patema. Il padre si rallegrò di cuore quando vide i suoi bambini, poiché‚ gli era dispiaciuto
doverli lasciare soli; la madre finse anch'essa di rallegrarsi, ma segretamente ne era furiosa.
Non passò molto tempo e il pane tornò a mancare in casa, e Hänsel e Gretel udirono una sera la
madre che diceva al padre: "Una volta i bambini hanno ritrovato il cammino e io ho lasciato correre:
ma adesso non c'è di nuovo più niente, rimane solo una mezza pagnotta in casa; devi condurli
domani più addentro nel bosco, perché‚ non ritrovino la strada: per noi non c'è altro rimedio."
L'uomo si sentì stringere il cuore e pensò: "Sarebbe meglio se dividessi l'ultimo boccone con i tuoi
bambini." Ma siccome aveva già ceduto una volta, non poté dire di no.
Quando i bambini ebbero udito quel discorso, Hänsel si alzò per raccogliere di nuovo i ciottoli, ma
quando giunse alla porta, la madre l'aveva chiusa. Tuttavia consolò Gretel e disse: "Dormi, cara
Gretel, il buon Dio ci aiuterà." Allo spuntar del giorno ebbero il loro pezzetto di pane, ancora più
piccolo della volta precedente. Per strada Hänsel lo sbriciolò in tasca; si fermava sovente e gettava
una briciola per terra. "Perché‚ ti fermi sempre, Hänsel, e ti guardi intorno?" disse il padre.
"Cammina!" - "Ah! Guardo il mio piccioncino che è sul tetto e vuole dirmi addio." - "Sciocco,"
disse la madre, "non è il tuo piccione, è il primo sole che brilla sul comignolo." Ma Hänsel sbriciolò
tutto il suo pane e gettò le briciole per via. La madre li condusse ancora più addentro nel bosco,
dove non erano mai stati in vita loro. Là dovevano di nuovo sedere accanto al fuoco e dormire e alla
sera i genitori sarebbero venuti a prenderli. A mezzogiorno Gretel divise il proprio pane con Hänsel,
che aveva sparso tutto il suo per via. Ma passò mezzogiorno e passò anche la sera senza che
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nessuno venisse dai poveri bambini. Hänsel consolò Gretel e disse: "Aspetta che sorga la luna:
allora vedrò le briciole di pane che ho sparso; ci mostreranno la via di casa." La luna sorse, ma
quando Hänsel cercò le briciole non le trovò: i mille e mille uccellini del bosco le avevano viste e le
avevano beccate. Hänsel pensava di trovare ugualmente la via di casa e si portava dietro Gretel, ma
ben presto si persero nel grande bosco; camminarono tutta la notte e tutto il giorno, poi si
addormentarono per la gran stanchezza. Poi camminarono ancora tutta una giornata, ma non
riuscirono a uscire dal bosco, e avevano tanta fame, perché‚ non avevano nient'altro da mangiare
che un po' di bacche trovate per terra.
Il terzo giorno, quando ebbero camminato fino a mezzogiorno, giunsero a una casina fatta di pane e
ricoperta di focaccia, con le finestre di zucchero trasparente. "Ci siederemo qui e mangeremo a
sazietà," disse Hänsel. "Io mangerò un pezzo di tetto; tu, Gretel, mangia un pezzo di finestra: è
dolce." Quando Gretel incominciò a rosicchiare lo zucchero, una voce sottile gridò dall'interno:
"Chi mi mangia la casina/zuccherosa e sopraffina?". I bambini risposero:"E' il vento che piega ogni
stelo,/il bel bambino venuto dal cielo." E continuarono a mangiare. Gretel tirò fuori tutto un vetro
rotondo e Hänsel staccò un enorme pezzo di focaccia dal tetto. Ma d'un tratto la porta della casa si
aprì e una vecchia decrepita venne fuori piano piano. Hänsel e Gretel si spaventarono tanto che
lasciarono cadere quello che avevano in mano. Ma la vecchia scosse il capo e disse: "Ah, cari
bambini, come siete giunti fin qui? Venite dentro con me, siete i benvenuti." Prese entrambi per
mano e li condusse nella sua casetta. Fu loro servita una buona cena, latte e frittelle, mele e noci;
poi furono preparati due bei lettini bianchi, e Hänsel e Gretel si coricarono e pensavano di essere in
Paradiso. Ma la vecchia era una strega cattiva che attendeva con impazienza l'arrivo dei bambini e,
per attirarli, aveva costruito la casetta di pane. Quando un bambino cadeva nelle sue mani, lo
uccideva, lo cucinava e lo mangiava; e per lei quello era un giorno di festa. Era proprio felice che
Hänsel e Gretel fossero capitati lì. Di buon mattino, prima che i bambini fossero svegli, ella si alzò,
andò ai loro lettini, e quando li vide riposare così dolcemente, si rallegrò e mormorò fra sì: "Saranno
un buon bocconcino per me!" Poi afferrò Hänsel e lo rinchiuse in una stia. Quando questi si svegliò,
si trovò circondato da una grata, come un pollo da ingrassare, e poteva fare solo pochi passi. Poi la
vecchia svegliò Gretel con uno scossone e le gridò: "Alzati, poltrona, prendi dell'acqua e vai in
cucina a preparare qualcosa di buono; tuo fratello è là nella stia e voglio ingrassarlo per poi
mangiarmelo; tu devi dargli da mangiare." Gretel si spaventò e pianse, ma dovette fare quello che
voleva la strega.
Ora ad Hänsel venivano cucinati ogni giorno i cibi più squisiti, poiché‚ doveva ingrassare; Gretel
invece non riceveva altro che gusci di gambero. Ogni giorno la vecchia veniva e diceva: "Hänsel,
sporgi le dita, che senta se presto sarai grasso." Ma Hänsel le sporgeva sempre un ossicino ed ella si
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meravigliava che non volesse proprio ingrassare. Dopo quattro settimane, una sera disse a Gretel:
"Vai a prendere dell'acqua, svelta; grasso o magro che sia, domani ammazzerò il tuo fratellino e lo
cucinerò; nel frattempo mi metterò a impastare il pane da cuocere nel forno." Con il cuore grosso,
Gretel portò l'acqua nella quale doveva essere cucinato Hänsel. Dovette poi alzarsi di buon mattino,
accendere il fuoco e appendere il paiolo pieno d'acqua. "Ora fa' attenzione," disse la strega.
"Accendo il fuoco nel forno per cuocere il pane." Gretel era in cucina e piangeva a calde lacrime
mentre pensava: "Ci avessero divorato le bestie feroci nel bosco! Almeno saremmo morti insieme
senza dover sopportare questa pena, e io non dovrei far bollire l'acqua che deve servire per la morte
di mio fratello. Buon Dio, aiuta noi, miseri bambini!"La vecchia gridò: "Gretel, vieni subito qui al
forno!" e quando Gretel arrivò, disse: "Dai un'occhiata dentro se il pane è ben cotto e dorato; i miei
occhi sono deboli e io non arrivo a vedere fin là. E se anche tu non ci riesci, siediti sull'asse: ti
spingerò dentro, così potrai controllare meglio." Ma la perfida strega aveva chiamato Gretel perché‚
pensava, una volta spinta dentro al forno, di chiuderlo e di farla arrostire per mangiarsi pure lei. Ma
Dio ispirò alla fanciulla un'idea, ed ella disse: "Non so proprio come fare, fammi vedere tu per
prima: siediti sull'asse e io ti spingerò dentro." La vecchia si sedette e, siccome era leggera, Gretel
poté‚ spingerla dentro, il più in fondo possibile; poi chiuse in fretta la porta e mise il paletto di ferro.
Allora la vecchia incominciò a gridare e a lamentarsi nel forno bollente, ma Gretel scappò via, ed
ella dovette bruciare miseramente. Gretel corse da Hänsel, gli aprì la porticina e gridò: "Salta fuori,
Hänsel, siamo liberi!" Allora Hänsel saltò fuori, come un uccello quando gli aprono la gabbia. Ed
essi piansero di gioia e si baciarono. Tutta la casetta era piena di perle e di pietre preziose: essi se ne
riempirono le tasche e se ne andarono in cerca della via che li riconducesse a casa. Ma giunsero a un
gran fiume che non erano in grado di attraversare. Allora la sorellina vide un' anatrina bianca
nuotare di qua e di là. E le gridò:"Ah, /cara anatrina,/prendici/sul tuo dorso."
Udite queste parole, l' anatrina si avvicinò nuotando e trasportò prima Gretel e poi Hänsel dall'altra
parte del fiume. Dopo breve tempo ritrovarono la loro casa: il padre si rallegrò di cuore quando li
rivide, poiché‚ non aveva più avuto un giorno di felicità da quando i suoi bambini non c'erano più.
La madre invece era morta. Ora i bambini portarono ricchezze a sufficienza perché‚ non avessero
più bisogno di procurarsi il necessario per vivere.
170
Ringraziamenti Finali
Desidero ringraziare con questo breve scritto tutti coloro che, in questi anni, mi hanno aiutato a
crescere e vivere meglio e con più consapevolezza la mia vita. Ringrazio la mia famiglia, cardine ed
essenza della mia vita: senza di loro, forse non sarei nemmeno qui. Grazie dunque a Ida, la mia
mamma, che con sacrifici e abnegazione mi ha permesso di essere qui oggi; a mia sorella Tatta
(Roberta), la quale è come una seconda mamma per me, Gnappa (Nicolle), la mia splendida nipotesorellina, Alex (Alessandro)il mio cognato poliziotto, il mio super fratellone Marco e la mia
“missing family”: Alessandra, Alessandro e la mia piccola Martina, che purtroppo ho conosciuto
molto tardi. Grazie al mio relatore, il disponibile Prof. Roberto Filippini, uomo di grande levatura
umana e culturale, per avermi indirizzato e aiutato nel lavoro con riferimenti, testi e consigli sempre
precisi e puntuali, e per aver creduto nella mia opera. Grazie ai miei colleghi, che nel bene o nel
male mi hanno fatto crescere. Grazie a Massimiliano Frassi, che mi ha concesso un'intervista per
completare la mia tesi senza chiedere nulla in cambio: persona umile e disponibile, sempre pronta
ad aiutare chiunque abbia bisogno. Un grazie speciale va al mio amore, Marco, che mi ha
incondizionatamente supportato e aiutato in ogni mia scelta, credendo in me quando io stessa non
credevo più, tirandomi sempre su il morale nei momenti di difficoltà e sopportandomi: lui non mi
ha mai abbandonato, c'è stato sempre e comunque, nei momenti belli e in quelli brutti, quando
neanche io credevo di poter vedere la luce in fondo al tunnel. E infine, un ultimo grazie va a me
stessa: nonostante le enormi difficoltà, con pazienza e tenacia sono riuscita ad arrivare a questo
traguardo con ottimi risultati, senza mai prendere la strada sbagliata e cercando di errare il meno
possibile, nonostante tutte le difficoltà che la società mi ha posto innanzi. Spero che questo mio
elaborato renda orgoglioso chi mi è stato (e mi è tuttora) vicino.
171
Bibliografia e sitografia
Seguono la bibliografia e la sitografia da cui sono stati tratti spunti e\o stralci di articoli e interviste,
utili ai fini compilativi.
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 Andreoli V., Dalla parte dei bambini, Biblioteca Universale Rizzoli, 2004.
 AA.VV., Storie di lupi mannari, I Grandi Tascabili Economici Newton, 1994.
 AA.VV., Storie di vampiri, I Grandi Tascabili Economici Newton, 1994.
 Beebe B. e Lachmann F.M. (2002), Infant Research e trattamento degli adulti, Cortina,
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 Benjamin J. (1995), Soggetti d'amore, Cortina, Milano, 1996
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violenza negata, a cura di Bertolini M., Caffo E., Guerini, Milano,1997
 Calame C., L'amore in Grecia, Edizioni Laterza, 2006.
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 Cifaldi G., Pedofilia tra devianza e criminalità, Giuffrè Editore, 2004.
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 Filippini R., Avventure e sventure del narcisismo, Edizioni Laterza, 2006.
 Frassi M., Favole di bambini e dei loro orchi, I Quindici Editore, 2009.
 Frassi M., I predatori di bambini sono intorno a noi, MacroEdizioni, 2007.
 Frassi M., Il libro nero della pedofilia, La Zisa Editore, 2011.
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 Freud S. (1938) La scissione dell'Io nei processi di difesa, ibidem
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 Gulotta G., Breviario di psicologia investigativa, Giuffrè Editore, 2008.
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 Hillman J., Senex et Puer, Marsilio Editori, 1973.
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 Newton M., Dizionario dei serial killer, Grandi Manuali Newton, 2004.
 Oliviero Ferraris A., Graziosi B., Pedofilia. Per saperne di più, Editori Laterza, 2004.
 Orfanelli G., Orfanelli V., Un doppio inganno. L'abuso intrafamiliare, Franco Angeli
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