Panificatore 5_2011

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Panificatore 5_2011
A cura della Redazione
Intervista a Davide Cupioli
Presidente del Consorzio Panificatori Confartigianato di Rimini, Davide Cupioli ci spiega come qualità,
partecipazione e più comunicazione siano necessari per una panificazione artigianale moderna e vincente
Nato a Rimini nel 1975,
dopo gli studi, Davide Cupioli
comincia subito a lavorare nella
panetteria storica della famiglia, in
attività dal 1950 nel centro storico
di Rimini. Dopo il militare, parallelamente al lavoro, intraprende
un percorso di approfondimento
con il maestro lievitista Ciro Pasi
ed entra a far parte dell’Associazione Panificatori della Confartigianato di Rimini dedicandosi a
ogni iniziativa. Nel 2006 diventa
Presidente del Consorzio Panificatori Confartigianato Rimini
e nel 2010 Presidente Regionale
Confartigianato Alimentare Emilia Romagna.
Presidente qual è la situazione della
panificazione nel riminese?
Nella Provincia di Rimini
sono in attività circa 120 forni
con oltre 1000 addetti, il numero
di aziende è in calo come del resto in tutto il territorio nazionale.
Purtroppo il nostro è un comparto che sta attraversando un periodo di crisi e di transizione dove ci
sarà molta selezione.
Che cos’è il Consorzio Panificatori?
Il Consorzio panificatori
della Confartigianato di Rimini
nasce nel 1981 ed è costituito da
oltre 30 forni che coordinano le
proprie attività, impegnandosi a
comprare le materie prime presso
i medesimi fornitori; lo scopo è
quello di ottimizzare gli acquisti,
di contenere i prezzi e di instaurare importanti sinergie tra tutti gli
attori principali del nostro comparto.
Funziona?
Sicuramente! È un esempio
unico nel suo genere, perché noi
blemi! Voglio parlare invece di
comunicazione e di immobilismo della nostra categoria.
Davide Cupioli, Presidente
regionale di Confartigianato
Alimentare Emilia Romagna
non abbiamo magazzini, strutture, dipendenti; i costi sono minimi e coordiniamo le operazioni
incontrando i fornitori e regolando le convenzioni commerciali
per conto dei nostri associati. Le
faccio un esempio: oggi come
nel 2007 noi, attraverso questo
legame con le nostre aziende
fornitrici, abbiamo contenuto
gli aumenti cercando di favorire
tutte le parti.
Lei è giovane, come vede il futuro
della panificazione?
Se non amassi questo mestiere, se non avessi passione, sarebbe
certamente dura immaginare un
futuro roseo! Ma io sono ottimista e voglio rivolgere un appello a
tutti i colleghi fornai. Non voglio
parlare di calo dei consumi, di allergie e intolleranze, di GDO, di
pane fresco e congelato, di studi
di settore, di Comunità Europea,
di regolamenti e burocrazia, di
aumenti dei costi delle materie
prime, del Decreto Bersani e di
tante altre cose ancora. Conosciamo bene oramai fino alla nausea
quali e quanti sono i nostri pro-
Si spieghi meglio
Uno dei gravi problemi
di questa categoria è appunto
l’immobilismo: ci lamentiamo,
abbiamo la nostalgia di tempi
ricchi di abbondanza che non
torneranno più, siamo attaccati allo stereotipo del panificio
tradizionale e pretendiamo che
qualcun’altro risolva i nostri problemi. La categoria è invecchiata,
c’è poco ricambio generazionale,
e quei pochi giovani in attività
non partecipano, così la nostra
reazione al cambiamento non
è vigorosa come dovrebbe essere! Per anni ho sentito la parola
qualità come unica soluzione dei
nostri problemi, ma attenzione:
può non essere sufficiente, se
non riusciamo a trasmetterla e il
cliente non la percepisce.
Avrebbe qualche idea in particolare da proporre alla categoria?
Certamente,
soprattutto
una: oggi la categoria deve lavorare sulla comunicazione perché
ne è sprovvista. È necessario che
il panificio si rinnovi si evolva
integrando altri generi di produzione. Ma può non servire
a granché produrre qualità se
poi non si riesce a comunicarla
come si deve. Il panificatore va a
rimorchio della GDO sui prezzi,
facendo il reso, sconti allucinanti
e non guarda l’unica risorsa vincente che loro hanno e noi no,
il marketing. La categoria deve
rendersi conto che certi atteggiamenti non si possono accettare!
Avete mai visto un macellaio che
vi ritira la carne o un fruttiven-
dolo che ritira la frutta! Solo noi
accettiamo cose simili.
C’è qualcuna delle ultime iniziative sindacali intraprese che vorrebbe
segnalare ai colleghi?
Negli ultimi due anni mi
sono occupato del coinvolgimento dei giovani perché mi sono
accorto che nei nostri negozi la
clientela è per lo più di mezz’età.
Dobbiamo lavorare sui ragazzi
altrimenti in futuro non avremo
clienti. Vado nelle scuole, spiego
la panificazione artigianale, lavoriamo anche manualmente e i ragazzi sono entusiasti. Quest’anno
ho lavorato con dieci classi delle
scuole medie del riminese nell’ambito dell’orientamento scolastico per un totale di dodici ore a
classe. L’attività pratica collegata
con queste iniziative si è svolta
presso l’azienda Mo.Ca SpA di
Coriano di Rimini, fornitore del
Consorzio Panificatori. È stato
un vero impegno ma è soltanto
una goccia nel mare.
Comunque se pensate che
ogni classe ha venti ragazzi con
alle spalle una famiglia di almeno
tre persone, ciò significa che ho
parlato del nostro mestiere e del
nostro mondo a circa ottocento
persone, senza contare i professori ecc. Se fossero quindi tanti
di noi a fare la stessa cosa in ogni
città e in ogni regione pensate a
quali risultati potremmo arrivare!
Queste sono le cose concrete che
possiamo e dobbiamo fare, la politica non ci aiuterà mai, siamo in
contrapposizione all’industria e
alla GDO.
Il nostro lavoro deve essere
rivolto a valorizzare e promuovere le nostre aziende nel nostro
territorio e verso i nostri clienti.
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Il panificatore italiano - n.5 giugno 2011 - www.foodclub.it
Confartigianato_art 71
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