Conservazione e ripristino di habitat dunali nei siti delle Province di

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Conservazione e ripristino di habitat dunali nei siti delle Province di
Provincia di Caserta
PROVIDUNE (LIFE07NAT/IT/000519)
Conservazione e ripristino di habitat dunali
nei siti delle Province di Cagliari, Matera, Caserta
Azioni C1 e C3
Interventi nel SIC IT8010019 “Pineta della Foce del Garigliano”
Comuni di Sessa Aurunca e Cellole (Provincia di Caserta)
PROGETTO PRELIMINARE
Allegato: 1.0
Relazione Storico-Archeologica
Preliminare
Tavola:
Scala:
Data:
Dicembre 2011
Soggetto incaricato per la predisposizione della progettazione definitiva, esecutiva e relazione
archeologica preliminare:
CRITERIA s.r.l. _ Città:RIcerche:TERritorio:Innovazione:Ambiente
via Cugia, 14 - 09129 Cagliari (Italy)
tel. +39 070303583 - fax +39 070301180
E-mail: [email protected]; www.criteriaweb.com
Referenti per gli aspetti archeologici:
Dott.ssa Aurora Lupia, Coordinamento Scientifico
Dott.ssa Simona Crovato
UNICA
Provincia di Cagliari
Provincia di Caserta
Provincia di Matera
TECLA
Committente
PROVINCIA DI CAGLIARI
Soggetto incaricato per la predisposizione della progettazione definitiva, esecutiva
e relazione archeologica preliminare
CRITERIA s.r.l. _ Città:RIcerche:TERritorio:Innovazione:Ambiente
via Cugia, 14 - 09129 Cagliari (Italy)
tel. +39 070303583 - fax +39 070301180
E-mail: [email protected]; www.criteriaweb.com
Referenti per la redazione della relazione archeologica preliminare
Dott.ssa Aurora Lupia, Coordinamento Scientifico
Dott.ssa Simona Crovato
APOIKIA srl
Sede legale: Corso Vittorio Emanuele, 84 - 80121 Napoli •
Recapiti: cell. 348 8009274 - Tel/fax 0817901207
Sede operativa: Via Toledo, 380 – 80133 – Napoli
E-mail: [email protected]
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Conservazione e ripristino di habitat dunali nei Siti delle Provincie di Cagliari, Matera e Caserta
Sito di Importanza Comunitaria Pineta della Foce del Garigliano (IT8010019)
Relazione archeologica preliminare
SOMMARIO
1
PREMESSA ................................................................................................................... 1
2
INQUADRAMENTO TERRITORIALE ............................................................................. 1
3
TIPOLOGIA DEGLI INTERVENTI .................................................................................. 2
3.1
4
Localizzazione degli interventi dell’Azione C1 e C3................................................ 5
INQUADRAMENTO STORICO TERRITORIALE............................................................ 6
4.1
Inquadramento topografico e geologico ................................................................. 6
4.2
Origine e popolamento degli Ausoni nella tradizione letteraria ............................... 7
4.3
Roma e gli Aurunci fra VI e V sec. a.C. .................................................................. 9
4.4
Roma e gli Aurunci nel IV sec. a.C.: dalle guerre sannitiche al 314 a.C. ................ 9
4.5
Dal IV sec. a.C. alla fine della repubblica ............................................................. 12
4.6
L'età imperiale...................................................................................................... 14
4.7
L'evidenza archeologica ....................................................................................... 17
4.8
I centri fortificati.................................................................................................... 20
4.9
L'epoca romana ................................................................................................... 21
5
CONCLUSIONI ............................................................................................................ 33
6
BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................ 36
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Sito di Importanza Comunitaria Pineta della Foce del Garigliano (IT8010019)
Relazione archeologica preliminare
1
PREMESSA
La presente relazione è redatta dalla Società Criteria s.r.l. di Cagliari in collaborazione con la
società Apoikia srl di Napoli, nell’ambito della predisposizione del Progetto Preliminare da
parte della Provincia di Caserta relativamente agli “Interventi di conservazione e ripristino di
habitat dunali nei Siti delle Province di Cagliari, Matera e Caserta”, finanziato dalla Comunità
Europea tramite i fondi comunitari LIFE + Nature e Biodiversity del progetto
LIFE07NAT/IT/000519 – PROVIDUNE. In particolare il presente progetto ricade nel Sito di
Importanza Comunitaria Pineta della Foce del Garigliano (Cod. IT8010019), compreso
integralmente nei Comuni di Cellole e Sessa Aurunca della Provincia di Caserta.
Coerentemente con quanto disposto dal dettato normativo del recente Regolamento di
esecuzione ed attuazione del «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture» (DPR del 5 ottobre 2010, n. 207), i contenuti della presente relazione forniscono
un quadro conoscitivo generale del contesto in cui è inserita l’opera, sulla base di indagini
preliminari e dati bibliografici provenienti da studi, piani e programmi regionali, provinciali e
comunali, al fine di individuare possibili intereferenze e relazioni delle opere con il contesto
stesso.
2
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
Le aree oggetto dell’intervento sono comprese all’interno del settore litoraneo del SIC
IT8010019 “Pineta della Foce del Garigliano”. Il SIC è ubicato nella Regione Campania,
all’interno della Provincia di Caserta, compreso nei comuni di Sessa Aurunca e Cellole.
Il territorio del SIC è collocato geograficamente nella Piana del fiume Garigliano, in
prossimità della foce; tale fiume è costituito dall’unione, a pochi chilometri dalla foce, del
Fiume Liri e del Fiume Gari. La Piana del Fiume Garigliano, insieme alla piana del Fiume
Volturno, si inseriscono nella porzione settentrionale della Piana Campana. Quest’ultima,
con una superficie di 1350 km2, costituisce la più vasta delle pianure costiere del Margine
Tirrenico Meridionale; presenta una forma sub rettangolare con ampiezza pari a circa 50 Km,
e lunghezza pari a 150 km che si sviluppa in direzione NW-SE (Brancaccio et al., 1995).
Il SIC “Pineta della Foce del Garigliano” ha un’estensione di circa 185 ha e si trova al confine
sud-ovest del Parco Regionale “Roccamonfina-Foce Garigliano (Istituito con Deliberazione di
Giunta Regionale n. 1406 del 12 aprile 2002 – L.R. 1°settembre 1993 e successive
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modifiche). Il parco si estende per circa 9.000 ettari ed è sovrastato dal complesso vulcanico
del Roccamonfina.
La fascia dunare interessata dal presente progetto ricade nel settore costiero ubicato alla
sinistra della foce del Fiume Garigliano (Campania settentrionale), compreso nel più ampio
settore costiero del Litorale Domitio.
E’ un sito caratterizzato da un cordone dunare in cui è presente una pineta denominata
“Pineta della Foce del Garigliano" e fasce di vegetazione psammofila in evidente stato di
degrado.
Esso risulta fortemente compromesso a causa dell’intenso sfruttamento del territorio, che ne
ha fortemente modificato l’assetto morfologico e il paesaggio naturale. L’aspetto che
maggiormente sottolinea questa instabilità è l’arretramento della linea di riva a seguito
dell’instaurarsi di fenomeni erosivi riconducibili alla pressione antropica sia a carattere locale,
che ha dato spazio a centri balneari, villaggi turistici, porticcioli ecc.. procedendo con la
distruzione dei sistemi dunali, sia a carattere sovralocale, che ha generato un decremento
degli apporti solidi attraverso la foce del fiume Garigliano e il conseguente avanzamento del
cuneo salino nella falda costiera. Per quest’ultimo fattore ha svolto un ruolo determinante
anche l’attività di bonifica sulle aree retrostanti al fascia costiera situate ad una quota
inferiore al livello del mare ed un tempo costituenti il cosiddetto “Pantano di Sessa”. L’analisi
di queste problematiche è oggetto degli studi preliminari costituiti dalle Azioni a1, a2 e a5 del
Progetto LIFE.
3
TIPOLOGIA DEGLI INTERVENTI
Il progetto preliminare degli interventi di “Conservazione e ripristino di habitat dunali nel Sito
di Importanza Comunitaria di Pineta della Foce Garigliano”, prevede un insieme di interventi
che si possono raggruppare in due categorie che vengono descritte di seguito:
−
Azioni C1 - Recupero e risanamento degli habitat dunali degradati;
−
Azioni C3 - Realizzazione con tecniche innovative di accessi pedonali, delimitazioni
leggere e aree sosta per evitare il degrado degli habitat causato dal calpestio.
Azione C1
Gli obiettivi generali degli interventi classificati nell’azione C1, di riqualificazione e
rinaturalizzazione dei corpi dunari del litorale del Sito di Importanza Comunitaria in oggetto
riguardano la realizzazione di interventi volti a potenziare la capacità di risposta del sistema
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ambientale alle condizioni evolutive naturali. Il tratto di litorale interessato dal progetto
preliminare risulta notevolmente modificato e necessiterebbe di un sistema coordinato di
interventi. Con il progetto LIFE si cerca di mettere in moto un processo che permetta nel
tempo di equilibrare le diverse pressioni che insistono sugli habitat presenti.
La scelta degli interventi si è focalizzata principalmente su sistemi di protezione delle dune
stabilizzate da attuarsi con l’uso di barriere verticali per la chiusura dei varchi, sistemi di
protezione e consolidamento dei fronti dunali da realizzarsi con viminate basali e sistemi per
la rinaturalizzazione dei settori dunali degradati tramite impianti di specie autoctone.
Gli interventi che sono stati inseriti all’interno dell’Azione C1 sono di seguito elencati e
descritti:
-
Viminata basale: L’opera sarà in grado di svolgere un’azione efficace sia di
smorzamento dei flutti montanti dei frangenti favorendo la deposizione della sabbia;
inoltre crea la possibilità di trattenere frazioni organiche spiaggiate con effetti positivi
anche sulla vegetazione pioniera. In tal modo svolge un ruolo articolato ed
estremamente funzionale di protezione e consolidamento del piede dunale o della
porzione sommitale della spiaggia. È considerata una barriera basale in legno, inclinata
(circa 60° sul piano orizzontale) e seminterrata, realizzata con ramaglia ottenuta dal
diradamento della pineta limitrofa e da pali di intelaiatura e controventatura in castagno.
-
Barriera verticale: Posizionamento lungo i fianchi delle dune di barriere verticali atte a
contenere fenomeni di caduta per gravità di materiale sabbioso e scalzamento eolico, e
chiusura dei varchi tra gruppi di vegetazione. Le barriere verticali sono costituite da
schermi disposti entro una trincea, atta al parziale interramento degli stessi, e orientati
ortogonalmente rispetto alla direzione di caduta gravitativa del materiale sabbioso dal
fianco della duna e/o alla direzione del vento dominante.
La struttura modulare portante viene realizzata con 2 paletti di castagno (h= 200 cm, d =
10 cm), interrati per circa 100 cm, distanti 1 m l’uno dall’altro; gli schermi sono costituiti
da stuoia in canne tessuta tramite cordicelle in fibra naturale in modo da risultare
permeabile al vento, semi-interrata (circa 20 cm) e fissata ai pali in legno mediante una
verga, il tirafondo e doppio corso di corda di canapa.
-
Moduli di barriere frangivento disposti a scacchiera per la protezione degli impianti:
Protezione con moduli a scacchiera degli impianti realizzati: posizionamento di celle
quadrate di circa 6 o 10 m di lato, in materiale semirigido (legno e canne), che
costituiscano schermi frangivento disposti a “scacchiera”, aventi lo scopo di proteggere
l’eventuale accrescimento di specie vegetali impiantate al suo interno. Le barriere
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frangivento sono costituite da schermi quadrati montati a scacchiera, di 6 o 10 m di lato,
tendenzialmente orientati ortogonalmente rispetto alle direzioni dei venti dominanti. La
struttura portante è realizzata con pali di castagno (h= 100 cm, d = 10 cm), interrati per
circa 50 cm, posti ad una distanza di due metri l’uno dall’altro. Gli schermi sono costituiti
da stuoia in canne, tessuta in modo da risultare semipermeabile al vento, interrata per
circa 20 cm e fissata ai pali in legno mediante due verghe, ancorate con tirafondi, e
legatura con corde in canapa.
-
Impianti di specie autoctone, con posizionamento nelle barriere frangivento, così che
costituiscano dei “nuclei d’innesco”, di semi di specie autoctone aventi lo scopo di
favorire il processo di sviluppo e accrescimento della coltre vegetale stabilizzatrice delle
dune primarie e secondarie. L’obiettivo è quello di incentivare lo sviluppo delle dune
embrionali e della vegetazione stabilizzatrice per attenuare lo scalzamento del piede
della duna e ridurre la frammentazione degli habitat di avanduna
Azione C3
Gli interventi dell’azione C3 sono finalizzati alla tutela e salvaguardia del sistema di spiaggia
e dune, attraverso azioni mirate essenzialmente a contenere l’impatto attuale dovuto alla
fruizione turistica, prevedendo un insieme di azioni integrate riconducibili sostanzialmente a
interventi per la riorganizzazione dell’accessibilità e della fruibilità e per la conservazione
delle risorse nella spiaggia del SIC. L’intervento si realizzerà tramite la messa in opera di
passerelle pensili che permettano di accedere alla spiaggia evitando il flusso disordinato dei
turisti e degli altri fruitori, nonché garantendo una fruizione agevolata a disabili e carrozzine
per infanti. Inoltre i sentieri di accesso avranno delimitazioni laterali che evitino la
percorrenza di zone sensibili per gli habitat protetti.
Gli interventi su cui ci si è concentrati sono:
- Passerelle in legno: Sono strutture sopraelevate di 20-40 cm circa dalla superficie
sabbiosa, in modo da permettere l’espansione delle specie vegetali presenti e impedire i
processi erosivi dovuti al calpestio delle aree dunali. Vengono previste senza corrimano in
modo che non siano impattanti dal punto di vista estetico-percettivo e coerenti con
tipologie infrastrutturali già presenti nel luogo. La struttura portante è realizzata da pali
infissi, su cui poggiano le travi principali e su cui a sua volta poggia il piano di calpestio
come orditura secondaria.
- Dissuasori (palo-corda-palo): l’obiettivo per cui viene realizzata questa tipologia di opera è
di disincentivare la frequentazione del campo dunale e permettere lo sviluppo delle dune
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embrionali e la stabilizzazione del piede dell’avanduna. La delimitazione dell’area di
avanduna è realizzata mediante corda di canapa stesa (non tesa: l’umidità e la salsedine,
tendendola ulteriormente, la spezzerebbero) tra pali di castagno piantati nella sabbia a
circa due metri l’uno dall’altro e alti circa 1 m fuori terra.
- Recinzione a croce di Sant’Andrea: l’obiettivo per questa tipologia di intervento è
ostacolare l’accesso indiscriminato e la frequentazione in genere dell’ambito retrodunare,
da parte di visitatori che accedono dai parcheggi o dalle strade limitrofe retrostanti. I pali
di sostegno infissi nel terreno aventi il diametro di 10 cm, vengono piantati nella sabbia a
circa 2 metri l'uno dall'altro. La chiusura sommitale avviene attraverso pali di sostegno,
mediante raccordo con pali del diametro in testa di cm 10-12 e lunghezza di m 2.
3.1
Localizzazione degli interventi dell’Azione C1 e C3
Per una migliore identificazione dei settori di spiaggia, nelle fasi di studio preliminari del
progetto PROVIDUNE, le aree di intervento sono state suddivise in A1, A2 e C3.
Settore A1 e A2: si realizzerà lungo tutta l’area di intervento una viminata basale la cui
funzione è quella di protezione del piede della duna e della porzione sommitale della
spiaggia; nella parte retrostante rispetto all’area di localizzazione della viminata, in
corrispondenza dei varchi creatisi tra gruppi di vegetazione a causa del calpestio, degli
accessi non regolamentati ecc.., verranno realizzate barriere verticali la cui funzione sarà
quella di limitare il processo di erosione del sistema dunale.
Vengono inoltre previsti a monte della spiaggia impianti di specie autoctone, le cui tipologie
saranno determinate sulla base delle schede degli habitat presenti nell’areale di intervento e
grazie alla mappatura puntuale realizzata nella fase di analisi del progetto LIFE. Inoltre essi
verranno protetti attraverso moduli quadrati disposti a scacchiera, il cui lato sarà di 6 metri.
Per quanto riguarda l’azione C3 invece si realizzerà una passerella in legno, delimitata ai lati
da dissuasori realizzati con il sistema palo corda palo. Il sentiero di accesso verrà delimitato
lateralmente da una recinzione a croce di Sant’Andrea, in modo da impedire la fruizione e la
percorrenza di aree sensibili da proteggere, obiettivo primario del progetto LIFE.
Settore C: in merito all’Azione C1 in quest’area di intervento si realizzerà una viminata
basale al piede della duna, le cui motivazioni sono le stesse evidenziate per le altre due aree
di intervento. Nella zona a monte verranno realizzati impianti la cui tipologia sia nella scelta
delle specie che nella struttura di protezione risulta differente a seconda della tipologia di
habitat dunale in cui ci si trova.
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Infatti in un caso si useranno moduli a scacchiera quadrati con lato di 6 metri nella zona più
vicina alla viminata, mentre si userà un modulo di 10 metri nella zona più interna in
corrispondenza con l’area utilizzata attualmente come parcheggio.
Per quanto riguarda l’azione C3 invece si realizzerà una passerella in legno. Il sentiero di
accesso verrà delimitato lateralmente da una recinzione a croce di Sant’Andrea, in modo da
impedire la percorrenza sia pedonale che carrabile in aree sensibili.
4
4.1
INQUADRAMENTO STORICO TERRITORIALE
Inquadramento topografico e geologico
L'area di interesse si colloca a margine di un esteso territorio pianeggiante, delimitato a nord
dal fiume Garigliano, ad est dal massiccio vulcanico del Roccamonfina, a sud dalla dorsale
calcareo-dolomitica del Monte Massico. Essa è ubicata, in particolare, nel tratto più
settentrionale del Litorale Domitio, caratterizzato da costa bassa e sabbiosa, che nella sua
interezza si estende dalla Piana del Garigliano fino a Monte di Procida per circa 50 km.
L'ambiente, condizionato prevalentemente dalla dinamica fluviale – nel caso in esame, del
fiume Garigliano – è compromesso da un intenso sfruttamento antropico del territorio, da
un’intensa urbanizzazione, da attività agricole e zootecniche e da opere costiere, che hanno
profondamente modificato l’assetto morfologico e il paesaggio naturale.
Il reticolo idrografico del Garigliano è costituito dalle aste fluviali dei corsi principali del Liri e
del Gari, dalla cui confluenza si origina il Fiume Garigliano, il cui bacino ha un’estensione di
ca. 430 kmq, la maggior parte impostato sulla omonima piana formata, in prevalenza, da
depositi fluviali caratterizzati da una preponderante componente siltoso-argillosa che
lasciano il posto alle distese di sabbie fini grigie e giallastre delle dune litoranee, miste a
materiale vulcanico (Manfredini, 1968; Ippolito et al., 1973). Il litorale considerato mostra una
progradazione della linea di riva a luoghi anche notevole - conseguente alla ridistribuzione
dei sedimenti erosi della cuspide deltizia generata attraverso i secoli - mentre un progressivo
arretramento si registra a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, a seguito della completa
rettificazione della linea di costa.
Questa è caratterizzata da un'ampia spiaggia, cui fa seguito un doppio cordone di dune, dei
quali uno mobile e soggetto a erosione, l'altro fisso e coperto da macchia mediterranea o
pineta. Estesa era, per questo motivo, una zona immediatamente retrostante composta da
sabbie e terreni alluvionali a matrice sabbioso-argillosa, che si presentava in passato
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caratterizzata dalla presenza di una serie di paludi e lagune costiere: le fonti ricordano quelle
di Minturnae presso la foce del Garigliano e, più a sud, il "pantano di Sessa", sottoposto ad
interventi di bonifica sin dall'età romana1. Il comprensorio così delineato – ai cui margini
insistono i centri antichi di Suessa e Sinuessa, ubicati rispettivamente nella fascia collinare
alle pendici del Roccamonfina e nella piana compresa tra il mar Tirreno a ovest e le ultime
propaggini del Massico ad est – costituisce la sede storica di pertinenza di quelle popolazioni
italiche che la tradizione letteraria colloca in un orizzonte cronologico assimilabile alla pre- e
protostoria e che ricorda con il nome di Ausones, etnico che in età storica si evolve,
attraverso la forma intermedia di Auronissoi, in Aurunci.
4.2
Origine e popolamento degli Ausoni nella tradizione letteraria
Piuttosto numerose, e spesso discordanti, sono le fonti letterarie che ci sono pervenute,
direttamente o indirettamente, in relazione alle origini ed alla localizzazione dell'ethnos
ausone: tra di esse Strabone2, del I sec. a.C., parla degli Ausoni a proposito del Lazio
meridionale, ricordando come un tempo questo territorio fosse da loro abitato.
Successivamente3, nel descrivere la Campania riporta varie opinioni di autori greci relative al
suo più antico popolamento: secondo Antioco questa terra era abitata dagli Opici e questi si
chiamavano anche Ausoni; secondo lo storico Polibio, invece, Opici e Ausoni erano due
popoli diversi; per altri ancora quella terra, abitata inizialmente da Opici ed Ausoni, sarebbe
stata successivamente occupata dagli Etruschi (Tirreni) che vi avrebbero fondato 12 città, in
seguito conquistate dai Sanniti e quindi dai Romani.
Gli studiosi moderni si sono divisi fra quanti pensavano che una estensione del popolo degli
Ausoni all’intera area dell’Italia meridionale fosse la testimonianza di una realtà di fatto4,
puntualmente riferita dagli autori greci, e quanti invece ritenevano che una tale estensione
fosse solo un mito creato dalla storiografia ellenica. Quest’ultima interpretazione, propria
1
M. Pagano, Note sulla bonifica romana in Campania, in Interventi di bonifica agraria nell'Italia romana, ATTA 4,
1995, pp. 211-218.
2
Strab. V, 3, 6 = C 232-233.
3
Strab. V, 4, 3 = C 242.
4
E. Pais, ‘Intorno all’estensione degli Auson’, in Ricerche storiche e geografiche sull’Italia antica, Torino 1908.
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dello studioso E. Lepore5, è oggi prevalente e ritiene che tale mito sia nato dal contatto dei
Greci di età micenea con le popolazioni italiche che erano linguisticamente e culturalmente
affini fra di loro. E’ certo comunque che poco dopo la metà dell’VIII sec. a.C., quando i Greci
fondarono Cuma, la loro più antica colonia in occidente, la pianura costiera campana era già
occupata dalla popolazione degli Opici, mentre gli Ausoni si trovavano già relegati nell’area
marginale fra Campania e Lazio.
Da un punto di vista linguistico l’etimologia del nome Ausoni era stata in passato ricondotta
da G. Devoto6 alla voce indoeuropea ausa = fonte, ovvero gli abitanti del Lazio meridionale e
del bacino inferiore del Garigliano in contrapposizione agli abitanti del Lazio interno e
collinoso. Altre interpretazioni riconducevano gli Ausoni ad ausosa-aurora: dunque la terra
che essi abitavano sarebbe stata la terra dell’aurora; ma, come si sa, nella prospettiva di un
greco, l’Italia non era certo la terra dell’aurora, semmai era l’Hesperia, la terra del tramonto e
dell’occidente. Tali interpretazione sono state rifiutate recentemente da D. Musti7, il quale ha
ricondotto il nome Ausoni al mondo greco: Ausoni era il termine applicato dai Greci agli
abitanti di aree calde soprattutto per effetto di fenomeni vulcanici, che come è noto sono
particolarmente evidenti in Campania. Sappiamo comunque, grazie agli studi di E. Lepore,
che alla fine del VI sec. il nome Ausoni cominciò a mutare in Aurunci. Ciò avvenne per
l’arrivo della popolazione italica dei Volsci, osco-umbri, che sovrapposero al suffisso –ni
dell’etnico Ausoni il loro tipico suffisso in –ci e determinarono la trasformazione della s in r.
Non sorprende, dunque, se nelle fonti storiche latine, nella gran parte dei casi, abbiamo
testimoniato il solo nome Aurunci.
5
E. Lepore, ‘Gli Ausoni: leggende delle origini, tradizioni etniche e realtà culturali’, in Archivio stor. di
Terra di Lavoro, V, 1976-77, pp. 81-108 (= E. Lepore, in Origini e strutture della Campania antica,
Bologna 1989, pp. 57-84).
E. Lepore, ‘Timeo in Stradone V,4,3, C242-243 e le origini campane’, in Origini e strutture della
Campania antica, Bologna 1989, p. 85 ss.
6
G. Devoto, in StEtr 20, 1949, p. 157.
7
D. Musti, ‘Ausonia terra 1. Una proposta per l’etimologia degli Ausones. Gli Ausoni e il vulcanismo nell’Italia
antica’, in RivCulClMed XLI.2, 1999, pp. 167-172.
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4.3
Roma e gli Aurunci fra VI e V sec. a.C.
Relativamente al periodo compreso tra il VI ed il V sec. a.C., abbastanza scarne sono le
notizie che ci sono giunte dalla storiografia antica in riferimento al territorio aurunco ed ai
suoi rapporti, sempre più frequenti, con Roma. Nella sua opera Ab Urbe condita, Livio (59
a.C. – 17 d.C.) ricorda che le guerre fra Roma e gli Aurunci cominciarono già nel 503 a.C.,
poco dopo la fondazione della repubblica, a seguito del passaggio di due colonie latine –
Pomezia e Cora – dalla parte della popolazione italica. Il racconto di Livio8 continua riferendo
che l’anno successivo i consoli Opitro Virginio e Spurio Cassio attaccarono Pomezia e che
contro di essi si avventurarono gli Aurunci, i quali colsero un iniziale successo. Trascorso
non molto tempo, tuttavia, l'esercito romano riprese l’offensiva contro Pomezia, che si arrese
prima di venire espugnata; a tale resa si accompagnò una dura punizione: i maggiorenti
furono decapitati, gli altri coloni venduti come schiavi, la città distrutta ed il territorio venduto.
Lo storico greco Dionigi d’Alicarnasso9, vissuto nel I sec. a.C. e autore di una Storia di Roma
arcaica, ripreso anche da Livio10, riferisce di uno scontro avvenuto nel 493 a.C. presso
Ariccia tra Roma e gli Aurunci, intervenuti in difesa del vicino popolo dei Volsci sconfitto dai
romani.
4.4
Roma e gli Aurunci nel IV sec. a.C.: dalle guerre sannitiche al 314 a.C.
La maggior parte delle testimonianze letterarie greche e latine a proposito degli Aurunci e
della città di Sessa Aurunca parte dalla seconda metà del IV sec. a.C. Per avere un’idea di
questo convulso periodo, che vede la progressiva espansione del dominio romano verso
sud, bisogna forse partire dal 354 a.C. anno in cui venne stipulato un patto di alleanza fra
Roma e la lega sannitica. Si trattava di un patto difensivo in cui i due contraenti stabilivano le
rispettive zone di influenza, determinando il confine nel medio-basso corso del Liri
(Garigliano).
Questa rigida distinzione fu mal tollerata dalle piccole popolazioni locali, come i Latini, gli
Aurunci e i Campani, che cercarono in varie occasioni di affrancarsi dalla supremazia
8
Liv. II, 17.
9
Dionys. VI, 32, 1-3.
10
Liv. II, 26, 4-6.
9
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Relazione archeologica preliminare
dell’una e dell’altra parte. Nel 345 a.C. gli Aurunci tentarono, per questo motivo, una rapida
incursione in territorio romano, terminata in disfatta, secondo quanto narra Livio11.
Malgrado le buone intenzioni, nel 343 a.C. scoppiò improvvisamente la prima guerra fra
Roma e la lega sannitica durata un paio d’anni. Nel 341 a.C. Roma invase il Sannio e i
Sanniti furono costretti a chiedere la pace e il rinnovo del trattato del 354 a.C. La fascia
costiera campana tra il Liri e il Volturno entrava ora nella sfera romana, mentre i Sidicini
continuarono a restare nella sfera d’influenza dei Sanniti.
Le piccole popolazioni locali, i Campani, i Sidicini, gli Aurunci, tentarono a questo punto di
sottrarsi al dominio di Romani e Sanniti alleandosi con i Latini, che a loro volta mal
tolleravano il predominio romano nel Lazio: ciò fu causa della così detta guerra latinocampana, che si concluse nel 340 a.C. con la grande battaglia del Veseris12, la cui
localizzazione ha rappresentato a lungo un problema topografico di difficile soluzione.
Tradizionalmente si riteneva che la battaglia si fosse svolta presso il Vesuvio, tuttavia non è
mancato chi ha respinto tale attribuzione13. Inoltre dopo la sconfitta i Campani e i Latini si
rifugiarono a Minturnae e a Vescia, due delle maggiori città aurunche, che dunque dovevano
essere alquanto vicine. Del resto la notizia delle fasi conclusive della guerra latino-campana
viene riportato anche dallo storico Diodoro Siculo14, vissuto nel I sec. a.C., il quale tuttavia
riferisce che lo scontro decisivo sarebbe avvenuto presso la città di Suessa. La spiegazione
più semplice è, pertanto, che il luogo della battaglia fosse nel territorio compreso fra
Minturnae, Sinuessa e Suessa Aurunca. E’ probabile che il nome Veseris accomunasse il
vulcano Vesuvio e quello di Roccamonfina, oltre a un piccolo fiume affluente del Liri. Dunque
la battaglia si sarebbe svolta in un luogo pianeggiante alle falde del Roccamonfina, che
sarebbe stato successivamente confuso con il Vesuvio per un caso di omonimia. Abbiamo
da Livio un’ulteriore indicazione riguardante il luogo della battaglia, che si chiamava
Trifanum: non conosciamo con precisione questa località tuttavia, come è stato già notato, il
nome indicherebbe la presenza di un santuario confederale; Trifanum è infatti la traduzione
latina di un termine locale che significa triplice santuario. In ogni caso, il 340 a.C. resta un
momento epocale nell'incipiente processo di romanizzazione della Campania antica,
11
Liv. VII, 28.
12
Liv. VIII, 1-11.
13
F. Coarelli, ‘Roma, gli Aurunci e la fondazione di Sinuessa’, in Testimonianze archeologiche dalla città e dal
territorio di Sinuessa, a cura di L. Crimaco – G. Gasperetti, Napoli 1993, p. 23.
14
Diod. XVI, 90, 2.
10
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inaugurato proprio a conclusione della guerra romano-latina con la costituzione dell''Ager
Falernus ed il conseguente distacco di questo territorio dalle pertinenze di Capua.
Nel 337 a.C. Livio15 ricorda una guerra scatenata dai Sidicini, che avevano come centro
principale Teano, contro gli Aurunci: questi ultimi avrebbero richiesto l’intervento dei Romani,
ma a causa dei ritardi causati dai consoli, furono costretti ad abbandonare le loro città,
fortificando il solo sito di Suessa Aurunca. L’anno successivo, nel 336 a.C., Roma avrebbe
condotto una campagna militare contro gli Ausoni di Cales e i Sidicini, che avrebbero
continuato a resistere fino al 334 a.C., anno in cui sarebbe stata dedotta una colonia latina a
Cales16.
Nel 314 a.C., durante la seconda guerra sannitica, i Sanniti inflissero all’esercito romano –
che, al comando del console Fabio Rulliano, stava accorrendo da sud verso la città di Sora,
che aveva defezionato – la dura sconfitta di Lautulae. Questo episodio offrì l’occasione per
una sollevazione generale contro la dominazione romana, cui presero parte gli Aurunci,
assieme ai Lucerini e ai Capuani. I Romani, come ci è tramandato da Livio, repressero
violentemente questa sedizione, segnando la fine della popolazione aurunca – che verrà
totalmente assorbita nell’orbita romana – e distruggendo i tre principali insediamenti aurunci,
Ausona, Minturnae e Vescia.
Ausona doveva essere il centro più importante e va probabilmente identificata con la colonia
latina di Suessa Aurunca. Il sito della città aurunca di Minturnae non coincide con quello
scavato da una missione americana negli anni ’30 lungo la costa – interpretabile piuttosto
con la colonia romana fondata nel 296 a.C. –
ma va invece probabilmente ricercato
nell’attuale paese di Minturno, la medievale Traetto, posto su un rilievo collinare. La
collocazione di Vescia, infine, è sempre stato l’elemento maggiormente problematico;
tuttavia negli ultimi tempi sono emersi elementi abbastanza sicuri per prospettare una
collocazione sulla riva destra del Liri nella zona di Castelforte. Questi insediamenti,
comunque, sono da intendersi come un modello di organizzazione sparsa sul territorio,
comune a varie popolazioni dell’Italia antica, con una serie di villaggi non fortificati (vici),
collegati con entità amministrative più ampie (pagi). In momenti di particolare pericolo gli
abitanti dei vari vici si poteva rifugiare con tutto il bestiame in luoghi fortificati (oppida),
normalmente non abitati, cinti con ampie e poderose mura. Grande importanza avevano i
santuari, che fungevano da punto di riferimento dell’organizzazione politica, sociale ed
15
Liv. VIII, 15, 3-5.
16
Liv. VIII, 16-17.
11
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economica della comunità aurunca: i due maggiori luoghi di culto a noi noti, quello della dea
Marica alla foce del Garigliano e di Panetelle alla foce del Savone, con la loro posizione al
limite settentrionale e meridionale dell’area aurunca, demarcavano i confini del territorio e si
ponevano come importanti punti di contatto con le popolazioni limitrofe. In particolare i
materiali arcaici dell'area sacra di loc. Panetelle - che si inquadrano tra la seconda metà del
VII e l'inizio del V sec. a.C. - denotano per la struttura una funzione notevole di scambio ed
apertura nei confronti delle compagini etnico-politiche esterne, oltre che di raccordo interno
delle comunità pagano-vicaniche sparse nel territorio, che ad essa affidavano l'espressione
della propria identità.
4.5
Dal IV sec. a.C. alla fine della repubblica
Dalla costituzione della tribù Falerna nel 340 a.C. questo settore della Campania
settentrionale pagò il prezzo della sua importanza e della sua centralità nello scacchiere
geopolitico, conoscendo, tra l'altro, alcune ripetute devastazioni da parte dei Sanniti,
registrate fino al 296 a.C.17, allorquando maturò la decisione di dedurre lungo la fascia
costiera la colonia di Sinuessa, a protezione del tracciato meridionale della via Appia, di
recente realizzazione18, e più in generale del territorio circostante19. Per analoghe ragioni già
nel 313 a.C. era stata strategicamente fondata la colonia latina di Suessa Aurunca20.
Nel 218 a.C. ebbe poi inizio la guerra contro Annibale. Il primo scontro vide l’esercito romano
soccombere. Fra le truppe che combatterono quella battaglia vi furono sicuramente soldati di
Suessa: sappiamo infatti che uno di questi, di nome Marsico, si mise in particolare luce, tanto
da venire in seguito celebrato dal poeta latino Silio Italico (26 d.C. – 101 d.C.) nel poema
Punica.
L’anno successivo il territorio dell’agro Falerno venne devastato dall’esercito cartaginese. La
razzia della cavalleria numidica, guidata dal comandante Maarbale, giunse fino alle aquae
Sinuessanae, un piccolo insediamento suburbano che si trovava nella parte meridionale
della città. Probabilmente anche la stessa Sinuessa dovette essere attaccata, seppur senza
successo, come apprendiamo dal discorso di Minucio riportato da Livio. L’esercito romano
17
Liv. IX, 44; X, 20.
18
Liv. IX, 29.
19
Liv. X, 21.
20
Liv. IX, 28.
12
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guidato da Fabio Massimo assistette allo svolgersi degli avvenimenti dalla cima del Monte
Massico senza intervenire21. I maggiori danni riguardarono comunque il ricco territorio
agricolo della città, allora capillarmente occupato da piccoli edifici rurali abitati da singoli
nuclei familiari che coltivavano appezzamenti di terreno di limitata estensione.
Nel 211 a.C. Annibale tentò un improvviso colpo di mano contro Roma: dal Volturno,
attraversando il territorio di Suessa, quello di Cassino e poi quello di Fregelle, giunse
velocemente nei pressi della capitale, ma i Romani, avvertiti tempestivamente delle
intenzioni del generale cartaginese, riuscirono a marce forzate a condurre l’esercito in difesa
dell’Urbe.
Poco dopo, nel 209 a.C., Suessa assieme ad altre undici colonie rifiutò, contravvenendo ai
patti, di fornire soldati e contributi in denaro ai Romani, in modo da costringere questi ultimi a
stipulare una pace con Annibale22. Ma una volta eliminato il pericolo rappresentato dal
cartaginese, nel 204 a.C. Roma richiese alle città che avevano defezionato, fra cui appunto
Suessa, il pagamento dei contributi e la fornitura dei soldati per l’intero periodo in cui ciò non
era avvenuto
Il periodo post-annibalico rappresentò per il comprensorio a sud del Garigliano l'inizio di
un'epoca di notevole floridezza economica, soprattutto a partire dalla seconda metà del II
sec. a.C., quando cominciò a radicarsi il fenomeno di formazione delle grandi ville a
conduzione schiavistica, attuato mediante un sistema di accorpamento delle unità immobiliari
minori.
Tale periodo di benessere, che vide aumentare la produzione di vino Falerno e la sua
esportazione su mercati ad ampio raggio, non si interruppe all’inizio del I secolo a.C., quando
pure l’Italia è caratterizzata da una continua instabilità politica. Fra il 91 e l’88 a.C., infatti,
Roma si vide costretta a fronteggiare la guerra sociale combattuta dagli alleati italici per
ottenere la cittadinanza romana, concessa nel 90 a.C. con la lex Julia municipalis: in base a
questa legge anche la città di Suessa divenne municipio e venne ascritta alla tribù Aemilia.
Poco dopo si scatenò la guerra civile fra Mario e Silla: quest’ultimo marciò con le legioni
dentro la stessa Roma, prendendo di sorpresa Mario e i suoi alleati, costretti a fuggire.
Mario, tentando di riparare in Africa, fu autore di una fuga rocambolesca attraverso le paludi
alla foce del Liri (Garigliano), lì dove sorgeva fin dall'epoca arcaica il santuario della dea
21
22
Liv. XXII, 13-14.
Liv. XXVII, 9, 1-10.
13
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Marica23. Riuscito a riorganizzare il suo partito ed a tornare in Italia, compì al suo arrivo
efferate vendette: la guerra civile, durata dal 88 all’82 a.C., vide le città italiche dividersi fra
sostenitori della parte oligarchica rappresentata da Silla e sostenitori della parte democratica
impersonata da Mario. La città di Suessa, in particolare, si schierò in favore di Silla, ma
venne presa con la forza nell’85 a.C., durante un periodo di tregua, da uno dei comandanti
mariani, Sertorio, poi rifugiatosi in Spagna24. Suessa Venne successivamente riconquistata
dalle truppe sillane, come attesta un’iscrizione proveniente dalla città oggi conservata al
Museo di Capua25:
La città di Suessa dovette essere interessata da tragiche vicende anche durante le convulse
fasi successive all’assassinio di Cesare: in un passo delle Filippiche26, riferibile al 43 a.C.,
infatti, il grande oratore Cicerone (106 – 43 a.C) accusa l’avversario Marco Antonio di aver
riempito “del sangue di valorosi soldati di Suessa , una città assai fiorente che è oggi un
nobile municipio ed era un tempo un’altrettanto nobile colonia”.
4.6
L'età imperiale
Nell’ambito del processo di riorganizzazione amministrativa dell’Italia Augusto dedusse a
Suessa una nuova colonia con il titolo di Colonia Iulia Felix Classica, secondo quanto riferito
da Plinio il Vecchio27. La mancanza del termine Augusta nella titolatura della colonia fa
pensare che questa sia stata dedotta prima del 27 a.C., quando venne attribuito ad
Ottaviano questo epiteto. In particolare, è probabile che la colonia sia stata fondata subito
dopo la battaglia di Azio fra il 30 e il 28 a.C., mediante l’assegnazione di terre a soldati
veterani che avevano prestato servizio nella flotta romana, come indizia l’epiteto Classica
attribuito alla città28. La ritrovata stabilità politica permise anche a Suessa di dare avvio ad un
intenso programma di ristrutturazione urbanistica: a questo periodo risale infatti la
costruzione del teatro, uno dei più grandi della Campania.
23
Plut., Mar., 36-40.
24
App., Bel. Civ., I, 85, 385-386.
25
CIL X 4751.
26
Cic. Phil. XIII, 8, 18.
27
Plin., N.H., III, 63.
28
E. Gizzi, Colonia Iulia Felix Classica Suessa: storia e urbanistica, in La ciudad en el mundo romano - XIV
Congreso Internacional de Arqueologia Clàsica, Tarragona 1993, pp. 172 ss.
14
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Per quanto riguarda più in generale il territorio compreso tra il Massico ed il Garigliano, nella
seconda metà del I sec. a.C. si assiste al definitivo sparire dei piccoli insediamenti rustici ed
alla trasformazione delle case coloniche in vere e proprie villae: le residenze di maggior
pregio si dispongono soprattutto sulle pendici settentrionali del Massico e lungo la via Appia,
il cui percorso fornisce una traccia anche per l'impianto di attività commerciali espletate
mediante le deversoriae tabernae, cui fanno talvolta riferimento gli autori antichi. Tra le
suddette strutture residenziali si può annoverare, ad esempio, il deversoriolum o villa pusilla
che Cicerone possedeva a Sinuessa29.
Tra l'avanzato I ed il II sec. d.C. si iniziano ad avvertire i segnali di una crisi che investe le
campagne, rappresentati dal progressivo venir meno della maggior parte delle case
coloniche, dall'abbandono delle fornaci interne di anfore Dressel 2-4 – soppiantate da altri
contenitori – e da un deciso calo delle esportazioni vinarie. Nel contempo si assiste alla
diffusione del latifondo, collegato alla affermazione di grandi e potenti famiglie di produttori.
Tale crisi è sentita in maniera particolare nella fascia pedemontana e collinare –
caratterizzata, appunto, dalla produzione vinicola – dove tra il II e III sec. d.C. buona parte
dei siti rurali, ville e piccole fattorie, vengono progressivamente abbandonati: nel IV sec. d.C.
il ridimensionamento della viticoltura è ormai assai accentuato ed evidente è la contrazione
demografico-abitativa.
Gli
insediamenti
di
pianura,
invece,
dediti
soprattutto
alla
cerealicoltura ed all'allevamento, sembrano sopravvivere fino al VI sec. d.C., anche se non
pochi sono gli quelli abbandonati già nel corso del IV sec. d.C.
Diverso è il discorso relativamente ai grandi centri abitati, per i quali le maggiori fonti in
nostro possesso sono di natura epigrafica. Nel II sec. d.C. l’imperatore Adriano fece costruire
a Suessa una strada, come testimonia un'iscrizione30 murata sulla parete esterna della
chiesa di S. Matteo. Ben sette iscrizioni provenienti da Suessa fanno invece riferimento a
Matidia minore, un personaggio di rango imperiale, figlia di Matidia maggiore, nipote della
sorella dell’imperatore Traiano Marciana, e sorella dell’imperatrice Sabina, sposa di Adriano
e zia di Antonino Pio. Matidia, che aveva estese proprietà in Campania e in particolare
nell’ager Falernus, fu promotrice a Sessa Aurunca di una serie di opere pubbliche tra cui la
29
Cic., Epist. XII, 20; Ad Att. XIV, 8, 1.
30
CIL X 4756.
15
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ristrutturazione del teatro31, la costruzione di una strada e di una biblioteca che venne detta
Matidiana32.
Fra le altre iscrizioni facenti riferimento a Matidia, una era dedicata dagli abitanti di
Minturnae33, un’altra dai Suessani34 e altre due da suoi procuratores35. Altri testi sono
rappresentati da un miliarium36, rinvenuto recentemente,
e da un frammento ritrovato
nell’area del cosiddetto foro37.
Poco nota è la vicenda tardoantica di Sessa Aurunca, che superò la crisi del III sec. d.C. con
meno danni rispetto alle campagne grazie all'economia non esclusivamente incentrata sulla
viticoltura; la presenza di un curator civitatis e patronus municipale di origine locale
testimonia il perpetuarsi della vita civica ancora per il IV sec. d.C., quando tuttavia incomincia
a delinearsi un progressivo indebolimento del tessuto urbano. Tra il IV ed il V secolo, ad
esempio, si colloca il definitivo abbandono del teatro, che del resto aveva già in precedenza
subito pesanti spoliazioni; crollato in seguito forse ad un evento sismico, parte dell'edificio
venne riutilizzato come monastero e luogo di sepoltura nel VII sec. d.C. Ulteriori saccheggi a
scopo di riutilizzo nelle costruzioni romaniche della città medioevale vennero perpetrati nel
XII sec. ai danni di quello che era ormai solo un cumulo di macerie.
Per quanto riguarda l'altro centro urbano del territorio aurunco, Sinuessa, durante la prima
età imperiale continua a rivestire un ruolo di primo piano, anche grazie all'apertura, nel 95
d.C., della via Domitiana: la produzione ed il commercio dovevano essere molto attivi e
ancora in grado di procurare grossi guadagni, tanto che alcune famiglie – come la gens
Caedicia – incrementarono il proprio capitale fondiario parallelamente alla loro carriera
politica, tanto da far raggiungere ad alcuni dei loro membri il rango senatorio. Più tardi, la
crisi che investe il sistema produttivo campano tra il III ed il IV secolo si risente anche a
Sinuessa, lasciando tracce evidenti sia sul piano edilizio ed artistico - rara è, ad esempio, la
costruzione di nuovi edifici ed anzi si accentua sempre più lo spoglio di quelli esistenti – sia
31
P. Cascella, Il teatro romano di Sessa Aurunca, Marina di Minturno 2002, pp. 85-87.
32
CIL X 4760.
33
CIL X 4744.
34
CIL X 4745.
35
CIL X 4746-4747.
36
M. Pagano – A.M. Villucci, ‘Un miliario di Matidia da Sessa Aurunca’, in Studi pubblicati dall’Istituto Italiano per
la Storia Antica, fasc. XLVIII, Roma 1991, p. 287 ss.
37
M. Pagano – A.M. Villucci, ‘Nuove iscrizioni da Suessa e Minturnae’, in AttiAcPontaniana XXXIV, 1986, p. 49
ss.
16
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su quello economico: anche le strutture portuali della colonia, dove affluivano in quantità
sempre più ridotte le produzioni della Campania settentrionale, vengono meno, forse a causa
del progressivo insabbiamento.
Ancora nella seconda metà del IV sec. d.C. una senatrice cristiana, Viria Marcella –
probabilmente proprietaria di fondi nel territorio cittadino – investe denaro nella costruzione
di un edificio pubblico, forse un luogo di culto, nell'area del foro38. Ma dopo questo apparente
e sporadico segno di ripresa, la città sopravvive ancora per pochi decenni: a partire dal V
sec. d.C., infatti, Sinuessa non restituisce più testimonianze archeologiche ed epigrafiche e
non viene più citata dalle fonti. Solo il piccolo villaggio delle Aquae Sinuessane, a sud di
essa, sembra sopravvivere almeno fino alla fine del V sec. d.C.
4.7
4.7.1
L'evidenza archeologica
Dalla Preistoria all'età arcaica
Le tracce del popolamento del territorio in esame in età pre- e protostorica sono
sfortunatamente assai scarse e si limitano per lo più al rinvenimento di materiale sporadico.
Rarissime sono le testimonianze riferibili al paleolitico medio: al musteriano risale il
ritrovamento effettuato in grotta lungo le propaggini meridionali del Massico in loc. Masseria
Curti presso Falciano del Massico, mentre forse già epipaleolitico è il concentramento di selci
proveniente dalle dune fossili a nord del Rio S. Limato, in loc. Masseria Cecere nel comune
di Sessa Aurunca39.
In epoca eneolitica l'area in questione sembra avere ospitato una estensione verso nord del
gruppo del Gaudo, rappresentato da due tombe – nessuna delle quali rinvenuta intatta - nel
bacino del Garigliano: nei primi anni Cinquanta una cava di tufo in loc. Masseria S. Giuseppe
Piscinola nel territorio di Sessa Aurunca devastò una sepoltura, il cui corredo in parte
disperso comprendeva un vaso globulare a collo cilindrico ed un coperchio in impasto
38
L. Melillo Faenza – M. Pagano, La senatrice Viria Marcella in un singolare bollo laterizio da Sinuessa, in RAAN
58, 1983, pp. 371-377.
39
P.F. Talamo, L'area aurunca nel quadro dell'Italia centro-meridionale. Testimonianze archeologiche di età
arcaica (BAR, International Series, 384), Oxford 1987, p. 8; P. Arthur, Romans in northern Campania: Settlement
and land-use around the Massico and Garigliano basin (Archaeological monographs of the British School at
Rome, 1), 1991, sito M5.
17
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bruno40; un altro reperto ceramico e due pugnali in selce dello stesso orizzonte cronologico e
culturale provengono da Masseria Sacconara presso Piedimonte Massicano, dallo scavo di
un pozzo che intercettò la sepoltura41. A questi ritrovamenti si aggiunge quello, più recente,
di un pregevole pugnale in selce da Ponte dell'Impiso presso Mondragone, che potrebbe
indiziare la presenza di un'altra deposizione riferibile alla cultura del Gaudo42.
L’età del Bronzo e la successiva età del Ferro sono per il momento testimoniate
prevalentemente da rinvenimenti superficiali di ceramica di impasto, che possono darci solo
un’idea frammentaria del popolamento in quest'epoca. In particolare, per quanto riguarda
l'età del Bronzo le attestazioni suggeriscono una presenza poco radicata sul territorio ed un
aspetto piuttosto frazionato. Si rinvengono con una certa frequenza reperti ceramici poco
diagnostici a causa dello stato di conservazione e dell'elevato grado di frammentazione: quei
pochi che possono essere definiti con maggior precisione, comunque, sembrano
appartenenere alla facies appenninica o al Bronzo finale. I siti – rappresentati il più delle
volte da dispersioni di frammenti ceramici e/o litici – si distribuiscono prevalentemente lungo
la fascia collinare e pedemontana del Massico: sul versante settentrionale del massiccio si
segnalano i ritrovamenti in un'ampia area a sud di Sessa Aurunca, nelle località Li Bruni,
Masseria Irace, Masseria Fratella, Cerquello e Masseria Palmienti; ancora più a sud – lungo
la direttrice che dal centro aurunco conduce verso il litorale costeggiando le pendici
settentrionali del Massico – si accentrano una serie di rinvenimenti immediatamente a nord
di Carano (in loc. Masseria Calvisi) e tra Carano e Piedimonte. Particolarmente interessante
è il sito venuto alla luce immediatamente a ovest di Piedimonte43, che ha restituito una
grande quantità di frammenti ceramici riferibili all'Appenninico e Sub-Appenninico associati
ad un peso da telaio, 23 selci (tra cui una punta di freccia) e quattro lame in ossidiana delle
Lipari. Altri ritrovamenti di superficie sono stati effettuati sulle pendici meridionali di Massico
(sul monte Cicoli, in loc. S. Maria Incaldana44, sul monte S. Anna) e ancora più a sud nelle
vicinanze di Mondragone. Altre evidenze sono state inoltre registrate sul versante
meridionale del Massico, lungo la fascia collinare compresa tra Falciano, Carinola e
40
A.M. Villucci, Testimonianze dell'età del Gaudo nel territorio di Suessa Aurunca, in I Convegno dei Gruppi
Archeologici della Campania, Pozzuoli 19-20 aprile 1980 (1981), pp. 145-146.
41
Talamo, op. cit. 1987, p. 8.
42
M. Pagano, Un pugnale eneolitico da Mondragone, in Studia Suessana 3, 1979, pp. 15-21.
43
Arthur, op. cit. 1991, sito S51.
44
S. De Caro, in Atti Taranto 1993 (1994), pp. 647-648.
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Cascano45: in loc. Ventaroli, presso Casale di Carinola, poco prima della II guerra mondiale
fu portato alla luce un ripostiglio di asce in bronzo, attualmente disperse o in possesso di
privati, tra le quali una ad alette di un tipo particolarmente diffuso in Italia ed Europa
centrale46. Di grande interesse è il cosiddetto "Villaggio dei ciclamini" messo in luce sul
pianoro sommitale di monte Petrino, dove sono stati individuati i fondi di circa 80 capanne
incise nel banco calcareo della collina e due recinti realizzati con grossi massi calcarei
probabilmente per le mandrie e le greggi appartenute agli abitanti del villaggio protostorico, il
cui periodo di vita sembra dispiegarsi tra il IX e la fine dell'VIII sec. a.C. Altre capanne sono
state individuate nell'area della futura Sinuessa e nei pressi del cimitero di Mondragone47. Le
testimonianze archeologiche suggeriscono per quest'epoca un'occupazione dispersa del
territorio, ma anche una articolazione sociale e un'economia sviluppata in forma sufficiente
tale da offrire un appropriato contesto alle forme di tesaurizzazione indiziate dalla presenza
di strumenti metallici nei corredi funerari, ma soprattutto dal deposito di asce da Ventaroli.
A partire dalla fine dell'VIII/inizi del VII sec. a.C. iniziano una serie di attestazioni su siti a
continuità di frequentazione almeno fino al III sec. C.: la necropoli e l'abitato presso Ponte
Ronaco, nonchè i siti di Masseria Cicoli e Mondragone loc. Lenze48. Lo scavo presso Ponte
Ronaco, a sud di Sessa Aurunca, ha restituito l'evidenza di un abitato di capanne49 – di cui si
è rinvenuto uno zoccolo di fondazione in ciottoli di fiume – ed un discreto numero di
frammenti ceramici, che sembrerebbero indicare un'attività compresa tra il VII alla metà circa
del III sec. a.C. A circa 500 m ad est del sito, sul lato nord del Vallone Grande, una
dispersione di materiale ceramico indizia un'area sepolcrale grossomodo contemporanea: la
necropoli insiste attorno al tratto di strada romana a nord di Ponte Ronaco che da questo,
provenendo da Sinuessa, conduceva a Suessa50. Un abitato grossomodo coevo è stato
individuato sul monte Cicoli; sempre sulle pendici settentrionali di questa estrema
propaggine del Massico verso il Tirreno, una dispersione di materiale ceramico, tra cui
qualche frammento di mattone e di doli, sembrerebbe indicare un altro sito a destinazione
45
Arthur, op. cit. 1991, p. 109 ss.
46
Arthur, op. cit. 1991, sito C15bis
47
L. Crimaco, Dal vicus al castello. Genesi ed evoluzione del paesaggio agrario tra antichità e medioevo. Il caso
della Campania settentrionale, in Culture del Passato 2002, pp. 62-63.
48
Talamo, op. cit. 1987, p. 104 ss.
49
Talamo, op. cit. 1987, p. 10 ss.
50
Talamo, op. cit. 1987, cat. nn. 2-3.
19
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abitativa51. La Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta ha recentemente individuato
una necropoli preromana in loc. Piscinola di Lauro a Sessa Aurunca: la necropoli,
notevolmente estesa, si compone di tombe a cassa di tufo, disposte parallelamente l’una
all’altra e orientate in senso est-ovest. Le sepolture, inquadrabili fra la fine del V e il IV sec.
a.C., sono caratterizzate da corredi molto standardizzati disposti esternamente alla cassa. Di
notevole interesse è la presenza di una certa differenziazione fra le varie strutture funerarie.
Accanto a sepolture caratterizzate da semplici casse di tufo o di tegole e corredi composti
essenzialmente da ceramica da cucina e pochi vasetti a vernice nera, sono state individuate
sepolture con cassa di tipo monumentale a doppio spiovente, con timpani decorati da cornici
modanate e da motivi stilizzati, e corredi caratterizzati dai vasi tipici del simposio, fra cui
l’anfora e il cratere.
Oltre alle evidenze note relative ad abitati e necropoli, materiale arcaico è stato rinvenuto
anche in ambito santuariale nelle zone liminari del territorio aurunco, rispettivamente presso
la foce del Garigliano a nord (santuario della dea Marica) e presso quella del Savone a sud:
qui, in loc. Panetelle, è noto da tempo un santuario di età ellenistica.52 Il materiale – seppure
scarso, giacchè il sito è stato a lungo oggetto di scavi clandestini – permette di fissare la
cronologia della fase di vita più antica del santuario tra la seconda metà del VII fino a parte
del V sec. a.C., in analogia con quanto emerso dall'analisi dei reperti da quello di Marica
sulla riva destra del Garigliano: la tipologia dei reperti finora noti, inoltre, sembra indicare,
almeno per la fase arcaica, un esteso rapporto con le realtà esterne, comprensivo di quelle
forme di scambio più propriamente e direttamente economiche e capaci di coinvolgere anche
le attività di sussistenza di quelle comunità aurunche che facevano capo a questo santuario.
4.8
I centri fortificati
Un altro elemento caratteristico della società aurunca, come di quella sannita, sono le cinte
fortificate. Si tratta di opere difensive, normalmente non abitate, collocate su alture
naturalmente difese, a guardia delle principali vie di comunicazione. Qui, in caso di pericolo,
si potevano rifugiare gli abitanti che normalmente vivevano nel territorio, conducendovi
anche i propri animali. Nell’area aurunca conosciamo tre cinte fortificate, due di queste sono
collocate sulle alture del Roccamonfina, l’una a Monte S. Croce, l’altra nel vicino Monte
51
Talamo, op. cit. 1987, cat. n. 4.
52
Talamo, op. cit. 1987, cat. n. 6.
20
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Frascara, mentre la terza si trova su Monte Cicoli, estrema propaggine del Massico verso il
mare. Fra queste la meglio conservata è quella di Monte Frascara, che presenta una pianta
di forma ellissoidale (lungh. m. 76, largh. 37), con mura costruite in grandi blocchi poligonali
di lava trachitica. Allo spazio interno, ancora poco conosciuto, si accedeva tramite una porta
collocata sul lato sud (largh. m. 1,5) preceduta da una rampa e protetta da un ampio
bastione. La mancanza di scavi stratigrafici non consente un’attribuzione cronologica sicura
di queste strutture; tuttavia il confronto con l’area sannita permette di inquadrarle nell’ambito
del V-IV sec. a.C.53
4.9
4.9.1
L'epoca romana
3.3.1. La centuriazione
L'ampio territorio pianeggiante a sud del fiume Garigliano è stato oggetto di svariate
assegnazioni, documentate dall'età dei Gracchi fino ad epoca flavia, che hanno lasciato sul
terreno tracce fino ad oggi ancora parzialmente riconoscibili nella morfologia agraria e nel
sistema della viabilità principale ed interpoderale, sia che si tratti di resti documentati
archeologicamente (battuti, strade, muretti interpoderali, cippi...), sia che ne rimangano solo
indizi individuabili su base aerofotografica.
La pianura compresa tra Suessa e Sinuessa, delimitata a sud dalle pendici settentrionali del
Massico, consente facilmente, grazie alla regolarità dei suoi elementi planimetrici, di
ricostruire una suddivisione catastale (Suessa I – Sinuessa I)54 assolutamente inusuale se
messa in rapporto con gli altri sistemi noti nella regione. Le linee della morfologia agraria,
inclinate a N-49° 30' E, si organizzano in effetti in una griglia costituita da piccole maglie
quadrate, di 240 m di lato: tale misura non può corrispondere ad un multiplo di actus, ma
sembra piuttosto fare riferimento ad un modulo basato sul vorsus preromano, equivalente a
circa 100 piedi, in uso nelle regioni centromeridionali; si avrebbero pertanto maglie di 8
vorsus per lato. La suddivisione catastale così individuata, che si estende fino a Cellole,
sarebbe dunque cronologicamente assai precoce, ma è difficile stabilirne l'esatta datazione,
53
G. Conta Haller, Ricerche su alcuni centri fortificati in opera poligonale in area campano sannitica (valle del
Volturno – territorio tra Liri e Volturno), Napoli 1978.
54
G. Chouquer et al., Structures agraires en Italie centre-méridionale. Cadastres et paysage ruraux, in EFR 100,
1987, pp. 169-170, Suessa I – Sinuessa I.
21
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da porre comunque tra il periodo immediatamente preromano e l'inizio di quello romano
propriamente detto.
Figura 1 - Suessa I – Sinuessa I
Successiva alla realizzazione della via Appia, giacché da essa nettamente limitata,
sembrerebbe la parcellizzazione del territorio circostante Sessa Aurunca (Suessa II)55: la
struttura di base di questa organizzazione catastale è costituita da un percorso rettilineo o
subrettilineo, a partire dal quale si distaccano a spina di pesce i limiti della parcellizzazione.
La rete così descritta è regolare ma non ortogonale nella zona delle colline che circondano
Suessa e dove l'orografia contrastava tale pianificazione. Sembra, inoltre, di poter cogliere
un legame tra questo catasto e le vie romane che si dipartivano dalla città: la collocazione
dei miliari, dove nota, corrisponde spesso, infatti, al punto da cui i percorsi secondari si
distaccano dall'asse principale: un esempio analogo è noto nel territorio di Minturnae, a nord
della colonia, lungo il percorso della via Appia.
55
Chouquer et al., op. cit. 1987, p. 171, Suessa II.
22
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Figura 2 - Suessa II
La parte meridionale della pianura a sud del Garigliano conserva delle tracce, in verità poco
numerose e poco estese, ma sufficienti ad identificare un altro catasto a maglie quadrate
(Sinuessa II)56, orientato N-21° E, il cui modulo misura 480 m: di nuovo, non sulla base
dell'actus, bensì del vorsus. Pur impiegando una misura preromana, il catasto – che afferisce
al territorio a nord di Sinuessa – ha, per quanto si può giudicare, una morfologia tipicamente
romana, con una rete di limites e vaste strutture intermedie.
Tra il monte Massico e la direttrice Cellole-Suessa la piana conserva tracce di una maglia
catastale inclinata N-58° E, la cui struttura è ritmata su un modulo di 13 actus (Suessa III)57.
L'originalità di questo catasto – forse da mettere in relazione con la deduzione graccana –
sta nel fatto che gli assi longitudinali, dal mare verso Suessa, sembrano più numerosi ed
evidenti di quelli ortogonali, e che si delineano dei possibili raggruppamenti di maglie in
grandi quadrati di 39 actus per lato. Il catasto in esame si interrompe in corrispondenza dei
primi rilievi collinari ed è delimitato dal tracciato della via Appia: è possibile, dunque, che sia
coesistito quello regolare, ma non geometrico, già preso in esame per il territorio di Suessa
(Suessa II).
56
Chouquer et al., op. cit. 1987, p. 171, Sinuessa II.
57
Chouquer et al., op. cit. 1987, p. 172, Suessa III.
23
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Figura 3 - Sinuessa II
A differenza dei precedenti, l'ultimo catasto che interessa quest'area – e che sembra aver
condizionato in seguito lo sviluppo dei villaggi medioevali di S. Maria La Piana, Quintola,
Carano, Piedimonte Massicano e Piedimonte Rivoli – copre la totalità della piana da
Minturnae a Suessa e Sinuessa: si tratta di una centuriazione (Minturnae II – Suessa IV –
Sinuessa III)58 con modulo ricorrente di 20x20 actus, orientata N-40° E, che potrebbe essere
augustea e riferibile dunque alla deduzione della colonia romana di Suessa. L'originalità del
sistema risiede nel fatto che, in realtà, esso è costituito da due settori contigui, di uguale
modulo e orientamento, ma che non è possibile includere in una sola rete: il primo si estende
principalmente a nord del Garigliano ed interessa il territorio di Minturno; l'altro – il cui limite
si coglie immediatamente a sud-est del fiume, lungo un allineamento che attraversa i
toponimi di Pietre Rotte e Pietre Bianche – arriva fino al monte Massico. In particolare, il
settore che attiene a Suessa e Sinuessa presenta una densità di vestigia
planimetriche piuttosto forte nella fascia ai piedi del massiccio – dove, più che altrove, la
griglia ricostruita trova coincidenze con lacerti di assi viari romani59 – più labile nella parte
centrale della pianura, differenza da imputare forse agli abbandoni ed agli interventi di
bonifica che si sono succeduti nel tempo.
58
Chouquer et al., op. cit. 1987, pp. 172-173, Minturnae II – Suessa IV – Sinuessa III.
59
Il limes meridionale corrisponde ad un asse antico basolato, delimitato da due muretti in ciottoli di calcare, che
corre a pochi metri dall'attuale strada vicinale della Carrera e ad essa parallelo. F. Ruffo, La Campania antica:
appunti di storia e topografia, I. Dal Massico-Roccamonfina al Somma-Vesuvio, Napoli 2010, p. 51.
24
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Figura 4 - Sessa III
Figura 5 - Suessa IV- Sinuessa III
4.9.2
Le infrastrutture
l sistema stradale romano è il primo a lasciare tracce evidenti sul territorio e ad essere,
naturalmente, anche documentato dalle fonti storiche. Almeno in parte esso si impiantò su
sistemi viari precedenti, di cui tuttavia pochi sono i percorsi effettivamente documentabili e
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riconoscibili: l'unica arteria di traffico di una certa importanza ad essere stata individuata con
un discreto grado di sicurezza, sembra essere la via incavata presso Ponte Ronaco,
fiancheggiata da una concentrazione di tombe preromane probabilmente connesse a NE con
Suessa ed a SE con il villaggio dell'età del Ferro di Ponte Ronaco. Questo percorso
preromano fu ricalcato più tardi dalla strada di collegamento tra Suessa e Sinuessa60, da
identificare forse con quella fatta costruire, o piuttosto restaurare, da Adriano nel 122 d.C. e
citata nell'epigrafe CIL X 4756: partendo dall'attuale corso Lucilio, la strada piega verso SO
poco dopo la confluenza con la strada moderna che attraversa il Vallone Grande
collegandosi con la SS 7 verso Capua: un breve tratto pavimentato è ancora visibile tra la
confluenza e il ponte romano. La strada, fiancheggiata a nord da una serie di mausolei e
tombe di eta romana61, prosegue lungo il percorso incavato nella roccia prima citato, fino a
raggiungere il Ponte Ronaco, una struttura composta da ventidue arcate in laterizio che
attraversa il Vallone Grande. Da questo punto in poi la strada scompare sotto l'attuale piano
di campagna ad est di Masseria Irace e di un piccolo mausoleo: si suppone che essa
prosegua in linea retta fino al villaggio medioevale di Quintola – dove il casale Masseria
Aitani riutilizza un gran numero di basoli di basalto – da dove procede poi in direzione SO
per circa 2 km, attraversando l'area nota col toponimo di Le Colonne (forse per la presenza
di una vicina villa). La strada incrocia infine la via Appia presso Masseria Ulivella, dove un
certo numero di basoli sono stati rinvenuti nei campi circostanti insieme con una sottile
dispersione di frammenti ceramici di età repubblicana.
La via Appia – iniziata da Appio Claudio nel 312 a.C., ma pavimentata probabilmente non
prima del 191 a.C. – rappresenta naturalmente il più importante tracciato viario di età romana
presente nel territorio in esame62. E' stato suggerito63 che il suo percorso originario,
precedente alla fondazione di Sinuessa, subito dopo aver attraversato il Garigliano presso
Minturnae costeggiasse la laguna costiera, piegando poi verso l'interno in direzione di
Suessa e del passo di Cascano, strategicamente controllato dalla colonia suessana, per
immettersi poi nella pianura campana. Questo tracciato sembrerebbe coincidere, almeno
nella parte iniziale, con quello segnalato come "Antica Via Appia per Sessa" su una mappa
60
Arthur, op. cit. 1991, pp. 52-53.
61
Arthur, op. cit. 1991, p. 52.
62
M.G. Ruggi d'Aragona-V. Sampaolo, L'Appia dal Garigliano al Volturno, in ATTA XI, 2002, p. 147 ss.
63
W. Johannowsky, Problemi archeologici campani, in RAAN n.s. L (1975), pp. 14-15.
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delle strade tra Roma e Napoli datata alla metà circa del XVIII secolo64, e svariati basoli ne
sarebbero stati individuati, per quanto non in situ, lungo questa direttrice: ad esempio tra le
masserie Travata, Volana e Colonnello a sud di Fasani, dove, in particolare, una piccola
necropoli di età imperiale si situava, evidentemente, lungo la via Appia, di cui si è messo in
luce anche un piccolo tratto durante la costruzione della strada Sessa-Fasani65. Prima di
entrare a Suessa la strada si biforcava: un tratto piegava verso est, conducendo al
decumanus maximus della colonia dove, in occasione della edificazione delle case popolari
negli anni '60, vennero alla luce svariati basoli ed una estesa necropoli66; l'altro ramo arrivava
in città a nord del complesso del teatro. Uscendo dalla colonia, la via scendeva ripida nel
Vallone Grande e, attraversatolo, risaliva erta sul lato sinistro del vallone – dove è
conservata per circa m 50 – per incontrare poi la strada moderna in direzione est. Il percorso
è successivamente marcato dalla presenza di piccole tombe rettangolari della prima età
imperiale – le "Cammarelle" che danno il nome al rio che l'Appia costeggia a sud – rinvenute
nel 1979. Buona parte della via Appia tra S. Agata e Cascano – da dove poi prosegue per
l'ager Falernus – è stata distrutta in tempi relativamente recenti, ma basoli sono visibili
ancora oggi nel rio e nei campi adiacenti fino alla cappella S. Antuono.
Il percorso costiero della regina viarum, invece, è da mettersi in relazione cronologicamente
e strategicamente con la fondazione delle colonie di Minturnae e Sinuessa: attraversato il
Garigliano, la strada costeggiava il lato est della laguna litoranea a "Pantano di Sessa"67 e si
dirigeva poi, con tracciato rettilineo fino a Masseria Ulivella – dove incontrava la direttrice
Suessa-Sinuessa – per piegare decisamente verso sud in direzione di Sinuessa. In loc. Tre
Ponti la strada incontrava una struttura a tre arcate – di cui nulla rimane in situ, anche se si
osservano in vari punti ammassi di basoli – presumibilmente per attraversare i torrenti che
alimentavano la laguna costiera.
Lo sviluppo del sistema stradale campano di età romana ha sicuramente potenziato le
possibilità di comunicazione e scambio dela regione. I porti di Minturnae e Sinuessa erano
collegati non solo con i rispettivi territori, ma anche con quelli di città poste più all'interno,
rendendo possibile una rete di rifornimento e prelievo più economica ed efficiente di quella
64
Arthur, op. cit. 1991, p. 50, tav. VII.
65
A. Valletrisco, Note sulla topografia di Suessa Aurunca, in RAAN n.s., LII, 1977, p. 63.
66
Arthur, op. cit. 1991, p. 50.
67
Basoli sono stati occasionalmente rinvenuti a SE di Masseria S. Giuseppe; gran parte della strada è stata
comunque distrutta in occasione della costruzione della moderna via Domiziana, soprattutto ai km 5 e 6.
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che era esistita in precedenza, anche per il commercio e gli scambi su piccola scala. In
realtà non è facile stabilire quale fosse l'esatta natura delle strutture portuali di Sinuessa, in
parte individuate – ma non sistematicamente indagate – al largo del tratto di costa tra
Masseria S. Cataldo e il lido di Baia Azzurra a Mondragone, alla profondità di una decina di
metri circa68. Nello stesso tratto di mare sono stati rinvenuti anche numerosi ceppi d'ancora –
due dei quali, intenzionalmente cementati in un piano in opera cementizia, erano
evidentemente serviti, in condizioni di emergenza, per consentire l'ancoraggio di almeno due
navi – ed i resti di una piccola imbarcazione, funzionale forse alle operazioni di carico e
scarico delle navi di grosso tonnellaggio69. Sia che si trattasse di un vero e proprio porto, sia
che fosse solo un punto d'appoggio per le navi più grandi, che restavano all'ancora più a
largo, le strutture individuate entrarono in disuso forse già a partire dal II sec. d.C. per
insabbiamento70.
4.9.3
Il popolamento
La pianura che dal fiume Garigliano si estende fino alle pendici settentrionali del massiccio
del Massico, comprendente il territorio di Suessa e quello di Sinuessa a nord della colonia, si
presenta in età tardo-repubblicana e imperiale costellata da ville e insediamenti rustici dediti
alla produzione e all’esportazione di prodotti agricoli. Fra questi il più importante, anche se
non l’unico, era indubbiamente il vino, frutto di una coltura intensiva della vite, praticata
soprattutto nelle aree pedemontane.
Nel corso del III e del II sec. a.C. si tratta per lo più di piccole case coloniche – documentate
prevalentemente da dispersioni di materiale fittile – a conduzione presumibilmente familiare,
finalizzate ad un'economia di autoconsumo ma anche ad una produzione vinaria la cui
eccedenza già autorizzava una destinazione del prodotto per lo smercio a breve distanza. La
possibilità di documentare correttamente questa fase di occupazione del territorio risulta,
tuttavia, compromessa da un lato dalla devastazione dell'agro perpetrata dalle truppe
68
Ruffo, op. cit. 2010, p. 50.
69
L. Crimaco- G. Gasperetti, Prospettive di memoria. Testimonianze archeologiche dalla città e dal territorio di
Sinuessa, Napoli 1993, pp. 40-41; N. Severino, Nuovi rinvenimenti nelle acque di Sinuessa, in Archaeologia
Maritima Mediterranea 4, 2007, pp. 135-142.
70
E. Cocco-L. Crimaco-M.A. de Magistris, Dinamica ed evoluzione del litorale campano-laziale. Variazioni della
linea di riva dall'epoca romana ad oggi nel tratto compreso tra foce Volturno e Torre S. Limato (Mondragone), in
Atti Conferenza Scientifica Dip. Scienze della Terra, Napoli 1992, pp. 115-118.
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annibaliche71, dall'altro dalla successiva ricostruzione di impianti produttivi di maggior respiro
che di quella fase potrebbe aver cancellato del tutto le tracce.
Come in altre parti dell’Italia, è visibile, infatti, nel corso dell'avanzato II sec. a.C. e per tutto il
secolo successivo, il passaggio da questi piccoli insediamenti agricoli a ville diffuse sul
territorio, che sfruttavano proprietà medio-grandi con l’ausilio di una notevole quantità di
manodopera servile, dando vita ad un modello economico basato sulla produzione di vino ed
olio e sul loro commercio. Prova di tale attività commerciale è la presenza in zona72 di fornaci
per la realizzazione di anfore greco-italiche, poi sostituite, intorno al 135 a.C., dalle Dressel
1. L'evidenza, anche in questo caso, è fornita da dispersioni di materiale fittile, come accade
in prossimità della riva sinistra del Garigliano, non lontano dalla foce, dove è indiziata la
presenza di un insediamento tra II e I sec. a.C.: resti di strutture in opera reticolata
costituivano le fondamenta per la torre di avvistamento di Pandolfo Capodiferro (X sec. d.C.),
distrutta dai Tedeschi nel 1943, intorno alla quale si è sviluppato un piccolo villaggio in epoca
medievale. Nei pressi dell'edificio, a nord di esso, è stata rinvenuta, su un'area di circa m
60x60, una fitta dispersione di frammenti di laterizi e litici da costruzione, nonchè brandelli di
strutture in giacitura secondaria; tra i frammenti fittili sono presenti sigillata africana,
ceramica comune e da fuoco, nonché anfore greco-italiche e betiche. Presso l'argine del
canale Trenta Palmi, circa 100 m ad est del sito precedente, sono stati individuati in
superficie frammenti di vernice nera databili alla fine del II sec. a.C., olle da fuoco, sporadici
laterizi e pochi resti di Dressel 1. Frammenti di anfore Dressel 2-4 sono stati trovati non
lontano, ai margini della depressione paleolagunare costiera, a m 400 circa dalla foce del
Garigliano73.
Spesso gli insediamenti ubicati sulle pendici collinari – dediti prevalentemente alla viticoltura
ma a volte legati anche all'estrazione di pietra leucitica – sono ancora ben visibili grazie alla
presenza di imponenti muri di terrazzamento in opera poligonale su cui era realizzata
l’abitazione vera e propria per preservarne le fondamenta da dilavamento e frane. Diversi
esempi sono noti sul Massico74: in loc. Gran Celsa, ad esempio, è stata individuata una villa
71
Liv. XX, 14.
72
Soprattutto lungo la costa a sud di Sinuessa, come quello individuato presso il km 16.1 della via Domiziana
adibito alla fabbricazione di Dressel 1A e 1B: D.P.S. Peacock, Recent Discoveries of Roman Amphora Kilns in
Italy, in AntJournal 57, 1977, pp. 262-269; C. Panella, Porti e mercati: l'esempio dell'Ager Falernus, in Memoirs of
the American Academy in Rome 36, 1980, p. 251 ss.
73
M. Andreani, Sul santuario di Marica alla foce del Garigliano, in Atta 12, 2003, pp. 203-204, siti nn. 8, 9, 10, 11.
74
Arthur, op. cit. 1991, passim.
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su base terrazzata, dotata di criptoportico e cisterne; alle spalle del criptoportico, lo scarico di
una fornace di prima età imperiale ha restituito frammenti di imitazione di slip ware africana
(Hayes 8 e 23), Dressel 2-4 e di altre anfore locali. Altre strutture, evidenziate nelle
immediate vicinanze, sono da connettersi alle attività produttive che vi si svolgevano75.
Immediatamente a SE, a quota superiore, in loc. I Greci, un'altra villa coeva conserva resti di
una cisterna voltata76. Diverse strutture con simili caratteristiche e pertinenti allo stesso
orizzonte cronologico, compreso tra la tarda età repubblicana e la prima età imperiale, si
allineano lungo il tracciato pedemontano tra Suessa e Sinuessa: nelle località Masseria
Vignola, Masseria Ponterotto (dove si conservano, tra l'altro, due vasche di decantazione per
vino o olio, pavimentate con rombi di terracotta), S. Maria della Libera (dotata di cisterna e
cunicoli incavati nel tufo) e Ciesco Cupo. Ulteriori insediamenti agricolo-abitativi sono
attestati solo da dispersioni di materiale ceramico in superficie, lungo lo stesso allineamento,
nelle località Cerquello, Mass. Palmienti, Furoni, Mass. S. Elia, Mass. Torre Bianca-Scaccia,
S. Lorenzo e S. Sebastiano. Sul versante occidentale del massiccio, invece, in loc. Le Tre
Colonne, sulle pendici del monte S. Anna sono visibili resti di terrazzamenti in opera
poligonale e incerta, relativi a piccole case coloniche e ad una villa, nei cui pressi c'è una
necropoli, verosimilmente usata dagli stessi abitanti, ed una strada basolata in calcare77. Un
insediamento, probabilmente sempre di tipo agricolo-abitativo, è stato individuato in loc.
Mass. Volana – circondata anche da dispersioni di materiale fittile – a sud della strada
romana che da qui conduce a Suessa, in direzione E: nelle vicinanze, un nucleo di almeno 6
tombe alla cappuccina78. Lungo lo stesso asse stradale, si registra una dispersione di cocci
ed un'altra necropoli nei pressi di loc. Il Campo79. Una trentina di siti sono stati inoltre
individuati tra il 1994 ed il 1995 in occasione di una ricognizione topografica nel territorio a
nord-ovest di Sessa Aurunca, tra la riva sinistra del Garigliano ed il Roccamonfina: gli
insediamenti, a carattere agricolo-abitativo ma anche necropolare, si dispongono lungo un
arco cronologico che va dal II sec. a.C. al II-III d.C., unitamente allo sviluppo di Suessa, che
proprio tra il I sec. a.C. ed il I sec. d.C. vive una cospicua fase edilizia, di cui restano a
testimonianza le mura e alcuni grandi complessi pubblici, come il criptoportico, il teatro e
75
Arthur, op. cit. 1991, sito S37.
76
Arthur, op. cit. 1991, sito S48.
77
Arthur, op. cit. 1991, siti M48-49-50-51-52-52bis.
78
Arthur, op. cit. 1991, siti S7bis, 8, 9, 10.
79
Arthur, op. cit. 1991, siti S13-14.
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forse l'anfiteatro80. Il paesaggio collinare e pedemontano si caratterizza, inoltre, per la
ricchezza di infrastrutture: presso Sessa Aurunca, in loc. Costa Malegrano è stata individuato
un tratto di acquedotto – una conduttura scavata nel banco tufaceo e rivestita di opera
reticolata con ricorsi di laterizi – forse a servire la stessa colonia81; un grande muraglione in
opera reticolata sulle pendici del monte Cicoli è stato interpretato invece come diga per
l'approvvigionamento idrico di Sinuessa82. Svariati sono, come si è visto, gli impianti idrici
connessi a ville e case coloniche: cisterne, vasche e cunicoli, che spesso – essendo scavati
nel banco di tufo – sono di difficile inquadramento cronologico, ma che risalgono
verosimilmente, nella maggioranza dei casi, all'epoca dell'impianto degli insediamenti stessi.
E' il caso, ad esempio, della cisterna e della vasca, entrambe rivestite in cocciopesto,
afferenti ad una casa colonica datata II sec. a.C.-II sec. d.C. individuata a sud della fraz.
Fontanaradina sul versante meridionale di una terrazza alle pendici del Roccamonfina.
Lungo la S.P. Sessa-Rongolise, inoltre, è la chiesa di S. Maria in Grotta, ricavata da una
serie di ambienti scavati nel tufo in epoche diverse, ma il cui nucleo originario è costituito da
una cisterna a sezione a campana, affiancata da un condotto ad arco a tutto sesto83.
Nella porzione di territorio pianeggiante, più sottoposto agli alluvionamenti, gli edifici
venivano preferibilmente innalzati anzichè su terrazzamenti, come in altura, su poderose
basis villae con murature in opera quadrata in tufo84. Una villa è stata individuata a E di
Masseria Friola (a NO di Carano); un'altra in loc. Le Colonne, in prossimità della strada tra
Sinuessa e Suessa, di cui restano pochi basoli in situ; un'altra ancora tra Mass. Fievo e
Mass. del Medico. A partire dal II sec. a.C. tali insediamenti proliferano, dunque, soprattutto
lungo il tracciato della via Appia e delle sue diramazioni, ma anche lungo la costa, non
esclusa la zona a ridosso del litorale basso e sabbioso, dove prevalgono in particolare
strutture di tipo residenziale: tale è, ad esempio, la villa in loc. S. Limato nel comune di
80
Per Suessa si veda T. Colletta (cur.), Le cinte murarie urbane della Campania: Teano, Sessa Aurunca, Capua,
Napoli 1996; S. Cascella, Il teatro romano e la topografia di Sessa Aurunca, in ATTA 3, 2006, pp. 79-105, con
bibliografia precendente.
81
Arthur, op. cit. 1991, pp. 56, 121 e sito S28; G. Gasperetti, Testimonianze archeologiche delle infrastrutture
idrauliche di età romana tra il Garigliano ed il Massico, in ATTA 12, 2003, p. 239 ss.
82
Arthur, op. cit. 1991, p. 60 sito M180.
83
L.M. Proietti, in G. Gasperetti, Testimonianze archeologiche delle infrastrutture idrauliche di età romana tra il
Garigliano ed il Massico, in ATTA 12, 2003, p. 256.
84
L.M. Proietti, Le ville rustiche del territorio di Sinuessa: alcuni esempi, in L. Crimaco- G. Gasperetti, Prospettive
di memoria: testimonianze archeologiche dalla città e dal territorio di Sinuessa, Napoli,1993, pp. 71-76.
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Cellole, nell'immediato suburbio settentrionale di Sinuessa85, databile alla prima età
imperiale. Si tratta di un grandioso edificio, dotato di un notevole impianto termale, in parte
incorporato nella settecentesca Masseria S. Limato: esso comprende ambienti voltati di
sostruzione in opera mista di reticolato e laterizi, in parte utilizzati probabilmente come
cisterna, e un livello superiore costituito da padiglioni separati. Il settore settentrionale,
adibito a quartiere termale, è articolato in frigidario – con mosaico B/N a motivi marini –
calidario e tepidario, provvisti di suspensurae; il settore meridionale, invece, era quello
propriamente residenziale e comprendeva sale rivolte verso il mare e decorate con pavimenti
musivi. Un altro settore doveva trovarsi in direzione NE dove, a breve distanza dalla strada
vicinale che costeggia il Canale d'Auria, è stata parzialmente riconosciuta una grande stanza
voltata a botte. Paragonabile a questa villa per posizione e monumentalità è la struttura
situata lungo il litorale a sud delle Aquae Sinuessane, in loc. Casino di Transo, servita da un
diverticolo basolato che si distaccava dalla viabilità principale, rappresentata da un tracciato
di epoca repubblicana poi ricalcato nel 95 d.C. dalla Domitiana. Particolarità di tale
insediamento era il giardino, ricavato nella spiaggia, disposto su due terrazzamenti rivolti
verso ovest e sostenuti da muri costituiti da frammenti di anfore attraverso i quali condutture
garantivano il drenaggio dell'acqua. A tale sistema era funzionale anche la platea di malta, in
cui erano allettate due file sovrapposte di anfore integre, poi coperte dal terreno, con lo
scopo di isolare le piante del giardino dall'acqua salmastra di risalita86. Nelle immediate
vicinanze, inoltre, allineate lungo la direttrice della Domitiana, sono state individuate una
serie di fornaci per la produzione di anfore Dressel 1A e 1 B per la commercializzazione del
Falernum87.
4.9.4
I luoghi di culto
Il processo di romanizzazione del territorio sembra aver smembrato le modalità insediative
precedenti: i pagi aurunci furono distrutti o sottodimensionati dal nuovo regime
amministrativo, salvo poi "risorgere" come unità soprattutto finanziarie, per la riscossione
delle tasse, tra la tarda età repubblicana ed il principato augusteo. Tuttavia fu abbastanza
ben tollerata la continuità d'uso dei tradizionali centri di culto, come quelli rappresentati dal
85
Ruffo, op. cit. 2010, p. 68.
86
G. Gasperetti, Testimonianze archeologiche delle infrastrutture idrauliche di età romana tra il Garigliano ed il
Massico, in ATTA 12, 2003, p. 251; Ruffo, op. cit. 2010, pp. 70-71.
87
P. Arthur, Roman Amphorae and the Ager Falernus under the Empire, in PBSR L, 1982, pp. 22-33.
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santuario di Marica alle foci del Garigliano e dal santuario in loc. Panetelle allo sbocco del
fiume Savone, la cui frequentazione si protrae fino al tardo I sec. d.C. La loro architettura si
rivela in entrambi i casi essere di poco precedente la conquista romana: in particolare, il
santuario sul Savone presenta un tempio di tipo italico su podio, i cui resti visibili si
collocherebbero nel tardo II sec. a.C., nell'ambito di un programma di monumentalizzazione
dell'area, che conosce ora un'epoca di grande floridezza: sebbene la deposizione di ex-voto
in gran numero pare sia cessata al tempo della guerra sociale.
Pochi altri luoghi di culto sono noti nell'area in esame: un deposito di terracotte votive è stato
messo in luce in loc. Le Vagnole a sud di Sinuessa in occasione della costruzione del
complesso turistico di Baia Azzurra; un altro nucleo di materiale votivo databile tra III e II sec.
a.C. risulta provenire da un sito immediatamente a sud-est di Sessa Aurunca, purtroppo non
ben localizzato; un probabile santuario rurale sembrerebbe indiziato da ex-voto anatomici
databili intorno al II sec. a.C. a sud-est di Falciano88.
5
CONCLUSIONI
Sebbene sia ubicata all'interno di un comprensorio tra i più ricchi di testimonianze
archeologiche, l'area interessata dal progetto non sembra recare – almeno alla stato attuale
della ricerca – tracce rilevanti del popolamento antico. Questa situazione – su cui pesa,
certo, anche l'assenza di un organico programma di ricognizioni in situ – sembrerebbe da
imputarsi principalmente a due ordini di motivi: da un lato, cioè, all'intenso sfruttamento
antropico del territorio, che ne ha profondamente modificato l’assetto morfologico e
paesaggistico; dall'altro, la natura stessa dei luoghi, compresi tra la fascia più propriamente
costiera, bassa e sabbiosa, e quella più arretrata, tradizionalmente paludosa e malsana, che
relegava ai suoi margini l'insediamento di impianti abitativi ed infrastrutturali89.
Le evidenze più prossime sono quelle individuate sulla riva sinistra del Garigliano, in
prossimità della foce, sul sito della distrutta Torre di Pandolfo Capodiferro, relativi ad un
probabile abitato della tarda età repubblicana. Tale impianto è forse da mettersi in relazione
col fatto che il territorio immediatamente a sud del fiume, specie nella zona cd. Pantano di
88
89
Arthur, op. cit. 1991, p. 47, note 64-65.
Confronta supra quanto detto a proposito del tracciato della via Appia. Per una recente disamina della
situazione ambientale, si veda: S. Costanzo, P. Farina, Il Piano Domitio: progetto di recupero ambientale e
riqualificazione urbanistica, Napoli 2001.
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Sessa, fu oggetto di vari interventi di bonifica, di cui resta come testimonianza per la tarda
età repubblicana una fila di Dressel 1 usata per il drenaggio delle acque90: tali tentativi di
bonifica dovettero inoltre essere potenziati sotto Augusto, che provvide a nuove
assegnazioni di terra proprio in questa zona91. Ne resta traccia nella centuriazione di modulo
20x20 actus: sebbene non siano stati rinvenuti resti materiali del limite nord del settore
afferente a Suessa e Sinuessa, esso si coglie immediatamente a sud-est del fiume, lungo un
allineamento che attraversa le località di Pietre Rotte e Pietre Bianche, toponimi che
sembrano indiziare la presenza, almeno in passato, di un limes non soltanto ideale, ma
segnalato, possibilmente, con cippi. Sempre lungo la riva sinistra del Garigliano, ma più
all'interno, in fraz. S. Castrese loc. S. Donato, è invece una villa residenziale, probabilmente
con un proprio approdo sul fiume; altre strutture, in loc. Scafa di S. Caterina, quasi del tutto
crollate nel letto del Garigliano, potrebbero essere invece pertinenti ad un ponte92.
Tornando sulla costa, verso sud, invece, l'edificazione selvaggia ha stravolto tutto: bisogna
spingersi, infatti, fino ai sobborghi settentrionali di Sinuessa per riscontrare delle
testimonianze archeologiche. A nord del Rio S. Limato, in comune di Cellole, resta infatti uno
dei più importanti impianti di tipo residenziale e costiero a noi noti sul litorale Domitio, in cui
pienamente si esplicava il modo di vita proprio della villa romana improntato all'otium. La
struttura, databile alla prima età imperiale, era prossima al limes meridionale del citato
catasto coloniale, al quale risultava collegata mediante un diverticolo, che forse proprio alla
presenza della villa dovette l'intervento di lastricatura ivi attestato93.
A tutt'altro orizzonte cronologico rinvia invece l'altro ritrovamento effettuato a nord di Rio S.
Limato, nelle dune fossili in loc. Mass. Cecere, che indicherebbe una frequentazione
dell'area tra la fine del paleolitico ed il mesolitico.
Ad interessare marginalmente la zona costiera è naturalmente anche il tracciato esterno
della via Appia, lungo la quale è plausibile si disponessero altri insediamenti e necropoli oltre
a quelli già noti; si consideri, comunque, l'opera di distruzione perpetrata ai suoi danni in
occasione della costruzione della moderna Domiziana.
90
M. Pagano, A.M. Villucci, Nuove iscrizioni da Suessa e da Minturnae, in AttiAccPontNapoli n.s. 34, 1986, p. 49
ss.; M. Pagano, Note sulla bonifica romana in Campania, in ATTA 4, 1995, pp. 211-218.
91
Hyg., Grom. p. 178.
92
G. Gasperetti, Testimonianze archeologiche delle infrastrutture idrauliche di età romana tra il Garigliano ed il
Massico, in ATTA 12, 2003, p. 239
93
M. Pagano, Tracce di centuriazione e altri contributi su Sinuessa e Minturnae, in RAAN 56, 1981, pp. 117-118 e
nota 52; Ruffo, op. cit. 2010, p. 68.
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Infine, si specifica che, data la natura tipologica delle opere previste, non prevedendo
sostanziali trasformazioni delle superficie del suolo, assenza di escavazioni e movimenti
terra, non sono attesi in fase di realizzazione e di esrcizio interferenze significative con il
contesto archeologico eventualmente presente.
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39
PROVIDUNE
Conservazione e ripristino di habitat dunali nei Siti delle Provincie di Cagliari, Matera e Caserta
Sito di Importanza Comunitaria Pineta della Foce del Garigliano (IT8010019)
Relazione archeologica preliminare
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40