La vendita diretta in Lombardia

Transcript

La vendita diretta in Lombardia
NOMISMA – Società di studi economici S.p.A.
Palazzo Davia Bargellini
Strada Maggiore, 44 – 40125 Bologna
tel +39-051.6483149 fax + 39-051.6483155
www.nomisma.it
IL GRUPPO DI RICERCA
“AGRICOLTURA E INDUSTRIA ALIMENTARE”
Ersilia DI TULLIO (Responsabile area), Denis PANTINI (Coordinatore), Stefano BALDI, Paolo
BONO, Romina FILIPPINI, Fabio LUNATI, Massimo SPIGOLA, Andrea ZAGHI, Silvia ZUCCONI
Patrizia GOZZI (Segretaria)
LO STAFF DI PROGETTO
Silvia ZUCCONI (Responsabile di progetto)
Stefano BALDI
Paolo BONO
Romina FILIPPINI
Andrea ZAGHI
Si ringraziano la Dott.ssa Giuliana Cornelio e il Dott. Antonio Fatigati della Direzione Generale Agricoltura
della Regione Lombardia e la Dott.ssa Francesca Ossola e la Dott.ssa Elena Chiurlo della Struttura
Promozione dell'agroalimentare regionale di ERSAF - Ente Regionale per i Servizi all'Agricoltura e alle
Foreste - per il costante e prezioso supporto fornito durante la realizzazione dell’intero percorso di
ricerca.
Si ringraziano inoltre le organizzazioni agricole lombarde (Coldiretti, Confagricoltura, Cia) che hanno
contribuito sia alla fase di progettazione che alla realizzazione dell’indagine sulle imprese agricole
lombarde. A tutti coloro che hanno partecipato attivamente a tale attività (coordinatori e intervistatori) va
chiaramente rivolto un sentito ringraziamento
Nomisma è un Istituto di studi economici, fondato nel 1981 con sede a Bologna, al cui capitale
sociale partecipano più di ottanta azionisti fra gruppi industriali, assicurazioni, istituti di credito
italiani ed esteri. La parola “nomisma” indicava nel greco antico il valore reale delle cose: in
questo spirito Nomisma si propone quale osservatorio sui principali fenomeni dell’economia
reale e della società contemporanea. Nomisma compie ricerche a livello internazionale,
nazionale e locale sui fattori di produzione, sull’economia dei settori e delle imprese, sui
problemi dello sviluppo e – in genere – sui fenomeni che influiscono sulla struttura, il
comportamento ed i risultati delle economie contemporanee.
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
INDICE
1
FILIERA CORTA: ORIGINI E PERCORSI ................................................................. 6
1.1 Vendita diretta di prodotti agricoli: un inquadramento generale ................................ 6
1.1.1
Premessa ..................................................................................................................................................... 6
1.1.2
Le modalità di vendita diretta ..................................................................................................................... 8
1.2 La normativa di riferimento ............................................................................... 14
1.3 La vendita diretta in Italia in cifre ....................................................................... 20
1.4 Il ruolo della vendita diretta per gli acquisti delle famiglie italiane........................... 22
1.4.1
Gli acquisti diretti delle famiglie italiane - I risultati dell’indagine dell’Osservatorio Consumi –
Nomisma 23
1.5 I modelli di vendita diretta nel contesto internazionale .......................................... 29
1.5.1
Il caso degli Stati Uniti ............................................................................................................................. 29
1.5.2
L’esperienza nel Regno Unito ................................................................................................................... 34
1.5.3
La vendita diretta in Francia .................................................................................................................... 36
2
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA ................................................................ 37
2.1 La vendita diretta in Lombardia: le dimensioni del fenomeno ................................. 37
2.2 I mercati degli agricoltori in Lombardia ............................................................... 45
2.3 L’indagine sulle aziende agricole Lombarde: metodologia e profilo del campione ...... 48
2.3.1
Il profilo del campione di indagine ........................................................................................................... 48
2.4 Le modalità e la dimensione economica della vendita diretta dell’azienda ................ 53
2.5 La vendita diretta in fiere e sagre, mercati rionali e degli agricoltori ........................ 63
2.6 Ipotesi di sviluppo della vendita diretta nei mercati degli agricoltori ........................ 65
2.7 L’opinione degli Enti Locali: gli esiti delle interviste in profondità ............................ 69
3
MERCATI DEGLI AGRICOLTORI: ANALISI PER CASI DI STUDIO .......................... 73
3.1 Premessa ........................................................................................................ 73
3.2 Il Mercato degli agricoltori di Taranto .................................................................. 74
3.2.1
Nascita del mercato .................................................................................................................................. 74
3.2.2
L’organizzazione del mercato ................................................................................................................... 74
3.2.3
La aziende agricole e i consumatori ......................................................................................................... 76
3.2.4
Il monitoraggio dei prezzi e l’andamento del fatturato ............................................................................ 78
3.3 Il caso di Montevarchi ....................................................................................... 79
3.3.1
Nascita del “Mercatale”........................................................................................................................... 79
3.3.2
Il Mercato Coperto di Montevarchi .......................................................................................................... 80
3.3.3
L’organizzazione del Mercato Coperto .................................................................................................... 81
3.3.4
Il disciplinare ............................................................................................................................................ 82
3.3.5
La gestione della cassa ............................................................................................................................. 82
3.3.6
Il monitoraggio dei prezzi ......................................................................................................................... 84
3.4 Il caso di Roma - Il Mercato SpazioBIO ............................................................... 86
3.4.1
Nascita del mercato .................................................................................................................................. 86
3.4.2
Descrizione del mercato ........................................................................................................................... 86
3.4.3
La selezione dei produttori ....................................................................................................................... 88
3.4.4
Le modalità di consegna: caratteristiche e criticità ................................................................................. 89
3.4.5
Prezzi clienti e prospettive ........................................................................................................................ 90
3.5 Principali evidenze emerse dall’analisi dei casi di studio: l’analisi SWOT ................... 91
4
ALCUNE CONSIDERAZONI DI SINTESI ................................................................ 95
3
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
PREMESSA
Il decreto MIPAAF del 20 novembre 2007 (Attuazione dell'articolo 1, comma 1065, della legge
27 dicembre 2006, n. 296, sui mercati riservati all'esercizio della vendita diretta da parte degli
imprenditori agricoli) ha conferito rinnovato impulso al ruolo della vendita diretta degli
agricoltori in mercati organizzati su suolo pubblico o privato e ha introdotto alcune importanti
novità (ruolo centrale attribuito ai Comuni, associazione alla vendita di attività culturali,
didattiche e dimostrative legate ai prodotti agricoli, necessità di monitoraggio di tale strumento
…). Il decreto ha inoltre ampiamente confermato l’importanza di promuovere lo sviluppo di
mercati in cui gli imprenditori agricoli, nell’esercizio delle attività di vendita diretta, possano
soddisfare le esigenze dei consumatori in ordine all’acquisto di prodotti agricoli che abbiano un
diretto legame con il territorio di produzione.
Le novità normative in materia di vendita diretta hanno quindi imposto una nuova riflessione
per comprendere il ruolo della filiera corta sia per gli agricoltori che per i consumatori.
Considerando quindi le caratteristiche strutturali e le vocazionalità produttive del settore
agricolo lombardo, il presente progetto di ricerca intende fornire gli elementi per definire le
caratteristiche della vendita diretta in Regione e di valutarne le opportunità di sviluppo.
Il presente progetto di ricerca si propone quindi di analizzare le recenti evoluzioni della vendita
diretta di prodotti agroalimentari con particolare riferimento alle strategie aziendali intraprese
dalle imprese lombarde. In particolare, il progetto di ricerca intende proporre e definire:
un quadro conoscitivo completo sulle modalità organizzative della vendita diretta,
individuando lo scenario di riferimento a livello regionale, nazionale ed internazionale;
l’analisi di tre esperienze di successo relative al modello di vendita diretta di prodotti
agricoli in mercati degli agricoltori;
ruolo e caratteristiche del modello di vendita diretta adottato dalle aziende agricole
lombarde;
l’interesse delle aziende agricole lombarde nei confronti della vendita diretta nei mercati
degli agricoltori organizzati su suolo pubblico/privato;
motivazioni, strumenti di supporto e criticità delle aziende lombarde relativi a tali
modalità di vendita diretta;
le possibili azioni che possono essere intraprese per sostenere e sviluppare la vendita
diretta.
Il Rapporto Nomisma è strutturato in quattro parti distinte.
Oltre alla presente premessa, nella prima sezione del Rapporto è proposto il quadro di
riferimento della vendita diretta in cui sono definiti origini e percorsi evolutivi individuando
anche il comportamento delle famiglie italiane rispetto a tale opportunità di acquisto; nello
stesso capitolo sono illustrati i caratteri della vendita diretta in tre paesi: Stati Uniti, Francia e
Regno Unito.
4
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
La seconda parte definisce le dimensioni del fenomeno della vendita diretta in Lombardia e
raccoglie gli elementi qualitativi emersi dall’indagine sulle aziende agricole e dalle interviste in
profondità agli Enti Locali.
Nel terzo capitolo sono illustrate le principali caratteristiche di tre casi di studio relativi a
mercati degli agricoltori che rispondono a tre diversi modelli organizzativi.
L’ultima parte, alla luce delle evidenze maturate nell’ambito del progetto di ricerca, formula
invece alcune considerazioni conclusive.
5
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
1 FILIERA CORTA: ORIGINI E PERCORSI
1.1
Vendita diretta di prodotti agricoli: un inquadramento generale
1.1.1 Premessa
I modelli di produzione e consumo si sono caratterizzati negli ultimi decenni per profondi
mutamenti, in conseguenza del complesso processo di riorganizzazione che ha riguardato
l’intero sistema agroalimentare. I meccanismi di modernizzazione e globalizzazione dei sistemi
produttivi e degli scambi commerciali, uniti ai cambiamenti nelle modalità di organizzazione del
lavoro e della società, hanno favorito la crescita delle cosiddette “filiere lunghe”. Tali filiere
sono infatti in grado di allacciare produzione e consumo e sono governate da strategie
commerciali la cui attuazione ha implicato una standardizzazione e una riduzione del legame
tra processi produttivi e relativi contesti territoriali.
Figura 1.1 – I rapporti di filiera
Fonte: elaborazioni Nomisma.
Le criticità e gli effetti negativi derivati da questi processi evolutivi sono oramai ben noti: la
perdita di potere decisionale e la riduzione dei redditi di molti agricoltori, le difficoltà di accesso
al mercato da parte delle aziende di piccole dimensioni o con produzioni non conformi agli
6
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
standard richiesti, l’elevato impatto ambientale dovuto a tecniche di produzione intensive, alle
modalità di commercializzazione e alle grandi distanze tra sistemi produttivi e consumo,
l’industrializzazione e la standardizzazione degli alimenti, l’impoverimento della loro qualità
organolettica e nutrizionale, la separazione sociale, culturale e geografica della produzione di
alimenti dal loro consumo, il verificarsi di periodiche crisi alimentari, l’incremento delle
patologie legate a modelli e pratiche alimentari non adeguati.
E’ importante tenere conto che la combinazione di tutti questi elementi mette a serio rischio la
stessa sopravvivenza di una moltitudine di aziende, soprattutto quelle di piccola e media
dimensione, la cui presenza è invece fondamentale per il mantenimento e lo sviluppo del
tessuto sociale, economico e culturale delle aree rurali.
Parallelamente all’evolversi di questi processi e anche in relazione agli effetti negativi che ne
sono derivati, nel corso degli ultimi due decenni hanno tuttavia cominciato a diffondersi
strategie alternative di diversificazione e di ripristino del legame tra i sistemi di produzione e
consumo e le risorse naturali, culturali e sociali del territorio di origine.
In altre parole, si è realizzato un passaggio dall’economia della quantità all’economia della
qualità, da cui deriva poi la crescita d’importanza di strategie competitive fondate sulla
creazione di valore e, quindi, sulla differenziazione e l’eccellenza qualitativa. Ciò significa, da
un lato, che all’azienda agricola sono demandate altre funzioni, oltre a quella tipicamente
produttiva, di tipo sociale, culturale, ecologico e paesaggistico; dall’altro, che l’agricoltura deve
diversificare le proprie attività puntando su nuove fonti di reddito, quali il turismo rurale,
l’attività didattica, la trasformazione aziendale dei prodotti e, appunto, la filiera corta.
Filiera corta significa sostanzialmente “vendita diretta” dei produttori agricoli senza
intermediazioni e accesso diretto al mercato finale in cui non solo in consumatore ma anche
altre tipologie di interlocutori divengono soggetti con cui l’azienda agricola interagisce
direttamente. Significa, quindi, minori costi finali del prodotto a causa dell’eliminazione dei
passaggi intermedi, primo tra tutti quello rappresentato dai mercati all’ingrosso che sempre più
impongono costi di utilizzo troppo elevati per le imprese agricole, mentre la grande
distribuzione pretende spesso prezzi di acquisto inaccettabili perché troppo poco remunerativi.
Uscire da questa “tenaglia” rappresenta dunque un obiettivo strategico per le imprese agricole
e contemporaneamente un possibile vantaggio per i consumatori e per le altre tipologie di
utenti (turisti, gruppi di acquisto, ristoranti e pubblici esercizi, dettaglianti …).
Affinché ciò si verifichi è necessario che le imprese agricole dispongano di un vero e proprio
progetto di consolidamento e sviluppo della propria presenza nell’attuale sistema distributivo,
oggi costretta in spazi e condizioni marginali.
Se si considerano poi le caratteristiche del sistema agricolo di molte realtà italiane,
caratterizzato da un numero elevato di aziende agricole con una superficie media piuttosto
piccola e che spesso non riescono a superare le difficoltà della loro posizione marginale rispetto
ai mercati di sbocco, pare evidente come la vendita diretta possa rappresentare uno
strumento, che se correttamente gestito e sostenuto anche a livello locale, è in grado di aprire
nuovi percorsi alle imprese e all’intero sistema agricolo.
Al fine di avviare una riflessione attenta a tali aspetti, è proposta nel presente capitolo una
analisi delle origini e dei percorsi evolutivi della vendita diretta in ambito agricolo, evidenziando
le diverse declinazioni che tale strumento può assumere e le principali esperienze maturate in
ambito internazionale.
7
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
1.1.2 Le modalità di vendita diretta
Uno dei principali aspetti che caratterizzano la vendita diretta è la totale autonomia decisionale
dell’agricoltore, che ritorna ad essere protagonista della filiera e ad operare liberamente le
scelte produttive e commerciali.
Il recupero della gestione dell’azienda in tutte le sue funzioni determina la nascita di forme
organizzative diversificate, proprio perché ogni impresa orienta l’attività secondo le proprie
vocazioni produttive ed imprenditoriali.
Una tale varietà nei modelli organizzativi si traduce nelle diverse modalità con cui la vendita
diretta viene praticata; queste possono assumere connotazioni significativamente differenti in
relazione alla tipologia di prodotti, dimensioni aziendali, localizzazione geografica,
caratteristiche del conduttore e della sua famiglia, ecc.
Per quanto riguarda l’offerta aziendale, si è osservato che alcune tipologie di prodotto sono
particolarmente adatte alla vendita diretta. Ad esempio, vino, olio e formaggi - qualora la
trasformazione avvenga in azienda - insieme a prodotti freschi come ortofrutta e carne (nel
caso in cui sia presente una macelleria aziendale) risultano ben valorizzati dalla filiera corta.
In ogni caso, i prodotti destinati alla vendita diretta devono essere pronti al consumo, cioè
utilizzabili dall’acquirente senza ulteriori processi di trasformazione. Rimangono dunque esclusi
prodotti come cereali, olive da olio, uva da vino, ecc.
Un altro aspetto cruciale è quello della qualità che, al di là della tipologia di prodotto, deve
essere comunque eccellente, in modo da generare nel consumatore quel senso di fiducia nei
confronti del produttore che è alla base del successo della filiera corta.
E’ importante tenere conto anche della dimensione aziendale, fattore in grado di influenzare la
pratica della vendita diretta, incidendo sulla diversificazione e sulla dimensione dell’offerta.
Da un lato infatti, l’agricoltore cerca di produrre una grande varietà di prodotti, in maniera tale
da offrire agli acquirenti una gamma sufficientemente ampia di scelte; dall’altro, è necessario
calibrare le quantità prodotte sulla reale domanda, che raramente è sufficientemente elevata
da poter assorbire ingenti quantitativi.
In definitiva quindi, tendono ad essere più avvantaggiate le piccole aziende, con dimensioni
produttive contenute e, allo stesso tempo, con una elevata flessibilità nel modificare gli
ordinamenti produttivi in funzione delle necessità di commercializzazione.
Un ulteriore elemento che determina la scelta della modalità di vendita diretta da parte
dell’imprenditore agricolo, è la localizzazione geografica dell’azienda. Le aziende che si trovano
in prossimità di centri abitati o di località frequentate e lungo importanti vie di comunicazione
traggono vantaggi dalla maggior facilità di essere raggiunti dai clienti e dalla più alta visibilità
per il primo contatto.
Il fenomeno di rivalutazione dell’aspetto locale dei circuiti di produzione-consumo di alimenti si
esprime attraverso una varietà di iniziative e vede coinvolti nella loro promozione e attivazione
una molteplicità di soggetti. L’importanza rivestita da queste esperienze, nella diversità di
forme e significati assunta, va ben al di là della loro spesso ridotta dimensione economica e
risiede nel loro intrinseco potenziale innovativo. Esse sono espressione della ricerca/creazione
di nuove modalità di interazione tra produzione e consumo di cibo, coinvolgendo una grande
varietà di soggetti intorno ad una gamma di valori, principi e finalità più ampia rispetto ad
obiettivi puramente economici.
Ciò premesso, il produttore-venditore si trova di fronte alla scelta sulle modalità attraverso cui
presentare i propri prodotti ai consumatori.
8
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
La forma più semplice è la vendita diretta praticata in azienda senza un punto vendita
organizzato; questa attività si svolge nelle strutture aziendali (abitazione, magazzini, cantina,
frantoio) e tipicamente riguarda uno o due prodotti nei quali l’azienda è specializzata e che,
generalmente, vengono venduti anche attraverso altri canali. In questo caso, la vendita diretta
si configura come una risorsa aggiuntiva per aziende il cui assetto produttivo e organizzativo è
definito su altri parametri. Si ricorda inoltre che questa tipologia sovente si ritrova anche nelle
aziende agricole dove i prodotti realizzati internamente o da produttori locali vengono
commercializzati in appositi locali destinati a spaccio.
La realizzazione di un vero e proprio negozio aziendale presuppone, invece, un impegno
maggiore, soprattutto per la necessità di disporre di una più ampia varietà di prodotti, di
confezionarli e di presentarli in modo adeguato. In questo caso, risulta fondamentale una
solida base di clienti e una localizzazione favorevole. Evidentemente, il rapporto diretto
produttore-consumatore è l’elemento fondamentale di questa modalità di vendita e presenta
alcuni fattori di vantaggio e alcuni di criticità; tra i primi si possono ricordare il controllo del
prezzo e del valore aggiunto, la possibilità di una forte valorizzazione della qualità e della
tipicità del prodotto, la fidelizzazione del cliente; mentre, tra gli aspetti di criticità, si possono
menzionare le difficoltà logistiche (specie per i prodotti freschi), quando le aziende sono situate
lontano dai maggiori poli insediativi, l’offerta limitata in quantità e gamma, quando le aziende
hanno dimensioni limitate, le scarse possibilità di marketing.
Una modalità di vendita diretta che permette all’agricoltore di raggiungere un numero
superiore di potenziali clienti è la vendita che si svolge con un furgone ai margini della strada.
In tal caso l’agricoltore ha l’opportunità di posizionarsi in punti strategici della città o in luoghi
di passaggio, e di farsi conoscere da un numero superiore di possibili utenti.
Tale modalità richiede maggiore capacità organizzativa da parte dell’azienda. Oltre ad alcuni
oneri richiesti anche nel caso di allestimento di un negozio aziendale, sono necessari ulteriori
investimenti per l’acquisto di mezzi adeguati, necessari allo spostamento e all’esposizione dei
prodotti. L’attività aziendale richiede inoltre un minimo di riorganizzazione, in funzione della
presenza/assenza del personale, che deve allontanarsi dall’azienda per esercitare attività
commerciale.
Molto più impegnativa, soprattutto a livello economico e per l’organizzazione richiesta, è
l’apertura di un punto vendita esterno all’azienda. Anche se questa soluzione presenta indubbi
vantaggi, soprattutto in termini di facilità di contatto con i possibili acquirenti, gli investimenti
necessari, sia in fase di avviamento che nel prosieguo dell’attività, raramente sono alla portata
delle aziende. Le maggiori difficoltà di carattere logistico-gestionale, nonché i costi più elevati e
la necessità di garantire una più ampia gamma di prodotti sono le altre motivazioni che
ostacolano l’apertura di questi locali. Di norma, solamente imprese di grandi dimensioni
dispongono di capitali sufficienti per adottare una strategia di questo tipo, mentre per i piccoli
imprenditori spesso l’unica alternativa è quella di realizzare un punto vendita, comune a più
aziende, in cui offrire una gamma comune di prodotti.
In ultimo, sono interessanti le prospettive di vendita diretta in mercati rionali, una modalità
che consente di ottenere pressoché gli stessi vantaggi del negozio esterno all’azienda, con un
impegno di risorse più ridotto. In verità, negli ultimi anni la presenza di produttori agricoli nei
mercati rionali si era ridotta considerevolmente, probabilmente a causa della difficoltà di
competere con altri venditori ambulanti i quali, rifornendosi nei mercati all’ingrosso, possono
contare su una maggiore varietà dell’offerta di prodotti, oltre che di capacità organizzative e
gestionali maggiori.
Anche al fine di ovviare a questo calo di presenze di agricoltori nei mercati rionali, sono state
attivate diverse iniziative che hanno dato il via alla nascita veri e propri mercati degli
agricoltori dove si pratica esclusivamente la vendita diretta. In questo contesto stanno
9
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
giocando ulteriore impulso le recenti disposizioni legislative, contenute nella finanziaria del
2007 (Decreto 20 Novembre 2007 - GU n. 301 del 29-12-2007) che mirano proprio ad
incentivare la costituzione di mercati riservati ai soli produttori1.
Nel corso degli ultimi due anni infatti, i mercati degli agricoltori hanno visto una crescita
esponenziale grazie al forte interesse emerso tra l’opinione pubblica e al supporto
organizzativo ed economico fornito dalle Amministrazioni Pubbliche e dalle organizzazioni
professionali. Questi mercati hanno caratteristiche diverse tra loro; alcuni sono svolti a
cadenza non regolare configurandosi per lo più come mostre-mercato, fiere e sagre
tradizionali.
I mercati degli agricoltori in senso stretto si configurano invece con una cadenza regolare,
generalmente mensile o settimanale, offrendo prodotti di qualità e servizi culturali legati
all’arte e alla tradizione enogastronomica del territorio, rappresentando inoltre importanti
veicoli di valorizzazione del territorio e in alcuni casi di attrazione turistica.
Già oggi, in alcune realtà presenti sul territorio nazionale, vi sono casi di mercati dei produttori
che si configurano come veri e propri mercati contadini dove, spesso con cadenza settimanale,
gli agricoltori hanno la possibilità di vendere direttamente le proprie produzioni. Un’altra
tipologia di esperienza riconducibile a quella dei mercati dei produttori, ma con una
configurazione diversa, è rappresentata dai mercati coperti che vengono svolti
quotidianamente in alcune città italiane. In alcuni casi, pur essendo indicati come mercati degli
agricoltori, essi assumono la forma di veri e propri spacci di prodotti locali, dove però manca la
presenza diretta del produttore e la gestione è in mano a personale qualificato, ma non sempre
riconducibile alle aziende che commercializzano lì le proprie produzioni. Tali modalità
organizzative consentono di inserire di diritto tali formule tra i punti vendita abitualmente
utilizzati dalle famiglie per la spesa alimentare e al tempo stesso garantiscono all’agricoltore
l’opportunità di superare i vincoli organizzativi che la vendita giornaliera rappresenta rispetto
alla capacità di disporre di sufficiente manodopera aziendale.
Oltre a quelle appena descritte, esistono altre modalità di vendita diretta a disposizione dei
produttori agricoli. Si cita a tal proposito il commercio elettronico che permette di effettuare
operazioni di acquisto e vendita di beni e servizi tra utenti collegati in rete; oltre al B2B
(business to business) tipologia iniziale di questa modalità di vendita, oggi è ormai largamente
diffuso il contatto diretto tra azienda e consumatore. Si deve comunque sottolineare che sono
ancora poche le transazioni in rete aventi per oggetto prodotti agroalimentari; tra le tipologie
di prodotto che maggiormente utilizzano questo canale si possono ricordare vino e olio,
prodotti cioè con una bassa frequenza di acquisto, mentre non appare una modalità adeguata
alla commercializzazione di referenze facilmente deperibili o dall’acquisto ripetuto.
In generale, l’e-commerce consente di sfruttare i due maggiori vantaggi che offre la rete:
comodità e tempestività. L’acquirente ha la possibilità di velocizzare gli acquisti di routine e
può acquisire più informazioni sulle caratteristiche dei prodotti offerti e, generalmente, può
effettuare le sue scelte tra una più ampia gamma di prodotti. Parallelamente il venditore, con
poca spesa, può aprire una vetrina importante, vendere senza disporre di una reale struttura
distributiva e commerciale, migliorare tempi di magazzino, raggiungere un bacino di clienti
molto ampio con costi e tempi contenuti. Inoltre, può acquisire una migliore conoscenza dei
propri consumatori, grazie alla possibilità offerta da Internet di dialogare in tempo reale con gli
utenti.
1
Per gli approfondimenti normativi in materia di vendita diretta agricola cfr. paragrafo 1.2.
10
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Un’altra esperienza di filiera corta molto diffusa nel Nord America e Nord Europa è quella del
cosiddetto box-scheme, una forma distributiva di prodotti agricoli stagionali, solitamente
biologici, organizzata dall’agricoltore che rifornisce direttamente un gruppo di consumatori
convenzionati. L’agricoltore si impegna a recapitare al consumatore, generalmente
direttamente a domicilio, a intervalli di tempo prestabiliti – con cadenza settimanale o
quindicinale – un determinato quantitativo di prodotti coltivati in azienda. Questo tipo di
distribuzione diretta viene svolta da singole aziende, ma in molti casi i produttori scelgono di
collaborare – in forma associata o di cooperativa – allo scopo di ampliare il paniere di prodotti
offerti.
Un esempio di box-scheme in Italia è rappresentato dall’iniziativa della cooperativa Officinae
Bio di Roma, che propone un nuovo tipo di distribuzione per tutelare integrità e freschezza del
prodotto, facendo risparmiare tempo e denaro ai consumatori. Le 11 aziende che compongono
la cooperativa operano nel biologico da una ventina d’anni e da circa 4 anni si sono aggregate
per realizzare insieme la vendita diretta a domicilio cercando di sfruttare il loro punto di forza,
la vicinanza con il consumatore finale. Sono tre le formule che la cooperativa adotta per la
distribuzione dei propri prodotti ortofrutticoli: il Cassettone Bio (10 kg di prodotto per 15 euro),
la Cassa Bio (5 kg per 8 euro) e le Cassette monoprodotto (5 kg per 8 euro). Ogni settimana
l'offerta è presentata sul sito, gli ordini si effettuano via e-mail o per telefono e la consegna è a
domicilio a meno che il prodotto non venga ritirato direttamente dal magazzino della
cooperativa. E’ importante poi sottolineare che la composizione dei prodotti varia
continuamente, nel rispetto della stagionalità e conseguentemente risente dei benefici di una
buona stagione agricola e viceversa delle problematiche delle stagioni avverse.
A questa tipologia si lega un’altra modalità che si ritrova facilmente negli USA e nel Regno
Unito ma che sta prendendo piede anche in Italia: il pick-your-own.
Si tratta di una forma di vendita diretta che prevede la raccolta dei prodotti della terra
personalmente da parte dei consumatori coinvolti nell’iniziativa. Questo metodo di
approvvigionamento è attuato da consumatori in cerca di prodotti freschi, di qualità, a un
prezzo ridotto, ma che, allo stesso tempo, apprezzano anche il momento della raccolta come
esperienza conviviale e ricreazionale. Dalla parte dei produttori, il pick-your-own è spesso visto
come canale di vendita addizionale rispetto agli altri canali commerciali utilizzati. La gestione di
questo canale comporta, per l’azienda agricola, una riorganizzazione degli spazi, della
programmazione delle colture e della gestione delle attività. Alcune imprese, inoltre, tendono a
promuovere le proprie attività tramite newsletter cartacee o siti internet, offrendo così anche ai
clienti abituali un servizio di informazione fondamentale per lo svolgimento delle operazioni di
raccolta. Generalmente non serve prenotare né pagare in anticipo ciò che si vuole acquistare:
in questo modo, tutti i rischi – costi di produzione o un mancato raccolto – rimangono a carico
dell’agricoltore.
Per quanto riguarda infine le esperienze attivate dal mondo del consumo si riporta la pratica,
diffusasi nel corso degli ultimi anni, dei Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) formati da insiemi di
persone che decidono di incontrarsi per acquistare dai produttori agricoli prodotti alimentari da
ridistribuire tra loro. Si tratta di gruppi costituiti da cittadini mossi da motivazioni ideologiche o
semplicemente per convenienza economica e di gestione degli approvvigionamenti familiari.
A livello nazionale, i Gas si sono diffusi sin dal 1994 quando, a Fidenza nacque il primo gruppo.
Il concetto di solidarietà, valore di base per i gruppi, è orientato in tre direzioni diverse: verso i
produttori locali – generalmente biologici o biodinamici – di cui i componenti del gruppo hanno
una conoscenza diretta, verso i produttori dei Paesi meno sviluppati, tramite l’adesione ai
principi del commercio equo e solidale e infine tra i consumatori stessi, che insieme portano
avanti le attività del gruppo. L’importanza di questi gruppi è stata anche riconosciuta nel testo
della legge Finanziaria 2007 (art. 5, commi 47 bis e 47 ter), in cui vengono definiti come
11
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
“soggetti associativi senza scopo di lucro” che “svolgono attività non commerciali, ai fini
dell’applicazione del regime di imposta”. Secondo i dati presenti nei principali siti di
riferimento, i Gas rilevati sul territorio nazionale sono 428, ma la stima è sicuramente in
difetto, dato che risulta molto difficile censire tali realtà, spesso di piccole dimensioni (in media
i gruppi sono costituiti da 20-25 famiglie). Anche in questo caso, gran parte dei gruppi sono
localizzati nel Nord Italia (circa il 64%) contro il 30% al Centro e solamente il 6% al Sud dove
si sono sviluppati solamente negli ultimi anni.
La maggior parte dei gruppi instaura inoltre forti relazioni con altre realtà a livello locale – altri
Gas, associazioni del commercio equo e solidale, associazioni ambientaliste, tra le altre –
dando vita a forme di collaborazione che si concretizzano anche con lo svolgimento di iniziative
comuni a livello territoriale (per esempio, campagne di informazione, dibattiti sui temi di
attualità, baratto di oggetti ancora utili) che vanno ben oltre l’approvvigionamento sia di
prodotti alimentari che non, attività che rimane comunque alla base della loro costituzione.
Fra le altre modalità di filiera corta, singolare è il caso della vendita tramite distributori
automatici a moneta in cui il consumatore ha la possibilità di acquistare il prodotto 24 ore su
24 erogando il prodotto e immettendolo in un contenitore proprio o acquistabile presso il
distributore stesso. Grande successo si sta riscontrando per l’acquisto diretto di latte crudo, di
cui si riportano nel box 1.1 alcune caratteristiche.
BOX 1.1 – Il caso della vendita diretta di latte crudo in distributori automatici
In Italia, la vendita diretta tramite utilizzo di distributori automatici sta funzionando soprattutto per il
latte crudo. In pratica, l’acquirente ha la possibilità di riempire una bottiglia con latte fresco di giornata
erogando il prodotto da un distributore automatico a moneta. Il distributore consente di acquistare la
bottiglia (di plastica o di vetro); tale acquisto non chiaramente vincolante, poiché il consumatore ha la
possibilità di utilizzare un contenitore proprio ed acquistare solamente il latte. Generalmente, l’acquisto
della bottiglia di plastica implica un prezzo aggiuntivo pari a circa il 20% del prezzo del litro di latte (del
50% se la bottiglia è di vetro).
Un prodotto distribuito secondo queste modalità ha alcuni vantaggi, soprattutto di tipo ambientale (si
saltano molti passaggi come l’imbottigliamento e il trasporto). Anche per questi motivi il latte crudo ha
un costo abbastanza contenuto, attualmente intorno a 1 euro al litro.
Gli erogatori possono essere posizionati in diversi luoghi: se in alcuni casi essi si trovano direttamente in
azienda, nella maggior parte dei casi sono collocati nei punti strategici dei centri urbani, facilmente
raggiungibili dai consumatori (vicino a strutture pubbliche e commerciali, scuole elementari o all’interno
di negozi o supermercati). Il distributore riporta generalmente i nominativi delle aziende che lo
riforniscono, in modo tale che il consumatore sia informato sulla provenienza del latte.
Diversificato è anche il metodo di gestione dei distributori. Infatti, nella maggior parte dei casi essi sono
riforniti da un’unica azienda, in altri casi sono più di una le aziende coinvolte che si alternano nel
rifornimento con turni stabiliti in relazione alla capacità produttiva di ciascuna (mensili, bimestrali o
trimestrali).
Questo fenomeno, che conta in Italia già 943 distributori situati in 71 province, è ampiamente presente
nel Nord del paese ma si sta diffondendo anche nelle altre aree.
In Lombardia nel 2008 erano presenti 227 distributori automatici di latte crudo (con una crescita del
14% rispetto al 2007) di cui oltre il 50% localizzati in centro urbani. Brescia (22%) e Milano (20%) sono
le province con il numero maggiore di erogatori.
12
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Tabella 1.1 – Confronto tra le principali modalità di vendita diretta
MODALITÀ DI VENDITA
CARATTERISTICHE
VENDITA IN AZIENDA
VENDITA AI MARGINI
DELLA STRADA
MERCATI DEGLI
AGRICOLTORI
Manodopera
Manodopera
COSTI PER
L’AZIENDA
Eventuale pubblicità presso gli
utenti
Costi di magazzino, di
imballaggio e di trasporto
Eventuale acquisto di prodotto
aggiuntivo
QUANTITÀ
QUALITÀ DEL
PRODOTTO
Costi di magazzino, di
imballaggio e di trasporto
Costi per eventuali materiali
promozionali (etichette per
esposizione, pubblicità, …)
Eventuali costi richiesti
dall’organizzatore del mercato
(contributo servizi – es. utilizzo
di frigoriferi, affitto …)
Medie quantità per singolo
cliente
Medio-piccole quantità per
singolo cliente
Medio-piccole quantità per
singolo cliente
Ci possono essere scarti
Ci possono essere scarti
Domanda di un elevato livello
qualitativo
Burocrazia (restrizioni
comunali, autorizzazioni
sanitarie)
BARRIERE
ALL’ENTRATA
Nessuna in particolare
Eventuali necessità di
permessi comunali ed
autorizzazioni sanitarie
Maggiori competenze extraagronomiche (fiscali,
marketing …)
Maggiore organizzazione per la
maggiore necessità di
manodopera
L’attività produttiva non
risente di particolari
interferenze
VANTAGGI
In genere la manodopera
necessaria per l’attività di
vendita è quella familiare
La posizione dell’azienda
potrebbe essere svantaggiosa
SVANTAGGI
E’ possibile intercettare un
numero limitato di
consumatori
Il numero di clienti è
potenzialmente molto elevato
Il numero di clienti
raggiungibile è superiore
rispetto alla vendita in
azienda
Possibilità di stabilire un
contatto continuativo
Fidelizzazione.
Difficoltà organizzative
La posizione dell’azienda
potrebbe essere svantaggiosa
Il rapporto con il consumatore
rimane comunque
estemporaneo.
Necessaria flessibilità
produttiva per garantire
maggiore assortimento
Maggiore competizione diretta
tra i produttori.
Fonte: elaborazioni Nomisma.
13
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
1.2
La normativa di riferimento
Alla base delle normative passate e di quelle vigenti in tema di vendita diretta si riconoscono
chiare le motivazioni legate all’opportunità di “accorciare” la distanza tra produttore e
consumatore, con riferimento sia agli aspetti economici (l’assenza di intermediazione dovrebbe
permettere un maggiore guadagno per l’imprenditore e un risparmio di spesa per il
consumatore), sia a quelli sociali (favorire la conoscenza e la valorizzazione dell’origine dei
prodotti), sia a quelli, infine, ambientali (nella misura in cui può determinarsi una significativa
riduzione del consumo di energia e dell’inquinamento legati al trasporto dei prodotti in zone
lontane dal luogo di produzione).
A lungo regolata dalla legge 59/1963, che poneva limiti sia soggettivi che oggettivi (art.6), la
vendita al dettaglio da parte dei produttori agricoli è stata recentemente regolamentata
attraverso l’introduzione di nuove disposizioni che ne hanno semplificato l’applicazione (art. 4
d.lgs. n. 228 del 2001, art. 4 del d.lgs. n. 99 del 2004, art. 10, Legge 20 febbraio 2006, n. 96
e art. 1, comma 1065, Legge 27 dicembre 2006, n. 296).
In particolare, l'art.4 del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e modernizzazione del
settore agricolo) entrato in vigore il 30 giugno del 2001, a proposito dell'esercizio dell'attività
di vendita, stabilisce che gli imprenditori agricoli, singoli o associati, o gli enti e le associazioni
(estensione realizzata con il d.lgs. n. 99 del 2004) che intendano vendere direttamente
prodotti agricoli o prodotti derivati, possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il
territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende,
osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità.
Tale decreto ha introdotto diverse innovazioni, in tema di vendita diretta dei prodotti agricole,
che si possono così riassumere:
possibilità per gli imprenditori agricoli, singoli o associati, di esercitare la vendita diretta
dei prodotti provenienti in misura prevalente (>50%) dalle rispettive aziende
diritto di esercitare la vendita diretta in tutto il territorio della Repubblica previa
comunicazione al Comune
possibilità di esercitare la vendita dei prodotti agricoli anche attraverso la modalità del
commercio elettronico
estensione anche alla vendita dei prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di
manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici
Ma è soprattutto in riferimento alle modalità della vendita diretta che il legislatore delegato ha
introdotto diversi elementi innovativi. L'art.4 individua infatti quattro principali modalità di
vendita:
a domicilio;
con commercio elettronico;
su aree pubbliche con posteggio;
in locali aperti al pubblico.
Successivamente, l’art. 10, Legge 20 febbraio 2006, n. 96, (Disciplina dell’agriturismo), ha
integrato le diverse forme di vendita diretta recando la disciplina della vendita dei prodotti
14
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
propri, tal quali o trasformati, e dei prodotti tipici locali da parte dell’impresa agrituristica con
una norma di rinvio alla normativa in materia di vendita diretta.
L’ultima tipologia di vendita diretta è quella regolata dal DM del MiPaaf del 20 novembre 2007
che contiene le linee di indirizzo per la realizzazione dei mercati riservati all’esercizio della
vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli (mercati degli agricoltori). Questo
provvedimento ha quindi permesso di fissare le indicazioni per tutto il territorio nazionale,
identificando le modalità di vendita dei prodotti e fornendo indicazioni chiare ed uniformi alle
amministrazioni comunali, chiamate a rilasciare le autorizzazioni.
Il decreto ha un duplice obiettivo: accorciare la filiera agroalimentare ed offrire una rilevante
integrazione di reddito alle imprese agricole. Si cercano di fornire all’imprenditore agricolo gli
strumenti per accedere direttamente al mercato entrando in contatto diretto con il
consumatore, valorizzando allo stesso tempo le caratteristiche nutrizionali, la freschezza dei
prodotti agricoli e il legame socio-economico con il territorio.
In sintesi, rispetto alle forme di vendita esaminate finora, la novità dei mercati degli agricoltori
è rappresentata, oltre che da una disciplina specifica, dal fatto che tale vendita si svolge in un
luogo particolare in cui convergono una pluralità di operatori agricoli. Tali mercati, d’altra
parte, differiscono dagli altri perché sono interamente dedicati ai produttori agricoli, comprese
le cooperative e i loro consorzi quando utilizzano prevalentemente prodotti dei soci per lo
svolgimento delle attività agricole principali (art. 1, comma 2, Dlgs 18 maggio 2001, n. 228).
Inoltre, il luogo di realizzazione di tali mercati può essere un’area pubblica o un’area di
proprietà privata; è possibile anche che siano costituiti in “locali aperti al pubblico”, dovendosi
intendere tale locuzione probabilmente riferita ai mercati coperti che possono svolgersi a loro
volta su aree pubbliche o private. Un ulteriore elemento innovativo sta nel fatto che l’impulso
per la costituzione dei mercati dei produttori può provenire dai Comuni, anche consorziati o
associati, oppure da una richiesta di imprenditori agricoli, singoli o associati, o di associazioni
di produttori e di categoria, presentata ai Comuni. Nello specifico, i Comuni hanno diverse
responsabilità in merito:
istituiscono o autorizzano i mercati sulla base di un disciplinare che regoli le modalità di
vendita e valorizzi la tipicità e la provenienza dei prodotti e ne danno comunicazione
agli assessorati all’agricoltura delle Regioni e delle Province autonome di Trento e
Bolzano;
controllano il mercato che ha sede nel proprio ambito territoriale accertando il rispetto
dei regolamenti comunali in materia, nonché delle linee guida contenute nel decreto in
esame e del disciplinare di mercato e, in caso di più violazioni, commesse anche in
tempi diversi, possono disporre la revoca dell’autorizzazione;
favoriscono la fruibilità dei mercati agricoli di vendita diretta anche mediante la
possibilità, per altri operatori commerciali, di fornire servizi destinati ai clienti dei
mercati.
In linea con le precedenti normative sulla vendita diretta, possono esercitare la vendita gli
imprenditori agricoli singoli e associati iscritti nel Registro delle Imprese, la cui azienda sia
ubicata nell’ambito territoriale amministrativo definito dalle singole amministrazioni competenti
(Regione, Comune, associazione di Comuni) per ciascun mercato. Sono richiesti inoltre, dal
punto di vista soggettivo, il rispetto del cosiddetto “requisito di onorabilità” e dal punto di vista
procedurale, l’obbligo di comunicazione all’autorità amministrativa del territorio di riferimento.
L’attività di vendita all’interno di questi mercati riservati è concretamente esercitata dai titolari
dell’impresa, ovvero dai soci in caso di società agricola, di società di persone e società a
responsabilità limitata equiparate agli imprenditori agricoli, dai relativi familiari coadiuvanti,
15
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
nonché dal personale dipendente di ciascuna impresa. Sono posti in vendita esclusivamente
prodotti conformi alla disciplina in materia di igiene degli alimenti, etichettati “con l’indicazione
del luogo di origine territoriale e dell’impresa produttrice”.
All’interno dei mercati agricoli di vendita diretta infine, è ammesso l’esercizio dell’attività di
trasformazione dei prodotti agricoli da parte degli imprenditori agricoli nel rispetto delle norme
igienico-sanitarie; inoltre possono essere realizzate attività culturali, didattiche e dimostrative
legate ai prodotti alimentari, tradizionali e artigianali del territorio rurale di riferimento, anche
attraverso sinergie e scambi con altri mercati autorizzati.
BOX 1.2 - DECRETO 20 Novembre 2007 - Attuazione dell'articolo 1, comma 1065, della legge
27 dicembre 2006, n. 296, sui mercati riservati all'esercizio della vendita diretta da parte
degli imprenditori agricoli. (GU n. 301 del 29-12-2007 )
IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
Visto l'art. 1, comma 1065, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che prevede che con decreto del
Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali di natura non regolamentare, d'intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti con lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
Bolzano, siano stabiliti i requisiti uniformi e gli standard per la realizzazione dei mercati riservati alla
vendita diretta degli imprenditori agricoli, anche in riferimento alla partecipazione degli imprenditori
agricoli, alle modalità di vendita e alla trasparenza dei prezzi, nonché le condizioni per poter beneficiare
degli interventi previsti dalla legislazione in materia;
Visti gli articoli 1 e 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;
Considerato che risulta opportuno promuovere lo sviluppo di mercati in cui gli imprenditori agricoli
nell'esercizio dell'attività di vendita diretta possano soddisfare le esigenze dei consumatori in ordine
all'acquisto di prodotti agricoli che abbiano un diretto legame con il territorio di produzione;
Ritenuto che tale obiettivo può essere raggiunto attraverso il riconoscimento dei mercati ai quali hanno
accesso imprese agricole operanti nell'ambito territoriale ove siano istituiti detti mercati e/o imprese
agricole associate a quelle operanti nell'ambito territoriale nel quale siano istituiti detti mercati e che si
impegnino a rispettare determinati requisiti di qualità e di trasparenza amministrativa nell'esercizio
dell'attività di vendita;
Acquisita l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nella seduta del 1°
agosto 2007, prot. n. 178/CSR;
Visto il parere della Conferenza Stato -città ed autonomie locali, espresso nella seduta del 15
novembre 2007, nel corso della quale i comuni, attraverso l'ANCI, hanno richiesto al Ministero delle
politiche agricole alimentari e forestali di provvedere alla realizzazione di tutte le attività di supporto e
assistenza tecnica ai comuni per l'adempimento delle funzioni loro assegnate;
Decreta:
Art. 1. Mercati riservati alla vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli
1. In attuazione dell'art. 1 comma 1065, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono definite le linee di
indirizzo per la realizzazione dei mercati riservati alla vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli
di cui all'art. 2135 del codice civile, ivi comprese le cooperative di imprenditori agricoli ai sensi dell'art. 1,
comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.
2. I comuni, anche consorziati o associati, di propria iniziativa o su richiesta degli imprenditori singoli,
associati o attraverso le associazioni di produttori e di categoria, istituiscono o autorizzano i mercati
agricoli di vendita diretta che soddisfano gli standard di cui al presente decreto. Le richieste di
autorizzazione complete in ogni loro parte, trascorsi inutilmente sessanta giorni dalla presentazione, si
intendono accolte.
3. I mercati agricoli di vendita diretta possono essere costituiti, su area pubblica, in locali aperti al
pubblico nonché su aree di proprietà privata.
16
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
4. I comuni, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, il Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali nell'ambito delle ordinarie dotazioni di bilancio, promuovono azioni di informazione
per i consumatori sulle caratteristiche qualitative dei prodotti agricoli posti in vendita.
Art. 2. Soggetti ammessi alla vendita nei mercati agricoli di vendita diretta
1. Possono esercitare la vendita diretta nei mercati di cui all'art. 1 gli imprenditori agricoli iscritti nel
registro delle imprese di cui all'art. 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, che rispettino le seguenti
condizioni:
a) ubicazione dell'azienda agricola nell'ambito territoriale amministrativo della regione o negli ambiti
definiti dalle singole amministrazioni competenti;
b) vendita nei mercati agricoli di vendita diretta di prodotti agricoli provenienti dalla propria azienda o
dall'azienda dei soci imprenditori agricoli, anche ottenuti a seguito di attività di manipolazione o
trasformazione, ovvero anche di prodotti agricoli ottenuti nell'ambito territoriale di cui alla lettera a), nel
rispetto del limite della prevalenza di cui all'art. 2135 del codice civile;
c) possesso dei requisiti previsti dall'art. 4, comma 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.
2. L'attività di vendita all'interno dei mercati agricoli di vendita diretta è esercitata dai titolari
dell'impresa, ovvero dai soci in caso di società agricola e di quelle di cui all'art. 1, comma 1094, della
legge 27 dicembre 2006, n. 296, dai relativi familiari coadiuvanti, nonché dal personale dipendente di
ciascuna impresa.
3. Nei mercati agricoli di vendita diretta conformi alle norme igienico-sanitarie di cui al regolamento n.
852/2004 CE del Parlamento e del Consiglio del 29 aprile 2004 e soggetti ai relativi controlli da parte
delle autorità competenti, sono posti in vendita esclusivamente prodotti agricoli conformi alla disciplina
in materia di igiene degli alimenti, etichettati nel rispetto della disciplina in vigore per i singoli prodotti e
con l'indicazione del luogo di origine territoriale e dell'impresa produttrice.
Art. 3. Disciplina amministrativa dei mercati agricoli di vendita diretta
1. Fatte salve le disposizioni regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano in materia di
vendita diretta di prodotti agricoli, gli imprenditori agricoli che intendano esercitare la vendita nell'ambito
dei mercati agricoli di vendita diretta devono ottemperare a quanto prescritto dall'art. 4 del decreto
legislativo 18 maggio 2001, n. 228.
2. L'esercizio dell'attività di vendita all'interno dei mercati agricoli di vendita diretta, in conformità a
quanto previsto dall'art. 4 del decreto legislativo n. 114 del 1998 e dall'art. 4 del decreto legislativo n.
228 del 2001, non è assoggettato alla disciplina sul commercio.
3. Il mercato agricolo di vendita diretta è soggetto all'attività di controllo del comune nel cui ambito
territoriale ha sede. Il comune accerta il rispetto dei regolamenti comunali in materia nonché delle
disposizioni di cui al presente decreto e del disciplinare di mercato di cui all'art. 4, comma 3, e, in caso di
più violazioni, commesse anche in tempi diversi, può disporre la revoca dell'autorizzazione.
Art. 4. Modalità di vendita dei prodotti agricoli
1. All'interno dei mercati agricoli di vendita diretta è ammesso l'esercizio dell'attività di trasformazione
dei prodotti agricoli da parte degli imprenditori agricoli nel rispetto delle norme igienico -sanitarie
richiamate al comma 3, dell'art. 2.
2. All'interno dei mercati agricoli di vendita diretta possono essere realizzate attività culturali, didattiche
e dimostrative legate ai prodotti alimentari, tradizionali ed artigianali del territorio rurale di riferimento,
anche attraverso sinergie e scambi con altri mercati autorizzati.
3. I comuni istituiscono o autorizzano i mercati agricoli di vendita diretta sulla base di un disciplinare di
mercato che regoli le modalità di vendita, finalizzato alla valorizzazione della tipicità e della provenienza
dei prodotti medesimi e ne danno comunicazione agli assessorati all'agricoltura delle regioni e delle
province autonome di Trento e Bolzano.
4. I comuni favoriscono la fruibilità dei mercati agricoli di vendita diretta anche mediante la possibilità,
per altri operatori commerciali, di fornire servizi destinati ai clienti dei mercati. Il Ministero delle politiche
agricole alimentari e forestali - attraverso forme di collaborazione con l'A.N.C.I. - provvede alla
realizzazione di tutte le attività di supporto e assistenza tecnica ai comuni per l'adempimento delle
funzioni loro assegnate.
17
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
5. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, effettua un monitoraggio annuale dei mercati di vendita diretta dei
prodotti agricoli autorizzati e delle attività in essi svolte.
6. L'attuazione del presente decreto non comporta, in ogni caso, nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica e l'esercizio delle relative funzioni è operato nell'ambito delle vigenti disponibilità di
bilancio.
Il presente decreto sarà trasmesso all'Organo di controllo per la registrazione e sarà pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
A seguito del decreto del 20 novembre 2007, la Regione Lombardia ha divulgato, in data 11
dicembre 2008, una direttiva agli Enti Locali al fine di chiarire alcune indicazioni per lo
svolgimento dei mercati a vendita diretta degli imprenditori agricoli.
BOX 1.3 – Regione Lombardia: indicazioni in merito allo svolgimento dei mercati riservati alla
vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli – La direttiva per gli Enti Locali dell’11
dicembre 2008
Com’è noto, con proprio Decreto del 20 Novembre 2007 (in GU n. 301 del 29 dicembre 2007), il
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha approvato la regolamentazione dei mercati
riservati all'esercizio della vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli.
Poiché tali mercati non rientrano nella disciplina del commercio e al fine di agevolare l’avvio dei mercati
nei Comuni della Regione Lombardia, sentite sia la Direzione Generale Commercio di regione Lombardia
che ANCI Lombardia, si ritiene opportuno fornire le seguenti indicazioni.
Imprenditori agricoli, associazioni di categoria o associazioni di produttori agricoli, devono indirizzare al
Sindaco del Comune interessato la domanda di autorizzazione all’apertura di un mercato a vendita
diretta. Nella domanda deve essere specificato:
1)
Ragione sociale del/dei richiedente/i;
2)
il luogo e il giorno della settimana o del mese di svolgimento del mercato;
3)
la periodicità del mercato;
4)
la denominazione del mercato.
In allegato all’istanza deve essere consegnato all’Amministrazione comunale un disciplinare di mercato in
cui sia evidenziato:
- l’ambito territoriale di provenienza degli imprenditori agricoli ammessi alla vendita, che in ogni caso
non dovrà essere esterno ai confini regionali o alle province extraregionali immediatamente limitrofe;
- le modalità di assegnazione dei posti e le eventuali rotazioni tra gli imprenditori che aderiscono al
mercato;
- la garanzia che i venditori mettono in atto le azioni necessarie alla trasparenza dei prezzi e al
riconoscimento dell’origine dei prodotti. In particolare, la garanzia che per ogni prodotto, oltre alle
indicazione previste per legge, venga esposto un cartello leggibile riportante il prezzo per etto e/o per
chilo, il prezzo per confezioni di pesatura inferiore, l’indicazione della provenienza del prodotto (ragione
sociale dell’azienda agricola, comune di produzione);
- la tipologia dei prodotti in vendita;
- l’eventuale esistenza di modalità di organizzazione che favoriscano la tutela dell’ambiente (per
esempio, l’utilizzo obbligatorio di sacchetti in “mater-bi”, la preferenza verso prodotti a basso impatto
ambientale e di prossimità, etc.);
- l’eventuale esistenza di attività collaterali al mercato finalizzate all’educazione alimentare e a favorire
la conoscenza e la sensibilità dei consumatori verso i prodotti del territorio e le modalità produttive;
- l’esistenza di altri operatori che forniscono servizi dedicati ai clienti del mercato e le modalità di
erogazione;
18
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
- l’assenza di condanne con sentenza passata in giudicato, per delitti in materia di igiene e sanità o di
frode nella preparazione degli alimenti nel quinquennio precedente all'inizio dell'esercizio dell'attività da
parte degli imprenditori agricoli, singoli o soci di società di persone nell'espletamento delle funzioni
connesse alla carica ricoperta nella società (così come previsto dall’art. 4, del D. L.vo 18 maggio 2001,
n. 228);
- la garanzia che gli addetti alla vendita siano i titolari o i relativi familiari coadiuvanti, i soci o i
dipendenti delle Aziende agricole partecipanti al mercato;
- le modalità di controllo, da parte dei proponenti il mercato, del rispetto dei requisiti richiesti agli
imprenditori che vi partecipano, anche mediante l’acquisizione, da parte dei proponenti il mercato, dei
fascicoli SIARL delle Aziende partecipanti per una verifica della tipologia e del volume di produzione;
- le sanzioni previste in caso di mancato adempimento.
Ogni operatore deve garantire di porre in vendita i prodotti della propria Azienda e, nel rispetto del limite
di prevalenza, prodotti ottenuto nell’ambito territoriale del mercato. Le imprese agricole provenienti da
province extra regionali dovranno garantire di porre in vendita esclusivamente prodotti provenienti dalla
provincia di appartenenza. Nel caso in cui l’operatore sia una forma associazionistica, essa deve
evidenziarsi con banchi o stand di vendita intestati al consorzio o all’associazione.
In presenza di richiesta di autorizzazione allo svolgimento dei mercati su aree private, entro sessanta
giorni dal recepimento della domanda l’Amministrazione comunale provvede ad accettare, chiedere
integrazioni o chiarimenti, o a respingere la richiesta, motivando l’eventuale diniego ed eventualmente
indicando le possibili alternative. Qualora entro il termine sopra indicato l’Amministrazione non fornisca
risposta all’istanza o non chieda integrazioni o ulteriori chiarimenti, la stessa è automaticamente accolta.
Qualora l’istanza sia relativa alla concessione di spazi pubblici, si ritiene opportuno che l’Amministrazione
comunale si esprima in merito entro lo stesso arco temporale di sessanta giorni.
L’Amministrazione, anche al fine di evitare il generarsi di confusione tra i consumatori, valuterà
l’opportunità di fornire agli organizzatori specifiche indicazioni tese ad evitare che i mercati a vendita
diretta previsti sul territorio comunale o parte di esso si svolgano nello stesso giorno o luogo dei mercati
ordinari. Provvederà inoltre a segnalare gli obblighi igienico-sanitari in relazione ai prodotti posti in
vendita ai sensi dell’Ordinanza del Ministero della Salute del 03 aprile 2002 e successive modificazioni e
integrazioni, e indicherà i casi di violazione degli adempimenti per i quali verrà revocata l’autorizzazione
al mercato.
L’Amministrazione comunale può disporre la revoca dell’autorizzazione in caso di violazioni, anche in
tempi diversi, delle disposizioni contenute nei regolamenti comunali in materia e del disciplinare di
mercato.
L’Amministrazione comunale, nell'ambito delle ordinarie dotazioni di bilancio, può promuovere azioni di
informazione per i consumatori sulle caratteristiche qualitative dei prodotti agricoli posti in vendita.
Qualora, così come previsto dal D.M. 20/11/2007, l’Amministrazione comunale intenda organizzare di
propria iniziativa un mercato degli imprenditori agricoli, devono comunque essere rispettate le previsioni
riportate nelle presenti direttive.
Si ricorda infine, ai sensi dell’art, 4, comma 3 del citato Decreto, l’obbligo per le Amministrazioni
comunali di comunicare agli assessorati all’Agricoltura delle Regioni e Province autonome, l’istituzione dei
mercati e i relativi disciplinari adottati. Per la Regione Lombardia le comunicazioni dovranno pervenire al
seguente indirizzo: Direzione Generale Agricoltura - Via Pola 12/14 - 20124 MILANO.
19
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
1.3
La vendita diretta in Italia in cifre
In Italia, nel corso degli ultimi anni si è assistito ad un incremento del numero di aziende che
svolge la vendita diretta e del numero di agricoltori che hanno integrato l’attività dei campi con
altre attività multifunzionali (servizi ristorativi, ricettivi e culturali).
Le ragioni di questa crescita sono da ricercarsi soprattutto nella crescente pressione sui prezzi
alla produzione esercitata dagli operatori a valle della filiera.
In termini numerici, già nel 20052 si contavano circa 160 mila aziende che vendevano la
propria produzione senza intermediazione al consumo o altre tipologie di utenti finali; di
queste, circa 76 mila utilizzavano questo canale di vendita in misura prevalente (oltre il 50%
della produzione propria viene venduto al consumatore senza intermediari), per un fatturato
compreso tra i 2 e i 2,5 miliardi di euro (5% della produzione della branca agricoltura) ed una
Superficie Agricola Utilizzata prossima ai 630 mila ettari (5% della Sau italiana). Occorre
considerare, come illustrato in nota, che l’indagine RICA-REA prende in esame solo le aziende
con più di 4 UDE (circa 4.800 euro di reddito lordo standard). Non considera quindi aziende di
piccole dimensioni in cui la vendita diretta rappresenta spesso una attività di
commercializzazione importante o quantomeno diffusa.
Figura 1.2 – La vendita diretta in Italia: le dimensioni del fenomeno (2005)
Imprese che
adottano la
vendita
diretta
84
mila
Vendita diretta
non prevalente
(principalmente
ingrosso,
cooperative,
ecc.)
2,5 miliardi di €
=
5% della produzione
agricola italiana
160 mila
76
mila
Vendita diretta
prevalente
630 mila ettari
=
5% della SAU
italiana
10,2% delle
aziende agricole
italiane >4 UDE
Fonte: elaborazioni Nomisma su dati RICA-REA-ISTAT.
2
Stime Nomisma su dati indagine RICA-REA-ISTAT relativa ad un campione di imprese agricole con dimensione
economica (Reddito Lordo Standard) superiore a 4 UDE (circa 4.800 euro). L’esclusione delle imprese con RLS inferiore
a 4 UDE porta a concludere che le stime proposte rappresentano una sottostima delle dimensioni del fenomeno della
vendita diretta in Italia.
20
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Tramite la vendita diretta le aziende hanno cercato alternative ai tradizionali canali di vendita
allo scopo di accrescere il loro valore aggiunto grazie al contatto diretto con il consumatore,
spesso alla ricerca di maggiori vantaggi (economici e non) negli acquisti.
Nel complesso, le imprese agricole con vendita diretta (prevalente) rappresentano circa il 10%
delle aziende agricole nazionali. L’area geografica nella quale è più forte l’incidenza delle
imprese con vendita diretta sul totale è il Centro, con un valore pari al 17,6%, seguito dal
Nord-Est (11% circa), mentre i valori più bassi sono riscontrati nel Sud-Italia (8,7%) e nel
Nord-Ovest (7,4%).
Figura 1.3 – Incidenza per regione delle aziende che effettuano vendita diretta in
forma prevalente sul totale delle aziende agricole (2005)
25,0%
25%
22%
19% 18%
20,0%
16%
15%
15,0%
12% 12%
12% 11%
ITALIA
10% 10%
10,0%
8% 8%
7% 7% 7%
6%
5%
5,0%
4%
Trentino A-A
Piemonte
Sicilia
Basilicata
Campania
Lombardia
Veneto
Calabria
Umbria
Molise
Abruzzo
Lazio
Puglia
Sardegna
Friuli V.G.
EmiliaRomagna
Liguria
Valle d'Aosta
Toscana
Marche
0,0%
Fonte: elaborazioni Nomisma su dati RICA-REA-ISTAT.
Entrando nel dettaglio delle singole regioni, secondo i dati RICA-REA il primato spetta alla
regione Marche con una incidenza pari al 24,7%, seguita da Toscana (22,4%), Valle d’Aosta
(18,7%) e Liguria (18,3%). Sono questi valori estremamente elevati che indicano come questa
forma di vendita sia già consolidata in determinate aree del Paese. Con percentuali inferiori ma
comunque significative si segnalano Emilia-Romagna (16%), Friuli Venezia Giulia (15,2%) e
Sardegna (12,3%).
In termini assoluti, la regione con il numero maggiore di aziende con vendita diretta è la
Puglia, in cui si concentra il 19,5% del totale nazionale (31.180 aziende), davanti a Campania
(12.083 aziende, 7,6%) e Sicilia (6,3%) per quanto riguarda il Sud. La vendita diretta è diffusa
anche nelle aziende del Centro (26,5%) dove sono la regione Marche (11% con oltre 17 mila
aziende) e la Toscana (8% con 12.820 aziende) a detenere il primato. Al Nord infine, dietro
all’Emilia-Romagna, si collocano Veneto (8.080 aziende), Piemonte (5.490), Liguria (3.950) e
Lombardia (3.450). Le ragioni che stanno alla base di una ripartizione regionale di questo tipo
si possono imputare in parte alla diversa struttura distributiva esistente nelle diverse regioni
italiane. Laddove i canali di commercializzazione lunghi, che prevedono un ruolo primario della
21
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
distribuzione moderna organizzata, sono meno sviluppati, è più diffusa la modalità di vendita
diretta dei prodotti. A tale motivazioni si sommano chiaramente le vocazioni produttive e
turistiche di ciascun territorio.
In generale, sono diverse le iniziative che hanno concorso alla promozione della vendita diretta
negli ultimi anni. Si ricordano prima di tutto quelle legate al turismo enogastronomico, che solo
nel 2005 ha interessato oltre 5 milioni di persone3. Fra le esperienze che hanno contribuito
maggiormente vi è sicuramente Cantine Aperte, l’evento legato al vino che coinvolge ogni anno
circa mille aziende vitivinicole e oltre un milione di visitatori. L’impatto di questa
manifestazione, e delle altre organizzate dal Movimento del Vino (Calici di stelle, Benvenuta
vendemmia, Novello in cantina), sulla vendita diretta è rilevante, soprattutto nelle regioni con
il numero maggiore di aziende partecipanti: Toscana, Friuli Venezia Giulia, Veneto e
Lombardia. Un altro progetto che ha partecipato alla crescita della vendita diretta è la
creazione, da parte delle Regioni, delle Strade dei vini e dei sapori; in Italia ne sono nate oltre
150, diffuse soprattutto in Veneto, Puglia, Toscana e Emilia-Romagna. Per avvicinare i
consumatori all’azienda agricola, si è mostrata decisiva anche l’iniziativa Fattorie Aperte,
giunta nel 2005 alla sua settima edizione, che coinvolge le oltre 800 strutture didattiche
accreditate nelle diverse regioni. Nella fattispecie, la regione con il numero maggiore di fattorie
didattiche è l’Emilia-Romagna, con circa 280 strutture, seguita da Lombardia, Marche e
Veneto. Nella sola Emilia-Romagna, nel 2005, la partecipazione ha raggiunto circa 68.000
presenze, alle quali vanno aggiunti gli oltre cinquemila gruppi che nel corso dell’anno hanno
visitato le aziende didattiche della regione, per un totale di oltre 100.000 visitatori.
Effettivamente, l’impatto dell’iniziativa sulla vendita diretta non è rilevante, ma favorisce
l’incontro tra aziende agricole e famiglie, creando un rapporto di fiducia che sicuramente può
contribuire, nel tempo, alla crescita del canale corto. Anche le Città di prodotto, associazioni
composte principalmente dalle amministrazioni comunali, possono giocare un ruolo nello
sviluppo della filiera corta. Nate per promuovere la cultura e l’immagine dei territori rurali
attraverso la valorizzazione delle produzioni agricole, complessivamente sono presenti in Italia
11 Città di prodotto (es. Città del Pane, Città dell’Olio, Città del Castagno, ecc.). Le più
numerose sono le Città del vino, 539 comuni, seguite da quelle dell’olio, 284, da quelle della
mela annurca, 142, e da quelle del castagno, 45.
1.4
Il ruolo della vendita diretta per gli acquisti delle famiglie italiane
Per comprendere in maniera più chiara la portata del fenomeno, è importante completare
l’analisi indagando anche il comportamento delle famiglie italiane. Negli ultimi anni infatti sono
intervenuti diversi cambiamenti nella percezione del cibo e si sono sviluppati nei consumatori
nuovi atteggiamenti e bisogni: una crescente domanda di alimenti sicuri, salubri e “naturali”,
una crescente sensibilità verso i contenuti culturali del cibo (espressi come tipicità, qualità
organolettica, autenticità), una nuova attenzione e un crescente senso di responsabilità verso
le implicazioni etiche (sociali, ambientali) delle modalità di produzione e consumo, la volontà di
esprimere anche attraverso le scelte alimentari il senso di appartenenza a un dato contesto
3
Istituto Nazionale Ricerche Turistiche.
22
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
socio-culturale, la volontà di esercitare attraverso il proprio comportamento di consumo un
ruolo politico, teso cioè a influire sulle caratteristiche del modello di sviluppo del sistema
agroalimentare (o, più in generale, economico).
I motivi per i quali i prodotti locali sono ricercati, proprio perché fanno parte del consumo
quotidiano, riguardano, soprattutto, la qualità organolettica e la freschezza, il minore impatto
ambientale e, generalmente, la maggior salubrità, ma anche l’appartenenza alla cultura
alimentare e alle tradizioni locali, la conoscenza diretta, la fiducia e la solidarietà nei confronti
dei produttori.
1.4.1 Gli acquisti diretti delle famiglie italiane - I risultati dell’indagine dell’Osservatorio
Consumi – Nomisma
Al fine di mettere meglio in evidenza la relazione che intercorre tra consumatore e produttore e
per indagare le attitudini all’acquisto diretto delle famiglie, nell’ambito dell’Osservatorio
Consumi – Nomisma è stata realizzata un’indagine su un campione rappresentativo di famiglie
italiane4. Di seguito si propone quindi un’analisi dei principali risultati scaturiti da tale indagine.
Nel 2008, in Italia il 36,1% delle famiglie residenti in comuni capoluogo ha acquistato prodotti
agricoli e alimentari direttamente dall’agricoltore in almeno una occasione.
Figura 1.4 – Nel 2008 la sua famiglia ha acquistato prodotti agricoli/alimentari
direttamente dall’agricoltore?
Non
risponde
0,3%
Si
36,1%
No
63,6%
Fonte: Osservatorio Consumi - Nomisma.
4
L’indagine ha coinvolto 675 responsabili degli acquisti alimentari, con oltre 18 anni e residenti in comuni capoluogo di
provincia italiani; è stata realizzata con metodo CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing). Il margine
massimo di errore delle stime dell’indagine è pari al 3,77% al livello fiduciario del 95%.
23
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Il 16,4% delle famiglie dichiara di aver acquistato prodotti in un mercato degli agricoltori; una
quota di analoghe dimensioni ha acquistato direttamente presso l’azienda agricola (15,1%),
mentre sono in numero inferiore le famiglie che realizzano acquisti in fiere e sagre paesane
(6,2%) e da furgoni lungo le strade (3,7%).
I dati svelano una intensità di utilizzo dei mercati degli agricoltori per alcuni versi
sorprendente. Nella percezione del consumatore il concetto di mercato degli agricoltori
presenta ambiti connotativi ancora non chiari (dovuti anche alla attuale limitata diffusione di
tale modalità) che lasciano possibili spazi di sovrapposizione con forme diverse, quali i mercati
rionali, dove possono essere presenti sia produttori che commercianti (soprattutto nelle area
centro-meridionali del paese) e le stesse “fiere e sagre”. Ciononostante i risultati ottenuti
mostrano comunque l’ampio favore dei consumatori verso tale modalità di acquisto dei prodotti
alimentari.
Figura 1.5 - Nel 2008 la sua famiglia ha acquistato prodotti agricoli/alimentari
direttamente dall’agricoltore in …
20,0%
16,4%
15,1%
10,0%
6,2%
3,7%
1,6%
0,0%
Azienda
agricola
Fiere e sagre
di paese
Mercato degli Furgone lungo
agricotori
le strade
Altro
Fonte: Osservatorio Consumi - Nomisma.
In merito ai prodotti, il 27% delle famiglie acquista direttamente “frutta e ortaggi” di stagione,
mentre è significativamente più basso il numero di consumatori che acquista prodotti
trasformati come formaggi, latte e burro (13,5%), olio d’oliva (8%), vino (4,4%) e salumi
(3,6%). Infine, poco più del 3% degli intervistati tende a rivolgersi direttamente al produttore
agricolo per l’acquisto di carne, uova e miele.
24
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Figura 1.6 - Quali sono i prodotti che abitualmente acquistate direttamente
dall’agricoltore?
(Risposta multipla)
30,0%
27,0%
20,0%
13,5%
8,0%
10,0%
4,4%
3,6%
3,4%
3,3%
3,3%
3,1%
Salumi
Carne
Uova
Miele
Altri
prodotti
0,0%
Frutta e
ortaggi
Formaggi, Olio d'oliva
Latte, Burro
Vino
Fonte: Osservatorio Consumi - Nomisma.
In riferimento alla frequenza di acquisto diretto dall’agricoltore, ben il 25,5% ha affermato di
approvvigionarsi almeno una volta al mese; nello specifico, l’11,7% delle famiglie ha
l’abitudine di acquistare direttamente circa una volta alla settimana mentre il 6,5% 2-3 volte al
mese. Circa il 10% invece tende ad acquistare dal produttore saltuariamente, meno di una
volta al mese. Nella valutazione di questi risultati è importante tenere conto che la frequenza
con cui il consumatore viene a contatto con il produttore dipende fortemente anche dalla
diffusione delle diverse modalità di vendita diretta sul territorio. A titolo d’esempio, un’estesa
presenza di mercati degli agricoltori nei centri urbani crea nuove occasioni di incontro tra i due
interlocutori aumentando pertanto la cadenza con cui una famiglia si approvvigiona
dall’agricoltore.
Figura 1.7 - Con quale frequenza acquistate direttamente dall’agricoltore?
Circa ogni
settimana;
11,7%
Circa 2-3
volte al
mese; 6,5%
1 volta al
mese; 7,3%
Non acquisto
direttamente
; 63,6%
Meno di 1
volta al
mese;
10,1%
Non
risponde;
0,7%
Fonte: Osservatorio Consumi - Nomisma.
25
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Entrando con maggiore dettaglio nelle scelte d’acquisto operate dal consumatore, si è cercato
di comprendere quale sia la caratteristica dei prodotti che spinge le famiglie a scegliere gli
acquisti diretti dal produttore.
Figura 1.8 - Lei acquista direttamente dall’agricoltore perché i prodotti sono …
(Prima risposta in ordine di importanza)
Più f reschi;
13,0%
Di qualità
(gusto,
odore,
colore);
9,5%
Più sicuri;
3,3%
Con prezzi
più bassi;
3,9%
Non acquisto
direttamente
63,6%
Di origine
locale; 2,8%
Non
risponde;
0,8%
Maturati in
campo;
1,6%
Altro; 1,6%
Fonte: Osservatorio Consumi - Nomisma.
Le caratteristiche organolettiche dei prodotti rappresentano la principale motivazione degli
acquisti diretti. Il 13% delle famiglie italiane preferisce compiere gli acquisti direttamente
dall’agricoltore poiché i prodotti offrono maggiori garanzie di freschezza; un ulteriore 9,5%
riesce invece a reperire prodotti di maggiore qualità. Solo il 3,9% delle famiglie vede
nell’acquisto senza intermediari un canale per ottenere soprattutto prezzi inferiori rispetto alle
altre forme di distribuzione a cui abitualmente si rivolge. L’origine locale (2,8%) e il fatto che i
prodotti siano maturati in campo (1,6%) sono gli altri caratteri tenuti in considerazione, che
completano la ricerca di prodotti dalle caratteristiche organolettiche superiori.
In relazione alla spesa, in un anno, ben il 16,2% delle famiglie italiane dedicano mediamente
agli acquisti diretti fino al 10% del proprio budget alimentare; l’8,5% delle famiglie italiane
residenti nei capoluoghi di provincia acquista dal produttore oltre il 20% della spesa
alimentare.
26
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Figura 1.9 - Nel 2008 più o meno quanto è il peso degli acquisti diretti dagli
agricoltori sul totale della spesa alimentare?
Dal 10% al
20%; 6,9%
Fino al 10%;
16,2%
Dal 20% al
50%; 6,8%
Oltre il 50%
sul totale
della spesa;
1,7%
Non acquisto
direttamente;
63,6%
Non
risponde;
4,8%
Fonte: Osservatorio Consumi - Nomisma.
L’indagine ha poi valutato l’interesse delle famiglie italiane ad acquistare i prodotti locali nei
mercati di agricoltori nel caso fossero presenti nelle vicinanze dell’abitazione.
Figura 1.10 - Se vicino a casa sua ci fosse un mercatino di agricoltori dove acquistare
prodotti locali, Lei sarebbe interessata/o ad acquistarli?
80,0%
71,9%
60,0%
40,0%
20,0%
12,7%
12,3%
1,3%
1,8%
0,0%
Sicuramente
si
Forse si
Forse no
Sicuramente
no
Non risponde
Fonte: Osservatorio Consumi - Nomisma.
La risposta fornisce sicuramente un quadro positivo sul potenziale della vendita diretta nei
mercati degli agricoltori: secondo l’indagine infatti, circa il 72% delle famiglie italiane sarebbe
disposta ad approvvigionarsi secondo tale modalità se si presentasse l’occasione con più
facilità.
27
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
A queste si aggiunge un 12,3% di “indecisi” ma tendenzialmente favorevoli mentre rimane un
12,7% di famiglie che comunque non ha manifestato interesse in tal senso.
Considerando l’elevata percentuale di consumatori potenzialmente propensi all’acquisto
direttamente dall’agricoltore, si è valutato l’interesse rispetto ai prodotti da reperire nei
mercati dei produttori.
Figura 1.11 - Quali sono i prodotti degli agricoltori locali che vorrebbe trovare nel
mercatino?
(Risposta multipla)
100,0%
88,3%
90,0%
80,0%
70,0%
58,8%
60,0%
50,0%
33,8%
40,0%
32,6%
29,1%
28,3%
30,0%
23,8%
19,5%
20,0%
16,9%
4,7%
10,0%
0,0%
Frutta e
ortaggi
Formaggi,
Latte,
Burro
Carne
Olio d'oliva
Salumi
Uova
Vino
Miele
Piante &
Fiori
Altri
prodotti
Fonte: Osservatorio Consumi - Nomisma.
La quasi totalità (88,3%) delle famiglie italiane interessate all’acquisto nei mercati degli
agricoltori, dichiara di ricercare soprattutto frutta ed ortaggi.
Sono tuttavia molti (58,8%) i consumatori che includerebbero prodotti lattiero-caseari nel loro
paniere di spesa alimentare.
Gli altri prodotti su cui ricade la scelta dopo quelli appena citati sono le carni (33,8%), l’olio
d’oliva (32,6%), i salumi (29,1%) e le uova (28,3%).
Vino, miele, piante e fiori rappresentano per il consumatore, seppure con percentuali modeste,
una seconda scelta.
28
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
1.5
I modelli di vendita diretta nel contesto internazionale
1.5.1 Il caso degli Stati Uniti
Dopo la seconda guerra mondiale, negli Stati Uniti, la produzione e la distribuzione alimentare
passarono da una dimensione regionale ad una globale. Il progresso nel sistema dei trasporti,
in particolare, permise ai compratori di non dover essere più dipendenti dall’offerta locale
spingendo quindi i supermercati a coordinare gli acquisti tramite magazzini centralizzati.
In conseguenza di ciò, i piccoli produttori, incapaci di competere sui medesimi livelli di prezzo,
quantità e requisiti di distribuzione, fallirono o si rivolsero alla vendita diretta tentando di
diversificare la rendita e di catturare nuovi consumatori. In tutta risposta, a cavallo tra gli anni
‘50 e ‘60 cominciarono ad emergere le prime forme di vendita in azienda che hanno visto
prevalere la modalità pick-your-own. Questo fenomeno si sviluppò dapprima nel Nord Est e
successivamente nel resto del Paese per poi diffondersi ampiamente in tutti gli stati.
I mercati degli agricoltori negli USA nascono per motivazioni non dissimili, sennonché la loro
rinascita ebbe inizio più tardivamente in California, negli anni ’70. Il tipico mercato agricolo nel
cuore delle città era quasi scomparso a causa dell’avvento dei supermercati e dell’ampliarsi
delle periferie. Secondo l’USDA sino a circa 30 anni fa, negli USA si potevano trovare meno di
100 mercati degli agricoltori.
In altri termini, la ricerca di canali di commercializzazione alternativi per i prodotti agricoli
associata all’evolversi delle forze economiche e sociali, contribuirono alla rinascita della vendita
diretta negli anni ’60 e ’70. L’incremento dei prezzi dei carburanti e dei beni alimentari resero
la spesa presso i farmers’ markets o le aziende con il sistema pick-your-own più economica per
i consumatori.
I consumatori, insoddisfatti dei prodotti dei supermercati orientarono la loro attenzione sulle
aziende agricole locali in grado di fornire prodotti freschi di qualità e di stagione. Allo stesso
tempo, il movimento di riqualificazione della terra verificatosi tra la fine degli anni ’60 e l’inizio
degli anni ’70, portò alla nascita di una nuova generazione di agricoltori che oggi mettono in
atto le pratiche dell’agricoltura biologica e di consumatori che ricercano cibo sicuro meno
dipendente dai combustibili fossili per la produzione ed il trasporto.
Negli Stati Uniti, la vendita diretta di prodotti agricoli è regolamentata dal “Farmer-toConsumer Direct Marketing Act” del 1976 che garantisce finanziamenti ai dipartimenti
dell’agricoltura nei singoli stati al fine di promuovere la creazione e l’attivazione della vendita
diretta degli agricoltori ai consumatori. Ogni stato ha il compito di impiegare tali fondi per la
realizzazione di leggi e regolamenti e per facilitare l’avvio dei punti vendita.
La crescente popolarità, negli USA, del cibo prodotto localmente si può facilmente dedurre
dalle stime realizzate dall’US Census of Agriculture5 secondo le quali la domanda per questa
tipologia di prodotti dovrebbe crescere dai circa 4 miliardi di dollari nell’annata 2002 a circa 7
miliardi nel 2012.
5
Local and Fresh Food in the US, Packaged Facts, 2007.
29
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
In generale, le principali modalità di vendita diretta diffuse negli Stati Uniti si possono così
riassumere:
Vendita diretta in azienda;
Pick-your-own;
Mercati o stand lungo le strade;
Farmers markets collocati in prossimità di aree urbane;
Consegne a domicilio;
Vendita su furgoni posteggiati lungo le strade, in parcheggi o in luoghi simili con un
potenziale traffico di clienti.
Come già illustrato in precedenza, la vendita diretta in azienda, il pick-your-own e i farmers’
markets si sono radicati negli USA già dagli anni ’70. A New York, nel decennio 1974-1984, il
numero di imprese agricole con vendita diretta aziendale crebbero ad un tasso del 5%, mentre
le aziende pick-your-own e i farmers’ markets fecero segnare rispettivamente aumenti del
110% e 378%. Proprio questi ultimi rappresentano una delle forme di vendita diretta più
diffuse al giorno d’oggi.
Il numero di questi mercati negli Stati Uniti è in continua crescita tanto che nell’agosto 2008 ne
sono stati censiti 4.685. Si tratta di un incremento del 6,8% in soli due anni (nell’agosto 2006
furono riportati 4.385 farmers markets) e +150% rispetto ai 1.755 del 1994, anno in cui
l’USDA ha cominciato a registrarli ufficialmente.
Figura 1.12- Evoluzione del numero di farmers' market negli USA
5.000
4.385
3.706
4.000
3.000
2.000
4.685
2.746
2.863
3.137
1998
2000
2002
2.410
1.755
1.000
0
1994
1996
2004
2006
2008
Fonte: USDA-AMS.
Il risultato di una crescita di tali dimensioni nel numero di mercati degli agricoltori è facilmente
riscontrabile anche nel valore della produzione complessiva venduta in tali strutture: nel 2005
si stimava in poco più di 1 miliardo di dollari6, valore che nel 2000 era di poco superiore a 888
milioni. Mediamente, nel 2005, le vendite per singolo farmers’ market raggiungevano i
245.000 dollari con una media per agricoltore di 7.108 dollari.
6
AMS 2006 National Farmers Market Survey.
30
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Organizzazione, regolamenti e tipologia di prodotti commercializzati
Secondo una ricerca realizzata dall’USDA nel 20007, quando ancora il numero di farmers’
markets (FM) era inferiore alle 3.000 unità, solo il 18% dei mercati non era autosufficiente.
Questi ricevono infatti sostegno economico dalle autorità locali (città o contee), dalle autorità
statali o federali o da istituzioni pubbliche (Camere di commercio, associazioni). Il restante
82% era in grado di finanziarsi autonomamente per mezzo di forme di tassazione che
permettevano di coprire tutte le spese.
Nel 30% dei casi, l’amministrazione era affidata ad un manager pagato, mentre nel 63% dei
FM un consorzio di produttori gestiva, talvolta in via esclusiva, il mercato; il 18% era invece
amministrato da istituzioni pubbliche e il 42% da associazioni private8. Significative le
indicazioni riguardanti le tipologie di prodotti venduti. Tralasciando i prodotti ortofrutticoli
freschi, presenti praticamente in tutti i farmers’ market, oltre la metà dei mercati
commercializzava prodotti trasformati e prodotti da forno. La carne e in genere i prodotti
lattiero-caseari presentavano invece gli indici di penetrazione più bassi: presenti
rispettivamente nel 37% e 19% dei casi. E’ interessante poi osservare che il 75% dei mercati
era costituito solo da agricoltori che vendevano in maniera prevalente le loro produzioni; se si
considera invece la provenienza, risulta che il 45% dei mercati commercializza prodotti non
necessariamente realizzati nelle aree contigue al mercato stesso. Il 40% dei mercati consente
l’integrazione dell’offerta con prodotti di produzione non propria al fine di completare la gamma
offerta.
Si ricorda poi che, grazie all’aiuto di programmi di nutrizione attivati dall’USDA, come il WIC
(Women, Infants and Children Farmers Market Nutrition Program) e il Senior Farmers Market
Nutrition Program, i farmers’ markets permettono alle persone più disagiate di ottenere
alimenti freschi. Questi programmi garantiscono fondi federali per l’acquisto di beni alimentari
dai farmers’ markets.
Caratteristiche dei produttori
Il numero medio di produttori per mercato nel 2000 era pari a circa 27 unità, circa il 28% dei
quali utilizzava il mercato come unica modalità di vendita dei propri prodotti. Interessanti
anche i dati riguardanti il fatturato per produttore e le distanze dai mercati. Il valore delle
vendite medio annuo realizzato da un produttore era di circa 12.000 dollari. Ma ben il 64% di
essi realizzava un fatturato inferiore a 5.000 dollari e solo il 19% superava i 10.000; tra questi
poi, solo l’1% era in grado di andare oltre i 50.000 dollari.
Rispetto alla distanza dal farmers’ market, il 38% dei produttori si trovava in un’area distante
meno di 16 chilometri dal mercato, mentre si può notare come il 29% percorreva tra i 17 e i
32 km per raggiungere il luogo in cui era situato il mercato.
7
U.S. Farmers Markets-2000 A study of emerging trends, USDA (2002). Nel primo semestre 2009 l’USDA renderà
pubblici i risultati di un ‘indagine sui farmers’ markets condotta nel 2006.
8
Gli operatori non erano limitati ad una sola scelta. Ad esempio, un’associazione privata potrebbe essere gestita da un
manager pagato.
31
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Figura 1.13 – Distanza dei produttori agricoli dal mercato (2000)
> 80 km;
12%
≤ 16 km;
38%
da 33 a 80
km; 21%
da 17 a 32
km; 29%
Fonte: Elaborazioni Nomisma su dati USDA.
Caratteristiche dei consumatori
Il numero medio di consumatori che frequentava i farmers’ market nel 2000 era di 1.055 alla
settimana, 68% dei quali viveva in un raggio inferiore ai 16 chilometri di distanza dal mercato
e solamente il 13% viveva ad una distanza superiore ai 32 chilometri. Considerando invece il
valore degli acquisti, ogni consumatore effettuava una spesa media annua di 306 dollari, pari
ad una spesa media settimanale di circa 17 dollari.
Figura 1.14– Distanza dei consumatori dal mercato (2000)
> 80 km;
5%
da 33 a 80
km; 8%
da 17 a 32
km; 19%
<=16 km;
68%
Fonte: Elaborazioni Nomisma su dati USDA.
Esplicativi anche i risultati di un’ indagine della Colorado State University: il 25% dei
consumatori americani hanno dichiarato che i mercati degli agricoltori rappresentavano la loro
prima scelta per l’acquisto di prodotti freschi; a tale quota va inoltre aggiunta quella di coloro
che li considerava come seconda opportunità (12%). E’ quindi evidente come i mercati degli
32
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
agricoltori negli Stati Uniti siano una tipologia di punto vendita alimentare che rientra nelle
abitudini di acquisto di molte famiglie.
Tabella 1.2 - Scelta dei punti vendita alimentari dei consumatori americani
Fonte
Fonte
Fonte
primaria secondaria
primaria di
di prodotti di prodotti
alimenti
freschi
freschi
Supermercati
Magazzini/Centri commerciali
Negozi specializzati in prodotti biologici/biodinamici/heathfood
Farmers’ markets
Altre modalità di acquisto diretti dal produttore
Negozio di specialità
Nessuna preferenza
76%
19%
2%
1%
1%
1%
--
56%
10%
2%
25%
5%
1%
--
29%
23%
8%
12%
3%
3%
22%
Fonte: Colorado State University Study of U.S. Adults, 2006.
Caratteristiche fisiche dei farmers’ markets
Relativamente alle caratteristiche fisiche dei mercati, l’indagine realizzata nel 2000 riporta
inoltre che la superficie media complessiva dei mercati (incluse le superfici accessorie dei
parcheggi e degli altri servizi all’utenza) era di circa 5.500 metri quadrati. Considerando la sola
superficie di vendita, la dimensione media dei mercati degli agricoltori era pari a circa 650
metri quadri.
Il 91% dei farmers’ market dichiarava infatti di avere, in media, 30 stand aperti (non fissi,
costituiti da chiostri o bancarelle dei produttori) con una superficie media di 18 metri quadrati.
Solo il 19% dei farmers’ market aveva anche stand coperti (che significa operare in una
struttura fissa e permanente). Questi mercati presentavano una media di 32 stand di questo
tipo, con una superficie media di circa 26 metri quadrati per ciascuno.
Per quanto riguarda l’età dei mercati, nel 2000 la media era prossima ai 15 anni, mentre il
27% di essi aveva un’età inferiore ai 5 anni. Infine, solamente il 13% dei mercati rimaneva
aperto tutto l’anno, in media per 1,8 giorni alla settimana. I mercati che al contrario non erano
funzionanti tutto l’anno stavano aperti per circa 18 settimane (circa 4-5 mesi).
33
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
1.5.2 L’esperienza nel Regno Unito
Nel corso degli anni ’90, in maniera simile a ciò che avvenne negli USA, alcuni settori
dell’agricoltura britannica si trovarono in difficoltà a causa della competizione sul prezzo
operata dai supermercati che smisero di approvvigionarsi localmente e cominciarono a
rifornirsi sui mercati internazionali.
In questo contesto, si sviluppò il fenomeno dei farmers’ market nel Regno Unito: il primo fu
inaugurato nel 1997 a Bath, ma già nel 2006 si contavano 550 farmers’ market, per un totale
di circa 10.000 produttori agricoli, sparsi per tutto il territorio nazionale.
Alcune previsioni sul potenziale di sviluppo per questa modalità di commercializzazione
ritengono che, nel contesto attuale, risulterebbero economicamente sostenibili 800 mercati.
Per garantire un livello standard di gestione e amministrazione dei farmers’ market nel Regno
Unito, FARMA, l’associazione nazionale dei farmers’ market, ha istituito un disciplinare in cui
sono contenuti i criteri e le linee guida principali.
In particolare, si identificano tre principi fondamentali:
A. Il produttore deve provenire da un’area definita “locale”. 50 km è la distanza massima
suggerita, estendibile a 80 per le località costiere o urbane;
B. Il produttore deve coltivare/allevare o trasformare i prodotti che commercializza;
C. Il banco di vendita è gestito dall’agricoltore stesso o coadiuvanti che sono a conoscenza
dei processi produttivi.
Relativamente alle altre forme di vendita diretta di prodotti agricoli attive nel Regno Unito, il
box-scheme rappresenta sicuramente una tipologia fortemente diffusa; questa modalità risulta
particolarmente legata al biologico – nel 2007 i box-schemes di prodotti biologici hanno
realizzato un fatturato di 100 milioni di sterline - tanto da suscitare anche l’interesse delle più
grandi catene di distribuzione del Paese. Un’altra modalità di vendita diretta presente nel
Regno Unito è quella del “pick-your-own” (PYO); questo fenomeno, sviluppatosi negli anni ’50
dalla necessità degli produttori ortofrutticoli di incrementare il proprio reddito ed esploso
vent’anni più tardi grazie all’introduzione sul mercato di grandi camere frigo, portò il numero di
imprese PYO a 10.000 unità. Successivamente, la forte competizione operata dal sistema di
distribuzione moderno causò un ridimensionamento di questa tipologia di vendita. Attualmente
infatti, sul territorio britannico operano circa 1.000 aziende PYO, gran parte delle quali situate
ai margini dei principali centri urbani.
Nel complesso, si stima che la vendita diretta di prodotti agricoli e derivati nel Regno Unito
generi un giro di affari annuo intorno ai 2 miliardi di sterline.
Le vendite nei farmers’ markets
Il fatturato generato ogni anno da queste attività è stato stimato9 intorno a 220 milioni di
sterline, in forte crescita (+32,5%) rispetto ai 166 milioni del 2002. Secondo un’indagine10 del
2002 realizzata dalla NFU (National Farmers Union), un’associazione di rappresentanza degli
9
Sector Briefing – Farmers’ Markets in the UK: Nine Years and Counting (2006).
10
Farmers’ Markets – A Business Survey, 2002.
34
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
agricoltori, presso i farmers’ markets presenti sul territorio inglese, in Gran Bretagna il reddito
medio annuo conseguito dai produttori attraverso questa modalità di vendita è stato calcolato
in circa 12.000 euro.
Organizzazione, regolamenti e tipologia di prodotti commercializzati
Il primo farmers’ market di Bath era gestito da una partnership tra autorità locale e attivisti
ambientali, dopodiché si sono sviluppate altre forme organizzative tenute da una molteplicità di
soggetti operatori; tra i principali si identificano autorità locali, gruppi di volontari, venditori
ambulanti, cooperative di produttori, imprese private, ecc..
Caratteristiche dei consumatori
Considerando il lato della domanda, nel 2002 si registrava una media di 2.000 visitatori per
ogni giornata di mercato, per un totale annuo di circa 15 milioni di consumatori che
frequentano i farmers’ market; di questi, il 60% sono acquirenti abituali dei mercatini. L’80%
dei consumatori effettua una spesa media per visita inferiore a 28 euro; la spesa media è di
circa 19 euro per ogni occasione di acquisto presso i farmers’ markets.
Figura 1.15 - Spesa media pro-capite dei visitatori dei farmers’ market nel Regno
Unito (2002)
da 29 a 48
euro; 20%
≤ 14 euro;
42%
da 14 a 28
euro; 38%
Fonte: Elaborazioni Nomisma su dati National Farmer Union.
Analizzando la tipologia dei visitatori, il 65% di essi è costituito da pensionati, il 32% da
famiglie, mentre i giovani single rappresentano solo il 3%. Essi hanno indicato tra le
motivazioni principali che li spingono ad effettuare acquisti nei farmers’ market, quelle legate
alla possibilità di acquistare un prodotto locale (indicata dal 93% dei consumatori) e fresco
(scelta dall’89% degli visitatori). Il 68% di essi lo fa anche perché può, in questo modo,
entrare in contatto diretto con il produttore dei cibi che acquista.
Caratteristiche fisiche dei farmers’ markets
La maggior parte di questi mercati hanno una media di 24 bancarelle, ma se ne possono
trovare alcuni con oltre 100. La frequenza di attività è variabile (mensile, quindicinale,
settimanale), anche se di recente si è registrato un aumento della cadenza; a Londra, ad
esempio, i mercati vengono realizzati con cadenza settimanale e hanno una durata compresa
tra le 4 e le 5 ore.
35
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
1.5.3 La vendita diretta in Francia
La Francia è impegnata sul fronte della vendita diretta con oltre 100 mila imprese coinvolte su
un totale di 650 mila unità, per un valore commercializzato pari a 3,6 miliardi di euro.
Una delle modalità di vendita diretta più diffuse è quella dei mercati degli agricoltori.
In particolare, le prime esperienze sono state realizzate 15 anni fa nel Dipartimento
dell’Aveyron. La formula ha subito diverse evoluzioni: da «Marché de pays» la denominazione
si è trasformata in «Marché de producteurs de pays» e infine in «Marché paysan».
Non si è trattato di una semplice evoluzione linguistica ma di una precisa strategia di
marketing: nei «Marché paysan» infatti sono presenti imprenditori agricoli che vendono
esclusivamente prodotti propri mentre negli altri casi viene lasciato spazio anche ad artigiani e
commercianti di prodotti locali.
Il ruolo di promozione e di coordinamento viene svolto, spesso, dalle Chambres d’agriculture
attraverso l’adozione di una carta degli impegni e di un regolamento, che devono essere
condivisi, di uno stesso logo e di campagne promozionali.
La carta degli impegni, nello specifico, precisa i requisiti di coloro che intendono partecipare ai
mercati, nonché il fatto che debbano essere agricoltori in attività iscritti alla Mutualité sociale
agricole (Msa), l’area geografica del mercato e i prodotti autorizzati alla vendita, con il divieto
di svolgere attività commerciali.
I mercati degli agricoltori necessitano di un’autorizzazione alla vendita e all’uso del suolo
pubblico.
I prodotti posti in esposizione e in vendita devono essere ottenuti con l’impiego di materie
prime aziendali e mediante processi di trasformazione non industriali, oltre a essere conformi
alle norme vigenti in materia di protezione dei consumatori e sicurezza igienico-sanitaria.
Inoltre quasi tutti i mercati prevedono momenti di animazione in quanto contribuiscono al loro
successo. Infine, un altro modello organizzativo che sta alla base di questa forma di vendita
diretta è quello del consorzio tra produttori locali: ogni produttore versa annualmente la
propria quota associativa necessaria per coprire le spese di gestione dei punti vendita e del
consorzio stesso. La divisione degli utili inoltre, viene operata in base al volume venduto da
ciascun socio.
36
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
2 LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
2.1
La vendita diretta in Lombardia: le dimensioni del fenomeno
Le dimensioni e le caratteristiche della vendita diretta sono in Lombardia aspetti tutt’ora poco
conosciuti, ma di importanza strategica per comprenderne le potenzialità e per supportarne lo
sviluppo con interventi adeguati.
I dati mostrano come il circuito breve di commercializzazione non sia una realtà di nicchia
nell’agricoltura lombarda, ma giochi un ruolo di rilievo nella valorizzazione dei prodotti e della
cultura agricola locale.
Nel 2005, le aziende agricole che vendevano direttamente i propri prodotti erano circa 3.450 pari al 9,5% del totale regionale pesando per il 2,2% sul totale delle imprese che realizzano
vendita diretta in Italia (160mila). Tali dimensioni si riferiscono ad imprese che realizzano la
vendita diretta in forma non prevalente (e quindi che commercializzano principalmente
all’ingrosso e/o tramite cooperative).
Di queste, il 73% (2.516 unità che incidono per il 6,9 % sul totale regionale) realizzavano
prevalentemente la vendita diretta intesa quindi come canale di commercializzazione
professionale e continuativo, vale a dire un’attività che affianca la produzione, in maniera
organica e strutturata. Queste ultime coprivano una superficie di circa 19.500 ettari (2% della
SAU regionale) ed erano in grado di generare un fatturato prossimo ai 170 milioni di euro
(2,9% della produzione della branca agricoltura in Lombardia).
Figura 2.1– Le aziende agricola che vendono direttamente in Lombardia (2005)
6.0006.500
6000
3.450
4000
2000
0
Aziende agricole con
vendita diretta (> 4
UDE)*
Aziende agricole con
vendita diretta**
Fonte: RICA-REA-ISTAT* e stime Nomisma** su dati RICA-REA-ISTAT*.
37
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
E’ importante sottolineare tuttavia, che le stime sono state elaborate sulla base delle
informazioni raccolte con la Rilevazione sui Risultati Economici delle Aziende Agricole (REA) e
con la Rilevazione della Rete Contabile Agricola (RICA) che prendono in esame solo le aziende
con dimensione economica superiore a 4 UDE11 (4.800 euro). Questo significa che rimangono
escluse molte imprese di piccole dimensioni per le quali la vendita diretta spesso rappresenta
un importante canale di commercializzazione. Espandendo quindi il campione all’universo delle
imprese agricole lombarde, emerge che il numero complessivo di aziende che adottano la
filiera corta raggiunge le 6.000-6.500 unità, pari a circa l’11% delle imprese agricole in
Lombardia.
Un’analisi più approfondita della struttura e delle performance delle imprese agricole che
realizzano la vendita diretta in Lombardia permette di delineare i contorni di questo fenomeno
con maggior precisione. I dati, raccolti su un campione rappresentativo di 768 aziende agricole
lombarde, forniscono le informazioni di base sui risultati economici dell’attività aziendale e
consentono di stimarne le principali variabili strutturali.
Tabella 2.1 – Indicatori strutturali e di redditività aziendale: un confronto tra aziende
che attuano la vendita diretta e le aziende agricole lombarde in generale (2005)
UM
Aziende con vendita diretta
(> 4 UDE)
Totale Aziende Lombardia
(>4 UDE)
Valori medi per azienda
SAU
ha
10,8
23,9
Capitale fondiario
€
602.761
1.216.356
Macchine e attrezzi
€
33.013
62.020
2.996
4.125
1,4
1,9
81.449
165.414
7.573
6.921
59.817
88.229
Ore totali di lavoro
ULA (unità di lavoro annuali)
PLV
€
PLV/SAU
€/ha
PLV/ULA
€
Costi variabili/SAU
€/ha
2.896
3.206
Costi fissi/SAU
€/ha
1.572
1.404
Reddito lordo
€
57.003
106.865
Reddito netto
€
40.092
73.309
Fonte: elaborazioni Nomisma su dati RICA-REA.
Dalla tabella 2.1 emerge in maniera chiara come le imprese agricole che realizzano la vendita
diretta in Lombardia risultino generalmente di dimensioni inferiori rispetto all’insieme delle
aziende lombarde. Questo aspetto si nota in particolare osservando il valore della Superficie
Agricola Utilizzata (SAU) che, nelle aziende che vendono direttamente, è significativamente
inferiore (10,8 contro 23,9 ettari).
11
Unità di Dimensione Economica (UDE) rappresenta l'unità di base per il calcolo della dimensione economica
aziendale; è l’unità di misura del Reddito Lordo Standard (RLS) di un’azienda agricola; 1 UDE è pari a 1.200 euro.
38
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Anche per quanto riguarda il “capitale fondiario” e il “capitale in macchine e attrezzi” si
riscontra una evidente differenza tra le due tipologie aziendali; in entrambi gli indicatori il
valore per le imprese con vendita diretta è circa la metà di quello per le aziende nel complesso,
a testimoniare la minore dimensione delle prime.
Il numero di ore impiegate nella conduzione dell’azienda – espresse anche in Unità di Lavoro
Annuale (ULA)12 – mette in evidenza l’apporto di manodopera necessario nelle due tipologie di
imprese, dimostrando che anche nell’azienda più piccola si richiede un impegno consistente.
Tutto ciò si riflette di conseguenza sulle dimensioni economiche delle aziende che praticano la
vendita diretta le quali, in termini assoluti, mostrano valori di Produzione Lorda Vendibile (PLV)
e di reddito (lordo e netto) nettamente inferiori.
Certamente le imprese di dimensioni superiori sono in grado di realizzare economie di scala
con maggiore facilità, tuttavia, l’analisi non si può limitare esclusivamente ad una
interpretazione superficiale delle singole variabili, ma deve essere condotta prendendo in
esame alcuni indici calcolati come rapporti tra i diversi parametri.
L’indicatore della PLV per unità di superficie misura la produttività della terra, e la sua analisi
viene affiancata a quella dell’indice PLV/ULA in quanto entrambi sono parametri fondamentali
che forniscono una prima indicazione sul grado di redditività dell’azienda.
In questo caso, il primo indicatore mette in mostra come le aziende che praticano la vendita
diretta siano in grado di generare un valore medio della produzione per ettaro più elevato
rispetto alla media lombarda (7.573 contro 6.921 euro rispettivamente).
Ciò può essere legato in parte alla tipologia di prodotti venduti – ortofrutta, prodotti lattierocaseari e trasformati di carne – che hanno un valore aggiunto più elevato rispetto alle
commodity e in parte alla possibilità per l’agricoltore di spuntare prezzi più elevati rispetto a
quelli che gli verrebbero corrisposti da una cooperativa o da un grossista.
Il rapporto tra PLV e ULA, che esprime la produttività del lavoro, pone l’accento sui limiti
collegati alle piccole dimensioni di queste imprese; l’efficienza economica di un addetto in
un’azienda con vendita diretta (circa 60.000 euro/ULA) risulta nettamente inferiore a quella
media in Lombardia (88.000 euro/ULA) probabilmente a causa delle maggiori difficoltà delle
prime a mettere in atto economie di scala.
E’ interessante osservare poi la relazione tra costi e unità di superficie; se da un lato i costi
fissi per ettaro risultano molto simili, i costi variabili per ettaro appaiono inferiori nelle imprese
con vendita diretta.
Con i dati a disposizione13 è possibile stimare la crescita del valore della vendita diretta in
Lombardia negli ultimi 3 anni.
Nel 2005, secondo i dati RICA-REA, considerando solo le aziende con più di 4 UDE che
praticano la vendita diretta in modo prevalente (circa 2.500 aziende), si stima un fatturato da
vendita diretta in Lombardia pari a circa 170 milioni di euro.
12
Una Unità di Lavoro Annuale è posta pari a 280 giornate lavorate nell’azienda. Le giornate lavorate sono intese come
giornate effettivamente lavorate di almeno otto ore. ULA consente confronti omogenei poiché rappresenta una misura
standardizzata del lavoro.
13
Per le stime sono stati considerati i dati RICA-REA-ISTAT e i dati provenienti dall’indagine sulle aziende agricole
lombarde che verranno ampiamente analizzati nel paragrafo 2.3.
39
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
La proiezione di tale dato al 2007, utilizzando i risultati dell’indagine sulle aziende, dà origine
ad un valore pari a circa 190 milioni di euro, con una crescita stimata, dal 2005 al 2007, pari a
circa il 10%.
Espandendo il risultato alle circa 6.500 aziende lombarde che praticano una qualsiasi modalità
di vendita diretta (senza limitazione dimensionale e non considerando il carattere di
prevalenza), si stima un valore complessivo 2007 di circa 387 milioni di euro (pari al 6,0%
della produzione lorda vendibile lombarda).
Considerando la spesa alimentare delle famiglie in Lombardia (463 euro mensili14), gli acquisti
diretti presso gli agricoltori pesano sul bilancio familiare per circa l’1,7% della spesa
alimentare. In valori assoluti, ciò significa che nel 2007 le famiglie lombarde in acquisti diretti
agroalimentari hanno speso circa 8 euro ogni mese.
Figura 2.2–Dimensioni economiche della vendita diretta in Lombardia (2007)
* L’incidenza del valore della produzione da vendita diretta sulla PLV della Lombardia deve essere considerato
come indicatore che fornisce un ordine di grandezza per comprendere la portata del fenomeno.
Fonte: elaborazioni Nomisma su dati indagine diretta sulle aziende agricole lombarde, RICA-REA,
Consumi delle famiglie - ISTAT.
14
Consumi delle famiglie - Istat, 2007.
40
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
BOX 1.4 – Il Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Lombardia– L’attenzione alla
filiera corta
Il PSR 2007-2013 della Regione Lombardia ha dedicato attenzione alla promozione della filiera corta
attraverso l’individuazione di alcune misure specifiche (121-123-311) che in modo particolare offrono
alle imprese agricole lombarde strumenti e risorse per il perseguimento degli obiettivi individuati
rispettivamente dall’Asse 1 (favorire la propensione all’innovazione e all’integrazione di filiera) e dall’Asse
3 (migliorare la qualità della vita nelle aree rurali e promuovere la diversificazione delle attività
economiche). De seguito si illustrano strategie e obiettivi di ciascun Asse e le principali caratteristiche
delle misure volte a sostenere la filiera corta.
Asse 1 - Strategia dell’asse: favorire negli imprenditori agricoli la piena consapevolezza delle dinamiche
di mercato ed una maggiore propensione all’innovazione ed integrazione di filiera.
Gli obiettivi specifici con cui viene perseguita la strategia sono:
- aumento delle capacità imprenditoriali e valorizzazione delle risorse umane che si realizza tramite le
attività di formazione, consulenza, ammodernamento delle aziende, sostegno alla creazione e sviluppo
delle imprese, formazione e informazione per la diversificazione dell’economia rurale e attuazione delle
strategie di sviluppo locale e l’integrazione con le iniziative del Fondo Sociale Europeo;
- valorizzazione dei giovani imprenditori che si realizza tramite l’aiuto per l’insediamento dei giovani
agricoltori, il piano di sviluppo aziendale, la possibilità di utilizzare uno specifico pacchetto di misure,
specifiche priorità e condizioni di favore da adottarsi nelle disposizioni attuative delle altre misure;
- sviluppo delle infrastrutture per il miglioramento della competitività delle aziende che operano in
montagna che si realizza tramite la realizzazione e manutenzione di opere di servizio e la tutela e
riqualificazione del patrimonio rurale;
- adeguamento delle infrastrutture irrigue e salvaguardia del territorio che si realizza tramite la
razionalizzazione del sistema irriguo, la salvaguardia e sistemazione idraulica del territorio ed i
pagamenti agroambientali;
- innovazione di processo e di prodotto e riconversione produttiva che si realizza tramite
l’ammodernamento delle aziende, l’accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali, la
cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti e l’integrazione con le iniziative del Fondo Europeo di
Sviluppo Regionale;
- stimolo alla gestione associata dell’offerta agricola e le relazioni di filiera che si realizza tramite
l’accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali, la cooperazione per lo sviluppo di
nuovi prodotti e la modalità dei progetti concordati;
- valorizzazione delle produzioni di qualità lombarde che si realizza tramite il sostegno agli agricoltori che
partecipano ai sistemi di qualità alimentare e l’attività di informazione e promozione dei prodotti
agroalimentari oltre che specifiche priorità da adottarsi nelle disposizioni attuative delle altre misure;
- diffusione di processi produttivi e prodotti di qualità che si realizza tramite l’ammodernamento delle
aziende, l’accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali, la cooperazione per lo
sviluppo di nuovi prodotti, e il sostegno agli agricoltori che partecipano ai sistemi di qualità alimentare e
l’integrazione con le iniziative del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale.
In questo asse alcuni fabbisogni di intervento che già sono stati evidenziati sono emersi come di
prevalente interesse dall’analisi e dalle consultazioni e vengono qui riportati :
- rafforzare e sviluppare l’integrazione di filiera (in particolare del settore lattiero-caseario)
- razionalizzare l’uso della risorsa irrigua
- sviluppare e consolidare la filiera corta.
Filiera corta - Il fabbisogno esprime la necessità di consentire un riavvicinamento da parte dei cittadini
consumatori alla dimensione produttiva agricola locale e a perseguire opportunità di maggiore reddito
per i produttori. Esso trova risposta attraverso specifiche azioni in grado di attivare iniziative per la
trasformazione e commercializzazione dei prodotti aziendali, l’allestimento di spazi vendita interaziendali,
la realizzazione di servizi collettivi per la creazione di reti di imprese inter e intra settoriali e di servizi
alla commercializzazione e promozione delle produzioni.
41
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Con riferimento a quanto emerso nell’analisi e nel corso delle consultazioni le caratteristiche e i
fabbisogni dei settori produttivi e delle diverse aree trovano, nelle priorità che di seguito vengono
esplicitate, specifiche indicazioni cui attenersi nel corso dello sviluppo del Programma.
Misure dedicate alla filiera corta nell’ambito dell’Asse 1
121-123 - Accrescere la solidità e la competitività delle imprese agro alimentari e forestali attraverso
un'integrazione di filiera in grado di garantire l'organizzazione dell'offerta, l'orientamento delle produzioni
base e l'avvicinamento di produttori e consumatori (filiera corta).
Misura 121 – Ammodernamento delle aziende agricole
Motivazione dell’intervento: miglioramento della competitività del settore agricolo in termini di crescita
occupazionale, sviluppo sostenibile, innovazione e crescita economica.
Obiettivo della misura: promuovere l’innovazione di processo e di prodotto e la riconversione produttiva
delle aziende agricole.
Beneficiari: Le imprese agricole, nella forma di impresa individuale o società agricola, ai sensi dell’art. 2
del d.lgs. 99/2004, titolari di partita IVA, iscritte presso la Camera di Commercio al Registro delle
Imprese – Sezione speciale imprenditori agricoli o Sezione coltivatori diretti o Sezione speciale imprese
agricole, nonché le imprese agricole nella forma società cooperativa agricola, titolari di partita IVA,
iscritte all’albo delle società cooperative di cui al D.M. 23 giugno 2004 “Istituzione dell'Albo delle società
cooperative, in attuazione dell'art. 9 del D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, e dell'art. 223 - sexiesdecies
delle norme di attuazione e transitorie del codice civile”. Le imprese agricole possono essere singole o
associate.
Tipologie di intervento: Sono ammesse al finanziamento le spese per: (omissis) c) la realizzazione e/o la
ristrutturazione degli impianti di trasformazione e commercializzazione dei prodotti purché di
provenienza aziendale per almeno i 2/3 di quelli utilizzati; (omissis).
Finanziamento: Spesa Pubblica Totale (€) 142.988.428 di cui FEASR 61.199.047
Misura 123 – Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali
Motivazione dell’intervento: Il sistema agro alimentare e forestale è caratterizzato da continui
cambiamenti che si riflettono negativamente sugli operatori del settore della produzione primaria
provocando un aumento dei costi di produzione e, soprattutto, una continua riduzione dei redditi
generando di conseguenza una perdita costante di addetti ed un inadeguato ricambio generazionale.
Anche per quanto attiene il comparto della commercializzazione e trasformazione dei prodotti agricoli lo
scenario di mercato vede la grande distribuzione assorbire sempre più rilevanti quote della catena di
valore del prodotto, con una progressiva riduzione dei margini per gli altri operatori del settore. Quanto
sopra si traduce in difficoltà per le imprese a mantenere un adeguato grado di competitività e di capacità
di accesso al mercato con ripercussioni negative in termini di remunerazione ai produttori di base e di
livelli occupazionali del settore stesso. La misura si propone pertanto di contribuire a creare un settore
agricolo e forestale più forte e dinamico incentrato sulle priorità della modernizzazione e dell’innovazione
delle catene agroalimentare e forestale, in coerenza con l’obiettivo comunitario di un utilizzo sostenibile
delle risorse naturali.
Obiettivo della misura: Obiettivi specifici del PSR: • Stimolare la gestione associata dell’offerta agricola e
le relazioni di filiera. Obiettivi operativi della misura. L’aiuto viene concesso per incentivare la
realizzazione di progetti che garantiscano l’attivazione di sinergie di raccordo tra le fasi di produzione,
commercializzazione e trasformazione dei prodotti agricoli e forestali primari per il conseguimento dei
seguenti obiettivi operativi: • accrescere la solidità, la competitività e la capacità di penetrazione nel
mercato delle imprese agro alimentari e forestali, attraverso un’integrazione di filiera, in grado di
garantire l’organizzazione dell’offerta dei prodotti, l’orientamento delle produzioni di base e
l’avvicinamento di produttori e consumatori (filiera corta); • incrementare il valore aggiunto delle
produzioni agro alimentari e forestali, incentivando l’introduzione di nuovi processi e tecnologie per lo
sviluppo di nuovi prodotti di qualità e la valorizzazione dei sottoprodotti, in particolare la creazione di
sistemi agro energetici ad uso aziendale; • rispondere alla crescente domanda del mercato di prodotti
che garantiscano il benessere e la salute dei consumatori, potenziando lo sviluppo e l’immissione sul
mercato di prodotti alimentari di alta qualità e ad elevati standard di sicurezza.
42
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Beneficiari: dei prodotti agricoli e forestali che sostengono l’onere finanziario delle iniziative. I beneficiari
sono: • micro, piccole e medie imprese così come definite dalla Raccomandazione 2003/362/CE; • le
altre imprese che occupano meno di 750 addetti o con un fatturato annuo inferiore ai 200 milioni di Euro
possono accedere all’aiuto con l’intensità massima dimezzata. Nel settore delle foreste il sostegno è
limitato alle microimprese. Il sostegno non può essere concesso ad imprese in difficoltà ai sensi degli
orientamenti comunitari sugli aiuti di stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.
Tipologie di intervento: Le spese ammissibili comprendono: • la costruzione, l’acquisizione o il
miglioramento di immobili; • l’acquisto di nuovi impianti e macchinari, ivi inclusi software per personal
computer fino al valore di mercato del bene; • costi connessi alle spese di cui ai punti precedenti, quali
gli onorari di architetti, ingegneri e le spese per consulenze (comprese quelle relative all’introduzione di
sistemi di gestione per la qualità, sistemi di gestione ambientale e sistemi di rintracciabilità), gli studi di
fattibilità, all’acquisizione di diritti di brevetti e licenze fino ad un massimo del 12%. La trasformazione
dei prodotti agricoli di cui all’allegato 1 del trattato in prodotti non compresi nel medesimo sono esclusi
dal sostegno. Sono esclusi dal sostegno i costi connessi al contratto di leasing, quali il margine del
locatore, i costi di finanziamento, costi indiretti ed assicurativi. Sono esclusi dal sostegno gli interventi di
sostituzione e gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. In particolare, è considerato
investimento di sostituzione, l’intervento che: • non modifica in modo significativo i costi di gestione; •
non apporta consistenti vantaggi ambientali e di risparmio energetico; • non migliora il benessere degli
animali in modo sostanziale. Gli investimenti connessi all’uso del legno come materia prima sono limitati
all’insieme delle lavorazioni precedenti la trasformazione industriale.
Finanziamento: Spesa Pubblica Totale (€) 55.831.479 di cui FEASR 23.895.873
Asse 3 - Strategia dell’asse: garantire la permanenza delle popolazioni rurali nelle aree svantaggiate
attraverso il potenziamento del contributo dell’agricoltura al miglioramento della qualità della vita e la
diversificazione dell’economia rurale per creare nuova occupazione.
Gli obiettivi specifici con cui perseguire la strategia sono:
- sostegno dello sviluppo integrato e multifunzionale delle attività agricole nelle zone rurali e in ritardo di
sviluppo che si realizza tramite la diversificazione in attività non agricole, il sostegno alla creazione e allo
sviluppo delle imprese, la tutela e riqualificazione del patrimonio rurale, l’attuazione delle strategie di
sviluppo locale e l’integrazione con le iniziative del FESR - sviluppo del turismo rurale e delle piccole
attività imprenditoriali collegabili che si realizza tramite l’incentivazione di attività turistiche e
l’integrazione con le iniziative del FESR - sviluppo della produzione di energie da fonti rinnovabili ed i
servizi connessi che si realizza tramite la diversificazione in attività non agricole
- attivazione di servizi essenziali a vantaggio della popolazione rurale e delle imprese locali che si
realizza tramite l’uso integrato delle specifiche misure dell’Asse.
In questo asse i fabbisogni emersi come di prevalente interesse dall’analisi e dalle consultazioni sono la
pluriattività agricola (sia in aree peri-urbane che collinari/montane) e un sostegno generalizzato per le
aree deboli.
Pluriattività - Il fabbisogno relativo alla pluriattività nelle imprese agricole è finalizzato al mantenimento
ed incremento dei redditi provenienti dal settore agricolo. Ciò avviene attraverso una diversificazione
orientata alla produzione di bioenergie, di servizi di ricettività e turistici, di servizi reali alla popolazione
ed agli Enti Locali e lo sviluppo di iniziative per migliorare la dotazione infrastrutturale in particolare
quella che si avvale di ICT a fini ricreazionali-ricettivi delle aree rurale e di promozione dell’offerta
turistica. Aree deboli - Il sostegno alle aree deboli è evidentemente motivato dalla necessità di garantire
una particolare attenzione ad aree del territorio regionale che presentano maggiori difficoltà ad
esprimere in forma compiuta le loro potenzialità.
Misure dedicate alla filiera corta nell’ambito dell’Asse 3
311 - diversificare l'attività agricola verso la realizzazione di attività produttive e di servizio (didattica,
filiera corta, servizi verdi ecc. ) utilizzando risorse umane e strumentali dell'azienda.
Misura 311 – Diversificazione verso attività non agricole
43
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Motivazione dell’intervento: La revisione della PAC con l’introduzione del “pagamento unico per azienda”
è stata orientata maggiormente verso gli interessi di consumatori e contribuenti, e tende a ridurre il
sostegno al reddito degli agricoltori nella forma tradizionale legata alla produzione. Questa nuova
impostazione sollecita il mondo agricolo ad una attenta valutazione delle potenzialità di sviluppo del
settore e ad orientare la propria attività conformemente alle esigenze del consumatore ed agli stimoli
provenienti dal mercato. In tal senso l’agricoltore è incentivato a diversificare la propria attività verso la
produzione di beni e servizi non tradizionalmente agricoli ma che con l’agricoltura condividono il contesto
della ruralità che assume una funzione primaria nel riequilibrio territoriale - in termini economici e
sociali- e nel presidio, tutela e valorizzazione delle risorse ambientali. La multifunzionalità
dell’agricoltura, compreso lo sviluppo della filiera bioenergetica per l’incremento della produzione di
energia da fonti rinnovabili, rappresenta un’opportunità economica molto importante per i conduttori
d’azienda e per l’intera famiglia agricola.
Obiettivo della misura: a) Obiettivi specifici del PSR: • Sviluppare il turismo rurale e le piccole attività
imprenditoriali collegabili; • sostenere lo sviluppo integrato e multifunzionale delle attività agricole nelle
zone rurali ed in ritardo di sviluppo. • Sviluppare la produzione di energie da fonti rinnovabili e servizi
connessi. b) Obiettivi operativi della misura: la misura si prefigge di sostenere le aziende agricole nella
diversificazione delle loro attività con l’obiettivo di integrare il reddito aziendale/familiare, attraverso lo
svolgimento di attività non tradizionalmente agricole, ma connesse al settore primario in quanto svolte
utilizzando prevalentemente attrezzature e risorse afferenti all’attività agricola. Ci si propone quindi di
riconoscere all’azienda agricola nuovi di ruoli in campo sociale, nell’educazione alimentare ed ambientale
(fattorie didattiche), artigianale, commerciale, di manutenzione del territorio/paesaggio, turistico, di
produzione di energia, ecc.. In particolare, i programmi di intervento perseguono i seguenti obiettivi:
1. valorizzare le risorse umane, strutturali e i beni delle aziende agricole, ed il recupero del patrimonio
edilizio aziendale agricolo-rurale; 2. consentire di integrare il reddito aziendale/familiare attraverso le
opportunità economiche offerte dalla nuova domanda espressa dai consumatori relativamente a beni e
servizi rurali non tradizionalmente agricoli; 3. favorire la permanenza della popolazioni nei territori rurali,
in particolare nelle aree più marginali e svantaggiate, promuovendo le opportunità occupazionali; 4.
riconoscere nuovi ruoli e funzioni all’impresa agricola, con compiti di presidio, tutela e valorizzazione
delle risorse culturali e ambientali, favorendo lo sviluppo in ambito rurale di attività a carattere turistico,
sociale, didattico, energetico e commerciale; 5. sostenere le aziende agricole nel processo di
diversificazione ed ampliamento della loro attività, sviluppando la capacità di produzione di beni e servizi
extra-agricoli, in particolare a riguardo di: a. energia da fonti rinnovabili; b. agriturismo e piccole attività
imprenditoriali collegabili; c. integrazione e multifunzionalità delle attività agricole nelle zone rurali e in
ritardo di sviluppo.
Tipologie di intervento: (omissis) 3. Altre attività di diversificazione (turismo rurale, fattorie didattiche,
filiera corta, ecc.) Investimenti per la modifica ed il recupero di strutture aziendali e fabbricati rurali e
l’acquisto di strumentazione ed attrezzature al fine di: a. creare percorsi in azienda, piste ciclabili,
percorsi vita, itinerari didattico-naturalistici; b. realizzare attività di custodia, pensione e servizi per gli
animali domestici e i cavalli; c. consentire l’ospitalità in azienda per l’attività didattica e di divulgazione
naturalistica e agroambientale rivolte in particolare a scolaresche o gruppi, la cura e custodia di bambini
(agrinidi), il recupero e re/inserimento di persone socialmente deboli (fattorie sociali; ospitalità a favore
di anziani, minori, diversamente abili, persone in terapia, ecc.); d. adeguare i servizi igienico sanitari,
anche per persone diversamente abili, e migliorare i requisiti di sicurezza e di prevenzione dei rischi
legati all’attività di diversificazione in azienda, con l’adozione di sistemi avanzati e superiori ai livelli
stabiliti dalla legge e. realizzare investimenti aziendali connessi e complementari alle iniziative di turismo
rurale e dei servizi essenziali promosse da enti pubblici e associazioni nell’ambito delle misure 313 e
321.
Beneficiari: a. Le imprese agricole, nella forma di impresa individuale o società agricola, nonché nella
forma di società cooperativa agricola. b. I soci, persone giuridiche che esercitano un'attività agricola in
azienda o persone fisiche, di una società agricola o di una cooperativa agricola. c. I familiari conviventi,
ad esclusione dei lavoratori agricoli, del titolare di impresa agricola individuale o dei soci di cui al punto
b, che collaborino all’attività di impresa agricola stessa. Per gli interventi di cui al punto “2-Agriturismo” i
beneficiari sono solo quelli al punto a.).
Finanziamento: Sostegno pubblico totale (€) 53.204.485 di cui FEASR (€) 23.675.996
44
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
2.2
I mercati degli agricoltori in Lombardia
Già oggi, il modello di vendita in mercati degli agricoltori si è diffuso con successo sul territorio
lombardo. Questa è una realtà in rapida evoluzione. Attualmente15, si stima siano attivi in
Lombardia 34 mercati a vendita diretta localizzati prevalentemente (45%) nelle province di
Milano e Mantova mentre i rimanenti sono distribuiti in maniera omogenea tra le altre province
(figura 2.3).
Una serie di domande poste ai produttori agricoli nell’ambito dell’indagine diretta sulle aziende
agricole lombarde ha permesso di estrapolare alcune informazioni su caratteristiche e
peculiarità di ciascun mercato permettendo di fornire un quadro più dettagliato del fenomeno.
Figura 2.3- Distribuzione dei mercati a vendita diretta nelle province lombarde
Pavia
9%
Varese
3%
Brescia
9%
Bergamo
12%
Milano
24%
Como
9%
Mantova
21%
Cremona
9%
Lecco
6%
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
Dalla tabella 2.2 emergono infatti alcune differenze sostanziali ma anche diversi punti in
comune tra i mercati degli agricoltori lombardi.
15
Il dato potrebbe non essere esaustivo poiché la realtà dei mercati a vendita diretta è in rapida evoluzione ed è
quindi difficile poter avere una fotografia precisa. I numeri di riferimento sono comunque aggiornati al 30 settembre
2008.
45
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
La frequenza e le giornate in cui vengono proposti questi eventi varia da mercato a mercato
passando da una cadenza settimanale ad una quindicinale o mensile. In alcuni casi vengono
realizzati solamente in determinati periodi dell’anno o in corrispondenza di particolari fiere o
sagre.
Prendendo in esame le valutazioni espresse dagli stessi produttori sui mercati in cui si trovano
ad operare, si denotano alcuni punti di forza tra cui i migliori margini di guadagno che possono
scaturire da questa attività. I maggiori incassi sono legati alla buona affluenza di visitatori,
spesso determinata a sua volta da una posizione favorevole nel centro urbano di riferimento.
E’ interessante notare inoltre come gli stessi agricoltori valutino positivamente l’opportunità
che viene loro data di entrare in contatto diretto con il consumatore, spesso interessato a
conoscere l’azienda e i processi produttivi.
Dall’altro lato, sono emersi, solo in pochi casi, alcuni punti di debolezza di tali mercati. In
primo luogo, è stata segnalata la scarsa costanza nella presenza dei produttori alcuni dei quali
non frequentano il mercato con regolarità, venendo in qualche modo meno le opportunità di
fidelizzazione nei confronti degli utenti. A ciò si aggiungono i costi di gestione e il maggior
impegno che viene richiesto all’agricoltore rispetto alla normale attività di coltivazione e
allevamento.
Gli aspetti più generali, non legati necessariamente al singolo mercato, verranno ulteriormente
sviluppati nel paragrafo successivo in cui sono illustrati tutti i risultati dell’indagine sulle
aziende agricole lombarde.
46
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Tabella 2.2 - I mercati a vendita diretta della Lombardia *
Comune
PR
Mercato
Frequenza
Giornata
Durata
Area
Organizzazione
Brescia
Lonato
Sale Marasino
BS
BS
BS
Mercato 47
Mercatino degli agricoltori
Mercato a km zero
Settimanale
Mensile
Settimanale
Venerdì
Domenica (II)
Sabato
Pomeriggio
Mattina
Mattina
Privata
Privata
Pubblica
Centro Sociale
Bergamo
BG
Farmers’ market
Settimanale
Venerdì
Mattina
Pubblica
Coldiretti
Lovere
BG
Farmers’ market
Settimanale
Mercoledì
Mattina
Pubblica
Comune, Coldiretti
Treviglio
BG
Farmers’ market
Settimanale
Mercoledì
Mattina
Pubblica
Coldiretti
Occasionale
Domenica
Mattina
Bisettimanale
Martedì (I e III)
Mattina
Pubblica
Coldiretti
Bisettimanale
Sabato (II e IV)
Mattina
Pubblica
Coldiretti
Bisettimanale
Sabato (I e III)
Mattina
Pubblica
Coldiretti
Mensile
Mensile
Bisettimanale
Domenica (II)
Sabato
Domenica (I e III)
Mattina
Mattina
Mattina
Pubblica
Pubblica
Pubblica
Coldiretti
Coldiretti
Coldiretti
Intera giornata
Clusone
BG
Cantù
CO
Lomazzo
CO
Olgiate Comasco
CO
Cremona
Casalmaggiore
Crema
Lecco, Mandello,
Calolziocorte, Oggiono,
Calatenuovo
CR
CR
CR
LC
Carovana dei produttori
agricoli
Settimanale (a
rotazione)
Variabile
Osnago
LC
Mercato agricoltori lecchesi
2 v. settimana
Mercoledì e Sabato
Milano
Milano
MI
MI
Farmers’ market
Farmers’ market
Settimanale
Mensile
Mercoledì
Sabato (II)
Pomeriggio e
intera giornata
Mattina
Mattina
Milano
MI
Mercato contadino
Mensile
Mercoledì (I)
Melegnano
Pessano con Bornago
Cesano Boscone
Gorgonzola (SOSPESO)
Vimercate
Mantova
Asola
Castiglion delle Stiviere
Ostiglia
Sermide
Suzzara
Viadana
Pavia
Vigevano
Voghera
Luino
MI
MI
MI
MI
MI
MN
MN
MN
MN
MN
MN
MN
PV
PV
PV
VA
Mercato a km zero
Mercato agricolo
Farmers’ market
Farmers’ market
Mercato contadino
Mercato contadino
Mercato contadino
Mercato contadino
Mercato contadino
Mercato contadino
Mercato contadino
Mercato a impatto zero
Farmers’ market
Farmers’ market
Mercato dei produtt. locali
Mensile
Mensile
Mensile
Mensile
Mensile
Settimanale
Settimanale
Settimanale
Settimanale
Settimanale
Settimanale
Settimanale
Settimanale
Mensile
Mensile
Settimanale
Domenica (III)
Sabato
Domenica (II)
Domenica (I)
Sabato (IV)
Sabato
Mercoledì
Giovedì
Sabato
Domenica
Venerdì
Mercoledì
Sabato
Domenica (IV)
Domenica (II)
Mercoledì
Agrimercato degli agricoltori
comaschi
Agrimercato degli agricoltori
comaschi
Agrimercato degli agricoltori
comaschi
Farmers market
Mercato contadino
Farmers market
Comune, Coldiretti
Buona visibilità ed affluenza
Località turistica
Buona affluenza, posizione centrale, ma
poco pubblicizzato
Strutture soddisfacenti ma affluenza non
adeguate alle esigenze degli agricoltori
Buona affluenza, buona posizione, poca
costanza nella presenza delle aziende
Buona affluenza, poca costanza nella
presenza delle aziende
Buona remuneratività
Provincia, Cons. imprenditori
agricoli
Pubblica
Cons. imprenditori agricoli
Pubblica
Pubblica
Coldiretti, Consorzio agrario
Coldiretti
Mattina
Pubblica
Cia
Mattina
Mattina
Intera giornata
Pubblica
Pubblica
Pubblica
Pubblica
Pubblica
Pubblica
Pubblica
C.comm.le
Pubblica
Pubblica
Pubblica
Pubblica
Privata
Pubblica
Pubblica
Pubblica
Cia
Coldiretti
Intera giornata
Mattina
Mattina
Mattina
Mattina
Mattina
Mattina
Mattina
Mattina
Mattina
Mattina
Intera giornata
Opinioni rilevate presso gli
agricoltori **
Coldiretti
Coldiretti
Cons. operatori agrituristici
Cons. operatori agrituristici
Cons. operatori agrituristici
Cons. operatori agrituristici
Comune
Comune e Associazioni di cat.
Comune e Associazioni di cat.
Coldiretti
Coldiretti
Coldiretti
Associazione di produttori
Elevata affluenza di pubblico
Ottimo contatto con i consumatori,
difficoltà burocratiche
Buona partecipazione di consumatori
Posizione poco favorevole
Ottima risposta dei consumatori
Ottimo contatto con i consumatori
Consumatori poco attenti alla qualità
Recente costituzione
* La tabella rappresenta una fotografia al 30 settembre 2008. Il fenomeno è in continua evoluzione; potrebbero pertanto essere avvenute alcune variazioni, nel corso dei mesi, anche in relazione alle
caratteristiche dei mercati stessi e le informazioni raccolte potrebbero non essere esaustive. ** Indicazioni emerse nell'ambito dell'indagine sugli agricoltori.
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
BOZZA
47
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
2.3
L’indagine sulle aziende agricole Lombarde: metodologia e profilo del
campione
L’indagine sulla vendita diretta si è rivolta alle aziende agricole lombarde che, tra le modalità di
commercializzazione, utilizzano la vendita senza intermediari in una delle sue possibili forme
(in azienda, in mercati rionali, in mercati di agricoltori, e-commerce, durante fiere e sagre,
ecc.).
L’indagine ha seguito un piano di campionamento complesso che ha definito le ‘regole’ da
seguire per selezionare le aziende del campione. E’ stato infatti adottato un campionamento
stratificato in base a due variabili: provincia ed orientamento produttivo prevalente
dell’azienda.
Per assicurare precisione dei risultati raccolti, l’indagine ha coinvolto l’effettivo responsabile
della gestione dell’impresa agricola e si è basata sulla realizzazione di interviste telefoniche o
face to face16, sulla base di un questionario strutturato a prevalente risposta chiusa, composto
da 5 sezioni tematiche:
1. Le modalità di vendita diretta;
2. La dimensione economica della vendita diretta;
3. La vendita diretta nei mercati;
4. Verifica di alcune ipotesi di sviluppo della vendita diretta in mercati contadini;
5. Il profilo dell’azienda.
L’indagine ha complessivamente coinvolto 492 aziende agricole; il tasso di campionamento è
pertanto molto ampio (pari al 7-8% dell’universo di riferimento –composta da circa 6.500
aziende). L’errore delle stime ad un livello fiduciario del 95% è inferiore al 4%.
L’indagine rappresenta quindi un patrimonio importante per la conoscenza del fenomeno
oggetto di studio; per le modalità organizzative adottate e per l’ampia dimensione
campionaria, i risultati sono infatti da considerarsi rappresentativi anche per l’universo di
riferimento.
2.3.1 Il profilo del campione di indagine
Riflettendo la struttura agricola nel suo complesso, la maggior parte delle aziende agricole
lombarde con vendita diretta è guidata prevalentemente da un conduttore maschio (77%).
Rispetto alla distribuzione per classe d’età, le aziende lombarde che svolgono vendita diretta
sono nettamente sbilanciate verso le classi più giovani: ben il 43% delle aziende con vendita
diretta è condotta da agricoltori con meno di 35 anni, contro il 20% del totale delle aziende
agricole lombarde.
16
L’indagine è stata realizzata grazie alla preziosa collaborazione delle organizzazioni agricole lombarde (Coldiretti,
Confagricoltura, Cia) che hanno contribuito sia alla fase di progettazione che alla realizzazione dell’indagine. A tutti
coloro che hanno partecipato attivamente a tale attività (coordinatori e intervistatori) va chiaramente rivolto un sentito
ringraziamento.
48
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Al contrario la percentuale di imprenditori agricoli con 65 anni o più è decisamente più bassa
(9% contro un 36% sul totale). L’età media, più bassa rispetto al sistema agricolo nel suo
complesso, supera di poco i 47 anni.
Figura 2.4 – Confronto per età del conduttore tra totale aziende agricole lombarde
e aziende agricole con vendita diretta (%)
40
35,6
31,9
35
28,0
30
24,8
25
20
15
10
20,1
15,2
14,6 13,6
9,1
5,9
5
0
<35
35-44
45-54
Totale az. Agricole lombarde
55-64
>=65
Az. agr. con vendita diretta
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia e
Eurostat.
Oltre la metà dei conduttori agricoli possiede almeno un diploma e circa il 7% ha conseguito
una laurea. Da notare anche la percentuale (14%) di coloro che possiedono un titolo di studio
pertinente all’attività svolta: l’11% possiede un diploma di perito agrario, il 3% una laurea in
agraria o veterinaria.
Figura 2.5 – Titolo di studio del conduttore (%)
60
50
46,1
46,1
40
30
20
11,2
6,7
10
3,0
0
Elem.
Media
Diploma
di cui:
perito
agr.
Laurea
di cui:
agraria o
vet.
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
49
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
La quota di aziende con vendita diretta che presenta dimensioni fondiarie rilevanti è superiore
rispetto al totale delle aziende agricole lombarde: circa il 18% ha una superficie agricola
superiore a 50 ettari contro il 9% del totale.
Rispetto alle dimensioni economiche, le aziende agricole lombarde con vendita diretta hanno
per lo più un fatturato inferiore a 50 mila euro (40%). Rilevante è, tuttavia, anche la quota al
di sopra a 250 mila euro, pari a circa il 12%.
Si tratta soprattutto di aziende a conduzione diretta con utilizzo di manodopera esclusivamente
(62%) o prevalentemente familiare (25%).
Figura 2.6 – Confronto per dimensioni poderali tra totale aziende agricole lombarde
e aziende agricole con vendita diretta (%)
60
Totale az.agricole
50,6
50
40
Az.agr. con vendita diretta
32,6
29,7
30
31,9
17,4
20
11,9
11,5
10
6,2
5,6
2,7
0
0-5 ha
6-20 ha
21-50 ha 51-100 ha
100+ ha
Fonte:indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia e
Istat.
Figura 2.7 – Classi di fatturato delle aziende agricole lombarde con vendita diretta
(%)
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
39,6
24,2
<50m ila €
51-100
m ila €
11,0
11,4
11,8
101-160
m ila €
161-250
m ila €
>251 m ila
€
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
Il 61% delle aziende lombarde che esercita la vendita diretta pratica prevalentemente
agricoltura convenzionale; il 19% delle aziende è dedita in maniera prevalente a produzioni
con marchio a denominazione (DOP-IGP e DOC-DOCG-IGT). Anche la produzione biologica ha
50
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
una sua rilevanza: circa il 9% produce prevalentemente seguendo tale disciplinare.
Indipendentemente dalla prevalenza, circa il 40% realizza produzioni certificate.
Tabella 2.3 – Tipologia di produzione delle aziende agricole con vendita diretta
%
61,4
18,9
9,6
8,9
1,2
100
Convenzionale
Marchi DOP-IGP-DOC-DOCG
Integrata
Biologica
Non risponde
Totale
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
La vendita diretta rappresenta il canale di commercializzazione prevalente per il 71% delle
aziende. Tra gli altri canali utilizzati, si distingue l’ingrosso (canale principale per l’11% delle
aziende e comunque utilizzato dal 25%). Segue il conferimento a cooperative (6% come
canale principale e 10% sul totale dei canali tuilizzati).
Si rilevano tuttavia differenze notevoli per settore: il vitivinicolo si caratterizza per una quota di
fatturato molto elevata derivante dalla vendita diretta, pari in media a oltre l’80%. Tale canale
ha un peso molto rilevante anche per la zootecnia da carne e il settore “altro”, rappresentando
rispettivamente il 76% e il 78% del fatturato. Per il lattiero-caseario invece, oltre alla vendita
diretta (che rappresenta il 71% del fatturato), è importante la quota derivante dal
conferimento a cooperative, canale principale per 15% delle aziende.
Diversa la distribuzione del fatturato per canale dei settori ortoflorofrutticolo e seminativo, per
i quali la vendita diretta rappresenta rispettivamente il 57% e il 51%. L’ortoflorofrutticolo in
particolare commercializza il 26% del fatturato attraverso la vendita all’ingrosso, di cui i
mercati ortofrutticoli rappresentano una fetta importante (16%). I seminativi invece vendono
più del 20% del fatturato a imprese di trasformazione e circa il 18% all’ingrosso.
Praticamente nulla la percentuale di aziende che vende direttamente i propri prodotti all’estero.
Tabella 2.4 – Principali canali di commercializzazione dei prodotti aziendali in
relazione al valore della produzione
a
Vendita diretta
Ingrosso
Conferimento a cooperative
Imprese della trasformazione
Mercati ortofrutticoli all’ingrosso
Grande distribuzione/catene distributive
Export diretto
Altro Specificare
Non risponde
Totale
1 risposta
%
70,7
11,0
5,9
3,9
3,7
3,0
0,4
1,0
0,4
100,0
Multipla
%
100,0
24,7
10,4
8,4
8,0
9,2
1,6
1,8
0,4
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
51
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
L’attività di vendita diretta è stata introdotta recentemente dal 10% delle aziende, un quarto la
pratica da meno di 5 anni. Una quota più elevata (33%) ha fatto della vendita diretta un
canale privilegiato per l’accesso al mercato da oltre 15 anni. Nella maggior parte dei casi non si
tratta quindi di una pratica recente.
Figura 2.8 – Da quanti anni l’azienda ha introdotto modalità di vendita diretta? (%)
Media:
15 anni
f ino a 2
anni; 10,4
Non
risponde;
1,0
3-5 anni;
15,0
più di 15
anni; 33,1
6-15 anni;
40,4
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
La vocazione multifunzionale delle aziende si traduce anche, in alcuni casi, in una introduzione
di servizi che esulano l’attività strettamente produttiva. Tra questi si distinguono l’attività
agrituristica e l’introduzione di fattorie didattiche.
Il 17% delle aziende con vendita diretta solve anche attività agrituristiche, prevalentemente
rivolte al servizio di sola ristorazione (7% delle aziende agricole lombarde con vendita diretta)
o al servizio misto di ristorazione e pernottamento (6%).
Circa il 9% delle aziende ha integrato l’attività con la creazione di fattorie didattiche, che
accogliendo scuole e gruppi di interesse, nascono dalla necessità di comunicazione diretta fra
l'agricoltore e rappresentano un momento di collegamento tra città e campagna.
Figura 2.9 – Multifunzionalità delle aziende agricole lombarde con vendita diretta
(%)
fa attività agrituristica?
100
è una fattoria didattica?
100
82,7
80
80
60
60
40
17,3
20
90,7
40
9,3
20
0
0
No
Si
No
Si
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
52
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
L’attività multifunzionale delle aziende agricole lombarde con vendita diretta si esercita
chiaramente anche attraverso la produzione e la valorizzazione dei prodotti del territorio. Il
19% delle aziende produce vini a marchio di denominazione di origine; il 10% produce invece
a marchio DOP-IGP (cfr. tabella 2.3). Il biologico coinvolge un gruppo di aziende con
dimensione analoghe.
2.4
Le modalità e la dimensione economica della vendita diretta dell’azienda
Tra le motivazioni per cui le aziende agricole lombarde hanno introdotto la vendita diretta
emerge in linea generale l’esigenza di una maggiore redditività aziendale.
Circa l’81% delle aziende individua elementi riconducibili a tale fattore, declinato secondo
diverse accezioni. Tramite la vendita senza intermediazioni si ricerca soprattutto stabilità del
reddito aziendale (40% sulle prima risposta in ordine di importanza) e una possibilità di
spuntare un prezzo superiore rispetto a quello ottenuto negli altri canali (27%). Tra gli altri
elementi che concorrono al miglioramento della performance aziendale vengono riconosciuti la
possibilità di ottenere un incasso immediato (8%) e di creare una opportunità di lavoro per i
familiari (6%).
Oltre alle motivazioni strettamente attinenti alla redditività, vi sono fattori riconducibili ad
aspetti maggiormente legati alle opportunità di promozione aziendale, che è citata,
considerando tutte le sue possibili declinazioni, dal 17% delle aziende.
Figura 2.10 – Motivazioni dell’introduzione della vendita diretta
(prima risposta in ordine di importanza, %)
0
10
20
30
Maggiore stabilità al reddito
40,4
Spuntare un prezzo superiore
27,4
Avere un incasso immediato
7,7
Creare una opport. di lavoro ai
f amiliari
5,9
Far conoscere il nome
dell’azienda
Sbocco di mercato a prodotti
altrimenti non vendibili
REDDITIVITA'
81%
7,1
Fare conoscere i prodotti locali
Far apprezzare prod. di stagione
40
4,7
2,6
PROMOZIONE
17%
2,4
Altro
1,0
Non risponde
0,6
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
53
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Tra le diverse forme prevale la possibilità di far conoscere il nome e l’immagine dell’azienda
(7%), di consentire una maggior conoscenza dei prodotti del territorio (5%), di consentire un
ritorno ad abitudini alimentari che privilegiano prodotti di stagione o con una giusta
maturazione (3%) e di trovare uno sbocco per prodotti altrimenti difficilmente vendibili (2%).
Se si incrociano poi le motivazioni con gli orientamenti produttivi delle aziende si nota come le
aziende specializzate in seminativi (49%), vino (47%) e zootecnia da carne (43%) siano
maggiormente sensibili alla possibilità di conferire maggiore stabilità al reddito mediante la
vendita diretta.
Viceversa i produttori ortofrutticoli (35%) e gli allevatori di bestiame da latte (34%) appaiono,
rispetto ai colleghi, maggiormente focalizzati a spuntare prezzi superiori rispetto agli altri
canali di commercializzazione. Interessante anche il dato dei viticoltori relativamente alla
possibilità di far conoscere il nome aziendale; per il 16% di essi è la prima ragione che li ha
spinti ad implementare modalità di vendita diretta.
Per molte aziende la vendita diretta costituisce quindi un’importante via d’accesso al mercato
finale e quindi un’opportunità per l’azienda stessa. Tale indicazione si conferma anche
dall’analisi del fatturato commercializzato tramite la vendita diretta. Una quota rilevante di
aziende fa della vendita diretta una modalità di commercializzazione pressoché esclusiva dei
propri prodotti: per il 35% delle aziende lombarde il fatturato aziendale afferisce
completamente (100%) a tale canale di vendita. La stessa percentuale supera il 43% per le
aziende vitivinicole, lattiero-caseario e del settore “altro”.
Tabella 2.5 – Incidenza della vendita diretta sul totale fatturato azienda
Fino al 25%
Dal 25% al 50%
Dal 50% al 75%
Dal 75% al 99,9%
100%
Non risponde
Totale
%
17,5
14,6
12,6
18,3
34,8
2,2
100,0
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
Se si considerano le sole aziende multi-canale (circa il 63%), la vendita diretta assume
comunque un ruolo rilevante: mediamente, tramite tale canale “passa” il 52% del fatturato
dell’azienda; il restante 48% deriva invece dalla vendita tramite altre modalità di
commercializzazione.
54
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Figura 2.11 – Stima del fatturato medio da vendita diretta per le aziende multicanale
(%)
Fatturato
aziendale
derivante
da altri
canali
48%
Fatturato
derivante
da vendita
diretta
52%
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
Per definire meglio i contorni del fenomeno occorre integrare tale informazione osservando ciò
che accade nelle diverse tipologie aziendali.
La quota di fatturato ottenuto da vendita diretta assume, come era lecito
correlazione con la dimensione economica dell’azienda. Nelle aziende
dimensioni la quota commercializzata direttamente è pari al 70-80%
aziende più strutturate tale quota, seppur rilevante, si riduce mediamente
attendersi, una forte
di piccole e medie
del fatturato; nelle
al 20-30%.
Altre considerazioni possono essere tracciate poi relativamente alla tipologia produttiva
prevalente. Aziende vitivinicole e zootecniche da carne hanno quote superiori al 70% di
fatturato commercializzato senza intermediari.
Figura 2.12 – Incidenza media del fatturato da vendita diretta sul fatturato totale per
dimensione aziendale e tipologie produttive (%)
100%
80,4
72,0
60,1
56,4
80%
100%
52,7
35,7
60%
77,0
76,0
80%
26,0
40%
70,0
66,0
59,0
53,0
60%
40%
20%
20%
seminativo
ortofrutticolo
zootec. latte
zoot. carne
altro
0%
vitivinicolo
>1m ln €
501m ila-1 mln €
251-500mila €
161-250mila €
101-160mila €
51-100mila €
<50m ila €
0%
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
L’attività di vendita diretta viene esercitata attraverso differenti modelli.
La vendita in azienda è senz’altro il modello maggiormente diffuso: il 91% delle aziende che
vendono direttamente lo fanno anche in azienda. Tale modalità si rivolge quasi esclusivamente
a consumatori e famiglie anche se la metà delle aziende che usa tale modalità vende, più
saltuariamente, anche a turisti.
55
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
In realtà in Lombardia il modello di vendita diretta di prodotti agroalimentare è assai più
complesso e prevede l’integrazione di diverse modalità di vendita.
Solo il 27% usa la vendita in azienda come modalità pressoché esclusiva. Tra gli altri modelli è
decisamente diffusa la vendita senza intermediari a negozi al dettaglio o supermercati locali
(44%) e a ristoranti e ad altre tipologie di pubblici esercizi (45%).
Tali formule rappresentano un’ulteriore incentivazione dei prodotti a “chilometro zero”. Quasi la
metà (43%) delle aziende vende i prodotti sfruttando le occasioni offerte da sagre e feste di
paese. Esiste inoltre un gruppo di aziende che usa la vendita diretta secondo formule più
“strutturate” attraverso la partecipazione a mercati di soli agricoltori (14%) o a mercati misti di
tipo rionale (13%). Infine, seppur meno diffuse, vi sono altre modalità che offrono agli
agricoltori l’opportunità di vendere direttamente: l’e-commerce (8%), i mercati ortofrutticoli
(8%), la vendita per corrispondenza (7%) o lungo le strade (3%).
Figura 2.13 - Oggi l'azienda vende direttamente senza intermediari i propri prodotti
… (%)
0
10
20
30
40
50
60
70
80
49,0
... in azienda, a turisti?
44,5
... a ristoranti, bar e altri pubblici esercizi?
... a negozi al dettaglio e/o supermercati locali?
43,5
... durante feste/sagre di paese, manifestazioni fieristiche
o altri momenti simili?
43,3
... in mercati contadini (in cui sono presenti SOLO
produttori) organizzati su aree pubbliche/private?
13,8
... in mercati rionali (presenti sia produttori che
commercianti) organizzati su aree pubbliche/private?
13,0
... tramite internet (E-commerce)?
8,3
... agli utenti di mercati ortofrutticoli all'ingrosso (ad
esempio dettaglianti o consumatori) in aree dedicate ai
produttori?
7,5
... tramite corrispondenza?
7,1
... con formule diverse da quella appena elencate?
100
91,3
... in azienda, a consumatori, famiglie, gruppi di acquisto?
... con un furgone/auto posizionato lungo le strade o in
altre aree pubbliche?
90
3,3
8,3
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
Attenzione particolare merita il settore vitivinicolo, che si distingue per un modello diverso di
vendita diretta, molto più orientato alla vendita a turisti, praticata dal 70% delle aziende, ed a
ristorazione e pubblici servizi (77%). Diffusa è anche la vendita on-line (20%) o per
corrispondenza (19%), mentre più bassa è l’incidenza di aziende che vendono in mercati
rionali (7%) o degli agricoltori (8%).
56
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
All’opposto la zootecnia da carne si distingue per la quota più elevata di preferenze per la
vendita nei mercati degli agricoltori (23%) e rionali (17%).
Considerando la distribuzione del fatturato tra le diverse tipologie, si conferma l’importanza
della vendita in azienda: in media circa il 63% del fatturato da vendita diretta viene ottenuto
secondo tale modalità; la percentuale sale al 70% tra le aziende del settore altro e al 66% per
i seminativi e la zootecnia da latte. Gli altri canali di vendita diretta vanno a costituire
mediamente quote di fatturato decisamente inferiori, pur con alcuni distinzioni per alcuni
settori: tra questi, il fatturato che deriva dalla vendita a negozi al dettaglio è mediamente pari
al 10% (14% nell’ortoflorofrutticolo); per ristoranti e pubblici esercizi si raggiunge un peso pari
all’8%, che sale al 17% nel settore vitivinicolo.
Figura 2.14 – Fatturato medio da vendita diretta per tipologia di canale (%)
Furgone lungo
strade
0,4%
Internet /Corrisp.
1%
In azienda
63%
Mercati rionali
3%
Mercati contadini
4%
Feste/sagre
5%
Altro
6%
Ristoranti e pubbl.
es.
8%
Negozi dettaglio
10%
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
Consumatori e famiglie si confermano i principali clienti anche in termini di fatturato aziendale:
i prodotti venduti a tale tipologia di cliente rappresentano infatti in media il 71% del fatturato
delle aziende lombarde che vendono direttamente. Segue la vendita ad esercizi commerciali
(20% del fatturato), tra cui prevale la vendita ai negozi al dettaglio (12%).
Figura 2.15 – Fatturato medio da vendita diretta per tipologia di acquirente (%)
Associazioni
1%
Altro
3%
Consum atori
/Fam iglie
71%
Gruppi
d'acquisto
1%
Turisti
4%
Ristoranti
/Pubbl.es.
8%
Negozi
dettaglio
12%
Fonte: Indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
57
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Fra le tipologie di prodotto commercializzati, sono maggiormente diffusi i prodotti iscritti
nell’elenco dei prodotti tradizionali (37% delle imprese), soprattutto fra quelle aziende che
fanno esclusivamente vendita diretta (per cui la percentuale sale al 59%). Seguono i vini a
marchio DOCG-DOC-IGT, venduti dal 27% delle aziende totali, e dal 96% delle aziende
vitivinicole. I prodotti a marchio DOP o IGP invece vengono commercializzati soprattutto dalle
aziende del lattiero-caseario (38% di aziende contro una media del 15%).
Figura 2.16 – Nel 2007, tramite vendita diretta, l’azienda ha commercializzato …?
(%)
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
37,4
27,3
15,3
14,4
10,1
Prodotti Vini DOCG- Prodotti
tradizionali DOC-IGT DOP-IGP
Prodotti Prodotti a
biologici
lotta
integrata
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
Le aziende lombarde convogliano tramite la vendita diretta prodotti che chiaramente riflettono
la vocazione del territorio. Considerando la rilevanza in base al fatturato, si distinguono
soprattutto formaggi e vini. Per il 21% delle aziende i formaggi rappresentano il prodotto
venduto direttamente più importante in termini di fatturato. I vini sono il prodotto principale
per il 19% delle aziende. Le tipologie di prodotti vendute sono comunque parecchie. In tal
senso occorre considerare la quota di aziende, che indipendentemente dall’importanza sul
fatturato, vendono i diversi prodotti. Il 39% delle aziende che fa vendita diretta commercializza
formaggi, il 37% vino e “piante e fiori”. Importante è la quota di aziende che vende
direttamente ortaggi (24%), il miele e gli altri prodotti dell’apicoltura (22%), la frutta (20%),
la carne (19%) e i salumi (15%).
58
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Tabella 2.6 – Prodotti commercializzati con vendita diretta
a
Formaggi
Vini/Spumanti/Distillati
Piante e fiori
Ortaggi
Miele/Prodotti dell'apicoltura
Carne
Frutta
Salumi
Riso e cereali
Latte
Uova
Farine
Olio
Marmellate e conserve
Burro e altri derivati del latte
Pasta
Altro
Non risponde
Totale
1 risposta
Multipla
21,1
18,9
12,2
6,9
8,9
7,3
8,3
4,5
4,3
3,0
0,6
0,8
0,4
0,8
0,4
0,0
1,2
0,2
38,6
36,7
36,5
24,5
22,2
19,4
19,6
14,7
6,3
4,5
1,4
2,7
1,6
4,5
3,7
0,4
5,1
0,2
100,0
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
Per potenziare un canale di vendita così importante come la vendita diretta, le aziende
lombarde si sono attivate attraverso due modalità principali: la pubblicità presso il
consumatore finale (43,7%) e l’ampliamento del numero di occasioni di vendita diretta (30%).
Esiste comunque un gruppo di aziende che non fa nulla (16,5%) e non ha ritenuto opportuno
adottare alcun tipo di attività di potenziamento di tale modalità di vendita. Ciò è vero
soprattutto per le aziende della zootecnia da latte, per cui la percentuale di “inattivi” sale al
25%.
59
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Figura 2.17 – L’azienda ha potenziato la vendita diretta tramite …
(prima risposta, %)
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
43,7
Pubblicità al consumatore
Apertura di un sito Internet
Adesione a circuiti di promozione del territorio
3,0
10,6
8,3
La vendita diretta non è stata potenziata in
alcun modo
Non risponde
INCREMENTO
OCCASIONI
26%
5,3
Partecipazione a feste e sagre paesane
Altro
PUBBLICITA' E
PROMOZIONE
48,5%
1,8
Aumento del numero di prodotti venduti
direttamente
Maggior numero di canali di vendita diretta
Partecipazione a mercati contadini
50
1,6
4,1
16,5
5,1
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
Le motivazioni che inducono le aziende a introdurre la vendita diretta vedono una
soddisfazione delle attese di stabilizzazione del reddito e della ricerca di maggiori margini.
Rispetto agli altri canali, il 29% delle aziende riesce infatti a spuntare prezzi anche superiori al
25%. Un ulteriore 33% riesce mediamente ad ottenere un prezzo superiore (tra il +10 e
+25%).
Tabella 2.7 – La vendita diretta consente di ottenere un prezzo …
Anche molto più elevato (anche oltre il 25%)
Con una differenza compresa tra il 10% e il 25%
Con una differenza non superiore al 10%
Sostanzialmente identico
Non so, perché vendo tutto direttamente
Non risponde
Totale
%
29,1
32,9
18,5
4,9
10,4
4,3
100,0
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
Per alcune tipologie di prodotto, in particolare, il differenziale rispetto agli altri canali raggiunge
livelli elevati.
In media la vendita diretta consente di spuntare un prezzo superiore di circa il 45-50%,
rispetto alla vendita a grossisti, e del 25-30% rispetto alla grande distribuzione, ma si rilevano
forti differenziazioni rispetto alle tipologie di prodotto vendute.
60
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Per la frutta, ad esempio, la vendita diretta consente di ottenere un differenziale che può
arrivare anche al 75% in più rispetto a quanto spuntato nella vendita all’ingrosso. Differenziale
analogo si registra nella vendita di piante e fiori. Leggermente inferiore il “guadagno” unitario
relativo agli ortaggi, pari a circa il 60%. Più basso invece, il differenziale di prezzo relativo ai
prodotti che prevedono un processo di trasformazione da parte dell’azienda, quali il formaggio
(+36% circa rispetto alla vendita a grossisti), il vino (+33%) o i salumi (+28%).
Figura 2.18 –Vendita diretta: differenziale di prezzo rispetto alla vendita a grossisti e
alla grande distribuzione
+ 45-50%
Ingrosso
+ 25-30%
Grande distribuzione
0
10
20
30
40
50
60
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
Fra i comparti che riescono a vendere ad un prezzo anche molto più elevato si distinguono
quindi l’ortoflorofrutticolo e gli altri comparti, in cui sono rappresentati per lo più il
florovivaismo (per entrambi, il 36% di aziende dichiara un prezzo di vendita medio superiore al
25%), ma anche il comparto dei seminativi (37%), che vende soprattutto riso, cereali e farine.
Tali fattori permettono alle aziende lombarde con vendita diretta di essere fiduciose per il
futuro, e ciò è un fatto sicuramente da sottolineare.
Oltre il 63% delle aziende prevede per i prossimi 2-3 una crescita del fatturato aziendale.
Inoltre il solo fatturato della vendita diretta è previsto in crescita da una quota ancor maggiore
di aziende lombarde (66%).
Tale ottimismo è giustificato da almeno due fattori: le aziende con vendita diretta hanno una
maggior certezza del mercato grazie ad una più ampia capacità di presidio del mercato finale
(non dipendono in maniera esclusiva da intermediari) e si sentono più pronte ad affrontare il
futuro poiché vedono in tale strumento una sorta di investimento a garanzia dell’attività.
Particolarmente ottimiste le aziende a seminativo, con un saldo positivo pari al 69%, sia
relativamente al fatturato totale che per quello legato alla vendita diretta; in questo caso però
entrano sicuramente in gioco altri fattori legati alla congiuntura nazionale ed internazionale
dell’ultimo anno, riguardante soprattutto l’aumento globale della domanda di cereali e la
conseguente lievitazione dei prezzi.
61
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Tabella 2.8 – Nei prossimi 2/3 anni il fatturato dell’azienda sarà …
FATTURATO
da vendita
totale
diretta
%
%
5,9
8,7
20,1
20,7
37,2
37,0
27,0
26,0
6,5
5,7
1,4
0,6
1,2
0,8
0,6
0,4
100,0
100,0
54,1
59,3
In elevata crescita (superiore al 15%)
In discreta crescita (tra il 5% e il 15%)
In leggera crescita (tra il 2% e il 5%)
Inalterate (tra il -2% e il +2%)
In leggero calo (tra il -2% e il -5%)
In discreto calo (tra il -5% e il -15%)
In elevato calo (superiore al -15%)
Non risponde
Totale
Saldo tra previsioni positive e negative
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
In generale le attese sul fatturato derivante dalla vendita diretta è superiore rispetto alle
aspettative sul fatturato totale, ciò è vero per tutti i comparti analizzati, fatta eccezione della
zootecnia da carne, per cui il saldo fra previsioni positive e negative, sempre molto positivo, si
assesta sui 61 punti percentuali per quanto riguarda il totale del fatturato e sui 57 punti per il
fatturato relativo alla vendita diretta.
Infine, la vendita diretta per le aziende lombarde sta assumendo importanti gradi di
strutturazione poiché il 54% delle aziende etichetta/marchia i propri prodotti con il logo
aziendale conferendo così riconoscibilità al prodotto nell’utente finale. Tale fenomeno si ritrova
soprattutto nei comparti in cui il prodotto meglio si presta all’etichettatura. Il vitivinicolo guida
la graduatoria con una etichettatura che riguarda l’87% delle aziende; seguono le aziende a
seminativo (61%) che vendono soprattutto riso e farine.
Figura 2.19 – Etichetta i prodotti che vende direttamente? (%)
100%
90%
86,7
80%
61,2
70%
58,0
60%
54,1
46,8
50%
40,8
35,9
40%
30%
20%
10%
Altro
Zoot. carne
Ortof rutticol
o
TOTALE
Zoot. latte
Seminativo
Vitivinicolo
0%
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
62
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
2.5
La vendita diretta in fiere e sagre, mercati rionali e degli agricoltori
La vendita diretta in fiere e sagre di paese coinvolge il 43% delle aziende lombarde.
Tale modalità di vendita è prevalentemente saltuaria: il 17,5% delle aziende agricole lombarde
vi fa ricorso solo 4-5 volte all’anno. Circa il 15% lo fa almeno una volta al mese. Sono per lo
più i familiari a essere coinvolti in tali occasioni (22%) alternandosi allo stesso imprenditore
agricolo (14%). Le aziende mostrano una soddisfazione per tale tipologia di vendita poco più
che sufficiente (valutazione media: 6,3).
Tabella 2.9 – La vendita diretta in fiere e sagre
Frequenza prevalente
%
5,7
4,9
4,9
17,5
8,3
2,0
56,7
Ogni settimana
2-3 volte al mese
1 volta al mese
4-5 volte all’anno
Più raramente
Non risponde
Non partecipa
Totale
Personale coinvolto
%
14,2
22,0
1,6
3,5
0,6
1,4
56,7
Imprenditore agricolo
Familiari
Soci
Dipendenti
Altro
Non risponde
Non partecipa
100
Totale
Valutazione sulla soddisfazione (media): 6,3
100,0
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
I mercati rionali sono una forma di vendita diretta che coinvolge il 13% delle aziende agricole
lombarde. Sono formule caratterizzate da una maggior frequenza di vendita (prevalentemente
1 volta alla settimana), della durata di circa mezza giornata, in cui sia i familiari che
l’imprenditore agricolo trova un coinvolgimento.
La soddisfazione associata è mediamente maggiore (punteggio medio pari a 7).
Tabella 2.10 – La vendita diretta in mercati rionali
Frequenza prevalente
Ogni giorno
2-3 volte a settimana
1 volta a settimana
2-3 volte al mese
Più raramente
Non risponde
Non partecipa
Totale
%
0,4
1,8
3,7
0,4
1,2
5,5
87,0
100,0
Durata prevalente
Tutta la giornata
Mezza giornata
Altro
Non risponde
Non partecipa
Totale
%
1,6
6,5
0,2
4,7
87,0
100,0
Personale coinvolto
%
Imprenditore
agricolo
Familiari
Soci
Dipendenti
Non risponde
Non partecipa
Totale
3,5
3,7
0,8
0,6
4,5
87,0
100,0
Valutazione sulla soddisfazione (media): 7,0
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
63
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Il 14% delle aziende agricole lombarde già oggi ha partecipato a mercati riservati a soli
agricoltori. Seppur il fenomeno sia in progressiva e rapida evoluzione, un gruppo importante di
aziende ha già sperimentato tale modalità di vendita diretta.
Le aziende hanno partecipato a tale iniziative soprattutto in alcune occasioni isolate (con
frequenza che non supera qualche evento al mese); il 6% delle aziende agricole lombarde usa
già oggi tale formula di vendita diretta almeno 1 volta alla settimane; la stessa percentuale
sale all’11% per le aziende della zootecnia da carne. La partecipazione si rivolge per lo più a un
numero ristretto di mercati: 1 o 2. Molto raramente a più di 3.
In questo caso è l’imprenditore agricolo ad essere coinvolto più spesso in prima persona.
La durata prevalente di tali iniziative è di circa mezza giornata. La soddisfazione associata è
decisamente buona (7,3 è il punteggio medio). Particolarmente soddisfatte sono le aziende
zootecniche che attribuiscono a tale forma di vendita un valutazione pari a 8.
Tabella 2.11 – La vendita diretta nei mercati degli agricoltori
Frequenza prevalente
Ogni giorno
2-3 volte a settimana
1 volta a settimana
2-3 volte al mese
Più raramente
Non risponde
Non partecipa
Totale
%
0,2
2,0
3,7
2,4
4,1
1,4
86,2
100,0
Durata prevalente
Tutta la giornata
Mezza giornata
Solo qualche ora
Non risponde
Non partecipa
Totale
Personale coinvolto
%
4,1
8,3
0,2
1,2
86,2
%
Imprenditore
agricolo
Familiari
Soci
Dipendenti
Non risponde
Non partecipa
Totale
100,0
7,3
4,1
0,8
0,6
1,0
86,2
100,0
Valutazione sulla soddisfazione (media): 7,3
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
I mercati degli agricoltori offrono alcuni importanti vantaggi rispetto alla vendita in azienda,
rintracciabili soprattutto nelle opportunità di fidelizzazione dell’utente finale e di raggiungere un
numero più ampio di potenziali clienti.
Tabella 2.12 – Vantaggi dei mercati degli agricoltori rispetto alla vendita in azienda
a
Costruire un rapporto più continuativo con il consumatore
Raggiungere un numero più ampio di consumatori
Far conoscere i prodotti del territorio
Spuntare un prezzo di vendita superiore
Non risponde
L’azienda non partecipa a tali mercati
Totale
1 risposta
%
5,1
3,9
2,0
1,8
1,0
86,2
100,0
Multipla
%
10,6
10,2
7,9
3,3
1,0
86,2
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
64
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Esistono comunque alcune connotazioni negative associate a tale forma di vendita: sono
necessarie maggiori disponibilità di tempo e manodopera, oltre alle maggiori capacità
organizzativa dell’aziende e competenze in ambiti non strettamente agricoli.
Tabella 2.13 – Svantaggi dei mercati degli agricoltori rispetto alla vendita in azienda
a
Maggiore necessità di personale
Maggiore organizzazione dell’attività di vendita
Non ho abbastanza tempo
Sono lontano dall'azienda (perdo i clienti in azienda)
Necessità di avere una gamma di prodotti più ampia
Richiesta di maggiori capacità manageriali
Costi di gestione elevati
Maggiore concorrenza con le altre aziende
Non risponde
L’azienda non partecipa a tali mercati
Totale
1 risposta
%
6,3
1,6
2,4
0,8
0,6
0,6
0,4
0,0
1,0
86,2
100,0
Multipla
%
7,9
5,9
4,5
1,8
2,4
1,8
2,6
2,0
1,0
86,2
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
2.6
Ipotesi di sviluppo della vendita diretta nei mercati degli agricoltori
Il decreto MIPAAF del 20 novembre 2007 (Attuazione dell'articolo 1, comma 1065, della legge
27 dicembre 2006, n. 296, sui mercati riservati all'esercizio della vendita diretta da parte degli
imprenditori agricoli) ha regolamentato i mercati dei produttori agricoli e ha introdotto alcune
importanti novità attribuendo un ruolo centrale ai Comuni e sottolineando l’importanza che
questi possano avere nel soddisfare le esigenze dei consumatori in ordine all’acquisto di
prodotti agricoli che abbiano un diretto legame con il territorio di produzione e alla trasparenza
dei prezzi.
Alla luce di tale importante novità, occorre valutare la reazione delle aziende nei confronti
dell’interesse verso l’adesione a mercati a vendita diretta. Il 25% delle aziende accolgono con
entusiasmo tale ipotesi. Tra queste il 7% vende già in iniziative simili. Si amplia così del 18%
la “domanda potenziale”.
Sul fronte opposto, non occorre trascurare che il 45% delle aziende che fanno vendita diretta
non sono interessate a tali iniziative. Tali aziende indicano tra le motivazioni del mancato
interesse criticità prevalentemente legate alla preferenza per la vendita in azienda (27%) e alla
richiesta di maggiore personale (9%) ed organizzazione (2%) che tale modalità di vendita
comporta.
Le aziende maggiormente interessate ad uno sviluppo dei mercati degli agricoltori in
Lombardia sono quelle già maggiormente vocate alla multifunzionalità; fra di esse, oltre ad una
percentuale elevata di vendita diretta in azienda a consumatori (95% delle aziende) e turisti
(62%), si riscontra una maggior partecipazione a feste e sagre di paese (74% di aziende) e a
mercati rionali (28%), oltre ad una più elevata propensione a vendere direttamente a pubblici
esercizi (69%) e negozi (64%). Maggiore è anche la quota di aziende che pratica attività
agrituristica (23%) e di fattoria didattica (13%). Si riscontra inoltre una percentuale più
elevata di aziende che etichettano i prodotti venduti direttamente (69%).
65
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Figura 2.20 – Interesse per la creazione di nuovi mercati degli agricoltori (%)
0
20
Entusiasti
Non interessato
60
25,4
Coinvolti
Scettici
40
23,2
6,3
45,1
MOTIVI DEL MANCATO INTERESSE A
PARTECIPARE A MERCATI DEGLI AGRICOLTORI
%
Preferisco la vendita diretta in azienda
Non ho una disponibilità sufficiente di personale
Avrei ripercussioni negative sull’organizzazione
dell’attività dell’azienda
Preferisco vendere in mercati rionali
Preferisco vendere in fiere/sagre/feste di paese
Vendo già in un numero sufficiente di mercati
Altro
Non risponde
27,2
9,3
Totale
45,1
2,0
0,4
0,2
0,2
3,5
2,2
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
In generale si tratta di aziende più strutturate, che riuscirebbero a sostenere una maggior
frequenza di vendita nei mercati (oltre il 75% sostiene che riuscirebbe a vendere almeno 1
volta alla settimana), guidate da un imprenditore con titolo di studio mediamente più elevato
(il 60% ha almeno un diploma). Per tali aziende la vendita diretta è punto focale dell’attività,
potenziata sia attraverso la pubblicità diretta al consumatore (57%) sia aumentando il numero
delle occasioni di vendita (30%).
Per quanto riguarda il comparto di attività si rileva un maggior interesse delle aziende
vitivinicole e della zootecnia da carne, più orientate alla multifunzionalità, per cui la vendita
diretta rappresenta già una quota rilevante del fatturato aziendale: il 43% vende
esclusivamente tramite tale modalità. All’opposto sono meno interessate le aziende del lattiero
caseario, che lamentano soprattutto difficoltà organizzative e di disponibilità di personale, e le
aziende degli altri comparti che preferiscono la vendita in azienda.
Quali caratteristiche dovrebbe preferibilmente avere il mercato degli agricoltori per avere il
maggior appeal delle aziende agricole lombarde?
L’identikit che esce dall’indagine è molto chiaro: dovrebbe essere vicino all’azienda (criterio di
scelta più importante per il 29% delle aziende lombarde cha hanno interesse nei confronti di
tale iniziativa che sale al 40% considerando l’insieme delle citazioni) e possibilmente in un
comune sufficientemente popoloso (11% e 27% rispettivamente). Anche la periodicità è un
parametro importante, che divide però le aziende: quelle più strutturate e più grandi
prediligono alte frequenze di vendita (14%); le altre preferiscono invece una periodicità più
sporadica (13%).
66
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Tabella 2.14 – Criteri di scelta di un mercato a vendita diretta
a
Vicinanza all’azienda
Popolosità del Comune
Alta frequenza di vendita
Bassa frequenza di vendita
Facilità di accesso/viabilità
Presenza di eventi periodici
Orari di apertura
Vendita di soli prodotti biologici
Altro
Non risponde
L’azienda non è interessata
Totale
1 risposta
%
29,1
11,2
4,7
3,7
1,6
1,0
0,8
0,6
1,8
0,4
45,1
100,0
Multipla
%
40,2
27,2
14,4
13,4
11,6
7,1
6,3
1,8
3,5
0,4
45,1
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
In merito alla distanza preferibile, le aziende sono più precise: l’ideale sarebbe poter compiere
un tragitto (andata e ritorno) non superiore ai 100 km (distanza massima segnalata dal 22%
delle aziende lombarde). Il mercato dovrebbe inoltre essere localizzato in un comune di
dimensioni medio-grandi (39% delle indicazioni) piuttosto che in grandi città o in città
metropolitane (solo l’8% richiede un mercato in tali tipologie di centro urbano). Evidentemente
subentrano in tal caso problemi logistici di accesso al mercato da parte degli agricoltori e di
trasporto delle merci.
Tabella 2.15 – Distanza massima (andata e ritorno) che le aziende sono
disposte a compiere per raggiungere il mercato a vendita diretta
Meno di 50km
Da 50 a 99 km
Da 100 a 149 km
150 o più
Non risponde
L’azienda non è interessata
Totale
%
15,0
22,2
9,3
6,7
1,6
45,1
100,0
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
Tabella 2.16 – Dimensioni dei comuni in cui dovrebbe essere organizzato
il mercato a vendita diretta
Piccole dimensioni
Medio-grandi dimensioni
Grandi dimensioni
Città metropolitane
L’azienda non è interessata
Totale
%
10,4
39,2
12,2
8,5
45,1
100,0
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
67
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Anche in merito alla frequenza c’è consenso tra le aziende. L’impegno “sostenibile” per le
aziende è per lo più di una periodicità di vendita di 1 volta alla settimana (18,5%). Il 15%
indica una frequenza minore (2-3 volte al mese).
Tabella 2.17 – Frequenza ideale del mercato a vendita diretta
Ogni giorno
2-3 volte alla settimana
1 volta alla settimana
2-3 volte al mese
Più raramente
Non risponde
L’azienda non è interessata
Totale
%
1,8
8,9
18,5
14,8
9,8
1,0
45,1
100,0
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
Il sostegno che gli agricoltori chiedono è chiaro. Il successo di tali iniziative passa per il
supporto assicurato dalle istituzioni e/o dall’ente promotore del mercato nel far conoscere
l’iniziativa al consumatore (oltre il 42% ritiene utile tale tipologia di supporto).
Tabella 2.18 – Iniziative necessarie a supporto del mercato
Far conoscere l’iniziativa (attraverso cartellonistica..)
Creare un sito Internet dedicato al mercato a vendita diretta
Organizzare eventi legati ai prodotti del territorio
Organizzare attività didattiche con le scuole
Predisporre materiali promozionali per le aziende agricole
Altro
Non risponde
L’azienda non è interessata
Totale
%
42,3
1,4
5,7
2,0
2,4
0,2
0,8
45,1
100,0
Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.
68
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
2.7
L’opinione degli Enti Locali: gli esiti delle interviste in profondità
Se dapprima l’analisi si è rivolta all’individuazione dell’opinione delle aziende agricole
lombarde, occorre spostare l’attenzione alla sfera di soggetti, gli Enti Locali, che, a seguito del
decreto ministeriale del 20 novembre 2007, hanno assunto un ruolo centrale in materia di
mercati a vendita diretta. Secondo tale prospettiva, il percorso di ricerca ha dedicato una
intera fase di lavoro alla realizzazione di interviste in profondità atte a definire l’interesse degli
Enti Locali lombardi e a comprendere il possibile livello di coinvolgimento degli stessi in tali
iniziative.
Le interviste in profondità, basate sulla somministrazione di un questionario semi-strutturato,
hanno così consentito di definire:
•
le principali caratteristiche sull’esperienza maturata nell’ambito dell’organizzazione di
mercati a vendita diretta;
•
il ruolo espresso dal Comune nell’organizzazione e nella gestione del mercato;
•
le motivazioni che hanno indotto l’Ente
organizzazione dei mercati degli agricoltori;
•
le problematiche incontrate per la costituzione del mercato;
•
l’impegno richiesto al Comune in termini di investimenti materiali e di tempo;
•
il giudizio complessivo dell’esperienza del mercato.
Locale
a
sostenere
un
percorso
di
Nell’ambito dell’indagine in profondità sugli Enti Locali sono state realizzate le seguenti
interviste:
•
Comune di Varese;
•
Comune di Osnago;
•
Provincia di Lecco;
•
Comune di Melegnano;
•
Comune di Pavia;
•
Comune di Mantova.
Per completare il quadro conoscitivo è inoltre stata realizzata una intervista in profondità ad
ANCI Lombardia.
Le interviste in profondità hanno evidenziato l’esistenza di esperienze mercatali con
caratteristiche molto differenti tra loro, sia in relazione alle principali modalità organizzative
(frequenza, caratteristiche del luogo in cui è organizzato il mercato, ruolo fattivamente
espresso dall’Ente Locale e/o dalle organizzazioni agricole …) sia in relazione ai prodotti venduti
dipendenti dalle caratteristiche del territorio in cui insistono (produzioni tipiche e di nicchia in
alcuni casi, produzioni più indifferenziate in altri).
Elemento comune di tali esperienze è la molteplicità delle funzioni espresse dai mercati degli
agricoltori che possono essere declinate secondo differenti connotazioni.
69
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
I mercati a vendita diretta rappresentano così, in maniera trasversale, uno strumento di:
1. Accesso al mercato finale per l’agricoltore, oggi ancora costretto in spazi e condizioni
marginali, che offre maggiori opportunità di incontro e di fidelizzazione con il
consumatore;
2. Implementazione e consolidamento di filiere corte;
3. Valorizzazione delle produzioni del territorio;
4. Supporto all’educazione alimentare del consumatore in grado di sensibilizzare sulla
stagionalità delle produzioni;
5. Valorizzazione dei centri urbani;
6. Richiamo turistico in grado di rafforzare il legame prodotto-territorio.
Dall’analisi emersa esiste però un punto ancora in penombra su cui però spesso converge il
dibattito.
Le filiere corte, per loro stessa definizione, rappresentano una modalità in grado di individuare
percorsi per il raggiungimento di una maggiore efficienza che incorpora anche la capacità di
salvaguardia del potere di acquisto del consumatore.
Tale obiettivo è chiaramente ascritto anche alla declinazione di filiera corta che si esercita nel
modello dei mercati a vendita diretta, così come la normativa ha previsto laddove si richiama
che i mercati possano soddisfare le esigenze dei consumatori, non solo in ordine all'acquisto di
prodotti agricoli che abbiano un diretto legame con il territorio di produzione, ma anche in
merito alla trasparenza dei prezzi.
L’individuazione della reale capacità che tali mercati hanno nel salvaguardare il potere di
acquisto del consumatore è ancora però difficilmente misurabile.
Poche sono le realtà, non solo a livello regionale ma anche a livello nazionale, in cui si sia
intrapreso un percorso strutturato, codificato e condiviso di analisi e monitoraggio dei prezzi.
Spesso tale attività risulta ancora poco organizzata e codificata, se non estemporanea.
In realtà, il tema della trasparenza dei prezzi e della tracciabilità di quale sia il reale
differenziale di prezzo che i mercati a vendita diretta sono in grado di garantire costituisce un
nodo cruciale, non trascurabile, anche per lo stesso successo nel tempo di tali iniziative.
La definizione e la misurazione della capacità calmierante dei mercati a vendita diretta
rappresentano infatti strumenti capaci di definirne il vero ruolo e di garantirne la continuità nel
tempo non solo come canale saltuario per l’acquisto di prodotti di nicchia ma anche di vera
opportunità alternativa per alcune tipologie di produzioni.
Se già oggi le esperienze lombarde hanno individuato un percorso in grado di assolvere gran
parte degli obiettivi preposti e hanno codificato un attento sistema che ne disciplina le
principali caratteristiche organizzative, occorre però considerare che un ulteriore sforzo possa
essere compiuto per valutare appieno la loro capacità di rappresentare una reale opportunità
per il consumatore anche in termini di capacità di spesa.
70
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Tabella 2.19 – Analisi SWOT relativa alla presenza di un mercato degli agricoltori per
il territorio
Punti di Forza
Punti di Debolezza
• Miglioramento delle performance
economiche delle aziende agricole del
territorio
• Creazione di un rapporto diretto fra
agricoltore e consumatore
• Strumento in grado di rispondere alla
richiesta di salvaguardia del potere d’acquisto
dei cittadini
• Controlli non sempre strutturati sui prezzi di
vendita dei prodotti
• Educazione del consumatore alla
stagionalità dei prodotti
• Necessità di impiegare polizia municipale
per la gestione del traffico in prossimità
dell’area del mercato
• Valorizzazione del centro urbano o delle
aree cittadine presso cui si svolge il mercato
• Burocrazia spesso onerosa per gli agricoltori
e gli organizzatori del mercato
• Promozione e valorizzazione dei prodotti
tipici locali
• Possibili impatti positivi dal punto di vista
ambientale per l’incentivazione al consumo di
prodotti locali/”chilometri zero”
Opportunità
Minacce
• Contributo al passaggio dell’azienda agricola
ad una gestione dell’attività maggiormente
orientata al mercato e alle esigenze del
consumatore
• Modalità di sostegno dell’economia rurale
• Possibile interazione con gli enti di
promozione turistica del territorio per
sviluppare percorsi eno-gastronomici
integrati
• Possibile interazione con la ristorazione
locale
• Rischio di veder snaturata la funzione
dell’agricoltore se si perde la vocazione
produttiva e prevale quella “commerciale”
• Ostilità da parte dei commercianti che
vedono i mercati come elemento di conflitto
con la loro attività
• Possibile strumento per la rivalutazione di
quartieri marginali/degradati
• Momento di dialogo e collaborazione fra Enti
Locali e associazioni di categoria da cui
sviluppare iniziative comuni a vantaggio del
territorio
Fonte: elaborazioni Nomisma.
71
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Tabella 2.20 – Funzioni degli Enti Locali nella promozione delle iniziative di un
mercato degli agricoltori
• Individuazione dell’area più idonea della città su cui organizzare il
mercato
• Concessione delle autorizzazioni ed espletamento delle questioni
amministrative e burocratiche
• Investimenti diretti spesso trascurabili (nel caso di strutture coperte
è possibile che il Comune sostenga la messa a norma dell’edificio in
cui viene organizzato il mercato)
• Attività di comunicazione per il supporto promozionale dell’evento
• Gestione dell’ordine pubblico
• Verifica delle condizioni igienico-sanitarie dei prodotti venduti
nell’ambito del mercato per evitare eventuali problematiche di
concorrenza sleale
• Anello di congiunzione per la gestione di eventuali disequilibri con le
attività commerciali della zona in cui è organizzato il mercato
• Azioni di sviluppo e mantenimento del mercato attraverso
l’ampliamento del numero di banchi presenti nel mercato
Fonte: elaborazioni Nomisma.
72
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
3 MERCATI DEGLI AGRICOLTORI: ANALISI PER CASI DI STUDIO
3.1
Premessa
Al fine di acquisire informazioni sulle modalità di gestione dei mercati degli agricoltori e sugli
effetti prodotti dalle esperienze già maturate, sono stati individuati tre casi di studio,
considerati come modelli consolidati sul campo.
Al fine di selezionare i mercati che corrispondano a schemi differenti si è ritenuto opportuno
basare la scelta su alcuni criteri discriminanti, tra cui:
1. Forma organizzativa
2. Dimensione del comune in cui è organizzato il mercato
3. Caratteristiche produttive del mercato in base alla tipologia dei prodotti venduti.
I tre casi studio considerati sono il mercato degli agricoltroi di Taranto, il mercato coperto di
Montevarchi e il mercato SpazioBio di Roma. Le principali caratteristiche dei tre mercati sono
sintetizzati nel prospetto seguente.
Tabella 3.1 – Principali caratteristiche dei casi di studio
Anno di
apertura
Organizzazione
Dimensione del
centro
Tipologia di prodotti
Mercato degli
agricoltori di
Taranto
2005
Organizzazione
professionale
Medie dimensioni
Ortofrutta e prodotti
alimentari locali
Mercato coperto di
Montevarchi
2008
Enti locali
Piccole
dimensioni
Ortofrutta e prodotti
alimentari locali
Mercato SpazioBio
di Roma
2007
Consorzio di
imprese
Centro
metropolitano
Ortofrutta, prodotti
alimentari e non
alimentari Biologici
Fonte: elaborazioni Nomisma.
Ciascun caso di studio si è sviluppato in due parti: la visita diretta al mercato e l’intervista in
profondità ai responsabili dell’organizzazione. Il tutto finalizzato alla raccolta del maggior
numero possibile di informazioni su caratteristiche del mercato, ruolo esercitato
dall’organizzatore e dai diversi attori locali, modalità organizzative, costi di gestione, risultati
raggiunti per gli agricoltori e per i consumatori, eventuali sviluppi dell’iniziativa.
73
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
3.2
Il Mercato degli agricoltori di Taranto
3.2.1 Nascita del mercato
Il 12 maggio del 2005 è stato inaugurato a Taranto, nel pieno centro cittadino, il primo
mercato degli agricoltori in Italia. A questo traguardo si è arrivati dopo circa un anno di
gestazione, laddove le esigenze degli agricoltori (raccolte da Coldiretti) si incrociavano con
quelle delle associazioni dei consumatori, in un periodo di forte crisi per il mondo agricolo e di
difficoltà dei consumatori per la spesa di beni alimentari di prima necessità, anche in funzione
di un elevato livello dei prezzi alimentari.
Negli anni precedenti alla costituzione del mercato, in occasione delle principali festività,
Coldiretti organizzava a Taranto la manifestazione “campagna amica”, per portare le aziende
agricole a vendere direttamente i propri prodotti in città. In occasione del Natale 2004, questa
manifestazione si protrasse con ottimo successo per circa 1 mese.
Da qui l’idea di Coldiretti di rendere permanente la
possibilità di acquisto diretto da aziende agricole nel
centro della città. Per l’organizzazione di un mercato
permanente Coldiretti ha incontrato, oltre alle
difficoltà legate all’ottenimento di licenze e permessi,
alcune problematiche di individuazione di un gruppo di
aziende disponibili e determinate ad aderire alla
costituzione del mercato con una frequenza di vendita
giornaliero. L’impegno continuativo e le necessità di
avere una presenza costante di personale poneva
infatti alcuni dubbi tra le imprese agricole circa le possibili ripercussioni sull’attività produttiva.
La costituzione di un mercato di agricoltori ha da sempre avuto l'obiettivo di diffondere
maggiormente la conoscenza presso il consumatore delle produzioni locali, altrimenti
scarsamente pubblicizzate dalla comunicazione di massa, che al contrario orienta spesso verso
prodotti d'immagine e di cui si ignora l'origine.
Con i mercati degli agricoltori la Coldiretti intende:
contribuire alla diffusione delle tradizioni culturali locali;
tutelare il potere d'acquisto del consumatore, spesso disorientato nella scelta dei
prodotti alimentari e preoccupato per i frequenti rincari;
salvaguardare la redditività del produttore.
3.2.2 L’organizzazione del mercato
Nei primi due anni di attività il mercato giornaliero, dal lunedì al sabato, era aperto tutto il
giorno, sia la mattina che il pomeriggio.
L’esperienza ha poi mostrato una forte concentrazione delle vendite nella prima parte della
giornata: i clienti, soprattutto anziani e residenti in centro, fanno abitualmente la spesa al
mercato durante le ore mattutine.
74
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Per una maggior efficienza organizzativa e contemporaneamente per venire incontro anche alle
esigenze delle aziende, Coldiretti ha successivamente limitato l’orario di apertura: da
settembre 2007 il mercato è aperto la mattina, dalle 8 alle 14.
Carta d’identità del “Mercato degli agricoltori di Taranto”
Data inizio:
12 maggio 2005
Luogo:
Corso Umberto I, Taranto (centro cittadino)
Superficie:
Circa 200 mq
Cadenza:
Giornaliero: dal lunedì al sabato
Durata:
Dalle 8.00 alle 14.00
Soggetto promotore:
Coldiretti
Altri soggetti coinvolti:
Associazioni dei consumatori e Comune di Taranto
Aziende agricole che
partecipano:
12 (sempre le stesse; non esiste una sistema di turnazione)
Prodotti venduti:
Olio, vino, latte e caseari, salumi e carni, frutta e verdura, pollame,
pane, pasta
Provenienza:
Tutte le aziende provengono dalla provincia di Taranto
Quota di partecipazione:
300 € al mese per affitto spazio e costi di gestione (utenze, pulizia …)
L’organizzazione del mercato fa capo completamente a Coldiretti, ma un ruolo importante è
ricoperto anche dal Comune e dalle associazioni dei consumatori (Adoc,
Adiconsum,
Federconsumatori, Codacons e Adusbef). L'attività delle associazioni non è strutturata ma
occasionale, e si concretizza per lo più nella raccolta delle impressioni dei consumatori allo
scopo di migliorare il servizio offerto.
Il Comune ha avuto un ruolo importante soprattutto nella fase iniziale del progetto,
patrocinando il mercato e concedendo tutte le autorizzazioni necessarie per l’avvio dell’attività,
alle aziende e alle associazioni coinvolte, in tempi celeri. Alcuni problemi tuttavia, sono nati
relativamente alla concessione degli spazi per il carico e scarico delle merci, per cui non si sono
ancora avuti esiti positivi, con conseguenti problemi logistici per le aziende.
Le aziende che partecipano al mercato si impegnano a firmare un protocollo d’intesa con
Coldiretti e a rispettare un decalogo di regole a tutela e garanzia del consumatore rispetto a:
Qualità dei prodotti commercializzati e rispetto delle norme igienico-sanitarie;
Freschezza delle produzioni che devono essere vendute entro 2-3 giorni dalla raccolta;
Prezzo all’origine;
Gentilezza e cortesia degli operatori;
Rispetto delle norme di rintracciabilità di prodotto;
Etichettatura chiara e facilmente comprensibile;
Promozione e degustazione dei prodotti commercializzati;
Prodotti venduti direttamente dal produttore o da suo collaboratore;
Rispetto delle buone pratiche agricole e dell’ambiente.
75
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Coldiretti ha una funzione di controllo a monte garantendo la tracciabilità di tutti i prodotti
venduti attraverso tecnici convenzionati, che controllano l’azienda rispetto delle norme HACCP,
all’effettiva origine dei prodotti , processo produttivo, ecc... Le aziende si impegnano inoltre ad
indicare esplicitamente quali prodotti venduti sono di produzione propria e quali eventualmente
non provengono dall’azienda stessa, rispettando comunque quanto previsto dal regolamento.
L’etichettatura è a cura delle singole aziende secondo uno stile predefinito.
A carico dell’azienda ci sono, oltre ai costi di trasporto delle merci, anche le spese delle utenze,
la pulizia, la manutenzione e l’affitto dello spazio nel mercato. Si tratta di un costo fisso di 300
euro che le aziende pagano a Coldiretti, la quale mantiene i rapporti con i proprietari dello
stabile (circa 200 mq coperti).
La vendita diretta nel mercato è curata direttamente dalle aziende agricole e nella gran parte
dei casi dal titolare stesso, o da suoi familiari, scelta determinata dalla convinzione che vi sia
maggiore capacità di trasmettere al consumatore il valore reale del prodotto: la percezione dei
consumatori migliora sensibilmente nel momento in cui a vendere sono gli stessi titolari
dell’impresa.
Il mercato, in termini di tipologie di imprese che vi aderiscono, è stato organizzato in modo da
garantire un’offerta variegata, per assecondare le esigenze del consumatore che richiede un
luogo dove poter comprare tutte le referenze necessarie ai bisogni familiari.
3.2.3 La aziende agricole e i consumatori
Per le aziende che hanno aderito al mercato l’attività è cambiata sensibilmente. Aumentando le
vendite realizzate direttamente, a scapito di quelle a grossisti o all’industria, si è assistiti ad
una trasformazione aziendale sia dal punto di vista organizzativo che produttivo.
Gli agricoltori hanno ampliato la gamma produttiva, potenziato il personale, prevedendo la
presenza di un addetto alle vendite che ha dovuto acquisire maggiori capacità commerciali,
riorganizzato il lavoro in funzione del minor tempo a disposizione per la fase strettamente
produttiva.
La rimodulazione dell’azienda, in funzione del mercato, è stata considerevole poiché ha
riguardato sia gli investimenti (la cui destinazione ha riguardato soprattutto l’acquisizione di
dotazioni per il trasporto dei prodotti o per agevolare la produzione di nuovi prodotti per il
76
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
completamento della gamma) che la struttura organizzativa aziendale, che ha richiesto
l’assunzione di nuovo personale e a realizzazione dell’attività produttiva durante le ore
pomeridiane. Per sopperire alla necessità di nuove competenze, Coldiretti ha inoltre realizzato
un percorso di formazione del personale delle aziende per migliorare la tecnica di
presentazione del prodotto, in termini di promozione e packaging, ed educare ad una maggiore
attenzione agli aspetti igienico-sanitari.
Seppure la vendita nel mercato, rispetto alla vendita in azienda, ha comportato trasformazioni
profonde, i vantaggi di vendere direttamente i prodotti nel mercato degli agricoltori si sono
rilevati comunque importanti. Innanzitutto il mercato ha offerto l’opportunità di costruire un
rapporto continuativo con i consumatori e la possibilità di raggiungere un numero più ampio di
clienti, con conseguente aumento della redditività. A posteriori dunque questa scelta,
importante ed onerosa, si è dimostrata un importante investimento per l’azienda, portando a
buoni risultati economici: i ricavi sono aumentati più che proporzionalmente rispetto
all’aumento dei costi.
Le aziende agricole che partecipano al mercato di Taranto sono 12, tutte residenti nella stessa
provincia. Tranne una cooperativa vitivinicola, sono tutte aziende di piccole dimensioni, a
conduzione familiare. Ci sono inoltre due aziende che non appartengono strettamente alla fase
agricola, ma esercitano attività artigianale nella produzione di pasta e pane, completando così
la gamma di prodotti freschi a disposizione del consumatore.
Nel corso del tempo le aziende hanno potenziato la vendita diretta tramite l’aumento del
numero di prodotti venduti. Al Mercato degli Agricoltori, i consumatori possono così degustare
ed acquistare prodotti locali come gli ortaggi e la frutta di stagione, gli oli, i vini, i formaggi, la
carne, i salumi, il miele, le confetture, il pane e la pasta.
Al momento non è presente un distributore di latte fresco perché ciò richiederebbe investimenti
significativi per il mantenimento della catena del freddo lungo il trasporto, dall’azienda al
mercato. L’idea potrebbe però concretizzarsi nel momento in cui la stessa azienda avrà la
possibilità di rifornire più mercati, assumendo una rilevanza economicamente vantaggiosa.
La clientela tipica del mercato è formata da persone anziane che vivono in centro, nei paraggi
del mercato stesso. In molti casi per il consumatore non si tratta di un vantaggio in termini di
economicità della spesa, ma soprattutto in termini di freschezza, qualità e trasparenza
sull’origine dei prodotti.
Il favore dell’iniziativa sia da parte degli agricoltori che dei consumatori ha spinto Coldiretti ad
espandere l’esperienza in altri quartieri di Taranto e in provincia. Oggi esiste già un altro
mercato degli agricoltori, ancora in via sperimentale, nato grazie all’impulso di un’associazione
77
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
di imprese. Il mercato si sta organizzando seguendo le logiche del mercato già esistente, ma
con l’introduzione di alcuni elementi di novità, la più rilevante riguarda l’esistenza di una cassa
unica per la gestione delle entrate. Tuttavia sono già emersi alcuni aspetti di criticità
imputabili, da un lato ad un’offerta non abbastanza variegata, e dall’altro all’assenza del
titolare dell’azienda sul mercato. Ciò incide soprattutto sulla percezione dei consumatori: chi
cura la vendita, non essendo direttamente coinvolto, è più asettico rispetto al prodotto e non
riesce a comunicarne la bontà e le specificità organolettiche del prodotto. Un terzo mercato
sarà organizzato a Tamburi, area socialmente più debole del comune di Taranto.
Da dicembre l’associazione di imprese, che raggruppa tutte le aziende partecipanti ai vari
mercati, prenderà il posto di Coldiretti nella gestione dei mercati stessi. Quest’ultima manterrà
tuttavia un ruolo di supporto e di controllo dell’attività svolta, visto che tutte le aziende
continueranno ad utilizzare il marchio Coldiretti.
3.2.4 Il monitoraggio dei prezzi e l’andamento del fatturato
Secondo Coldiretti, la nascita e lo sviluppo del mercato degli agricoltori di Taranto, ha avuto,
ed avrà sempre di più, un effetto calmierizzante sui prezzi. Coldiretti si occupa direttamente
del monitoraggio dei prezzi di vendita del mercato degli agricoltori, misurando il differenziale
rilevato negli altri canali di vendita della città, quali i mercati rionali e i supermercati; il
monitoraggio presenta in alcuni casi alcune difficoltà oggettive soprattutto quando i prodotti
presentano differenti livelli di qualità. Anche le associazioni dei consumatori effettuano controlli
sui prezzi di vendita realizzando rilevazioni sul campo e il confronto con altre tipologie di punti
vendita, ma ciò avviene in maniera occasionale, e non c’è ad oggi una rilevazione strutturata.
Dal primo dicembre 2008, tra le nuove regole che Coldiretti darà alle aziende che partecipano
ai mercati di Taranto, ci sarà una rigida imposizione sui prezzi di vendita, questi dovranno
essere almeno il 30% inferiori a quelli ufficialmente rilevati per l’area di riferimento.
Le motivazioni che hanno introdotto le aziende a partecipare al mercato degli agricoltori vanno
rintracciate soprattutto nelle opportunità di ottenere un incasso immediato e di far conoscere i
prodotti locali a consumatori e turisti, ritornando anche alla stagionalità dei consumi. Rispetto
alla commercializzazione tramite altri canali, la vendita diretta consente agli agricoltori che vi
partecipano di vendere ad un prezzo mediamente superiore del +10%.
Buoni i risultati raggiunti dagli agricoltori in termini di reddito. Il fatturato complessivo del
mercato tra il 2005 e il 2008 è aumentato ad un ritmo di crescita media annua tra il
+10%/+15%. Le previsioni per il 2009 sono in linea con l’andamento rilevato.
78
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
3.3
Il caso di Montevarchi
3.3.1 Nascita del “Mercatale”
Per valorizzare le risorse economiche e socio-culturali del Val d’Arno, area storicamente
riconosciuta come luogo d’incontro e di scambio commerciale di prodotti del mondo rurale, le
amministrazioni locali, con la collaborazione e il sostegno delle associazioni di categoria, hanno
dato vita ad importanti iniziative a sostegno
della filiera corta. Un impegno che evidenzia
la volontà di rilanciare un’idea di produzione
e consumo ispirata a principi etici e culturali
della tradizione rurale. Non solo quindi una
mera funzione economica, ma una vera e
propria rieducazione del consumatore verso
una maggiore consapevolezza della risorsa
alimentare.
A seguito di una attenta riflessione fra gli
attori locali sulle attuali problematiche del
mondo agricolo e del suo rapporto con gli
altri protagonisti della filiera, dai trasformatori ai commercianti, fino al consumatore finale, si
concretizza a Montevarchi un progetto sperimentale per la promozione e la valorizzazione delle
produzioni Valdarnesi. Nasce così “il Mercatale” di Montevarchi, un appuntamento mensile che
dal 2005 permette ai produttori locali di “portare in piazza” i frutti della propria terra e
dell’artigianato alimentare tradizionale. Un luogo dove il produttore non è solo semplice
venditore, ma protagonista del territorio, attraverso un’attività di promozione e comunicazione,
e dove il consumatore può apprezzare la qualità e la genuinità di prodotti stagionali e di origine
garantita.
Il contesto
Comuni del Valdarno:
10
Popolazione totale:
90.000
Altri mercati in
provincia di Arezzo:
Casentino, Valtiberina, Val di Chiana.
In totale 4 mercati mensili, a rotazione settimanale. Format di Montevarchi.
L’iniziativa è stata avviata grazie all’integrazione di competenze e professionalità differenti. Il
“Mercatale” è stato promosso a cura del Comune di Montevarchi, che ha effettuato gli
investimenti necessari ed ha sviluppato il partenariato con gli altri soggetti interessati. Oltre
alla provincia di Arezzo ed Arsia-Regione Toscana, hanno garantito la collaborazione e il
sostegno le associazioni di rappresentanza del mondo della produzione (Cia, Coldiretti,
Confagricoltura) del consumo (Slow Food, Federconsumatori).
L’amministrazione comunale si avvale inoltre di un gruppo di lavoro informale, promosso
dall’assemblea degli agricoltori, il “Comitato del mercato” con ruolo di rappresentanza degli
espositori, come supporto per le varie necessità organizzative e logistiche.
79
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Carta d’identità del “Mercatale”
Data inizio:
2005
Luogo:
piazza centrale di Montevarchi
Cadenza:
mensile (ogni secondo sabato del mese)
Durata:
tutta la mattina (in occasioni particolari il mercato è prolungato per tutta la giornata)
Prodotti
venduti:
olio, vino, formaggi, salumi, miele, frutta e verdura, pollame, trasformati (soprattutto
biologici), di provenienza locale
Espositori
Numero:
Circa 70 in totale, 45 ogni edizione con rotazione legata alla stagionalità
Provenienza:
Area del Valdarno, Casentino e Valtiberina (vallate della provincia aretina)
Quota di
partecipazione:
da 15 € a 35 € + iva in base alla fascia dell’incasso (cui si aggiungono 30 € nel caso di
utilizzo del frigo). Somma dovuta per contribuire alle spese di allestimento e
promozione
Il successo del “Mercatale”, format replicato in altri comuni italiani, oltre alla provincia di
Arezzo, ha indotto le amministrazioni ad organizzare un progetto di vendita diretta più
strutturato, che possa rispondere alle esigenze quotidiane dei consumatori. “I mercati mensili
sono un bel fenomeno di cultura, ma non fanno economia”, è così che prende avvio
l’esperienza del “Mercato coperto”, uno spaccio quotidiano per la vendita diretta delle
produzioni locali.
3.3.2 Il Mercato Coperto di Montevarchi
Il “Mercato Coperto”, che si svolge tutti i giorni in un area appositamente allestita nel centro di
Montevarchi, è una naturale evoluzione del “Mercatale”, che continua comunque a svolgersi
ogni secondo sabato del mese.
L’obiettivo del progetto non è solo quello di garantire reddito agli agricoltori e tutelare, al
tempo stesso, i consumatori, ma ha soprattutto l’ambizione di rieducare al consumo
80
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
consapevole e ristabilire l’antico rapporto città-campagna, attraverso l’acquisto quotidiano di
prodotti direttamente presso l’agricoltore o l’allevatore.
Non solo dunque la promozione dei cosiddetti “prodotti di nicchia”, specificità locali, quali il
Pollo del Val d’Arno o il sedano di Montevarchi, che, in quanto tali si pongono sul mercato a
prezzi più elevati, ma la volontà di far apprezzare prodotti freschi, genuini e con la giusta
stagionatura, provenienti dalla campagna locale. Ciò contribuisce anche alla sostenibilità
ambientale, abbattendo l’uso del carburante, e conseguentemente, traffico e inquinamento,
grazie alla vicinanza tra produzione e mercato.
Per il successo dell’iniziativa è importante la collaborazione delle diverse parti in gioco, dagli
enti pubblici locali (Comune, Provincia di Arezzo e Regione Toscana), con un ruolo di
coordinamento e promozione, alle associazioni di categoria (Cia, Coldiretti, Confagricoltura e
SlowFood), che contribuiscono a capire le esigenze delle aziende e dei consumatori.
3.3.3 L’organizzazione del Mercato Coperto
L’amministrazione comunale ha provveduto all’allestimento dello spazio pubblico, sostenendo
le spese di ristrutturazione dell’immobile, adeguamento degli impianti, allestimento degli arredi
(scaffali, frigo…), oltre al pagamento del tecnico che svolge gli oneri burocratici verso l’Asl.
Il progetto prevede una progressiva
Carta d’identità del “Mercato Coperto”
autonomia da parte degli espositori. È
2 febbraio 2008
stato costituito a tal proposito un Data inizio:
giornaliera
“Comitato
del
mercato”,
come Cadenza:
strumento di rappresentanza degli Durata:
9-13 e 16-21
agricoltori, cui partecipano anche i Prodotti
prodotti agricoli e
dell’artigianato alimentare locale
rappresentanti delle associazioni ed i venduti:
tecnici responsabili del progetto, con un Localizzazione: piazza dell’Antica Gora (Centro cittadino)
ruolo decisivo in ambito organizzativo. Superficie:
250 mq
Il Comitato del Mercato ha il compito di
Investimento:
200.000 € da Comune e Regione
valutare le domande di partecipazione
al mercato e l’armonizzazione delle presenze.
I criteri di scelta degli espositori devono essere guidati da:
diversificazione dei prodotti, in modo da garantire, il più possibile la completezza della
gamma, compatibilmente con la stagionalità;
la territorialità delle aziende, dando la priorità alle aziende del Val d’Arno e, in seconda
istanza, alle aziende della provincia di Arezzo;
la tipicità e la qualità e la tracciabilità delle produzioni;
la sostenibilità sociale e ambientale del processo produttivo.
Il Comitato ha anche il compito di organizzare il calendario delle presenze e la disposizione
degli spazi espositivi, in relazione alla stagionalità delle produzioni, garantendo la presenza del
maggior numero di aziende del territorio. Dopo i primi tre anni di attività si prevede una
responsabilizzazione degli agricoltori ed una autonomia gestionale ed economica a regime.
81
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
3.3.4 Il disciplinare
Condizione inderogabile per la partecipazione al mercato, da parte delle aziende, è la
sottoscrizione del disciplinare, che contiene regole e principi ispiratori dell’iniziativa, cui ogni
azienda deve attenersi, pena l’esclusione dal mercato.
Il numero di aziende che partecipano al mercato è passato dalle 50 iniziali alle 60 attuali
Ci sono oltre 10 domande in corso di valutazione
Le aziende devono assicurare la presenza delle produzioni al “Mercato Coperto” con
continuità e puntualità, come da impegno annuale o stagionale comunicato nella
domanda;
Le aziende si impegnano a conferire esclusivamente i prodotti indicati nella domanda di
partecipazione; eventuali integrazioni dovranno essere comunicate al Comitato, che si
riserverà di accettarle;
I prodotti dovranno essere consegnati durante l’orario indicato dal Comitato con
documento di trasporto dall’azienda al punto vendita, comunicazione dei prezzi e delle
caratteristiche del prodotto;
I prodotti dovranno essere idonei alla messa in vendita e le singole aziende dovranno
occuparsi della loro disposizione sugli scaffali, ponendo particolare attenzione ad una
corretta informazione a favore del consumatore;
Le aziende sono responsabili del buon mantenimento igienico-sanitario e della buona
presentazione dei prodotti medesimi, così come del loro ritiro in caso dell’eventuale
invenduto e/o avariato;
Il prezzo di vendita non potrà essere superiore al prezzo praticato in azienda,
nell’impegno della trasparenza e dell’informazione al consumatore;
Le offerte e le promozioni saranno coordinate dell’Organizzazione, in accordo con gli
espositori;
Gli espositori si impegnano altresì a collaborare alle iniziative che l’Organizzazione
promuoverà per lo sviluppo della “Filiera corta” nel Valdarno (mense pubbliche,
ristorazione locale, gruppi d’acquisto, ecc…);
L’azienda deve comunicare tempestivamente eventuali periodi di assenza e/o eventuali
diminuzioni e/o mancanza di produzioni, così da permettere al Comitato la possibilità di
sostituzione con altri espositori.
È prevista la presenza di alcuni operatori dell’artigianato agroalimentare del Valdarno,
(per prodotti come pane e salumi) a condizione che siano mantenuti i requisiti di
territorialità, tipicità e utilizzo di materie prime locali.
3.3.5 La gestione della cassa
Le aziende che partecipano al mercato, attraverso la rappresentanza del Comitato del Mercato,
hanno il compito di organizzare la gestione del locale. A tale fine è stato fatto un accordo con
una cooperativa di servizi locale che si occuperà della gestione dell’attività all’interno del
82
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
mercato: disposizione degli scaffali, controllo di qualità e conformità con il disciplinare, ma
soprattutto la gestione della cassa.
Per la gestione dell’incasso è stato aperto un conto corrente, a bilancio zero, su cui la
cooperativa versa giornalmente le entrate del mercato. Tutti i prodotti sono etichettati con
codice a barre che permette di identificare l’azienda produttrice. Nello scontrino appare ogni
prodotto e la relativa azienda. A fine mese ciascun agricoltore riceve l’elenco dei suoi prodotti
venduti e il corrispettivo in denaro.
Per le aziende con obbligo fiscale, il problema della contemporaneità di rilascio della fattura al
consumatore è stato risolto grazie all’ideazione di un programma che rilascia una fattura ai
clienti, al momento dell’acquisto. Il cliente riceve così uno scontrino non fiscale con tutte le
voci di spesa più una fattura per ogni azienda da cui ha acquistato. Per velocizzare la
procedura di emissione della fattura ed evitare di chiedere ogni volta i dati dell’acquirente è
stata creata la “Carta del mercato”, una carta nominale con codice a barre identificativa del
cliente.
83
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Ad oggi sono state rilasciate circa 4.000 “Carte del mercato”
Vengono battuti circa 350 scontrini al giorno (a febbraio erano 150)
La spesa media per ogni scontrino è pari a circa 8/9 €
Il giro d’affari mensile si aggira attorno ai 90.000 €
Incidenza degli acquisti al mercato coperto sulla spesa alimentare delle famiglie di Montevarchi
2,0%
3.3.6 Il monitoraggio dei prezzi
L’equità e la congruità dei prezzi praticati nel mercato sono costantemente monitorati
attraverso un osservatorio attivato in collaborazione con Federconsumatori Toscana. Il mercato
deve infatti assolvere alla finalità principale del contenimento del caro prezzi dei prodotti
agricoli alimentari.
Gli agricoltori devono attenersi alle regole della trasparenza del prezzo. Al mercato coperto di
Montevarchi ogni prodotto è etichettato con l’indicazione della provenienza (con il nome
dell’azienda produttrice) e del prezzo; ogni eventuale criticità è immediatamente segnalata.
Secondo il rapporto Federconsumatori al mercato “tuttigiorni” di Montevarchi si trovano
prodotti freschi e genuini ad un prezzo spesso inferiore a quelli del supermercato.
Alcuni esempi chiave.
Il vino, prodotto nelle colline di Mercatale Valdarno, ed il latte proveniente dalle mucche
allevate ai piedi del Pratomagno, vengono venduti “alla spina” con notevole risparmio per i
consumatori, legato in gran parte al riuso delle bottiglie e dei contenitori, contribuendo inoltre
alla risoluzione del problema dei rifiuti.
Vino (13 %vol.)
Prezzo di vendita al mercato:
Sfuso: 1,20 €/litro (è il prezzo più basso per il vino del
Valdarno)
Box da 10 litri: 15,00 €
Prezzo di vendita medio:
1,68 €/litro nei negozi e nella grande distribuzione
Risparmio per il consumatore
Circa 40%
Latte
Prezzo di vendita all’ingrosso:
0,38 €/litro (0,42 €/litro per il biologico)
Prezzo di vendita al mercato:
1,00 €/litro + contenitore 0,30 €
Maggiore incasso per l’agricoltore:
circa 0,60 €/litro (escluso il costo della macchinetta)
(prezzo di vendita +150%)
Confezionato presso la GD
1,60 €/litro
Risparmio per il consumatore
circa 0,60 €/litro (prezzo di acquisto -37,5%)
84
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Di seguito si riportano, a titolo esemplificativo, i prezzi rilevati da Federconsumatori presso il
mercato coperto di Montevarchi e presso la grande distribuzione, relativamente a due
referenze del comparto ortofrutticolo: le zucchine e le albicocche.
Zucchine
Prezzo di vendita all’ingrosso:
0,60 €/kg
Prezzo di vendita al mercato:
1,45 €/kg
escluso costo gestione del mercato: circa 0,85 €/kg
Maggiore incasso per l’agricoltore:
compreso costo gestione del mercato: circa 0,70 €/kg
Variazione incasso: +115%
Prezzo di vendita presso la GD
Risparmio per il consumatore
1,50 €/kg
circa 0,05 €/kg
Variazione prezzo di acquisto: -3,3%
Albicocche
Prezzo di vendita all’ingrosso:
2,29 €/kg
Prezzo di vendita al mercato:
2,90 €/kg
escluso costo gestione del mercato: circa 0,60 €/kg
Maggiore incasso per l’agricoltore:
compreso costo gestione del mercato: circa 0,30 €/kg
Variazione incasso: +14%
Prezzo di vendita presso la GD
Risparmio per il consumatore
3,50 €/kg
circa 0,60 €/kg
Variazione prezzo di acquisto: -17%
Il caso dell’Olio.
Presso la grande distribuzione è possibile risparmiare sensibilmente acquistando prodotti di
minore qualità. È possibile, ad esempio, acquistare olio extra vergine di oliva a 4 €/litro, prezzo
impossibile per un olio di produzione locale. Il costo di produzione dell’olio nel Valdarno è di 810 €/litro. È stato fatto un accordo con i produttori di olio presenti sul mercato per un prezzo di
vendita pari a 9 €/litro (venduto in lattine da 5 litri). Lo stesso prodotto presso i negozi al
dettaglio può costare anche 12 €/litro.
85
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
3.4
Il caso di Roma - Il Mercato SpazioBIO
3.4.1 Nascita del mercato
Il caso di Roma riguarda il mercato di vendita diretta di prodotti di agricoltura biologica gestito
dal consorzio SpazioBIO e situato all’interno della “Città dell’Altra Economia”, un complesso
inaugurato il 29 settembre 2007, nell’ambito di un progetto di riqualificazione dell’area dell’ex
mattatoio, nel rione Testaccio.
È questo l’esito principale dell’attività svolta
dal Tavolo dell’altra economia, un gruppo di
lavoro permanente nato su idea dell’exassessore alle periferie Luigi Nieri, volto a
raccogliere
tutte
le
iniziative
legate
prevalentemente all’economia del terzo
settore e a “quelle pratiche economiche che
si caratterizzano per l’utilizzo di processi a
basso impatto ambientale, che garantiscono
un’equa distribuzione del valore e che non
perseguono il profitto e la crescita ad ogni
costo”.
Il Comune di Roma ha investito circa 3-4
milioni di euro, principalmente derivanti da finanziamenti erogati dal Ministero delle Attività
produttive nell’ambito della Legge n. 266 del 1997 (la cosiddetta Legge Bersani), finalizzata a
favorire lo sviluppo imprenditoriale in aree di degrado urbano, quale era appunto l’area dell’exmattatoio.
Tali fondi sono stati impiegati per effettuare un restauro conservativo delle strutture presenti e
creare un vero e proprio centro con una superficie di 3.500 mq in cui sono state collocate, oltre
al mercato di prodotti biologici, che pesa per circa l’80% del fatturato totale della “città
dell’altra economia”, diverse altre attività: commercio di prodotti equi e solidali e di prodotti
ottenuti dal riciclo dei materiali, una sala convegni, un ristorante che utilizza soprattutto
prodotti biologici ed equo solidali, finanza etica e turismo responsabile.
Il Comune avrebbe dovuto in teoria finanziare anche una campagna promozionale dell’intero
complesso, ma una serie di concause (tra cui l’inatteso cambio di giunta) ha ritardato e forse
escluso tale possibilità.
3.4.2 Descrizione del mercato
Il mercato di prodotti biologici nasce dall’esigenza dei produttori laziali di trovare uno sbocco
remunerativo, di spuntare, in altri termini, un prezzo superiore rispetto agli altri canali di
vendita. Soprattutto nei confronti della Grande Distribuzione, per cui la situazione era e
continua ad essere abbastanza problematica, in quanto la qualità delle produzioni non è
riconosciuta dai distributori, che preferiscono affidarsi a produttori esteri o di altre regioni con
prezzi inferiori.
86
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
A ciò si aggiunga la sostanziale assenza di mercati fissi dei coltivatori nel territorio comunale,
se non alcuni mercatini rionali in cui convivono commercianti e produttori agricoli. SpazioBIO è
gestito da un consorzio di produttori non solo agricoli, composto dai seguenti soggetti:
Aiab, Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica, che associa produttori biologici e
consumatori, è un’associazione non lucrativa impegnata nella promozione
dell’agricoltura e dell’alimentazione biologica;
Cooperativa Agricoltura Capodarco, cooperativa sociale del territorio di Grottaferrata,
che promuove l’agricoltura sociale attraverso la coltivazione, produzione e vendita di
prodotti biologici;
Officinae Bio, cooperativa che coinvolge diverse aziende biologiche del Lazio, unite al
fine di accorciare la filiera di vendita e offrire più qualità e servizi a prezzi competitivi;
Consorzio Il Pugnalone, consorzio costituito da aziende agricole che coltivano secondo le
regole dell’agricoltura biologica;
Consorzio per l’ambiente CO.P.A. formato da cooperative sociali impegnate nel recupero
e integrazione nel mondo del lavoro di persone svantaggiate e provenienti da situazioni
di disagio.
Tali soggetti erano già presenti nel Tavolo dell’Altra Economia e hanno seguito l’intero progetto
fin dall’inizio. Agli investimenti fatti dal Comune, che ha consegnato i locali già con gli scaffali,
il consorzio ha poi aggiunto ulteriori investimenti in frigoriferi e nelle dotazioni informatiche e
gestionali.
Il ruolo delle associazioni agricole è stato fin qui marginale, se si eccettua un interesse di
Coldiretti e Legambiente, che hanno contribuito a diffondere alcune iniziative intraprese da
SpazioBIO, come la “Bio Domenica”, in cui, nell’ampio piazzale antistante il punto vendita si è
organizzato un vasto mercato all’aperto di prodotti biologici. Tuttavia, è soprattutto Aiab,
l’associazione degli agricoltori biologici a costituire il motore di SpazioBIO.
Carta d’identità di “SpazioBIO”
Data inizio:
29 settembre 2007
Luogo:
Città dell’Altra Economia, rione Testaccio, Roma
Orari:
dal martedì al venerdì, orario 10-13,30; sabato e domenica 10-20
Dipendenti:
6
Fatturato:
circa 680.000 euro (dato provvisorio)
Prodotti venduti:
prodotti alimentari da agricoltura biologica del Lazio e di altre regioni italiane:
olio, vino, formaggi, salumi, carne fresca, ortofrutta fresca e trasformata,
pasta, cereali; prodotti cosmetici e detersivi alla spina da materie prime
naturali ed equo-solidali; abiti da cotone biologico; sementi
Numero produttori:
circa 120 in totale, tra aziende agricole e cooperative
Provenienza
produttori:
50% laziali e 50% da altre regioni italiane
Quota di
partecipazione:
ricarico sui prodotti da parte del consorzio SpazioBIO finalizzato a coprire i
costi di struttura e di personale
Numero referenze:
circa 1.300
Numero medio
giornaliero scontrini:
circa 160
87
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
In fase d’avvio il consorzio teneva i prodotti in conto vendita per gli agricoltori ed erano questi
ultimi, da un punto di vista formale, a vendere, tramite il personale assunto. Successivamente
la gestione è cambiata, al fine di rendere il sistema più snello. Ora non si tratta di un vero e
proprio Mercato degli Agricoltori. Le aziende agricole vendono in realtà i propri prodotti al
consorzio SpazioBIO, il quale applica un ricarico che va a coprire il canone d’affitto da pagare
al comune, proprietario dei locali, le utenze, il costo dei 6 dipendenti e la gestione
dell’invenduto. Il passaggio diventa, invero, molto simile alla fornitura di un normale negozio,
sebbene si possa comunque parlare di “filiera accorciata”. D’altra parte, la struttura delle
aziende agricole, prevalentemente di piccole dimensioni, non permetterebbe la sostenibilità di
un modello basato su una moltitudine di banchetti gestiti ognuno da personale delle aziende
stesse.
3.4.3 La selezione dei produttori
Per quanto riguarda la selezione dei produttori i criteri sono i seguenti:
1. La filosofia del mercato è chiaramente orientata a privilegiare i produttori biologici
laziali. Quindi un nuovo produttore laziale che voglia partecipare al mercato deve
coltivare ed eventualmente trasformare prodotti certificati biologici ai sensi del Reg.
(CEE) n. 2092/91;
2. Tuttavia, il mercato segue anche una logica di assortimento. Per questo motivo, per
alcuni prodotti trasformati (es. vino, olio, pasta) sono ammessi produttori non laziali, a
condizione che oltre alla certificazione biologica detengano anche la certificazione Aiab,
il cui disciplinare richiede ulteriori comportamenti di garanzia del metodo di produzione
biologico;
3. Nell’ambito della certificazione AIAB ricadono poi anche trasformatori no-food (cosmetici
ottenuti da materie prime naturali biologiche, pannolini
ottenuti da biomateriali a base di mais), i cui prodotti
sono tenuti in appositi scaffali;
4. Infine, sono ammessi anche produttori italiani e stranieri
afferenti ai circuiti del commercio equo e solidale (in
linea peraltro con la filosofia dell’intera “Città dell’Altra
Economia”): detersivi alla spina ottenuti con materie
prime naturali e capi di vestiario da cotone biologico
sono i principali prodotti esposti.
88
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Al momento gli spazi espositivi non appaiono ancora saturati. Tuttavia, dalla data di apertura
sono aumentati costantemente il numero dei produttori (giunti a circa 120 tra singole aziende
e cooperative) e il numero delle referenze (circa 1.300).
3.4.4 Le modalità di consegna: caratteristiche e criticità
Relativamente alle modalità di consegna dei prodotti, ogni produttore provvede a consegnare
direttamente al mercato stesso secondo scadenze per lo più settimanali nei prodotti
trasformati e giornaliere nei prodotti freschi.
Nel caso dei prodotti trasformati, le aziende dispongono di strutture in grado sia di
confezionare che di etichettare i prodotti con il proprio marchio. In generale, non si ravvisano
particolari criticità, in quanto i produttori non devono rispettare scadenze, stagionalità o
rotazioni.
Nel caso dei prodotti freschi vi sono invece alcune distinzioni da fare.
Innanzitutto, per quanto riguarda l’ortofrutta fresca è stato garantito un ruolo di fornitore in
esclusiva ad un’azienda, l’azienda agricola Caramadre. Era questa, d’altra parte, una delle
pochissime aziende laziali già attive nella vendita diretta di prodotti ortofrutticoli biologici,
tramite alcuni punti fissi e mercatini rionali e le consegne a domicilio. Per questa azienda la
struttura del mercato prevede un banco in proprio, gestito a rotazione dal personale di
SpazioBIO e dal personale dell’azienda stessa. Il criterio dei prodotti forniti è quello della
stagionalità (uno degli obiettivi di Aiab, del resto, è favorire la diffusione di una conoscenza dei
consumatori in tal senso), naturalmente cercando di mantenere un assortimento adeguato.
Come per le altre aziende agricole Caramadre vende formalmente i suoi prodotti al Consorzio,
ma a differenza delle altre gestisce l’invenduto per conto proprio.
Nel caso delle carni fresche e dei latticini, invece, si assiste alla rotazione nelle forniture tra 3-4
aziende, che non hanno dimensioni tali da avere una propria struttura di confezionamento ed
etichettamento e si rivolgono a dei terzisti. È questa, indubbiamente, una criticità che può
essere estesa anche ad altri piccoli produttori di trasformati. Un obiettivo di SpazioBIO è
trovare una modalità di etichettatura comune che ponga tutte queste aziende sotto
l’“ombrello” del Consorzio.
89
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Per alcuni prodotti si potrebbe peraltro sopperire con la vendita sfusa (es. cereali o pasta) o
alla spina (es. latte fresco o vino) ma per il momento non si è ancora riusciti ad implementare
un sistema che garantisca i requisiti igienico-sanitari senza andare ad incidere troppo sul livello
dei prezzi. Nel caso del latte ciò è dovuto anche ad un giro d’affari non ancora sufficiente a
giustificare un investimento in macchinari; la gestione dell’invenduto, per un prodotto ad
elevata deperibilità come il latte fresco, sarebbe al momento troppo onerosa.
3.4.5 Prezzi clienti e prospettive
Il mercato non ha previsto un sistema di monitoraggio dei prezzi così come è avvenuto in altre
realtà. A detta dei soggetti intervistati, i prezzi sono mediamente superiori rispetto a quelli che
si possono vedere nella Grande Distribuzione. Il motivo sta però nella diversità dei prodotti,
che nel caso di SpazioBIO sono artigianali, mentre nel canale della distribuzione si hanno
prodotti più standardizzati, non solo nel processo produttivo, ma anche nel gusto.
Discorso a parte è quello relativo all’ortofrutta fresca, che al contrario denota prezzi inferiori
rispetto agli altri canali distributivi, riuscendo a fare della filiera accorciata una realtà ed un
vantaggio per produttore e consumatore. Si tratta quindi di articoli che fungono da richiamo
per veicolare anche gli altri prodotti. Il comparto ortofrutticolo incide per quasi un quarto sul
fatturato totale del mercato.
D’altra parte tali considerazioni vengono riconosciute dai clienti, aumentati costantemente dal
giorno dell’apertura, soprattutto attraverso il passaparola. Si tratta, è bene precisarlo, di una
categoria di clienti particolarmente consapevole e fidelizzata rispetto ai temi dell’ambiente e
dell’agricoltura biologica. Per questo motivo non provengono solamente dal vicinato, ma
giungono anche da zone lontane della città, nonostante l’area circostante non sia stata ancora
completamente riqualificata e convivano sacche di degrado.
Le prospettive in generale appaiono buone, i gestori prevedono un incremento del fatturato del
30% nel prossimo anno. Inoltre, prevedono di implementare un mercato mensile all’aperto nel
piazzale antistante, dato anche il rilevante successo ottenuto con l’iniziativa “Bio Domenica”,
con migliaia di visitatori giunti.
90
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
3.5
Principali evidenze emerse dall’analisi dei casi di studio: l’analisi SWOT
I tratti caratteristici dei tre casi di studio sono sinteticamente riportati nella tabella 3.2.
Tabella 3.2 – Sintesi delle principali caratteristiche strutturali ed organizzative dei
mercati analizzati
Località
Nome
mercato
Area
Organizz
atore
N.
esposi
tori
Caratteristiche
espositori
Modalità di
vendita
Taranto
Mercato
degli
agricoltori
Privata
Coldiretti
12
Tutti residenti
nella provincia di
Taranto
Presenza
dell’agricoltore sul
mercato
Controlli occasionali
da parte di Coldiretti
Tutte residenti
nell’arco di 20 km
dal comune
Vendita delegata
ad una cooperativa
di servizi;
l’agricoltore può
non essere
presente
Controlli strutturati
e periodici da parte
di Federconsumatori
L’azienda agricola
vende direttamente
al consorzio. Sarà il
consorzio ad
occuparsi della
vendita al pubblico;
rappresenta
un’eccezione la
vendita di
ortofrutta
Nessun controllo
Montevarchi
(AR)
Mercato
“tuttigiorni”
Pubblica
Comune
50/60
Produttori di
biologico.
Roma
SpazioBio
Pubblica
Consorzio
di imprese
120
50% residenti nel
Lazio 50%
residenti in altre
regioni
Monitoraggio dei
prezzi
Fonte: elaborazioni Nomisma.
L’analisi SWOT mette in luce punti di forza (Strengths), di debolezza (Weaknesses),
opportunità (Opportunities) e minacce (Threats) associate ai tre diversi modelli organizzativi
della vendita diretta in mercati degli agricoltori.
91
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
92
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Tabella 3.3 – Analisi SWOT dei modelli di gestione di un mercato degli agricoltori
Mercato
Mercato
degli
agricoltori di
Taranto
Punti di Forza
• La presenza diretta del produttore
nel mercato garantisce una migliore
comunicazione al pubblico del
prodotto
• La presenza esclusiva di produttori
locali dà maggiore impulso
all’economia del territorio
Punti di debolezza
Minacce
Opportunità
• L’agricoltore vende quasi
esclusivamente tramite tale modalità
• La presenza del produttore nel
mercato potrebbe compromettere
la normale attività produttiva
dell’azienda
• Possibilità da parte dei consumatori
di acquistare prodotti freschi, di
stagione e di origine certa
• La vendita esclusiva potrebbe
incorporare il rischio di trasformazione
del ruolo tradizionale dell’agricoltore
• L’azienda deve riorganizzare la
produzione in funzione del mercato,
altrimenti si rischia di non soddisfare le
esigenze dei consumatori in termini di
completezza della gamma
• Potrebbero crearsi conflitti con i
piccoli commercianti locali
• Il produttore non è obbligato ad
essere presente sul mercato, in tal
modo l’attività produttiva dell’azienda
non è in alcun modo compromessa
Mercato
“tuttigiorni”
Montevarchi
• Il produttore può decidere di essere
presente sul mercato per organizzare
attività promozionali, quali
degustazioni, e far conoscere i propri
prodotti
• Scostamento dal modello
normativo
• La presenza esclusiva di produttori
locali dà maggiore impulso
all’economia del territorio
• L’azienda deve riorganizzare la
produzione in funzione del mercato,
altrimenti si rischia di non soddisfare le
esigenze dei consumatori in termini di
completezza della gamma
• Potrebbero crearsi conflitti con i
piccoli commercianti locali
• Maggiore remuneratività per le
aziende agricole
• Rieducazione del consumatore alla
stagionalità dei prodotti
• Educazione dell’agricoltore ad una
gestione produttiva che tenga conto
anche delle esigenze del mercato
• Maggior presidio del mercato finale
• Maggiore remuneratività per le
aziende agricole
• Rieducazione del consumatore alla
stagionalità dei prodotti
• Educazione dell’agricoltore ad una
gestione produttiva che tenga conto
anche delle esigenze del mercato
• Maggior presidio del mercato finale
• Possibilità da parte dei consumatori
di acquistare prodotti freschi, di
stagione e di origine certa
• Il produttore non deve essere
presente sul mercato, in tal modo
l’attività produttiva dell’azienda non è
in alcun modo compromessa
SpazioBio di
Roma
• L’apertura ad aziende al di fuori
della regione consente di completare
la gamma dei prodotti offerti
• Possibilità da parte dei consumatori
di acquistare prodotti di qualità
elevata
• L’assenza del produttore
potrebbe compromettere la buona
comunicazione al pubblico del
prodotto
• L’apertura ad aziende al di fuori
della regione non stimola le
aziende locali ad organizzare la
produzione in funzione del mercato
• Non si tratta di un vero e proprio
mercato a vendita diretta. I prodotti
degli agricoltori vengono acquistati da
un consorzio. Il consorzio si impone di
acquistare SOLO da agricoltori, e non
da distributori. Se tale prerogativa
verrà meno, il mercato si configurerà
come attività commerciale
Fonte: elaborazioni Nomisma.
93
• Maggiore remuneratività per le
aziende agricole
• Rieducazione del consumatore ad un
consumo consapevole e sostenibile
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
94
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
4 ALCUNE CONSIDERAZONI DI SINTESI
Oggi in Lombardia circa l’11% delle aziende agricole (circa 6.500) ha adottato forme di vendita
diretta senza intermediari. Anche le dimensioni economiche sono già oggi rilevanti: la
produzione agroalimentare venduta direttamente dalle aziende lombarde ha raggiunto nel
2007 circa 387 milioni di euro; seppur spurio, tale valore rappresenta il 6% della produzione
lorda vendibile regionale.
Anche dal punto di vista della domanda, tale modalità di vendita assume contorni rilevanti:
l’incidenza degli acquisti diretti delle famiglie lombarde sui consumi alimentari ha raggiunto
l’1,7%, pari ad una spesa media mensile di quasi 8 euro per nucleo familiare.
Il profilo delle aziende agricole lombarde che praticano la vendita diretta identifica una
dimensione medio-piccola, per lo più con fatturato inferiore a 50 mila euro (40%) e una
superficie agricola al di sotto dei 20 ettari (61%), a conduzione diretta con utilizzo di
manodopera esclusivamente (62%) o prevalentemente familiare (25%).
Per le aziende lombarde, la vendita diretta è uno strumento importante poiché consente di
dare stabilità al reddito (aspetto prioritario per il 40% delle imprese), di migliorare la
performance aziendale grazie alla possibilità di spuntare prezzi più favorevoli (27%) e di
disporre di una maggiore liquidità (8%). Oltre al contributo legato alla redditività aziendale, la
vendita diretta rappresenta un importante strumento di marketing e di promozione (17%) che
l’attività tradizionale raramente consente; l’accesso diretto al mercato finale permette in
particolare di far conoscere il nome dell’azienda (7%), di far apprezzare i prodotti locali (5%) e
con un giusto grado di maturazione (3%), di ritornare ad abitudini di consumo in linea con la
stagionalità delle produzioni e di conferire uno sbocco anche ai prodotti difficilmente vendibili
(2%) ad altre tipologie di acquirenti.
L’attività di vendita diretta in Lombardia viene esercitata attraverso differenti modelli, spesso
associando più formule di vendita senza intermediazione.
La vendita in azienda è senz’altro il modello maggiormente diffuso: il 91% delle aziende usa
tale modalità, rivolgendosi quasi esclusivamente a consumatori e famiglie; seppur più
raramente, la metà delle aziende vende anche a turisti.
Per il 27% delle aziende la vendita diretta in azienda rappresenta una modalità pressoché
esclusiva. In realtà in Lombardia il modello di vendita diretta di prodotti agroalimentare è assai
più complesso e prevede l’integrazione di diverse modalità di accesso al mercato finale,
affiancando così la vendita in azienda ad altre tipologie di canale corto.
Diffusa è la vendita senza intermediari a “negozi al dettaglio e supermercati locali” (il 44%
adotta tale modalità) e a “ristoranti e altri pubblici esercizi” (45%). Quasi la metà (43%) delle
aziende sfrutta le occasioni di vendita offerte da sagre e feste di paese. Esistono inoltre
formule più “strutturate” che vedono già oggi la partecipazione a mercati di soli agricoltori
(14%) o a mercati misti di tipo rionale (13%). Infine, seppur meno diffuse, vi sono altre
modalità che offrono agli agricoltori l’opportunità di vendere direttamente: l’e-commerce (8%),
95
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
i mercati ortofrutticoli che hanno aree destinate ai produttori (8%), la vendita per
corrispondenza (7%) o lungo le strade (3%).
Al di là del modello multi-canale, la vendita diretta per le aziende lombarde presenta gradi di
strutturazione in molti casi già evoluti, anche perché nella maggior parte dei casi non si tratta
di una pratica recente: un quarto delle aziende la pratica da meno di 5 anni ma un ulteriore
33% ha fatto della vendita diretta un canale privilegiato per l’accesso al mercato da oltre 15
anni. Anche per questo il 54% delle aziende etichetta e marchia i propri prodotti con il logo
aziendale conferendo così riconoscibilità al prodotto nell’utente finale.
La reazione delle aziende lombarde in merito alle novità legislative in materia sono positive.
La conferma dell’importanza di promuovere lo sviluppo di mercati in cui gli imprenditori
agricoli, nell’esercizio delle attività di vendita diretta, possano soddisfare le esigenze dei
consumatori, ha di fatto conferito un impulso a tale formula.
L’interesse per nuove iniziative in tal senso è alto: il 25% delle aziende lombarde che fanno
vendita diretta accolgono con entusiasmo tale ipotesi. Tra queste il 7% vende già in iniziative
simili. Si amplia così del 18% la “domanda potenziale” delle aziende. Un ulteriore 23% si dice
probabilmente disponibile a parteciparvi. Tale coinvolgimento potrebbe ulteriormente ampliarsi
poiché le aziende che oggi non vendono direttamente potrebbero vedere in tale formula un
interesse per l’accesso al mercato finale.
L’identikit del mercato degli agricoltori restituisce preferenze precise in merito ad alcuni
caratteri. Per la maggior parte delle aziende lombarde interessate, il mercato degli agricoltori
deve infatti avere alcune peculiarità specifiche che rappresentano pre-condizioni alla
partecipazione: vicinanza all’azienda (non più di 50 km), organizzazione in un comune
sufficientemente popoloso ma di facile accesso (le grandi città e i centri metropolitani non
rappresentano in tal senso una soluzione ad alto gradimento), frequenza di vendita non
elevata (al massimo 1 volta a settimana).
Alcune tipologie di aziende (più piccole, meno strutturate, con manodopera esclusivamente
familiare) non riescono a vedere tale strumento come una opportunità (44%): individuano
barriere all’entrata di tipo organizzativo (manodopera e tempo soprattutto) e continuano a
preferire la vendita in azienda che offre maggiori possibilità di continuità dell’attività
produttiva.
I mercati degli agricoltori rappresentano comunque una buona opportunità, anche se non per
tutte le aziende lombarde. Le evidenze empiriche maturate nell’ambito del progetto di ricerca
convergono nella necessità di dare impulso allo strumento della vendita diretta poiché
rappresenta una possibile modalità di promozione del binomio prodotto-territorio.
Tale suggestione è emersa anche dalle interviste in profondità con gli Enti Locali, vero nodo
ispiratore dei possibili percorsi di sviluppo dei mercati a vendita diretta. Oggi la situazione sul
territorio restituisce esperienze molto eterogenee tra loro, con caratteristiche differenti sia
rispetto alle principali modalità organizzative (frequenza, caratteristiche del luogo in cui è
organizzato il mercato, ruolo fattivamente espresso dall’Ente Locale e/o dalle organizzazioni
agricole …) che in relazione ai prodotti venduti, dipendenti dalle caratteristiche del territorio in
cui insistono (produzioni tipiche e di nicchia in alcuni casi, produzioni più indifferenziate in
altri). Elemento che accomuna le esperienze oggi presenti sul territorio è la molteplicità delle
funzioni espresse dai mercati degli agricoltori; l’opportunità di offrire un concreto accesso al
mercato finale e di valorizzazione delle produzioni locali sono certamente i principali compiti
che oggi i mercati riescono ad interpretare nelle diverse realtà lombarde. A tali funzioni,
96
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
occorre sicuramente aggiungere il ruolo che il rapporto diretto con il produttore riesce a
giocare nella sensibilizzazione all’educazione alimentare del consumatore, che acquisisce
strumenti per un ritorno alla stagionalità dei consumi.
Dal punto di vista della gestione della città è importante non trascurare la capacità che un
mercato degli agricoltori ha nell’animare l’area in cui è organizzato e le possibili sinergie
turistiche che ne possono scaturire.
Esiste però un punto ancora in penombra su cui spesso converge il dibattito.
Le filiere corte, per loro stessa definizione, rappresentano una modalità in grado di individuare
percorsi per il raggiungimento di una maggiore efficienza, che incorpora anche la capacità di
salvaguardia del potere di acquisto del consumatore. Tale obiettivo è chiaramente ascritto alla
declinazione di filiera corta che si esercita nel modello dei mercati a vendita diretta, così come
previsto dalla normativa laddove si richiama che i mercati possano soddisfare le esigenze dei
consumatori, non solo in ordine all'acquisto di prodotti agricoli che abbiano un diretto legame
con il territorio di produzione, ma anche in merito alla trasparenza dei prezzi.
L’individuazione della reale capacità che tali mercati hanno nel salvaguardare il potere di
acquisto del consumatore è ancora però difficilmente misurabile. Poche sono le realtà, non solo
a livello regionale ma anche a livello nazionale, in cui si sia intrapreso un percorso strutturato,
codificato e condiviso di analisi e monitoraggio dei prezzi. Spesso tale attività risulta ancora
poco organizzata e codificata, se non estemporanea. Il tema della trasparenza e della
tracciabilità del reale differenziale di prezzo che i mercati a vendita diretta sono in grado di
garantire costituisce un nodo cruciale, non trascurabile, anche per lo stesso successo nel
tempo di tali iniziative.
Se già oggi le esperienze lombarde hanno individuato un percorso in grado di assolvere gran
parte degli obiettivi preposti e hanno codificato un attento sistema che ne disciplina le
principali caratteristiche organizzative, vale la pena compiere un ulteriore sforzo per valutare
appieno la loro capacità di rappresentare una reale opportunità per il consumatore anche in
termini di capacità di spesa.
Il panorama di riferimento è ora chiaro.
Da un lato, i consumatori dimostrano per tali strumenti una buona “assonanza cognitiva”, ne
riconoscono i valori positivi e valutano con fiducia la proposta offerta nell’intento di
salvaguardia della qualità delle produzioni acquistate oltre che della convenienza. Dall’altro,
l’indagine sulle imprese ha confermato l’importanza che la filiera corta assume per la capacità
delle aziende stesse di stare sul mercato. In questo senso, partendo dai consumatori locali vi è
la possibilità di costruire una strategia complessiva di valorizzazione dei prodotti agricoli e
alimentari lombardi che faccia leva sulla riconoscibilità dell’origine e delle sue tipicità. I mercati
degli agricoltori rappresentano così, non solo uno strumento in grado di convogliare al
consumatore esclusivamente le eccellenze del territorio, ma anche quelle produzioni, non
necessariamente differenziate, che costituiscono il paniere di prodotti della tavola di tutti i
giorni.
I mercati degli agricoltori possono quindi rappresentare un mezzo – e non necessariamente
l’obiettivo ultimo – di una strategia che porti, da un lato, ad elevare il livello di conoscenza e di
informazione del consumatore sui prodotti del territorio e sulla loro stagionalità e dall’altro a
far sempre più convergere le imprese su tecniche di produzione e standard qualitativi adeguati
alle esigenze del mercato.
97
LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA
Occorre quindi predisporre un percorso coerente, dove i mercati a vendita diretta possano
giocare un ruolo che consenta di offrire un contributo per irrobustire il tessuto imprenditoriale
agricolo e per far crescere i suoi attori, incrementandone non solo la capacità produttiva ma
anche le competenze manageriali, organizzative e di mercato.
La vendita diretta nei mercati degli agricoltori è in grado di rappresentare quindi uno degli
elementi per superare le difficoltà di accesso al mercato finale, da sempre uno dei principali
fattori di criticità per la capacità competitiva del sistema agricolo. Rimanendo Sono comunque
necessarie politiche di crescita del sistema imprenditoriale agricolo (non solo per quello rivolto
alla vendita diretta) per far sì che si rafforzino, non tanto le dotazioni produttive, ma
soprattutto le capacità organizzative e le competenze extra-agronomiche (fiscali, commerciali,
marketing).
98