Le voci della Liederistica

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Le voci della Liederistica
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Conservatorio di Musica «L. Perosi». Campobasso
Triennio Sperimentale «Repertori Vocali da Camera»
Anno Accademico 2001 – 2002
Elaborato nella disciplina: Critica delle interpretazioni storiche con elementi di
Discografia
Le voci della Liederistica
Allieva : Debora De Luca
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Sono tante le voci che cantano i Lieder ma il genere non è molto
eseguito in Concerto in Italia.
Tra le belle voci che spaziano dall’opera ai Lieder: Lucia Popp,
Gundula Janowitz, Brigitte Fassbaender , Jessye Norman, ma per
ascoltare dei Lieder bisogna ricorrere ai dischi, la discografia è
enorme e ci permette di fare comparazioni immediate di brani e di
cantanti.
Il canto degli artisti della vecchia generazione, era molto diverso
dal canto di oggi, le loro voci erano alquanto naturali. Gli esempi
sono molti, basta ascoltare per le voci maschili Gerard Souzay,
(Francia Angers 1918) rivelazione di un epoca d’oro (molti non
lo conoscono per la difficoltà di reperire registrazioni) cantava
solo per la musica, è un meraviglioso baritono, dalla voce naturale
e calda, sembra parlare più che cantare, l’ho ascoltato nei
DICHTERLIEBE Op.48 di Schumann, in un disco live (Parigi
1956) con Alfred Cortot al pianoforte, è incredibile
quanta
bellezza scaturisca da questa collaborazione.
Altro baritono interessante è Hermann Prey, la cui vocalità è
molto simile a quella di Souzay, penso che da questi due artisti
derivi la vocalità di Olaf Bar che appare oggi nel panorama
liederistico come una serata calda dopo un clima freddo. Il suo
modo di cantare è di una dolcezza incredibile che ricorda
sicuramente gli artisti appena citati. La sua voce di baritono canta
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con una naturalezza e una bellezza da far dimenticare la poca
emotività di Fisher-Dieskau. I suoi (di Bar) “Schwanengesang”
D.957 - Lieder, Op.80 di Schubert risplendono di una bellezza
forse mai ascoltata prima, il suo “registro” centrale è tranquillo e
di una espressività affettiva. Lo si ascolta con grande piacere,
anche perché le voci maschili della liederistica in genere oggi non
sono molto belle.
Ma non si può parlare di Lieder senza considerare colui che
rappresenta la cultura e il Lied: Dietrich Fisher-Dieskau.
“Dieskau è l’ideale di bellezza formale e stilistica nella liederistica,
rappresenta la cultura di questo genere musicale, egli sostiene che
bisogna avere una prospettiva d’insieme, non si può essere un buon
cantante se ci si limita a cantare. Ricreare prima di interpretare, andare
alla ricerca di uno stile separandosi dalle cattive abitudini, dimenticare
come si canta Verdi, rendere comprensibile un senso, definire il destino
di un pezzo segnato dalle vocali, dalle consonanti, dal significato delle
parole. Farlo proprio come se il pezzo ti fosse appena venuto in mente.
Il canto implica responsabilità e consapevolezza, comprensione del
testo e crescita nel contesto storico di appartenenza. Il talento è un
dono che va nutrito col cibo della conoscenza.”
Si deve a Lui un grande ringraziamento per l’apporto culturale
all’opera dei più grandi compositori, la sua discografia è enorme e
negli ultimi anni si è dedicato anche alla scoperta di opere insolite
come: i Lieder di Othmar Schoeck, (un musicista svizzero che era
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stato allievo di Max Reger), e i Lieder di Carl Maria Von Weber
lontani dieci anni dal giovane Schubert ma piacevoli e accattivanti
fatti di allegria e da spunti di canzoni. Tra le pagine più
persuasive, il ciclo dell’op.15 e Reigen (1813). Una piccola
curiosità. Fisher-Dieskau conosceva a 17 anni già i segreti dei
“Winterreise” rimasti però in un suo sogno per più di mezzo
secolo. Quando cantò per la prima volta il ciclo a Berlino, era
la sera del 30 gennaio 1943, un concerto drammatico, interrotto più
volte dai bombardamenti aerei della guerra, ma il giovane
diciassettenne non si smarrì d’animo, appena il pubblico riprendeva il
suo posto in sala egli puntualmente riattaccava il ciclo schubertiano al
momento giusto come se nulla fosse accaduto tale era fin da allora la
sua concentrazione d’interprete sommo. La sua aderenza al testo era
tale che egli stesso si augurava che qualcuno dal pubblico fotografasse
la mutevolezza d’espressione del suo volto in stretta aderenza al
significato delle parole.
Passerà una vita intera a cantare questo ciclo, con i più grandi
pianisti ma aspetterà più di mezzo secolo per realizzare il sogno
che grazie alla tecnologia di oggi è fissato in un videoplay con
ogni mutamento e ogni sfumatura del suo volto di cantante, in una
registrazione da antologia insieme al pianista Murray Perahia.
Le voci femminili invece sono in numero maggiore rispetto a
quelle maschili, forse per un fatto meno esibizionistico. Il cantante
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(uomo) ha sempre avuto un atteggiamento esibizionistico nei
confronti del canto, ancora oggi, come se la musica non fosse
importante per cui se aveva “la voce” non cantava mica la
liederistica, cantava l’opera lirica che permetteva l’esaltazione
della voce con un facile successo immediato, ma diciamolo pure,
la liederistica richiedeva più cultura.
Non che le donne non avessero uguale atteggiamento dei loro
colleghi ma era più normale che il livello di partenza per una
donna, fosse legato ad uno strumento, successivamente quelle con
attitudini vocali trasportavano le loro conoscenze musicale nel
canto. Questa categoria intraprendeva subito una carriera
concertistica pure se a livello di paese poi con un maestro
perfezionavano il loro strumento istintivo.
I casi sono tanti, ad esempio Lily Pons.1 Soprano di vecchia
generazione, dotata di una voce sottile ed acutissima con
virtuosismi da usignolo in breve tempo conquista i maggiori teatri
del mondo compreso il San Carlo di Napoli. E’ molto bello un
disco 33 giri della Columbia del 1942/47 con arie di Donizetti, De
Lisle e Mozart.
La sua voce è incantevole, come incantevole era il Soprano
Kistern Flagstad2 dalla voce splendida e da una tessitura simile ad
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Franco/Americana: nome vero: Alice Josèphine, 1904. virtuosa, i suoi studi cominciano con il pianoforte al
conservatorio di Parigi dove vince un primo premio pianistico molto contestato per cui trascura sempre di
più lo strumento fino ad ammalarsi. Dotata di un forte temperamento musicale, durante la convalescenza
scopre le proprie attitudini di cantante e si dedica intensamente allo studio del canto. Max Dearly, famoso
produttore le procura un ruolo ingenuo in uno show dove viene notata da Alberti Gorostiaga, esperto di
voci che ne cura la coloratura e la fa debuttare da solista al Metropolitan di New York.
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Norvergese 1895-1962 debuttò come pianista
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un violino. Ha rappresentato il mito della bellezza vocale
femminile, Strauss la volle come prima interprete dei suoi “Vier
Letzte Lieder” ma non riuscì a sentirla e quella serata Live 1930,
prima esecuzione mondiale è viva nel ricordo di un 33 giri con
l’Orchestra Philarmonia di Londra diretta da Wilhelm Furtwangler
e rappresenta anche la prima registrazione mondiale dei Lieder di
Strauss.
Altra voce naturale stupenda è quella di Maggy Teyte3 amica di
Debussy e sua prima interprete, in numerosi recital con Debussy
stesso al pianoforte, nelle registrazioni la sua voce è bella e fresca
nonostante l’età, rivive in dischi con musiche di Debussy : Fetes
Galantes 1° e 2° serie, 3 Chansons de Bilitis, Le Promemoir Des
Deux Amants, Ballades de François Villon in un 33 giri del 1936
con Alfred Cortot al pianoforte; e un altro con le musiche di
Chausson con Gerard Moore al pianoforte sempre in un 33 del
1943/46.
Non si può parlare di voci femminili senza nominare Kathleen
Ferrier, forse una delle più belle voci di contralto.4 A 17 anni
partecipò ad un concorso di musica nella categoria pianoforte e
nella categoria di canto (passione che coltivava già nelle feste tra
amici) vinse il primo premio nelle due categorie. Il giornale scrisse
che aveva “una delle voci più belle” mai ascoltate. Da allora
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Tate, Soprano inglese 1888
La Ferrier nacque nel 1912 vicino Londra e nei 41 anni della sua breve vita, divenne una
delle cantanti più ammirate in tutto il mondo. Terminò gli studi di pianoforte e avrebbe
fatto sicuramente una carriera meravigliosa ma ebbe un matrimonio non felice, che finì
annullato.
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divenne cantante professionista perfezionando con alcuni maestri
le sue doti canore. Cantò principalmente con Bruno Walter che
allievo di Mahler, l’aveva scelta per far conoscere “Das Lied von
der Erde” di Mahler e i “Kindertotenlieder”. Per molti fu il primo
incontro con la musica del compositore. La voce della Ferrier era
quella di un vero contralto - una rarità - non quella di un
mezzosoprano forzatamente abbassata, e la tecnica canora era
esclusivamente britannica. Morì tragicamente di cancro.
Poi Elisabeth Schwarzkopf5 che rappresenta la ricerca della
perfezione, perfezione inseguita fino alla vecchiaia. Le sue lezioni
ai giovani cantanti erano un insegnamento di canto e stile di
intelligenza e di Arte, di dedizione alla musica.
“Una bella voce va scoperta, spesso inizialmente una voce ha solo un
registro limitato, due o tre suoni. Questa per un insegnante è una base
di partenza. A volte un giovane cantante non sa nemmeno in che cosa
consista la particolarità della sua voce. Se non vengono fuori i talenti è
perché lo strumento voce non viene usato correttamente”.
La sua maestra, la grande Maria Ivonguen, le insegnò la ricerca
timbrica, le fece capire come andavano cantate certe frasi nella
ricerca del timbro dello smalto, del colore. Il suo insegnamento ai
giovani era principalmente di far capire che il timbro di Mozart
era diverso da quello di Puccini di Verdi o di Wagner ma più
vicino a quello di Bethoven e non oltre. Oggi questo suono sta
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scomparendo perché nessuno più ha il coraggio di cantare
pianissimo e con tutte le sfumature del pianissimo. Prima di Maria
Ivoguen, la Schwarzkopf aveva avuto (a diciassette anni a
Berlino) come insegnante la Lula Mysz Gmeiner che l’aveva fatta
cantare per due anni da contralto e non i lieder. Si era negli Anni
Venti e le donne potevano solo intrattenere il pubblico con arie di
Rossini o di Donizetti e non cantare i Lieder. La voce della
Schwarzkopf però non era di contralto ma di soprano lirico e
Maria Ivoguen la salvò. Alla scuola della Gmeiner lottò per
cantare ciò che voleva cantare, lottò per capire i segreti
dell’interpretazione dei lieder:
“Il lied è importante frase per frase, parola per parola, modulazione
per modulazione, spesso ogni singola nota, una sillaba chiede un
cambiamento di espressione, la mia voce era particolarmente adatta a
cantare Mozart, per il timbro, l’agilità il colore, le sfumature. Cantare
Mozart significa far musica d’insieme, come quando si fa musica da
camera. Comunque non basta, la voce deve esprimere gli affetti, i
sentimenti, le parole che sono in Mozart. Deve esprimere senza perdere
la trasparenza, la precisione e quella capacità di ascoltarsi proprio
come nella musica da camera. Mozart non è il belcanto dell’opera
italiana dove si possono permettere molte libertà. Lo stile mozartiano
ha regole precise che non si possono trasgredire”.
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1915.